DELIBERA REGIONE PIEMONTE in materia di alcool e lavoro

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DELIBERA REGIONE PIEMONTE in materia di alcool e lavoro
Coordinamento
Nazionale
Medici
Competenti
www.conameco.it
Località Gricciano snc – 01034 Fabrica di Roma - VT
DELIBERA REGIONE PIEMONTE in materia di alcool e lavoro
http://www.regione.piemonte.it/governo/bollettino/abbonati/2012/46/siste/00000217.htm
All’indirizzo sopra riportato potete leggere la Deliberazione della Giunta Regionale del Piemonte del 22 ottobre 2012, n. 21-4814
“Atto di indirizzo per la verifica del divieto di assunzione e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche e per la verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza nelle attivita' lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l'incolumita' o la salute dei terzi, ai
sensi Allegato 1 Intesa Stato-Regioni 2006 e art. 41 c. 4-bis D.Lgs 81/08 e smi.”
Va ricordato che il Co.Na.Me.Co. nel gennaio 2011 ha prodotto un documento (reperibile sulla Homepage
del sito www.conameco.it ) su tale materia, nel quale viene ampiamente esaminato il ventaglio di criticità
derivanti dalla confusione normativa sulla materia, e tali considerazioni paiono tuttora più che valide.
La delibera, che sembrerebbe possa costituire una traccia anche per le altre Amministrazioni regionali, merita alcune riflessioni.
La prima riguarda la composizione stessa del gruppo di lavoro (Determinazione n. 796 del 25.10.2011) “tecnico multiprofessionale composto da esperti delle Dipendenze, della Medicina del Lavoro, degli S.Pre.S.A.L.,
dei Medici Competenti e dei Laboratori analisi. Al gruppo, coordinato dal Settore Organizzazione dei Servizi
Sanitari Ospedalieri e Territoriali, è stato assegnato l’obiettivo di predisporre un documento di proposta di
Linee di indirizzo sulle modalità di accertamento tese a fornire ai professionisti incaricati di tali controlli, ai
vari livelli (Medico competente, Dipartimenti delle Dipendenze, Laboratori Analisi, SPRESAL, ecc.), un procedimento regionale omogeneo ed una serie di strumenti operativi efficaci.”
Pur se nulla si può eccepire sui componenti, in quanto tutti soggetti interessati alla tematica, ognuno per il
proprio ambito, va rimarcato come nell’elaborazione di uno studio che avrà poi come destinatari i Medici
Competenti vi fosse la usuale assenza di medici del lavoro liberi professionisti o comunque non inseriti in
strutture entro le quali le problematiche operative sono normalmente molto differenti da ciò che accade
nell’Azienda privata, ancor più nelle PMI che sono il campo di battaglia quotidiano dei medici competenti,
rappresentando circa il 90% del residuo tessuto produttivo del Paese. Ovviamente, non si può pretendere
che un collega che svolge l’attività in un contesto totalmente diverso sia a conoscenza ed abbia la doverosa
sensibilità per problematiche che non gli sono proprie e che magari conosce solo per “sentito dire”, ma sarebbe saggio che, almeno in certe occasioni, esse fossero ben rappresentate, meramente sul piano
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dell’utilità per il raggiungimento di obiettivi percorribili, in questo come in molti altri contesti, a partire
dall’elaborazione delle norme generali che regolamentano la materia della sicurezza e salute del lavoro.
Ma entriamo nel merito.
A pag. 12 si indica esplicitamente che il Ddl deve violare la legge vigente, perché gli si impone di vietare la
somministrazione di bevande alcooliche in ogni luogo e tempo di lavoro, ivi compresa la mensa aziendale.
Se pure ciò sul piano della logica può avere un senso, per chi conosce il D.L. 81/2008 è evidente Il contrasto
col disposto dell’All IV del D.L. 81, che recita:
“1.11.3.2. E’ vietata la somministrazione di vino, di birra e di altre bevande alcooliche nell’interno
dell’azienda.
1.11.3.3. E’ tuttavia consentita la somministrazione di modiche quantità di vino e di birra nei locali di refettorio durante l’orario dei pasti.”
Ciò ritorna pure nell’All. 5 Fascia A (pag. 30), ove si ribadisce che fra gli “Elementi indicativi per possibile assunzione acuta di alcol che determini una condizione di rischio nello svolgimento delle attività incluse
nell’allegato 1 dell’Intesa Stato – Regioni (ragionevole dubbio)” è compresa la voce “è stato visto bere alcolici sul lavoro od in pausa pranzo”, mentre questa seconda possibilità è esplicitamente lecita secondo il D.L.
81.
Sia chiaro fino in fondo, nessuno pensa di accettare, e ancor meno di incentivare, la seppur minima possibilità che qualcuno, in stato di ebbrezza alcoolica, uccida un collega o faccia comunque anche solo danni, ai
colleghi e/o all’azienda e ai suoi beni.
Ma ancora una volta si evidenzia come, anche a fronte di un impianto normativo, contradditorio, gravido di
potenziali rischi per tutti i soggetti coinvolti, quanto meno sul piano delle conseguenze giuridiche possibili,
nemmeno una Giunta Regionale si ponga il problema di segnalare al Potere centrale una macroscopica incongruenza e chiederne una modifica prima di tutto almeno in senso logico.
Non dimentichiamo che, stante l’interpretazione letterale dei citati punti dell’Allegato IV del D.L. 81, il lavoratore avrebbe pieno diritto di “assumere” alcolici a piacimento, purchè se li sia procurati autonomamente,
magari portandoli da casa, perché rispetto alla L. 125 che vi fa riferimento, nel D.L. 81 non si vieta
l’assunzione, ma solo la “somministrazione”.
Siccome entrambe le norme sono vigenti, chi meglio di una Giunta regionale avrebbe potuto adire al Legislatore e informarlo di questa incongruenza ?
Ovviamente non si può pretendere che il politico, locale o nazionale, sia un “tuttologo” e conosca a menadito ogni aspetto di ogni norma. Sarebbe buona abitudine documentarsi, ma normalmente si fa ricorso a
“tecnici” che essendo “nel ramo” dovrebbero dare le corrette informazioni. Su questo aspetto, in genere e
non solo in questa contingenza e assolutamente non solo in Piemonte, spesso, come si può verificare, ciò
non accade.
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Le “fasce” di cui all’allegato 5 potrebbero essere un ottimo criterio di riferimento, ma risultano poco adeguate dal contesto del mondo del lavoro, in quanto solo le prime due opzioni della Fascia A possono essere
correlate ad assunzione di alcolici, mentre per tutte le altre vi sono molteplici possibili cause, totalmente
indipendenti da uso o abuso di alcoolici.
Peraltro, posto che il D.L. 81 incentra il discorso più sull’alcooldipendenza (di cui tratteremo fra un momento) che sull’uso ed abuso alcoolico, a maggior ragione stride il contrasto con la L. 125 che deriva dal vigente
allegato IV del D.L. 81, ed i criteri riguardano (per la “Fascia A” di cui si definisce sufficiente uno solo per richiedere l’accertamento mirato) situazioni di assunzione acuta, non di dipendenza.
Appare poi demenziale che si preveda che (pag 15, modalità del controllo alcol metrico) in fase di screening, si esegua l’alcol test sull’aria espirata, e poi: “In caso di riscontro di positività la misurazione deve obbligatoriamente essere confermata per determinazione diretta dell’alcolemia”…….”il prelievo ematico dovrà essere effettuato in due provette a distanza di non più di 15 minuti dalla misurazione nell’aria espirata”.
Le due provette “possono essere congelate immediatamente o conservate a +4/+6 °C ed inviate presso un
laboratorio di riferimento che effettui le analisi alcolimetriche appena possibile”.
Il che vorrebbe dire che il MC che si reca in un cantiere edile a fare l’alcol test poi, se positivo, deve, nel
cantiere, fare un prelievo di sangue e congelare le provette?
Semplicemente improponibile effettuare una manovra invasiva in mancanza di condizioni igieniche minimali, quanto mai improbabili in un cantiere (in un ambulatorio universitario o ASL, invece, sì: ecco come può
manifestarsi la differenza di prospettiva).
E comunque, fatto ciò, che dovrebbe fare il mc?
Se il MC rilascia una inidoneità temporanea sulla base dell’alcoltest, allora l’alcolemia a che serve? Oppure
si deve aspettare di avere l’esito dell’alcolemia? E nel frattempo il lavoratore può lavorare o va allontanato
? E se va allontanato, come si reca a casa ( o dove meglio preferisce) ? Se è stato allontanato contro la sua
volontà perché in stato di sospetta assunzione di alcoolici (quindi potenzialmente ebbro), in caso di infortunio in itinere come si regolerà l’Istituto assicuratore, potrà fare rivalsa verso il Ddl ?
È pur vero che a pag 16 c’è scritto che è opportuno che l’azienda predisponga una procedura per la gestione dei lavoratori che hanno assunto alcol: “la procedura dovrà inoltre contenere le modalità di tale allontanamento e, nel caso il lavoratore debba essere accompagnato alla propria abitazione, chi e come dovrà accompagnarlo”.
Si presume che il riferimento sia ad un taxi, in quanto è improbabile che il Ddl dia disponibilità di un altro
lavoratore e di un mezzo per accompagnare “l’assuntore” (ricordiamo che, stante la “tolleranza zero”
all’etilometro, un lavoratore a 0,01 dovrebbe essere allontanato, anche se chiaramente non manifesta alcuna alterazione dello stato di coscienza, non più di colui che ha mangiato un cioccolatino al liquore)
Intanto, vi è una parte che mescola senza coerenza normativa vari aspetti, dove si dice (pag. 12) che:
“In particolare si dovrà prevedere l’informazione ai lavoratori sul tasso alcolemico durante il lavoro che deve essere pari a “zero”; che l’alcol non deve essere assunto sia durante l’attività ad elevato rischio, sia nel
periodo precedente l’inizio di tale attività, tenendo conto dei tempi che l’organismo impiega per lo smalti3
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mento dell’alcol (2 ore circa per smaltire 1 unità alcolica); che l’alcol non può essere assunto durante i turni
di reperibilità nelle attività lavorative a rischio; sulle conseguenze del mancato rispetto del divieto di assunzione e del riscontro di un’alcolemia positiva ( discorsi certamente condivisibili, ma non corretti per quanto
riguarda il disposto del D.L. 81, come già chiarito. NdR )”
Va poi anche valutato il discorso sull’alcooldipendenza, per alcuni aspetti già considerato nella L. 125, ma
soprattutto in funzione di tutela del lavoratore problematico.
“(informazione ai lavoratori) …. sul significato della sorveglianza sanitaria finalizzata alla verifica
dell’alcoldipendenza; sulle possibilità di invio per ulteriori controlli presso i servizi alcologici dei DPD; sulla
possibilità di accedere ai programmi terapeutici e di riabilitazione per i lavoratori affetti da patologie alcol
correlate.”
A pagina 13 si dice che “La ricerca di eventuali condizioni di alcoldipendenza, in funzione della prevenzione
e sicurezza negli ambienti di lavoro, è un atto clinico di esclusiva pertinenza del MC, eventualmente coadiuvato da medici specialisti dei servizi alcologici dei DPD.” Ciò pare privo del doveroso supporto scientifico,
tanto è vero che a pag. 17 si legge: “L’invio ai servizi alcologici dei DPD per consulenza specialistica da parte
del MC avviene nel caso di sospetto di alcoldipendenza nel corso di sorveglianza sanitaria.” Quindi, dov’è
l’atto clinico di esclusiva pertinenza del MC, chiamato semplicemente a ragionare su di un aspetto quanto
mai sfuggente e soggettivo come “il sospetto” ? Quale atteggiamento dovrebbe avere il MC ove egli non
condivida un sospetto, ad esempio, del datore di lavoro ? Dovrebbe comunque attivare la procedura, contro la propria valutazione, assumendo un atteggiamento di autotutela, o rifiutarsi ?
“L’iter di valutazione deve concludersi con una certificazione che espliciti l’esito degli accertamenti da trasmettere al MC. “: quindi si ribadisce che il sospetto (dizione corretta, perché il MC non è qualificato per
una diagnosi di questo tipo) deve trovare conferma in un parere del DPD. Quali scenari apre questo discorso ?
“Nel caso di diagnosi di assenza di dipendenza, il lavoratore adibito alle attività a rischio sarà comunque
sottoposto a specifico monitoraggio individualizzato per almeno sei mesi a cura del MC. “: in concreto, sulla
base di un sospetto documentatamente smentito dagli “addetti ai lavori” del DPD, come può il MC sostenere con il lavoratore e il Ddl che il primo non è un alcolista, ma lo si deve monitorare ugualmente per alcuni
mesi ????
Cioè, il MC ha posto un sospetto diagnostico che è stato smentito da chi è più di lui qualificato a valutare
quello specifico, e ne paga le conseguenze il lavoratore con una situazione certamente imbarazzante, e il
Ddl con le relative spese ?
Si dice anche “Avverso il giudizio espresso dal medico competente nell’ambito della sorveglianza sanitaria,
ivi compreso quello formulato in fase preassuntiva, ai sensi dell’art. 41, co. 9, è ammesso ricorso, entro
trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo, all’organo di vigilanza territorialmente
competente (SPreSAL) che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso.”
La domanda è: entro 30 giorni che positività vogliamo trovare ? E’ ovvio che ogni ricorso che il lavoratore
dovesse fare, lo vincerebbe per forza. Anche perché questa procedura non si applica all’eventuale alcool4
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dipendenza, ma solo all’assunzione acuta, in quanto per l’alcooldipendenza valgono le considerazioni sopra
esposte (DPD).
Viene anche scritto “giudizio emesso nell’ambito della SS”: se un test viene eseguito a sorpresa, al di fuori
delle tempistiche della normale SS, che valore ha ? C’è evidentemente una differenza, altrimenti quale sarebbe la ragione della precisazione “nell’ambito della sorveglianza sanitaria”? Si ipotizzano forse accertamenti al di fuori della SS ? A che titolo sarebbero fatti ?
Quindi “La ricerca di eventuali condizioni di alcoldipendenza, in funzione della prevenzione e sicurezza negli
ambienti di lavoro, è un atto clinico di esclusiva pertinenza del MC, eventualmente coadiuvato da medici
specialisti dei servizi alcologici dei DPD.” significa solo, nei fatti, una serie di possibili responsabilità e problemi a fronte di una situazione ove, come esplicitato proprio nella Delibera, il MC non ha qualifica e strumenti, a fronte di un impianto normativo caotico quale quello ricordato.
Interessante l’all. 6 sulle analisi di laboratorio, poiché mette qualche punto fermo sulla spinosa questione
dello screening su matrice ematica:
“Recenti studi scientifici, fra cui alcuni svolti dalla Regione Piemonte su un ampio campione di soggetti in
terapia presso i SerT, hanno consentito di pervenire ad una serie di conclusioni: (i) ALP, colesterolo e trigliceridi hanno uno scarsissimo potere diagnostico e nessuna utilità pratica nella diagnosi di abuso alcolico
cronico; (ii) CDT, MCV, γ-GT, AST e ALT hanno sensibilità comprese fra il 17% (MCV) e il 66% (γ-GT) e specificità comprese fra l’80% (ALT) e il 97 % (MCV) e pertanto nessuna di queste analisi può essere utilizzata a
scopo di conferma, ma soltanto di “screening”; in particolare la CDT, che mostra una sensibilità di poco superiore al 50%, non riconosce quasi la metà degli alcolisti cronici”, sfatando il “mito” della importanza della
determinazione della Transferrina carboidrato-carente come test fondamentale nella gestione del consumo
di alcool.
A tal proposito, va comunque ricordato che l’alcool è, almeno attualmente in Italia, una sostanza pienamente lecita, nel senso che nessuna norma ne sanziona l’assunzione moderata, fatta salva la citata Legge
125/2001. Il Codice della Strada, ad esempio, altra norma che prevede il monitoraggio dei livelli alcolici, ha
un livello tollerabile, e comunque si occupa di assunzione contingente al periodo della guida di veicoli.
Gli accertamenti eseguiti invece secondo le metodiche indicate anche in questa Delibera della Regione non
consentono di identificare un criterio temporale per l’assunzione, intervenendo così pesantemente e soprattutto illegittimamente nella sfera della vita privata delle persone (al punto che, a pag. 13, si legge: “i lavoratori dovranno pertanto adottare un cambia-mento dello stile di vita non solo sul posto di lavoro ma anche extralavorativo”), per una motivazione che non comporta alcun tipo di violazione normativa, e che
quindi è assolutamente illecita.
Rigorosamente a termini di Leggi vigenti, e senza che ciò voglia avere il senso di una presa di posizione ma
solo di una riflessione, un cittadino è libero di assumere alcool purchè ciò non determini comportamenti
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contrari alle norme (ebbrezza molesta, conduzione di veicoli in stato di scarsa padronanza delle proprie capacità psicofisiche, reati genericamente violenti, ecc…).
Dal punto di vista del MC, eseguire quegli accertamenti ad esempio subito dopo le festività natalizie porterebbe presumibilmente ad un incremento esponenziale di casi di positività, ma per la grandissima maggioranza correlati ad assunzione , per così dire, “privata”, quindi perfettamente lecita. La soggettività delle
reazioni metaboliche determinerebbe poi un ulteriore divario fra soggetti assuntori delle medesime quantità di alcool, già fra maschi e femmine, come noto.
Ricordiamo anche che un altro aspetto insito del disposto del D.L 81 concorre a minare l’eventuale efficacia
di questi accertamenti, quando all’art . 41comma 4 si legge “Le visite mediche di cui al comma 2, a cura e
spese del datore di lavoro, comprendono gli esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio
ritenuti necessari dal medico competente. Nei casi ed alle condizioni previste dall’ordinamento, le visite di
cui al comma 2, lettere a), b), d), e-bis) e e-ter) sono altresì finalizzate alla verifica di assenza di condizioni di
alcol dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti.”
Ma il comma 2 prevede che “2. La sorveglianza sanitaria comprende:
a) (omissis);
b) visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità
alla mansione specifica. La periodicità di tali accertamenti, qualora non prevista dalla relativa normativa,
viene stabilita, di norma, in una volta l’anno. Tale periodicità può assumere cadenza diversa, stabilita dal
medico competente in funzione della valutazione del rischio.”
Il che significa che comunque, salvo casi particolari, gli accertamenti di screening hanno cadenza annuale,
quindi, una volta eseguiti, il lavoratore ha certezza che, salvo particolari situazioni che egli dovesse creare
(“sospetto”), per un periodo di almeno undici mesi, successivamente alla visita, egli non verrà più controllato. O sarà comunque a conoscenza della relativa periodicità, e quindi potra “regolarsi” di conseguenza nelle
proprie attività voluttuarie.
Una normativa quindi che sembra più orientata a creare serenità di aver adempiuto a certi obblighi in chi vi
sia tenuto piuttosto che ad ottenere un qualsiasi reale risultato, forse per i limiti sopra esaminati.
Una Delibera regionale inoltre dovrebbe tenere conto del fatto che la norma esplicitamente prevede che
(art. 41 comma 4-bis) debbano essere “…, con accordo in Conferenza Stato-regioni, … rivisitate le condizioni
e le modalità per l’accertamento della tossicodipendenza e della alcol dipendenza.” Posto che il Governo si
è dato tale onere, non pare corretto che sia una o più Regioni a legiferare su una materia che lo Stato riconosce come propria competenza.
A riprova di ciò si cita quanto sarebbe stato chiarito il 14 novembre 2012 in una seduta della Commissione
parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro, presieduta dal sen. O. Tofani. Nel resoconto della seduta si legge: “… un problema che la Commissione ha più volte riscontrato (…), ossia la mancanza di un adeguato collegamento tra le competenze centrali dello Stato e quelle territoriali delle Regioni
in materia di salute e sicurezza sul lavoro, che pregiudica l'uniformità dell'azione di prevenzione e tutela a
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livello nazionale.”, ribadendo quindi che la proliferazione incontrollata di simili provvedimenti Regionali,
tutti sensibilmente differenti tra loro, non solo crea una confusione assoluta, ed una difficoltà quasi insormontabile per il medico competente che dovesse mettere in atto quanto stabilito in modo così difforme,
ma costituisce una intollerabile condizione oggettiva di disparità di trattamento tra lavoratori, in aperto
contrasto con l'art. 3 della Costituzione.
Appare pertanto chiaro, a nostro giudizio, che la Deliberazione della Regione Piemonte, pur se ha positivamente chiarito alcuni aspetti relativi agli accertamenti ematochimici sull’assunzione pregressa di alcool, non
fornisce indicazioni adeguate ed applicabili, e talora addirittura in aperto contrasto con le norme nazionali.
Si depreca che, con l’occasione di questo lavoro di approfondimento, la Regione non abbia colto l’occasione
per far sentire la propria voce, certamente autorevole, a chiarimento di almeno alcune delle ambiguità ed
illegittimità delle norme sull’assunzione acuta e/o cronica di alcool in relazione al lavoro.
07/12/2012
Il Consiglio Direttivo del
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