7 BL Leadership e Genere

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7 BL Leadership e Genere

7th BL - Leadership e Genere
Gli stereotipi esistono ancora?
Influenzano la possibilità per le donne di assumere una posizione di leadership?
E’ lo stereotipo maschile o quello femminile il più adatto per il ruolo di leader in futuro?
I subordinati percepiscono e reagiscono a una persona in posizione di leadership secondo il suo
comportamento e indipendentemente dal suo genere?
Per rispondere a queste domande molte ricerche sono state fatte, specialmente dopo il 1990.
Nell’area Bibliografia ne trovi citate alcune.
Stereotipi di Genere
Le caratteristiche (traits) relative alla personalità che usualmente si attribuiscono a uomini e
donne sono le seguenti (Spence and Buckner, 2000):
DONNE
caratteristiche espressive
(expressive traits )
UOMINI
caratteristiche strumentali
(instrumental traits )
Disponibili ad aiutare
Emotive
Comprensive
Partecipano alle emozioni altrui
Sensibili ai bisogni altrui
Indipendenti
Competitivi
Determinati
Aggressivi
Dominanti
Se si prende invece in considerazione la percezione di sé, le donne descrivono se stesse con
tutte le caratteristiche espressive più di quanto facciano gli uomini, ed aggiungono alcune
caratteristiche strumentali che la gente decisamente attribuisce agli uomini; quindi per
alcune caratteristiche strumentali donne e uomini si sentono uguali.
Un diverso tipo di classificazione fa riferimento al comportamento, distinguendo tra
communal e agentic (Eagly et al. 2003).
Le donne sono considerate più communal e meno agentic degli uomini.
DONNE
comportamento sociale
(communal behaviour)
UOMINI
comportamento operativo
(agentic behaviour)
Amichevoli-cordiali
Altruiste
Interessate agli altri
Espressive
Indipendenti
Autoritari
Assertivi
Strumentali
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Le classificazioni sopra riportate si riferiscono a uomini e donne in generale, senza alcun
riferimento alla posizione di leadership eventualmente occupata.
Quali risultati emergono dalle ricerche che hanno preso in esame gli stili di leadership di
uomini e donne?
Alle classificazioni basate su caratteristiche e comportamenti, con riferimento al genere si
aggiungono gli stili: transactional (focalizzato sulla transazione) e transformational (che mira
a trasformare).
Lo stile transactional é basato su “do ut des”: i dipendenti sono compensati in base al
raggiungimento degli obiettivi; sono corretti e puniti se non li raggiungono.
Misure di una transactional leadership (Antonakis et al., 2003) sono: Contingent reward
(pagamento o ricompensa per il risultato raggiunto); Active Management by Exception
(assistere il dipendente che non riesce a raggiungere l’obiettivo fissato); Passive Management
by Exception (intervenire dopo che i problemi sono diventati difficili).
Lo stile transformational é focalizzato più sul futuro che sul presente. Il miglioramento dei
risultati aziendali é perseguito attraverso il mentoring (di cui leggerai sull’isola omonima) e lo
sviluppo professionale dei dipendenti.
Le principali misure della transformational leadership (Antonakis et al., 2003) sono:
Inspirational Motivation (ispirare i dipendenti e quindi motivarli), Intellectual Stimulation
(stimolare intellettualmente), Individualised Consideration (considerazione per l’individuo).
Alcuni studi (Echiejile, 1995; Eagly et al., 2003; Powell et al., 2004) hanno messo in evidenza
che:
• le donne attuano più degli uomini una leadership democratica, essendo più predisposte
ai rapporti interpersonali, usano uno stile transformational ;
• gli uomini attuano più delle donne una leadership autocratica , essendo orientati più al
compito che alla persona, usano uno stile transactional;
• una componente dello stile transactional: contingent reward (ricompensa collegata ai
risultati) é più importate per le donne che per gli uomini.
“Gli stessi effetti prodotti dalla differenza di genere sono stati rilevati: a) nelle ricerche che
hanno esaminato il comportamento di leader che ricoprivano un identico ruolo aziendale e b)
nelle ricerche che hanno considerato i leader senza riferimento al ruolo specifico rivestito in
azienda” (Eagly and Carli, 2003, p.817).
E’ stato quindi dimostrato che le donne hanno uno stile più democratico, partecipativo, e
mirato alla trasformazione dei dipendenti pur mantenendo l’attenzione sulle ricompense
collegate ai comportamenti.
E’ questo un vantaggio rispetto al comportamento rilevato per gli uomini?
La risposta non può essere un semplice SI.
L’efficacia di questi comportamenti dipende dal contesto.
Si può affermare però che lo stile femminile risponde meglio alle esigenze dell’ambiente
lavorativo odierno e a quello che presumibilmente sarà in futuro.
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Stereotipi di Leader
Nonostante i risultati emersi, la capacità di gestire un’azienda continua ad essere
collegata ad un uomo e alle caratteristiche maschili per cui le donne più degli uomini hanno
difficoltà a dimostrare di possedere le elevate competenze e abilità necessarie per
raggiungere una posizione di leadership.
Le persone si aspettano comportamenti communal dalle donne e comportamenti agentic da un
leader.
A causa della incongruità tra gli stereotipi di genere e di leader, quando le donne hanno un
atteggiamento che segue lo stereotipo di leader, le persone reagiscono più negativamente di
quanto avvenga qualora tali comportamenti siano assunti da un uomo. (Eagly and Carli, 2003).
Un articolo pubblicato dal Wall Street Journal quasi 20 anni prima dell’articolo di Eagly e Carli
già descrive perfettamente l’effetto congiunto dei due stereotipi di genere e di leader; in
esso si legge:
“I dirigenti della mia età o anche un po’ più giovani si sentono ancora a disagio quando hanno a
che fare con le colleghe donne – dice David Maxwell, 57 anni, amministratore delegato della
Federal National Mortgage Association. Si sentono molto più a loro agio con altri uomini. I
manager di alto livello – aggiunge Maxwell- percepiscono immediatamente che la donna
“dura” non é una donna e la donna che non é “dura” non vale la pena di averla attorno.
(Hymovitz and Schellhardt, 1986).
Come ha detto Kate Sweetman (2008), anche se una donna ha superato tutti i tipici ostacoli:
costruire relazioni, avere un mentore, lavorare sodo, ed é competente come un maschio (come
di solito avviene ad alti livelli dell’organizzazione), la scelta per decidere chi entra nella stanza
del potere é determinata dalla cultura e da quanto ci si sente a proprio agio nella situazione
che si viene a creare: gli uomini sono più simili tra loro rispetto a quanto si sentano tali
con una donna.
Sembra quindi che in 25 anni le ragioni che impediscono a una donna di raggiungere le posizioni
al vertice non siano cambiate, anche se nel frattempo le grandi imprese hanno avviato
programmi a sostegno delle carriere delle donne, ad esempio Johnson & Johnson, Intel,
L’Oréal, e la Commissione Europea finanzi ricerche sul tema.
La percentuale di donne nelle posizioni più elevate é aumentata poco.
Ricerche condotte da Catalyst (2004) and da McKinsey & Co. (2007, 2008, 2009) dimostrano
l’esistenza di una relazione positiva tra il rendimento sugli investimenti e il numero di donne
nelle posizioni dirigenziali o nei consigli di amministrazione; lo studio della London Business
School (2009) dimostra che i team composti da uomini e donne al 50% sono più produttivi.
Questi risultati dovrebbero essere uno stimolo per aumentare la presenza di donne nelle
posizioni decisionali, ma non dobbiamo fare valutazioni generiche troppo ottimiste:
considerando i grossi ostacoli che le donne devono ancora superare per raggiungere le
posizioni di vertice, non sorprende che le poche che ci riescono fanno la differenza.
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Come aumentare in modo sostanziale la presenza di donne
nelle posizioni di potere?
In Norvegia, una legge del 2003 stabilì l’obbligo per i Consigli di Amministrazione delle
imprese di avere almeno il 40% di donne; il termine per adempiere fu fissato nel 2006 per le
imprese statali e nel 2008 per le imprese quotate in borsa.
Nel 2009 furono condotte alcune interviste per raccogliere le reazioni dei dirigenti
(approfondimenti in Bibliografia).
Riportiamo qui una testimonianza.
"Che cosa portano le donne? Siamo abituati a essere una confraternita di uomini seduti in
diversi Consigli di Amministrazione. Il punto chiave é essere una confraternita di uomini.
Occorre rompere il processo di auto-mantenimento; non é sano il modo in cui gli uomini si
proteggono l’un l’altro. Per esempio, non sono disposti a opporsi all’Amministratore Delegato”.
Hymovitz e Schellhardt (1986) raccontano di donne dirigenti che, dopo aver passato anni in
grandi imprese e aver salito alcuni gradini della gerarchia aziendale, si sono rese conto che
era loro precluso l’accesso alle posizioni più alte; hanno quindi lasciato l’azienda per fondare
una propria impresa.
“Le donne che hanno seguito con successo questa strada é possibile che alla fine si vedano
offrire una posizione al vertice in una grande azienda, by-passando le donne che tentano di
percorrere tutta la carriera internamente.
Quando ci saranno più aziende gestite con successo da imprenditrici, le barriere all’interno
delle grandi imprese potrebbero ridursi”.
Una prospettiva molto diversa sulla leadership di donne e uomini é quella di Stefanie Ernst
(2003), basata su una visione storica dei ruoli maschile e femminile.
Aspetti che sembrano “naturali” sono in realtà costruiti dalla società e il risultato di una
distribuzione di potere non equa. Ernst spiega le difficoltà che le donne incontrano nel
raggiungere posizioni di leadership con il modello Established e Outsider (Affermato ed
Esterno) di Norbert Elias e afferma:
“Il comportamento verso i subordinati orientato alle relazioni, al compito, alle persone e la
gestione democratica sono solo parole. La leadership femminile é più un ideale che una realtà
sociale nel mondo degli affari e riflette un momento particolare nella battaglia tra le donne
che desiderano essere Established e gli uomini che vogliono difendere i loro privilegi.
Favorire la leadership femminile é una strategia degli Outsider che costruiscono una nuova
identità per distruggere il carisma del Gruppo degli Established.”
Eagly and Carli (2007) propongono alcuni interventi di tipo gestionale per aumentare la
presenza di donne nelle posizioni più alte. Ad esempio: accrescere la consapevolezza delle
persone sul potere dei pregiudizi; le ore di presenza nel posto di lavoro non dovrebbero
essere il principale indicatore di quanto una persona vale; criteri espliciti di valutazione per
limitare l’influenza di distorsioni consce e inconsce; usare strumenti di reclutamento aperti
anziché reti di relazioni informali; evitare la presenza di una sola donna in un team; preparare
le donne per rivestire ruoli manageriali di alto livello assegnando loro compiti adeguatamente
impegnativi; consentire ai dipendenti che hanno significative responsabilità familiari maggior
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tempo per dimostrare che meritano una promozione; incoraggiare l’uso da parte degli uomini
delle agevolazioni a sostegno della famiglia.
Vuoi saperne di più?
(I link sono disponibili nell’area Bibliografia)
J. Spence and C. Buckner, Instrumental and expressive traits, trait stereotypes, and sexist
attitudes: what do they signify? Psychology of Women Quarterly, 24 (2000) 44-63.
J. Antonakis, B.J. Avolio and N. Sivasubramaniam, Context and Leadership: An examination of
the nine facor full-range leadership theory using the Multifactor Leadership Questionnaire,
The Leadership Quarterly, 14 (2003), 261-295.
A. H. Eagly, L.L. Carli, The female leadership advantage: An evaluation of the evidence, The
Leadership Quarterly, 14 (2003), 807-834, available online at www.sciencedirect.com
I. Echiejile, We need good managers, not gender stereotypes, People Management, 1, 24
(1995), 19
G.N. Powell, D.A. Butterfield, J.C. Alves and K.M. Bartol, Sex effects in evaluations of
transformational and transactional laders. Academy of Management Proceedings, 2004, E1-E6
C. Hymovitz and T. D. Schellhardt, The Corporate Woman: The Glass Ceiling: Why Women
Can’t Seem to Break The Invisible Barrier That Blocks Them From The Top Jobs, The Wall
Street Journal, March 24, 1986, p.1
D. Ulrich, N. Smallwood, and K. Sweetman, The Leadership Code, Harvard Business Press,
2008.
Un interessante esame del collegamento tra leadership, genere e narcisismo:
Alison Pullen and Carl Rhodes, It’s all about me!: Gendered Narcissism and Leaders’ Identity
Work, Leadership 2008;4;5. Disponibile online:
http://lea.sagepub.com/cgi/content/abstract/4/1/5
Stefanie Ernst, From Blame Gossip to Praise Gossip?: Gender, Leadership and Organizational
Change, European Journal of Women’s Studies 2003; 10; 277. Disponibile online:
http://ejw.sagepub.com/cgi/content/abstract/10/3/277
I risultati delle ricerche di Catalyst che dimostrano il legame positivo tra la presenza di
donne al vertice e i risultati finanziari di 353 aziende tra le 500 di Fortune nel periodo
1996-2000:
The Bottom Line: Connecting Corporate Performance and Gender Diversity, January 2004
http://www.catalyst.org/publication/82/the-bottom-line-connecting-corporate-performanceand-gender-diversity
I risulatati di 3 ricerche (2007, 2008, 2009) di McKinsey: Women Matter 1, 2, 3, che
evidenziano gli effetti positivi delle donne in posizione di vertice e in tempi di crisi:
http://www.mckinsey.com/locations/paris/home/womenmatter.asp
Molte ricerche su donne in azienda e pratiche ottimali per incrementare la loro presenza
nella dirigenza sono disponibili nel sito della London Business School:
www.fepic.eu
http://www.london.edu/facultyandresearch/researchactivities/womeninbusiness.html
I commenti del New York Times sulla legge promulgata in Norvegia sul 40% di donne nei
consigli di amministrazione di aziende statali e quotate in borsa.
Nicola Clark, January 27, 2010
http://www.nytimes.com/2010/01/28/world/europe/28iht-quota.html
Reazioni alla legge sulla parità di genere in Norvegia. I commenti dei presidenti e dei
membri dei consigli di amministrazione delle aziende.
“Norway’s Boards: Two Years Later, What Difference Do Women Make? “
Kate Sweetman, Jul 13, 2009 – FC Expert Blog
http://www.fastcompany.com/blog/kate-sweetman/decoding-leadership/norway-s-boardstwo-years-later-what-difference-do-women-make
Le barriere che le donne devono superare nel loro percorso verso le posizioni di vertice:
A. H. Eagly and L.L. Carli, Women and the Labyrinth of Leadership, Harvard Business Review,
2007, 63-71.
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