Il giudizio - Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali

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Il giudizio - Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali
La responsabilità della Pubblica
Amministrazione
Aspetti processuali
Pres. Giuseppe Cogliandro – Avv. Francesco Lillo
La giurisdizione: La Corte dei conti giudice naturale nelle
materie di contabilità pubblica
Secondo l’a t. 103
comma La Corte
giurisdizione
nelle
contabilità pubblica
specificate dalla legge
Cost. secondo
dei conti ha
materie
di
e nelle altre
.
La giurisdizione: La Corte dei conti giudice naturale nelle materie di
contabilità pubblica
In materia di responsabilità amministrativa va
sancita la differenza tra responsabilità
amministrativa e responsabilità contabile
dell’age te pubblico.
artt. 81 e 82 del R.D. 18-11-1923 n. 2440
(Legge generale di contabilità di Stato)
R.D. 18-11-1923 n. 2440
(Legge generale di contabilità di Stato)
responsabilità contabile
Art. 81
I funzionari amministrativi, incaricati di assumere impegni e di disporre pagamenti, i capi delle
ragionerie delle amministrazioni centrali e i funzionari a favore dei quali vengono disposte
aperture di credito debbono rispondere dei danni che derivino alla amministrazione per loro
colpa o negligenza o per la inosservanza degli obblighi loro demandati nell'esercizio delle funzioni
ad essi attribuite.
La responsabilità dei funzionari predetti non cessa per effetto della registrazione o
dell'applicazione del visto da parte della Corte dei conti sugli atti d'impegno e sui titoli di spesa.
Gli ordinatori secondari di spese pagabili in base a ruoli e ogni altro funzionario ordinatore di
spese e pagamenti, sono personalmente responsabili dell'esattezza della liquidazione delle spese
e dei relativi ordini di pagamento, come pure della regolarità dei documenti e degli atti presentati
dai creditori.
Gli ufficiali pubblici stipendiati dallo Stato, compresi quelli dell'ordine giudiziario e specialmente
quelli a cui è commesso il riscontro e la verificazione delle casse e dei magazzini, debbono
rispondere dei valori che fossero per loro colpa o negligenza perduti dallo Stato.
R.D. 18-11-1923 n. 2440
(Legge generale di contabilità di Stato)
responsabilità amministrativa
Art. 82
L'impiegato che per azione od omissione, anche solo
colposa, nell'esercizio delle sue funzioni, cagioni danno
allo Stato, è tenuto a risarcirlo.
Quando l'azione od omissione è dovuta al fatto di più
impiegati, ciascuno risponde per la parte che vi ha
presa, tenuto conto delle attribuzioni e dei doveri del
suo ufficio, tranne che dimostri di aver agito per ordine
superiore che era obbligato ad eseguire.
Differenze tra responsabilità amministrativa e
responsabilità contabile:
Responsabilità
Responsabilità
amministrativa:
contabile:
1. Trova il suo
2.
fondamento in un
danno patrimoniale
cagionato alla PA.
Si basa sulla
diligenza
nell’adempimento dei
doveri nascenti dal
rapporto di servizio.
1. Si fonda sul
2.
maneggio di denaro
o dei valori della PA.
Il depositario è
liberato solo se
dimostra che la
perdita è avvenuta
per causa a lui non
imputabile.
3. La responsabilità
amministrativa presuppone
un rapporto di servizio.
3. La responsabilità
contabile grava anche sui
contabili di fatto.
4. Per la responsabilità
4. Per la responsabilità
amministrativa è applicabile contabile non è applicabile
il potere riduttivo.
il potere riduttivo.
5. Il giudizio di
responsabilità
amministrativa è promosso
dal Procuratore Generale
presso la Corte dei
Conti,d’ufficio o su denuncia
dei funzionari.
5. Il giudizio di
responsabilità contabile è
istaurato all’atto della
presentazione del conto
giudiziale, a prescindere
dall’eventuale denuncia di
irregolarità.
La Corte dei conti come organo posto al servizio dello Statocomunità
Fondamentale è stata l’i te p etazio e della Consulta che
avvicinandosi alle posizioni della Cassazione ritenne che
la portata della giurisdizione contabile fossa
tendenzialmente espansiva. Occorreva, pur tuttavia, che
nelle materie originariamente sottratte alla giurisdizione
contabile intervenisse la mediazione legittimante della
specifica disposizione legislativa. Occorreva, cioè, la
presenza di una interpositio legislatoris rispettosa del
riparto costituzionale tra le diverse legislazioni (si vadano
Corte cost. 2 giugno 1970, n.110; Corte cost. 30 luglio
1984, n. 241; Corte cost. 30 giugno 1988, n. 773).
La Corte dei conti come organo posto al servizio dello
Stato-comunità
La giurisdizione contabile della Corte dei Conti può
ritenersi operante in via tendenzialmente generale, ma la
sua portata espansiva incontra il limite funzionale della
"interpositio" del legislatore, in quanto le questioni sul
riporto della giurisdizione coinvolgono scelte in ordine a
diversi regimi della responsabilità e del giudizio. L'esigenza
di apposite previsioni legislative discende dal fatto che la
materia della contabilità pubblica, di per sé suscettibile di
evoluzione, non è definibile oggettivamente e risente dei
fattori che possono determinare le valutazioni del
legislato e cfr. Corte Cost. 7.7.1988, n. 773.
Normativa fondamentale
R.D. 18 novembre 1923, n. 2440 (Nuove disposizioni sull'amministrazione del
patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato);
R.D. 13 agosto 1933 n. 1038 (Approvazione del regolamento di procedura per i giudizi
innanzi alla Corte dei conti).
Importante è il rinvio al codice di procedura civile dell’ art. 26. Nei procedimenti
contenziosi di competenza della corte dei conti si osservano le norme e i termini della
procedura civile in quanto siano applicabili e non siano modificati dalle disposizioni del
presente regola e to .
R.D. 12 luglio 1934, n. 1214 (Approvazione del testo unico delle leggi sulla Corte dei
conti);
D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli
impiegati civili dello Stato);
L. 14 gennaio 1994, n. 20 (Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della
Corte dei conti);
L. 14 gennaio 1994, n. 19 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge
15 novembre 1993, n. 453, recante disposizioni in materia di giurisdizione e controllo
della Corte dei conti);
La configurazione originaria della responsabilità amministrativa: dalla
natura extracontrattuale alla natura contrattuale.
Fino agli a i ’ , la espo sa ilità a
i ist ativa e a stata
assimilata dalla giurisprudenza a quella civile da fatto illecito,
consistente nella violazione del neminem laedere.
Veniva, dunque, intesa come responsabilità aquiliana degli
amministratori e degli impiegati pubblici.
La tesi extra-contrattuale fo dava l’a alisi i te p etativa sulla
s o ta del dato lette ale esp esso dall’ a t. legge ge e ale di
contabilità di Stato (R.D. 18 novembre 1923 n. 2440). Poiché
l’o ligazio e isa ito ia è ollegata all’ese izio delle
funzioni, disgiunta da qualsiasi riferimento alla violazione degli
obblighi di servizio, ciò sembrava sufficiente per affermare la
natura extra-contrattuale della responsabilità amministrativa.
La configurazione originaria della responsabilità amministrativa: dalla
natura extracontrattuale alla natura contrattuale.
Negli anni ’50 il mutamento di indirizzo
giurisprudenziale in favore della responsabilità
contrattuale.
La disciplina della responsabilità contrattuale è più
favorevole al danneggiato rispetto alla disciplina
della responsabilità extracontrattuale, sul piano
della maggiore durata del termine di prescrizione
(dieci anni anziché cinque) e del regime probatorio
(inversione dell’o e e della prova in relazione alla
presunzione di colpa).
La configurazione originaria della responsabilità amministrativa: dalla
natura extracontrattuale alla natura contrattuale.
La tesi della responsabilità contrattuale anche in virtù della la
sopravvenienza dello Statuto degli impiegati civili dello Stato
(D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3) ed è giustificata dalla
connessione dell’ille ito con la violazione degli obblighi di
servizio i quali sono precostituiti dal rapporto tipico di
gestione.
L’a t. 18 del D.P.R. n. 3 del 1957 stabilisce che " l’i piegato è
tenuto a risarcire alle amministrazioni stesse i danni derivanti
da violazioni di obblighi di servizio " sussiste il tratto
caratteristico della contrattualità, che consiste nella
inosservanza di doveri di comportamento più o meno specifici
precostituiti e connessi al rapporto di servizio.
La natura pubblicistica e sanzionatoria della responsabilità
amministrativa.
E’ la definitiva rottura con il modello dell’ille ito civile (contrattuale o extracontrattuale).
Conseguenza della riforma della Corte dei conti attuata con le Leggi n. 19 e n.
20 del 19 gennaio 1994.
In una prima formulazione, orientata verso una concezione pubblicistica, si
attribuisce un ruolo essenziale all’ele e to della colpevolezza, intesa come
atteggiamento antidoveroso della volontà, e alla espressione legislativa
secondo la quale " la Corte può porre a carico dei responsabili tutto o parte
del danno accertato " (art. 52, comma 2, del Regio Decreto 12 luglio 1934, n.
1214 t.u. delle leggi sulla Corte dei conti).
Essa implica, in realtà, molto più che un potere di riduzione dell’adde ito,
comportando il potere del giudice di graduare la responsabilità in relazione
alla gravità della colpa.
Differenze tra la responsabilità civile e la responsabilità
amministrativa
•
•
•
•
•
1) fatti causativi della responsabilità civile possono essere l’atto illecito o
l’i ade pi e to di una preesistente obbligazione, mentre nella responsabilità
amministrativa ciò che viene in evidenza è soltanto il " fatto dannoso ;
2) la responsabilità civile fa scaturire dall’ille ito o dall’i ade pi e to una
obbligazione di risarcimento del danno, la responsabilità amministrativa considera
tale danno come danno economico e non ancora risarcibile
3) La responsabilità civile assegna al giudice civile il compito di accertare l’esiste za
della obbligazione risarcitoria, mentre la responsabilità amministrativa attribuisce
al giudice contabile il compito di determinare il danno risarcibile sia ell’an che nel
quantum ;
4) la responsabilità civile impone al giudice civile di individuare il danno risarcibile
in base al criterio delle conseguenze dirette ed immediate di cui all’a t. 1223
cod.civ., mentre la responsabilità amministrativa fa dipendere la risarcibilità del
danno dall’ese izio dei poteri discrezionali ed equitativi del giudice contabile, il
quale gradua la condanna sulla base della gravità della colpa;
5) la responsabilità civile prevede che lo stesso giudice civile, a seguito
dell’a e ta e to del danno, condanni il debitore all’i te o danno accertato,
mentre la responsabilità amministrativa conferisce alla sentenza del giudice
contabile la natura di una sentenza determinativa con effetti costitutivi.
I caratteri della responsabilità
amministrativa: la personalità.
L’a t. 1 della legge n. 20 del 1994 stabilisce,
come è noto, che la responsabilità dei soggetti
sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti
è personale, generalizzando il disposto di cui
all’ulti o comma dell’a t. 58 della L. 142/1990
("La responsabilità nei confronti degli
amministratori e dei dipendenti dei comuni e
delle province è personale…").
La teoria sanzionatoria della responsabilità amministrativa
Sotto il profilo risarcitorio è stata avanzata la teoria
sanzionatoria della responsabilità amministrativa.
Si tratta di una concezione non accolta integralmente in
dottrina.
E’ ben vero che essa si compendia in una sanzione
prevista dall’o di a e to e dunque molteplici sono i
punti di contatto con la comminazione di una pena a
seguito di un comportamento irregolare.
La teoria sanzionatoria della responsabilità amministrativa
In contrasto a tale tesi si è affermato che:
1) accogliendola, è un duplicato della responsabilità
disciplinare;
2) la sua applicazione lasca intatto il potere della
pubblica amministrazione di ottenere il risarcimento
del danno. In tal caso, si radica la giurisdizione del
giudice ordinario;
3) tale responsabilità privilegia il momento repressivo
della condotta antidoverosa, sia essa commissiva od
omissiva.
La teoria sanzionatoria della responsabilità amministrativa
Un esempio, su tutti, può essere indicato nella previsione della
legge 190 del 2012 anticorruzione che nel modificare l’a ti olo 1
comma 1 sexies della legge 20 del 1994 he disposto che Nel
giudizio di responsabilità, l'entità del danno all'immagine della
pubblica amministrazione derivante dalla commissione di un
reato contro la stessa pubblica amministrazione accertato con
sentenza passata in giudicato si presume, salva prova contraria,
pari al doppio della somma di denaro o del valore
patrimoniale di altra utilità illecitamente percepita dal
dipendente. .
Viene, dunque, meno il potere determinativo del danno da
parte del giudice contabile il quale deve limitarsi ad applicare
pedissequamente la norma.
I caratteri della responsabilità
amministrativa: la parziarietà.
Considerata come logico corollario della natura
personale della responsabilità per danno all’e a io,
il principio di parziarietà è stato affermato, in
termini generali, nel comma 1-quater dell’a t. 1 L.
20/1994 ("Se il fatto dannoso è causato da più
persone, la Corte dei conti, valutate le singole
responsabilità, condanna ciascuno per la parte che
vi ha preso").
Il principio di parziarietà è speculare a quello della
solidarietà.
I caratteri della responsabilità amministrativa:
la intrasmissibilità agli eredi
Considerato ulteriore corollario della natura personale della responsabilità
amministrativa, il principio di intrasmissibilità della obbligazione risarcitoria
agli eredi è stato affermato, inizialmente, in termini assoluti, con riferimento
ai dipendenti ed amministratori degli enti locali (art. 58 legge 142 del 1990),
sebbene riferito impropriamente alla responsabilità, e ben presto esteso ai
dipendenti ed amministratori delle regioni, delle U.S.L. e degli enti ospedalieri
disciolti, sia pure attenuato con la previsione della trasmissibilità del debito
nei limiti dell’a i hi e to (art. 1 legge 20 del 1994).
E’ chiamato a rispondere del danno erariale unicamente il
responsabile del danno, considerata l’i possi ilità o estrema difficoltà
per gli eredi di difendersi in relazione alla contestazione di un danno
erariale.
“ull’o
ligo di de u ia
Prima di emettere un atto di citazione in giudizio
il P.M. o ta ile svolge u ’attività ist utto ia
volta alla raccolta delle prove.
Detta fase p eli i a e, p esuppo e u a otizia
di da o e a iale .
Essa può provenire sia da privati cittadini o
organi di
stampa,
sia dalla
stessa
amministrazione pubblica o, comunque, da ogni
istituzione.
“ull’o
ligo di de u ia
In base alle norme vigenti, gli organi di vertice
dell’a
i ist azio e sono obbligati alla
denuncia di danno.
Tanto è vero che in caso di omissione o ritardo essi
possono essere condannati insieme con gli autori
dell’illecito e possono rispondere a titolo autonomo ove,
in seguito alla mancata denuncia, l’azione di
responsabilità sia prescritta.
“ull’o
ligo di de u ia
Al riguardo, un particolare obbligo di denuncia è quello
previsto dall’a t. 129 delle disposizioni di attuazione
del codice di procedura penale (obbligo di denuncia
del P.M. penale in caso di reati dai quali sia derivato un
danno erariale).
Si veda: Corte dei conti, nota interpretativa in materia
di denunce di danno erariale ai Procuratori regionali
presso le Sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei
conti del 2 agosto 2007.
“ull’o
ligo di de u ia
Detto obbligo è stato, di recente, rafforzato dalla
legge 27 marzo 2001 n. 97, art. 7 che ha
consolidato il raccordo tra P.M. penale e P.M.
contabile.
L’i iziativa del P.M. contabile è obbligatoria, nel senso
che l’Orga o requirente non può omettere di svolgere
u ’attività di esame preliminare in seguito alla
denuncia di danno erariale.
“ull’o
ligo di de u ia
L’azio e erariale trae impulso dalla conoscenza di fatti e notizie e la puntualità
di tali fonti di conoscenza è stata rimarcata dal Lodo Bernardo (art. 17,
comma 30 ter, d.l. 1 luglio 2009 n. 78)
30-ter. Le procure della Corte dei conti possono
iniziare l'attività istruttoria ai fini dell'esercizio
dell'azione di danno erariale a fronte di specifica
e concreta notizia di danno, fatte salve le
fattispecie direttamente sanzionate dalla legge.
- segue -
“ull’o
ligo di de u ia
«Le procure della Corte dei conti esercitano l'azione per il risarcimento del
danno all'immagine nei soli casi e nei modi previsti dall'articolo 7 della legge
27 marzo 2001, n. 97 . A tale ultimo fine, il decorso del termine di prescrizione
di cui al comma 2 dell'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20 , e'
sospeso fino alla conclusione del procedimento penale. Qualunque atto
istruttorio o processuale posto in essere in violazione delle disposizioni di cui
al presente comma, salvo che sia stata già pronunciata sentenza anche non
definitiva alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente
decreto, è nullo e la relativa nullità può essere fatta valere in ogni momento,
da chiunque vi abbia interesse, innanzi alla competente sezione
giurisdizionale della Corte dei conti, che decide nel termine perentorio di
trenta giorni dal deposito della richiesta ».
Obbligo di denuncia: il richiamo alla specifica e concreta
notizia di danno nella previsione del lodo Bernardo
Sul punto recente giurisprudenza afferma: Corte Conti sez. riun., 03/08/2011,
n. 12
« Il significato da attribuire all'espressione "specifica e concreta notizia di danno",
recata dall'art. 17, comma 30 ter d.l. n. 78/2009, è così precisato: il termine notizia,
comunque non equiparabile a quello di denunzia, è da intendersi, secondo la comune
accezione, come dato cognitivo derivante da apposita comunicazione, oppure
percepibile da strumenti di informazione di pubblico dominio; l'aggettivo specifica è
da intendersi come informazione che abbia una sua peculiarità e individualità e che
non sia riferibile ad una pluralità indifferenziata di fatti, tale da non apparire generica,
bensì ragionevolmente circostanziata; l'aggettivo concreta è da intendersi come
obiettivamente attinente alla realtà e non a mere ipotesi o supposizioni. L'espressione
nel suo complesso deve, pertanto, intendersi riferita non già ad una pluralità
indifferenziata di fatti, ma ad uno o più fatti, ragionevolmente individuati nei loro tratti
essenziali e non meramente ipotetici, con verosimile pregiudizio per gli interessi
finanziari pubblici, onde evitare che l'indagine del p.m. contabile sia assolutamente
libera nel suo oggetto, assurgendo ad un non consentito controllo generalizzato».
“ull’o
ligo di de u ia
«Di conseguenza, sono idonei ad integrare gli estremi di una
"specifica e concreta notizia di danno": a) l'esposto anonimo, se
riveste i caratteri di specificità e concretezza innanzi precisati; b) i
fatti conosciuti nel corso della fase dell'invito a dedurre, anche
per soggetti diversi dall'invitato, nei medesimi termini; c) i fatti
conosciuti a seguito di delega alle indagini, attribuita dalla
Procura regionale ad organismi quale la Guardia di finanza; d) da
ultimo, non possono considerarsi specifiche e concrete, secondo
quanto innanzi precisato, le notizie relative alla mera condotta,
in carenza di ipotesi di danno, quale presupposto oggettivo della
responsabilità amministrativa; ciò, a differenza delle ipotesi di
fattispecie direttamente sanzionate dalla legge».
L’o
ligo di i te ve to della P o u a
L’i te ve to della Procura può avvenire a seguito
di segnalazione di altre magistrature; da fonti
giornalistiche dettagliate; da esposti anche
anonimi; da denunce provenienti dalla stessa
amministrazione.
L’o
ligo di de u ia p evisto o legge
Il novello art. 54 bis del d.lgs. n. 165 del 2001 il
quale testualmente afferma:
Art. 54-bis.
1. Fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, ovvero per lo
stesso titolo ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile, il pubblico dipendente che
denuncia all'autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, o all'Autorità nazionale
anticorruzione (ANAC), ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte
illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può
essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o
indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o
indirettamente alla denuncia (2).
L’o
ligo di de u ia p evisto o legge
Si veda, poi
l’a t. 24 del d.lgs. n. 123/2011 sull’o ligo di denuncia di danni
erariali per i servizi ispettivi di finanza pubblica;
l’a t. 5 della legge n. 89/2001 che prevede la comunicazione al
Procuratore Generale della Corte delle pronunce di accoglimento
delle eque riparazioni ai cittadini in caso di violazione del
termine ragionevole del processo;
L’o
ligo di de u ia p evisto o legge
Artt. 6 e 7della l. 27 marzo 2001, n. 97 (in Gazz. Uff., 5 aprile, n. 80). - Norme sul rapporto tra
procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei
dipendenti delle amministrazioni pubbliche.
ARTICOLO 6
(Disposizioni patrimoniali).
1. Dopo l'articolo 335 del codice penale, è inserito il seguente:
"Art. 335-bis. - (Disposizioni patrimoniali). - Salvo quanto previsto dall'articolo 322-ter, nel caso di condanna
per delitti previsti dal presente capo è comunque ordinata la confisca anche nelle ipotesi previste dall'articolo
240, primo comma".
2. Nel caso di condanna per delitti di cui al capo I del titolo II del libro secondo del codice penale commessi a
fini patrimoniali, la sentenza è trasmessa al procuratore generale presso la Corte dei conti, che procede ad
accertamenti patrimoniali a carico del condannato.
3. All'articolo 321 del codice di procedura penale, dopo il comma 2 é inserito il seguente:
"2-bis. Nel corso del procedimento penale relativo a delitti previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del
codice penale il giudice dispone il sequestro dei beni di cui è consentita la confisca".
4. I beni immobili confiscati ai sensi degli articoli 322-ter e 335-bis del codice penale sono acquisiti di diritto e
gratuitamente al patrimonio disponibile del comune nel cui territorio si trovano. La sentenza che dispone la
confisca costituisce titolo per la trascrizione nei registri immobiliari.
L’o
ligo di de u ia p evisto o legge
ARTICOLO 7
(Responsabilità per danno erariale).
1. La sentenza irrevocabile di condanna pronunciata nei confronti dei
dipendenti indicati nell'articolo 3 per i delitti contro la pubblica
amministrazione previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice
penale è comunicata al competente procuratore regionale della Corte dei
conti affinché promuova entro trenta giorni l'eventuale procedimento di
responsabilità per danno erariale nei confronti del condannato. Resta salvo
quanto disposto dall'articolo 129 delle norme di attuazione, di coordinamento
e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo
28 luglio 1989, n. 271.
L’o
ligo di de u ia p evisto o legge
art. 23, punto 5, della l. 27 dicembre 2002, 289 sulla trasmissione
alla procura della Corte dei conti dei provvedimenti di
i o os i e to del de ito posti i esse e dall’a
i ist azio e;
art. 2, comma 8, della l. 241/90
La tutela i
ate ia di sile zio dell'a
i ist azio e è
disciplinata dal codice del processo amministrativo, di cui al
decreto legislativo 2 luglio 2010, n.104. Le sentenze passate in
giudicato che accolgono il ricorso proposto avverso il silenzio
inadempimento dell'amministrazione sono trasmesse, in via
telematica, alla Corte dei conti .
L’o
ligo di de u ia p evisto o legge
art. 5 l. 24 marzo 2001 n. 89 (danno erariale per
violazione del termine ragionevole del processo)
e art. 4, comma 3, del d.lgs. 20 dicembre 2009 n.
198 (trasmissione alla Procura di sentenza di
condanna della p.a. nelle materie ivi previste).
L’o
ligo di de u ia p evisto o legge
Per i dipendenti delle amministrazioni statali, l’o ligo è sa ito:
• dall’a t. del d.P.R. n. 3 del 1957
• dall’a t. del r.d. n. 1214 del 1934;
• dall’a t. del r.d. n. 2440 del 1923;
• dall’a t. , o
a , della l. del 1994 secondo il quale
. Qualo a la p es izio e del di itto al isa i e to sia atu ata a ausa di
omissione o ritardo della denuncia del fatto, rispondono del danno erariale i
soggetti che hanno omesso o ritardato la denuncia. In tali casi, l'azione è
p opo i ile e t o i ue a i dalla data i ui la p es izio e è atu ata.
L’o
ligo di de u ia p evisto o legge
Devesi rilevare inoltre la nota del Procuratore generale
presso la Corte dei conti (indirizzo di coordinamento
I.C./16 del 28 febbraio 1998, a conferma di due
precedenti indirizzi di coordinamento I.C./2 del 27
maggio 1996 e 27 luglio 1990, n. 7739 e 7740), che
aveva fornito a tutte le pubbliche amministrazioni
opportuni indirizzi operativi sulle modalità di inoltro
della doverosa denuncia di fatti dannosi per l’e a io alle
competenti Procure regionali della Corte dei conti.
Il contenuto della denuncia
In ordine al contenuto della denuncia in
questione, l’art. 20 del d.P.R. n. 3 del 1957,
prescrive che la stessa comprende tutti gli
elementi raccolti per l’a e ta e to della
responsabilità e la determinazione dei da i .
Il contenuto della denuncia
La denuncia, pertanto, con riguardo alla
documentazione ad essa allegata, deve contenere:
1) l’i di azio e del fatto dannoso, nel senso di
descrizione del comportamento dannoso e/o del
procedimento amministrativo seguito. Tale indicazione
deve, altresì, evidenziare le illegittimità o le
diseconomie gestionali originate da tali comportamenti
o procedimenti;
Il contenuto della denuncia
2) l’i po to del presunto danno subito dall’e a io, ove ciò risulti
da fatti conosciuti, ovvero, se tale elemento non sia
determinabile esattamente nel suo ammontare, i dati in base ai
quali emerga l’esiste za dello stesso, benché ne sia incerta la
quantificazione. A questo fine, vanno indicati, ove esistano, gli
elementi che, sulla base dei dati dell’espe ie za amministrativa
nel settore, possano servire alla quantificazione dello stesso,
oppure offrire, se in condizione, parametri per la determinazione
in via equitativa del danno medesimo (ex art. 1226, c.c.).
Elementi facoltativi della denuncia
Tranne i casi in cui sia chiara la partecipazione di
determinati soggetti ai fatti dannosi (ad es. nel
caso di condanne penali):
l’i di azio e nominativa di coloro cui possa
esse e p esu tiva e te i putato l’eve to
lesivo.
Elementi facoltativi della denuncia
Parimenti facoltativa è la rappresentazione di motivate
valutazioni circa la colpevolezza di questi ultimi.
In ogni caso, su richiesta della competente Procura
presso il giudice contabile, cui deve essere indirizzata la
denuncia,
il
denunciante
o,
comunque,
l’a
i istrazio e di appartenenza, provvederà ad
indicare le generalità complete e gli attuali domicili dei
presunti responsabili del danno.
L’azio e ese itata dal pu li o
ministero contabile
L’azio e viene esercitata dal pubblico ministero
contabile e, cioè, dal Procuratore regionale
competente presso le Sezioni giurisdizionali
regionali della Corte dei conti e, in grado
d’appello,
dal
Procuratore
generale
rappresentante il P.M. innanzi alle Sezioni
d’appello della Corte dei conti.
L’azio e ese itata dal pu li o
ministero contabile
Il P.M. è l’u i o soggetto che può attivare
l’azio e di responsabilità, non potendo il
giudice procedere d’uffi io in assenza di
domanda di parte.
Se, quindi, il P.M. contabile ritiene che non vi siano i presupposti
per l’esercizio dell’azione di responsabilità, il processo non avrà
inizio, con l’eve tuale archiviazione del procedimento già aperto.
Tale provvedimento non assume carattere decisorio.
L’azio e ese itata dal pu li o
ministero contabile
In tal senso si veda Corte cost., 27 luglio 1995, n. 415 Il pubblico
ministero mantiene la caratteristica di ufficio che promuove
l'azione. L'attività anteriore alla citazione è preordinata
all'eventuale instaurazione del giudizio ma non assume carattere
decisorio, anche quando si concluda con un'archiviazione. Questo
atto, rimesso alla determinazione propria della parte pubblica che
ritenga di non dover promuovere l'azione, non ha natura di
pronuncia giurisdizionale, ma chiude un'attività istruttoria diretta a
verificare se sussistano le condizioni per iniziare utilmente un
giudizio di responsabilità, senza che con l'archiviazione si formi
giudicato o che ne derivi in alcun modo un vincolo per lo stesso
ufficio del pubblico ministero. .
La de u ia dell’e te da
eggiato
L’e te danneggiato, mentre può (anzi deve)
segnalare i fatti dannosi alla competente
Procura della Corte dei conti per l’eve tuale
esercizio dell’azio e, non può sostituirsi al P.M.,
attivando il giudizio nei confronti dei presunti
responsabili, non essendo titolare dell’azio e di
responsabilità amministrativa.
IL PM contabile e la garanzia il rispetto del principio di
imparzialità e il principio del buon andamento
L’att i uzio e del potere di agire in giudizio a un organo neutrale
e indipendente, estraneo all’a
i ist azio e, è preordinata a
garantire il rispetto del principio di imparzialità e il principio del
buon andamento.
La posizione del PM contabile è uguale a quella del Pubblico
ministero presso il giudice ordinario (penale o civile): si tratta di
un organo propulsore dell’attività giurisdizionale che ha la
funzione, ell’i te esse pubblico, di garantire la corretta
applicazione della legge.
PM organo neutrale e imparziale
Il P.M. è un organo neutrale e imparziale che
assume il ruolo di atto e nel processo
contabile per tutelare valori e interessi generali,
e non ell’i te esse particolare della sola
amministrazione danneggiata.
La p es izio e dell’azio e
L’a t. 1, comma 2, della legge 14 gennaio 1994, n. 20
prescrive che l’azio e deve essere esercitata entro
cinque anni decorrenti dalla data in cui si è verificato il
fatto dannoso, ovvero, in caso di occultamento doloso
del danno, dalla data della sua scoperta, altrimenti la
stessa si prescrive (nel senso che, ove la controparte
eccepisca la prescrizione, il giudice deve dichiarare
l’azio e inammissibile e non può decidere nel merito).
La p es izio e dell’azio e
Appare ormai acclarato nella giurisprudenza che per
fatto dannoso non si intende solo la condotta materiale
del funzionario o dell’i piegato pubblico, ma anche
l’eve to dannoso che alla stessa ha fatto seguito, e
cioè l’effettivo pregiudizio economico che è derivato
all’a
i ist azio e in seguito alla condotta stessa.
Ciò ha portato alla cancellazione dalla legge finanziaria per il 2007 della previsione
normativa tesa invece a legiferare proprio la teoria della condotta a scapito
dell’effettivo momento di verificazione dell’eve to dannoso.
La p es izio e dell’azio e
Il problema della conoscibilità del danno è,
come appena detto, strettamente connesso alla
disciplina dell’o ulta e to doloso del danno.
Anche in questo caso, conformemente alla
disciplina derivante da fatto illecito, è la
conoscibilità, intesa come manifestazione
esteriore del danno, a determinare la fissazione
del dies a quo.
La p es izio e dell’azio e
In tal senso si veda:
Corte dei conti, Sez. III centrale, sent. n. 213/a del 17
maggio 2006: In fattispecie di danno dolosamente
occultato, la prescrizione decorre - per espressa
previsione dell’art. 1 co. 2° L. 14 gennaio 1994 n. 20 dalla scoperta del danno, che non può invero essere
negata nel caso in cui l’ille ito sia divenuto un fatto
notorio, come certamente è quando il presunto
responsabile sia stato sottoposto ad una misura di
carcerazione preventiva ;
La p es izio e dell’azio e
Corte dei conti Sez. I centrale, sent. n. 104/a del
5 maggio 2006: La prescrizione dell’azio e di
responsabilità amministrativo contabile relativa
a danni dolosamente occultati nel contesto di
u ’azio e delittuosa decorre dalla scoperta di
tale frode, che può essere individuata nel
momento in cui si verifica il rinvio a giudizio
penale ;
La p es izio e dell’azio e
Corte dei conti Sez. I, sent. .
del . .
: ai fini della decorrenza del
ter i e di pres rizio e del diritto fatto valere attraverso l’azio e, l’art. , II,
legge 1994 n. 20 vada letto e interpretato anche in correlazione alle
disposizio i del odi e ivile he dis ipli a o l’istituto della pres rizio e e,
seg ata e te, i orrelazio e all’art. 9 5 . ., se o do ui la pres rizio e
decorre dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere hiare do he, tra
le ause i peditive dell’eser izio del diritto, la giurisprude za della Corte di
Cassazione ha elaborato la non conoscibilità obiettiva del danno ingiusto nelle
ipotesi di diritto al risarcimento del danno da fatto illecito (art. 2947, I, c.c.). segue -
La p es izio e dell’azio e
Ha, infatti, detta giurisprudenza più volte esplicitato che la responsabilità da
fatto illecito costituisce una fattispecie complessa che si perfeziona quando
sono realizzati tutti i fatti ed eventi che la compongono, tra cui è ricompresa la
conoscibilità obiettiva del danno ingiusto, cosicché il momento della
esteriorizzazione obiettiva del danno stesso costituisce il dies a quo di
decorrenza della prescrizione, perché solo nel momento in cui il danno si
esteriorizza diventa obiettivamente percepibile e conoscibile; cosicché, ancora,
non è al momento del suo verificarsi che deve aversi riferimento bensì è a
quello, eventualmente successivo, in cui si esteriorizza il danno stesso che
sorge il diritto al risarcimento e quindi il dies a quo del relativo termine di
prescrizione, non essendovi prima una inerzia giuridicamente rilevante, nel
titolare del diritto, ell’uso giuridi a e te possi ile del diritto stesso o uso
di un interesse tutelato attuale e insoddisfatto). – segue -
La p es izio e dell’azio e
E l’art. 2947, I, c.c. come pure l’art. 1, II, Legge 1994 n. 20, costituiscono in
effetti applicazione del principio generale posto dall’art. 2935 c.c. riassumibile
nel brocardo actioni nondum natae non praescribitur con tutte le
implicazioni innanzi esplicitate (cfr. in termini Cass. Sez. III n. 1716 del
24.3.1979 e n. 1442 del 24.2.1983 e n. 3206 del 5.7.1989; Cass. Sez. II n. 4532
del 18.5.1987 . La giurisprudenza è ormai consolidata in tal senso e
l’i terpretazio e è corroborata dal fatto che, prima del rinvio a giudizio,
sussiste un segreto istruttorio che rende inconoscibili i fatti e gli elementi
probatori. Anche il Procuratore Generale ha citato più recente giurisprudenza
in tal senso (Sez. I n. 384/2004). Da ciò consegue che, nel caso in esame, il
termine iniziale della prescrizione non può che decorrere dalla data del rinvio
a giudizio. V. anche , Sez. I centrale 2 ottobre 2002 n. 336/a).
La p es izio e dell’azio e
Ai fini del corretto computo dei termini
prescrizionali va infatti dimostrato partitamente
non solo il comportamento imputabile a titolo di
dolo, ma anche l’azio e commissiva od omissiva
con cui scientemente si è tenuto celato l’effetto
del proprio fatto illecito.
La p es izio e dell’azio e
In caso di comportamento omissivo, la
prescrizione decorre dal momento in cui
è venuto a scadenza il termine di
esercizio del diritto, illecitamente
omesso.
La p es izio e dell’azio e
Va considerato che l’a t. 1310, co. 1°, c.c., alla stregua
del quale gli atti d’i te uzio e della prescrizione hanno
effetto nei confronti di tutti i condebitori in solido
anche se compiuti nei confronti di qualcuno di essi,
trova applicazione ai fini dell’i te uzio e della
prescrizione
dell’azio e
di
responsabilità
amministrativo-contabile se si tratti di corresponsabilità
solidale per fattispecie di danni cagionati con dolo.
La p es izio e dell’azio e
Inoltre nel caso di danno indiretto il dies a quo
della prescrizione si individua nel momento in
cui sorge per l’e te l’o ligo di risarcire il terzo.
Così, nel caso di definizione di controversia
mediante lodo arbitrale la decorrenza si
individua al momento della sottoscrizione del
lodo.
L’i te uzio e della p es izio e
Sotto il profilo dell’ido eità ad interrompere i termini di
prescrizione, tenuto conto che l’i te uzio e del
termine di prescrizione può essere rilevata d’uffi io dal
giudice, è pacifico nella giurisprudenza contabile il
riconoscimento dell’effetto interruttivo permanente
della costituzione di parte civile dell’A
i ist azio e
nel procedimento penale, sino alla definizione del
giudizio penale.
L’i te uzio e della p es izio e
Così come effetto certamente interruttivo per il
decorso dei termini prescrizionali riveste l’atto di
messa in mora da parte dell’A
i ist azio e nei
confronti del proprio dipendente.
L’i te uzio e della p es izio e
In proposito, tuttavia, va ricordato che l’atto di messa in
mora, perché possa validamente spiegare gli effetti
descritti, deve necessariamente essere un vero atto
dell’A
i ist azio e con l’affe azio e in esso
contenuta di responsabilità di un soggetto in ordine ad
una fattispecie identificata. Minor importanza, secondo
la giurisprudenza prevalente, assume l’esatta
quantificazione del danno, bastando anche un
riferimento alla quantificabilità dello stesso.
L’i te uzio e della p es izio e
Corte dei conti, Sez. I centrale, n. 126/a del
26.5.2006: Ai fini della validità della costituzione in
mora, per il conseguimento dell’effi a ia interruttiva
della prescrizione del credito erariale, è necessario e
sufficiente che l’atto contenga la inequivoca
manifestazione di volontà del soggetto titolare del
diritto di ottenere l’ade pi e to dell’o ligazio e,
a nulla rilevando l’ulte io e requisito della
quantificazione del da o ;
L’i te uzio e della p es izio e
contra Sez. I, sent. n. 385 del 24.11.2005: non è idoneo
ad interrompere la prescrizione l’atto con cui l’e te
pubblico danneggiato, invece di intimare il pagamento
di una somma determinata di denaro, manifesti la
volontà di ottenere il risarcimento di u danno che
emergerà eventualmente dal giudizio penale e, quindi,
un danno meramente ipotetico, in quel momento
incerto ell’a e nel quantum).
L’i vito a dedurre
la fase preliminare
Il Procuratore regionale, una volta raggiunto da una notizia di
danno erariale, sempre che non ritenga di dover archiviare la
denuncia per mancanza di elementi, svolge u ’attività di raccolta
delle prove durante la quale, avvalendosi se necessario della
Guardia di finanza o di altri organi di polizia giudiziaria, può
disporre, tra l’alt o, esibizione di documenti, ispezioni e
accertamenti, sequestro di documentazione e qualsiasi altra
attività preordinata alla ricerca delle prove.
L’i vito a dedurre
la fase preliminare
I uesta fase p eli i a e dell’ist utto ia o vi
è contraddittorio, nel senso che, il presunto
responsabile non è neppure a conoscenza del
fatto he esista u ’attività di i dagi e del P.M.
contabile.
L’i vito a dedurre
la fase preliminare
Si tratta in sostanza di u ’attività per così dire
li e a , cioè non procedimentalizzata. Solo al
termine dell’ist utto ia, ove il P.M. ritenga di
avere elementi di prova sufficienti per emettere
una citazione in giudizio, è tenuto a notificare al
presunto responsabile un atto – il primo del
procedimento che porta all’a e ta e to
dell’eve tuale sussistenza di una ipotesi di
responsabilità - chiamato invito a dedurre
L’i vito a dedu e – la normativa
Art. 5 della l. 14 gennaio 1994, n. 19 conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 15
novembre 1993, n. 453, recante disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei
conti.
5. Giudizi di responsabilità.
1. Prima di emettere l'atto di citazione in giudizio, il procuratore regionale invita il presunto
responsabile del danno a depositare, entro un termine non inferiore a trenta giorni dalla notifica
della comunicazione dell'invito, le proprie deduzioni ed eventuali documenti. Nello stesso
termine il presunto responsabile può chiedere di essere sentito personalmente. Il procuratore
regionale emette l'atto di citazione in giudizio entro centoventi giorni dalla scadenza del termine
per la presentazione delle deduzioni da parte del presunto responsabile del danno. Eventuali
proroghe di quest'ultimo termine sono autorizzate dalla sezione giurisdizionale competente, nella
camera di consiglio a tal fine convocata; la mancata autorizzazione obbliga il procuratore ad
emettere l'atto di citazione ovvero a disporre l'archiviazione entro i successivi quarantacinque
giorni.
- segue -
L’i vito a dedu e – la normativa
2. Quando ne ricorrano le condizioni, anche contestualmente all'invito di cui al comma 1, il
procuratore regionale può chiedere, al presidente della sezione competente a conoscere del
merito del giudizio, il sequestro conservativo di beni mobili e immobili del convenuto, comprese
somme e cose allo stesso dovute, nei limiti di legge.
3. Sulla domanda il presidente della sezione giurisdizionale regionale provvede con decreto
motivato e procede contestualmente a:
• a) fissare l'udienza di comparizione delle parti innanzi al giudice designato, entro un termine
non superiore a quarantacinque giorni;
• b) assegnare al procuratore regionale un termine perentorio non superiore a trenta giorni per
la notificazione della domanda e del decreto.
4. All'udienza di cui alla lettera a) del comma 3, il giudice, con ordinanza, conferma, modifica o
revoca i provvedimenti emanati con il decreto. Nel caso in cui la notificazione debba effettuarsi
all'estero, i termini di cui al comma 3 sono quadruplicati.
- segue -
L’i vito a dedu e – la normativa
5. Con l'ordinanza di accoglimento, ove la domanda sia stata proposta prima dell'inizio della causa
di merito, viene fissato un termine non superiore a sessanta giorni per il deposito, presso la
segreteria della sezione giurisdizionale regionale, dell'atto di citazione per il correlativo giudizio di
merito. Il termine decorre dalla data di comunicazione del provvedimento all'ufficio del
procuratore regionale.
6. Ferme restando le disposizioni di cui al comma 4 dell'articolo 2, il procuratore regionale, nelle
istruttorie di sua competenza, può disporre:
• a) l'esibizione di documenti, nonché ispezioni ed accertamenti diretti presso le pubbliche
amministrazioni ed i terzi contraenti o beneficiari di provvidenze finanziarie a carico dei
bilanci pubblici;
• b) il sequestro dei documenti;
• c) audizioni personali;
• d) perizie e consulenze.
7. omissis .
8. omissis.
L’i vito a dedu e – natura giuridica
Il c.d. invito a dedurre è un atto che deve
necessariamente precedere, a pena di nullità, la
citazione in giudizio del presunto responsabile.
Sul punto si veda Corte costituzionale 4 giugno
1997, n. 163, soprattutto riguardo la natura
preprocessuale dell’i vito a dedurre.
L’i vito a dedu e: la atu a giu idi a alla lu e della
giurisprudenza della Corte costituzionale.
La Corte costituzionale con sentenza 4 giugno 1997, n. 163, ha affermato:
«Questa Corte, in una sua precedente pronunzia, soffermandosi sull'istituto
qui in esame, il quale rappresenta una delle peculiari innovazioni della più
recente riforma del processo contabile, ha già avuto occasione di rilevare che
l'invito a dedurre attiene ad una fase che precede l'accertamento delle
responsabilità, suscettibile, alternativamente, di mettere capo
all'instaurazione del giudizio ovvero all 'archiviazione, ma tale da non inficiare
la tradizionale regola secondo la quale, nel giudizio di responsabilità
amministrativa, il giudice è investito della causa solo attraverso l'atto di
citazione (sent. n. 415 del 1995).
L’i vito a dedu e: la atu a giu idi a alla lu e della
giurisprudenza della Corte costituzionale.
Da detta impostazione non si discosta quella giurisprudenza contabile che ha
individuato la funzione del l'atto di cui trattasi essenzialmente nella
preliminare contestazione di fatti specifici ad un soggetto già indagato, che
viene così messo in grado di rappresentare tempestivamente le sue ragioni
all'organo inquirente, consentendo, al tempo stesso, al Procuratore regionale
lo sviluppo di più adeguate indagini. Senza che occorra qui indugiare sulla
questione della qualificazione giuridica dell'invito a dedurre, come condizione
di procedibilità o meno rispetto all'azione, tema questo ancora controverso in
giurisprudenza, può ritenersi, comunque, che si tratti di un atto che muove
all'acquisizione di ulteriori elementi, se del caso anche di carattere esimente,
in vista delle conclusive determinazioni che non necessariamente dovranno
essere nel senso dell'inizio dell'azione di responsabilità.
Il contenuto
Nell’atto il P.M. o ta ile deve:
- esporre gli elementi di fatto e di diritto sulla cui base
fonda la contestazione di responsabilità e
l’a
o ta e del danno;
- invitare il presunto responsabile a far pervenire
proprie deduzioni e osservazioni difensive, nonché
prove a proprio discarico, entro un termine
pe e to io l’i vitato ha a he la possi ilità di esse e
ascoltato personalmente ove ne faccia richiesta).
L’a esso al fas i olo istruttorio da parte dell’i vitato
Al riguardo la Corte dei conti ha affermato che:
in ordine ai limiti che l’i vitato incontra ell’esa e del
fascicolo istruttorio, non si applicano gli artt. 22 e ss.
della legge 241/1990. Il diritto di accesso è esercitabile
soltanto nei confronti degli uffici amministrativi della
Corte dei conti. Corte Conti sez. riun., 19/06/1998,
n.14/Q.
Una figura del tutto peculiare nel panorama
p o essuale ……
La stessa sentenza ha avuto, poi, modo di affermare che:
« L'"invito a dedurre" che costituisce figura processuale del tutto peculiare
nel panorama processuale dell'ordinamento italiano, ha natura di atto
procedimentale preprocessuale che assolve alla duplice funzione di
consentire all'invitato di svolgere le proprie argomentazioni al fine di evitare
la citazione in giudizio e di garantire nel contempo la massima possibile
completezza istruttoria, derivandone dalla sua mancanza non la nullità, ma la
inammissibilità della citazione (che può essere riproposta dopo la
rinnovazione dell'invito); pertanto deve escludersi una piena ed assoluta
corrispondenza del contenuto all'atto di citazione, a meno che quest'ultimo
non si discosti nettamente dal nucleo essenziale della ""causa petendi"" e
"petitum" tipicizzanti la fattispecie dannosa ipotizzata nell'invito, non
potendosi parlare nè di "mutatio libelli" nè di possibili vizi di ultrapetizione.»
La p o oga pe l’e issio e dell’atto di itazio e
Il procuratore regionale emette l’atto di citazione in giudizio entro centoventi
giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle deduzioni da
parte del presunto responsabile del danno (tale termine è indicato nello
stesso invito a dedurre).
Eventuali proroghe dell’i di ato termine di 120 giorni sono autorizzate, dietro
richiesta motivata del procuratore, dalla sezione giurisdizionale competente,
nella camera di consiglio a tal fine convocata; la mancata autorizzazione
obbliga il procuratore ad emettere l’atto di citazione ovvero a disporre
l’a hiviazio e entro i successivi quarantacinque giorni; l’a ogli e to della
richiesta di proroga determina, ai fini del computo del termine per la
produzione dell’atto di citazione, la sommatoria degli iniziali 120 giorni con
quelli ulteriormente autorizzati.
Alla prima richiesta di proroga autorizzata, possono seguirne delle altre che il
Collegio valuta autonomamente di volta in volta.
La p o oga pe l’e issio e dell’atto di itazio e
la sospensione feriale
Per giurisprudenza pacifica al
termine di legge citato dei 120
giorni si applica il termine di
sospensione feriale dei giorni
intercorrenti tra il 1° agosto ed il 31
agosto
(prima fino al 15
settembre).
L’i vito a dedurre otifi ato ad u a pluralità di
soggetti
La più recente giurisprudenza che ha inoltre
affermato che il termine di cui all’a t. 5, primo
comma, della legge n. 19/1994 decorre, nella
ipotesi che l’i vito a dedurre sia emanato nei
confronti di una pluralità di soggetti ritenuti
corresponsabili del danno erariale e così
individuati ell’atto contestualmente ad essi
inviato, dalla data dell’ulti a notifica dell’i vito
a dedurre medesimo.
L’i vito a dedurre otifi ato ad u a pluralità di soggetti
I diversi orientamenti giurisprudenziali
In precedenza la Corte Conti sez. riun.
18/06/2003, n. 13 aveva affermato che:
Nell'ipotesi di concorso di persone nella
fattispecie di addebito oggetto di indagine del
p.m. contabile, il termine di 120 giorni prescritto
dalla legge per l'emissione della citazione
decorre per ciascun invitato dalla notifica
dell'invito che lo riguarda, e non già per tutti gli
invitati dalla notifica dell'ultimo invito. .
L’i vito a dedurre otifi ato ad u a pluralità di soggetti
I diversi orientamenti giurisprudenziali
Successivamente la Corte Conti sez. riun., 25/03/2005,
n. 1 ha, invece, affermato che: Nell'ipotesi in cui una
pluralità di presunti responsabili amministrativocontabili siano destinatari di un contestuale invito a
dedurre ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 5 comma 1
d.l. 15 novembre 1993 n. 453, conv. in l. 14 gennaio
1994 n. 19 e successive modificazioni, il termine di 120
giorni per l'emissione della citazione decorre per tutti
dal momento in cui si perfeziona l'ultima delle
notificazioni dell'invito in questione. .
Il giudizio
Il processo contabile è un processo di parti (P.M.
attore e convenuto/i) che si svolge innanzi a un
giudice terzo e imparziale sulla base dei principi
costituzionali che regolano il giusto processo
(art. 111 della Costituzione novellato).
Il giudizio
E’ il giudice a pronunciarsi, al termine del
processo, sulla base della domanda del P.M.
(citazione in giudizio), per stabilire se sussistano
o meno i presupposti per poter pronunciare una
sentenza di condanna al risarcimento del danno
nei confronti dei convenuti in giudizio.
Il giudizio
Il processo, che consta di una fase introduttiva
scritta e di una fase orale (udienza
dibattimentale), è regolato dal principio del
contraddittorio.
Ognuna delle parti può svolgere le proprie difese
e produrre i mezzi di prova che ritenga
opportuni.
Il giudizio
Il processo in materia di responsabilità
amministrativa è disciplinato dal codice di
procedura civile, in quanto compatibile, in virtù
del rinvio operato dall’a t. 26 del r.d. 1214 del
1934.
Il giudizio
La parte attrice ha l’o e e:
- di introdurre la domanda (citazione);
- di provare i fatti su cui fonda la propria pretesa
secondo le regole del processo civile.
Il giudizio
Il convenuto ha l’o ere di provare i fatti contrari
a quelli allegati dal P.M.
Spetta quindi al P.M. provare e quantificare un
danno pubblico risarcibile da attribuire al
convenuto sulla base del criterio della colpa
grave e del nesso causale.
Il giudizio
Nel processo contabile, stante la indisponibilità dei diritti
fatti valere dal PM, contabile il giudice può cooperare
ell’a uisizio e della prova.
Può ordinare l’assu zio e dei mezzi istruttori che ritenga
opportuni.
Può, anche, ordinare al P.M. contabile di chiamare in causa
soggetti non convenuti originariamente in giudizio.
Il giudizio
Le questioni preliminari
Nell’e o o ia generale dello svolgimento del
giudizio, l’esa e di merito è sempre preceduto
dall’esa e di eventuali questioni di rito a
carattere pregiudiziale o preliminare.
Le eccezioni pregiudiziali e/o preliminari
Per eccezioni pregiudiziali e/o preliminari si intende:
- eccezione di giurisdizione:
giurisdizione della Corte dei conti.
nega
la
L’a ogli e to determina l’i possi ilità di
pronunciarsi su alcun altro aspetto sollevato in
giudizio.
Le eccezioni pregiudiziali e/o preliminari
- eccezione di prescrizione: di hia a p es itta l’azio e di espo sa ilità, ioè assu e
decorso il termine di cinque anni dal momento della commissione del fatto alla data di
otifi a dell’atto di itazio e.
E’ comunque possibile il verificarsi di fatti interruttivi del predetto termine
quinquennale. Essi possono essere atti di messa in mora del convenuto in giudizio
e/o adozione nei termini dell’i vito a dedurre).
Per quanto riguarda il danno indiretto il termine quinquennale inizia a decorrere dal
momento in cui l’A
i ist azio e ha subito l’es o so patrimoniale a seguito di
condanna in sede civile per danno a terzi causato da un proprio dipendente.
Nell’ipotesi di pendenza del procedimento penale il dies a quo per la prescrizione in
sede contabile è dato dalla data di rinvio a giudizio del presunto responsabile
ell’a ito del processo penale.
In caso di danno occulto, il quinquennio decorre dalla scoperta del fatto.
Le eccezioni pregiudiziali e/o preliminari
- eccezione di pregiudizialità: l’a ogli e to determina la sospensione del
giudizio.
Non esiste oggi, nella dinamica dei rapporti fra giurisdizioni, rapporto di
pregiudizialità di una nei confronti delle altre.
Dunque, a fronte della relativa eccezione, il giudice deve delibare se
sospendere il giudizio in attesa della conclusione del concorrente
procedimento o se invece sussistono gli elementi per procedere
autonomamente senza sospendere il giudizio. L’a ogli e to comporta poi
obbligo di riassunzione del giudizio.
La condanna emessa in dibattimento dal giudice penale fa stato nel processo
contabile quanto all’illi eità penale e al fatto nel suo complesso. Si discute se
ciò comprenda oltre agli elementi materiali (per i quali la giurisprudenza è
pacifica) anche gli elementi psicologici.
Le eccezioni pregiudiziali e/o preliminari
Eccezione di regolamento preventivo di giurisdizione:
non determina l’auto ati a sospensione del giudizio.
Ammette, ai sensi dell’a t. 367 c.p.c. nella novella della legge n.
358/1990, art. 61, una previa delibazione da parte del Collegio di
ammissibilità in ordine alla manifesta infondatezza dell’ista za o
della questione di giurisdizione.
Il processo sospeso a seguito di ricorso per regolamento
preventivo di giurisdizione deve essere successivamente
riassunto ex art. 367, comma secondo c.p.c. e dall’a t. 125 delle
disposizioni di attuazione del codice anzidetto.
Le eccezioni pregiudiziali e/o preliminari
- istanza di ricusazione: il ricorso, depositato in
segreteria o in udienza, corredato degli
opportuni mezzi di prova, determina la
sospensione del processo.
Il collegio, udito il giudice ricusato ed effettuata,
ove occorra, una propria istruttoria, decide con
ordinanza da notificarsi alle parti ai fini della
riassunzione.
Le eccezioni pregiudiziali e/o preliminari
- eccezione di costituzionalità e questione di massima: è rimessa al Collegio
la valutazione circa la non manifesta infondatezza e rilevanza della questione
di costituzionalità sollevata. La causa di sospensione cessa con la pronunzia
da parte della Corte costituzionale.
Nel caso invece di deferimento alle Sezioni Riunite della Corte dei conti di una
fattispecie perché le stesse si pronuncino in sede di risoluzione di questione
di massima. E’ è essenziale ai fini dell’a
issi ilità della questione, la
dimostrazione da parte del giudice remittente della sussistenza di un
contrasto di giurisprudenza. La sospensione cessa quando sia intervenuta la
pronuncia delle Sezioni Riunite.
Le eccezioni pregiudiziali e/o preliminari
- eccezione di falso o di status: comporta l’i te uzio e
del giudizio.
La parte che deduce la falsità di un documento deve
provare che sia stata già proposta la querela di falso o
domandare la prefissione di un termine entro cui possa
proporla innanzi al tribunale competente, (cfr. art. 10,
R.D. 13 agosto 1933, n. 1038). Non sono ammissibili
dinanzi alla Corte dei conti le istanze di riconoscimento
e di verificazione di scrittura privata previste dagli artt.
da 214 a 220 c.p.c.
Le eccezioni pregiudiziali e/o preliminari
- morte di una delle parti, estinzione della persona giuridica o
perdita della capacità prima della costituzione: comporta la
dichiarazione di interruzione del processo e la relativa estinzione
nei confronti della persona defunta o giuridicamente non più
considerabile come parte processuale.
Il processo si estingue definitivamente qualora non vi siano gli
estremi per dichiarare trasmissibile agli eredi l’ipotesi di
responsabilità.
Nell’ipotesi di morte di uno dei convenuti nel caso di concorso di
persona nella causazione del danno, va dichiarata l’esti zio e del
giudizio nei confronti del defunto, stralciandone la relativa
posizione, e la prosecuzione dello stesso nei confronti degli altri.
Le eccezioni pregiudiziali e/o preliminari
eccezione di ullità dell’atto di itazio e:
viene sollevata in ordine a fenomeni temporali
(intempestività dell’atto di citazione) o
contenutistici (inconferenza dell’atto di citazione
o mancata riferibilità alle contestazioni di cui
all’i vito a dedurre).
L’a ogli e to comporta ovviamente la chiusura
in rito del procedimento giurisdizionale.
Le eccezioni pregiudiziali e/o
preliminari
La prima ipotesi, che è relativa alla intempestività fa riferimento agli obblighi
te po ali di otifi a dell’atto di itazio e
nei 120 giorni successivi alla s ade za del te i e fissato ell’i vito a dedu e pe la
produzione di controdeduzioni (talvolta si parla di i pro edi ilità del giudizio).
E’ i po ta te seg ala e he te i e tassativo dei 120 giorni può trovare deroga
ell’istituto della p o oga (chiesta dal Procuratore e concessa dal Collegio in udienza
camerale inaudita altera parte).
Tale p o oga può esse e auto izzata a he più di u a volta ell’a ito dello stesso
giudizio, o pe appli azio e del .d. te i e fe iale
gio i – dal 1° agosto al 31
agosto) che, per effetto di giurisprudenza ormai pacifica, si applica anche al
p o edi e to elativo all’ i vito a dedu e.
Le eccezioni pregiudiziali e/o preliminari
La seconda ipotesi fa riferimento al fatto che l’atto di
citazione deve contenere una contestazione precisa dei
fatti e delle imputazioni, con relativa quantificazione
degli addebiti.
Mancando ciò la citazione non assolve al suo compito
di vo atio in jus risultando quindi mezzo non efficace
a contestare fatti dannosi e contro il quale, data la sua
genericità, non può essere apprestata una idonea
difesa tutela del convenuto.
Le eccezioni pregiudiziali e/o preliminari
Di nullità della citazione si parla anche in caso di mutatio libelli
nei confronti delle contestazioni contenute ell’i vito a dedurre.
Se infatti è ammissibile una e e datio li elli consistente nella
migliore precisazione delle contestazioni e della domanda
contenute nella citazione rispetto all’i vito (e non potrebbe
essere altrimenti scontando la citazione una fase istruttoria
successiva all’adozio e dell’i vito .
Non è invece ammissibile una sostanziale modifica dei fatti
contestati poiché ciò, tra l’alt o, integrerebbe una lesione del
contraddittorio e del diritto di difesa del convenuto.
Le sentenze di condanna o di assoluzione
Quanto agli effetti della pronuncia del giudice,
bisogna distinguere:
1) la sentenza di condanna;
2) La sentenza di assoluzione.
La sentenza di condanna
La sentenza di condanna è immediatamente
esecutiva e determina il sorgere di un diritto di
edito dell’a
i ist azio e ad otte e e, a he
coattivamente tramite una procedura esecutiva,
la somma indicata nella sentenza stessa.
E’ l’a
i ist azio e a u a e l’ese uzio e della
sentenza di condanna, ai sensi di una procedura
semplificata prevista dalla legge n. 59/1997 (art.
20 comma 8) sotto la vigilanza del PM.
La sentenza di assoluzione
Se la sentenza è di assoluzione (definitivo
proscioglimento) le spese legali sono sostenute
dall’a
i ist azio e di appartenenza.
Il PM in quanto parte pubblica non può mai
essere condannato alle spese del giudizio.
L’udie za nel processo contabile
Il regime delle comunicazioni e delle notificazioni
La disciplina normativa delle udienze, quale fase del
processo, dinanzi alle Sezioni giurisdizionali della Corte
dei conti, è contenuta nel r.d. 13 agosto 1933 n. 1038,
nonché nelle norme del vigente codice di procedura
civile, cui – con richiamo ritenuto di a i o da
consolidata giurisprudenza – rinvia l’a t. 26 dello
stesso decreto n. 1038/1933 (regolamento di
procedura dei giudizi innanzi alla Corte dei conti).
L’udie za el p o esso o ta ile
Il regime delle comunicazioni e delle notificazioni
Occorre peraltro premettere, come già
accennato in precedenza, taluni riferimenti al
regime di conoscenza legale degli atti, attraverso
le forme della comunicazione e della
notificazione.
L’udie za el p o esso o ta ile
Il regime delle comunicazioni e delle notificazioni
La comunicazione, in quanto tale, ai sensi
dell’a t. 136 c.p.c., è mero atto del segretario,
che, a mezzo di essa, informa il Pubblico
Ministero, le parti, gli ausiliari del giudice ed
ogni altro interessato di un determinato fatto
che li riguarda, in ottemperanza ad un obbligo di
legge o ad un ordine del giudice.
L’udie za el p o esso o ta ile
Il regime delle comunicazioni e delle notificazioni
La modalità principale della notifica, anche nel processo amministrativocontabile, è quella c.d. a mani p op ie , da effettuarsi ai sensi dell’a t. 137
c.p.c., secondo il quale le notificazioni, quando non è disposto altrimenti
[cfr. artt. 150 e 151 c.p.c.] sono eseguite dall’uffi iale giudiziario, su
istanza di parte o su richiesta del P.M. o del segretario, mediante consegna
al destinatario di copia conforme dell’atto da notificarsi.
L’uffi iale giudiziario può sempre eseguire la notificazione mediante
consegna della copia nelle mani proprie del destinatario, ovunque lo trovi
ell’a ito della circoscrizione dell’uffi io giudiziario al quale è addetto.
Ove il destinatario rifiuti di ricevere la copia, l’uffi iale giudiziario ne dà
atto nella relazione e la notificazione si dà per compiuta a mani proprie.
L’udie za el p o esso o ta ile
Il regime delle comunicazioni e delle notificazioni
La notificazione può validamente essere
effettuata anche a mani di persona di famiglia
dell’i te essato, o addetto all’uffi io od
all’azie da, al portiere o, in mancanza di questi,
al vicino di abitazione che accetti di riceverla.
Essi devono sottoscrivere l’o igi ale e l’uffi iale
giudiziario
dà
notizia
al
destinatario
dell’avve uta notificazione mediante lettera
raccomandata.
L’udie za el p o esso o ta ile
Il regime delle comunicazioni e delle notificazioni
Si ricorda ancora che la Corte costituzionale ha
dichiarato E' costituzionalmente illegittimo il
combinato disposto dell'art. 149 c.p.c. e dell'art.
4 comma 3l. 20 novembre 1982 n. 890, nella
parte in cui prevede che la notificazione si
perfeziona, per il notificante, alla data di
ricezione dell'atto da parte del destinatario
anzichè a quella, antecedente, di consegna
dell'atto all'ufficiale giudiziario.
L’udie za el p o esso o ta ile
Il regime delle comunicazioni e delle notificazioni
E', infatti, palesemente irragionevole, oltre che
lesivo del diritto di difesa del notificante, che un
effetto di decadenza possa discendere dal
ritardo nel compimento di un'attività riferibile
non al notificante, ma a soggetti diversi
(l'ufficiale giudiziario e l'agente postale come
ausiliario di questo), e perciò del tutto estranea
alla sfera di disponibilità del primo.
L’udie za el p o esso o ta ile
Il regime delle comunicazioni e delle notificazioni
Gli effetti della notificazione a mezzo posta devono,
dunque, essere ricollegati, per quanto riguarda il
notificante, al solo compimento delle attività a lui
direttamente imposte dalla legge, ossia alla
consegna dell'atto da notificare all'ufficiale
giudiziario; restando, naturalmente, fermo, per il
destinatario, il principio del perfezionamento della
notificazione solo alla data di ricezione dell'atto,
attestata dall'avviso di ricevimento, con la
conseguente decorrenza da quella stessa data di
qualsiasi termine imposto al destinatario
medesimo. .
Udienza di discussione
Prima comparizione e trattazione della causa
Nel processo contabile l’udie za di discussione,
è, come quella civile, orale e da verbalizzare.
In essa si concentrano:
- le udienze di prima comparizione e di
trattazione della causa;
- si ritiene che il giudice contabile possa
disporne, con valutazione discrezionale, il rinvio
per consentire alle parti di presentare memorie
scritte su specifici aspetti della controversia.
Udienza di discussione
Prima comparizione e trattazione della causa
differenze tra il giudizio contabile e il giudizio ordinario
Al riguardo, come si vedrà, differenze significative
emergono con la disciplina di cui all’a t. 180 commi
2 e 3 c.p.c.
Nel giudizio contabile si consideri la regola:
- della concentrazione delle udienze e la
discrezionalità del giudice nel rinviare l’udie za di
discussione
- nel giudizio ordinario, invece il giudice è tenuto a
fissare udienze ad ho per la trattazione e,
quindi, per la discussione della causa.
Udienza di discussione
Prima comparizione e trattazione della causa
Preliminarmente alla discussione del merito, vale a dire in una fase che
corrisponde logicamente all’udie za di prima comparizione di cui
all’a t.
o
a c.p.c., il giudice contabile deve procedere ad una
serie di accertamenti preliminari.
Tra questi:
- la nuova disciplina del controllo sulla validità della citazione e dei
i edi i sa ato ia p evisti dall’a t.
c.p.c..
Come è noto, con la riforma, si è operata una netta distinzione tra vizi relativi alla vocatio in ius
(primi tre commi dell’a t. 164) e vizi attinenti alla editio actionis (quarto, quinto e sesto comma). Nel
primo caso la sanatoria, possibile con la rinnovazione della citazione o con la costituzione del
convenuto, opera ex tunc, salva la possibilità di fissazione di una nuova udienza se il convenuto deduce
l’i osse va za dei termini di comparizione. Nel secondo caso, la sanatoria, per rinnovazione o
integrazione della domanda, opera ex nunc
Udienza di discussione
Prima comparizione e trattazione della causa
Quanto alla tematica della vocatio in ius, nella fase preliminare, il giudice contabile
verifica anzitutto se la citazione sia o no conforme ai contenuti di cui all’a t. 163 nn. 1
e 2 c.p.c., se cioè manchi ovvero
sia incerta l’i di azio e del giudice adito ovvero della Procura regionale che agisce.
Quest’ulti a fattispecie è specificamente configurata dalla legge (cfr. art. 3 Reg. proc.)
come omessa sottoscrizione della citazione o dell’appello del P.M. contabile.
Ancora, il giudice deve accertare se i convenuti:
abbiano potuto disporre del termine dilatorio di sessanta giorni previsto dall’a t. 163
bis c.p.c. e se, la loro costituzione possa dirsi regolare o meno, anche in riferimento al
rispetto del termine dilatorio fissato dal presidente della Sezione nel decreto di
fissazione di udienza. Tale termine che è per prassi di venti giorni.
Tale termine è lo stesso di quello previsto dall’art. 166 c.p.c. per la costituzione del
convenuto anche se la norma nel rito contabile privo delle sanzioni ex art. 181 e degli
effetti preclusivi ex art. 167 ha tutto sommato scarso significato.
Udienza di discussione
Prima comparizione e trattazione della causa
Può dirsi peraltro che la presentazione di atti
defensionali, oltre il termine dilatorio fissato nel
decreto di fissazione di udienza è stata sempre
accettata dalla prassi processuale e quindi essa non
comporta effetti per la parte che non vi abbia
ottemperato, salvo il rinvio che la controparte può
ottenere per l’esa e delle memorie e dei
documenti prodotti fuori termine.
Il giudice secondo qualche pronuncia può, secondo
il suo prudente apprezzamento, rifiutare il rinvio.
Udienza di discussione
Prima comparizione e trattazione della causa
Va inoltre considerato che il mancato rispetto
delle norme riguardanti la vocatio in ius può
essere rilevato dal giudice soltanto se i
convenuti non si siano costituiti ovvero,
costituendosi, l’a ia o eccepito, nel qual caso il
giudice ordina, anche d’uffi io, la rinnovazione
della citazione.
Udienza di discussione
Prima comparizione e trattazione della causa
Al riguardo, va segnalato che, essendo istituzionali la
costituzione e la comparizione in giudizio del P.M. contabile,
deve considerarsi sanata la notifica tardiva dell’udie za in
violazione, dei termini dilatori spettanti al P.M. salvo il rinvio
previsto dal co. 3 art. 164 per consentire il rispetto dei termini.
Anche in caso di mancanza di notifica del decreto d’udie za
la costituzione del convenuto comporta il raggiungimento
dello scopo e la sanatoria ex nunc; al più si potrà disporre un
rinvio e la fissazione di nuovo termine per la regolare
effettuazione dell’i o e te.
La costituzione delle parti
Le problematiche in ordine alla vocatio in ius portano ad
approfondire il tema della costituzione delle parti che si
realizza nel giudizio contabile mediante il deposito in
segreteria del fascicolo di parte, contenente la citazione
ovvero la comparsa di risposta, la prova delle notifiche
eseguite ed i documenti offerti in comunicazione alle
controparti, tra le quali in tal modo avviene lo scambio di
atti e documenti (cfr. art. 4 Reg. proc.).
È appli a ile a he l’a t.
c.p.c..
La costituzione delle parti
Quanto alla disciplina della rappresentanza e della
difesa in giudizio, valgono le norme generali, salvo
che senza ministero di avvocato è possibile, in
primo grado, la costituzione in giudizio, ma non la
comparizione in udienza, mentre in appello lo
stessa ammissibilità del gravame è condizionata
dall’assiste za e dalla sottoscrizione di un avvocato
cassazionista.
Occorrendo, il giudice fissa un termine ai convenuti
per regolarizzare eventuali difetti.
Mutatio ed emendatio libelli
La possibilità di proporre nuove domande alla
prima udienza e, a maggior ragione, nel
prosieguo del processo era sostanzialmente
vietata nel diritto processuale.
Mutatio ed emendatio libelli
La giurisprudenza, ell’i te to di salvaguardare una
sostanziale parità processuale e le possibilità di difesa del
convenuto rispetto alla posizione del P.M., ha sempre
escluso l’a
issi ilità di una mutatio libelli, salvo che in
senso favorevole al convenuto.
Essa ha in genere ammesso la cd. emendatio libelli, che
sostanzialmente coincide con le richiamate modificazioni
e le precisazioni della domanda.
Mutatio ed emendatio libelli
Volendo dare una definizione del concetto di
mutatio
libelli,
quale
emerge
dalla
giurisprudenza contabile, può dirsi che la
domanda è nuova quando ne viene mutata la
causa petendi e il petitum ; non quando si
mutino il nomen juris della responsabilità,
l’ele e to psicologico ovvero i soggetti.
Mutatio ed emendatio libelli
Ovviamente, il divieto di mutatio libelli va
riferito alla trasformazione della domanda nello
stesso giudizio, ma non preclude al P.M.
contabile di proporre altre domande, citando gli
stessi convenuti, anche unitamente ad altri
agenti pubblici, per partite di danno inizialmente
non azionate, pur se cagionate da uno stesso
illecito amministrativo-contabile.
Mutatio ed emendatio libelli
Del pari, quanto al petitum , non può vietarsi al
P.M. di esercitare, con citazione integrativa,
l’azio e di responsabilità per maggiori vo i di
danno, ma si è preclusa la possibilità di
aumentare l’adde ito nel corso dello stesso
giudizio.
Mutatio ed emendatio libelli
La consolidata giurisprudenza, sempre con
riferimento al danno erariale, ha stabilito, sin dal
passaggio dalla responsabilità solidale a quella
ripartita, che non è necessario che il P.M., a
pena di inammissibilità della citazione, indichi
con precisione matematica le quote di danno da
attribuire a ciascun convenuto, dato che questo
è compito del Collegio giudicante.
Mutatio ed emendatio libelli
La precisazione dell’adde ito può pertanto essere
fatta in prima udienza e il giudice può modificarla
senza violare l’a t. 112 c.p.c.
Occorre però che la citazione contenga una
sufficiente individuazione degli elementi costitutivi
del fatto con la descrizione puntuale dei
comportamenti omissivi e commissivi di ciascun
convenuto che consentano di delimitare la parte
che ciascuno ha preso ell’eve to in modo da
consentire al giudice la ripartizione.
La riassunzione del giudizio nei
confronti degli eredi
Altro problema che si è posto recentemente
riguarda la possibilità di riassunzione del
giudizio nei confronti degli eredi, a fronte di
alcune costruzioni giurisprudenziali che hanno
ritenuto che la domanda nei confronti degli
eredi fosse u ’azio e civile diversa da quella di
responsabilità amministrativa intentata nei
confronti del dante causa.
La condanna alle spese
L’articolo 10 bis, comma 10, del D.L. 30 settembre 2005, n. 203,
convertito con modificazioni dalla l. 2 dicembre 2005, n. 248 ha
stabilito che le disposizioni dell’articolo 3, comma 2-bis, del decretolegge 23 ottobre 1996, n. 543, convertito, con modificazioni, dalla
legge 20 dicembre 1996, n. 639, e dell’articolo 18, comma 1, del
decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni,
dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, si interpretano nel senso che il
giudice contabile, in caso di proscioglimento nel merito, e con la
sentenza che definisce il giudizio, ai sensi e con le modalità di cui
all’a ti olo 91 del codice di procedura civile, liquida l’a
o ta e degli
onorari e diritti spettanti alla difesa del prosciolto, fermo restando il
parere di congruità dell’Avvo atu a dello Stato da esprimere sulle
richieste di rimborso avanzate all’a
i ist azio e di appartenenza.
La condanna alle spese
All’o ligato ia liquidazione di spese legali e di difesa in favore
del convenuto assolto nel merito, il giudice contabile deve
provvedere, giusta quanto disposto dall’a t. 75 disp. att. c.p.c.,
anche in mancanza di presentazione della nota-spese,
essendo tenuto nel caso ad una motivazione specifica e
puntuale.
Provvedendo quindi all’o ligato ia liquidazione di spese
legali e di difesa in favore del convenuto assolto nel merito, il
giudice contabile, dovendo determinare gli onorari di
avvocato tra il massimo ed il minimo della tariffa forense, non
è tenuto ad alcuna specifica motivazione al riguardo.
Il sequestro conservativo
Ai se si dell’a t. del d.l. n. 453/93 convertito nella
legge 14 gennaio 1994, n. 19, quando ne ricorrano
le o dizio i, a he o testual e te all’adozio e
dell’i vito a dedu e .d. se uest o ante causam),
il procuratore regionale può chiedere, al presidente
della sezione competente a conoscere del merito
del giudizio, il sequestro conservativo di beni mobili
e immobili del convenuto, comprese somme e cose
allo stesso dovute, nei limiti di legge.
Il sequestro conservativo
Sulla domanda il presidente della sezione
giurisdizionale regionale provvede con decreto
motivato e procede contestualmente a:
a) fissare l’udie za di comparizione delle parti
innanzi al giudice designato, entro un termine
non superiore a quarantacinque giorni;
b) assegnare al procuratore regionale un termine
perentorio non superiore a trenta giorni per la
notificazione della domanda e del decreto.
Il sequestro conservativo
All’udie za di comparizione , il giudice, con
ordinanza, conferma, modifica o revoca i
provvedimenti emanati con il decreto.
Il sequestro conservativo
Con l’o di a za di accoglimento, ove la
domanda sia stata proposta prima dell’i izio
della causa di merito, viene fissato un termine
non superiore a sessanta giorni per il deposito,
presso la segreteria della sezione giurisdizionale
regionale, dell’atto di citazione per il correlativo
giudizio di merito. Il termine decorre dalla data
di comunicazione del provvedimento all’uffi io
del procuratore regionale.
Il sequestro conservativo
È pacifico in giurisprudenza che il rimedio del
reclamo previsto dall’a t. 669-terdecies cod.
proc. civ. avverso le ordinanze di conferma,
revoca o modifica del decreto che dispone il
sequestro conservativo sia applicabile anche nel
giudizio di responsabilità amministrativa.
Il sequestro conservativo
Resta esclusa qualsiasi ipotesi di te zo grado del
giudizio , perché, pur essendo la disciplina, ex art. 5
del D.L. 15 novembre 1993 n. 453 (convertito nella
legge 14 gennaio 1994 n. 19), derogatoria rispetto
quella prevista dall’a t. 669-sexies c.p.c., essa
prende in considerazione esclusivamente l’ipotesi
del ricorso per sequestro conservativo proposto
a te causam ; e ne consegue, quindi, che deve
ritenersi operante il rinvio alle norme del c.p.c. di
cui all’a t. 26 del R.D. 13 agosto 1933 n. 1038 per
tutte le altre fattispecie non regolarmente
disciplinate dall’a t. 5 citato.
Il sequestro conservativo
Ai fini poi della concessione del sequestro conservativo, oltre all’ele e to del fumus boni iuris ,
è richiesto l’ele e to del periculum in mora .
Esso si compendia:
1) dal timore del creditore istante di un possibile danno futuro ed eventuale per il suo diritto di
credito;
2) da una reale situazione i pericolo, determinata dalle effettive condizioni in cui sia venuto a
trovarsi il debitore, e la cui esistenza può essere desunta sia da elementi obiettivi, come la
consistenza qualitativa e quantitativa del patrimonio, anche in rapporto all’a
o ta e del credito
tutelabile, sia da elementi subiettivi, come il comportamento processuale o extraprocessuale del
debitore, che possa far pensare alla possibilità di un depauperamento del suo patrimonio.
Deve, pertanto, ritenersi esistente il suddetto elemento allorché, sotto il profilo soggettivo, il
debitore sia risultato inadempiente ai suoi obblighi e non abbia svolto alcuna tesi difensiva
convincente circa eventuali cause giustificative del suo comportamento, e, sotto il profilo
oggettivo, nel patrimonio del debitore non vi siano altri beni, al di fuori di quelli sottoposti a
sequestro, che possano garantire la soddisfazione del credito.
Il sequestro conservativo
La sommarietà del giudizio comporta l’ovvia
conseguenza che l’o di a za del Giudice
monocratico della convalida non possa
pronunciarsi sulle spese, la cui determinazione e
l’eve tuale condanna alle quali è rimessa alla
competente sede di merito.
Il sequestro conservativo
In ossequio all’auto o ia dei procedimenti,
deve essere inoltre ammesso nel giudizio per
responsabilità amministrativa il sequestro
conservativo in pendenza di giudizio penale,
anche ell’ipotesi che in uest’ulti a sede tutti
o parte dei beni del convenuto siano stati
oggetto di altre misure cautelari.
Il sequestro conservativo
La previsione normativa introdotta dalla legge n. 19/94 ed il
rinvio, per relationem, alle norme sul sequestro civile, fanno
del sequestro conservativo il provvedimento cautelare di più
sicura applicazione
ell’a ito del procedimento per
l’a e ta e to della responsabilità amministrativa.
Non vi è infatti conforto di giurisprudenza in ordine
all’appli a ilità dell’a t. 700 c.p.c., mentre si ricorda che è
stata ritenuta ammissibile una verifica per acquisizioni
preordinate e valutazioni che nel giudizio di merito dovranno
essere rese per determinare la causa del danno o l’u ità di
esso, nonché l’a e ta e to tecnico o l’ispezio e su persona
dell’ista te o di controparte, se consenzienti.
Il giudizio monitorio
Quando dall’esa e dei conti sottoposti al giudizio della
Corte emergano addebiti d’i po to non superiore ad
euro 5.000 (v. art. 5, D.L. 15 novembre 1993, n. 453 come
modificato dal comma 9 dell’art. 10-bis, D.L. 30 settembre
2005, n. 203, nel testo integrato dalla relativa legge di
conversione), il presidente della competente sezione
giurisdizionale o un consigliere da lui delegato, sentito il
pubblico ministero sull’i po to dell’adde ito, possono
determinare la somma da pagare all’erario, salvo il
giudizio della Corte nel caso di mancata accettazione da
parte del contabile, instaurando il c.d. p o edi e to
monitorio .
Il giudizio monitorio
Tale disposizione si applica anche nei giudizi di
responsabilità, purché il valore della causa non
ecceda la detta somma.
Il giudizio monitorio
Quindi, nel giudizio di responsabilità, qualora il Presidente della
competente Sezione ritenga di poter far ricorso alla procedura
o ito ia , ai sensi degli artt. 49 del regolamento di procedura
approvato con r.d. n. 1038/1933 e 55 del t.u. n. 1214/1934, deve
richiedere il parere del P.M. subito dopo avere determinato l’i po to
dell’adde ito affinché questi possa motivare il suo eventuale disaccordo
sulla somma richiesta.
La mancata audizione del P.M. in ordine alla congruità dell’adde ito vizia irrimediabilmente la
procedura monitoria (ove conclusasi con ordinanza di cancellazione dal ruolo per intervenuta
accettazione dell’adde ito) con conseguente annullamento del provvedimento conclusivo e rimessione
degli atti al Presidente della competente Sezione per l’ulteriore corso, anche monitorio.
Va comunque ricordato che l’appli azio e del procedimento monitorio, di cui all’art. 55 del R.D. n.
1214/1934, è una mera facoltà del Presidente della Sezione giurisdizionale e non costituisce una
condizione di procedibilità del giudizio.
Il giudizio monitorio
Devesi dichiarare estinto, per cessazione della materia del
contendere, il giudizio di responsabilità promosso dinanzi alla
Corte dei Conti nei confronti di quello dei convenuti che abbia
provveduto incondizionatamente al pagamento di quanto gli
sia stato ingiunto di versare - insieme con altro condebitore
citato anche per altri addebiti - dal presidente della
competente Sezione ai sensi degli artt. 55 del R.D. 12 luglio
1934 n. 1214 e 49 del R.D. 13 agosto 1933 n. 1038; ciò nella
considerazione che il pagamento è fatto estintivo
dell’o ligazio e pecuniaria e, in tal caso, comporta la
volontà del convenuto adempiente di rinunciare alla
pronuncia del giudice sulla fondatezza dell’adde ito.
I giudizi ad istanza di parte
Il capo III del R.D. 13-8-1933 n. 1038 (Regolamento
di procedura dei giudizi innanzi alla Corte dei conti)
si occupa dei .d. giudizi ad ista za di pa te .
L’a t. 52 tratta dei ricorsi per rifiutato rimborso di
uote d’i posta inesigibili.
Specificando che i ricorsi contro i provvedimenti definitivi delle
Intendenze di finanza (ora Ministero dell’E o o ia in materia di rimborso
di quote d’i posta inesigibili, devono essere depositati, nel termine di
legge, nella segreteria della sezione, insieme con il provvedimento
impugnato ed il relativo referto di notificazione e con la domanda di
rimborso.
I giudizi ad istanza di parte
Fissata l’udie za il presidente ordina la comunicazione degli atti al
procuratore generale per le conclusioni scritte.
Il procuratore generale, a sua volta, compiute le istruttorie che ravvisi
necessarie, formula le sue conclusioni e le deposita nella segreteria
della sezione trenta giorni prima dell’udie za fissata.
Il ricorrente è avvertito di tale deposito a cura della segreteria
mediante biglietto indirizzato al domicilio eletto, e può nella segreteria
stessa prendere visione degli atti depositati e ritirarne copia.).
I giudizi ad istanza di parte
L’a t. del Regola e to si o upa poi dei .d. alt i giudizi ad
ista za di pa te spe ifi a do he gli altri giudizi ad iniziativa
di parte, di competenza della Corte dei conti, nei quali siano
interessati anche persone od enti diversi dallo Stato, sono
istituiti mediante ricorso da notificarsi nelle forme della
citazione.
Il de eto di fissazio e d’udie za, e esso su ista za della
parte più diligente, deve, a cura di questa, essere notificato a
tutte le altri parti in causa. Nel caso di specie, quando lo Stato
non abbia interesse in tali giudizi, il procuratore generale
o lude sola e te all’udie za; i aso dive so, fo ula le
sue conclusioni e le deposita in segreteria nei trenta giorni
a te ede ti all’udie za fissata.
I giudizi ad istanza di parte
l’azio e pe l’a e ta e to egativo
Ricompresa ell’a ito dei giudizi ad istanza di parte è poi l’azio e per
l’a erta e to negativo di responsabilità proposta innanzi alla Corte dei
Conti che va esercitata mediante ricorso da notificarsi all’A
i ist azio e
nelle forme della citazione. Ciò, per converso comporta la sussistenza della
competenza della Corte dei Conti a conoscere l’azio e di accertamento
negativo di responsabilità ad istanza del dipendente della P.A. a cui carico sia
stata elevata, in sede amministrativa, responsabilità patrimoniale per danno
cagionato in violazione di obblighi di servizio (v. Corte dei conti, Sez. I, sent. n.
199 del 31-12-1988).
L’azio e di accertamento negativo della responsabilità, prevista dall’art. 58 del
R.D. 13 agosto 1933 n. 1038, presuppone che a carico dell’ista te sia stato
elevato, in sede amministrativa, un addebito per danni o siano state mosse
intimazioni di pagamento da parte dell’A
i ist azio e, o che la
responsabilità dello stesso, nei suoi riflessi patrimoniali, sia stata accertata nel
corso di un giudizio diverso da quello contabile (Corte dei conti Sez. I, sent. n.
36 del 14-02-1994)
Il giudizio di appello
La sentenza è appellabile:
1) dalle parti;
2) dal procuratore regionale competente per territorio;
3) dal procuratore generale
entro
sessanta giorni dalla notificazione o, comunque, entro un
anno dalla pubblicazione.
La proposizione dell’appello sospende l’ese uzio e della
sentenza impugnata.
Il giudizio di appello
Con l’i te ve uto decentramento della giurisdizione della Corte dei conti, la
competenza promiscua in grado d’appello avverso le sentenze pronunciate in
primo grado, è stata attribuita alle tre Sezioni Giurisdizionali centrali (non ’è
una competenza specifica per materia delle tre Sezioni d’appello .
Solo per la Regione Sicilia, in attuazione dell’a t. 23 dello Statuto speciale
della Regione, competente a conoscere degli appelli avverso le sentenze dei
giudici contabili siciliani è la Sezione Giurisdizionale d’appello per la Regione
siciliana presso la quale è stata costituita la corrispondente Procura Regionale
d’appello.
Le Sezioni Riunite della Corte dei conti in sede giurisdizionale giudicano sugli eventuali conflitti di
competenza e sulle questioni di massima deferite dalle sezioni giurisdizionali centrali o regionali o
a richiesta del Procuratore Generale. Le pronunce sulle questioni di massima concernono l’esatta
interpretazione di punti di diritto controversi che hanno dato luogo a contrasti di giurisprudenza.
Ammissibilità dell’appello
Avverso le sentenze delle sezioni giurisdizionali regionali, salvo quanto disposto in
attuazione dell’a ti olo 23 dello statuto della regione Sicilia, è ammesso l’appello alle
sezioni giurisdizionali centrali che giudicano con cinque magistrati e con competenza
in tutte le materie attribuite alla giurisdizione della Corte dei conti.
Nei giudizi in materia di pensioni, l’appello è consentito per soli motivi di diritto;
costituiscono questioni di fatto quelle relative alla dipendenza di infermità lesioni o
morte da causa di servizio o di guerra e quelle relative alla classifica o
all’agg ava e to di infermità o lesioni.
Ai sensi del comma 5-quater dello stesso articolo sono da ritenere abrogati gli articoli
3, secondo comma, e 4, secondo comma, del decreto legislativo 6 maggio 1948, n.
655, in materia di appello alle Sezioni Riunite contro le decisioni della Sezione
giurisdizionale siciliana della Corte dei conti.
I giudizi avverso le sentenze emesse da tale sezione giurisdizionale pendenti innanzi alle sezioni riunite della Corte dei conti sono
stati devoluti, ello stato i ui si trovava o, alla pri a “ezio e giurisdizio ale e trale d’appello, fi o all’istituzio e della
o pete te sezio e giurisdizio ale e trale d’appello per la regio e si ilia a i terve uta o l’art. del d. lgs. 18 giugno 1999, n.
, he ha sostituito l’art. del d. lgs. 6 maggio 1948, n. 655.
Ammissibilità dell’appello
La disciplina dell’appello avverso le sentenze delle Sezioni regionali
della Corte dei Conti introdotta con la riforma apportata dalla legge n.
19 del 1994 e successive modifiche, comporta che il legislatore ha
inteso porre sullo stesso piano, ai fini dell’appella ilità, tutte le
sentenze in materia di responsabilità.
Ciò appare in piena sintonia con l’o ie ta e to ormai prevalente in
dottrina e in giurisprudenza, che ravvisa, nella condanna
amministrativo-contabile della Corte dei conti, accanto al perdurare
del contenuto patrimoniale risarcitorio, l’e e ge e di ulteriori effetti di
tipo afflittivo - sanzionatorio (per l’i
agi e professionale e la carriera
dell’i te essato , accentuati dall’a o aggio della condanna stessa alla
sussistenza del dolo o della colpa grave.
Proponibilità dell’appello
Abbiamo già detto che l’appello è proponibile dalle parti, dal Procuratore regionale
territorialmente competente ovvero dal Procuratore generale entro il termine di
sessanta giorni dalla notificazione della sentenza o, in mancanza ed a pena di
inammissibilità, entro un anno dalla pubblicazione della stessa.
L’i utile decorso del termine, stante il carattere perentorio di esso, comporta la
decadenza dall’i pug ativa e, quindi, la irricevibilità del gravame eventualmente
proposto. La giurisprudenza, in proposito, ha ammesso che non sussiste decadenza dal
diritto di impugnazione allorquando il procuratore generale abbia notificato l’appello
entro il termine di 60 giorni introdotto dall’a t. 1, comma quarto, del D.L. 15 novembre
1993 n. 453, e depositato lo stesso nei successivi trenta giorni.
Il decorso di tale termine, resta sospeso di diritto dal 1° agosto al 31 agosto di ciascun
anno (per la nuova disciplina sulla sospensione dei termini feriali di a cui al d.l. 132 del
2014) (prima dal 1 di agosto al 15 settembre e riprende a decorrere dalla fine del
periodo di sospensione.
Qualora il decorso abbia avuto inizio durante il periodo di sospensione, l’i izio stesso è
differito alla fine di detto periodo.
Propo i ilità dell’appello
Entro trenta giorni dalla notificazione l’appello deve essere depositato - pena la
irricevibilità del gravame - presso la segreteria del giudice adito, con la prova delle
avvenute notifiche, unitamente, a pena di inammissibilità (a condizione che la
mancanza sia eccepita dalla controparte prima di ogni altra difesa), alla copia della
sentenza impugnata.
Se le parti evocate in giudizio sono più di una, il termine suindicato decorre dall’ulti a
notificazione.
Anche il termine stabilito per il deposito dell’appello beneficia della sospensione
feriale.
Le parti soccombenti in primo grado sono legittimate ad impugnare la sentenza solo
per ragioni che riguardano la loro personale posizione processuale ed il giudice
d’appello non può pronunciarsi sull’eve tuale vizio connesso all’assoluzio e di altri
concorrenti affermata dai primi giudici, atteso che al riguardo non è stata proposta
impugnativa dall’o ga o requirente, unico soggetto a ciò legittimato.
Propo i ilità dell’appello
L’atto di appello deve esse e otifi ato a tutti olo o he so o stati pa ti i se so sosta ziale el
processo di primo grado, pur se non risultino costituiti in giudizio, in quanto la sentenza
impugnata fa stato anche nei loro confronti.
Conseguentemente, ualo a l’appello o sia stato otifi ato a tutti i litis o so ti, la “ezio e deve
dispo e l’i teg azio e del o t additto io.
Il te i e fissato pe l’i teg azio e del o t additto io ha a atte e pe e to io ed il suo inutile
decorso dete i a la i a
issi ilità dell’appello, he deve p o u ia si d’uffi io.
La a ata otifi a della se te za di I g ado, o po ta l’appli a ilità dell’a t.
alla previsione del te i e a uale pe l’i pug azio e.
c.p.c. relativo
Tale termine, dunque, decorre dalla pubblicazione della sentenza e quindi dal suo deposito in
segreteria.
Nell’ipotesi in cui durante la decorrenza del termine annuale venga effettuata la notificazione
della sentenza, decorre il termine breve, ma nei limiti di quello lungo ex art. 327 c.p.c.
L’ appello i ide tale
Per il processo civile, e al fine di
a te e e unitario il giudizio di impugnazione
contro la stessa sentenza , l’art. 333 del codice stabilisce che le parti alle quali è stata
notificata u ’i pug azio e debbono proporre, a pena di decadenza, le loro
impugnazioni in via incidentale nello stesso pro esso .
Per il caso in cui più parti invece propongano impugnazione prima di aver ricevuto la
notificazione della impugnazione avversaria, l’a t. 335 c.p.c. dispone che tutte le
impugnazioni proposte separatamente avverso la stessa sentenza debbano essere
riunite d’uffi io.
L’art. 334 c.p.c. dispone poi che le parti, contro le quali è stata proposta
impugnazione e quelle chiamate ad integrare il contraddittorio a norma dell’art. 331,
possono proporre impugnazione incidentale anche quando per esse è decorso il
termine o hanno fatto acquiescenza alla sentenza. In tal caso, se l’i pug azio e
principale è dichiarata inammissibile, la impugnazione incidentale perde ogni
efficacia . In sostanza, la certezza di o se va e il potere di impugnazione funge da
sti olo per la parte solo parzialmente vittoriosa in primo grado ad accettare la
sentenza e a non i pug a e , limitandosi ad attendere l’eve tuale impugnazione della
controparte.
L’ appello i ide tale
Per i giudizi di responsabilità davanti alla Corte
dei conti, la sentenza delle Sezioni Riunite n.
9/QM del 2000 ha rilevato che per l’a t. 1
comma 5 del d.l. n. 453 del 1993 convertito
nella legge n. 19 del 1994 e modificato dal d.l.
543 del 1996 convertito nella legge n. 639 del
1996, l’appello incidentale va notificato entro 60
giorni dalla notifica dell’appello principale e
depositato nei 30 giorni successivi.
L’ appello i ide tale
Inoltre, la sentenza n. 18/QM del 2003 ha precisato che la ratio dell’appello
incidentale risiede
ell’oppo tu ità di consentire alla parte parzialmente
soccombente, che sarebbe disposta ad accettare la sentenza solo ell’ipotesi che
l’a etti anche l’alt a parte, di attendere la decisione di uest’ulti a senza
preoccuparsi della decorrenza del termine per appellare.
Si tratta di un istituto che è inteso a favorire la definitività delle sentenze di primo
grado e quindi di un istituto che può avere generale valenza. Si deve, pertanto,
ritenere ammissibile anche nel giudizio di responsabilità l’appello incidentale tardivo.
Quanto all’a ito dell’istituto va ricordato che sotto il profilo oggettivo, secondo i più
recenti orientamenti giurisprudenziali e dottrinali, l’i pug azio e non incontra limiti.
Sotto il profilo soggettivo è ammissibile soltanto nei confronti di chi ha proposto il
gravame che ha dato luogo all’i pug azio e incidentale tardiva e delle altre parti che
siano litisconsorti necessari rispetto a quel g ava e e non invece ei confronti di
altri soggetti la cui posizione non sia stata coinvolta dall’appello nei confronti del quale
è proposta l’i pug azio e incidentale ta diva .
L’ appello i ide tale
In sostanza, l’appello incidentale
Corte dei conti va proposto con
entro termini diversi da quelli
l’appello incidentale nel processo
disciplinato dagli stessi principi.
davanti alla
modalità ed
previsti per
civile, ma è
Atti appellabili
Sono appellabili, riguardate sotto il loro profilo sostanziale, tutte le
sentenze, ivi comprese quelle di interpretazione e di revocazione,
nonché i decreti di determinazione dell’adde ito nel caso di
esperimento di procedimento monitorio.
Non sono al contrario appellabili i decreti e le ordinanze a contenuto
non decisorio (ad esempio, in caso di mera ordinanza istruttoria o volta
all’i teg azio e del contraddittorio) così come non sono appellabili le
ordinanze del giudice della conferma ell’a ito del procedimento
cautelare per sequestro conservativo, essendo esse soggette ad
eventuale, tipica procedura di reclamo al collegio.
Non è inoltre appellabile la sentenza che si limita a decidere in punto
di competenza, essendo essa ricorribile esclusivamente con apposito
regolamento innanzi alla Corte di cassazione.
Divieto di jus novorum
L’appello non costituisce un nuovo giudizio, bensì u ’ulte io e fase dello stesso
processo che assicura un doppio esame della controversia.
E’ tradizionale il divieto dello jus novorum al fine di garantire la coincidenza
dell’oggetto e, quindi, una perfetta identità tra le due fasi di giudizio. In concreto,
quindi, vi è preclusione al mutamento degli elementi identificativi delle azioni
(soggetti, petitum e causa petendi), rilevabile d’uffi io secondo il prevalente indirizzo
giurisprudenziale, e comportante l’i a
issi ilità della domanda.
La giurisprudenza della Corte di cassazione ha ulteriormente precisato che si ha
domanda nuova quando la causa pretendi dedotta in giudizio è fondata su elementi e
circostanze non prospettati in precedenza, con mutamento dei fatti costitutivi del
diritto azionato ed introduzione nel processo di un nuovo tema di decisione.
La sospe sio e dell’ese uzio e a
seguito di p oposizio e dell’appello
A seguito della legge n. 639/1996 il ricorso in
appello sospende l’ese uzio e della sentenza
impugnata sovvertendo, così, la precedente
disciplina che prevedeva espressamente la
esecutività delle pronunce di primo grado, salvo
sospensione disposta in sede di appello.
La sospe sio e dell’ese uzio e a
seguito di p oposizio e dell’appello
Tuttavia, la Sezione d’appello, su istanza del
Procuratore regionale territorialmente competente
o del Procuratore generale, quando sussistano
fondate ragioni esplicitamente motivate, può
disporre, sentite le parti, con ordinanza motivata,
che la sentenza sia provvisoriamente esecutiva.
Le motivate ragioni concernono:
- l’ insussistenza del fumus boni juris della pa te he ha p oposto l’appello ;
- il rischio che venga compromesso il recupero delle somme per le quali sia
stata pronunciata condanna.
La definizione agevolata del giudizio
il «condono»
La legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006), articolo 1, commi
231-233, introducendo il .d. o do o ell’a ito del p o esso di II g ado i a zi
alle Sezioni giurisdizionali della Corte dei conti, ha così disposto:
231. Con riferimento alle sentenze di primo grado pronunciate nei giudizi di
responsabilità dinanzi alla Corte dei conti per fatti commessi antecedentemente alla
data di entrata in vigore della presente legge, i soggetti nei cui confronti sia stata
pronunciata sentenza di condanna possono chiedere alla competente sezione di
appello, in sede di impugnazione, che il procedimento venga definito mediante il
pagamento di una somma non inferiore al 10 per cento e non superiore al 20 per
cento del danno quantificato nella sentenza.
232. La sezione di appello, con decreto in camera di consiglio, sentito il procuratore
competente, delibera in merito alla richiesta e, in caso di accoglimento, determina la
somma dovuta in misura non superiore al 30 per cento del danno quantificato nella
sentenza di primo grado, stabilendo il termine per il versamento.
233. Il giudizio di appello si intende definito a decorrere dalla data di deposito della
ricevuta di versamento presso la segreteria della sezione di appello.
La definizione agevolata del giudizio
il «condono»
L’a t. della l. di e
e
.
, po e ui di - ai co. 231, 232 e 233 - i seguenti (nuovi)
meccanismi sostanziali e processuali applicabili nei giudizi di responsabilità dinanzi alla Corte dei conti
per i fatti commessi antecedentemente alla data di entrata in vigore della legge stessa:
-- i soggetti nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di condanna possono chiedere alla
competente sezione di appello, in sede di impugnazione, che il procedimento venga definito mediante il
pagamento di una somma non inferiore al 10 per cento e non superiore al 20 per cento del danno
quantificato nella sentenza;
-- la sezione di appello, con decreto in camera di consiglio, sentito il procuratore competente, delibera
in merito alla richiesta e, in caso di accoglimento, determina la somma dovuta in misura non superiore
al 30 per cento del danno quantificato nella sentenza di primo grado, stabilendo il termine per il
versamento;
-- il giudizio di appello si intende definito a decorrere dalla data di deposito della ricevuta di versamento
presso la segreteria della sezione di appello.
Tali disposizioni, in sostanza, introducono, nella fase di appello, un procedimento camerale diretto alla
defi izio e agevolata del giudizio di responsabilità innanzi la Corte dei conti.
La definizione agevolata del giudizio
il «condono»
La definizione del processo di appello ai sensi delle norme citate
avviene con decreto emesso a seguito di procedimento sommario in
camera di consiglio su parere scritto del P.G. e senza trattazione orale,
in quanto questa non ispo de alla domanda di giustizia che sorregge
l’i te esse ad agire delle parti e soddisfa, altresì, esigenze di
speditezza del procedimento.
Stante che, con il decreto che provvede i
e ito all’ista za di
definizione agevolata del processo contabile d’appello, la somma a tal
fine dovuta può essere determinata in misura superiore a quanto
richiesto dall’appella te, deve ritenersi che il giudice adito non possa
provvedere in tal modo se non prendendo in considerazione, sia pure
sommariamente, l’i te a fattispecie lesiva e controllando che
attraverso la proposta procedura accelerata le esigenze di giustizia
restino comunque soddisfatte con modalità accettabili.
La definizione agevolata del giudizio
il «condono»
Il parametro cui rapportare la percentuale – tra
il 10% e il 30% - per la definizione agevolata ed
abbreviata del processo di appello è quello della
somma corrispondente al danno accertato nella
sentenza a quo , tale dovendo intendersi la
somma effettivamente addebitata all’appella te,
dedotte quindi la compensazione dei danni con i
vantaggi e l’eve tuale riduzione operate in
prime cure.
La definizione agevolata del giudizio
il «condono»
L’a t. 1, comma 233, della legge n. 266/2005 dispone, come
già sottolineato, che a seguito dell’avve uto pagamento
dell’i po to stabilito dalla sezione, il giudizio di appello si
intende definito con la decorrenza fissata dalla norma stessa.
La definizione della causa, quindi, comporta, come riflesso
processuale, l’esti zio e del giudizio per cessata materia del
contendere, essendo stata soddisfatta, nei limiti dell’i po to
stabilito ai sensi del comma 232 la pretesa azionata dal
pubblico ministero contabile, con conseguente venire meno
della ragion d’esse e sostanziale della lite.
La definizione agevolata del giudizio
il «condono»
Da segnalare una tendenza giurisprudenziale in
base alla quale se qualificato da profili di tipo
estituto io , quali si rinvengono in fattispecie di
appropriazione
di
somme
e
beni
dell’a
i ist azio e, il danno pubblico dedotto nel
giudizio contabile non è suscettibile di definizione
accelerata ed agevolata, stante le peculiari finalità
recuperatorie dell’azio e esercitata dal P.M.
contabile.
La definizione agevolata del giudizio
il «condono»
Secondo la Corte dei conti, Sez. II. Sent. nn. 382 e 383 del
21/11/2006 la pronuncia di
essata materia del
o te de e , per sua stessa natura non è idonea ad
acquistare efficacia di giudicato sostanziale, se non per il
mero accertamento del venir meno dell’i te esse alla
prosecuzione del giudizio. In ogni caso appare non
corretto giuridicamente il riferimento alla soddisfazio e
della pretesa azionata dal P.M. o ta ile .
In proposito, v. Cassazione civile, sez. V, sent. n.
4307/2005.
Il sequestro in sede di appello
È, infine, da condividere l’opi io e di chi ritiene ammissibile,
nel corso del giudizio di appello, il sequestro conservativo dei
beni del condannato o delle somme ad esso dovute.
La sospensione dell’ese utività della decisione di primo grado
che consegue ex lege alla proposizione dell’appello e l’istituto
del sequestro conservativo si fondano, infatti, su presupposti
diversi e perseguono finalità differenti.
Quest’ulti o istituto, invero, è esclusivamente destinato alla
conservazione delle garanzie del credito vantato
dall’a
i istrazio e (art. 671 c.p.c.).
La conclusione del giudizio
Il rinvio al primo giudice
In caso di accoglimento dell’appello e di conseguente annullamento della sentenza impugnata, gli artt. 353 e 354 c.p.c. delineano
un sistema nel quale il rinvio al giudice di primo grado va limitato ai soli casi espressamente e tassativamente previsti, giustificati
dalla necessità del rispetto del principio del doppio grado di giurisdizione:
1) se il giudice di primo grado abbia negato erroneamente la propria giurisdizione;
2) se la citazione in primo grado non sia stata notificata validamente e per questa ragione il convenuto non abbia potuto
partecipare al giudizio;
3) se una parte non sia stata chiamata in giudizio oppure sia stata erroneamente estromessa in una situazione di litisconsorzio
necessario;
3) se la sentenza di primo grado sia nulla per un difetto radicale e insanabile e non possa perciò essere esaminata nel merito;
4) se sia stata erroneamente dichiarata l’esti zio e del processo.
Nel giudizio di appello davanti alla Corte dei conti, è peraltro applicabile anche l’a t. 105 del r.d. n. 1038 del 1933, che nel testo
modificato dall’a t. 10 della legge n. 205 del 2000 prevede il rinvio al giudice di primo grado «quando in prima istanza la
competente sezione giurisdizionale si sia pronunciata soltanto su questioni di carattere pregiudiziale .
Inoltre, una parte della giurisprudenza ritiene che il rinvio vada altresì disposto qualora sia annullata una sentenza che abbia
ritenuto prescritta l’azio e, in quanto una diversa interpretazione limiterebbe le garanzie della difesa del convenuto se,
sollevando l’e ezio e di prescrizione, la vedesse accolta in primo grado e rigettata in appello .
Infine, anche l’a ulla e to di una sentenza in materia pensionistica per difetto di motivazione su una questione di fatto
comporta il rinvio della decisione sul punto al primo giudice, non potendo il giudice d’appello conoscere direttamente della
questione.
Peraltro, anche davanti alla Corte dei conti vige il principio posto dall’a t. 353 c.p.c. (rimessione al primo giudice per ragioni di
giurisdizione), per il quale l’a ulla e to con rinvio della sentenza impugnata non comporta direttamente la rimessione della
causa in primo grado ed occorre invece che la parte interessata provveda a riassumere la causa davanti al primo giudice entro il
termine perentorio di sei mesi dalla notificazione della sentenza d’appello.
La revocazione
Ai se si dell’a t. del T.U. .
/
le de isio i della
Corte possono essere impugnate per revocazione, tanto
dalle parti quanto dal Pubblico Ministero, nel termine di
tre anni quando:
a) vi sia stato errore di fatto o di calcolo;
b) pe l’esa e di alt i o ti o pe alt o odo si sia
riconosciuta omissione o doppio impiego;
c) si siano rinvenuti nuovi documenti dopo pronunciata
la decisione;
d) il giudizio sia stato pronunciato sopra documenti
falsi.
L’opposizio e di terzo
L’a t. 93 del R.D. n. 1038/1933 (regolamento di
procedura) stabilisce che l’opposizio e di terzo,
ell’a ito del processo contabile, è regolata
dalle norme del codice di procedura civile.
L’opposizio e di terzo
Inizialmente, la giurisprudenza non ha mostrato particolare propensione
all’appli a ilità dell’istituto al di fuori del processo civile, escludendone.
Tale posizione di rigidità è stata peraltro superata, ritenendo l’opposizio e di
terzo ammissibile quando l’oppo e te non sia stato parte, neppure
contumace, nel pregresso giudizio ed ove lamenti una lesione di diritti
soggettivi o interessi legittimi in conseguenza di una sentenza passata in
giudicato.
Pertanto, l’opposizio e di terzo è rimedio proponibile esclusivamente avverso
le sentenze passate in giudicato, e comunque esecutive pronunciate tra
soggetti diversi dall’oppo e te e incompatibile con i suoi diritti.
Pertanto, non è ammissibile l’opposizio e di terzo presentata da chi sia stato
parte nel giudizio a quo, anche se come appellante decaduto dal gravame.
L’opposizio e di terzo
Nel giudizio avanti alle SS.RR. in sede di soluzione di
questione di massima è invece da ritenersi inammissibile
u ’opposizio e di terzo - in specie se esperita nei
confronti di una pronuncia relativa alla competenza e
come tale inidonea a ledere i diritti opposti.
Quanto sopra, in considerazione del fatto che le
pronunce che ne conseguono sono vincolanti solo con
riferimento ai giudizi nei quali sono state poste, mentre
per gli altri giudizi aventi ad oggetto identiche questioni
giuridiche esse hanno solo l’auctoritas dovuta alla
peculiare funzione.
L’opposizio e di terzo
L’opposizio e di terzo, avendo carattere di azione
rescissoria, distinta dall’azio e che ha formato oggetto
della materia dl contendere nel processo precedente, non
va proposta innanzi al giudice di primo grado,
competente secondo le regole generali, bensì davanti al
giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, che, ai
sensi dell’a t. 405 c.p.c., ha competenza funzionale al
riguardo.
Il termine per proporre opposizione è di trenta giorni dalla
notifica della sentenza o, se questa manchi, di un anno dalla data
di pubblicazione della medesima.
Il ricorso per Cassazione
Le sentenze della Corte dei conti sono
impugnabili esclusivamente per motivi inerenti
alla giurisdizione in relazione ai limiti esterni
delle attribuzioni giurisdizionali.
Sono, infatti, esclusi i vizi che concernono l’appli azio e
delle norme di diritto e le violazioni del rito contabile. Essi
ineriscono a questioni interne alla giurisdizione, non
sindacabili.
Il ricorso per Cassazione
Il processo presso la Corte di cassazione è
disciplinato dagli artt. 360 e ss. e gli effetti della
decisione sono disciplinati dall’a t. 386 c.p.c. a
norma del quale «la decisione sulla giurisdizione
è determinata dall’oggetto della domanda e,
quando prosegue il giudizio, non pregiudica le
questioni sulla pertinenza del diritto e sulla
proponibilità della domanda».