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La salute come capacità di adattamento | 1 di Giovanni Baglio ed Enrico Materia La salute non è uno “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale”, ma la capacità di adattarsi all’ambiente circostante. A riaprire la discussione è la rivista The Lancet che, in un recente editoriale, ha proposto di rivisitare la definizione adottata dall’OMS nella sua costituzione[1]del 1946, a partire dalle riflessioni contenute nel saggio di Georges Canguilhem “Il normale e patologico”, di tre anni precedente quella storica formulazione. L’opera di Canguilhem epistemologo e medico, maestro e amico di Michel Foucault, rappresenta un contributo di grande interesse per la filosofia della scienza. Nelle conclusioni alla sua opera[2] l’autore riafferma con forza la centralità della malattia nella definizione dei concetti di salute e di normalità: “È innanzitutto perché gli uomini si sentono malati che vi è una medicina”. Tale posizione è in radicale antitesi rispetto alla medicina positivistica, secondo cui la comprensione del patologico si dà nella sola variazione quantitativa, nello scarto dai valori medi della distribuzione statistica dei parametri biologici (intervallo di normalità). Diversamente, per Canguilhem quello che conta non è l’elemento anormale di per sé, quanto piuttosto l’anomalia percepita qualitativamente come limitazione funzionale, svantaggio, pathos. La vita, osserva il filosofo francese, non è indifferente alle condizioni nelle quali essa è possibile; al contrario, vivere significa esprimere preferenze, polarità, valori: e dunque non può esistere un metodo “esterno” in grado di qualificare come patologico un fenomeno biologico, ma è sempre il riferimento all’individuo malato, al suo vissuto di sofferenza. In questa prospettiva, il concetto di malattia rimanda in essenza alla diminuita vitalità e alla perdita di funzione, mentre la salute diviene definibile solo secondariamente: è l’anormalità, in definitiva, a far nascere l’interesse teoretico per la normalità[3]. Fin qui, Georges Canguilhem. Ma perché una simile discussione viene riproposta oggi da una rivista tra le più autorevoli a livello internazionale, e quali implicazioni può avere per la filosofia della medicina? Un punto indicato da Lancet[4]come particolarmente rilevante è il riferimento alla “capacità di adattamento” degli esseri umani al proprio ambiente; e alla salute non Scaricato da Saluteinternazionale.info La salute come capacità di adattamento | 2 più come entità fissa, ma dipendente dal contesto, dalle preferenze delle singole persone malate, dalle diverse circostanze e opportunità: la salute non più definita dal medico, che diventa partner nel far emergere i bisogni, ma dal paziente in relazione alle sue capacità funzionali. Una tale visione richiama apertamente la questione dell’assistenza centrata sulla persona (“person-centred” care), ripresa anche dall’ultimo World Health Report (2008)[5] e sempre più evocata in riferimento a una riorganizzazione dei servizi sanitari che sappia compiersi nel pieno rispetto dei diritti e della dignità dell’uomo[6]. Il concetto stesso di adattamento è oggi di uso comune tra le discipline biomediche. L’idea di plasticità evolutiva, derivante dalla nozione ben nota in biologia che un determinato genotipo può dare origine a differenti fenotipi, è divenuta cruciale per spiegare la programmazione biologica nelle prime fasi della vita come risposta adattativa del feto agli stimoli ambientali – alle “previsioni del tempo”, si potrebbe dire, trasmesse dalla madre al piccolo sul mondo esterno[7]; e per rintracciare l’origine in utero delle malattie degenerative dell’adulto. L’aumentato rischio di malattie cardiovascolari e di diabete tipo 2 (non-insulino dipendente) avrebbe origini prenatali, in conseguenza della risposta adattativa, ormonale e metabolica, a uno stato di insufficiente nutrizione[8]. Anche il concetto di resilienza, ossia il processo dinamico di adattamento positivo degli individui o delle comunità al persistere di condizioni avverse, sta ricevendo sempre più attenzione in sanità pubblica[9]. A ben considerare, la capacità di adattarsi all’ambiente circostante è una delle caratteristiche dei sistemi complessi, quali si considerano gli organismi viventi e le organizzazioni sociali. Altre caratteristiche di tali sistemi adattativi sono l’elevata capacità di auto-organizzazione e la coesistenza di semplicità e determinismo a un certo livello di organizzazione, e di caos e imprevedibilità a un altro. Non si tratta di idee del tutto nuove, ma di approcci di pensiero che – come nel caso di Canguilhem e del suo discorso su normale e patologico – sono stati riscoperti e adattati nelle ultime decadi[10]. Queste riflessioni avvengono nell’ambito di una prospettiva culturale esprimibile con il termine “complessità” che, secondo alcuni storici delle idee, rappresenta un vero e proprio cambio di paradigma della conoscenza, verificatosi in coincidenza con la crisi della Modernità[11,12]. Quest’ultima è stata l’impalcatura che ha sostenuto il positivismo scientifico e impregnato la cultura per più di tre secoli, da Cartesio e Newton fino ai nostri giorni. Tratti distintivi della Modernità sono stati il primato della scienza e del Scaricato da Saluteinternazionale.info La salute come capacità di adattamento | 3 pensiero logico-matematico, e la ricerca di un Metodo oggettivo in grado di separare il sapere scientifico dalle altre forme di pseudo-conoscenza; nell’era Moderna, l’uomo e la sua Ragione si sono scoperti al centro del mondo e hanno preso a governarlo nel segno dell’efficienza per la specie umana[13]. La complessità rappresenta oggi non solo la scienza che si occupa dei sistemi adattativi complessi[10], ma soprattutto il mutato umore culturale, lo spirito del tempo, in cui prevale l’attenzione per il contesto, la molteplicità e l’integrazione, l’interdipendenza e l’incertezza[13]. C’è un ulteriore passaggio nel pensiero di Canguilhem che possiamo cogliere in stretto rapporto con la riflessione in corso sulla complessità: l’irriducibilità della realtà al riduzionismo quantitativo dell’approccio scientifico tradizionale. A questo proposito è utile fare riferimento alle nuove teorie sulla definizione di malattia intesa come “insieme” dai contorni sfumati (fuzzy set), in cui la demarcazione quantitativa tra normale e patologico rimane indefinita, incerta[14]. La medicina sembra perdere il suo status di scienza positiva[15] per divenire una sapienza pratica, che si approssima a genere letterario, a narrazione di storie sovrapposte di pazienti, medici e test diagnostici[16]. Non siamo più così sicuri che Dio al momento della creazione del mondo conoscesse la matematica, e che questa sia davvero la lingua in cui è scritto il libro del cosmo, come predicava Galileo. Nell’universo di instabilità e fluttuazioni, che sono all’origine dell’incredibile abbondanza di forme e strutture che vediamo nel mondo intorno, e che caratterizzano la vita, vi è piuttosto bisogno di nuovi concetti e nuovi strumenti per descrivere una natura in cui trasformazione e pluralità sono divenute le parole fondamentali[17]. In questa prospettiva, anche la definizione di salute dell’OMS, pur se comprensiva e improntata alla dimensione sociale e contestuale, richiede un aggiornamento o meglio un ritorno al futuro. Proprio mentre lo stesso concetto di definizione si avvia forse verso un adattamento semantico… Bibliografia WHO. Constitution of the World Health Organization. 2006. [PDF: 327 Kb ] Canguilhem G. Il normale e il patologico. Torino: Einaudi, 1998. Miller J. La Passione di Michel Foucault. Milano: Longanesi, 1994. Scaricato da Saluteinternazionale.info La salute come capacità di adattamento | 4 Anonymous. What is health? The ability to adapt. 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