raccolto - Livio Senigalliesi Fotoreporter

Transcript

raccolto - Livio Senigalliesi Fotoreporter
Sembrano immagini
del terzo mondo.
Invece siamo in
Puglia, in Calabria, fra gli
immigrati che lavorano
nella nostra agricoltura.
Amaro
raccolto
In Calabria, alcuni lavoratori stagionali stranieri davanti al casolare diroccato dove alloggiano, sprovvisto
sia di servizi igienici sia di acqua corrente. Circa i due terzi di questi lavoratori vive in dimore di fortuna.
di Stefania Martorelli
Fotografie di Livio Senigalliesi
All’alba, nelle strade
di Rosarno (RC), alcuni
immigrati attendono
di essere scelti per il
lavoro nei campi. Se
invece non vengono
presi, tornano a
“casa”, che quasi
sempre è un rifugio di
fortuna (a sinistra).
Sul bancone del supermercato fanno
bella mostra sé, panciuti e colorati, gli
ultimi mandarini della stagione. A garanzia della loro qualità, il cartello ne indica
la provenienza: “Italia”.
Le braccia che li hanno raccolti, invece, provengono perlopiù dal Sudan, dall’Eritrea, e da altri paesi dell’Africa sub-sahariana; o forse ancora dal Maghreb, dall’India, oppure, in piccola percentuale, da paesi neocomunitari come
Bulgaria e Romania. Spesso fuggono da guerre, persecuzioni, sempre dalla
fame e dalla miseria. Ma questo, il cartello del supermercato non lo dice.
I lavoratori stranieri stagionali sono un ingranaggio fondamentale della nostra agricoltura, soprattutto al sud. D’inverno magari raccolgono mandarini e altri agrumi in Calabria e in Sicilia, poi, con la bella stagione, si
spostano in Puglia, o in Campania, per la raccolta dei pomodori. Ma sono,
nella stragrande maggioranza dei casi, irregolari, spesso in attesa di un permesso di soggiorno come rifugiati. Ma anche quando sono in Italia regolarmente, come i neocomunitari, lavorano perlopiù in nero. Non vivono
quasi mai in una casa, ma in strutture fatiscenti, senz’acqua né servizi igienici. Come tutte le persone prive di alloggio e mezzi di sostentamento, diventano una facile preda del circuito della manodopera illegale. L’unica
forma di assistenza arriva loro, spesso, da organizzazioni che siamo abituati a immaginare in paesi in via di sviluppo, non certo nella civile Italia che
siede al tavolo del G8: e cioè missionari (i Comboniani ad esempio sono
molto presenti in Campania), o onlus come Medici Senza Frontiere. Che,
4 nat i onal ge o g raphic • apr ile 2 009
A Rosarno, molti lavoratori stagionali immigrati hanno trovato alloggio
in una ex fabbrica abbandonata. L’unica fonte di calore per cucinare
e per riscaldarsi sono i falò che rendono l’aria irrespirabile. L’acqua viene
raccolta altrove, da fontane pubbliche o tubi di irrigazione. Sopra a
destra, un momento di relax dedicato alla lettura di giornali italiani.
6 nat i onal ge o g raphic • apr ile 2 009
nel 2002, ha aperto “Missione Italia” per offrire cure mediche e assistenza
sanitaria a questi lavoratori “invisibili”. Il rapporto sulle condizioni di questi lavoratori che la onlus ha stilato dopo alcuni anni di intervento, si intitola, molto significativamente, Una stagione all’inferno. «Le condizioni
drammatiche di chi lavora nelle coltivazioni e nelle serre, testimoniate dai
nostri operatori, hanno caratteristiche che di solito riscontriamo nel corso di crisi umanitarie in quei paesi il valore della vita dei più vulnerabili è
pressocché nullo», sostiene il capo missione Msf Antonio Virgilio.
«La giornata tipo di uno straniero impiegato come stagionale inizia verso le 4.30 del mattino quando si reca nei luoghi di reclutamento», racconta Riccardo, operatore Msf. «Piazze, incroci e strade sono il punto d’incontro
tra domanda e offerta di lavoro nero. Decine, a volte centinaia di stranieri
stazionano nella speranza di essere reclutati da un caporale o dallo stesso
proprietario terriero. Chi non viene scelto torna a “casa”».
Se “casa” si può chiamare una fabbrica abbandonata come quella che, a
Rosarno, in provincia di Reggio Calabria, ospita molti immigrati che lavorano alla raccolta di arance e mandarini nella Piana di Gioia Tauro. Varcata la soglia, gli occhi iniziano a lacrimare e la gola si stringe a causa dell’odore
quasi insopportabile e del fumo denso e acre che pervade tutto l’ambiente: i fuochi accesi per terra sono l’unica fonte di calore per riscaldarsi e per
cuocere il cibo di cui dispongono. L’inverno scorso, poi è stato particolarmente rigido e piovoso, anche in queste regioni di solito baciate da un clima mite. Loro se ne stanno sdraiati, su materassi lerci, avvolti nelle coperte
come fagotti, o raccolti attorno ai falò. È difficile trovare qualcuno che acfo ot lin e of s tory 7
In Puglia, un neonato dorme in una cassetta mentre la madre raccoglie
pomodori, come l’uomo a sinistra. La forte presenza di lavoratori stranieri
nella regione si spiega forse con la presenza dei centri di identificazione
di Borgo Mezzanone e Bari Palese, da cui escono molti richiedenti asilo
che vedono nel lavoro in campagna l’unica fonte di sopravvivenza.
8 nat i onal ge o g raphic • apr ile 2 009
fo ot lin e of s tory 9
A sinistra, la preghiera e, sopra, la preparazione del cibo. Chi chiede asilo può avere un permesso
temporaneo che però non consente di lavorare. Così, al 90% che, in attesa dello status di
rifugiato, non ha accesso a un centro di seconda accoglienza, non resta che il lavoro irregolare.
cetti volentieri di farsi fotografare: data la natura precaria della loro permanenza in Italia, il timore di essere identificati e cacciati è altissimo. «Sono
scappato dai conflitti in Sierra Leone e dopo 11 mesi sono arrivato a Lampedusa», racconta J., 26 anni. «Ero molto contento di raggiungere l’Europa, ho fatto domanda d’asilo ma è stata respinta. Da quattro anni sono
senza documenti, non ho un posto fisso dove vivere, mi sposto da un posto all’altro cercando lavoro, dormo in queste case abbandonate, in brutte
condizioni. Senza documenti non si può trovare lavoro, casa...».
Dopo una giornata di lavoro nel campi di 8-10 ore, per la quale percepiscono circa 25 euro (ma difficilmente lavorano per più di una decina di giorni ogni mese, e a volte non vengono pagati per niente), esposti agli agenti
tossici impiegati come pesticidi, è inevitabile che si ammalino. Secondo il
rapporto, il 62 per cento non dispone di servizi igienici, il 64 per cento non
ha accesso all’acqua corrente e deve percorre distanze considerevoli il raggiungere il punto di rifornimento più vicino, spesso tubi d’irrigazione o fontane pubbliche. Nel foggiano queste percentuali diventano ancor più
drammatiche: a non avere acqua corrente è il 79 per cento, il 93 non ha il
riscaldamento e il 75 per cento non ha servizi igienici. «Anche se in genere
arrivano in Italia in buone condizioni di salute, i lavoratori stranieri finisco10 nat i onal ge o g raphic • apr ile 2 009
no per ammalarsi a causa delle durissime condizioni di lavoro, e anche perché, quando ritornano dai campi, non dispongono né di acqua potabile da
bere, né luoghi asciutti e salubri in cui stare», conferma Virgilio.
Dal 1998, grazie alla legge Turco Napolitano, nel nostro paese l’accesso alle
cure mediche è garantito anche agli stranieri, regolari e irregolari. Ma di recente, un emendamento voluto dalla Lega potrebbe cancellare il divieto per
i medici di denunciare lo straniero clandestino che si rivolge a loro. L’accesso
al sistema sanitario nazionale, già raro da parte dei lavoratori stranieri stagionali rischia, per paura, di annullarsi del tutto. Alcune regioni, come la Puglia,
e molte associazioni professionali, hanno già annunciato che non si adegueranno. Ma cosa significa non fornire assistenza medica agli irregolari? «Una
norma del genere rischia di creare una situazione di grave emarginazione sanitaria», spiega Virgilio, «il che porterebbe sia alla creazione di circuiti di cura
paralleli, di cui sarebbero vittime soprattutto donne e bambini, che alla mancanza di controllo epidemiologico». E ciò avrebbe conseguenze anche sui cittadini italiani, esposti a malattie come tubercolosi e scabbia.
Vessati, sfruttati, perseguitati, coloro che portano frutta e ortaggi sulle nostre tavole sono, se le cose non cambiano, destinati a diventare sempre più invisibili. Pensiamoci, la prossima volta che sbucciamo un’arancia.
fo ot lin e of s tory 11
Molto tempo è dedicato a reperire l’acqua, quasi mai presente negli alloggi degli stagionali. Un problema
particolarmente sentito in Puglia, dove per riempire le taniche è spesso necessario percorrere lunghe distanze.