Il Mago in Gabbia

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Il Mago in Gabbia
De Gurò
Il mago in gabbia
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Il mago in gabbia
Estratto dalla raccolta intitolata Genesi Uno
Tutti i diritti sono riservati.
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12 milioni di anni fa
In una valle al confine del mondo, un grande edificio era stato
eretto, centomila miglia quadrate.
Era il frutto di anni di lavori segreti, in cui migliaia di operai erano
stati arruolati, avevano in mente che stavano contribuendo a
costruire un'enorme città murata. In verità quel grosso edificio era
stato eretto per rinchiuderci migliaia di esseri e migliaia di uomini.
Erano in pochi a saperlo.
L'edificio aveva diverse ale, adibite a diverse funzioni. Al lato nord vi
erano le prigioni, al lato est le infermerie, in cui i pazienti dormivano
a terra, al centro vi era un grande piazzale, che era stato ideato come
parco, ma finì col diventare una discarica e un luogo di sudiciume.
Al lato ovest vi erano le stanze con le librerie e le classi, e per finire a
sud vi erano le mense e gli uffici della Direzione.
Tanti pali elettrici e avvertimenti circondavano l'edificio, e campi di
laser delimitavano il territorio di oltre 20 ettari. Nessuno poteva
entrare senza autorizzazione, e così nessuno poteva uscire. Le
persone venivano prese da varie città da specialisti che li
sceglievano, in base a vari criteri, poi li rinchiudevano in quella città
tra mura.
Le prigioni erano costruite con tecnologie molto avanzate, i pazienti
venivano infilati e contati giornalmente da un computer.
Jolie viveva là dentro, e anche l'uomo che l'amava. Erano stati
sempre assieme, fuori, nella vita vera. E lo erano anche là dentro.
La vita era noiosa e alquanto dura in quel posto.
Hons aveva subito varie operazioni da questi Dottori della Mente, in
tutti i quattro anni in cui aveva vissuto rinchiuso. Era stato
avvicinato con la scusa che doveva guarire la sua strana forma di
claustrofobia, anche se lui non si era mai ritenuto malato era stato
spinto dall'amata a provare. Ma ben presto si erano accorti che era
stato uno sbaglio, e il loro amore venne deriso dalle penose
condizioni a cui dovevano fare di fronte tutti i giorni. Lavoravano
come schiavi, venivano malnutriti, e non venivano pagati in alcun
modo. Erano gentaglia, accozzaglia di corpi costretti alla
prostituzione e al sudore. E proprio in quel momento Hons se ne
stava nella sua cella vicino a quella della propria amata, a rimuginare
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sulla propria vita. Era incapace di fare alcunché, e la depressione da
qualche tempo stava sostituendo la sua volontà di reagire.
Hons era nudo, seduto nella sua gabbia. Guardava l'amata, a cui
aveva avuto il coraggio di chiederle di sposarlo. Peccato però che il
matrimonio non avvenne mai.
Hons si stava chiedendo cosa stessero facendo i suoi genitori. Era
stato lì per molti anni, e nessuno era venuto a cercarlo? O forse era
la Direzione che riusciva a respingere queste richieste? Chissà forse
gli avevano addirittura raccontato che era morto.
Jolie lo guardò. Provava un po' di compassione, era diventato così
magro il suo caro!
Provava il desiderio di stargli vicino, e lui voleva consolarla e provare
a ricostruire quell'unione fisica, poiché gli stupri a cui aveva assistito
avevano rotto quel senso di pudore. Ma lei era nell'altra gabbia, ed
erano divisi da laser blu che non prestavano alcuna intenzione al
fatto che si amassero, per farli riunire.
All'improvviso da un altoparlante uscì una voce, la solita voce
robotica che avvertiva del pranzo, e tutti si dovevano spostare al lato
sud per cibarsi.
Non vi era mai abbastanza cibo e la qualità era pessima, spesso
giravano malattie nel posto.
Jolie si avvicinò ai laser, ben sapendo che doveva stare attenta, e
chiamò Hons che si era accorto che voleva parlargli. Anche lui si
avvicinò.
<< Come ti senti? Andiamo a mangiare e poi ci rinchiuderanno
ancora nel recinto a spostare l'immondizia secondo te?>>
Non era un argomento molto romantico, ma ormai andava bene
qualsiasi cosa, bastava che ci fosse comunicazione. Hons non rispose
poiché non poteva parlare, ma annuì e abbassò la testa.
Una delle operazioni che aveva subìto era una vera e propria tortura.
E avendo urlato troppo, aveva dato fastidio a una guardia che
essendo di alto grado ordinò di renderlo muto. Allora procedettero
con acido per distruggergli la gola e le corde vocali, e presto le sue
grida si trasformarono in mugoli. Poi gli avevano cucito le labbra in
maniera frettolosa con una speciale pinzatrice elettrica, che
originariamente era stata ideata per altri scopi. Così divenne muto.
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<< Se non ci fossero questi laser ti bacerei amore.>> furono le
ultime frasi prima di inghiottire cibo. Le gabbie furono aperte e tutti
uscirono dall'ala Nord, passarono per il campo, sotto stretta
sorveglianza, e arrivarono al lato sud.
Era una scena particolare vedere centinaia di corpi nudi di donne e
uomini camminare nella stessa direzione.
Hons era stato nutrito come al solito via endovenosa.
Andarono a mangiare e all'incontro pomeridiano con la Sicurezza,
nel campo, ricevettero nuove direttive.
All'incontro era stato dato l'ordine di cambiare gli orari e così non
avevano il tempo nemmeno di guardarsi negli occhi la sera, prima di
addormentarsi sul pavimento.
Jolie stava diventando sempre più triste, e ricevette un'altra visita da
una guardia maniaca, e avvenne un altro stupro.
Hons era stato al limite della gabbia, a un millimetro dal laser,
piangendo e pregando che la guardia smettesse. Incapace di parlare.
Ma lui si divertiva di più.
<< Un muto che mi supplica!>> diceva ridendo di lui.
Quella notte si addormentarono piangendo, vi erano solo i loro
singhiozzi e quelli di altre vittime nel silenzio profondo. Nemmeno i
robot si muovevano.
<< Le cose cambieranno Hons. Amore mio.>> disse Jolie
all'improvviso, nel bel mezzo della notte.
Qualche tempo dopo Hons trovò un libro, lo aveva visto in un
recipiente nella discarica e se ne era impossessato. Di solito non era
permesso tenere alcun oggetto. Ma nessuno andava a controllare che
queste regole venissero rispettate. Il libro era assolutamente
innocuo per la sicurezza di quella base segreta.
Hons cominciò a leggere il libro anche di notte, sfruttando la fioca
luce del laser. Jolie era molto preoccupata poiché temeva che Hons si
stava troppo rinchiudendo in sé stesso. Secondo la sua esperienza
quello era il livello che succedeva al suicidio. E lì in quell'inferno ve
ne erano molti, quasi ogni giorno. In pochi resistevano, e chi ce la
faceva guardando gli altri morire spesso veniva ucciso. Come se non
bastasse vedere un amico in preda all'angoscia abbandonare la vita di
propria spontanea volontà!
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Hons leggeva senza interruzione, a Jolie sembrava di essere caduta
in secondo piano, ed era sicura che le cose sarebbero peggiorate,
soprattutto nella loro relazione, da come stavano già degenerando.
Sveglia, lavoro, cibo, lavoro, cibo dormire. Poche parole in mezzo e
presto Hons divenne insofferente anche agli stupri che alla sua
amata subiva.
<< Cosa c'è muto? Non vedi che sto stuprando la tua donna?
Dovresti piangere, o sei per caso diventato cieco?>>
E Hons si limitava a fare una smorfia e a girarsi di lato, per
continuare a leggere.
Nel giro di qualche ora Jolie era furiosa, capiva la reazione di Hons
ma ne era contrariata.
<< Cosa ti ho fatto? Perché non mi parli più? Cosa ti è successo?
>>
Hons piangeva, ma aveva lo sguardo arrabbiato. Ma non aveva le
parole per esprimersi quindi la sua emozione era in parte repressa e
tendeva ad accentuare la smorfia di rabbia.
<< Parla! Dimmelo!>> e piangendo si allontanò, si distese e
guardando verso l'altro lato si agitò nel suo pianto.
Era proprio disperata. Ma Hons era ormai incapace di agire. Si ritirò
e continuò a leggere, senza mai staccare gli occhi dalla pagina. Lesse
fino a notte fonda, con enorme interesse.
Il libro era senza copertina, per cui Jolie non sapeva cosa attirasse
tanto la sua attenzione, ma ben presto lo avrebbe scoperto. Era solo
una questione di tempo.
Una notte successiva delle guardie si erano avvicinate ai loro due
cancelli laser, per ispezionare la zona.
Capitava spesso che qualcuno in preda alla depressione facesse
qualche gesto incauto e si lasciasse tagliare dai laser per suicidio. E
sembrava proprio che era accaduto una donna di fronte alla loro
cella. Jolie era coinvolta emotivamente per la sua morte. L'aveva
frequentata come amica durante molti pasti, e ora saprebbe che ne
avrebbe fatto senza.
Hans stava leggendo quando si accorse che una guardia lo stava
osservando.
Le guardie avevano una tuta antiproiettile nera, con fodera, cintura e
un proteggi petto metallico. Indossavano uno speciale casco, che
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sembrava proiettare delle scritte e dei valori ogni volta che
guardavano qualcosa. Evidentemente erano computerizzati, e con
quelli individuavano i pazienti o per meglio dire gli schiavi.
La guardia stava guardando Hons attraverso il suo casco. Era una
guardia piuttosto alta, e aveva le spalle larghe. Hons smise
immediatamente di leggere e alzò lo sguardo. Si sentiva osservato.
<< Cosa stai leggendo furfante?>> disse in un'altra lingua. Hons
non capiva, ma in ogni caso non poteva rispondere.
<< Ho chiesto cosa stai leggendo?>> disse ancora, nel linguaggio
scorretto. Hons non capiva ma intuì e mostrò che era un libro.
La guardia gli fece segno di avvicinarsi. Hons era sospettoso, e si
allontanò invece di eseguire l'ordine. La guardia ripeté il gesto ma
ancora lui non eseguí quindi l'uomo entrò nella cella, oltrepassando i
laser come se fossero semplici luci azzurre. Quella tuta lo proteggeva
da qualunque cosa.
La guardia gli strappò il libro dalle mani, poi si girò e si accorse che
Jolie stava guardando tutta la scena dalla sua cella.
<< Cosa c'è di tanto interessante puttana?>>
Jolie lo avrebbe mandato a quel paese, ma doveva mostrarsi
rispettosa, per evitare altre aggressioni. Quindi si allontanò un poco.
<< Questo è sequestrato schiavo!>> esclamò la guardia con quella
voce computerizzata che aveva sempre usato.
Hons non rispose, si prese una sberla con il guanto rigido. Quei
guanti erano appesantiti appositamente per colpire con più violenza
e capacità di danno. Inoltre proteggevano dal laser. Hons si rimise
diritto.
<< Perché non rispondi, merda!>> disse la guardia nervosa. Poi
afferrò l'uomo da sotto il mento e notò che era stato cucito.
<< Ah trattamento per taciturni... Bella operazioncina!>> disse
premendo il suo dito lungo le labbra. Era un gesto doloroso per
Hons che fece una smorfia.
<< Vediamo cosa c'è scritto.>>
E cominciò a leggere il testo. Dopo qualche secondo si fermò e
guardando Hons, con un gesto rapido lanciò il libro contro i laser.
Questo divenne subito cenere e fumo, il resto cadde accompagnato
da un bagliore azzurrognolo.
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<< Non si legge senza il permesso della Sicurezza.>> disse
dirigendosi verso l'uscio. << Segreti dell'universo. Le solite
cazzate.>>
Hons era muto ma lo avrebbe ucciso a parole. Dagli occhi uscivano
lacrime e stava soffocando nel suo magone.
Jolie era impietrita dall'altra cella. Guardava Hons cominciare a
piangere e singhiozzare, e cercare di asciugarsi con la manica della
camicia. Non disse niente ma in quegli attimi la comunicazione
funziona senza alcun suono.
La guardia era uscita oltrepassando i laser, ma prima di andarsene
del tutto si era fermato e si era avvicinato davanti ai laser della cella
di Jolie.
<< Tra poco faremo un'altro giro stronza.>> disse evidentemente
compiaciuto.
Jolie gli urlò dietro mostrando tutta la sua disapprovazione, ma la
guardia era impassibile. Anzi, sollevò il casco e la guardò in viso.
Aveva violato le regole, o almeno quello che i carcerati pensavano
fossero le regole in quel posto lercio e colmo di depravati. Lei sapeva
che non potevano mostrare il loro volto, ma ovviamente non c'era
alcun motivo per una regola del genere perché tanto i "pazienti" non
avevano alcuna possibilità di rivelare la loro identità a nessuno,
tantomeno di andarsene senza prima ricevere un elettroshock.
La guardia se ne andò, e dopo qualche attimo Jolie smise di
piagnucolare, quindi rimase un profondo silenzio nella zona.
Hons era ancora nella stessa posizione in cui stato era dopo la sberla
della guardia, e aveva smesso di piangere e singhiozzare. Ora aveva
lo sguardo arrabbiato.
Jolie voleva dire quanto gli dispiaceva, e pensò che il suo avvilimento
era lo stesso che lei stessa provava ogni volta che subiva violenze
carnali.
Dal corridoio si sentirono gli schiamazzi e le risate di due guardie,
che si stavano avvicinando. A quanto pare l'incubo non era ancora
finito. E si sentiva chiaramente che quelle guardie erano eccitate!
Proprio prima di entrare nella cella di Jolie, abbassarono i caschi per
nascondere le loro identità. Si fermarono davanti a lei, e si
guardarono. Probabilmente sotto quelle scure visiere si stavano
leccando i baffi.
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Jolie stava indietreggiando, andando a finire nell'angolo al buio della
cella.
I lucidi caschi che indossavano non avevano un'espressione
ovviamente, e questo faceva arrabbiare ancora di più Hons, che
sempre dalla stessa posizione stava guardando la scena.
<< Ti godi lo spettacolo tu, eh?>> disse una guardia. Hons non
rispose. Ma con flemma si alzò in piedi, e lanciando un urlo di rabbia
si diresse verso i laser cercando di andare incontro alla sua amata.
Quello era un gesto impulsivo quanto insensato e Jolie credeva che
stesse per suicidarsi anche lui. Urlò a sua volta in risposta del suo
urlo di sacrificio. Forse almeno questo gesto avrebbe fermato la
violenza carnale che stava incombendo su di lei! Ma chissà
veramente cosa avrebbe fermato quelle anime rese oscure dalla
depravazione.
Hons aveva oltrepassato i laser urlando, e una volta arrivato dall'altra
parte si fermò. Si guardò per bene, e scoprì che era arrivato
incolume!
Il tempo sembrava scorrere più velocemente.
Hons riprese a urlare e tirò un destro contro una guardia, colpendo
il casco. Esso venne spinto contro l'altro casco, che era a mezzo
metro più o meno alla stessa altezza, ed entrambe le guardie ora
stavano per cadere. Cercando di tenersi in piedi, e appoggiandosi
l'uno all'altro, caddero e si sentì un botto sordo, che erano le loro
teste contro il marmo. Erano solo storditi e fecero per rialzarsi
immediatamente e iniziare a combattere.
Hons fece un giro su sé stesso allineando un calcio, la linea
orizzontale era stata calcolata in modo che in mezzo alla traiettoria
fossero presenti le due teste lucide nere. Fu un colpo perfetto, ed
entrambi sbatterono la testa a terra con un grande fragore. I caschi si
frantumarono. Le facce delle guardie sotto la visiera spezzata erano
spappolate, e rivoli di sangue sporcavano il pavimento.
Hons e Jolie si guardarono. Lei era stupita, lui era in parte
sconcertato dalle sue abilità, e in parte furioso, ancora per il torto
ricevuto.
Ma Hons sapeva che non poteva gioire per il suo gesto eroico, e
nemmeno Jolie. A quell'ora stavano di sicuro arrivando altre guardie
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armate. Le telecamere negli angoli delle stanze avevano sicuramente
registrato tutto.
I due cominciavano a sentire le altre guardie arrivare, quando Hons
per istinto si toccò la bocca. Scoprì che la cucitura si era aperta, e
immancabilmente sentì il dolore. Si mise una mano alla bocca,
cercando di sentire meno male.
Le guardie intanto stavano per arrivare, e Jolie realizzò che erano in
trappola. Quante possibilità c'erano che Hons riuscisse ancora a
passare incolume dall'altra parte, dopo aver combattuto e sconfitto le
nuove guardie?
Uno scagnozzo passò i laser e prese per i capelli Hons, che ancora
aveva la mano sulla bocca sanguinante. La guardia cominciò a
colpirlo con dei pugni, era munito di guanti elettrici, quelli usati per
domare una sommossa.
Hons cadde per terra quasi incosciente, e la guardia si lanciò sulla
donna. In quell'esatto momento Hons si era rialzato e aveva sparato
un fascio di luce dagli occhi, che incenerì le spalle allo scagnozzo. Le
sue braccia caddero e Hons lo colpí alla bocca dello stomaco con un
calcio. Cadde per terra ma il pericolo non era finito perché in quel
momento ne erano entrati altri tre.
Jolie era tutta schiacciata in un angolo, sperando che i nuovi arrivati
non la vedessero.
Mentre vedeva Hons combattere come loro, e anche più
velocemente, gli passavano davanti le immagini di quello che era
successo fino a quel momento. Era passato attraverso i laser senza
esser fatto a fettine e fino a quel momento aveva steso tre, quattro,
anzi cinque guardie armate di tutto punto. Cadevano come birilli. E
Hons aveva un'agilità straordinaria. Non si sarebbe stupita se fosse
stato solo un sogno, ma se era così si sarebbe svegliata molto presto.
Era appena caduta anche la sesta guardia, e Hons era ora di fronte a
lei, e le tendeva la mano.
<< Sono più forte che mai. Aiutami a sollevarti.>> disse.
Jolie si alzò e si asciugò le lacrime, Hons prese la visiera e il casco di
una delle guardie cadute, rimontò i pezzi e li indossò, dopodiché
sporse la testa fuori dalla gabbia, per guardare se arrivavano altri
scagnozzi. Con il casco i laser non gli tagliavano la testa, e
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guardando notò che non c'era nessuno in arrivo. Ma l'allarme era
scattato.
Presto avrebbero mandato le macchine.
Tornò di nuovo nella gabbia e si chinò, svestì una guardia e si mise i
vestiti, adesso aveva le loro sembianze. Passò attraverso i laser, ma
prima di andarsene completamente si voltò verso Jolie.
<< Tornerò a prenderti.>>
Lei rimase scioccata, cosa aveva intenzione di fare?
<< Difenditi con le loro armi.>> disse lui.
<< Posso vestirmi anche io, e seguirti. Non andare da solo.>>
<< No. In due siamo più vulnerabili. Qui sei più al sicuro!>> e se
ne andò.
Le venne l'istinto di seguirlo, ma i laser le sbarravano la strada.
Hons correva nel corridoio e si dirigeva alla zona centrale. Aveva la
mappa elettronica nella visiera del casco.
Corse su per scale, e attraversò lunghi corridoi, passando davanti a
centinaia di gabbie, e quando arrivò all'estremità sfondò la porta che
gli sbarrava la strada con una granata. Fu sicuramente un'entrata ad
effetto, e non aveva usato alcun codice!
Poco dopo vi era un'altra porta, ma questa si aprì prima che potesse
sfiorarla. Era appena entrato nel salone generale, da cui la direzione
controllava le gabbie. Il salone era diviso in sezioni, una per ogni
sezione nell'edificio. A ogni postazione c'era un uomo, che
controllava la gabbia a cui era assegnato, tramite uno schermo.
Hons era entrato urlando, ma nessuno si era voltato. Puntò la sua
arma da guardiano contro un uomo. Esso se ne accorse, e si voltò. A
questo punto Hons scoprì che quelli non erano uomini ma cyborg.
Altamente tecnologici, gambe elastiche e propulsori sotto ai piedi.
Magri ma resistenti come la roccia. Un laser non lo avrebbe
nemmeno scalfito. Combattere con uno di quelli era una causa persa
in partenza. Peggio se erano dieci. Nemmeno la magia lo avrebbe
salvato, o quella strana forza interiore che aveva usato per
sconfiggere le altre guardie umane.
Il robot emise un suono vibrante.
Fortunatamente Hons era vestito come un guardiano, quindi lo
riconoscevano come un amico.
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<< Hanno invaso la zona 15-A. Servono rinforzi.>> disse Hons con
la sua voce metallica. Le guardie robot si sollevarono e si misero in
fila calcolando il millimetro. Tutto quello spostamento di sedie e
piedi metallici sul suolo creò una gran confusione, ma a quel punto
intuì come dovevano funzionare le cose in quel posto. Vi era una
postazione vuota, quella della sua stanza, lì mancava la guardia
robot. Poteva essere l'unica guardia umana, che lui stesso aveva
ucciso assieme alle altre? Sperava fosse così.
C'era qualcosa che non faceva senso, ma non aveva tempo per
pensare ora. Doveva sbarazzarsi di quell'ammasso di ferraglia.
<< Recatevi alla zona 15-A e colpite qualunque bersaglio
nemico.>> Le macchine fecero segno che avrebbero eseguito
l'ordine, e uscirono rompendo le righe.
Hons aspettò di essere solo e andò alla scrivania della guardia che
aveva annunciato il pericolo quando lui era nella cella con Jolie. La
guardia mancante.
Sezione 15.
Secondo le telecamere la zona 15-A era deserta, anzi, adesso vi era
una donna nel campo visivo, dentro la sua cella.
Probabilmente chi dirigeva lo show erano solo una manciata di
uomini, che si facevano aiutare da macchine. Faceva senso, poiché
reclutare persone che siano disposte a fare mansioni così folli a degli
innocenti era alquanto impossibile!
Se lui aveva ucciso 7 guardie, e non era arrivato più alcun umano a
sopprimere la ribellione, significa che erano rimasti solo i robot,
seguendo il suo ragionamento.
Ma solo un momento, se la guardia che aveva annunciato l'allarme
nella zona 15-B era un cyborg, e non era lì quando era arrivato, dove
si trovava in quel momento?
Hons guardò le telecamere e con orribile sorpresa si rese conto di
aver fatto un grave errore lasciando Jolie sola all'interno della gabbia.
Scattò all'uscita e cominciò a percorrere la strada a ritroso. Arrivò
nelle vicinanze della sua cella, quella era la stessa strada che
percorreva quando vi era il tempo di alimentarsi di cibo. Era molto
familiare, ma non l'aveva mai guardata così. Ecco la sezione 13 piu
avanti vi era la 14 e poco dopo la 15. Rallentò in vista dei robot che
aveva mandato alla sezione 15-A.
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Guardandosi intorno e consultando la mappa trovò dove svoltare,
cambiò quindi strada e corse in direzione della sezione 15-B, facendo
il giro. Li vi era la cella laser con Jolie intrappolata. Arrivò sul posto,
e sperava che quei venti metri e l'angolo fossero abbastanza per
nascondersi dai cyborg che aveva mandato.
Davanti alla cella di Jolie trovò il robot che aveva dato l'allarme.
Guardava all'interno, e sembrava disorientato.
<< Errore 6, un altro essere umano è fuggito dalla cella.
Identifico.>>
Hons si appoggiò al muro, stando in silenzio.
Il robot fotografò la placca elettronica attaccata affianco alla cella.
<< Jolie Sense, 34enne, 45468>>
Hons si avvicinava piano piano. Sapeva che se faceva anche solo un
rumore il robot si sarebbe accorto. Quelle macchine avevano un
udito molto fine.
<< Rapporto. Tempo 6:4. Sezione 15-B, l'essere umano di sesso
femminile deve aver aggredito le guardie all'interno, e indossato una
delle tute dei deceduti per passare attraverso i laser. Le tute che
mancano sono due. Sono due i corpi spogli qui. Una tuta deve averla
presa il primo fuggitivo, anche se lascia perplessa questa teoria,
poiché ha mostrato certe abilità con i laser. Questo fa pensare che
non ne avesse bisogno.>>
Hons si immobilizzò. Il robot si stava quasi per girare dalla sua
parte.
<< Non posso garantire la loro locazione attuale, ma posso dire che
contando le guardie umane rimangono solo 2 umani nell'edificio K7,
del pianeta Geneda. Esen e Lui. Fate mandare rinforzi dalla base
centrale. Rapporto completato.>> Nessuna risposta dall'altra parte.
Il robot si guardò intorno e vide tante strisce di carta bruciacchiate a
terra, vicino alla cella adiacente.
Hons aveva ascoltato tutto quello che aveva detto. Significava che vi
erano altri edifici come quello su altri pianeti? Quanti potevano
essere. Dieci? Cento? Mille?
<< Estensione rapporto: Non è stato rintracciato il corpo di Hons
Lennard tuttora, ha indossato lui stesso una delle maschere e tuta
e...>> smise di parlare.
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Quanto diavolo erano intelligenti quei pezzi di metallo? Hons li
pensava stolti, perlomeno non più intelligenti di un tostapane.
Il robot raccolse le strisce.
<< Come ha fatto a passare i laser e rimanere incolume questo non
si sa ancora. Magia. Avete visto le riprese. Ma se ha provato a
scappare sicuramente è stato trovato dal Maestro. Penso valga lo
stesso anche per la donna. Dobbiamo far istallare più telecamere.
Fine del rapporto.>>
Hons fece uno scatto. Avrebbe messo in atto il suo piano. Aveva
avuto poco tempo per pianificare ma c'erano delle speranze che si
sbagliava riguardo la resistenza ai laser di quei pezzi di latta. Il robot
si era accorto dell'aggressione ma non era stato abbastanza veloce a
scansarla, l'effetto sorpresa giocava a favore di Hons.
Il robot colpito venne scaraventato dall'impatto contro i laser. Ci
passò attraverso e cadde a terra nella cella, ma si rialzò
immediatamente. Lanciò uno sguardo alla propria struttura, poi
guardò Hons.
Poi dopo qualche secondo esclamò:<< Tu essere umano. Hai
attaccato una macchina. Sai cosa significa questo?>>
Hons stette in silenzio.
<< È un grave oltraggio.>> disse avvicinandosi a lui.
Hons non riusciva a capire cosa stesse pensando esattamente. Lo
aveva scoperto?
<< Sei fuggito dalla cella e sei corso alla sala degli schermi per
distrarci. In modo da poter fuggire.>>
Hons era paralizzato. Non solo il robot non si era nemmeno
graffiato, ma aveva capito il suo piano. Quante possibilità aveva di
vincere contro di lui?
Se avessero fatto baccano avrebbero attirato l'attenzione degli altri
cyborg, e questo avrebbe significato la fine più certa per lui. Che lui
conoscesse la magia o meno.
Il robot era a pochi metri e si fermò. Sollevò una mano e la puntò a
palmo aperto contro Hons. << è giunto il momento di terminarti
umano indegno. Puoi rivelare il tuo volto Hons Lennard.>>
Hons abbassò la visiera.
<< Volevo proprio vedere lo sguardo di paura sul tuo volto prima di
raggiungere la stazione e l'altro mondo.>>
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Il braccio del robot si illuminò e la mano scagliò un raggio di luce.
La tuta di Hons si incendiò e qualche secondo dopo il fuoco
divampava nel corridoio.
<< Muori e segui la luce!>> disse il killer.
Il fuoco bruciava la sua uniforme, ma Hons non sentiva il calore. In
lontananza vedeva avvicinarsi un altro robot, aveva appena svoltato
l'angolo della sezione 15-A.
<< 15-B cosa succede?>>
Il robot assassino si voltò al richiamo.
Il nuovo arrivato si immobilizzò ed emise un suono di allarme, in
questo modo chiamò a sé gli altri cyborg che giacevano a pochi
metri.
L'aggressore di Hons cercò di spiegare. Ma i cyborg non davano
segno di ascoltarlo, piuttosto si misero in linea e proclamarono la
loro sentenza.
<< Rapporto sezione 15-B. Un cyborg sentinella ha dato i numeri e
sta aggredendo una guardia. Non sono chiari i suoi intenti, ma
chiediamo il permesso di fare fuoco.>>
La risposta dall'altra parte fu "permesso accordato".
I robot contemporaneamente alzarono il braccio e spararono il solito
fascio di luce contro il cyborg, che esplose con un sordo bang. Hons
cadde a terra stordito. La lattina era esplosa a soli due metri dalla
sua faccia, con un botto assordante!
I robot si tuffarono a soccorrere l'uomo, ma Hons per non farsi
scoprire fece uno sforzo e si rimise in piedi.
Avvolto dalle fiamme non era riconoscibile, e puntualmente ordinò
di evacuare la zona. In qualche minuto i cyborg erano tornati ai
rispettivi schermi e Hons era riuscito a non farsi scoprire.
Le fiamme si stavano per spegnere ora, e l'uomo camminava con la
visiera chiusa dentro e fuori dalla cella, pensieroso.
Aveva esplorato per bene la cella, e non vi era traccia della sua
donna.
Era andata proprio come aveva detto il robot. "La donna" aveva preso
una delle tute -proprio come lui- ed era fuggita.
Non gli restava che consultare la sua mappa e trovare il Maestro. O
come lo aveva chiamato lo stupido giocattolo di latta!
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Seguendo la mappa percorse molti corridoi, vagando per
quell'edificio per oltre venti minuti. Passando davanti alle celle le
persone imprigionate imploravano di essere liberati. Lui non aveva
la minima idea di come fare, ma cercando bene trovò un pannello
pieno di pulsanti sensibili al tatto. Li sfiorò uno ad uno e vide le
barriere laser svanire, e alcuni prigionieri erano ora liberi.
Gli spiegò che avrebbero dovuto aiutarlo.
<< Andare dal Maestro?>> disse uno nella folla.
<< Sei matto?>> disse un altro.
<< No, se sconfiggiamo il Maestro e liberiamo Jolie saremo così
forti che potremmo abbattere le ultime guardie ed andarcene.>>
<< E tu come fai a saperlo?>> chiese un omuncolo paffuto nel
gruppo.
<< Con questo visore posso usufruire di una mappa per muovermi,
su cui sono segnati tutti i corpi caldi nell'intero edificio.>>
<< È una maschera da guardia. È ovvio che sa come fare, stupido!
>> disse un altro uomo alto e barbuto, con l'aria un pò vichinga.
<< Seguiamolo, lui saprà cosa fare.>>
Una bimba si fece spazio e avanzò a spintoni. Arrivava più o meno
alle gambe di tutti gli altri come altezza. Si fermò davanti a
Hons.<< Cosa hai fatto alla bocca?>>
<< Lidia, torna indietro.>> disse una donna dallo sguardo
terrorizzato. Era spuntata dalla folla stando chinata, e senza
incrociare gli occhi con quelli di Hons aveva preso da un braccio la
bambina tirandola a sé. Vennero così ingoiati nella folla e Hons li
perse di vista.
Si sentì congelare, che sguardo aveva quella! Dovevano averla
trattata proprio male in quel posto. La bimba non aveva un occhio.
Un minuto dopo erano tutti in marcia e alcuni uomini molto curiosi
stavano chiedendo a Hons come aveva fatto a liberarsi e a uscire
dalla cella. Hons non aveva una spiegazione da dare che fosse logica,
quindi con fare misterioso rispose <<"Magia">>. Ma loro non
erano contenti.
Camminando Hons seguiva la mappa e cercava una strada per
raggiungere il Maestro, che non passasse davanti a tutte le celle
dell'edificio! Cinquanta uomini credeva fossero abbastanza, non
voleva liberarne altri per il momento.
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De Gurò
Il mago in gabbia
Mentre leggeva la mappa e faceva tutti i suoi conteggi pensava a cosa
avrebbe dovuto affrontare. Mentre prima si sentiva sicuro di sé ora
cominciava a temere il destino a cui stava andando incontro. Chi era
il Maestro? Come era fatto? Era armato?
Se era armato avrebbe dovuto colpirlo con la magia, perché non
aveva armi. Ma non sapeva controllare tanto bene quel fenomeno.
Era sicuro che in qualche modo poteva scatenarlo provando
emozioni profonde, ma in quel momento non avrebbe lanciato un
fulmine con lo sguardo come un Superuomo o un mago descritto nel
libro che aveva letto.
Quando aveva passato i laser e colpito le guardie aveva la bocca
cucita, era facile incanalare la propria rabbia nelle mani e nell'intero
corpo ed emanare un'energia immune alla luce concentrata dei laser.
O almeno così semplice credeva che fosse. Hons non era un tipo
difficile, era un essere libero dentro un corpo da adulto. Quando
aveva colpito le altre guardie gli bastava guardare Jolie nell'angolo, a
soffrire e piangere per la propria morte, non ancora avvenuta. Quindi
doveva trovare qualcosa che lo faceva arrabbiare e sperare che il
fenomeno accadesse di nuovo. Uno shock e dell'acredine sarebbero
bastati ad accendere la scintilla.
Nel visore apparve un corpo caldo, e poi ne apparve un altro. Erano
circa al centro di un grosso salone, e lungo i lati vi erano tanti altri
puntini rossi, alcuni molto chiari. Erano schiavi morenti.
Quel salone doveva trovarsi all'incirca a trenta metri, secondo le
misure riportate.
Quei due punti rossi accesi erano sicuramente Esen e il Maestro.
Ora dovevano solo trovare il modo di irrompere senza farsi uccidere.
Sicuramente vi erano delle guardie sintetiche all'interno, altri cyborg
non segnalati dalla mappa. O forse no, nulla era certo!
Hons doveva studiare per bene la situazione.
Arrivò a un grosso portone. Dietro vi doveva essere il salone.
Guardandosi intorno vide le due celle che stavano davanti a quella
soglia.
<< Non entrare là dentro.>> disse un uomo scuro dentro la cella
sinistra.
<< Non entrarci per carità di Dio, se non vuoi morire.>>
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De Gurò
Il mago in gabbia
L'uomo si era trascinato fino ai laser, e incapace di sostenersi cadde a
terra.
<< Mi hanno piegato le gambe, torturato e lasciato storpio. Guarda
il mio occhio.>>
Hons era impressionato. L'uomo aveva pochi capelli ormai bianchi,
doveva essere anziano, ma la faccia era stata tanto percossa che le
rughe della pelle erano celate alla vista.
<< Devo entrare. Devo cambiare le cose qui dentro.>> disse Hons
cercando di mantenere un atteggiamento determinato.
Lo schiavo cercava di supplicarlo con lo sguardo. Hons non cedeva.
Era più deciso che mai. I suoi uomini indietro erano invece taciturni.
<< Allora permetti che ti dia un consiglio. >>
Le pene che aveva subito erano tali che non riusciva ad alzarsi.
Hons si avvicinò.
<< Nell'orecchio. Meno persone ascoltano meglio è.>>
Lo schiavo gli disse qualcosa in segreto, per qualche istante.
Nessuno della folla aveva sentito, ma erano molto i curiosi a sapere.
<< cosa ha detto?>>, << cosa ha detto?>> chiedevano alcuni.
Hons si girò verso gli altri e con sguardo ancora più determinato,
quasi severo stavolta, esclamò.
<< Siete pronti a rivendicare le vostre anime?>>
Il vecchio schiavo aggiunse:<<Non avete perso solo la dignità, ma
anche qualcos'altro. Mentre viaggiavate liberi come uccelli non vi
siete accorti dell'aquila che vi stava per assalire.>>
Ovviamente era una metafora, e ognuno di loro lo aveva capito,
benché non ne avessero afferrato l'esatto significato.
Hons si avvicinò al portone, pronto ad aprirlo a calci.
<< Vai con Dio. Giovane. E credi in te stesso.>> disse il vecchio.
<< Non sai cosa ti aspetta quindi sii forte.>> disse a voce più
bassa. Hons non lo aveva sentito perché nel frattempo con un urlo
ed un calcio aveva aperto il portone.
Non era chiuso.
Lo stavano aspettando.
Era una trappola che si sarebbe dovuto aspettare. Non solo lui aveva
un casco con il visore e la mappa.
Un fascio di luce bianca gli balenò davanti. Divenne una frusta che si
agitava nell'aria, poi una corda di luce, che lo avvolse, e chi
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Il mago in gabbia
impugnava l'arma lo trascinò all'interno di una cupola energetica, al
centro del salone.
Metà dei "guerrieri era fuggito nei corridoi". Non avrebbero dovuto
essere nemmeno reclutati.
Codardi.
Erano rimasti in dieci, e quattro di questi vennero uccisi dai fucili
laser delle guardie perché non si erano mossi abbastanza in fretta.
Gli altri sei corsero all'impazzata verso la cupola. Speravano di poter
liberare Hons ma rimasero fulminati ai bordi del fascio elettrico. E
tutto il suo "esercito" svanì. Caddero i corpi e buonanotte.
Hons rimase all'interno della cupola, solo contro un esercito e
disarmato.
Un uomo con il camice, con un fastidioso flemma si avvicinò al
limite della sua trappola. Si tolse gli occhiali anti-raggi ultravioletti e
guardò Hons negli occhi.
<< Eccoti qui ribelle. Ti stavamo aspettando.>> disse mordendosi
le labbra.
Hons si guardò intorno, non rispose.
Era ancora in trappola e come lui lo erano altri centinaia, che
avevano sicuramente provato a ribellarsi. Stavano nelle celle al
secondo e terzo piano. Da lì sotto poteva vedere tutte le celle poiché
vi era un'apertura al centro della struttura e lui stava al centro.
<< Vedi tutti questi corpi imprigionati?>> chiese allontanandosi a
passo lento << sono prigionieri che in qualche modo l'hanno
scampata. Ma poi...>> e arrivò a una specie di pannello
<< ...hanno incontrato me.>>
<< Cosa vuoi da questa razza? Cosa ti abbiamo fatto?>> chiese
riferendosi a quello che gli aveva detto il vecchio.
Il tipo rimase sorpreso.
<< Vedi... Non sono io il problema. Ma è Esen, il mio assistente. È
un po' pazzo capisci?>>
Hons non rispose.
<< Non gli piace che la gente abbia libertà di pensiero. Così ha
estinto la vostra razza esiliandola in questa fortezza. Voi in pratica
non esistete più per le razze che vi adoravano.>>
<< E per che cosa ci adoravano?>> ruggì Hons.
Il tipo indietreggiò e scoppiò a ridere.
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Il mago in gabbia
<< Ma cosa sto a raccontarti. Non capiresti perché l'ho fatto.>>
<< Quindi sei stato tu, e non sei della mia razza allora.>>
<< Ottima deduzione. Sai non credevo che fossi tanto intelligente.
D'altronde come posso crederlo poiché hai provato a ribellarti.>>
<< Da dove provieni?>>
<< Un pianetucolo, ai limiti della galassia. Ma che sbadato, come
puoi ricordare? Sono passati tanti anni da quando è successa quella
catastrofe in cui non c'entravate...>>
<< Maestro!>> interruppe una figura scendendo da alcuni gradini
in fondo alla stanza.
<< Cosa c'è?>>
<< Lei sta morendo.>> Si era fermato sul pianerottolo.
<< No. No no, questo non deve succedere, portala subito qua.>>
Hons si stava chiedendo "lei chi?" Sperava non fosse la sua lei.
<< Sai, lei ha la miglior carne qui dentro e ogni tanto dobbiamo
sfogare i nostri istinti, per così dire, maschili.>> finì la frase
ridacchiando, questo rendeva ancora più bislacca la sua espressione.
Inoltre si stava inquadrando la larga pancia con le mani.
<< ... È un bene che sia giunta a noi recentemente.>>
Hons vide una donna venire trascinata dalle guardie, e quando fu
vicina la riconobbe, era Jolie, completamente spoglia e con dei lividi
in tutto il corpo.
<< È semi-svenuta.>> disse Esen << Ma può sentire, credo.>>
<< Ottimo Esen. Lasciala qui.>>
Hons aveva cominciato a piangere, a mordersi le labbra e le mani dal
nervosismo.
Non era riuscito a salvarla. Anzi.
Alcuni prigionieri si stavano avvicinando alle sbarre delle gabbie per
guardare cosa succedeva di sotto. Esen nel frattempo si era rifugiato
nella stanza al fondo della sala.
<< Tutti vedranno questa manifestazione in segno del disprezzo che
io personalmente provo per la tua razza, e per il gesto oltraggioso
che hai compiuto, provando a ribellarti alla mia forza.>> disse
inasprito improvvisamente, puntando il dito contro Hons.
All'improvviso la cupola energetica emise un rombo e delle onde
cominciarono a fluire verso l'interno come un'implosione.
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Il mago in gabbia
<< Morirai prima tu oppure lei? O magari morirete assieme e vi
raggiungerete all'inferno.>>
Due guardie si mossero dai muri e raggiunsero Jolie, la raccolsero da
terra, con forza e poche maniere gentili, poi la misero su una
piattaforma, tipo un lettino, che nel frattempo altre guardie avevano
portato sul posto.
La legarono e attivarono un pulsante. Il lettino si sollevò e il corpo
della donna finí in posizione verticale.
Un caschetto spuntò da dietro il lettino, con un ronzio. E le luci si
accesero sulla sua superficie. Erano due fasci di luce violetta che
indicavano che lo strumento si stava caricando per funzionare.
Nel frattempo Hons aveva subìto una carica elettrica, derivante dalla
cupola. E appena il fascio energetico lo aveva colpito nella sua mente
si erano accumulate tutte le immagini degli ultimi nauseanti mesi in
prigione, cariche delle emozioni represse.
Il Maestro era davanti al pannello e schiacciava dei pulsanti, le
guardie circondavano lo scenario. Tutte quelle visiere nere erano
piuttosto inquietanti.
<< L'impulso deve essere più intenso e rapido.>> borbottò l'uomo
dietro alle tastiere e agli schermi della centralina.
Il Maestro doveva essere parecchio pazzo per infliggere questo a
tutte quelle creature solo per riscattare l'accaduto di tanto tempo
prima. Quello era sicuro.
Hons stava perdendo la sua lucidità mentale a causa di quelle
cariche elettriche, ma stava progettando la sua fuga ancora. Vi era un
emanatore sulla cima della cupola, che fluttuava. Anzi no, quello era
un curvatore, ovvero curvava il limite della barriera elettrica con un
sistema magnetico e rendeva l'energia elastica e a forma di cerchio.
Senza di quello la base della cupola avrebbe emanato solo fasci
verticali.
Sotto i piedi di Jolie intanto, era spuntata una superficie metallica
che si collegava al pavimento. E il caschetto aveva la luce blu, non
più violetta, stava a significare che era carico e lei si stava per
prendere una bella scossa.
Doveva agire alla svelta.
Doveva distruggere la base.
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Il mago in gabbia
Un'altra implosione elettrica colpí Hons che cadde in ginocchio, ora
aveva l'intera angoscia della sua prigionia nella testa, e stava per
urlare.
Era sicuro che quelle scosse elettriche lo avrebbero reso pazzo molto
presto, e subito dopo sarebbe diventato un vegetale.
Il casco che Jolie indossava non era un semplice casco. Era in grado
di riempire di scosse un corpo e anche di assorbire, per così dire,
l'anima della persona, intrappolandola in un computer. Ci sarebbe
stata per molto tempo ed essa avrebbe corso qua e là alla ricerca
dell'uscita del labirinto virtuale che era stato appositamente
progettato per lei.
E tanto per bastare, ogni tanto i computer-trappola venivano spenti,
causando all'anima la sensazione di essere caduta in un limbo di non
esistenza. Stavano lì dentro per molto tempo e Hons non voleva
perdere Jolie in una trappola tanto perfida.
Nel frattempo lui aveva subito altre due scosse e si stava
arrabbiando, era letteralmente in trappola e non poteva farci nulla!
Tutti i presenti lo stavano guardando mentre cadeva nell'incoscienza,
e lui si tirava su ogni volta. Non mollava.
Il grassone si avvicinò alla cupola, con lo sguardo di un bambino che
dava un'occhiata dentro l'acquario, e sottovoce disse: <<lascia
perdere, non ce la puoi fare.>>
Quelle parole lo stavano per far cedere ma riuscì a spingere via
ancora l'incoscienza.
<< La tua razza è nata schiava, ed ora in poi lo sarà per sempre.>>
dicendo così fece segno di addio con la mano.
Hons si era appoggiato un momento. Aveva chiuso gli occhi, nel
tentativo di recuperare le forze, e aveva aperto la mano per alleviare i
muscoli tesi. In quella posizione smise di pensare, per scacciare
quelle brutte sensazioni.
Dopo qualche tempo gli venne in mente una strana sensazione di
urgenza. Aveva ancora gli occhi chiusi.
Come aveva fatto a non ferirsi con i laser? L'immagine della sua fuga
dalla cella gli balenò in mente e lo colpí come una freccia. Di scatto
si alzò e si mise in piedi, già in posizione di attacco.
Delle guardie si erano messe all'erta ma lui non badò a due
insignificanti guardie. Sparò un raggio da un migliaio di volt contro
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De Gurò
Il mago in gabbia
la massa di lardo addormentata sopra il pannello, che esplose come
un palloncino schizzando sangue dappertutto.
Poi si girò e con la mano spalancata creò una crepa nello spazio ed
emise un fascio di luce intenso come un faro, veloce come un
fulmine, che colpì tutte le guardie al lato est facendole cadere come
birilli.
Le altre guardie stettero a guardare, nel dubbio su cosa fare, ma
caricarono le loro armi pronti a contrattaccare.
Senza far passare troppo tempo Hons saltò e con i palmi paralleli
alla base della cupola fece esplodere il meccanismo con un gran
botto. Il fascio elettrico si spense e lui era finalmente libero.
L'istante dopo emise centinaia di colpi a raffica, con colori diversi,
che si scagliarono contro tutti i corpi nemici nei dintorni.
Sembravano fuochi di artificio.
Dopo qualche secondo Hons era solo, e quasi esausto si guardò nei
dintorni.
Vi erano cadaveri, centinaia di cadaveri dappertutto.
Ma non c'era traccia della sua amata da nessuna parte. Dove
l'avevano portata?
In fondo alla stanza c'era l'altro pazzo sadico di Esen! Ecco chi!
Furente di rabbia si mise a correre in quella direzione ma si accorse
che stava volando e sfondando la porta si ritrovò nella sua cabina.
Esen stava dormendo, ma si svegliò di soprassalto dallo spavento.
Quello che vide fu un uomo volante entrare sfondando la porta,
seminudo a causa delle scosse che avevano logorato i suoi
indumenti. Pensò che stava sognando quindi riappoggiò la testa.
Hons gliela rialzò tirandola per i capelli.
Stava sognando ma il dolore era reale.
<< Brutto stronzo ti conviene dire che fine ha fatto la mia
donna.>>
Con una smorfia di dolore l'altro fece cenno di aspettare, avrebbe
dovuto trovare un modo corretto per rispondergli senza che il mago
gli spappolasse il cranio con un gigavolt fotonico.
<< È... è lì dentro. Proprio lì, dietro di te.>>
Hons mollò la sua capigliatura che era diventata permanente, e si
precipitò davanti alla stanza-vetro che conteneva il computer.
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Il mago in gabbia
La sua amata era finita in una specie di videogioco, per il resto della
sua eternità!
Imprecò e si girò per fulminare Esen, ma quello nel frattempo aveva
acchiappato la sua pistola laser. Sparò un colpo che Hons schivò con
maestria inaudita, ed esso di rigetto mandò una palla nera sonica
che gli aprí il petto sventrandolo completamente. Tutte le sue
interiora si appiccicarono sul muro dietro di lui e sul tavolo
macchiando gli appunti e i pannelli di controllo.
Esen era morto tanto velocemente quanto Hons aveva aperto la
stanza con una craniata. Il vetro si era spezzato come un cracker.
Hons saltò dentro e afferrò la scheda che fuoriusciva dallo slot.
Quello era il programma che creava il labirinto.
Non sapeva come comportarsi e schiacciò due bottoni a caso, a quel
punto uscì un messaggio.
<< Pezzo di latta dammela indietro! Jolie mi senti? Sono qui!>>
Il messaggio diceva "è in corso la soluzione del labirinto-non
spegnere".
Hons tirò un pugno umano allo schermo, frantumandolo. Dall'altra
mano materializzò un missile che andò a frantumarsi trenta metri in
lontananza, fuori dalla stanza. Un grande rosso fuoco si alzò
dall'esplosione e una sirena cominciò a suonare.
Hons si precipitò al letto dove la donna era legata all'attrezzo.
Il suo corpo era pieno di sfregi, causati in parte dalle cattive maniere
delle guardie, in parte dalle onde elettriche del casco.
<< Ti tirerò fuori di qui.>> disse prima in modo deciso, poi si
chinò e versando lacrime sul corpo si mise a urlare. << riesci a
sentirmi?>>
Rimase lì per qualche tempo, a guardarla immobile e pensando a
cosa avrebbe dovuto fare per impedire tutto quello. Forse non
avrebbe dovuto nascere per soffrire così tanto. Probabilmente
avrebbe dovuto prendere un corpo su un altro pianeta, e fare una
vita normale?
Sentiva l'allarme e i passi svelti degli schiavi che scendevano dalle
scale di ferro, cercando di scappare il più lontano. E lui era fermò lì,
era costretto a lasciar perdere perché se anche avesse staccato il
corpo dai cavi avrebbe comunque perso lei e il suo amore.
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Il mago in gabbia
Proprio quando pensava che tutto fosse perso si sentì una mano
sulla spalla, si girò di scatto e l'uomo indietreggiò.
<<Chi sei?>>
<< Io mi chiamo Enric, Enric Poyan. Sono un fisico.>>
<< E cosa vuoi da me?>>
<< Ho visto cosa hai fatto, e questo... Vedi. Non capita spesso di
vedere uomini capaci di spostare montagne, soprattutto in luoghi
come questo.>>
<< E cosa dovrei fare? Ho perso comunque-e si alzò- vedi? Lei non
la riavrò mai più.>>
<< Non tutto è perduto. Io posso recuperarla signore e
sinceramente anche con una certa facilità, grazie ai miei studi sui
campi elettrici mentali e mente-informatica.>>
<< Cosa intendi?>>
<< Guardando la donna e la macchina posso dire che mi servono
uno slot memoria per labirinti, proprio quello che ha nella mano, e
quattro cavi salva-pensiero.>>
<< Cosa sono? Dove li trovo?>>
<< In un'altra stazione come questa. O probabilmente dal
produttore. Zenu.>>
<< Zenu produce questa roba? Io credevo che vendesse
elettrodomestici.>>
<< Tutti lo credono.>>
<< Portami quattro di quelli, due fascette per le colonne cerebrali e
un connettore ottico. E la tua donna tornerà nella sua testa.>>
<< Volo.>>
E a quell'istante si sentì un'esplosione.
I due barcollarono, ma riuscirono a stare in piedi dopo la scossa.
<< Oh diamine siamo morti.>>
<< Come?>>
In lontananza si sentirono delle urla!
<<Guardie sintetiche! Guardie sintetiche!>> e altre due esplosioni
seguirono.
Hons si precipitò alla porta per guardare. I robot che prima lo
avevano salvato erano lì e ora non avrebbero avuto pietà. Scese giù
dalla cabina comunque. E si allontanò pensando che se lo avessero
schivato con qualche colpo avrebbero potuto colpire la cabina e farla
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Il mago in gabbia
esplodere, uccidendo la moglie all'interno. Quindi cercò di
allontanarsi da lì.
I robot si erano librati in volo e avevano preparato le armi. Erano
diciotto robot pieni di energia.
Due si sistemarono in aria proprio sopra di lui.
Era l'ora del verdetto. Chi se la sarebbe cavata questa volta?
Uno dei cyborg era armato di uno speciale dispositivo accecante. I
suoi due occhi erano diventati rossi e avevano sparato fuori due luci.
Quelle luci colpirono esattamente Hons negli occhi, erano luci molto
intense, probabilmente gli avrebbero bruciato la retina.
Anche chiudendo gli occhi riusciva a vederle.
Mise davanti le mani e solo allora era al riparo dai due raggi. Ma così
non poteva vedere.
Adesso i robot cominciarono a sparare e la prima cosa che venne in
mente ad Hons fu di estendere uno scudo attorno a lui, che lo
riparasse. I colpi raggiungevano la sua onda e rimbalzavano indietro.
Ma non avrebbe resistito a lungo in quella condizione.
Alzò la sua frequenza energetica ed espanse ancora di più l'onda
scudo, e a quel punto lui divenne l'epicentro di un'esplosione.
Sentì molti rumori ma solo al momento giusto decise di abbassare la
guardia. Quando vi era il silenzio.
Aprì gli occhi e si guardò intorno. I robot erano caduti e si stavano
rialzando.
Uno dei diciotto era precipitato troppo vicino alla cabina, doveva
stare più attento.
Una cosa interessante che notò era che tutte le pareti sembravano
essersi curvate con l'attrito causato dall'esplosione.
Uno dei robot era già pronto all'attacco e subito dopo iniziarono a
sparare anche gli altri con pallottole da 20 millimetri a velocità
ultrasonica. In quel momento tutto era silenzioso, si sentivano solo i
sibili delle pallottole.
Una lo colpí in pieno e lo oltrepassò, i cyborg cessarono il fuoco
l'istante successivo.
Hons perse qualche attimo a cingersi la ferita, ma subito cercò
vendetta. Si rialzò.
Estese le braccia e aprì la bocca.
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Il mago in gabbia
I robot intanto stavano a guardare. Probabilmente aspettavano che il
bersaglio cadesse morto.
Erano fin troppo imprudenti.
Una lingua di fuoco uscì dalle labbra di Hons. Si estese sulla faccia
fino alla fronte e facendo un giro attorno al collo arrivò alle spalle
infiammandogli i capelli e gli indumenti.
Qualche attimo dopo era coperto di fiamme. E con un urlo da mille
decibel creò un'onda di fuoco di cinque metri che investì tutti i robot
presenti. Essi rimasero impassibili fino a un momento prima di
venire investiti.
Erano in stand by poiché chi li guidava era rimasto morto all'interno
della cabina, e loro avevano eseguito l'ultimo ordine, ovvero colpire
chiunque minacciasse la fortezza! Ora non si sarebbero più mossi.
Fortuna per Hons che era stato colpito ma non era morto.
Aveva capito che non avrebbero battuto ciglio, poteva prendere un
cacciavite e smontarli pezzo per pezzo e non avrebbero detto "ah".
Si avvicinò a uno di loro, arrivò naso a naso, e gli tirò un cazzotto
sulla faccia. Il robot cadde nei detriti e non si rialzò più.
All'improvviso una sirena strillò, questa era una sirena diversa da
quelle usuali, Hons intuì che correva un altro pericolo.
Chi lavorava lì dentro, e che ora era all'altro mondo, aveva
organizzato abbastanza bene il sistema di difesa della fortezza.
Hons corse verso la cabina dove vi era il corpo di Jolie e l'uomo che
pretendeva di salvarla.
<< Devi fare in fretta, uscire di qui e prendere quello che ti ho
chiesto. In ogni momento quell'anima dispersa potrebbe arrendersi e
perire.>>
Si stava chiedendo come poteva perire un'anima, ma era lui l'esperto.
<< Finché questa rotella sullo schermo gira significa che lei è
cosciente, o più meno. Ma potrebbe sprofondare in apatia e
spegnersi.>>
Affianco alla rotella vi era anche la frequenza elettrica della sua Jolie,
era circa 2,4 K per secondo. Probabilmente a zero sarebbe stata la
sua fine.
Le sirene smisero di strillare. Hons baciò la fronte della sua amata e
si congedò.
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Il mago in gabbia
<< Che Dio sia con te. >> Disse Enric Poyan prima che Hons
uscisse dalla porta.
All'esterno vi era un gran trambusto. E Hons vide la parete Nord
dell'edificio trasformarsi in un grosso robot. Era alto almeno sei
metri. Vi furono cigolii per parecchi secondi e il robot ebbe la forma
di un viso, spuntarono quattro braccia e due gambe possenti.
Avrebbero sostenuto quel peso anche se ci fosse stato un terremoto.
Il robot emise un ruggito feroce.
Dietro di esso ora vi era un'altra parete, quella originale
appartenente all'edificio.
Esen e il Maestro avevano progettato le difese della fortezza con
parecchia intelligenza.
Il robot sarà stato pesante venti tonnellate. E chissà di che armi era
dotato. Serviva ad evitare la fuga a chiunque era riuscito a giungere
fino a lì. L'ultimo rimedio di Esen e il Maestro.
Hons fece qualche altro passo e arrivò esattamente di fronte al suo
avversario. Stavano distanti cinque metri l'uno dall'altro.
Con un calcio il robot avrebbe potuto farlo secco, o se dalle sue
braccia avesse sparato uno di quei missili di cui ne erano visibili le
estremità, probabilmente sarebbe esplosa l'intera ala dell'edificio in
cui si trovavano.
Un mago di fronte a un colosso.
All'improvviso i muri che erano circondati di vetro si frantumarono,
i frammenti di vetro cominciarono a staccarsi dalle superfici e a
fluttuare a mezz'aria. In qualche istante tutti i frammenti di vetro
che saranno stati miliardi, si trovavano attorno nella stanza sparsi
un po' ovunque.
Un lampo di luce apparì e illuminò ogni frammento cristallino di
questi vetri creando bagliori colorati. Il lampo di luce si scagliò
contro l'enorme colosso, al centro del suo cuore, e seguì un boato
fragoroso.
L'istante successivo il colosso indietreggiò e i suoi pezzi si
smontarono, dipinti di un rosso di metallo fuso. Le parti del robot
caddero con assordanti rumori e il cuore della macchina esplose.
Il mago era di fronte al robot, a vederlo cadere.
Nella stanza e nell'edificio vi erano ancora le eco dell'esplosione e del
tuono.
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Il colosso cadde facendo tremare la terra e non si rialzò più.
Hons rimase immobile a guardare il suo nemico. Poi scagliò alti
lampi verso il soffitto e lasciò precipitare il soffitto sopra la sua testa.
Le pietre e gli ammassi metallici dei sistemi di sicurezza cambiarono
rotta e vennero scagliati lontano.
Hons stava ancora a guardare il suo nemico, spento.
Poi schizzò in volo. Uscì dal soffitto, e si diresse verso la volta
celeste.
Il suo scopo era salvare la sua donna, che era debole, quasi come
ogni umano.
Sorvolò le grosse mura che delimitavano la fortezza. Erano spesse
parecchi metri e le guardie al confine non avrebbero lasciato entrare
e uscire nessuno.
Dopo aver salvato la sua amata avrebbe dovuto fare qualcosa per
salvare anche gli altri.
Ma ci ripensò e prima di andare a cercare gli strumenti che gli aveva
chiesto Enric, si fermò davanti la cinta.
Se Enric avesse dovuto fuggire per qualsiasi motivo sarebbe stato
buono avere una via di uscita.
Voltò le spalle al muro, dalla sabbia del deserto generò copie di sé
stesso e le lasciò a vegliare sulla fortezza. Presto avrebbero dovuto
combattere e uomini di sabbia e ghiaia sono più resistenti di guardie
armate.
Dal vento e dal cielo il suono variò e divenne un sibilo. Un raggio di
energia colpí il muro e si espanse, facendo cadere i mattoni e le
sbarre metalliche, il muro venne spinto tanto forte che precipitò
sollevando un grande polverone. In mezzo a tutta quella confusione
si sentirono le grida delle guardie che si erano accorti della
stranezza, ed erano pronti a reagire.
I corpi di sabbia si buttarono nella mischia e spensero ogni forma di
vita.
Intanto il mago era schizzato ancora via. In direzione delle stelle.
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Note sull'autore
L’autore De Gurò è appassionato di
scrittura, disegno, musica e
fotografia. Nasce nel 1993 e all’età di
undici anni comincia a scrivere
storie per ragazzi. Ora ha
ventidue anni e continua a
scrivere.
Sin da giovane pubblica
racconti per vari editori,
tra cui Quando la luna
piena e Un tesoro in
giardino, ottenendo buoni riscontri.
Il nome d’arte De Gurò è uno pseudonimo derivante
dalle iniziali del suo nome.
Pagina Facebook: De Gurò Book News
E-Mail di contatto: [email protected]
Sito Internet: deguro.net
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