Versione in Pdf - Questotrentino

Transcript

Versione in Pdf - Questotrentino
Questotrentino.it
La storia - QT n. 5, maggio 2014
Storia di rock e di denari
La contrastata carriera di Omar Briani nel mondo dei concerti
di Luca Facchini
Omar è uno di quelli che da “bòcia” suonavano pentole e battipanni alle recite scolastiche o alle feste coi parenti. Avvicinatosi
all’età di 4 anni alla tastiera Farfisa del padre e subito tenuto alla larga dalla stessa, fece cambiare idea al genitore quando
questi scoprì che il bimbo aveva imparato a riprodurre a orecchio le sigle delle pubblicità viste in televisione, rubando la
chiave della custodia della tastiera ed esercitandosi la domenica mattina, quando il padre dormiva. “Ho avuto la febbre della
musica fin da ragazzino, quando andavo ai concerti dei Rising Power a Pergine o Caldonazzo. Manco avevo 12 anni... Mi ci
portava mio padre e arrivavo talmente presto che aiutavo il gruppo a montare le cose, forse goffamente; ero totalmente
inesperto, ma volevo a tutti i costi essere parte di quel preciso momento. Non vedevo il concerto con gli occhi di un semplice
spettatore: guardavo le luci, gli impianti, come funzionavano le cose e come si connettevano con altre parti dell’impianto,
fantasticavo sul palco che avrei voluto creare se ci fossi stato io...”.
Poi, quando l’età e i mezzi l’hanno permesso, sono venuti i viaggi in nord Europa. Gli eventi live olandesi (su tutti il Graspop)
e la Germania: Amburgo, Belingen e i grandi festival europei Wacken e Bang your head.
A quel punto la strada era segnata. E infatti poco più che ventenne, una quindicina di anni fa, Omar dà vita a L’urlo del
drago, festival metal che nel giro di pochi anni richiama personaggi di spicco del panorama internazionale. “Se non erro era il
2000; l’estate, sul lago. L’abbiamo fatto alla spiaggia del Pescatore. Che magia è stata...”. (Il festival era in concomitanza
con il Palio dei draghi: ecco il perché del nome - mutuato da un famoso film con Bruce Lee ambientato a Roma, n.d.r.).
Creavo tutto da me: i contatti ed i finanziamenti degli sponsor, la scaletta delle band, la locandina che disegnavo al
computer e facevo stampare, gli accordi con i partner che si occupavano della birra, il palco; si può dire che ho mosso i
primi passi in questo mondo ancora teenager!».
“Durante l’edizione del 2001 un promoter che stava lavorando per Eros Ramazzotti ha visto una locandina dell’Urlo del
drago a Gardolo ed ha telefonato a casa. Ha risposto mia madre; me l’ha passato e lui, appurato che avevo fatto tutto io, mi
ha proposto di punto in bianco di mettermi al lavoro con lui per il concerto che Ramazzotti avrebbe fatto a Bolzano di lì a
poco”.
Detto, fatto. Omar diventa responsabile di zona per una ditta del veronese; è a questo punto che conosce le prime difficoltà: i
veronesi non pagano e lui si defila, continuando però a collaborare con il trentino Paolo Dorigati, che peraltro faceva parte
della stessa società. Nell’attività lavorativa di Omar intervengono nuove figure, come quella di Claudio Paolazzi: “Veniva
utilizzato da Dorigati per gestire le fatture per il mio pagamento. All’inizio andava tutto bene, ma a un certo punto, senza
motivo, ha cominciato a pagare a mesi, addirittura ad un anno”.
Le cose sono mature (in tutti i sensi) per mettersi in proprio. Omar, fresco di partita IVA, apre la sua ditta: Urlo del drago,
ovviamente. I primi lavori sono a Bolzano, per qualche spettacolo in teatro, alla fine del 2001. Decide quasi subito di separare
la fornitura delle strutture dal facchinaggio; nasce così una seconda ditta, la Starmusic, che si occupa esclusivamente del
noleggio e montaggio di strutture.
Nel frattempo, comunque, Omar fa il roadie a tutti gli effetti, come nella migliore tradizione dei gruppi rock d’altri tempi.
Parecchio è il lavoro oscuro: bonifica dei luoghi prescelti per lo spettacolo, montaggio dei telai, predisposizione di impianto
luci e impianto audio, allestimento dei camerini, approvvigionamento di cibi e bevande, e così via: tutto ciò che consente
infine all’artista di esibirsi in una cornice adeguata. “Dopo cinque o sei anni avevo già lavorato con il novanta per cento degli
artisti italiani di fama in circolazione e con la quasi totalità degli artisti internazionali che in quel periodo avevano messo
piede sul suolo italico”. Nel 2003 risponde ad un annuncio sul giornale e riceve l’incarico di fornire il service, a Bolzano, per il
Notre Dame de Paris di Riccardo Cocciante.
Sembra tutto perfetto: una vita per il rock’n’roll. Purtroppo però i problemi (economici, e non solo) si ripresentano nel 2010,
quando Omar lavora con il Centro Santa Chiara. Il Centro Santa Chiara della scellerata gestione Detassis, già assurto all’onore
delle cronache per i problemi giudiziari che hanno coinvolto alcuni amministratori e dipendenti (tra i quali, appunto, la
vicedirettrice Marisa Detassis e la contabile Alessia Spicuglia).
Del Centro Santa Chiara, per il rock Fausto Bonfanti fungeva da direttore artistico. “Continuava a darmi lavoro, di persona,
ma intanto pagava fatture in ritardo, altre le lasciava in sospeso. Sempre di più”. Nonostante l’esperienza maturata, Omar è
ancora poco più che un ragazzo: non sa bene come muoversi su un terreno sdrucciolevole che non è il suo. Prova a parlare con
Bonfanti, ma non ottiene nulla; coinvolge allora suo padre, il quale a sua volta parla — invano — con Bonfanti. Decide allora
di rivolgersi direttamente a Marisa Detassis (allora responsabile amministrativa). Piovono sorrisi, ma non quattrini.
Vista la mala parata, il padre di Omar, ormai in pensione, decide di affiancarlo e di dargli una mano in ufficio e nel recupero
crediti. Contatta l’allora direttore del Centro Santa Chiara, Franco Oss Noser, il quale lo rassicura e addirittura lo incoraggia
ad alzare i prezzi perché fuori mercato. “Eppure mica prendevo tutti i lavori per il Santa Chiara; anzi, la maggior parte li
pigliava la cooperativa ‘Le Coste’; non capivo più cosa stesse succedendo”. Le cose appaiono sotto un’altra luce agli occhi di
Omar quando apprende dai giornali che i vertici del Santa Chiara sono indagati per una serie di reati, tra i quali truffa
aggravata e appropriazione indebita.
La lettura dei giornali però è una cosa, il recupero dei crediti un’altra: la prima, se mette un po’ di chiarezza tra i brutti
pensieri, lascia comunque le tasche vuote. Dunque Omar inizia a mandare lettere a Bonfanti, ai fratelli Dorigati, a Paolazzi.
Vuole i soldi che gli spettano.
Paolo Dorigati, nel frattempo, è diventato direttore di produzione per la Showtime di Merano (che opera per lo più a Bolzano)
e ha preso con sé Paolazzi. Insieme a loro c’è un altro operatore, Orland (non è il vero nome ndr), vecchia conoscenza di
Omar. Anche con Orland, infatti, il nostro ha avuto problemi di natura economica: “Inizialmente mi ha affidato alcuni lavori
e mi ha pagato regolarmente. Dopo il concerto di Vasco del 2009 a Bolzano mi ha procurato parecchi lavori nel meranese,
pretendendo però che gli dessi in nero una percentuale sulla provvigione. Siccome mi sono rifiutato di pagare e lui non ha
avuto il coraggio di insistere, ha cominciato a sua volta a non pagarmi”.
Gli arretrati sono arrivati a quasi 25.000 euro. Ad un certo punto Orland convoca Omar a Vipiteno e prova a sostenere che i
ragazzi da lui assunti non sono in regola. Cosa non vera: sono tutti registrati al Servizio Imprese. Una volta capito che non
sarebbe riuscito a sfondare nemmeno lungo questa strada, Orland prepara un assegno con la cifra che già aveva in mente per
saldare (se così si può dire) il suo debito. Inferiore a quanto originariamente pattuito, e senza appello. Nel 2010 c’è un nuovo
concerto di Vasco; va talmente bene, dal punto di vista organizzativo, che Omar riceve i complimenti anche dallo staff
milanese del cantante. Orland sembra curarsene poco: “Tu hai fatto un grave errore”, dice a Omar. L’errore è quello
dell’anno prima, ovviamente, ossia il tentativo di recuperare il suo credito. L’accordo questa volta è per 16 euro l’ora. Si va in
pari con 14. Orland ne propone 13; al rifiuto di Omar, che peraltro aveva già pagato i suoi ragazzi ed era dunque esposto per
circa 27.000 euro, blocca il pagamento. Poi spunta un accordo per quattordici euro e cinquanta centesimi: inappellabile,
giacché tutto si basava su rapporti esclusivamente verbali.
Come dicevamo, però, a questa storia c’è per fortuna un lieto fine, o qualcosa che gli assomiglia. Dopo la “caduta degli dei” del
Santa Chiara, Omar ha ripreso a lavorare massicciamente per il Centro. Con il nuovo referente Piero Fiabane, che “richiede
una certa flessibilità” ma paga, puntualmente, ad una settimana. Ha dovuto ripartire da zero, trovare nuovi clienti, ma ora
tutto pare filare liscio. Se non sono fiori, dal letame sarà pur sempre nato qualcosa.