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Transcript

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Gli impatti del cambiamento climatico in Europa
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3.5 Ecosistemi terresti e biodiversità
3.5.1 Composizione delle specie vegetali
Messaggi chiave
•
•
•
•
Il cambiamento climatico durante le ultime tre decadi ha condotto alla
diminuzione nella popolazione delle specie di piante in diverse parti d’Europa.
La diversità delle specie è aumentata nelle zone europee di nord-ovest
a causa del movimento verso nord di specie termofile meridionali e dal
momento che gli effetti sulle specie tolleranti il freddo sono ancora limitati.
Alcune previsioni indicano un ulteriore movimento verso nord di molte
specie. Si stima che per il 2050 la distribuzione delle specie vegetali sarà
sostanzialmente influenzata dal cambiamento climatico.
Globalmente, un elevato numero di specie potrebbero estinguersi per i futuri
cambiamenti climatici. Inoltre, per la concomitanza con altri fattori correlati
(ad es. la frammentazione degli habitat), è probabile che aumenti il tasso
di estinzione; tutti questi fattori limiteranno le capacità di migrazione e di
adattamento necessari alle specie per rispondere ai cambiamenti climatici.
Fonte: www.bigfoto.
com, 2004.
Figura 3.17 Modifiche nelle frequenze di gruppi di piante adattate a condizioni “calde” e
“fredde” nei Paesi Bassi e in Norvegia
Norway
188
7–9
(warm)
6
5
520
196
2–4
(cold)
X
– 50
Ellenberg values
Ellenberg values
Netherlands
55
223
– 25
6–8
(warm)
5
165
115
54
4
1–3 27
(cold)
X
187
total
0
25
50
75
Change (%)
585
-5
0
5
10
15
Change (%)
Nota: Bassi valori sull’asse delle y rappresentano gruppi di piante che sono acclimatate a condizioni
fredde, alti valori sono gruppi acclimatati a condizioni calde (secondo i valori di Ellenberg). Nei Paesi
Bassi i periodi di riferimento per il confronto sono 1975-1984 e 1985-1999, in Norvegia i periodi
sono 1958-1961 e 2000-2002.
Fonte: Tamis et al., 2001; Often and Stabbetorp, 2003.
Rilevanza
Le specie vegetali sono in grado di crescere
e riprodursi solo all’interno di specifici
range di condizioni climatiche: al variare
di tali condizioni esse sono costre�e ad
ada�arsi o migrare. Per alcune di esse, in
particolare per quelle di elevate altitudini e
di aree se�entrionali, la migrazione è spesso
difficoltosa. Se entrambi i cambiamenti
non sono percorribili, le popolazioni
locali tendono ad estinguersi. Variazioni
nella composizione delle specie vegetali
in una certa area sono significativamente
influenzate dal cambiamento climatico e da
altri importanti fa�ori come le modifiche
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negli usi del suolo. Di conseguenza, la
diminuzione della ricchezza di specie
vegetali limita l’intera biodiversità, potendo
condurre ad una diminuzione della stabilità
degli ecosistemi e minacciando i relativi
prodo�i e servizi (ad es. nella fornitura di
essenze vegetali per medicinali). Inoltre,
modifiche nella distribuzione delle specie
vegetali, e quindi nella composizione
della vegetazione a scala regionale,
potrebbero avere conseguenze sul sistema
climatico. Ad alte latitudini, ad esempio,
la sostituzione degli arbusti della tundra
con alberi può determinare un effe�o non
trascurabile sul bilancio della radiazione
solare (specialmente in situazioni di
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Gli impatti del cambiamento climatico in Europa
copertura nevosa), che a sua volta tenderà
probabilmente a facilitare il cambiamento
climatico a scala regionale e globale.
ATEAM; h�p://www.pikpotsdam.de/ateam/)
Il livello con il quale si verificheranno i
cambiamenti nelle specie vegetali potrebbe
essere frenato a�raverso opportune politiche
(IPPC, 2001b; CBD, 2003). Un network di
aree prote�e (quale, in Europa, Natura 2000)
potrebbe ad esempio prevenire un certo
declino nella ricchezza delle specie qualora
le aree fossero gestite con successo.
In molte parti del mondo, Europa inclusa,
si è modificata la composizione delle specie
ed il tasso di estinzione è diventato tra
100 e 1000 volte più alto delle condizioni
definite normali (IPCC, 2002; Hare, 2003).
Sebbene tale situazione sia principalmente
causata dalla frammentazione del paesaggio
e dalla distruzione degli habitat, alcuni
studi mostrano un’alta correlazione tra le
variazioni nella composizione delle specie
vegetali ed i cambiamenti climatici (Hughes,
2000; Pauli
Trend osservati
E’ modesta l’incertezza esistente sulla
risposta delle specie vegetali al cambiamento
climatico. Esiste una diffusa carenza di
informazione in Europa circa gli effe�i del
fenomeno sulla diversità delle specie. Alcuni
recenti proge�i forniscono in questo senso
nuovi dati (ad esempio il proge�o Monarch
del Regno Unito; h�p://www.eci.ox.ac.
uk/biodiversity/monarch.html; il proge�o
Mappa 3.8
et al., 2001; Parmesan and Yohe, 2003). Tale
alta correlazione si basa sul fa�o che il clima
determina in definitiva la distribuzione delle
piante, la frequenza dei disturbi naturali,
come gli incendi delle foreste (ad esempio
Distribuzione di specie stabili nel 2010, comparate con il 1980
50˚
40˚
30˚
20˚
10˚
0˚
10˚
30˚
50˚
60˚
70˚
80˚
50˚
80˚
40˚
70˚
60˚
30˚
60˚
60˚
50˚
50˚
50˚
40˚
40˚
10˚
0˚
10˚
20˚
30˚
40˚
Nota: Percentuale del totale del numero di specie nel 1990. Lo scenario di cambiamento climatico
qui utilizzato è di entità modesta (riscaldamento globale di 3 oC, di 3.3 oC in Europa).
Fonte: Bakkenes et al., 2004.
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Gli impatti del cambiamento climatico in Europa
nell’Europa meridionale ed in Russia), la
disponibilità di nutrienti determinata dai
cambiamenti nella composizione dei suoli.
Durante i passati decenni si è osservata
un’estensione verso nord di specie vegetali
dovuta all’incremento delle temperature
(CBD, 2003; Parmesanv and Yohe, 2003).
Alcune tra le comunità vegetali artiche e
della tundra sono state sostituite da alberi
ed arbusti nani (Molau e Altalo, 1998).
Nell’Europa di nord-ovest, ad esempio
nei Paesi Bassi (Tamis et alii, 2001), nel
Regno Unito (Preston et alii, 2002) e nella
Norvegia centrale (O�en e Stabbetorp,
2003), sono state riscontrate specie termofile
(necessitanti calore) con molta più frequenza
rispe�o a 30 anni fa (nei Paessi Bassi circa
il 60% più frequenti). Al contrario, si è
registrata una lieve flessione nella presenza
di specie tolleranti il freddo (figura 3.17). I
cambiamenti nella composizione delle specie
sono quindi il risultato della migrazione
di specie termofile verso nord, come anche
della loro aumentata abbondanza nelle aree
originarie.
Trend previsti
L’impa�o del cambiamento climatico
sulla composizione delle specie vegetali
aumenterà nelle prossime decadi,
facilitando, secondo alcune previsioni,
la perdita di specie, in particolare quelle
cara�erizzate da esigenze climatiche e di
habitat circoscri�e e con limitata capacità di
migrazione (IPCC, 2001b). Un incremento
di 3 oC all’interno del range di temperatura
previsto per il 2010 corrisponde ad uno
spostamento delle specie di 300-400 km
verso nord (nelle zone temperate) o di 500
m in altitudine (Hughes et al, 2000). Molte
specie non riusciranno a rispondere a queste
rapide modifiche a�raverso l’ada�amento
o la migrazione e saranno quindi sogge�e
a forti riduzioni in numero o addiri�ura
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53
Fonte: R. Müller, www.pixelquelle.de, 2004.
portate fino all’estinzione (Root et al, 2003).
Thomas et al. (2004) stimano che in queste
condizioni il 15-37% delle specie potrebbe
estinguersi per il 2050. Nell’Europa centrale
e se�entrionale, le piante estinte potrebbero
essere sostituite da specie termofile.
Gli effe�i maggiori sono stimati sulle
regioni artiche, sugli ecosistemi a limitata
umidità dell’Europa dell’Est e sulle aree
mediterranee (mappa 3.8) (Bakkenes et
al., 2004). L’a�uale ricchezza vegetale nelle
aree mediterranee potrebbe essere rido�a
nel 21-esimo secolo a causa delle previste
diminuzioni di precipitazioni, di più
frequenti incendi, dell’aumento di erosione
e della perdita di specie che potrebbero
sostituire quelle scomparse. Anche le specie
endemiche nel nord Europa sarebbero a
rischio di estinzione e potrebbero essere
sostituite da altre più competitive nel lungo
periodo (Sykes e Prentice, 1996; CBD, 2003).
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Gli impatti del cambiamento climatico in Europa
3.5.2 Distribuzione delle specie vegetali nelle regioni montuose
Messaggi chiave
Le specie vegetali endemiche di montagna sono minacciate dalla migrazione
verso nord di arbusti sub-alpini e specie di alberi più competitivi, causata per
larga parte dal cambiamento climatico.
Nelle Alpi, la migrazione verso nord ha portato ad un aumento della ricchezza
di specie vegetali in 21 vette su 30, mentre è diminuita o rimasta stabile in
altre vette.
I previsti cambiamenti della temperatura media annuale europea rimangono al
di fuori del range di tolleranza per molte specie di montagna, col conseguente
rischio di perdita di molte specie endemiche.
•
•
•
Fig. 3.18
Cambiamenti nella ricchezza di specie in 30 vette delle Alpi orientali durante
il 20-esimo secolo
20
Changes per decade (%)
15
10
5
0
Pi Piz
z
La da
sc ls L
h e
H adu js
oh re
e lla
W
Pi ild
St z T e
oc av
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Piz
dals
Laschadurella
Hohe
Stockkogel
Lejs
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Wilde
Tavrü
Piz
Napfspitze
Piz
Foraz
Großer
Wilde
Nuna
Piz
Vago
Piz
Uertsch
Munt
Hint,
Lenkstein
Kreuzspitze
Kesch
Piz
Gorihorn
Spiegelkogel
Pers
Festkogel
Forun
Hint,
Flüela
Piz
Liebenerspitze
Seelenkogel
Schwarzhorn
Stretta
Piz
PizPlazer
Sesvenna
Piz Blaisun
Julier
Radüner
Piz
PizTrovat
Nair
Linard
Rothorn
Fonte: Grabherr et al., 2002.
Rilevanza
Le regioni montuose rivestono una grande
importanza in Europa per la diversità
della flora: nelle aree superiori alla linea
degli alberi si ritrova il 20% circa di tu�e le
specie vascolari native in Europa (Vare et
al., 2003). In tali aree il clima è il principale
determinante la composizione delle
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specie, visto che l’influenza antropica è
relativamente bassa (con alcune eccezioni).
Le specie vegetali di montagna sono
vulnerabili ai cambiamenti climatici dato
che esse: a) sono probabilmente più sogge�e
agli aumenti dei livelli di CO2 rispe�o
alla vegetazione di più basse altitudini;
b) sono cara�erizzate da ristre�i range
climatici, severe condizioni, piccole ed
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Gli impatti del cambiamento climatico in Europa
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isolate popolazioni (Pauli et al., 2003);
c) non sono in grado di migrare a causa
dell’assenza di aree ada�e ad altitudini
maggiori. Fortunatamente le regioni
montuose sono anche cara�erizzate da aree
con microclimi particolari, dove le specie
endemiche riescono a sopravvivere anche se
le condizioni climatiche generali non sono
comprese nei limiti di tolleranza (Korner,
1995).
Le conseguenze del cambiamento climatico
includono l’estinzione di rare specie
endemiche nelle regioni montuose, come
anche la modifica dell’appetibilità di queste
zone per scopi turistici. E’ ancora abbastanza
incerta la risposta al cambiamento climatico
delle specie di montagna, a causa della
carenza di dati accurati ed, in generale,
dell’imperfe�a conoscenza di alcuni
comportamenti di tipo ada�ivo: ad esempio,
nel più completo studio europeo (Gloria
– Global observation research initiative in
Alpine environments), i siti di monitoraggio
sono rimasti operativi solo per un paio di
anni. Ulteriori incertezze nelle previsioni
dei trend futuri sono dovuti all’assenza di
informazioni climatiche su scala locale.
Alpine plant Edelweiss
Fonte: Th. Fabbro, www.unibas.ch/botimage, 2004.
in confronto con 30-50 anni fa. (Grabherr
et al., 2002, Figura 3.18). Simili tendenze si
sono verificate sui Pirenei, in Scandinavia, in
Bulgaria e negli Urali (Klanderud and Birks,
2003; Kullman, 2003; IPCC, 2001b; Meshinev
et al., 2000; Montserrat, 1992).
Trend osservati
Trend previsti
La sostituzione di specie endemiche nelle
regioni montuose europee è stata causata
da diversi fa�ori, tra i quali un ruolo
fondamentale è svolto dal cambiamento
climatico. Più elevate temperature ed una
stagione vegetativa più lunga, associate
ai cambiamenti climatici, hanno creato
ada�e condizioni per alcune specie vegetali,
che, spostandosi verso nord, tendono
a competere con le specie endemiche
(Grabherr et al., 1994; Gofried et al., 1999).
L’effe�o ne�o sulla ricchezza delle specie
varia sia da regione a regione, che all’interno
di una stessa. La ricchezza è aumentata in
alcune aree, diminuendo in altre: nelle Alpi,
ad esempio, si è assistito ad un evidente
riscaldamento durante i 60 anni trascorsi,
il che ha facilitato lo sviluppo delle specie
di abeti e di pini nella regione sub-alpina
(Pauli et al., 2001), e ha fa�o crescere arbusti
sub-alpini sulle ve�e (Moas e Masarin,
1998; Theurillat e Guisan, 2001). L’effe�o
ne�o consiste in un aumento della ricchezza
delle specie in 21 delle 30 ve�e delle Alpi,
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Le previsioni indicano come i cambiamenti
climatici tenderanno a colpire
considerevolmente la distribuzione delle
specie nelle regioni montuose, riducendone
l’abbondanza e provocando addiri�ura la
scomparsa di alcuni endemismi, che non
riusciranno ad ada�arsi ad un ambiente
mutato, a migrare verso luoghi migliori o
a competere con le nuove specie di arbusti
o di alberi (IPCC, 2001b; Pauli et al., 2003).
Nelle aree più basse delle Alpi, la linea degli
alberi tenderà a salire e la competizione con
l’abete norvegese causerà il deterioramento
delle condizioni di crescita degli specie
endemiche (Theurillat e Guisan, 2001). Per
la Scandinavia, si stima che si avrà una
riduzione del 40 – 60% della a�uale area di
vegetazione montana (Holten e Carey, 1992).
Bakkenes e al. (2002) hanno previsto gravi
effe�i su alcune selezionate specie in aree
montuose, anche per piccole modifiche delle
condizioni all’interno di un range di scenari
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56
Gli impatti del cambiamento climatico in Europa
Mappa 3.9
La potenziale risposta di tre comuni specie vegetali per il 2100
Nota: romice nivale (Rumex nivalis), falcetta montana (Cystopteris montana) e ranuncolo
montano (Ranunculus montanus). Stime basate sul modello EuroMove per uno scenario di modesto
cambiamento climatico (riscaldamento globale per il 2100 pari a 3.0 °C; riscaldamento per l’Europa
pari a 3.3 °C).
Fonte: Bakkenes et al., 2004.
climatici ipotizzati dal IPCC (Mappa 3.9).
Ad esempio la falce�a montana (Cystopteris
montana) scomparirà dal 20 – 30% delle
a�uali zone entro il 2100 (Mappa 3.9).
L’incertezza nelle stime degli impa�i sulla
composizione delle specie nelle regioni
montuose è dovuta ad alcune cause
principali: 1) alla limitata accuratezza delle
proiezioni climatiche alla piccola scala per
le comunità vegetali; 2) alla scarsa presenza
delle specie vegetali all’interno dei modelli
previsionali; 3) all’incertezza esistente circa i
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tassi di migrazione di molte specie di alberi,
dal momento che lo sviluppo di appropriate
condizioni di crescita dipende anche da altri
fa�ori oltre quelli climatici e potrebbe inoltre
richiedere alcuni decenni. Questo potrebbe
quindi limitare la prevista estinzione delle
specie; 4) alla non ancora chiara capacità
ada�iva di alcune specie montane, capacità
che potrebbe anche modificarsi nel futuro
(cfr. capitolo 5).
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Gli impatti del cambiamento climatico in Europa
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3.5.3 Assorbimento del carbonio terrestre
Messaggi chiave
• In Europa, nel periodo 1990-1998, la biosfera terrestre è stata un serbatoio
per il carbonio, bilanciando parzialmente in questo modo l’incremento delle
emissioni antropiche di CO2.
• L’assorbimento di carbonio in Europa può essere incrementato tramite il
(re-)impianto di foreste ed altre misure di gestione del territorio. Nell’UE
la capacità di immagazzinamento potenziale delle aree forestali ed agricole
risulta abbastanza ridotta rispetto agli obiettivi condivisi del Protocollo di
Kioto.
• Il previsto incremento della temperatura media può ridurre la quantità di
carbonio assorbibile in futuro dalla biosfera terrestre europea.
Mappa 3.10 Assorbimento annuale di carbonio della biosfera terrestra
30˚
20˚
10˚
0˚
10˚
20˚
30˚
40˚
50˚
60˚
50˚
30˚
60˚
50˚
50˚
40˚
40˚
10˚
0˚
10˚
20˚
30˚
Nota: Nazioni con valori positivi assorbono più di quanto emettono (serbatoi di carbonio); nazioni
con valori negativi emettono più di quanto assorbano (fonti di carbonio).
Fonte: Janssens et al., 2003, CarboEurope.
Rilevanza
L’assorbimento di carbonio da parte della
vegetazione naturale, dei suoli, delle foreste,
delle aree agricole (‘biosfera terrestre’) è
una componente fondamentale del ciclo
del carbonio. Esso può far diminuire le
concentrazioni di CO2 nell’atmosfera, oggi
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in aumento principalmente a causa delle
a�ività antropiche. Il tasso di assorbimento
e la capacità di stoccaggio del carbonio
nella biosfera terrestre sono influenzate sia
da fa�ori naturali che da a�ività umane,
come la temperatura, le precipitazioni, la
concentrazione di CO2, la fertilizzazione
da inquinanti atmosferici (ossidi di azoto e
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58
Gli impatti del cambiamento climatico in Europa
ammoniaca), il tasso di crescita delle piante,
gli incendi, gli uragani, le modifiche nell’uso
del suolo, i pesticidi, le a�ività legate
all’agricoltura ed allo sfru�amento delle
foreste.
Negli ultimi decenni, la biosfera terrestre
europea si è comportata come un
serbatoio ne�o di carbonio, ma con grosse
differenze tra le varie nazioni (Mappa
3.10). L’ assorbimento di carbonio può
essere ulteriormente aumentato a�raverso
la gestione di foreste con il re-impianto
di alberi e in agricoltura aumentando
il contenuto di carbonio dei suoli. Con
questo tipo di gestione a�iva del territorio,
l’aumento previsto nel sequestro di carbonio,
dal 1990 fino al 2008 – 2012, aiuterà a
raggiungere gli obie�ivi del Protocollo di
Kyoto. Secondo gli Accordi di Marrakech,
a�ività quali la forestazione, ri-forestazione,
ri-vegetazione, gestione delle foreste,
gestione dei raccolti e dei pascoli sono tu�e
importanti per il raggiungimento degli
obie�ivi di Kyoto (cfr. il Protocollo di Kyoto,
art. 3.3 e 3.4; cfr. anche il par. 2.2).
Esiste naturalmente una carenza di
informazione e di conoscenza circa i processi
di sequestro di carbonio, per cui è ancora
molto incerta la quantità di carbonio che
viene (e verrà in futuro) sequestrata.
Trend osservati
Il recente assorbimento di carbonio
dall’atmosfera alla biosfera è molto
Carbon flux measuring tower in a European forest
Fonte: M. Schumacher, CarboEurope, 2002.
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basso, meno dell’1,5% del totale di quello
scambiato tra biosfera ed atmosfera
(Figura 3.19, IPCC 2001a). Il ciclo terrestre
di carbonio è fortemente collegato alla
variabilità climatica inter-annule (Figura
3.20). In ogni caso la concentrazione di CO2
in aumento, la fertilizzazione da azoto, il
rido�o inquinamento atmosferico ed le
modificate gestioni hanno prodo�o un
significativo incremento, nelle ultime due
decadi, delle capacità di imagazzinamento
delle foreste e, conseguentemente, un
più importante assorbimento di carbonio
(Napburns et al., 2002).
Durante gli anni 90, la biosfera europea
ha immagazzinato tra il 7 ed il 12% delle
emissioni annuali di CO2 di origine
antropica (Janssens et al., 2003). La mappa
3.10 mostra come circa la metà delle
nazioni europee risultano essere serbatoi
(Austria, Bulgaria, Germania, Norvegia,
Romania, Slovacchia, Svezia, Svizzera) o
fonti significative (Danimarca, Estonia,
Irlanda, Moldavia, Paesi Bassi), mentre
le altre nazioni sono fonti o serbatoi poco
consistenti. Naturalmente questi calcoli
sulla densità di carbonio sia europea che
nazionale sono sogge�i a forti incertezze
(Figura 3.20, linee blue e gialle).
Trend previsti
Il previsto aumento della temperatura e
della concentrazione atmosferica di CO2
faranno probabilmente aumentare le
condizioni di crescita nell’Europa centrale e
se�entrionale e faciliteranno lo stoccaggio di
carbonio, specialmente nelle foreste boreali.
Inoltre, la potenziale capacità di stoccaggio
nell’UE per il periodo 2008-2012, secondo
varie misure effe�uate per la selvicoltura e
l’agricoltura, dovrebbe essere pari a circa il
2,4% delle emissioni antropiche di gas serra,
il che equivale a circa il 30% dell’obie�ivo
di riduzione ipotizzato dal Protocollo di
Kyoto. Questa capacità di stoccaggio è
però, secondo il Protocollo (Ar�. 3.3 e 3.4),
molto inferiore, all’incirca pari all’1% della
quantità di gas serra emessi dall’uomo, il
12% dell’obie�ivo di riduzione totale (EEA,
2004).
Esistono comunque diversi processi che
potrebbero ridurre in futuro il sequestro di
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Gli impatti del cambiamento climatico in Europa
Figura 3.19 Il bilancio di carbonio della
biosfera terrestre
Atmospheric
carbon (CO2)
Gross primary
production
(photosynthesis)
Respiration,
decomposition,
disturbance
Vegetation,
soil
Terrestrial
carbon uptake
Nota: Il carbonio atmosferico (sotto forma di
CO2) è assorbito dalle piante con la fotosintesi.
Una larga parte di questo è quindi nuovamente
rilasciato in atmosfera, mentre una piccola parte
viene rimossa dall’atmosfera e imagazzinata
nella biosfera terrestre (assorbimento di
carbonio)
Fonte: M. Zebisch, 2004.
carbonio. Il cambiamento climatico potrebbe
causare danni per incendi, infestazioni ed
uragani, così come incrementare lo stress
idrico, specie nelle aree del Mediterraneo.
Queste condizioni potrebbero ridurre la
crescita vegetale e diminuire la quantità
di carbonio imagazzinata nella biosfera.
59
Un aumento della traspirazione delle
piante e del suolo, causato da una più
alta temperatura, in futuro potrebbe
ulteriormente ridurre l’immagazzinamento
di carbonio in molti ecosistemi (Rustad
et al., 2001). Alcune misure di gestione
per massimizzare la quantità di carbonio
immagazzinabile negli ecosistemi terrestri,
in modo da raggiungere gli obie�ivi di
Kyoto, potrebbero essere limitate da effe�i
di saturazione nell’atmosfera. Inoltre le
potenziali capacità di stoccaggio delle
foreste risultano limitate dal fa�o che solo
i 2/3 dell’incremento annuale di alberi
vengono di fa�o raccolti (UNECE/FAO – UN
Economic Commission for Europe/Food and
Agriculture Organisation, 2000). Dall’analisi
di tu�i questi aspe�i si nota come la capacità
della biosfera europea di sequestrare
carbonio potrebbe essere significativamente
rido�a in futuro: essa potrebbe addiri�ura
trasformarsi da serbatoio a fonte di carbonio.
Una migliore comprensione dei processi
in a�o è assolutamente necessaria per
l’aquisizione di proiezioni più precise circa
l’ assorbimento di carbonio nel 21-esimo
secolo.
Figura 3.20 Variazione inter-annuale dei flussi di carbonio dalla biosfera all’atmosfera in
Europa
Monthly flux (fossil fuel substracted) (Gigatons)
1.0
0.5
0.0
Minimum flux
Mean flux
– 0.5
Maximum flux
Slave model
– 1.0
LPJ model
98
19
97
19
96
19
95
19
94
19
93
19
92
19
91
19
19
90
– 1.5
Year
Nota: Le linee rappresentano i risultati di due modelli di ecosistemi (LPJ e SLAVE), ed il range
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
(minimo, media, massimo) del flusso calcolato di C. La biosfera risulta serbatoio di carbonio se i
valori sono negativi.
Fonte: Bousquet et al., 2000.
CC impacts-260804 ok.indd 59
21-12-2004 16:31:55
60
Gli impatti del cambiamento climatico in Europa
3.5.4 Fenologia e stagioni vegetative
Messaggi chiave
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•
•
La stagione vegetativa annuale europea si è mediamente allungata di circa 10
giorni tra il 1962 ed il 1995, ed un ulteriore aumento è previsto nel futuro.
La Greenness della vegetazione (una misura della produttività vegetale) è
aumentata del 12%, a testimoniare una più facilie crescita delle piante.
Si prevede che gli effetti positivi dell’aumento della temperatura sulla crescita
vegetale (come una più lunga stagione vegetativa) siano controbilanciati da
un aumento del rischio di carenza idrica nell’Europa centrale e –specialmentemeridionale, con effetti negativi sulla vegetazione.
in inverno, in modo da poter sbocciare in
primavera e sono quindi fortemente colpite
dove le temperature invernali diventano
più miti (Chuine e Beaubien, 2001). Se i
cambiamenti climatici possono allungare
la stagione vegetativa, il periodo tra lo
sbocciare delle gemme e la caduta delle
foglie tenderà ad allungarsi ulteriormente,
specie nelle regioni centrali e meridionali
dell’Europa: ciò porterà ad un aumento
nella produzione di biomassa in aree dove la
temperatura costituiva un fa�ore limitante
per la crescita vegetale. Da un’altra parte, il
riscaldamento aumenterà il rischio di stress
Year
idrico nelle basse altitudini dell’Europa
1965AAverage
1970 1975 1980Annual
1985 1990 1995
centrale e meridionale, dove la carenza
trend
variability
d’acqua è già un fa�ore fortemente limitante.
95
19
90
19
85
19
80
19
60
– 15
19
– 10
75
–5
19
0
70
5
19
Fonte: M. Zebisch,
2004.
Changes in days
10
19
15
65
Figura 3.21 Variazioni osservate nella
lunghezza della stagione
vegetativa
Nota: Dati osservati dall’International
Phenological Gardens in Europa, eccetto in
Francia, Penisola Iberica, centro e sud Italia e
Grecia.
Fonte: Menzel, 2002; Menzel u. Fabian, 1999.
Rilevanza
Le specie vegetali si sono ada�ate a specifici
range di condizioni climatiche e di aree
geografiche e la loro presenza è quindi
limitata ad una zona circoscri�a. La loro
crescita è determinata da temperatura,
precipitazioni e concentrazione atmosferica
di CO2. In risposta ai cambiamenti climatici,
alcune specie divengono in grado di crescere
meglio che altre e specie autoctone possono
essere sostituite da altre che meglio si
ada�ano alle più alte temperatura e/o a
situazioni di stress idrico. Alcune colture
ed alberi necessitano di basse temperature
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Cambiamenti nella stagione vegetativa
possono inoltre colpire la composizione
delle specie, in particolare quelle con
basse capacità ada�ive (cfr. par. 3.5.1).
Alcune specie economicamente importanti
potrebbero non essere più disponibili per la
selvicoltura e potrebbero essere rimpiazzate
(Sykes et al., 1996; Parry, 2000), con forti
conseguenze nella gestione di selvicoltura
e agricoltura. Anche la protezione della
natura potrebbe essere colpita se la crescita
e la sopravvivenza di alcune specie prote�e
venissero danneggiate dai cambiamenti
climatici (cfr. par. 3.5.1).
Esiste una incertezza limitata sulla
correlazione tra le modifiche nella stagione
vegetativa ed i cambiamenti climatici, pur
con qualche carenza di conoscenze e di dati
su tale correlazione.
21-12-2004 16:31:56
Gli impatti del cambiamento climatico in Europa
Figura 3.22 Greenness della vegetazione
in Europa
Eurasia (40N~70N) greenness
0.41
0.40
0.39
0.38
0.37
0.36
0.35
61
crescono meglio in queste condizioni sono
quindi favorite dai cambiamenti climatici e
potrebbero sostituire quelle che non riescono
a fronteggiare le modifiche ambientali
sopravvenute. All’interno di tu�a l’Europa
esistono però anche differenti situazioni: ad
esempio nella regione dei balcani la stagione
vegetativa si è rido�a (Menzel e Fabian,
1999).
Trend previsti
0.34
98
96
19
94
19
92
19
90
19
Trend
Greenness
19821983
1987
19
88
86
19
19
84
19
19
82
0.33
19851986
19841988"19891990199119921993199419951996199719981999
Nota: la Greenness è la misura della produttiva
vegetale ottenuta attraverso dati satellitari
Fonte: Zhou et al., 2001
Gli scenari previsti indicano un ulteriore
incremento nella durata della stagione
vegetativa (Figura 3.23) e dello stress idrico
(Figura 3.24): quest’ultimo tende infa�i
ad aumentare quando la domanda idrica
supera la quantità di acqua effe�ivamente
disponibile.
Trend osservati
Figura 3.24 Previsione dello stress idrico
1.0
300
0.9
Nota: La stagione di crescita è qui definita come
il numero di giorni consecutivi per anno una
temperatura maggiore di 5 °C.
Fonte: Modello LPJ (Sitch et al., 2003)
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90
21
00
70
20
80
60
50
40
30
00
20
20
20
20
2000 2010 2020 2030 2040 2050 2060 2070 2080 2090 2100
Year
Mediterranean
Boreal
Temperate
20
21
20
9
20
8
20
7
20
6
20
5
20
4
20
3
20
2
20
1
2000 2010 2020 2030 2040 2050 2060 2070 2080 2090 2100
Year
Temperate
Mediterranean
Boreal
20
00
0
0
0
0
0
0
0
0.5
0
100
0
0.6
0
150
20
0.7
20
200
0.8
20
250
10
Drought index
350
20
0
No of growing degree days (> 5 ºC)
Figura 3.23 Previsione del numero di giorni
di crescita
E’ probabile che la produzione di biomassa
nella regione boreale (Scandinavia e Russia
se�entrionale) trarrà benefici dalla crescita
termica, con un aumento del 30% della
lunghezza della stagione vegetativa nei
prossimi 100 anni, come anche da condizioni
di assenza di stress idrico. La vegetazione di
zone temperate potrebbe beneficiare di un
aumento del 20% della stagione ma potrebbe
contemporaneamente soffrire di una
leggera diminuzione di acqua disponibile
(circa il 4%). Nell’Europa meridionale il
rischio di stress idrico (+ 13%), insieme ad
una più lunga stagione vegetativa (+ 8%)
potrebbe colpire negativamente la crescita
vegetazionale, in particolare a bassa quota.
20
La durata della stagione vegetativa è
particolarmente sensibile al clima: dati
fenologici (figura 3.21) mostrano un suo
chiaro aumento, quantificato in 10 giorni tra
il 1962 ed il 1995 (Menzel e Fabian, 1999).
Il trend complessivo verso una stagione
vegetativa più lunga è inoltre rafforzato da
un aumento del 12% della Greenness della
vegetazione (figura 3.22, Zhou et al., 2001).
Una biomassa più verde (aghi e foglie)
indica una maggiore crescita vegetale.
L’estensione della stagione vegetativa
sia in primavera che in autunno, per lo
più accoppiata con più alte temperature
durante questi periodi, sembra favorire la
produ�ività della vegetazione. Le specie che
Nota: Alti valori indicano basso stress idrico
Fonte: Modello LPJ (Sitch et al., 2003). Dati
climatici da Mitchell et al., 2004
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62
Gli impatti del cambiamento climatico in Europa
3.5.5 Sopravvivenza degli uccelli
Messaggi chiave
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Il tasso di sopravvivenza di differenti specie di uccelli svernanti in Europa è
aumentato durante i passati decenni.
E’ probabile che il tasso di sopravvivenza di molti uccelli aumenterà
ulteriormente a causa del previsto aumento di temperatura invernale.
Ciò nondimeno, non è ancora possibile determinare quale sarà l’impatto di
questo maggiore tasso di sopravvivenza sulle popolazioni di uccelli.
Figura 3.25 Sopravvivenza dell’Airone cenerino e della Poiana.
Estimated annual survival 1951–1999 (%)
90
80
70
60
50
–3
–2
–1
0
1
2
3
Deviation from the long-term mean winter temperature (ºC)
Grey heron (Ardea cinerea)
Common buzzard (dashed) (Buteo buteo)
Fonte: Frederiksen, 2002.
Rilevanza
La demografia degli uccelli dipende sia
dal tasso di sopravvivenza (rapporto tra
individui che sopravvivono e individui
totali), sia dalla natalità (numero di
individui nati per anno). Variazioni nelle
popolazioni si rifle�ono di conseguenza
sulla biodiversità e sulle funzioni degli
ecosistemi.
Il tasso di sopravvivenza è quindi uno
tra i due elementi chiave che determina
le popolazioni ornitiche. Per diverse
specie svernanti in Europa, esiste una
correlazione tra la temperatura invernale e la
sopravvivenza, molto probabilmente perchè
risulta più facile trovare nutrimento in
assenza di copertura nevosa. L’effe�o sulle
popolazioni è però difficile da prevedere,
dal momento che il loro ada�amento
tende naturalmente ad aumentarne la
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sopravvivenza e anche perchè i cambiamenti
climatici modificano i rapporti prede/
predatori e la competizione per le risorse:
alcune specie quindi trarranno dei vantaggi,
mentre altre andranno incontro a difficoltà.
Questa incertezza nei trend osservati è
abbastanza elevata, nonostante sia ormai
chiara la relazione esistente. Ma i dati
rimangono rari, le relazioni complesse e
anche molti altri fa�ori non dire�amente
riconducibili al clima svolgono un ruolo
importante.
Trend osservati
In passato, la sopravvivenza di alcune
specie di uccelli svernanti in Europa è
cresciuta tra il 2 ed il 6% per ogni grado
di aumento di temperatura, a seconda
delle specie (figura 3.25) (Fredericksen,
2002). Dal momento che questo aumento è
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Gli impatti del cambiamento climatico in Europa
63
principalmente imputabile ai cambiamenti
climatici (cfr. par. 3.2.2), le conseguenze sulle
specie di uccello sono rilevanti: correlazioni
tra aumento di temperatura e crescita
del tasso di sopravvivenza sono state
registrate perl’Airone cenerino e la Poiana,
il Cormorano, il Tordo bo�accio e il Tordo
sassello.
Un più alto tasso di sopravvivenza si
ripercuote chiaramente sulla demografia
delle popolazioni, anche se l’effe�o
di questa correlazione non è l’unico
fa�ore che determina la grandezza
delle popolazioni. E’ noto come alcune
cara�eristiche della biologia degli uccelli
(come i giorni di deposizioni delle uova o
di migrazione) variano notevolmente in
base ai cambiamenti climatici, ed alcune di
queste sono fortemente dipendenti dalla
temperatura.
Trend previsti
Sono stati utilizzati modelli per determinare
la sopravvivenza sulla base di previsioni di
incrementi di temperatura in alcune regioni
europee: queste simulazioni indicano una
continuità nei trend già mostrati in fig.
3.25, nell’ipotesi che i rimanenti parametri
rimangano fissati. Al livello delle specie,
le simulazioni mostrano un tasso di
sopravvivenza migliore per le specie del
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Common buzzard
Fonte: G. Whitlow.
nord Europa che traggono maggiori benefici
dall’aumento di temperatura. Ad esempio
la popolazione di Tordo bo�accio nel
Regno Unito risponde significativamente
meno rispe�o alla stessa in Finlandia.
Considerando uno scenario di modesto
cambiamento (Parry, 2000), l’aumento di
temperatura di circa 1.4 – 1.8 C per il 2080
potrebbe far crescere la popolazione di
Tordo bo�accio di circa il 5% nel Regno
Unito, mentre in Finlandia si avrebbe una
crescita del 12% (con un aumento stimato di
temperatura di circa 1.8 C).
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