APRI - VULNOLOGIA

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APRI - VULNOLOGIA
RASSEGNA CLINICA
Il controllo del dolore e dei sintomi nel paziente oncologico anziano terminale
Pain and symptoms management for terminally ill elderly cancer patients
Sonia Baruffi, Franco Lombardi, Maurizio Mattioli, Maria Teresa Vitale, Dario Cova
Unità Operativa di Oncologia Geriatrica Centro di Gerofarmacologia e
FarmacovigilanzaCentro per lo Studio e il Trattamento del Dolore Cronico
nell'AnzianoIstituto Gerontologico Pio Albergo Trivulzio, Milano
Riassunto
La sintomatologia dei pazienti in fase terminale appare indipendente dall'età e dal tipo di
patologia d'origine; in età geriatrica sono presenti sintomi aggiuntivi correlabili alla
comorbidità che comportano un'ulteriore attenzione rivolta al miglioramento della qualità
di vita.
Il dolore fisico è l'evento prevalente nei pazienti oncologici terminali; negli ultimi anni è
stato dato grande rilievo alla terapia medica dei sintomi della fase terminale mediante
l'utilizzo mirato di farmaci da tempo in uso, la formulazione di forme farmaceutiche
specificamente adottate, l'introduzione di meccanismi di somministrazione semplici ed
efficaci.
Nell'ambito di un'attenta valutazione individuale prognostica e di vantaggio sulla
complessiva qualità di vita, devono essere prese in considerazione, come possibilità
palliative, anche opzioni terapeutiche, quali chirurgia, ormonoterapia, radioterapia,
aventi come end point non tanto l'eradicazione della malattia quanto il ritardo della
comparsa dei sintomi, il controllo della loro intensità e quindi un significativo
miglioramento della qualità di vita.
Parole chiave: Qualità della vita, cure palliative, dolore neoplastico, pazienti terminali
Summary
Symptoms in terminally ill cancer patients have been found to be unrelated to their age
and initial diseases. In the elderly, additional symptoms that can be associated to comorbidity call for greater attention to be given to the improvement of the patients' quality
of life. Physical pain is the main problem in terminally ill cancer patients.
Over the past few years, therapies have been increasingly focused on the reduction of
symptoms in the final stages of cancer, by means of the targeted use of longestablished drugs, the development of new specifically adjusted drugs, the introduction
of simple and effective administration methods.
In the framework of a careful assessment of the benefits for the overall quality of life of
individual patients and prognosis-focused evaluations, therapeutic options such as
surgery, hormonotherapy and radiotherapy must be taken into account as possible
palliative treatments.
Their end point should be not so much curing the disease as postponing the
appearance of symptoms and reducing their intensity, thereby obtaining a significant
improvement of the patients' quality of life.
Key words: Quality of life, palliative care, cancer pain, terminally ill patients
"Lo scopo del prendersi cura della fase terminale della malattia è di aiutare il paziente,
nonostante il tumore e l'incremento delle limitazioni fisiche, a ottenere una buona qualità
di vita fino alla sua morte" (Twycross).1
La specificità del trattamento della fase terminale è proprio nel prendersi cura, dove la
diagnosi e la terapia sono solo una parte non sempre prevalente, spesso subordinata al
"dolore globale", del paziente e del suo ambito sociale.
Non vi sono specificità farmacologiche o terapeutiche diverse da una buona pratica
medica: la differenza è nel perché e quindi nel come applicarle, etica che d'altra parte
dovrebbe riguardare ogni atto terapeutico.
Quindi sarà essenziale il riconoscimento del singolo momento della storia clinica del
paziente, quanto del suo vissuto con la malattia e a quel target adeguare i
comportamenti e la risposta assistenziale.
I bisogni o i sintomi, che in altre situazioni patologiche possono essere secondari,
possono divenire nel malato terminale priorità assolute.
Banali difficoltà operative, quali la ricettazione di un farmaco, possono essere ostacoli
condizionanti la qualità di vita.
Di essa prioritariamente fa parte il continuativo controllo del dolore e dei sintomi
disturbanti ma anche le scelte terapeutiche o diagnostiche adeguate al momento: la
sospensione del trattamento antibiotico, l'astensione da terapie di conforto morale (es.
"idratazione") a favore di un colloquio rassicurante e realistico, l'astensione da
accertamenti, anche ordinari, di conferma di quanto noto o clinicamente evidente e
soprattutto che non comportino, già alla prescrizione, alcun vantaggio al modo di vivere
del paziente.
La farmacocinetica quanto la farmacodinamica presentano le caratteristiche specifiche
dell'invecchiamento d'organo, con variazioni dell'emivita dei farmaci (es.prolungamento
dell'emivita degli oppiacei) e possibili maggiori tossicità (per esempio gastrica da FANS)
e risentono di fattori direttamente correlati alla neoplasia (Tabella 1).
La sintomatologia dei pazienti in fase terminale appare comune, indipendente da età e
tipo di patologia d'origine; in età geriatrica, tuttavia, sono presenti sintomi aggiuntivi,
correlabili alla frequente comorbilità (incontinenza, alterazioni cognitive, patologie
specifiche preesistenti).
Queste considerazioni, associate all'osservazione che spesso il processo terminale
nell'anziano può essere vissuto come fisiologico e quindi il suo trattamento trascurato,
comportano un'ulteriore particolare attenzione rivolta al miglioramento della qualità di
vita del paziente geriatrico oncologico terminale con aggiustamento dell'ascolto dei
bisogni e della loro cura.
Tabella 1
Fattori condizionanti il livello plasmatico dei farmaci:
modificazione nei pazienti anziani con tumore avanzato
Compressione del tratto gastroenterico da masse tumorali
Tumori gastrointestinali
Vomito
Alterazioni delle mucose correlate alla somministrazione di
farmaci
Versamenti pleurici o addominali
Alterazioni circolatorie da compressione vascolare
Metastasi epatiche
Tossicità epatica o renale da sostanze rilasciate dal tumore o
da chemio-radioterapia
Compressione su organi coinvolti nel catabolismo
Clinica del Paziente anziano terminale
E' esperienza comune che il dolore fisico è il sintomo prevalente nei pazienti oncologici
terminali (fino all'87 per cento nell'ultimo anno di vita) anche se esso appare
significativo come entità nel 50 per cento dei pazienti e di difficile trattamento solo nel
10 per cento.2
In 100 pazienti oncologici avanzati sono stati rilevati 303 distinti "dolori"; nell'80 per
cento dei casi il paziente ne riferiva più di uno, nel 34 per cento quattro o più. Il 91 per
cento dei pazienti aveva dolore direttamente provocato dal tumore, il 12 per cento dal
trattamento, il 19 per cento solo indirettamente dal tumore (stipsi, accentuazione
artralgie da osteoartrosi"). Il 39 per cento da cause diverse dal tumore.1
Un buon controllo del dolore non può prescindere dall'osservazione che il dolore riferito
dal paziente trova una genesi definita sul piano organico ma la sua dimensione (entità e
invalidità provocata) è la sommatoria del primo con la percezione individuale di esso,
condizionata dal vissuto specifico e generale dell'individuo e dal contesto di
problematiche ordinarie (legate alla vita) e straordinarie (legate alla particolare malattia).
Una semeiotica precisa del dolore comporta un'anamnesi attenta ed un altrettanto
attento esame obiettivo, con la presentazione della documentazione diagnostica già
raccolta durante la fase "curativa" della malattia: tale banale approccio, in un setting nel
quale non è necessario una misurazione precisa della malattia ed è implicita la sua
progressione, permette la definizione eziologica della sintomatologia (viscerale,
somatica, neuritica) nella maggioranza dei casi e quindi l'approccio farmacologico e
terapeutico migliore.
Dell'anamnesi del dolore devono far parte anche tempi e modi di insorgenza del dolore
e la sua quantizzazione con modalità semplici, soggettive (quali la percezione del
dolore) e riproducibili, delle quali l'esempio più efficace è la VAS (Visual Analogue
Scale).
Stesse procedure possono e devono essere rivolte agli altri sintomi, anche non correlati
o preesistenti alla malattia terminale (Tabella 2).
Questa valutazione complessiva dei sintomi permetterà, oltre alla loro cura, anche
l'adeguamento dei vari approcci terapeutici, riducendo, per aggregazione, la tipologia e
la frequenza di somministrazione, la miglior via di somministrazione, il non
peggioramento di un sintomo per il controllo di un altro.
Tabella 2
Sintomi prevalenti nel paziente oncologico anziano
terminale
Dolore
Problemi gastroenterici:
nausea
disfagia
anoressia
stipsi
diarrea
Malnutrizione
Problemi urinari
Lesioni da decubito
Disturbi respiratori:
dispnea
tosse
Cura dei sintomi: terapia medica generale
La terapia medica dei sintomi della fase terminale ha avuto negli ultimi anni una grande
attenzione con l'utilizzo mirato di farmaci da tempo in uso, la formulazione di forme
farmaceutiche specificamente adattate, l'introduzione di meccanismi di
somministrazione semplici ed efficaci.
In particolare si è diffusa la cultura dell'anticipazione del sintomo più che della sua cura:
questo concetto riguarda in particolare il dolore il cui anticipo diviene essenziale, oltre
che per la qualità di vita generalmente intesa, per l'innalzamento della sua soglia.3
Nella classe degli antinfiammatori non steroidei sono state introdotte molte molecole
innovative, soprattutto in relazione ad una riduzione della tossicità, tuttavia con pochi
miglioramenti, nel campo specifico, della loro efficacia e tollerabilità sul lungo periodo di
trattamento.
E' possibile che paracetamolo e indometacina rimangano, utilizzati a dosi terapeutiche
e, per la seconda, con protettori della mucosa gastrica quali il misoprostol, i riferimenti
del primo passo della terapia antalgica con un ottimo compromesso fra efficacia e
tossicità.
In particolare il trattamento con FANS, quindi con azione prevalentemente nella sede
del dolore, trova indicazione nelle algie di origine somatica (soprattutto ossea) e come
complementare agli analgesici superiori (agenti prevalentemente sulla percezione del
dolore) in ogni tipo di dolore.4
Gli analgesici maggiori hanno il loro capostipite nella morfina, che per efficacia e ottimo
profilo di tossicità risulta l'oppiaceo di prima scelta, quando si sia definitivamente
chiarito che la dipendenza riguarda solo minimamente il paziente oncologico e la
tolleranza è un problema secondario o addirittura inesistente rispetto alla evolutività del
dolore neoplastico (Tabella 3).5
Non devono essere dimenticati alcuni effetti collaterali della morfina che nel paziente
terminale si trasformano in effetti terapeutici (probabilmente con l'unica eccezione della
stipsi): riduzione delle secrezione bronchiali (efficace su rantolo agonico quanto sulla
tosse), effetto euforizzante o sedativo dose-dipendente, inibizione dei centri del respiro
(riduzione della dispnea).
Le principali innovazioni riguardano formulazioni farmacologiche, disponibilità
commerciale di prodotti prima galenici e di farmaci ad azione oppiacea con formulazioni
adeguate al trattamento del dolore cronico.6
La morfina solfato a lento rilascio ha permesso una terapia cronica con un minimo di
somministrazioni (generalmente 2, comunque non più di 3) e una sicura e rapidamente
adeguabile copertura analgesica, ridotta tossicità, anche da accumulo (risolvibile con la
sospensione di una dose e la ripresa a livelli adeguati); la morfina solfato a pronta
azione per via orale permette oggi (in forma standardizzata, non galenica) la terapia
personalizzata del dolore incidentale con il successivo aggiustamento della dose di
quella a lento rilascio ed il trattamento anche di pazienti con problemi di deglutizione
(comunque possibile anche con una formulazione a lento rilascio in capsule apribili).
Infine, di grande rilevanza è stata l'introduzione in commercio di nuove formulazioni di
un comprovato farmaco oppiaceo di sintesi utilizzato in anestesiologia: il fentanyl.
La sua formulazione in cerotto a lento rilascio permette una applicazione ogni 72 ore a
dosaggi variabili espressi in mcg/ora, quella transmucosa (lecca-lecca) la copertura del
dolore incidentale senza l'utilizzo di una sostanza diversa e quindi una miglior
valutazione del dosaggio di base necessario.
Un'ulteriore opportunità nel trattamento cronico del dolore è stata data dalla
elaborazione e dalla disponibilità commerciale di presidi per l'infusione continua di
farmaci che assieme alla sicurezza presentassero anche caratteristiche di semplicità
d'uso ed economicità: pompe peristaltiche a programmazione elettronica e pompe
elastomeriche.
Le prime permettono un alto livello di programmabilità e un'elevata affidabilità
controbilanciate da un elevato costo; le seconde offrono la semplicità d'uso, il costo
contenuto, l'assenza di manutenzione a fronte della non riutilizzabilità.
Entrambe le soluzioni tecniche permettono somministrazioni continue sottocutanee,
endovenose e intratecali oltre alla possibilità di boli a richiesta ma controllati.
Un'utile integrazione al controllo del dolore neuritico può essere l'associazione con
antidepressivi (amitriptilina, trazodone) a basse dosi o di antiepilettici (carbamazepina,
gabapentin).
L'intervento medico sugli altri sintomi deve rispondere agli stessi principi utilizzati per il
dolore: copertura e anticipazione completa del sintomo con l'utilizzo di farmaci
normalmente utilizzati a dosi terapeuticamente efficaci, con il minimo delle
somministrazioni possibile e vie di accesso minimamente invasive per qualità e
numero.7
Solo poche condizioni possono presentare peculiarità di indicazioni al trattamento: ad
esempio la scopolamina (commercialmente s.butilbromuro + metamizolo sodico per via
parenterale o s. transdermica) per la riduzione delle secrezioni bronchiali e quindi del
rantolo tracheale, l'octreotide (a pronto o prolungato rilascio) per la riduzione delle
secrezioni gastrointestinali e quindi della necessità di SNG nelle occlusioni del tratto
gastroenterico.
Ormai scientificamente priva di motivazioni è la "idratazione" forzata con fleboclisi del
paziente in fase terminale avanzata, più rispondente all'esigenza del medico e dei
famigliari di "fare qualcosa" che all'esigenza del paziente, la cui cenestesi non sarà
variata da questo approccio se non dall'esasperante ricerca di un accesso venoso
stabile. Ugualmente non vi è alcuna prova dell'utilità sui sintomi terminali del trattamento
emotrasfusionale, d'altra parte utile fase del supporto sintomatico.
Al contrario, pare dimostratamente efficace l'ossigenoterapia sul controllo della dispnea
terminale, indipendentemente dalla situazione ossimetrica.
La disponibilità e l'esperienza ormai acquisita con sistemi di cateterizzazione venosa
centrale a lunga durata, totalmente impiantabili (con Port) o esterni (es.Groshong),
devono far considerare, durante la fase curativa e/o di supporto, il loro impianto per le
indicazioni allora attuali ma anche con la consapevolezza di garantire un accesso
terapeutico sicuro e non invasivo nelle fasi finali della malattia.
Per quanto riguarda il controllo del dolore, il ruolo di un trattamento invasivo (neurolitico
o neurolesivo) si è progressivamente ristretto a indicazioni precise e definite, per lo più
in fase palliativa, giustificate dal fallimento della terapia medica sistemica.
Devono essere ricordati quindi, sempre come ipotesi secondaria, i blocchi dei plessi
nervosi (celiaco, trigeminale) e i blocchi radicolari con la loro efficacia ma anche la
possibile temporaneità, invasività, per quanto minima e l'evenienza di effetti collaterali
invalidanti.
Più ampia è da considerare l'indicazione all'utilizzo di sistemi impiantabili,
completamente (Port) o parzialmente, in sede intratecale per l'infusione continua di
farmaci analgesici con efficacia metamerica (peridurale) o a livello di tutto il sistema
nervoso centrale (subaracnoidea).
La gastrostomia percutanea endoscopica, soprattutto quando i tempi della scelta siano
precoci rispetto all'evoluzione attesa della malattia, è una scelta adeguata volendo
garantire un'alimentazione completa senza l'invalidità di un sondino naso-gastrico a
permanenza o di un'alimentazione parenterale totale. La stessa procedura può essere
considerata, assieme al SNG e all'octreotide, per l'ostruzione enterica irreversibile.8
Per definizione, nessun ruolo può essere delegato alla chirurgia nella fase terminale
propriamente detta: tuttavia, sempre in un'attenta valutazione individuale prognostica e
di vantaggio sulla complessiva qualità di vita, essa deve essere presa in considerazione
come possibilità palliativa in particolare a livello ortopedico (stabilizzazione di fratture o
situazioni ad alto rischio), neurologico (decompressione midollare, valutando però che
radioterapia e corticosteroidi possono ottenere risultati simili a distanza), gastroenterico
(digiunostomia per nutrizione, by-pass di masse neoplastiche).
Tabella3
Dosi equianalgesiche dei farmaci oppioidi
Somministrazione
intramuscolare
Morfina
Somministrazione orale
Codeina
Idrocodone
Idromorfone
Levorfanolo
Meperidina
Metadone
Morfina
Ossicodone
Somministrazione
transdermica
Fentanyl
Morfina
Dose (mg)
10
Dose
200
40
7.5
4
300
20
60
30
Dose
25 mcg/ora
45-135 mg/die p.o.
Ormonoterapia, chemioterapia e radioterapia di palliazione
Ormonoterapia: Indubbia appare l'efficacia terapeutica delle manipolazioni ormonali nei
tumori ormonosensibili (mammella, prostata, endometrio), non solo nei confronti del
controllo della malattia ma anche dei sintomi ad essa correlati ed in particolare sul
dolore da metastasi ossee e da infiltrazione locale.
La semplicità di assunzione (somministrazione unica) e il buon indice terapeutico di
farmaci quali il tamoxifene, l'anastrozolo, la bicalutamide, gli LHRH analoghi, fanno sì
che possano essere continuati anche in fase avanzata di malattia.
I corticosteroidi possono avere il loro ruolo nel paziente terminale sia per gli effetti
terapeutici antinfiammatori (antiedema e analgesico) che per quelli anabolizzanti (con
complessivo miglioramento della cenestesi): a quest'ultimo fine hanno indicazione
anche i farmaci progestinici (medrossiprogesterone e megestrolo acetato).
I corticosteroidi potrebbero conservare, pur senza una dimostrazione statistica, la loro
attività palliativa anche nella fase strettamente terminale per il controllo della dispnea e
come coadiuvanti nel trattamento analgesico.
Chemioterapia: Se non vi è spazio per tale approccio terapeutico nelle fasi finali della
malattia, vi è un ruolo specifico del trattamento antiblastico a scopo sintomatico anche
quando l'intento diviene definitivamente palliativo: la conferma viene dagli end point
della sperimentazione di nuovi farmaci o di nuovi protocolli, riconosciuti non tanto nella
risposta della malattia o nella sopravvivenza, quanto nella sua non progressione, nel
ritardo della comparsa di sintomi e nella loro intensità, nella qualità complessiva di vita
(ad esempio: irinotecan, 5-fluorouracile e folati nel tumore del colon-retto).
Radioterapia: La radioterapia ad alte energie trova indicazione elettiva nel trattamento
del dolore da metastasi ossee: l'indicazione deve tener conto della necessità di
mobilizzazione del paziente, la dose e il suo frazionamento dell'intenzione del
trattamento (controllo antalgico a breve, controllo più lungo con stabilizzazione).
Queste decisioni devono essere assunte sulla valutazione prognostica e sulle
condizioni di mobilizzazione del paziente e sulla sua situazione logistica.
Con valutazioni simili il controllo del dolore da localizzazioni ossee da carcinoma
prostatico o mammario può essere ottenuto con radioisotopi (stronzio 89), trattamento
da considerasi non definitivo nel tempo e con possibile tossicità midollare.
Tabella 4
WHO definition of palliative care
L'obiettivo della cura palliativa è il raggiungimento della
migliore qualità di vita possibile per il paziente e la sua famiglia.
Molti aspetti della cura palliativa sono applicabili anche in fasi
precoci del decorso della malattia, insieme ai trattamenti
antitumorali.
La cura palliativa:
Afferma la vita e considera il morire come un normale
processo;
- Non combatte né rinvia la morte;
- Provvede sollievo dal dolore e da altri sintomi disturbanti;
- Offre un sistema di supporto per aiutare il Paziente a vivere
attivamente il più a lungo possibile fino alla morte;
- Offre un sistema di supporto per aiutare la Famiglia a far
fronte alla sofferenza del Paziente e al proprio lutto.
La radioterapia, la chemioterapia e la chirurgia hanno un ruolo
nella cura palliativa, nel momento in cui i benefici sintomatici
del trattamento siano chiaramente superiori agli svantaggi.
Le indagini diagnostiche sono limitate al minimo indispensabile.
Conclusioni
Il titolo del primo capitolo del testo "The Management of Terminal Disease" edito da
Cicely M. Saunders negli anni Settanta, tutt'oggi sintetizza efficacemente la
problematica del "quando non c'è più nulla da fare" ormai divenuta ordinaria, almeno
formalmente, nell'ambito sanitario, assistenziale, politico e amministrativo.10
Il contratto con il paziente deve prevedere una cura totale per un dolore globale ("total
pain") ognuna delle cui componenti (fisica, psicologica, spirituale, sociale, economica)
deve essere considerata, rispettata e supportata se non affrontata e risolta.
Questo è l'indirizzo generale contenuto nella definizione dell'Organizzazione Mondiale
della Sanità di "cura palliativa" (palliative "care").
Per l'obbiettivo di una morte umanamente adeguata, dignitosa, per una malattia non
guaribile è necessario prioritariamente riconoscere il momento in cui questa realtà
diviene concreta: questa attenzione deve essere continuativa nel percorso di diagnosi e
cura.8 L'obiettivo di un trattamento adeguato è percorribile riconoscendone gli obiettivi: il
controllo dei sintomi e non della malattia, la "qualità di vita" (terminologia che nell'uso
spropositato non deve perdere il suo significato sostanziale e individuale per il
paziente), il supporto delle esigenze esistenziali, sociali e psicologiche.
Bibliografia
1) Swerlow M, Ventafridda V.Cancer Pain. 1986.
2) Cartwright A, Hockey L, Anderson JL. Life Before Death. London, Routledge &
Kegan Paul. 1973.
3) Baruffi S, Bosia R, Lombardi F, Cova D. Il controllo del dolore nel paziente anziano.
Geriatric & Medical Intelligence "Medicina e Anziani" 2001;2(10):89-104.
4) NCCN. Cancer Pain Guidelines. National Comprehensive Cancer Network. 1999.
5) Billings JA. Outpatient Management of Advanced Cancer. J.B. Lippincott Company,
1985.
6) Vignotto F, De Luca A, Bertetto O, Ciuffreda L. Corso di Perfezionamento in Cure
Palliative. Scienza Medica, 2002.
7) Marrelli TM. Hospice and Palliative Care Handbook. Mosby. 1999.
8) Regnard CFB, Tempest S, Toscani F. Manuale di Medicina Palliativa. CIS Editore.
9) Ripamonti C. Sintomi gastrointestinali nei pazienti con cancro avanzato e terminale.
Quaderni di Cure Palliative 1999;7(4):215-223.
10) Saunders CM. The Management of Terminal Disease. Edward Arnold Ltd, 1978.