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anno Xii n. 67/2012
NOTIZIE
La FERpi CHE VoRREi
Ferpi: a Bologna per la
revisione del modello
associativo
> P. 20
pRoFESSionE
Dal Wprf di Melbourne
un nuovo mandato
per le Rp
L'inTERViSTa
Pasquale Cascella
Uomo
comunicazione di
Napolitano
> P. 4
> P. 14
RELAZIONI
PUBBLICHE
corporate
22
oscar di bilancio
24
Pubblic affairs
24
internazionale
31
Sociale
34
Scenari
36
eventi
38
MAGAzinE DELLA FEDERAzionE RELAzioni pubbLichE iTALiAnA
DA MELBOURNE
ALLE RP 2.0
Il nuovo anno si apre con una sfida
epocale per le Relazioni pubbliche
che viene, come espresso chiaramente nel
Mandato di Melbourne - per la prima volta
nella storia – “dall’accesso dei pubblici della
comunicazione alla comunicazione stessa
come protagonisti”. I nostri pubblici sono
diventati essi stessi comunicatori. Cosicché
quel “governo delle relazioni” che a molti,
troppi, per tanto tempo è sembrato teoria
lontana dalla pratica, sta divenendo un imperativo irrinunciabile per le organizzazioni
più diverse, dalle più piccole alle grandi società per azioni. I nostri pubblici, a differenza del passato, sono “always in”, sempre
in relazione tra di loro, con le aziende, con i
media. Un cambio di paradigma che apre
una nuova era per la funzione e la professione delle Rp. Oggi possiamo parlare, a
ragione, di Rp 2.0. Se le digital Pr erano state
il campanello d’allarme di una rivoluzione
appena cominciata, l’accessibilità 24/7 ha
cambiato la prospettiva operativa. Il futuro è
adesso, parafrasando un recente messaggio
del Presidente Patrizia Rutigliano e la campagna elettorale sarà il primo e importante
banco di prova per la nostra professione
come lo è stato per i colleghi d’oltreoceano
nelle recenti presidenziali americane. Quella
comunicazione politica considerata sempre
cenerentola sta diventano, nella società delle
campagne permanenti, il banco di prova
“professionale” attorno cui ruota e ruoteranno sempre di più anche le altre funzioni
specialistiche. Ne parliamo nell’ampio focus
di primo piano dedicato alla comunicazione
politica dando voce ad alcuni dei più autorevoli esperti in materia. Da Melbourne è venuta anche un’altra importante indicazione
sul futuro della comunicazione: la necessità
di parlare del “carattere” dell’organizzazione
vista sempre di più come un’entità vitale di
cui la comunicazione, nella network society
teorizzata da Manuel Castells, ne rappresenta l’anima. Come saranno le Rp del futuro
e cosa ci aspetta? Difficile saperlo. L’unica
certezza è la necessità di una community
professionale forte che sia allo stesso tempo
punto di riferimento e luogo di confronto, dibattito e crescita. E’ l’obiettivo che si è data
Ferpi avviando una radicale quanto necessaria revisione del modello associativo sviluppata attraverso una campagna d’ascolto
dei soci ma anche non soci e che porterà nei
prossimi mesi all’assemblea straordinaria.
professione
L'editoriale
La trasparenza
decisiva per
la creazione
di valore
Tariffa regime libero - Poste Italiane SpA - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Napoli
& Giancarlo Panico
Vladimiro Vodipivec
di patrizia Rutigliano
coMunicAzionE poLiTicA
2013: L'ANNO DELLA SVOLTA
Le elezioni politiche di febbraio rappresentano un banco di prova per le Relazioni pubbliche. L'Analisi di
Mario Rodriguez e i contributi di pira, cazzulini, Ferrazzi, Trupia, Race, Deruda, colle.
Le interviste a Sofia Ventura, Pasquale Cascella e Paolo Messa.
post.it
di Giampietro Vecchiato
ALLIANCE MANAGER O MANAGER DI RETE?
La crescente competizione (sia
interna che internazionale); la
progressiva necessità di potenziare
le capacità di innovazione; le necessità di creare nuovi mercati unite
all’obbligo di una crescita dimensionale delle imprese, stanno sempre
più spostando il focus decisionale
ed operativo dalle singole imprese
alle loro aggregazioni. Questo nuovo scenario, arricchito dalla recente
istituzione del Contratto di rete,
richiede la presenza di una nuova
figura professionale: l’Alliance
manager o Manager di rete, che
dovrà possedere molteplici abilità e
competenze per supportare la rete
dalla sua formazione (start-up) alla
sua maturazione e affermazione
(evolution).
Il Manager di rete dovrà:
- governare le relazioni tra tutti i
soggetti della rete (comunicazione
interna);
- armonizzare i diversi interessi in
campo e coordinare le attività dei
singoli;
- progettare e coordinare lo sviluppo
commerciale della rete;
- controllare il know-how, i processi
esternalizzati ed i comportamenti
dei partner;
- elaborare le strategie, i piani e
le iniziative dell’organizzazione
(compresa la fase di comunicazione
esterna);
- curare l’analisi dei bisogni dei soci
e promuovere il conseguimento
degli obiettivi imprenditoriali degli
associati;
- contribuire alla difesa degli interessi della rete e della comunità di
riferimento nei confronti di terzi.
Si tratta di una nuova figura pro-
fessionale che permette alle reti
di formarsi e di durare nel tempo,
assolutamente necessaria per la
loro sopravvivenza. Una figura
che, all’interno, coordina le attività
operative e la comunicazione tra i
partner; all’esterno, la rappresenta
nei confronti del territorio e della
business community. L’Alliance
manager non partecipa alle scelte
delle imprese in rete, ma identifica
le opzioni possibili per permettere
alle imprese una scelta veloce,
consapevole ed efficace. Le sue
abilità, oltre alle classiche competenze di management, sono così
sintetizzabili: capacità di governare
le relazioni, capacità di mediazione,
competenze di problem solving e di
promozione/vendita della rete.
Un nuovo spazio per i relatori
pubblici?
E’ motivo di soddisfazione
riscontrare che un numero
sempre maggiore di enti,
aziende e istituzioni sia
disposto a sottoporsi prima
al giudizio di una Giuria e poi
all’accostamento con altre
realtà, siano esse dirette
concorrenti o meno. E' questo
il dato più interessante che
emerge dall’edizione 2012
dell’Oscar di Bilancio. L’esser
trasparenti, finalmente, non
viene percepito come un
potenziale rischio ma come un
elemento decisivo nel processo
di creazione di valore. Redigere
un bilancio, oggi, è operazione
assai più complessa e dinamica
rispetto a un tempo e richiede,
oltre ovviamente a competenze
specifiche e al rispetto
delle normative, anche una
sensibilità e un’attenzione ai
tanti segnali di cambiamento
provenienti dal tessuto in cui
opera l’azienda. Oggi, nella
stesura del bilancio, le aree
di amministrazione, finanza
e controllo coinvolgono
professionalità e aree aziendali
diverse: funzioni di staff e
funzioni di linea, perché la
comprensione del business non
passa solo attraverso la sua
rendicontazione.
Il percorso avviato dalle
aziende – direi sempre più
di ogni ordine di grandezza
– coincide con un più ampio
e profondo processo di
cambiamento della cultura
delle organizzazioni, che
risponde, a sua volta, a una
sempre maggiore esigenza
d’interazione con gli
stakeholder, interni ed esterni.
Le aspettative coinvolgono
sempre più aspetti sociali
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2
primo piano
L'editoriale
Mario Rodriguez
continua dalla prima pagina
come è cambiata
dalle campagne
l'importanza di
La Corporate
Responsability al tempo della crisi
e ambientali, e ciò ha spinto
molte società a sviluppare,
soprattutto nel management,
la consapevolezza che
l’allocazione di risorse e la loro
rendicontazione debba avvenire
continuamente e non solo sulla
base di indicatori prettamente
economico-finanziari. Questa
prospettiva “sostenibile” è ormai
parte integrante del processo
di pianificazione industriale,
in un percorso di interazione
sempre maggiore tra due
processi inizialmente distinti. Un
percorso in cui gioca un ruolo
di primo piano la struttura di
Governance, che deve mostrarsi
dinamica, attenta alle indicazioni
provenienti dal mercato e capace
di contemperare necessità di
cambiamento ed esigenze degli
azionisti, in un quadro normativo
in perenne trasformazione.
Proprio l’evoluzione della
Governance e l’affermazione
di un concetto integrato di
responsabilità (amministrativa,
economica, sociale e ambientale)
hanno comportato l’ampliamento
della documentazione
istituzionale. Alla comunicazione
obbligatoria di bilancio, si sono
affiancate molteplici forme di
rendicontazione, improntate
alla trasparenza dell’attività
di governo: bilancio sociale,
bilancio ambientale, bilancio
di sostenibilità, relazione sul
governo societario e sulla
remunerazione. Documenti,
alcuni, ancora realizzati su base
volontaria, sebbene sempre più
raccomandati dalle istituzioni
di controllo, e che segnalano
l’orientamento a una gestione
sempre più efficace dei rapporti
con i propri interlocutori, in
una accezione ampia del
termine “mercato”. La diretta
conseguenza è che già da alcuni
anni non si parla più di bilancio,
ma di Reporting Integrato, inteso
come processo di rendicontazione
in costante aggiornamento,
capace di far dialogare “menti”
diverse, prima ancora che unità
organizzative. E l’innovazione, in
tal senso, è rappresentata anche
dall’allineamento di approcci
manageriali diversi all’interno
all’azienda, secondo una logica,
appunto, di “management
integrato”. Un approccio
che implica l’attivazione di
processi e di sistemi di raccolta
e aggregazione dati costante,
da parte di tutte le funzioni
aziendali, per rispondere in
maniera responsabile alle
aspettative degli stakeholder.
Questa nuova tipologia di
reportistica sta innescando un
circolo virtuoso, in grado, ci
auguriamo, di incidere soprattutto
sulla cultura aziendale, oltre che
di portare alla definizione di un
modello organizzativo sempre
più efficiente. Trattandosi di
modelli in piena evoluzione,
è fondamentale il continuo
dibattito e il confronto. Un
contributo significativo è venuto
dai benchmark internazionali:
il Global Reporting Initiative –
di cui attendiamo a giugno il
quarto modello e che per primo
ha consentito di quantificare
il valore degli asset intangibili
– e l’International Integrated
Reporting Committee, che sta
lavorando alla definizione di
standard comuni di reportistica
integrata, per consentire la
comparabilità dei dati a livello
internazionale. In quest’ottica,
sono da segnalare le non
poche aziende che, sia pur
ancora in assenza di linee
guida internazionali definite,
hanno introdotto il sistema
di reportistica integrata,
contribuendo attivamente
anche al dialogo in corso in seno
all’organismo di riferimento.
Alcune di queste saranno
premiate qui oggi anche per
questo. Riassumendo, appare
ormai evidente che non sia
più possibile scegliere cosa
comunicare e come farlo: le
regole le fa il mercato e non mi
riferisco solo alle disposizioni
dell’autorità di vigilanza, ma
in maniera più ampia alle
esigenze degli stakeholder. Il
bilancio, in tal senso, è uno
dei principali strumenti di
comunicazione per un’azienda
e, per quanto possibile, deve
contenere risposte sempre
più esaustive a domande e a
dubbi. Arricchirlo, completarlo,
renderlo una riproduzione fedele
di processi aziendali sempre più
interconnessi è il modo migliore
per rendere la trasparenza uno
dei principali asset intangibili
della nostra organizzazione.
Sono consapevole che il
particolare momento storico
potrebbe indurre alcuni a
pensare che star lontani da occhi
indiscreti, rintanarsi e coltivare
il proprio orto, cercando di
limitare i danni, possa essere la
scelta meno problematica e più
di comodo. Ma non credo ci sia
più tempo. Lo titolava mesi fa
il nostro principale quotidiano
economico-finanziario. Se nel
giro di qualche – pochi – anni non
saremo riusciti a colmare quel
gap di reputazione di cui ancora,
inspiegabilmente, malgrado i
risultati e la valenza dei business,
alcune aziende italiane ancora
soffrono, e se non saremo
stati in grado di valorizzare
adeguatamente gli asset del
nostro Paese, avremo perso la
nostra occasione, in Europa e
nel mondo. Per questo siamo
qui stasera. Per promuovere una
cultura orientata a una maggiore
apertura verso l’esterno.
Per quanto di nostra
competenza, riteniamo che
comunicare sia un’assunzione
di responsabilità sociale. Una
responsabilità che acquisisce
una dimensione maggiore in
un momento in cui la fiducia
dei consumatori si è ridotta
visibilmente, con l’inevitabile
cortocircuito che ha portato al
crollo dei consumi e alla forte
contrazione degli investimenti,
anche e soprattutto in questo
settore. La comunicazione
corretta, trasparente e adeguata
alla tipologia del business,
a nostro avviso, costituisce
una straordinaria cassa di
risonanza per l’azienda e per il
sistema Paese, e le straordinarie
opportunità low budget offerte
dal digitale consentono in
un istante il passaparola e la
viralizzazione. L’obiettivo è
ridurre l’incertezza del mercato,
accrescere la credibilità e riuscire
a differenziarsi, con l’auspicio che
ciò che adesso viene considerata
una best practice possa
rapidamente diventare una prassi
operativa. Siamo tutti impegnati
a far sì che ciò avvenga.
Patrizia Rutigliano
Comunicare la politica rappresenta per i professionisti di
relazioni pubbliche una delle sfide più avvincenti perchè
coniuga da un lato la capacità di individuare eventi (esperienze) da far vivere alle persone alle quali ci si rivolge e,
dall’altro, le parole da usare per parlarne e farne parlare
attraverso i mezzi di comunicazione a disposizione. Mario
Rodriguez, tra i più autorevoli comunicatori politici italiani,
propone un cambio di paradigma: passare dalla tradizionale
comunicazione "a" a una più attuale creazione di significati
attraverso la costruzione di visioni condivise.
di Mario Rodriguez
Dopo vent’anni importanti
possiamo mettere a fuoco
cosa significhi oggi occuparsi
di comunicazione politica dal
nostro punto di vista di professionisti di relazioni pubbliche.
In primo luogo significa indurre comportamenti, riportare a
consapevolezza i comportamenti che comunicano, farli
rientrare in una strategia, nel
perseguimento di obiettivi
definiti con chiarezza.
Sono questi comportamenti che inviano messaggi e
costruiscono significati. La
comunicazione, anche in politica, non si esaurisce negli
strumenti che si usano. La
comunicazione è costruzione
di significati motivanti all’azione.
Possiamo quindi archiviare
come necessari, ma non determinanti, spot, manifesti,
eventi. Dobbiamo invece
concentrarci sull’esperienza
(cognitiva) che l’agire politico
fa vivere alle persone, perché
il messaggio viene comunque
impastato nella propria cultura attraverso la vita di tutti i
giorni.
Chi riceve il messaggio è attivo, non è un blocco di cera
che può essere messo nella forma voluta (informato)
dall’emittente. È un soggetto
attivo che mettendo in comune (comunicando) significati
condivisi costruisce un rapporto prima di comprensione,
poi di fiducia con l’altra persona.
Ecco quindi che (anche) la
comunicazione politica va
intesa come un agire finalizzato alla costruzione di
visioni condivise, narrazioni
primo piano
Notizie
la comunicazione Politica
alla costruzione di visioni condivise
lavorare sui comportamenti
che rendano accettabile quello che si vive, lo collochino
in un orizzonte di speranze
motivanti. Se ragionevoli o
meno non è tanto problema
della comunicazione ma della
politica. Come comunicatori
possiamo dire solo che se il
contesto è quello della competizione democratica maggioritaria la narrazione dovrà
essere inclusiva, orientata a
parlare a molti, una distinzione a maglie larghe. Se invece
il contesto della competizione democratica è di carattere
proporzionale la narrazione
può anche essere di carattere
distintivo a maglie strette. Ma
appunto è una questione di
posizionamento politico non
di comunicazione.
Affiancare gli attori che competono nel campo politico
significa quindi contribuire
alla loro capacità di mettere
in atto comportamenti convincenti e attraverso questi
proporre quelle narrazioni attraverso le quali, come scrisse Karen Blixen, “tutti i dolori
sono sopportabili se li si inserisce in una storia” perché
“la storia rivela il significato di
ciò che altrimenti rimarrebbe
una sequenza intollerabile di
eventi” (Arendt).
In questa visione della comu-
nicazione politica, più che il
pubblicitario che indovina lo
slogan o il manifesto (visto
che lo spot rimane un oggetto
stregato) l’ambito professionale più coerente con il nostro lavoro è quello di chi opera sulle e con le parole e sulla
costruzione di eventi. Parole e
eventi degne di attenzione da
parte dei media e dei social
network ovviamente.
Gira e rigira siamo sempre lì:
al news management! Alla
capacità di competere sul
mercato dell’attenzione. Sapendo che sia la quantità di
attenzione che le persone
possono attribuire agli eventi
come la quantità di spazio che
i media (a stampa, o digitali
che siano) possono attribuire agli stessi sono delimitati,
contingentati. Lo abbiamo visto in queste primarie durante le quali dapprima il centro
sinistra e il PD hanno occupato buona parte della scena
dello spettacolo politico e poi,
in fretta, Berlusconi ha fatto
girare pagina con la sua decisione di tornare in prima linea
e la conseguente crisi del governo Monti.
Comunicare la politica rappresenta per i professionisti
di relazioni pubbliche una
sfida molto affascinante che
mette insieme, da un lato, la
capacità di individuare eventi
(esperienze) da far vivere alle
persone alle quali ci si rivolge
e, dall’altro, le parole da usare
per parlarne e farne parlare
attraverso i mezzi di comunicazione a disposizione, (ormai) vecchi e nuovi.
Mario Rodriguez
Convivere con la tv
significa vivere
nel nostro tempo
Quali sono i confini della retorica e il ruolo della
mediatizzazione della sfera
pubblica? È possibile che
ancora molti italiani non
abbiano ancora fatto propria la rivoluzione dell’era
dell’informazione, non solo
del web ma anche della televisione?
Durante le primarie del centro sinistra, l’antipatia, se
non il livore, che molti hanno scaricato su Giorgio Gori,
ci dicono che una parte importante della società italiana - quella maggioritaria nel
partito che potrebbe avere
la responsabilità di gestire il
governo del paese in uno dei
passaggi più critici della storia recente - non ha ancora
metabolizzato la rivoluzione
indotta nelle società industriali dall’avvento dell’epoca dell’informazione, quella
dei media, o, meglio, prima
della tv e ora di Internet. E
questo non depone bene per
il futuro della società italiana. Ma questi sono problemi
che vanno ben oltre il nostro
ambito di professionisti della comunicazione. C’è invece una quisquilia correlata
che attiene al nostro lavoro
e che mi fa piacere mettere
in rilievo: i confini della retorica e il ruolo della mediatizzazione (spettacolarizzazione) della sfera pubblica.
Cercare di convincere con la
parola scritta è accettato, è
cosa buona. Cercare di farlo
con la parola detta in pubblico è cosa buona. Farlo,
invece, con la performance
televisiva, no. Diventa berlusconismo, l’incarnazione,
cioè, della lobotomizzazione delle audience! Scavando e precisando viene
fuori, quindi , che la parola
detta in pubblico è buona se
viene detta con una forma
(liturgica) della tradizione
(almeno di quello che ci si
racconta fosse una sorta di
età dell’oro della politica;
quella dei partiti di massa
degli anni 60 e 70 e poi zoommando ancora, in realtà,
si dice partiti ma si pensa al
PCI). Ma se la parola viene
detta con competenze e regole che la rendono efficace
in tv, allora diventa cattiva,
diventa berlusconismo. Ed
ecco l’antipatia generata
da Gori, il suo ruolo inquinante. Si pensa ancora che
si possa evitare di utilizzare
il mezzo tv? Che le persone
di rilevanza pubblica, imprese, politica, cultura, possano vivere al netto della
tv e della logica dei media?
Pensare che chi si adatta a
un mondo dominato dalla
pervasività della tv sia da
considerare un nemico, o
una patologia da guarire,
non può che portare a esiti
negativi. Anche perché ora
alla questione del mezzo televisivo si vanno aggiungendo quelle legate al nuovo
mezzo rappresentato dalla
rete Internet. Ma convivere
con la tv e con le sue logiche, reagire criticamente
ma governarle, significa
vivere nel nostro tempo.
Dopo secoli di civilizzazione abbiamo accettato che
la penna (la parola scritta)
è importante tanto che dedichiamo almeno 12, 13 anni
per imparare a scrivere.
Quanto tempo dovrà passare per comprendere che
la parola detta attraverso la
tv, capace cioè di interagire
e non subire, la logica dei
media, è la modalità normale di comunicazione a certi
livelli di responsabilità?
Mario Rodriguez
Approvata la
legge che
regolamenta
le professioni
senza Albo
La Camera ha approvato in
via definitiva il Disegno di
legge n. 3270/2012 recante
Disposizioni in materia di
professioni non organizzate.
La nuova legge tocca da
vicino la realtà associativa di
Ferpi e potrà essere applicata
immediatamente.
Particolare importanza
riveste l’ articolo 7 sulla
“attestazione professionale”
rilasciata dalle Associazioni e
la relativa introduzione della
certificazione UNI, al cui tavolo
di lavoro Ferpi ha partecipato.
Anche se la legge non istituisce
l’obbligo dell’attestazione,
affermando (art.7, comma
2) che “Le attestazioni […]
non rappresentano requisito
necessario per l’esercizio
dell’attività professionale”,
è comunque un passo
importante che gratifica
il lavoro che, fin dalla sua
fondazione, Ferpi ha svolto per
la valorizzazione della nostra
professione.Sul sito ferpi.it il
testo della norma.
Monitoraggio
media: nasce
UniRass,
associazione
di categoria
E' stata costituita UniRass,
l’Associazione delle Imprese
italiane di monitoraggio
media, di comunicazione,
di informazione, di cura
dell’immagine delle aziende e
di servizi informatici finalizzati
alla comunicazione. Promotrice
della costituzione di UniRass,
che ha sede a Roma, Data
Stampa, azienda leader del
settore, che ha raccolto
preoccupazioni e istanze di
diversi operatori. “Lo scopo
statutario - spiega il Presidente
di UniRass, Massimo
Scambelluri - consiste nella
promozione di ogni tipo di
iniziativa volta a favorire il
progresso del settore del
monitoraggio media e della
comunicazione, nonché la
tutela degli interessi morali e
materiali degli associati”.
3
4
primo piano
Pasquale Cascella - Consigliere per la Stampa e la Comunicazione del Presidente della Repubblica
Cascella: non si vive soltanto di retroscena
“Nelle relazioni con i media bisogna far prevalere il distacco
dai fatti per non lasciarsi travolgere dal sensazionalismo”.
Lo ha affermato Pasquale Cascella, Consigliere per
la Stampa e la Comunicazione del Presidente della
Repubblica, nel corso di un incontro con un gruppo di soci
Ferpi in cui ha parlato anche della grande attenzione del
Quirinale alle Relazioni pubbliche, la comunicazione online
e il web 2.0.
di Giancarlo Panico
“Nella partita delle intercettazioni è in gioco la libertà del
Presidente della Repubblica
nell’esercizio delle sue prerogative”. L’incontro con Pasquale
Cascella, Consigliere del Presidente della Repubblica per la
Stampa e la Comunicazione e
un gruppo di soci Ferpi della Delegazione Lazio, entra subito nel
vivo affrontando una delle questioni più spinose del settennato
di Napolitano. Vicenda gestita
con grande autorevolezza da Pasquale Cascella, che l’ha trattata
da subito non solo come una delicata questione giuridico-costituzionale ma anche come una
delicatissima querelle mediatica
che riguarda da vicino “la tutela
e la reputazione del Presidente
della Repubblica come Istituzione, ancor prima che l’uomo
Napolitano”. Quello che colpisce
parlando con Cascella è che parla di “relazioni con i media” e non
solo di “stampa” come fanno
- purtroppo - ancora troppi colleghi, utilizzando un termine ormai desueto. Uomo di relazioni,
ancor prima che professionista
della comunicazione, Cascella
conosce bene le dinamiche del
rapporto con i giornalisti, i principali stakeholder a cui è affidata
la veicolazione dei messaggi del
Capo dello Stato, e concepisce
questa come una vera e propria
attività di comunicazione che tiene a sottolineare - deve essere
altra cosa dal marketing politico,
dal quale è facile lasciarsi tentare.
L’incontro con Pasquale Cascella, il primo del genere sia per un
responsabile comunicazione del
Quirinale, sia per un’associazione di comunicatori, è stato organizzato dalla Delegazione Ferpi
Lazio nell’ambito delle attività
che la Federazione promuove
nella Capitale.
Quella delle intercettazioni
sulla presunta trattativa StatoMafia, è senza dubbio una delle
questioni più impegnative del
settennato di Napolitano: è intervenuta nell’epilogo di una
Presidenza che ha avuto - tiene
a sottolineare Cascella - il maggior livello di informazione nella storia della massima carica
dello Stato: “Quella di rendere
pubbliche tutte le attività della
vita quotidiana del Presidente è
stata una scelta di campo ben
precisa, sin dall’insediamento”.
A maggior ragione, per Cascella
l’esigenza della chiarezza è diventata prioritaria nel caso delle
intercettazioni, quando è stata
messa in discussione la figura
del Presidente della Repubblica:
“L’informazione non può vivere
soltanto di retroscena!”.
La scelta di accentuare l’informazione diretta è stata concepita come un vero e proprio “servizio ai cittadini” sin dall’inizio:
“Anche se il Presidente non è
direttamente presente sui social
network, il Quirinale ha voluto
aprirsi alla Rete e più in generale alla comunicazione digitale e
multimediale. Sul sito del Quirinale vengono caricate in tempo
reale i testi, le fotografie, i video
di tutte le attività pubbliche del
Capo dello Stato. Interventi, discorsi a cerimonie e ad eventi a
cui partecipa vengono caricati
anche su un canale YouTube
dedicato, in modo da garantire
la massima diffusione. Monitoriamo, inoltre, i media sociali e i
social network seguendo il ‘sentimento’ nei confronti del Presidente, del suo operato e delle
sue attività”.
Giornalista (ha lavorato come inviato e notista politico e sindacale, ed è autore di saggi e libri sul
sindacalismo italiano), Cascella,
oggi punto di riferimento indispensabile nel rapporto tra Quirinale e mondo dell’informazione, ha collaborato con l’attuale
Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, già quando era presidente
della Camera dei deputati, tra il
1992 e il 1994; è stato portavoce del presidente del Consiglio
e capoufficio stampa di Palazzo
Chigi nei governi presieduti da
Massimo D’Alema tra il 1998 e
Pasquale Cascella
il confronto
Microfoni Spenti: a Roma focus
sulla comunicazione politica
Cosa rende efficace la comunicazione politica? È necessario
avere nei confronti della politica un approccio strumentale e
culturale senza dimenticare l’etica, la coerenza e la credibilità. Sono
alcuni degli spunti emersi durante l’incontro La Comunicazione
Politica: il consenso fra etica e tecnica, organizzato dalla
Delegazione Ferpi Lazio, nell’ambito del cicloMicrofoni Spenti.
di Federica Carini
“Una comunicazione politica efficace deve avere nei confronti della
tecnologia un approccio strumentale-trasmissivo, ma anche un
approccio culturale: deve essere
cioè capace di costruire significati
che motivino all’azione e contemporaneamente giustifichino l’agire
umano”. Così Mario Rodriguez introducendo lo scorso 28 novembre
a Roma un nuovo appuntamento di
Microfoni Spenti, il ciclo di incontri
promosso dalla Delegazione Ferpi
Lazio. Il dibattito, sul tema “La Co-
municazione Politica: il consenso
fra etica e tecnica”, che si è tenuto
presso il loft sede della Delegazione ha visto la partecipazione oltre
di Mario Rodriguez, di Antonio
Palmieri (deputato e responsabile internet e nuove tecnologie
del PDL), Dino Amenduni (social
media specialist agenzia Proforma), Paolo Messa (fondatore della
rivista Formiche e Consigliere per
la comunicazione istituzionale del
Ministro dell’Ambiente), Roberto
Rao (deputato UDC, portavoce di
Pier Ferdinando Casini). Nel corso
del confronto sono emersi numero-
si spunti da cui partire per analizzare, dal punto di vista comunicativo, i
politici italiani odierni, e per definire
la professione del consulente di
comunicazione politica. Il moderatore della serata, Mario Rodriguez
(socio Ferpi e fondatore dell’agenzia MR & Associati), ha avviato la
discussione dei presenti invitandoli
a riflettere su ciò che rende una
comunicazione politica efficace.
“Essa deve avere nei confronti della
tecnologia un approccio strumentale-trasmissivo, ma anche un approccio culturale” – ha affermato
Rodriguez – “deve essere cioè ca-
pace di costruire significati che motivino all’azione e contemporaneamente giustifichino l’agire umano.
Oggi se è vero che un grande leader
è colui che ha seguaci, è ancora più
vero che sono i follower che hanno
un leader: si deve pertanto instaurare, attraverso la comunicazione
un rapporto di fiducia tra leader ed
elettori, dove le tecniche sono un “di
cui” e non costituiscono di per sé un
significato. I politici devono essere
in grado di fornire i codici di inter-
primo piano
Il caso USA
il 2000.
“Non sempre è semplice intervenire. Bisogna ricorrere a strumenti misurati: se si interviene
veniamo accusati di essere troppo presenti, se non si interviene
si viene tacciati di mancanza di
trasparenza”. Cascella si riferisce al caso di un camionista
romeno licenziato ingiustamente che ha cercato di darsi fuoco
nella piazza del Quirinale, su cui
gli è stato richiesto un parere
proprio mentre si svolgeva l’incontro con Ferpi. “Nella nostra
attività quotidiana, a supporto
della comunicazione del Presidente e, conseguentemente, nei
rapporti con i media, bisogna far
prevalere il distacco dai fatti per
non lasciarsi travolgere dal sensazionalismo”.
In questi sette anni, più volte
Napolitano è stato accusato di
eccessiva esposizione mediatica, di continuo intervento nella
vita politica attraverso i media,
alcune volte anche di un uso
strumentale dei media. “Fatto è
che la comunicazione ha anche
un forte impatto sulla funzione
di moral suasion del Presidente
che pure, per sua natura, ha bisogno di un’area di riservatezza”
- sostiene Cascella - “ma viviamo nell’era del web 2.0, della
network society, l’informazione
corre senza soluzione di continuità, ed è naturale l’attenzione
per le posizioni del Presidente
sulle vicende e questioni più diverse della vita sociale, politica,
economica e culturale del Paese.
Altra cosa è il rincorrersi di voci
e indiscrezioni. La pubblicità delle posizioni del Capo dello Stato
è, dunque, un argine all’approssimazione, una scelta ispirata
alla Costituzione e ai principi di
garanzia di cui il Presidente è il
primo testimonial”.
Poi parlando del suo ruolo di comunicatore e del suo rapporto
con i giornalisti, Cascella torna a
riflettere sul modo di fare informazione e il troppo spazio dato
ai retroscena, spesso non circostanziati dai fatti. “Il frequente
intervento del Presidente si è
reso necessario anche dal mutato scenario dei media, che vede
quelli tradizionali e quelli online
spesso inseguirsi in voci e polemiche che perdono di vista la notizia. In questo quadro è chiaro
che bisogna prestare grande attenzione a due aspetti della comunicazione: la relazione con gli
operatori dell’informazione e il
messaggio da trasmettere all’opinione pubblica. Un’informazione di qualità non può prescindere, dall’una e dall’altra parte, da
una relazione costante sia con i
giornalisti, sia con gli opinion leaders che sui media trovano sempre più spazio. Ed occorre lavorare molto ai messaggi e ai suoi
contenuti e ragionare sui media
attraverso cui veicolare un particolare messaggio a seconda dei
destinatari”. Prima di salutare
Cascella gli chiediamo, sempre a
proposito della misura o dell’ec-
cesso di moral suasion, ancora
due riflessioni: sul ruolo del Presidente nel dibattito sulla Legge
elettorale e un bilancio del 150°
dell’Unità d’Italia. Cascella parte
da quest’ultimo. “Le celebrazioni
del centocinquantenario sono
state la più grande campagna
di comunicazione mai realizzata
dallo Stato, praticamente a costo
zero grazie all’impegno senza
risparmio di energie del Presidente, che ha incontrato naturalmente il sentire popolare. In
questo senso, si può parlare del
più grande progetto integrato di
comunicazione istituzionale: ha
rafforzato il senso di appartenenza, il valore dei simboli dello
Stato come la bandiera e l’inno,
ma ha anche prodotto un rafforzamento del senso di comunità
come fondamentale elemento
di coesione sociale”. Poi, a proposito della riforma della legge
elettorale e il ruolo dei partiti: “Il
Presidente è sempre intervenuto
negli interstizi ma mai all’interno
dei processi decisionali in Parlamento. Dunque, in questo caso
la moral suasion non è stata solo
nel tentativo di convincere le istituzioni e i partiti ad assumersi la
responsabilità di misurarsi con
questo importante aspetto della
democrazia, ma nel coinvolgere
i cittadini, raccogliendone le esigenze, secondo le prerogative
riconosciute al Presidente della
Repubblica di garante del rispetto della Costituzione”.
pretazione della realtà, comporre
e far vivere l’esperienza attraverso
un racconto che dia le risposte ai
problemi della società”. Poiché,
come espresso anche da Antonio
Palmieri, “la realtà viene comunque
prima della comunicazione. Tenendo sempre presente che la nostra
è sempre più una società disintermediata, e per questo i consulenti
di comunicazione politica rischiano
di restare emarginati”. Paolo Messa, che è intervenuto raccontando
anche l’esperienza fatta con il Governo Monti a fianco del Ministro
dell’Ambiente Clini, ha sottolineato
come “esista una debolezza dell’identità stessa dei partiti derivata
dalla difficoltà di definire se stessi,
la propria mission e quindi il messaggio che deve essere trasferito
agli elettori”. Secondo Dino Amenduni, “il comunicatore politico oggi
si trova a dover affrontare tre temi/
problemi per svolgere la sua professione: 1. Il suo incarico viene associato ai problemi della politica; 2. la
cattiva gestione del denaro da parte
dei partiti rischia di inquinare il suo
lavoro; 3. è necessario lavorare sulla rete senza subirla, trasformando
il ruolo di spin-doctor in quello di
ricercatore: il comunicatore da una
parte deve ridurre l’impatto dei
punti di debolezza del candidato
che emergono dalla rete, dall’altra
deve saper individuare, all’interno
dell’enorme comunità dei social
network, coloro che contribuiscono a dare senso al candidato, esaltando i punti di forza che vengono
segnalati”. E’ stato Roberto Rao a
chiudere il dibattito portando la sua
esperienza di deputato: “nel lavoro
del comunicatore è importante anche mettere in risalto le difficoltà
del candidato perché possono trasformarsi in punto di forza. In alcuni
momenti bisogna “tamponare”
quanto esce dalla rete o dai giornali,
in altri è necessario “spingere”, in
altri ancora “mettere in pausa”. Per
un politico non è sempre efficace
commentare in ogni circostanza:
per parlare è necessario conoscere
perfettamente innanzi tutto i propri
contesti ed avere allo stesso tempo
un comportamento conforme all’etica, coerente e lineare, perché si è
osservati dal pubblico e dai media
molto più di quello che si pensa”.
“La novità rispetto al passato – ha
concluso Rao - nel rapporto con i
media è il fact-checking, la verifica dei fatti e dei dati da parte dei
giornalisti ma anche dei destinatari
ultimi della comunicazione. Non
bisogna comunque dimenticare
che quando si cerca di costruire su
un candidato un abito, che non si
sente come suo e non gli si addice,
diventa poco credibile”.
L’effetto Obama
sulla comunicazione
Le elezioni USA 2012, come
era prevedibile, rappresentano uno spartiacque nella
comunicazione politica. L’analisi
della campagna elettorale e del
ruolo di primo piano che hanno
avuto le Relazioni pubbliche nei
commenti di Marco Massarotto
e Vincenzo Cosenza
È stata più utile la Rete a
Obama o Obama alla Rete?
Questo interrogativo, che
poneMarco Massarotto di
Hagakure, sintetizza meglio di
ogni altra espressione, delle
migliaia utilizzate dai media e sui
social, la riconferma alla Casa
Bianca del Presidente degli Stati
Uniti. Altro che Sandy, il vero
uragano delle ultime settimane è
stata la tempesta mediatica che
ha preceduto, accompagnato e
che sta seguendo le elezioni USA
2012, che, come era successo in
passato, hanno ridisegnato gli
scenari della comunicazione e
segnano ancora una volta un
cambio di passo. Con milioni di
tweet di cui solo 31 per “Four
more years” al momento
dell’elezione, e un numero simile
di like per la foto dell’abbraccio
tra Barack e Michelle, l’election
day diventa l’evento più social
della storia. “Il Web ormai è
entrato a pieno titolo nel media
mix di marketing elettorale. Anzi,
forse è il cardine di tutti i media: li
solletica, li riprende, li chiosa, li
rettifica, li ibrida – continua
Massarotto – La vittoria di
Obama è intrisa di Social Media.
I dibattiti in TV sono stati
accompagnati da 110.000 tweet
al minuto (in totale 75 milioni al
secondoDebate ). Le infografiche
(formato digitale per eccellenza)
hanno costituito la base di
contraddittorio di tutta la
campagna. Il “Truth Team” di
Obama, un gruppo di persone
dedicate al fact checking, per
dare attendibilità alle informazioni che circolano online e smentire
falsità è già una best practice.
Non possiamo però non
riconoscere in ogni tweet, in ogni
foto, in ogni iniziativa la stoffa dei
comunicatori di razza, quelli che
sanno prendere un mezzo e
gestirlo in modo che rasenta la
perfezione. È quindi la rete che
consente a Obama di vincere o è
Obama che sa valorizzare la
Rete? A elezioni vinte ci resta il
sospetto (o forse più del
sospetto) che anche ai tempi di
Internet e forse mai come ai
tempi di Internet sia importante
essere dei buoni comunicatori e
che la rete sia un essere vivente
che ci ritorna quello che gli
diamo. E se noi facciamo
qualcosa per il web, il web farà
qualcosa per noi. Forse Obama e
il suo staff questo lo hanno capito
e si son sempre spesi per Internet
e Internet ha ringraziato e
ricambiato. Con grande sostegno
(e donazioni!) in campagna e con
l’abbraccio più rewtittato di
sempre l’altra notte”. Sulla
capacità di analizzare e gestire la
grande quantità di dati associati
alle relazioni sviluppate è
d’accordo anche Vincenzo
Cosenza di Blogmeter, analista
della Rete, autore della ormai
famosa mappa di Facebook.
“Non penso che i social media
siano stati determinanti in questa
campagna elettorale, come sento
dire spesso. Quello che è
accaduto è stato che per la prima
volta sono stati utilizzati in
maniera completa, non solo per
la comunicazione, ma anche per
il fundraising e per la “caccia agli
indecisi”. Con moderne tecniche
di data mining enormi quantità di
messaggi in rete, le abitudini di
navigazione e altre informazioni
comportamentali (i cosiddetti
“Big Data” di cui parlo nel mio
ultimo La società dei dati sono
state analizzate per costruire
profili degli elettori più dettagliati
del passato. Il ruolo del Twitter
Meter? Una delle cose che uno
strumento come Blogmeter
permette di fare è l’analisi
automatica del sentiment ossia
delle opinioni espresse da chi
parla di un politico su Twitter. Se
positive o negative, fino ad
arrivare all’estrazione delle
emozioni primarie espresse:
amore, gioia, stupore, tristezza,
paura, disgusto, rabbia. Ciò
permette di capire come cambia
l’atteggiamento degli elettori
verso i politici. Un tassello
importante che sarebbe utile
affiancare ai tradizionali sondaggi
di opinione. Probabilmente i
protagonisti delle prossime
elezioni italiane presteranno
maggiore attenzione all’utilizzo
dei social media, si spera
partendo dall’ascolto delle
conversazioni e dall’analisi dei
bisogni dei cittadini, sempre più
comunicati attraverso la rete”.
5
6
primo piano
La novità
Da pr a
Relazioni
pubbliche
l'Istat
accoglie
la richiesta
di modifica
Grazie al lavoro di una ricercatrice
dell'Università di Salerno e ad
un convegno sulla terminologia
professionale, che ha visto la
partecipazione di Ferpi, l'Istat
accoglie la proposta di modifica
della classificazione della professione.
Da pubbliche relazioni a
Relazioni pubbliche. Dopo
oltre 30 anni l’Istat, accettando una proposta di modifica
alla classificazione del 2011,
cambia la denominazione per
tutte le attività ricomprese
dalle Relazioni pubbliche. La
nuova classificazione che
parla appunto di Relazioni
pubbliche e non più di
pubbliche relazioni, è arrivata
poco prima di Natale quando
l’istituto di statistica guidato
da Enrico Giovannini ha
accettato la richiesta di
modifica della denominazione
proposta da Daniela Vellutino,
docente di “Comunicazione
Pubblica e Linguaggi istituzionali” dell’Università di Salerno.
L’Istituto di statistica,
responsabile in Italia della
classificazione delle professioni, ha accolto le modifiche alla
nuova classificazione del 2011
all’indomani del dibattito e
delle proposte, poi formalizzate in un documento ufficiale,
sviluppate nel corso del XXII
Convegno dell’Associazione
Italiana per la terminologia
(Ass.I.Term) “Comunicare in
Europa. Lessici istituzionali e
terminologie specialistiche”,
organizzato nel maggio 2012
dal Dipartimento di Scienze
Politiche, Sociali e della
Comunicazione dell’Università
di Salerno a cui era presente
Pietro Scalisi, responsabile per
l’Istat del settore “Rilevazione,
analisi e classsificazione delle
professioni” e a cui Ferpi
partecipò con un intervento
del Vicepresidente Giancarlo
Panico. Con la nuova
classificazione l’Istat inserisce
le Rp nelle “Professioni
intellettuali, scientifiche e di
elevata specializzazione”.
intervista con Sofia Ventura - Università di Bologna
I confronti tv accelerano
il fenomeno della
personalizzazione della politica
La sfida lanciata da Matteo Renzi ha evidenziato la
necessità di linguaggi più semplici e immediati e del ricorso a
narrazioni efficaci. Lo sostiene la politologa Sofia Ventura
nell'intervista esclusiva che ci ha rilasciato. Professore
associato presso l'Università di Bologna e presso la School
of Government della Luiss è editorialista de L'Espresso, di IL
(magazine de Il Sole 24 Ore), de Il Corriere di Bologna. E'
spesso ospite come opinionista di trasmissioni televisive .
di Giancarlo Panico
La caduta di Berlusconi, il
Governo Monti, Grillo e il
Movimento 5 Stelle, Renzi, le
primarie del PD e le sfide in
tv. Il 2012 può considerarsi un
anno che cambierà la comunicazione politica? Se si, quali
i cambiamenti più significativi?
Non vi è dubbio che tutti questi eventi abbiano influito sul
modo di comunicare e fare la
politica in Italia. Se il governo
Monti ha riportato una maggiore sobrietà nella comunicazione dopo gli eccessi e in
particolare l’estrema “pipolizzazione” della comunicazione berlusconiana (complici
anche i media, sia quelli a lui
vicini, sia quelli ostili) e se la
sfida del M5Stelle ha messo
in luce le potenzialità della
comunicazione attraverso il
web e gli intrecci tra di esso e
i media più tradizionali, le primarie del Pd hanno mostrato
come anche la politica italiana - anche dopo il declino di
Berlusconi - non possa prescindere dai nuovi strumenti
del marketing politico e di
una comunicazione più professionale e maggiormente
rivolta a un grande pubblico.
A questo proposito la sfida di
Matteo Renzi ha evidenziato
la necessità di linguaggi più
semplici e immediati e del
ricorso a narrazioni efficaci,
ampiamente utilizzate anche
dal suo avversario Pierluigi
Bersani. E’ molto improbabile
che si possa tornare indietro,
ai linguaggi oscuri e in codice
della Prima Repubblica.
Nel suo libro, Il racconto del
capo, fa una lucida analisi del
cambiamento della leadership politica a partire dalle
esperienze di Berlusconi e
Sarkozy. Quale deve essere
oggi il ruolo del leader nelle
organizzazioni politiche e di
governo?.
Un leader di partito e di governo deve essere in grado di
farsi rappresentante prima di
tutto degli interessi diffusi dei
cittadini, all’interno di un progetto chiaro di futuro, a partire dalla diagnosi e dall’individuazione dei “mali” del
presente. E per fare questo
è importante essere in grado
di incarnare tale progetto con
l’immagine che si proietta, attraverso una comunicazione
che renda coerenti il primo e
la seconda.
orientati in primo luogo alla
costruzione di progetti di governi (vocazione maggioritaria), ma anche istituzioni che
favoriscano la leadership (assetti presidenziali o semipresidenziali, parlamentarismi
maggioritari)
Il libro di una giovane ricercatrice della Federico II di
Napoli, Valentina Reda, I sondaggi dei presidenti, parla del
ruolo fondamentale dei sondaggi nella costruzione della
leadership di governo. L’uso
smodato dei sondaggi negli
ultimi anni ha fatto perdere
peso a questi strumenti fondamentali nella comunicazione politica o restano ancora
validi?
Questi strumenti rimangono
fondamentali. Naturalmente
possono essere utilizzati in
modi diversi: per sondare gli
umori dell’opinione pubblica
e lanciare messaggi che altro
non fanno che compiacerla (ma allora in questo caso
siamo nell’ambito della followship, non della leadership,
ed è in questo caso particolare che possiamo parlare di
leadership populista), oppure
per conoscere paure, bisogni, reazioni dei diversi settori dell’opinione per farne
elementi della più generale
costruzione di un progetto
che richiede anche specifiche
scelte da parte del leader (ad
esempio quali temi privilegiare rispetto ad altri e quali
Enrico Cogno
Negli ultimi anni si è accentuata la competizione per la
leadership nei partiti, nelle
organizzazioni politiche e nelle coalizioni. Come fare i conti
con questo fenomeno che va
ben oltre le leadership di correnti cui eravamo abituati?
In Italia si assiste in realtà
anche a un fenomeno che
costituisce una forma di degenerazione della leadership,
ovvero la proliferazione di
piccoli partiti personali-padronali. La leadership in una
democrazia - ed è questa la
direzione verso la quale sarebbe bene guardare - esprime tutte le sue potenzialità
positive quando ha la possibilità di sorgere da una competizione regolata all’interno
delle organizzazione (partiti),
basata sulla ricerca di un ampio consenso della base degli
iscritti o - ancor meglio – dei
simpatizzanti, in modo da favorire la scelta di personalità
in grado di attrarre un sostegno ampio nel paese. Naturalmente ciò richiede partiti
al tempo stesso strutturati e
Sofia Ventura
primo piano
Il libro
Napoleone: il grande
precursore della
comunicazione politica
Le esperienze politiche di Berlusconi e Sarkozy
resteranno dei punti di riferimento perchè hanno
incarnato lo spirito delle società contemporanee
ricette adottare per rispondere alle domande provenienti
dal basso) e del quale questi
si assume la responsabilità.
Non bisogna, inoltre, dimenticare, che i sondaggi divengono in molti casi veri e propri
strumenti della competizione
politica, quando ad esempio
mostrano la maggiore capacità di una figura politica rispetto ad un’altra di portare
il partito alla vittoria (come
accadde nel 2007 in Francia
a favore di Ségolène Royal).
I confronti tv delle primarie
del centro-sinistra possono
essere considerate una svolta
nella comunicazione politica
in tv?
Ad oggi sarebbe eccessivo
Chi E' SOFIA VENTURA
Sofia Ventura è Professore
associato presso l'Università
di Bologna, Dipartimento di
Scienze Politiche e Sociali,
dove tiene i corsi di Scienza
Politica e Leadership e
comunicazione politica e
collabora come docente
a contratto con la School
of Government - Luiss
Guido Carli di Roma. E'
editorialista de L'Espresso,
di IL (magazine de Il Sole
24 Ore),de Il Corriere
di Bologna. E' spesso
ospite come opinionista di
trasmissioni televisive di
approfondimento politico
(La7, Rai3, SkyTg24).
La sua ultima pubblicazione
è Il racconto del capo.
Berlusconi e Sarkozy,
Laterza, 2012. Negli ultimi
anni ha pubblicato numerosi
articoli e saggi sui temi
della comunicazione, del
sistema politico francese e
del federalismo. Tra i suo
volumi più recenti: con G.
Pasquino (a cura di), Una
splendida cinquantenne. La
Quinta Repubblica francese,
Il Mulino, 2010 e (a cura
di), Da Stato unitario a Stato
federale, Il Mulino, 2008.
parlare di una vera e propria
svolta. Tuttavia, è certo che
questi confronti, in particolare i confronti a due, che già
in Italia abbiamo conosciuto
in tre occasioni negli ultimi
venti anni e che hanno una
lunga tradizione altrove, dagli Stati Uniti alla Francia,
accelerano il fenomeno della
personalizzazione della politica, anche al di là delle intenzioni degli attori, e rendono
sempre più importante, per
chi agisce nello spazio politico, l’acquisizione di capacità
comunicative. Inoltre si può
ipotizzare che questo tipo di
confronto possa nel tempo
rendere meno gradito, perché
percepito sempre più obsoleto, il tradizionale talk show
televisivo, influendo sul suo
formato.
Facendo un bilancio dell’ultimo anno, sembra che “le
parabole di Berlusconi e Sarkozy”, come le chiama nel
suo libro, abbiamo insegnato
poco. Quali gli ingredienti
per costruire una leadership
autorevole e in grado di governare?
In realtà queste due esperienze hanno introdotto cambiamenti (più rivoluzionari nel
caso di Berlusconi, non solo
per il suo carattere eccentrico, ma anche a causa della
natura fortemente “consensuale” e poco rivolta al pubblico della comunicazione
italiana della Prima Repubblica) che rimarranno, perché
più in sintonia con le società
contemporanee, fluide e dove
le opinioni si formano non più
come conseguenza dell’azione delle strutture tradizionali
(come i partiti del passato),
ma in un universo comunicativo dominato dalla televisione e dai nuovi media. Come
si accennava prima, le leadership politiche non possono
fare a meno dei partiti, ancorché partiti più leggeri e “presidenzializzati”, e si formano
più facilmente laddove le
istituzioni individuano figure
monocratiche dotate di poteri
effettivi, si tratti di Presidenti
o Primi ministri. Una leader-
ship autorevole sorge dunque
dalla competizione all’interno
di questi contesti. Essa, però,
richiede non solo doti eccezionali (capacità di decisione, di ascolto, di trasmettere
fiducia, di comunicazione a
diversi livelli), ma anche la
capacità di circondarsi di persone capaci, collaboratori con
i quali dare concretezza alla
propria visione, mantenerla
coerente nel tempo, con le
proprie azioni e la propria immagine.
Quale il contributo delle primarie (e di Renzi) alla evoluzione della cultura politica
italiana?
Matteo Renzi ha incarnato
- e potrà incarnare in futuro
- un’idea di sinistra molto lontana dalla tradizione post-comunista italiana, sia sul piano
della visione della società
(molto vicina a quella elaborata da Tony Blair tra gli anni
Novanta e Duemila), sia su
quello delle concezioni politico-istituzionali (decisamente
maggioritarie) e del modo di
intendere leadership e partito, più in sintonia - rispetto
al centrosinistra di oggi - con
quanto accade nelle grandi
democrazie contemporanee.
Ciò si è anche rispecchiato
nel suo modo di intendere
e utilizzare gli strumenti del
marketing politico e della
comunicazione, ancora timido se guardiamo agli esempi stranieri, ma certamente
coraggioso e innovativo rispetto all’esperienza italiana.
Quanto di queste “novità”
riuscirà a radicarsi nella politica e nella cultura politica
italiane rimane una questione
alla quale si potrà rispondere
solo negli anni futuri, anche
se molto difficilmente la rotta
potrà essere invertita.
La moderna comunicazione
politica, secondo Roberto Race, è da attribuire a
Napoleone. Lo sostiene in un
libro, "Napoleone il comunicatore" (Egea, 2012). Qui ci
propone una riflessione sul
rapporto con gli stakeholder.
di Roberto Race
Comunicare è anche
tastare il polso agli stakeholder.
Napoleone lo fece a tutti i livelli.
Cominciando dal popolo.
Istituzionalizzando forme di
canalizzazione del consenso
che, fin dall’antica prassi
romana degli spettacoli
circensi, avevano cementato il
rapporto tra imperatore e
plebe. Innovativa fu ad esempio
la chiamata al voto di milioni di
francesi per avallare, legittimandola dal punto di vista del
nuovo sistema rappresentativo
emerso dalla rivoluzione, il
colpo di stato di fatto attuato
con la creazione del Consolato.
Il plebiscito con cui si fece
incoronare Console a vita fu in
pratica una elezione bulgara: 3
milioni e mezzo di sì contro
ottomila dissensi. Ma è
significativo che forme di
democrazia diretta come
questa siano state implementate proprio da Bonaparte, la
cui sensibilità per tutto ciò che
costituiva modernità e poteva
al contempo estendere le basi
del favore popolare verso la sua
persona era straordinaria.
L’importanza di tali modalità di
raccordo tra rappresentanti e
rappresentati è stata dimostrata nei secoli a venire. In Italia se
ne sono avute riprove
storicamente recenti e di
notevole ritorno mediatico,
come l’utilizzo dello strumento
referendario o le primarie
mutuate dagli Stati Uniti e
‘cucinate in salsa italiana’ del
PD. Ma Napoleone anticipò i
tempi anche riguardo alla
cosiddetta personalizzazione
della politica. Un fenomeno
che, in Europa ha poi trovato
espressione con le dittature di
Hitler e Mussolini e con la
capacità carismatica di alcuni
leader democratici come
Churchill, De Gaulle, Thatcher,
fino ad essere riproposto nei
mutati scenari contemporanei
da leader come Berlusconi o
Sarkozy. Napoleone non si
limitava a guidare la Grande
Armée; cercava di essere il
primo ambasciatore del proprio
popolo. Intessendo e intrecciando relazioni, se possibile
amicali, come cercò di fare con
lo Zar Alessandro I, se non di
parentela vera e propria, come
accadde con gli Asburgo. In
un’epoca in cui le case regnanti,
a fronte di quanto avvenuto
nell’89 e soprattutto nel ’93,
erano portate a concepire la
conduzione dei loro stati in
termini conservativi, laddove
possibile rafforzando accordi e
intese, come doveva poi
confermare la restaurazione
postnapoleonica, Bonaparte
ripristinava su basi moderne la
centralità dell’uomo rispetto
alle lobby di sangue reale.
Certo, di un moderno capo di
stato piuttosto che di un condottiero ed eroe mitico.
Anche dove non ottenne risultati apprezzabili, il suo sforzo di
comunicazione e di relazione fu
incessante. In tutte le direzioni,
compresa quella verso l’Inghilterra, la stessa contro la quale
avrebbe poi ideato il Blocco
Continentale. Ma gli auguri di
Natale e la proposta di una ‘riconciliazione generale’, rivolti a
Giorgio III nel 1800, non ebbero
l’effetto sperato, e la stessa
pace di Amiens del 1802, pur
salutata con favore dalle due
popolazioni, fu una meteora
destinata presto a rivelarsi in
tutta la sua precarietà.
Gli sforzi fatti da Napoleone
per ottenere comprensione, legittimità e consenso all’interno
come all’esterno del suo paese,
dai diversi possibili stakeholder,
dai cittadini francesi come dai
nemici effettivi o potenziali,
comprovano comunque la
spiccata attitudine del Console
e poi dell’Imperatore a cercare
il dialogo e l’approvazione dei
suoi interlocutori, nei limiti di
quanto gli consentiva la sua
politica di potenza, per tanti
versi forzata dalle circostanze
storiche in cui si trovò a operare
e a esprimere il suo genio.
7
8
pRiMo piano
il ranking
paolo Messa - Consigliere per la comunicazione istituzionale del Ministro dell'Ambiente
CoMUNiCAZioNe oNLiNe: Le
MigLioRi AZieNDe itALiANe
L'influenza della Rete ha
cambiato i costumi politici
degli italiani
L’azienda guidata da franco
Bernabè si conferma leader
nella comunicazione online
seguita da Hera e eni nel
KWD Webranking 2012, la più
attesa ricerca europea sulla
qualità della comunicazione
corporale online realizzata
per l’italia da KW Digital, in
collaborazione con Lundquist.
Con 87,5 punti su 100
assegnabili Telecom Italia si
conferma regina nell’undicesima
edizione italiana della ricerca KWD
Webranking. Hera (85,8) strappa
a Eni (83,5) la seconda posizione.
Ansaldo STS e Maire Tecnimont
(+9,7 punti), vincono il titolo di
“best improver” come società che
hanno aumentato maggiormente il
proprio punteggio rispetto
all’edizione precedente. Sono i
risultati dela ricerca KWD
Webranking, realizzata da KW
Digital (divisione digitale di
Hallvarsson&Halvarsson) in
collaborazione con Lundquist, da
sedici anni la ricerca più
riconosciuta in Europa nella
valutazione della qualità della
comunicazione corporate online. In
Italia la ricerca ha considerato le
102 maggiori società quotate
italiane per capitalizzazione.
Telecom ed Eni si confermano
anche nelle prime due posizioni
nella classifica Europe 500 che ha
considerato le maggiori società
per capitalizzazione in Europa
(classifica FT Europe 500). In
terza posizione si trova la svedese
SCA con 78,3 punti seguita dalla
tedesca BASF (78,1) e dall’utility
finlandese Fortum (74,4).
La media delle cento società
italiane di 32,5 punti, in calo dal
2010, rimane di 7 punti inferiore
alla media europea. Il protocollo
quest’anno è stato profondamente
cambiato, grazie all’introduzione di
sottocriteri dedicati ai social media
e ai motori di ricerca all’interno dei
criteri della ricerca (con un peso
del 13,5% rispetto al 5% del 2011).
I social media, infatti, sono ormai
componenti importanti della comunicazione e non devono essere più
considerati uno strumento accessorio. La media italiana di 32,5 punti
è significativamente inferiore alla
media delle maggiori 500 società a
livello europeo (39,3 punti). Il calo
del punteggio a livello italiano, di
4,3 punti rispetto alla precedente
edizione, è tuttavia in linea con
quello a livello internazionale (-5
punti). La ragione della perdita del
punteggio è dovuta alla maggiore
severità del protocollo, ed in particolare al maggior peso attribuito a
social media e ai motori di ricerca
all’interno del protocollo. L’edizione
2012 della ricerca non considera
solamente la presenza della società
su diversi canali, ma valuta come
questi canali sono utilizzati e quali
informazioni vengono condivise.
Il punteggio medio, tuttavia, nasconde una forte disomogeneità
nelle perfomance. Come si nota
dal grafico che riporta l’evoluzione
del punteggio italiano nelle diverse
edizioni della ricerca, dal 2002
è aumentata profondamente la
differenza tra la performance delle
migliori società italiane, che sono
riuscite anche a raggiungere ottime
posizioni in Europa, e il punteggio
medio italiano, che rimane molto
basso a causa dell’immobilità di
gran parte delle aziende incluse
in classifica. Quest’anno sono ben
80 le società ad aver ottenuto un
punteggio inferiore ai 50 punti,
soglia che identifica un sito di buon
livello. Il confronto con i risultati
europei mette in evidenza che le
performance italiane sono simili a
quelle internazionali nelle sezioni
maggiormente legate alla
disclosure, come le informazioni
sulla corporate governance e sui
risultati finanziari, mentre se ne
discostano significativamente in
aree fondamentali nella costruzione
dell’identità aziendale come la
responsabilità sociale, l’employer
branding e le informazioni sull’azienda come il brand, il modello di
business e la posizione di mercato.
Aggregando i diversi punteggi legati ai social media e motori di ricerca
presenti nelle diverse sezioni della
ricerca, è evidente come le società
italiane siano particolarmente
deboli, poiché ottengono meno di
un quinto del punteggio massimo. Il
dato è particolarmente significativo
soprattutto se letto nel confronto
europeo, dove il punteggio medio
raggiunge quasi il doppio. Joakim
Lundquist, rappresentante di KWD
in Italia e fondatore di Lundquist
commenta: «Il confronto con i risultati europei conferma che per molte
società italiane il sito istituzionale
viene utilizzato come un semplice
archivio di informazioni, dove vale
la regola del mero copia-e-incolla di
contenuti del bilancio. Nonostante
la ricchezza di contenuti le società
faticano ad essere innovative e ad
utilizzare il sito come strumento
fondamentale nella costruzione
della propria identità».
nel 2013 la comunicazione
politica rischia di subire un
appiattimento in termini di
qualità di contenuti veicolati
riducendosi ad un referendum su Monti e sull'Europa.
Lo sostiene paolo Messa, attualmente consigliere per la
comunicazione del Ministro
dell'ambiente. Comunicatore
politico di lungo corso è stato
fondatore e direttore fino allo
scorso anno di Formiche.
di Giancarlo panico
Quale comunicazione politica
per il futuro?
La comunicazione politica del
futuro potrà essere più innovativa nelle forme ma dovrà
contemporaneamente - se
vuole essere efficace - tornare alla base della relazione
domanda e offerta. Il contenuto della proposta politica
dovrà avere caratteristiche
identitarie e culturali tali da
corrispondere al quadro di
valori e di istanze dei cittadini. Non si può vendere tutto a
tutti o inseguire le indicazioni
dei sondaggi. La politica deve
2013: l’anno Della Politica “Webizzata”
Il ruolo determInante dI Internet
la gente vuole parlare aI polItIcI
La classe politica italiana deve capire cosa fare col web.
La diffusione della internet ha raggiunto il punto in cui la coscienza civile e politica degli italiani riprende ad evolversi
grazie ai social media - e non grazie a politiche di ascolto e
coinvolgimento dei partiti.
di Gabriele Cazzulini
2013, anno di elezioni politiche in Italia. Non saranno
elezioni “normali”, perchè
tra leaders, coalizioni e
programmi la confusione è
dilagante. Ci siamo abituati.
Ma tutto ciò è ben poca cosa
in confronto alla vera trasformazione che ha coinvolto la
politica italiana, prima e oltre
le elezioni 2013.
Un dato di fatto: la politica
ha perso il suo slancio ideale,
ha abbandonato l’ambizione
di rispettare una morale, ha
rinunciato ad offrire un modello di sviluppo sociale. La
cosa più sorprendente è che
la politica non sembra avere
nostalgia di queste perdite.
Oggi la politica preferisce
concepirsi in altri termini, più
neutri, meno normativi. La
politica di oggi è la comunicazione. La comunicazione
ha fagocitato la politica. Il
dibattito politico si fa sulla
comunicazione e con la comunicazione. La politica non
è più azione. E’ una comunicazione ininterrotta, che nasce e scorre su internet. Non
c’era riuscita la stampa, tanto
meno la radio e neppure la
televisione. Erano sempre
rimasti media collaterali,
subordinati oppure alternativi
e competitivi rispetto alla politica. Ma mai erano riusciti a
risucchiare la politica dentro
una logica comunicativa così
ampia e pervasiva. Il web è
il media che più di tutti controlla la politica; ma la politica
non può controllare il web.
Asimmetria perfetta.
Il web è senza confini. E’ una
rete che si estende ovunque
e a chiunque. Anche alla politica. Oggi la comunicazione
politica è internet. Anche in
Italia. Poco importa se i social
media spostano voti in modo
decisivo o no. Quello che
conta è che il web detta le
regole per la comunicazione
pRiMo piano
inizi, da questo punto di vista.
Ma chi saprà osare e mettersi
in gioco potrà cogliere appieno il vantaggio offerto dalla
rete.
tornare ad esercitare il ruolo
di guida (leadership) e non
andare a traino dei presunti
sentimenti dell'opinione pubblica (followship). La comunicazione ovviamente dovrà
supportare adeguatamente
questa sfida, come strumento
e non quindi come fine.
la "quantità" della pianificazione ed una rincorsa verso
l'uso dei social network. In
generale, lo confesso: non mi
aspetto una bella campagna
elettorale
Le elezioni politiche 2013 ripropongono il confronto bipolare. Quali le novità in fatto di
comunicazione rispetto all'ultima consultazione?
Il confronto elettorale del
2013 temo non avrà una particolare dimensione bipolare.
Al contrario, ho l'impressione
che risulterà prevalente una
idea di frammentazione con
una pluralità di liste e diverse aggregazioni. Chiunque
vincerà le elezioni rischia di
rappresentare una minoranza
qualificata. La comunicazione
rischia di subire questo appiattimento in termini di qualità di contenuti veicolati riducendosi ad un referendum
su Monti e sull'Europa. Vedo
da parte delle forze politiche
un'attenzione maggiore verso
Quanto il web e il web 2.0 ha
cambiato la politica?
L'influenza della rete ha molto cambiato i costumi degli
italiani, anche dal punto di
vista dell'informazione e degli
orientamenti politici. Il movimento 5 stelle è un esempio
di una organizzazione che
si è strutturata e diffusa attraverso il web. Anche se,
va detto, il salto di qualità lo
ha ottenuto quando è passata dall'on-line alla presenza
continuativa su tv e media
tradizionali. Non vedo quindi
compartimenti stagni fra i diversi mezzi. Piuttosto, il web
2.0 può rappresentare una
opportunità per i partiti che
possono avere l'opportunità
di mettere in campo nuove e
innovative "sezioni" attraverso le quali favorire maggiore
partecipazione e democrazia
interna. Siamo ancora agli
della politica e quindi per la
politica stessa. Non è il singolo tweet del politico di turno
che fa scoppiare una rivoluzione - mediatica, s’intende.
E’ il fatto che adesso la gente
vuol parlare direttamente ad
ogni politico. Vuole sapere
cosa i politici dicono e sapere
cosa decidono in ogni evento,
congresso, assise pubblica.
La gente vuole sapere e vuole
commentare, anche in modo
inutile. Ma vuole farlo o
comunque sapere di avere la
possibilità di farlo. Questa è
internet, questa è la politica al
tempo di internet.
Il web non finisce col web:
internet ha coinvolto anche i
media tradizionali. E’ sempre
più frequente il caso in cui
sia un giornale a riportare un
tweet politico e non viceversa. Chiaro: il tweet nasce
praticamente in tempo reale.
Poco importa se la notizia sul
giornale arriva vecchia, perchè questo è il senso di marcia: dal web agli altri media.
Idem per la televisione, che
propone filmati di YouTube
e ormai deve fare i conti col
“second screen” ovvero la
tendenza, sempre più diffusa,
di seguire una trasmissione,
soprattutto di politica, e
commentarla in temo reale
su Twitter. Il piccolo schermo
degli smartphone e dei tablet
ha conquistato anche il grande schermo dei televisori.
La diffusione del web ha
raggiunto il punto in cui la coscienza civile e politica degli
italiani riprende ad evolversi
grazie ai social media - e non
grazie a politiche di ascolto
e coinvolgimento dei partiti.
Certo, le fanno anche loro.
Ma su internet! Il fatto è che
la politica non può controllare
internet, mentre internet
controlla già la politica. Non
ci sono alternative. Neppure
le più drastiche funzionano.
In Egitto, al culmine delle
proteste di Piazza Tahrir
contro Mubarak, il regime ha
“chiuso” internet per cinque
giorni. Cosa hanno ottenuto?
Niente!
L’attuale quadro politico
facilita questa “webizzazio-
I media in tempo reale hanno cambiato radicalmente i
tempi della comunicazione
politica.
E' tutto più veloce e più superficiale allo stesso tempo.
Il punto è: si comunica meglio
twittando tutto e sempre o
selezionando messaggi, temi
e modalità? Su questo credo
non esista una formula magica o standard. Grande differenza poi vi è se a comunicare è un leader, un esponente
del governo, un partito o un
eletto. Certamente il ritmo
dell'informazione
impone
un'attenzione costante ed
una capacità di reazione che a
volte si misura in istanti. Che
dire? Una opportunità importante anche per i consulenti
(che hanno quindi anche una
responsabilità accresciuta):
se fai una gaffe o un errore il
web non perdona e ne lascia
traccia fissa.
Con il Governo Monti hai vissuto l'esperienza di consulente per la comunicazione del
Ministro dell'Ambiente. Quali
le principali aspettative degli
stakeholder e in che modo
avete interagito con loro?
E' un lavoro ancora in corso
ed è per me una esperienza
straordinariamente istruttiva.
Un ministero rappresenta una
ne” della politica. Le forze
politiche, vecchie e nuove,
da destra a sinistra, soffrono
l’ennesimo periodo di destabilizzazione e logoramento.
Crisi di leadership, conflitti
interni per decidere che fare
e persino come fare (vd.
primarie sì, primarie no) e le
consuete cronache di scandali, quasi sempre legate al
denaro. Se non fosse per l’assenza di attacchi mafiosi su
vasta scala, come nel biennio
1992-93, sembra quasi che la
situazione attuale sia peggiore di quella d’allora. Persino
il “nuovo”, come fattore di
smobilizzazione, è diventato
già vecchio e inutile, mentre
i dinosauri riescono a riguadagnare fiducia camuffandosi
da esperti. Il web gioca facile:
è un raccoglitore indifferenziato di ogni tipo di malumore; permette di comunicare
direttamente i politici; fa
incontrare la gente e diffonde
gratis tonnellate di notizie,
informazioni, documenti.
Se sei online, finisci sempre
per incontrare qualcosa o
organizzazione complessissima che produce ogni giorno
una miniera di informazioni e
outputs. Non tutte riescono a
passare sui media che invece,
anche sulla rete, privilegiano
gli argomenti divisi, polemici. In ogni caso, lo sforzo che
è stato fatto è quello della
trasparenza con i cittadini e
la massima collaborazione e
dialogo con gli stekeholder e
in particolare con le imprese.
La nostra missione è stata ed
è quella di favorire una visione
culturale per cui l'ambiente è
leva di crescita e non un freno
burocratico allo sviluppo. Se
gli impegni a tutela dell'ecosistema vengono considerati
un investimento e non un
costo e se - nel rispetto rigoroso delle proprie funzioni amministrazioni pubbliche e
aziende dialogano sapendo di
essere convergenti sugli stessi obiettivi, non vivremmo in
un mondo migliore?
Quella dell'ambiente è, senza
dubbio, una delle principali
priorità della politica di cui
la comunicazione è un aspetto strategico fondamentale.
Quale comunicazione per politiche dell'ambiente efficaci?
Occorre comunicare tanto, su
tutti i mezzi e con le diverse
modalità, per spiegare che la
promozione di un ambiente
migliore è un tema condivisibile, che può cioè unire il
Paese e non dividerlo. C'è un
problema di "green wash"
rispetto alle tante label pro-
ambiente ma resiste una visione antagonista per cui le
imprese che producono beni
o servizi sono necessariamente "inquinanti" e cattive.
Sul tema dei rifiuti poi vi sono
molti tabù che debbono essere superati e che sono conseguenze di una cattiva informazione e di una scorretta
propaganda pseudo-ambientalista. Insomma, c'è tanto da
fare ancora e l'ambiente sarà
sicuramente una materia che
può impegnare molto i comunicatori che vorranno su questo cimentarsi.
Hai fondato un giornale, Formiche, che oggi rappresenta una novità nel panorama
editoriale italiano. Quale il
segreto del successo?
Il mercato. Formiche ha scelto di non avere un euro dallo
Stato come contributo. L'editoria funziona se soddisfa i
lettori e quindi di conseguenza anche gli inserzionisti. Lo
sforzo è stato quello di immaginare e realizzare un prodotto che, pur di nicchia, potesse
avere un senso ed una fruibilità sul mercato. Ogni volta che
viene immaginato un numero
della rivista o un servizio sul
sito o un evento, tutto è pensato nell'ottica dei clienti/
partner e non nella propria
auto-soddisfazione. Per il resto, credo che la fortuna abbia sempre una parte non irrilevante nel successo di una
iniziativa come Formiche
qualcuno di politico. Senza
volerlo. Ecco il bello, per la
gente. Ecco il difficile, per la
politica.
Infatti il problema che la classe politica italiana deve affrontare è capire cosa fare col
web. Altrimenti il web sarà
l’arma perfetta per demagoghi e antipolitici, abilissimi nel
distruggere, un pò meno nel
costruire alternative, non solo
online. Ecco la vera sfida del
2013: una politica ormai sotto
controllo del web, che però
diventa capace di andare
oltre il web.
E’ lo stesso ragionamento
degli imprenditori che volevano improvvisarsi politici:
fu un fallimento, per tutti.
Non è detto che il successo nell’impresa garantisca
anche il successo nella cosa
pubblica. Lo stesso vale per
il web: i blogger al governo
non ispirano molta fiducia. La
politica non si fa solo con like
e link.
Gabriele Cazzulini
9
10
primo piano
Francesco Pira Università di Udine
I social media protagonisti
della nuova stagione politica
La comunicazione politica è entrata in una nuova era, quella dei social
media. Lo sotiene Francesco Pira, docente di Teoria e Tecniche delle
Relazioni Pubbliche e Comunicazione delle Organizzazioni Complesse
dell'Università degli Studi di Udine in un'analisi più ampia che riporta la
riflessione sulla comunicazione politica a quella sui cambiamenti sociali
e relazionali in corso.
di Francesco Pira*
I social network hanno cambiato in maniera radicale il nostro
modo di relazionarci, rappresentano il fulcro della società
web 2.0. I comportamenti, le
azioni, il linguaggio degli individui si sono modificati proprio a
partire da questi nuovi ambienti
relazionali.
Stiamo assistendo ad un allargamento dello spazio sociale,
che vede gli individui sempre
più alla ricerca di nuovi modelli
rappresentazione e di condivisione. Questo villaggio globale
con punti di riferimento ancora
in via di definizione, rappresenta la scommessa nella quale
possiamo pensare di dare vita
ad un cambiamento sociale
importante, dalla caduta delle
ideologie e delle classi sociali
del ventesimo secolo, alla delineazione di una nuova mappa
sociale, nella quale il concetto
di autocomunicazione di massa
introdotto da Castells, sembra
svolgere un ruolo centrale. Il
sociologo sostiene come i flussi
di comunicazione che si creano
in questo nuovo spazio di relazione danno luogo a significato
nella mente pubblica. Un nodo
chiave, perché dal modo in cui
si crea l’opinione pubblica dipende il modo in cui la politica
è in grado o meno di intercettarne la direzione o nel quale gli
strumenti della comunicazione
politica riescono ad entrare in
modo efficace nei flussi di comunicazione. Il crescente bisogno di partecipazione e di nuova rappresentanza che trova
conferma nella nascita di nuovi
movimenti, non consente alla
politica di sottrarsi ulteriormente. I social media rappresentano
ormai un luogo di aggregazione
e confronto nei quali ricerca di
contenuti e di punti di riferimento che annullino la paura
per l’incertezza diffusa si contendono lo spazio. Sono anche il
luogo dove l’autocomunicazione di massa che diventa tassello
per la costruzione di una nuova
cultura partecipativa, così come
l’ha definita Jenkins, frutto di una
costruzione basata sulla capacità di acquisire un’autorevolezza
informale (tutti siamo nodi della
rete) fondata sulla capacità di
essere credibili, affidabili, innovativi. Una sfida fondamentale
non priva di rischi e interrogativi,
che non può non essere affrontata e possibilmente vinta.
La nuova frontiera
della società 3.0.
Siamo entrati in una nuova era,
quella dei social media, certamente non priva di contraddizioni. L’avvento di Internet sembrava aver posto i presupposti
per il superamento del dualismo
comunicativo, il grande villaggio
globale avrebbe abbattuto tutte
le barriere anche quelle linguistiche e culturali, creando maggiori opportunità economiche.
E’ vero che Internet ci ha dato la
possibilità di ricercare in modo
autonomo le nostre fonti, di creare informazione, di metterci in
comunicazione in un modo che
fino a poco tempo fa era impensabile. La parola scritta, parlata,
le immagini, non sono più separate come mezzi distinti ma
sono un unico che permette una
rappresentazione di noi stessi realistica e reale eliminando
barriere fisiche. La caduta di credibilità dei mezzi d’informazione
ci ha dato l’illusione di essere
finalmente protagonisti. Ma se è
vero che oggi abbiamo più potere e maggiori possibilità di scelta
non è così vero che non esistono
più intermediari. La società civile appare in piena disgregazione, la costruzione sociale degli
individui si caratterizza come
prolungamento della resistenza
comunitaria. Ed è proprio «l’analisi dei processi, delle condizioni e dei risultati derivanti
dalla trasformazione della resistenza comunitaria in soggetto
di trasformazione, il campo di
una teoria del cambiamento sociale nell’Età dell’informazione.»
(Castells 2006, p.12) Proviamo
ad analizzare come le tecnologie
dell’informazione si innestano
sui nuovi modelli di networking,
mobilitazione e partecipazione
che si stanno sviluppando seppure in modo non strategico.
Internet è un medium, ma i
social network che eppure si
sviluppano all’interno di questo mezzo appaiono come un
ambiente di relazioni in cui si
supera il concetto di fisicità per
entrare in una nuova dimensione di relazioni tra individui. Le
aziende editoriali in rete sfruttano la tecnologia per intercettare
i bisogni/desideri degli utenti
e sulla base di essi costruire
l’informazione, di fatto stiamo
assistendo al fenomeno del mi
piace applicato all’intero web.
Per stessa ammissione delle
grandi major del web la creazione di contenuti sulla base dei
desideri degli utenti rappresenta
una parte importante della loro
strategia commerciale. Questo
significa che i nostri profili sul
web, le nostre scelte, il nostro
universo relazionale vengono
analizzati, filtrati per proporci
ciò che più si allinea con i nostri gusti. E il mi piace non è più
sufficiente se il social media più
famoso sta pensando di allargare le opzioni a read, listened,
watched e want, naturalmente
con l’intento di profilare meglio
e attrarre l’investitore pubblicitario.(fonte Lsdi.it).
La nuova Agenda setting
Nella costruzione dell’agenda setting, si è sempre tenuto
conto non solo del carattere di
notiziabilità, che faceva si che
alcune news (violenza, sesso,
scandali) colpissero di più l’immaginario collettivo, ma anche
del fatto che alcune notizie dovevano essere date per consentire la costruzione di un’opinione pubblica nell’idea di società
democratica. Oggi il rischio che
si paventa è che prevalga una
visione totalmente utilitaristica
che ci dia l’illusione della libertà
mentre la personalizzazione dei
contenuti che ci viene proposta
nei luoghi dove ci sentiamo più
sicuri, Facebook, Twitter, Google manipoli la nostra capacità
di decifrare i contenuti e annulli
la nostra discrezionalità.
Naturalmente ciò rappresenta
un rischio ed ancora possiamo
scegliere cosa cliccare e chi linkare al nostro profilo, ma le nostre azioni sono comunque tracciate e analizzate. Il modo in cui
si forma l’opinione pubblica e la
Francesco Pira
nostra capacità discrezionale ci
riportano al pensiero di Habermas, il quale sosteneva che:
«[…] questo gruppo di diritti fondamentali che garantiscono una
sfera pubblica con funzioni politiche (per esempio la libertà di parola e d’opinione, la libertà di associazione e di riunione, la libertà
di stampa , ecc) vanno interpretati
non più in modo esclusivamente
negativo ma positivamente, come
garanzie di partecipazione, nella
loro applicazione alla forma effettiva di una sfera pubblica strutturalmente trasformata, se vogliono
pienamente mantenere la loro
funzione originaria." (Habermas,
1971, pp. 268-269)
Da ciò consegue che questi
principi sono ciò che creano le
premesse per l’affermazione di
uno spazio della politica e, quindi, della comunicazione politica,
che non può ridursi ad un’arena
dove esistono una moltitudine
di soggetti (candidati, partiti,
movimenti, liste, leghe, ecc.) che
competono per la conquista del
consenso dei cittadini, utilizzando un ampio panorama di strumenti e mezzi di comunicazione,
ma deve essere uno spazio nel
quale la comunicazione coinvolge anche i cittadini che, liberi di
diffondere le proprie idee, siano
messi nelle condizioni di formare un’opinione non condizionata
e che quindi possano esprimere
la loro preferenza tra i vari soggetti politici, decidendo liberamente da chi debbano essere
rappresentati nelle istituzioni.
Si profila un nuovo modello relazionale che vede nella realizzazione del concetto di cultura
partecipativa di Jenkins il punto
di arrivo.
La democrazia senza
rappresentanza.
Purtroppo una volta di più, e
sono ormai diversi anni che ribadiamo gli stessi concetti, assistiamo ad uno sgretolamento
della forza comunicativa dei
partiti, che dovrebbe basarsi su
contenuti, un sistema di valori
chiaro, la capacità di delineare
una strada e tracciare indicazioni per il futuro. Ormai da troppo
tempo viviamo in un clima da
campagna elettorale permanente, questi quasi vent’anni
primo piano
Il caso
LA LEZIONE DELLA VALLE D’AOSTA
E LE SFIDE DELLA DEMOCRAZIA 2.0
Comunicare è più semplice grazie alle
tecnologie, ma più complesso per le dinamiche
di ricezione e comprensione del messaggio.
di seconda Repubblica, hanno
visto il perpetrarsi di un modello propagandistico basato più
sulle ferree regole del marketing
elettorale che sulla sfida per costituire una relazione forte con il
cittadino. E proprio l’avvento dei
social network, il cambiamento
epocale che ha introdotto nei
meccanismi relazionali degli
individui la disintermediazione
della comunicazione, con tutti i
rischi cui sopra abbiamo accennato, avrebbe dovuto aprire una
profonda riflessione sul ruolo dei
partiti e sul modo di comunicare con i cittadini. Dall’elezione
di Obama del 2008 in avanti
abbiamo assistito ad una forte
e continua penetrazione della
Rete nella vita politica dell’occidente e non solo. Ora più che
mai la competizione politica si
gioca sul web.
Conclusioni
La sfida più grande è trovare un
punto d’incontro. Se ognuno di
noi è un nodo e se come sostiene Castells questo ha dato vita
al fenomeno dell’autocomunicazione di massa, tutto dipende
dalla nostra capacità di aggregare di dialogare, di dare vita
ad un flusso di comunicazione
che possa costruire un nuovo
modello di cultura, quella cultura partecipativa che ci descrive
Jenkins e che conta sull’autorevolezza informale, sulla costruzione collaborativa della credibilità. Il comunicare diventa più
semplice grazie alle tecnologie,
ma più complesso per le dinamiche di ricezione e comprensione
del messaggio. Eppure questo è
il tema centrale perché è su di
esso che si fonda la costruzione
sociale, è dalla capacità di comunicare che dipende il modo
in cui ci rappresentiamo e rappresentiamo il mondo ce ci circonda. Dai flussi di informazioni
e immagini si alimenta la cosiddetta società in rete.
Eppure se la nostra società fosse
realmente basata sul flusso d’informazioni, individuare e dare
forza alle istanze della società,
individuare soluzioni innovative,
costruire e mantenere una relazione con il cittadino dovrebbe
essere semplice, non dovremmo
assistere a questa profonda frattura che divide la politica dalla
società.
Abbiamo iniziato ad attraversare il guado e non vediamo l’altra
sponda, se osserviamo quanto sta accadendo nella società
percepiamo frammenti di un
discorso che si sta costruendo
e che va nella direzione della
cultura che rimanda alla cultura,
le reti informali, i movimenti che
nascono in rete, le esperienze
di vita che diventano veicolo
di condivisione. Tutto questo
nasce dal basso e riguarda i miliardi di persone. Dall’altro però
assistiamo anche all’evoluzione
del potere, sempre più grande e
nelle mani di sempre meno persone che possono “controllare”
miliardi di individui. Una strada
potrebbe essere quella che persegue Andy Carvin manager del
canale pubblico NPR, considerato il miglior account Twitter del
mondo, che con il suo giornalismo partecipativo ha raccontato le storie dei protagonisti della
primavera araba e che ancora
oggi grazie alla sua rete di follower racconta gli eventi della
guerra civile siriana. Costruire
una rete di relazioni affidabili,
costruirsi una credibilità, verificare il racconto dei tuoi amici,
vivere il proprio lavoro come
servizio pubblico e coinvolgere
gli altri facendo percepire il loro
contributo come impegno civico. In questo senso è possibile
superare la complessità della
comunicazione costruendo una
relazione, basata su valori, senso etico, dove cultura rimanda a
cultura, intesa come interscambio e collaborazione alla costruzione di una nuova organizzazione sociale. Questa è la sfida
che devono affrontare i politici
e gli amministratori locali, ritrovare l’etica della loro missione,
ritornare credibili e affidabili,
essere capaci attraverso gli atti
di mostrare che sono al servizio
della comunità e non che sono il
“potere”.
Immergendosi nella società, ciò
significa anche confrontarsi con
i social media, con la trasparenza che impongono e che devono
saper guidare, perché non prevalga la tentazione di dare vita
ad un mondo fatto di solo mi
piace, dove si perde la capacità
di analizzare e far capire e non
si contribuisce alla creazione di
un’opinione pubblica consapevole e partecipativa.
* Università degli Studi di Udine
La Valle d'Aosta rappresenta
un avanposto interessante per la
comunicazione politica. Lo sostiene
Andrea Ferrazzi, Giornalista, consulente politico, esperto di strategie di comunicazione.
Attualmente è responsabile della
Segreteria del Vicepresidente Vi- patto emotivo. Sui manifesti non sono
cario del Consiglio regionale del comparse solo maschere a gas con
Veneto.
messaggi che definivano il pirogassificatore «letale», ma anche bambini
di Andrea Ferrazzi
(!) malati di tumore. In rete la fantasia
si è scatenata: teschi che parlavano,
«Questa è una vittoria della democra- animali con la maschera a gas, la valle
zia», afferma il consigliere regionale invasa dal fumo. Come potevano le
della Valle d’Aosta Alberto Bertin, forze favorevoli all’opera contrastacommentando l’esito del referendum re, dal punto di vista comunicativo,
propositivo contro il trattamento a una campagna condotta sulle paure
caldo dei rifiuti: oltre il 94 per cento e sulle emozioni dei cittadini? Hanno
dei votanti ha detto no alla costruzio- giocato la carta della responsabilità
ne del pirogassificatore (una variante (non a caso il comitato si chiamava
dei termovalorizzatori o, per dirla in Valle Responsabile), pensando che
altro modo, degli inceneritori) voluta favorire la riflessione fosse la scelta
dalla maggioranza di governo locale. giusta. Hanno proposto anche qualche
E’ stato superato lo scoglio del quo- immagine forte (un prato invaso dalla
rum (45 per cento), con circa 51 mila spazzatura), ma senza grandi risultati.
valdostani al voto: quasi la metà degli E non poteva essere altrimenti. Come
aventi diritto. Un trionfo per l’opposi- insegna Drew Westen, buona parte
zione, le associazioni ambientaliste del nostro comportamento riflette
e il Movimento Cinque Stelle che, l’attivazione di reti di associazioni
proprio l’ultimo giorno di campagna emotivamente cariche e questa atelettorale, ha calato l’asso: un comizio tivazione avviene quasi sempre al di
di Beppe Grillo in piazza ad Aosta da- fuori della nostra coscienza. Insomma:
vanti a quattromila persone. Secondo le emozioni vincono sulla ragione. Ani promotori dell’iniziativa, è stato una che in politica. Se a questo sommiamo
prova di forza della democrazia: i il ruolo del web nella circolazione dei
cittadini si sono espressi su un’opera sentimenti («internet crea un flusso
fondamentale per il territorio, contro infinito di reazioni nervose», sostiela volontà politica dello schieramento ne il massmediologo olandese Geert
che governa la Regione Valle d’Aosta. Lovink), è evidente che l’impresa era
Ha dunque ragione il consigliere di op- pressoché improba e il risultato del
posizione nel sostenere che è stato un referendum prevedibile. Che lezione si
successo della democrazia? O si trat- può trarre da quanto successo in Valle
ta, piuttosto, di un'altra pietra tom- d’Aosta? Si tratta, a mio avviso, di un
bale su un sistema politico già in crisi caso emblematico della difficoltà – per
o, per dirla con Carlo Galli, ingrigito? usare un eufemismo – in cui si trovano
Sulla realizzazione del pirogassificato- le istituzioni, che nell’era biomediatica
re i cittadini si sono espressi attraver- appaiono incapaci di trovare una legitso un referendum istituzionalmente timità popolare su scelte complesse
previsto, con regole chiare e precise. che richiedono una conoscenza approQuindi in modo assolutamente demo- fondita delle tematiche che investocratico. C’è stata una partecipazione no. Chi ritiene, anche sulla scia delle
significativa, segno che la popolazio- recenti esperienza referendarie, che il
ne risponde quando è chiamata ad web sia una medicina per le sofferenti
esprimersi su questioni rilevanti per il democrazie, perché agevola la parteterritorio. Ma l’analisi del caso non si cipazione e un’informazione più libepuò esaurire con queste considerazio- ra, assume una posizione ideologica,
ni superficiali, perché c’è un tema che romantica e perciò suggestiva: com’è
merita qualche ulteriore riflessione e bello il mito della rete che si mobilita
che ruota intorno a un fondamentale a favore di una causa giusta e riesce a
interrogativo: i votanti erano corret- vincere sia l’oscurantismo dei media
tamente informati sul tema o si sono tradizionali, sia il potere costituito! Ma
lasciati condizionare da paure e pre- si tratta, appunto, di un mito. In realtà,
occupazioni? La campagna elettorale si può affermare che internet incide
è stata combattuta (è il caso di dirlo) negativamente sul processo democrasenza esclusione di colpi, e con tutti i tico, perché favorisce la scomparsa dei
mezzi a disposizione. Internet e social problemi di interesse pubblico dal dimedia in particolare. I promotori del battito politico, nonché la perdita della
referendum si sono concentrati sulle capacità di analisi critica e di lettura
conseguenze per la salute dei citta- approfondita da parte degli individui,
dini, anche con messaggi a forte im- l’affermazione dell’informazione algo-
ritmica e la conseguente cancellazione
delle questioni complesse e il prevalere
delle notizie che suscitano emozioni.
Sottoposta a un continuo bombardamento di stimoli, la mente delle persone tende a valutare le informazioni
non in base alla veridicità e alla rilevanza, bensì privilegiando le più attuali e, su suggerimento degli algoritmi,
le più popolari le più affini ai gusti e
alle sensibilità di ciascuno. La rottura
del monopolio informativo del vecchio
sistema comunicativo top-down non
garantisce, di per sé, un’opinione pubblica più informata, proprio perché,
nel diluvio di informazioni di internet,
agli individui che stanno smarrendo
le proprie capacità di analisi critica e
approfondita risulta sempre più problematico distinguere, come rileva Lovink, tra «opinioni patrizie» e «dicerie
plebee». In questo quadro, a soffrire
è soprattutto quella che, all’inizio degli anni Sessanta del secolo scorso, il
politologo americano Martin Lispet
chiamò «effettività», cioè «la misura
in cui il sistema riesce ad assolvere alle
fondamentali funzioni di governo».
Grazie alla rete, è più facile comunicare ai cittadini che un pirogassificatore
fa aumentare i casi di tumore, più difficile – se non impossibile – è spiegare
che si tratta di un’opera strategica per
lo smaltimento dei rifiuti. Su questo, si
dirà, i cittadini si sono democraticamente espressi. Bene: ma quali saranno le reazioni di fronte al (possibile)
aumento delle tariffe o alla (possibile)
apertura di una nuova discarica? Con
chi se la prenderanno quegli stessi
cittadini? Con i partiti, con la vecchia
politica, con le istituzioni. E’ un circolo vizioso. Come scrive Furio Cerutti,
«l’efficiente funzionamento della democrazia rappresentativa viene sfigurato da ricorrenti iniezioni di democrazia diretta». Con quali conseguenze?
Davanti allo schermo di un computer,
di un tablet o di uno smartphone, la
«miopia della democrazia» peggiora
inesorabilmente, diottria dopo diottria.
Non si può dimenticare che il «disagio
della democrazia» di cui parla Carlo
Galli nasce anche dalla crisi della sua
effettività, e cioè dalla delusione dei
cittadini verso le sue prestazioni. Ecco
perché vale la pensa chiedersi se la democrazia può morire di troppa democrazia. E’ una questione antica, certo,
che però va rivista anche alla luce delle
trasformazioni nella comunicazione
politica provocate da internet e dai
social media. Sarebbe un errore liquidarla con un click.
11
12
pRiMo piano
il punto
flavia trupia
CoMe si foRMA
UN’opiNioNe
reto-polItIca. l'arte del
Il frameWorK
concettuale
In 5 puntI
nell’era dei social network,
si suppone che sulle questioni
di interesse pubblico tutti i
cittadini siano informati più o
meno adeguatamente e si siano
formati un’opinione consapevole. invece spesso questo non
avviene e le informazioni sono,
nella migliore delle ipotesi,
quantomeno parziali. Ma quali
sono le modalità con cui si
forma l’opinione
L'arte della parola è la vera discriminante nella comunicazione politica secondo flavia trupia. Laurea in filosofia del
linguaggio, consulente di comunicazione, ghostwriter, docente.
Ha pubblicato il libro Discorsi potenti. tecniche di persuasione
per lasciare il segno (franco Angeli ed.). il suo blog è http://
discorsipotenti.blogspot.it/ e’ una blogger di Huffingtonpost.
di flavia trupia
di Matteo Colle
Nell’era dell’informazione
diffusa, in cui i social network
hanno destrutturato i tradizionali
rapporti di potere che regolavano, fino a pochi anni fa, i flussi
delle notizie, in quest’epoca,
insomma, in cui tutto è accessibile e tutti siamo connessi, ci
si aspetta che sulle questioni
importanti, quelle che interessano una cittá o un territorio, tutti
i cittadini siano informati più o
meno adeguatamente e si siano
formati un’opinione piú o meno
consapevole.
Invece chi, come noi, ha dimestichezza di sondaggi di opinione
o ha avuto l’esperienza di una
campagna di relazioni pubbliche
a livello locale e nazionale, sa
bene che così non è. Ciò che
accade è che spesso i cittadini
sono in possesso di informazioni parziali o, addirittura, di
nessuna informazione. Spesso si
riscontrano pregiudizi immotivati, solide convinzioni basate
su notizie o informazioni errate,
confuse o manipolate.
Non è intenzione di chi scrive
ripetere il tradizionale pistolotto
sui social network, sull’impossibilità di verificare notizie e fonti e
sulla facilità di propalare bufale e
falsi miti sul web. Ció che mi interessa qui è cercare di provare
a mettere a fuoco le modalità in
cui si forma l’opinione, la nostra
e quella altrui. Si tratta com’é facile intuire del nodo concettuale
più complesso e, forse, più studiato delle discipline psicosociali.
Senza pretesa di essere esaustivi
ció che possiamo dire è che:
1. La formazione di un’opinione
non dipende solo dalla quantità
o qualità di informazioni. Anche
in presenza di informazioni
corrette e abbondanti, molti perseverano nel mantenere opinioni
tra loro differenti e spesso errate.
2. La capacità di selezionare le
informazioni e di elaborarle dipende certamente dalla preparazione culturale, ma molto di più
da quanto riteniamo affidabile la
fonte e da quanto emotivamente
siamo disponibili ad affidarci.
3. Il discorso pubblico e la
conversazione informale
contribuiscono non poco alla
selezione delle informazione e
alla interpretazione che se ne dà.
Se lepersone in cui riponiamo
fiducia e conosciamo meglio ci
suggeriscono un’interpretazione
ai fatti saremo più facilmente
indotti ad accettarla senza controllo o con minore attenzione
critica.
4. Le idee pregresse, le nostre
convinzioni e valori, rappresentano un potentissimo agente interpretativo che pre-elabora ogni
informazione nuova alla luce del
nostro passato cognitivo.
5. Le emozioni e i sentimenti
contribuiscono non poco a
motivare le nostre decisioni e
definiscono un campo di un’ermeneutica del tutto personale
entrò cui avviene in ultima istanza il processo cognitivo.
Un quadro articolato, dunque, che spiega perchè una
campagna di informazione o di
pubblicità non potrá mai essere
basata solo sulle componenti
razionali del messaggio, solo sui
contenuti più o meno ben definiti
e raccontati. Di grande importanza saranno invece le persone
che diventeranno testimoni
dei contenuti, le emozioni che
saremo in grado di trasmettere,
l’empatia che saremo in grado
di creare.
Per un punto passano infinite
rette. Vero, quindi giusto. Per
un punto passa una e una sola
retta. Falso, sbagliato.
Se la stessa polarità valesse
anche al di fuori delle scienze
esatte, tutto sarebbe immensamente più semplice. Ma
non è così.
La ricetta anticrisi è vera o falsa? Il foulard per coprire i capelli delle donne musulmane
è giusto o sbagliato? È vero
che le escort della politica
sono informazione? Oppure è
vero il contrario: sono gossip?
L’inesistenza, nelle discipline
umane, di una verità indiscussa porta al centro il tema della
persuasione e di uno dei suoi
strumenti principali: l’arte
della parola. La politica ne è il
regno e la retorica ne è regina.
Lo sa bene Obama, tra i massimi oratori nei nostri giorni.
Nei suoi discorsi non si limita
a trasferire informazioni neutre. Perché è consapevole di
non possedere una verità universale, ma di essere portatore di un punto di vista intorno
al quale raccogliere consensi.
E, allora, deve trovare argomentazioni, proporre figure
che permettano alle parole
di far vedere mondi e realtà,
dare ritmo e respiro alle idee.
Un esempio. Nel recente discorso della vittoria, il presidente Usa ha tradotto il
proprio auspicio di unire il
Paese servendosi di un triplo
paradosso. Un espediente
che appare in tre periodi che
si susseguono con la stessa struttura, dando vita a un
tempo, a una frequenza, a un
ritmo:
"Questo Paese gode di maggiore prosperità di ogni altra
nazione, ma non è ciò che ci
rende ricchi. Abbiamo l'esercito più potente della storia,
ma non è ciò che ci rende
forti. La nostra università, la
nostra cultura sono l'invidia
del mondo, ma non è ciò che
porta il mondo sulle nostre
coste. Ciò che rende grande
l'America sono i legami che
uniscono la più diversificata
nazione del mondo, la convinzione di avere un destino
comune [...]."
Anche Angela Merkel - la gelida Frau Merkel - non disdegna la retorica e le sue strategie. In un discorso tenuto al
Congresso degli Stati Uniti, il
4 novembre 2009, allontana
politica e Diplomazia
Dai rapporti riservati a Twitter.
di Antonio Deruda
“Rimango sempre sorpreso
quando i miei colleghi mi chiedono perché uso Twitter. La
vera domanda sarebbe: perché
voi non lo usate?”.
Parola di Tom Fletcher, ambasciatore britannico in Libano,
che in una recente conferenza
a Beirut ha sottolineato l’inedito, e per certi versi singolare,
rapporto tra la diplomazia e
i social media e ha esortato i
colleghi a rivedere il proprio
lavoro alla luce delle nuove
tecnologie digitali: “la migliore
espressione della diplomazia
è sempre stata un binomio tra
interpretare il mondo e cercare
di definirne le sorti. I diplomatici che svolgono solo la prima
attività dovrebbero lavorare
nelle accademie. Quelli che
si dedicano solo alla seconda
dovrebbero stare in politica.
Quelli che fanno entrambe,
dovrebbero essere su Twitter”.
Tom Fletcher, insieme a numerosi diplomatici di tutto il
mondo, sta cavalcando con
impeto l’onda digitale che ha
investito una delle professioni
più antiche e meno permeabile ai cambiamenti. Se nella
diplomazia tradizionale gli ambasciatori avevano il principale
compito di mantenere i legami
con i governi dei Paesi ospitanti, oggi questo rapporto bi-direzionale si è tramutato in una
sfera più ampia e articolata di
relazioni che coinvolge molteplici attori. «Gli Stati sono
ancora importanti, ma il palcoscenico è sempre più affollato». Così lo studioso Joseph
Nye, il padre del concetto di
“Soft Power” in politica estera,
ha sintetizzato questo nuovo
ecosistema in cui i diplomatici
sono chiamati a inserirsi per
monitorare l’opinione pubblica e diffondere i messaggi ai
diversi pubblici di riferimento,
cercando di estendere la sfera
di influenza e di promuovere la
reputazione e gli interessi del
proprio Paese. Usando i mezzi
più efficaci a loro disposizione,
compresi i social media.
Il Presidente del Consiglio
Europeo che twitta durante
riunioni a porte chiuse, il Segretario Generale dell’Onu che
dialoga con i cittadini cinesi su
Sina Weibo, il rappresentante britannico presso la Santa
Sede che racconta senza remore la sua attività su un blog,
l’ambasciatore americano in
Russia che si presenta con un
video su YouTube. Sono alcuni esempi di questo nuovo
rapporto tra due mondi all’ap-
primo piano
dire nella comunicazione dei politici
il possibile, micidiale “effetto freddo e noia”, scaldando
l’atmosfera attraverso la narrazione di vicende personali della sua infanzia vissuta
nella Germania dell’Est. L’occasione è l’anniversario della
caduta del Muro di Berlino e,
di fronte a tutto il mondo, la
Merkel parla di jeans:
“Che cosa guadavo e che
cosa leggevo? Quali erano le
mie passioni? Ero conquistata dal sogno americano. L’opportunità per ognuno di avere
successo, di farcela nella vita
attraverso l’impegno personale. Come tanti altri adolescenti, ero conquistata da una
certa marca di jeans che non
si trovava nella Ddr e che mia
zia dalla Germania Ovest mi
mandava regolarmente.”
Ma veniamo all’Italia. “Finiremo come la Grecia” vi dice
qualcosa? Come abbiamo
potuto constatare, il governo tecnico non ha abbassato
il tasso di retorica. Le argomentazioni usate da Monti
per descrivere la crisi, e far
accettare agli italiani le conseguenti misure, sono state
plumbee, tinte di tragedia:
“La riduzione del debito pubblico è un’esigenza totale. E
ogni deviazione rischia di far
sprofondare il Paese in un
abisso, l’esempio della Grecia
è vicino.”
Un altro esempio di eloquenza made in Italy riguarda le
primarie del centro-sinistra,
che hanno appassionato i cittadini e i media nel novembre
appena passato. In particolare, Renzi e Bersani - finiti
al ballottaggio - hanno avuto
modo di affermare il proprio
stile oratorio: gli “effetti speciali”, il primo; gli “effetti normali”, il secondo.
Renzi, sempre combattivo
e adrenalinico, ha puntato
sul cavallo di battaglia della
rottamazione.
Un'interessante operazione linguistica, che porta a deformare il
linguaggio, inducendo a una
percezione inedita. È quanto
succede prendendo in prestito l'espressione "rottamare"
dal mondo delle auto usate e
trasportandola in quello della
politica. Il termine contiene in
sé una premessa sottintesa:
ciò che è nuovo è buono, ciò
che è vecchio è privo di va-
lore. Una visione del mondo,
un punto di vista che non viene messo in discussione ma
viene affermato come doxa,
come opinione comune, condivisa da tutti anche se non lo
è necessariamente.
Lo "stile giovane" di Renzi si
è tradotto attraverso il ricorso
sistematico a slogan come:
“Trovare lavoro perché si conosce qualcosa, non perché si
conosce qualcuno."
A quanto pare il sindaco ha
ben presente quella vecchia
regola che indica nella ripetizione assillante la vera
invenzione della pubblicità:
la stessa frase, con le stesse
parole, con la stessa espressione. Mille volte, senza pietà.
Bersani, ha sfoderato invece il
linguaggio contadino da perfetto brav’uomo, opponendo
concretezza ai fuochi d’artificio del suo giovane collega.
Alla promessa di Renzi di garantire 21 miliardi, 100 euro
per tredici mensilità a tutti
coloro che guadagnano meno
di 2 mila euro al mese, Bersani replica:
"Io non prometto 20 miliardi
l'anno prossimo, ecco lo dico
subito così ci intendiamo.
[...] Con cinque anni così alle
spalle non se ne esce rapidamente."
Una normalità accentuata
dal linguaggio terreno, rurale, decisamente lontano dal
politichese delle convergenze
parallele. Una scelta che dà
il via libera alle parabole da
fratellone maggiore che suonano familiari anche se non le
si è mai ascoltate prima. Passerà alla storia: "C'è chi preferisce un passerotto in mano
che un tacchino sul tetto.” E,
come abbiamo avuto modo di
constatare, ha funzionato. Gli
effetti normali hanno vinto.
La riflessione sulle potenzialità del dire riporta l'attenzione sul tema sempre attuale
della persuasione e sull'etica
degli strumenti che mette in
campo. Tra questi la retorica.
L'arte oratoria è magia nera
o magia bianca? Veicolo di
corruzione o strumento democratico per dare gambe a
un'idea?
La storia ci insegna che può
essere l'una o l'altra cosa.
La retorica è neutra. Sta a noi
decidere come usarla.
Com'è cambiata la comunicazione diplomatica
parenza così lontani: da una
parte la diplomazia, paradigma
di discrezione e riservatezza, e
dall’altra parte il web, simbolo
di apertura e partecipazione.
La diplomazia digitale è un affascinante fenomeno di comunicazione che coinvolge sempre più nazioni e dà vita a una
sorta di risiko online in cui lo
scopo finale non è la conquista
del territorio, ma dell’opinione pubblica internazionale. La
conseguenza più evidente di
questo fenomeno è inaspettata e quasi paradossale: i diplomatici sono attualmente i più
all’avanguardia in tutto l’arco
istituzionale nell’uso dei social
media.
Negli ultimi mesi anche il nostro Ministero degli Esteri ha
cominciato a muoversi con dinamismo in questo nuovo terreno digitale che lascia ancora
disorientate molte feluche abituate a tessere relazioni dietro le quinte dei palazzi e non
tramite tweet da 140 caratteri.
Dopo il deciso impulso dato
dal ministro Giulio Terzi, affiancato da un Consigliere per
la Digital Strategy, la Farnesina
ha avviato un percorso che ha
un obiettivo ambizioso: portare la rivoluzione digitale nel
cuore del ministero. Le tappe
di questo percorso cominciano già a intravedersi con
chiarezza: il profilo Twitter del
ministro in poco tempo ha raggiunto quasi 25.000 follower;
Terzi è l’unico della compagine
governativa ad avere una pagina su Facebook, che in poco
tempo è divenuta un interessante spazio di dialogo con i
cittadini (quasi 300.000 interazioni a settimana); lo studio
dell’Agence France Presse
sulla e-diplomacy ha inserito
il capo della nostra diplomazia
nella top ten degli influencer
italiani; l’ufficio stampa ha creato un nuovo account Twitter,
@farnesinapress, che diffonde
notizie direttamente ai giornalisti e ai cittadini; il sito web
del Ministero ha ora una nuova
veste e prevede anche l’uso di
strumenti di storytelling multimediale; l’organizzazione da
parte della Farnesina di due
conferenze sulla “Twiplomacy” a Torino e Washington ha
posto in primo piano il dibattito sulla diplomazia digitale;
l’ambasciata italiana negli Usa
ha da poco inaugurato la piattaforma online “Social Media
Hub”, che può diventare un
modello anche per altre missioni; l’Istituto Diplomatico,
infine, sta dedicando una crescente attenzione alla forma-
zione tecnologica dei funzionari.
Il prossimo tassello sarà l’ufficializzazione del nuovo Maecom, il piano di comunicazione della Farnesina per il 2013,
attualmente in valutazione alla
Presidenza del Consiglio. Il documento dedica ampio spazio
alla comunicazione online, ponendo l’accento sulla necessità di comunicare in modo non
convenzionale e più informale,
di stabilire un vero dialogo online con gli utenti e di snellire la
catena di comando. Il Maecom rappresenta un punto di
partenza fondamentale per
l’innovazione della diplomazia
italiana. Innanzitutto perché
esprime il riconoscimento politico dell’importanza dei nuovi
strumenti digitali e in secondo
luogo perché offre un quadro
strategico di riferimento, che
finora mancava, all’interno del
quale si potranno sviluppare le
future iniziative di comunicazione online per promuovere
l’immagine e gli interessi del
nostro Paese all’estero.
13
14
professione
Emanuele Invernizzi - Università IULM
DALLE Relazioni pubbliche
ALLA CORPORATE
COMMUNICATION
Il Manuale di Relazioni pubbliche di Emanuele Invernizzi si rinnova aprendosi ai
cambiamenti intervenuti nella professione nell'ultimo decennio. Sin dal titolo la più grande
novità: Invernizzi abbandona l'espressione "manuale" e introduce il termine "corporate
communication", il vero nuovo framework verso cui si stanno evolvendo le Rp. I nuovi
volumi arrivano a dieci anni dalla prima edizione. Nel 2001-2002, infatti, usciva la prima
edizione, e nel 2005-2006 la seconda edizione, dei due tomi di quello che è divenuto il più
diffuso Manuale di Relazioni Pubbliche italiano curato da Emanuele Invernizzi. Il professore
dell'Università IULM ci anticipa in esclusiva i contenuti anche del secondo volume che
arriverà in libreria a febbraio 2013. La nuova edizione si differenzia dalle precedenti in modo
evidente già dal titolo, che è diverso, ma anche per essere curati assieme a Stefania
Romenti. Nella prefazione Invernizzi scrive "che questa edizione è così profondamente
diversa dalle precedenti, al punto da rappresentare un nuovo libro". Ma già nelle precedenti
edizioni il manuale ha rappresentato un’importante sistematizzazione delle conoscenze e
delle competenze necessarie ai professionisti, forse il primo manuale in Italia in grado di
coniugare le tecniche operative con adeguate fondamenta scientifiche.
di Giancarlo Panico
Che cos’ha di diverso questa
nuova edizione e cosa offre in
più rispetto alle precedenti?
Perché in altre parole rappresenta, come tu dici, un nuovo
libro?
Il numero e la rilevanza dei
cambiamenti e delle novità
sono annunciate dal titolo
che, innanzi tutto, abbandona
il termine manuale - pur mantenendone le caratteristiche
di operatività, di facilità di lettura e di utilità per i professionisti. L’obiettivo è di sottolineare che i due volumi offrono
non solo strumenti pratici e
operativi, come di solito fanno
i manuali, ma che sono volti a
evidenziare le tendenze di sviluppo della professione e del
ruolo che oggi essa è in grado,
ed è chiamata, a svolgere per
il governo e per il successo
delle imprese.
In secondo luogo, al termine Relazioni Pubbliche viene
affiancato nel titolo quello di
Corporate Communication,
per sottolineare che l’approccio adottato non si basa
solo su tecniche operative di
comunicazione ma anche, e
principalmente, sulle discipline del management. La funzione comunicazione infatti
nelle imprese è diventata una
leva strategica a disposizione
del top management come lo
sono le più consolidate fun-
zioni delle RU, della finanza e
del marketing - e i professionisti di comunicazione devono
disporre di competenze manageriali per poter svolgere
adeguatamente il loro ruolo.
Tutti questi cambiamenti
annunciati col nuovo titolo,
Relazioni Pubbliche e Corporate Communication, rappresentano un importante punto
di riferimento e una guida ai
profondi cambiamenti che
Stefania Romenti e io abbiamo introdotto nella scelta e
nell’impostazione dei diversi
capitoli raccolti nei due volumi.
Il nuovo titolo vuole quindi
sottolineare un approccio di
questa nuova edizione che
tende ad ampliare il ruolo
professionale della comunicazione e quindi a declinare
le competenze tecniche necessarie con un approccio più
vicino all’economia aziendale
e al management. Si tratta di
un obiettivo molto ambizioso
e forse indispensabile per consentire alla professione quel
salto di qualità necessario alle
esigenze di comunicazione
che le moderne organizzazioni manifestano.
Ma tutto ciò come si traduce
in nuovi contenuti del libro relativamente in particolare al
nuovo ruolo che il professionista è chiamato a svolgere?
Il cambiamento forse più
importante proposto nella
nuova edizione riguarda proprio l’analisi e la descrizione
del ruolo più strategico che
la professione, e il direttore
comunicazione in particolare,
sono chiamati a svolgere nelle
imprese e nelle organizzazioni
in generale
Il ruolo strategico che la funzione e il direttore comunicazione svolgono sono descritti
nel primo capitolo, facendo
riferimento sia ai più recenti
contributi presenti nella letteratura internazionale sia
ai risultati di ricerche italiane e internazionali. Il quadro
che emerge rappresenta un
cambiamento radicale nella
professione e nel contributo richiesto alla funzione e al
direttore comunicazione: da
attività tecnica di comunicazione collocata alla fine dei
processi produttivi e gestionali (comunicare ciò che altri
hanno deciso) a un’attività di
consulenza che si colloca nella fase iniziale e all’interno dei
processi decisionali strategici
(contribuire a tutte le decisioni aziendali, in particolare valutando e suggerendone la dimensione comunicazionale).
Un’altra dimensione importante del ruolo della comunicazione è quella che fa
riferimento al modello della
comunicazione imprenditoriale che Stefania Romenti e io abbiamo elaborato e
Emanuele Invernizzi
presentato l’anno scorso al
convegno dell’International
Communication Association
a Boston. Il modello della comunicazione imprenditoriale
evidenzia il supporto che la
comunicazione è sempre più
chiamata a dare per sostenere le più importanti attività
imprenditoriali delle imprese,
quelle che concorrono a determinarne il successo.
E per quanto riguarda il contenuto dei capitoli che fanno
riferimento ai diversi servizi e
alle diverse competenze specialistiche del professionista,
quali le principali novità?
Per quanto riguarda i singoli
capitoli relativi alle diverse
competenze e ai diversi servizi specialistici, sono stati
tutti profondamente rivisti tenendo conto sia del ruolo più
strategico che ciascuna attività di RP e comunicazione è in
grado di giocare, sia dell’evoluzione intervenuta nelle nuove tecniche e strumenti oggi
disponibili, come per esempio
i social media.
Alcuni capitoli sono stati
quindi profondamente modificati mentre altri sono stati
riscritti da studiosi che sono
anche professionisti con una
profonda conoscenza del
tema trattato, come il capitolo
sull’etica e la comunicazione
professione
La ricerca
della CSR che è stato scritto
da Giampaolo Azzoni. Altri
invece sono del tutto nuovi,
come per esempio quelli che
riguardano la comunicazione
di marketing, le RP internazionali e la misurazione dei risultati della comunicazione.
La comunicazione di marketing rappresenta un settore
tradizionale di attività professionale ma che, con l’avvento
del marketing relazionale e
degli strumenti di marketing
non convenzionale, ha assunto una posizione dominante all’interno del marketing
stesso. I vari Guerrilla, Virale,
Ambush, Stealth marketing,
sono strumenti di marketing o
non sono piuttosto strumenti
di comunicazione tout-court?
Questi e altri temi specifici
della comunicazione di marketing sono stati affrontati e
descritti da Renato Fiocca e
da Rossella Gambetti dell’Università Cattolica.
Le RP internazionali rappresentano oggi una dimensione
imprescindibile per ogni professionista, dal momento che
il processo di globalizzazione
e la diffusione delle nuove
tecnologie di comunicazione
hanno accelerato il processo
di aggregazione dei pubblici in
organizzazioni reali o virtuali
portatrici di interessi e quello
di responsabilizzazione dei
cittadini pronti a far sentire la
propria voce in ogni momento. Impossibile dunque per i
professionisti non avere oggi
una competenza specifica
sulle RP internazionali. Questo capitolo è stato scritto da
Chiara Valentini, una studiosa
nota in Ferpi che oggi lavora
all’Università di Aahrus in Danimarca.
La misurazione dei risultati
della comunicazione rappresenta infine la componente
tecnica che è evoluta maggiormente negli ultimi anni
contribuendo col suo sviluppo
all’evoluzione della professione stessa. Negli ultimi anni è
stato svolto un intenso lavoro
da accademici e professionisti che sembra dimostrare
quanto abbiano preso alla
lettera l’affermazione di Kaplan e Norton “ciò che non
può essere misurato, non
può essere gestito”. I professionisti paiono infatti essersi
resi conto che solo una valutazione sistematica e metodologicamente corretta, può
evidenziare al top management dell’impresa il ruolo che
la comunicazione è in grado
di esercitare. Il capitolo sulla
misurazione è stato scritto da
Stefania Romenti, che in Italia
è certamente una delle maggiori esperte del settore.
European Communication Monitor:
il futuro della professione in Europa
In effetti le novità sono davvero molte. Come concludiamo?
Concludiamo con una chicca.
Si tratta del metodo START
che Stefania Romenti e io
abbiamo elaborato per progettare e gestire le attività di
comunicazione. La novità è
l’abbiamo messo a punto non
solo per gestire le attività operative della comunicazione,
ma anche per progettare e governare le attività più strategiche, quelle che ancora pochi
direttori della comunicazione
riescono ad attivare nelle organizzazioni in cui operano.
L’esempio del metodo START
è solo uno dei tanti che a mio
avviso testimoniano che fino
ad ora non abbiamo parlato
della semplice riedizione di un
manuale, bensì di due volumi
nei quali gli interessati possono trovare anche innovazione
e know-how professionale.
Quali le sfide che i professionisti
della comunicazione dovranno
affrontare nei prossimi anni?
Questo il tema di discussione
dello European Communication
Expert Panel, il workshop di professionisti ed esperti di relazioni
pubbliche e comunicazione, organizzato da Ketchum - Pleon in
collaborazione con l’Università
Iulm che si è tenuto lo scorso 8
ottobre a Milano. Il workshop ha
riflettuto sui risultati emersi dallo
European Communication Monitor (ECM) 2012, la più grande
survey transnazionale sullo stato
dell’arte dei professionisti della
comunicazione promossa da Euprera (European Public Relations
Education and Research Association) e condotta in 42 paesi
europei ogni anno a partire dal
2007. Dopo i saluti di Giovanni
Puglisi, Rettore dell’Università
Iulm, Andrea Cornelli, CEO di
Ketchum - Pleon Italia, ha introdotto i lavori sottolineando l’importanza della collaborazione
proficua tra università e mondo
della professione. Emanuele Invernizzi ha poi presentato i cinque principali trend emersi dalla
ricerca European Communication Monitor 2012 e ha invitato
i discussant presenti in aula a
commentarli e a condividere le
proprie opinioni ed esperienze.
I professionisti che hanno partecipato alla discussione sono
stati: Walter Bruno (Humanitas), Elena Cannataro (Gruppo
Generali), Luigi Caricato (BTicino), Roberta Cocco (Microsoft
Italia), Giuseppe Costa (Regione
Lombardia), Simona D’Altorio
(METRO), Carlo Fornaro (Past
Telecom Italia), Gabriella Gemo
(Intesa Sanpaolo), Birgit Mayr
(BLS), Raoul Romoli Venturi
(Ferrero), Sergio Tonfi (Philips) e
Alessandro Toppi (Edenred).
Ecco una sintesi delle riflessioni e
delle idee emerse dal workshop.
La polifonia di voci
I punti di contatto con gli stakeholder aumentano, i social
Le copertine della nuova edizione del Manuale di Emanuele Invernizzi
Polifonia di voci, nuove regole
e standard, creazione di valori,
gestione dei social media e leadership della comunicazione:
queste le principali evidenze
emerse durante lo European
Communication Expert Panel,
il workshop che lo scorso 8
ottobre ha richiamato a Milano
alcuni dei più autorevoli professionisti di Rp per commentare
i risultati dell’indagine internazionale di Euprera.
di Stefania Romenti
e Silvia Biraghi
media offrono un’inedita possibilità di accesso e le logiche di
autorialità dei contenuti si trasformano. Per le organizzazioni
ha quindi ancora senso cercare
di parlare con una sola voce?
Secondo i discussant, la polifonia
è un’opportunità quando non è
sinonimo di caos, ma ha come
filo conduttore l’identità aziendale. Dunque polifonia di voci sì
in termini di pluralità di speaker,
ma con alle spalle una cabina di
regia forte, capace di ascoltare,
di coordinare i punti di contatto
con i pubblici, di integrare i contenuti dei messaggi, di scegliere i
linguaggi più adatti e di proporre
una storyline coerente.
accorciato gli orizzonti temporali
rispetto ai quali gli obiettivi devono essere formulati e conseguiti.
Che fare dunque per trasformare la comunicazione in un vero
e proprio partner del business?
Trovare un accordo su un set di
indicatori di performance chiari e
precisi su cui misurare e mostrare i risultati della comunicazione
sembra essere l’urgenza ad oggi
può sentita dai professionisti di
comunicazione.
Gestione dei social media
Cresce sempre di più la differenza tra l’importanza che i comunicatori dichiarano di attribuire ai
social media e l’effettiva capacità
di implementare un’efficace co-
il convegno a Milano
Nuove regole e standard
Le aspettative di trasparenza, la
dinamicità dei social media e il
respiro internazionale e crossculturale della comunicazione
pongono quotidianamente sfide
di carattere etico ai comunicatori.
Come agire? Creazione di nuove
regole e appello alla responsabilità individuale sono la via indicata
dai discussant. Da un lato, le logiche sociali della rete richiedono
nuovi modelli comportamentali
sia per i dipendenti che parlano
dell’azienda nei loro spazi 2.0
privati sia per gli stakeholder che
sono ospitati a interagire sugli
spazi virtuali dedicati all’azienda.
Dall’altro lato, le regole non bastano se non sono accompagnate dalla responsabilità individuale
nell’utilizzo delle arene sociali di
dialogo on-line come spazi di trasparenza e autenticità.
Allineamento con la strategia,
creazione di valore
Connettere gli obiettivi di comunicazione con quelli strategici
dell’organizzazione,
mostrare
l’impatto della comunicazione e
sviluppare competenze di management dovrebbero essere le
priorità di tutti i comunicatori.
Facile a dirsi, ma difficile a realizzarsi secondo il gruppo di esperti
italiani. In particolare questo è
vero in un momento in cui la crisi economica ha drasticamente
municazione 2.0. Perché? La proliferazione degli strumenti e delle
piattaforme on-line, la mancanza
di preparazione tecnologica e la
velocità con cui le dinamiche in
rete evolvono rende difficile scegliere cosa consolidare e cosa
abbandonare. Problema che può
essere risolto solo utilizzando la
chiave dell’utilità: implementare
ciò che risponde ai bisogni degli
interlocutori dell’impresa attraverso il linguaggio più a loro naturale e vicino, questa la chiave
per affrontare con successo le
sfide poste dai social media.
Leadership della comunicazione
Come tutte le funzioni aziendali
anche la comunicazione deve
saper sviluppare una propria
leadership. Quali dunque le caratteristiche e le competenze
richieste? Una leadership composita secondo l’Expert Panel,
che richiede la capacità di cogliere con uno sguardo d’insieme
tutto il business e al contempo
una particolare sensibilità per
comprendere i riflessi che la comunicazione avrà in ogni ambito
di attività.
Questi i risultati in sintesi dello
European Communication Expert Panel verso il futuro della
comunicazione d’impresa in Europa. Uno scenario ricco di sfide
pronte da cogliere per i relatori
pubblici.
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professione
Strumenti
Il web 2.0 e l'ansia
da reputazione
La reputazione online è
diventata ormai un parametro di valutazione del
sè. La stima ed il valore
delle persone si fonda sul
Klout. La lettura ironica
di Biagio Carrano di un
fenomeno sempre più
diffuso.
di Biagio Carrano
Una nuova ansia assilla il
maschio telematico (ma
anche la femmina).
Se per secoli il maschio
si è confrontato con i
suoi simili celebrando
erezioni telescopiche e
durevolezze che sfidavano
le ere geologiche, oggi
gli esemplari più evoluti
e e socialmediamente
più raffinati puntano a
sviluppare una ipertrofica
Reputazione Digitale,
metro ultimo e definitivo
della loro cibercelebrità
e delle loro qualità di
markettari digitali. Eh sì,
l’evoluzione sociale passa
attraverso quel che si
mette in mostra di sé. Ne
passavano di anni luce tra
il cafone erotomane che
sbraita “tengo ‘na mazza
tanta” (pensate a qualche
deprivato sociale e culturale? E invece leggete qui)
e il cafone arricchito che
esibiva una Mercedes così
lunga da far sospettare un
suo precedente utilizzo
come carro funebre. Ora
queste tipologie subumane sono state superate e
sublimate dal superuomo
(e anche superdonna)
digitalizzato, il quale,
grazie all’uso combinato
e compulsivo di tutti i
media sociali conosciuti, di
massa o di nicchia, punta
non tanto ad attributi fisici
o materiali ma alla sua
Reputazione anzi, alla sua
Reputation. E chi sei, se
non un #Poernano, se hai
meno di 8000 followers
su Twitter? Se davvero
conti qualcosa come
minimo devi avere un secondo profilo su Facebook,
aperto per gratificare tutte
le migliaia di persone che
questuavano di entrare tra i tuoi amici dopo
essere stati anticipati dai
primi 5000 privilegiati del
profilo numero uno. Oggi
il superuomo digitalizzato
Da Melbourne il nuovo
Un cambio di paradigma
attivo dei pubblici nella
Con il Mandato di Melbourne prosegue il cammino di
rinnovamento della professione delle Relazioni pubbliche
con un ruolo sempre più strategico nelle organizzazioni. I
modelli di attuazione degli Accordi di Stoccolma, presentati
da Ferpi, tra i toolkit del Melbourne Mandate.
afferma con orgoglio: “ho
un Klout a 76” e tu che sei
sotto 60 non sei nessuno”.
E visto che i giornalisti della
carta stampata hanno scoperto nella stessa settimana addirittura che esiste un
qualcosa come il misterioso
e potentissimo Klout (un
algoritmo le cui logiche non
sono pubbliche e criticatissimo da chiunque si occupi
di media sociali), che è
stato elaborato il concetto
(generico e fuorviante, se
assolutizzato) di influencer,
che addirittura Twitter
funziona diversamente da
Facebook (impegnandosi
a fondo scopriranno che
ci sono addirittura decine e decine di altri siti di
social networking), allora
diamogli una mano e facciamogli sapere che Google
ha un servizio abbastanza
sottaciuto che si chiama
Io sul web che aiuta a monitorare e anche a ripulire
la propria identità digitale,
che il RepScore di Naymz
ti indica da uno a cento la
tua reputazione sui media
sociali (così Repubblica
potrà raccontare di un altro
strumento misterioso usato
dagli accoliti di Grillo), che
Reputation.com ti consente
sì di eliminare contenuti
e immagini imbarazzanti
ma non riesce ancora a
fare molto per cancellare i
permalink che testimoniano
l’arroganza e l’ignoranza
dei giornalisti che trattano
e parlano di cose che poco
conoscono. Orrore! l’ultima
sgarzolina di agenzia ha un
Klout più alto del blogger
pluripremiato: ecco che
l’ansia da reputazione inizia
ad assillare chi opera nella
comunicazione digitale.
Sarebbe proprio il caso
di dire: non facciamoci le
pippe! Chi li ha, diffonda sul
web contenuti intelligenti
ed efficaci. La reputazione
verrà da sé, parola di ciberandrologo.
Il compito delle Relazioni
pubbliche è quello di costruire e mantenere relazioni forti
tra un’organizzazione e i suoi
pubblici, e, così facendo, dare
un contributo cruciale alla
società. Inizia così ilMandato di Melbourne, il nuovo
documento globale sulle Rp
approvato nel corso dell’ultimo World PR Forum, che si è
tenuto dal 18 al 20 novembre
in Australia, da oltre 700 professionisti provenienti da 30
Paesi.
“Gli Accordi di Stoccolma del
2010” - continua il documento
con cui argomentare il valore
delle Rp - “hanno affermato le
caratteristiche dell’organizzazione comunicativa e il valore
delle Relazioni pubbliche e
dei professionisti della comunicazione in tema di management, governance, sostenibilità e comunicazione interna
ed esterna. Oggi, per la prima
volta nella storia, l’accesso
dei pubblici della comunicazione alla comunicazione
stessa come protagonisti rap-
presenta la vera nuova sfida e
allo stesso tempo un’opportunità per le relazioni pubbliche, le organizzazioni e per la
società. Il nuovo scenario che
si sta delineando richiede un
nuovo mandato per le Rp e,
più in generale, per la comunicazione”.
Il nuovo ruolo delle Rp
Secondo il nuovo Mandato di
Melbourne, i professionisti di
Rp e di comunicazione hanno
il compito di:
• definire e mantenere il carattere e i valori di un’organizzazione;
• costruire una cultura dell’ascolto e del coinvolgimento
dei pubblici;
• promuovere comportamenti
responsabili da parte di individui e organizzazioni.
Questi ruoli sono essenziali
e interconnessi: l’organizzazione deve comprendere il
proprio carattere e la propria
responsabilità di avere un impegno significativo nei confronti dei propri stakeholder.
Nel loro insieme, questi ruoli
Who has seen the Future - i risultati della ricerca presentata al WPRF
Le Relazioni pubbliche del futuro.
Il governo delle relazioni
con stakeholder e influenti
continuerà ad avere un ruolo
strategico per le organizzazioni. E’ ciò che emerge dalla
ricerca "Who has seen the
Future", promossa da Enel e
realizzata da due dei più
autorevoli professionisti del
mondo presentata al World
PR Forum di Melbourne.
Il successo nel business e
la leadership nella società
globale dipendono dalla
capacità dell’azienda di
anticipare, identificare,
individuare le priorità e
affrontare le aspettative i
bisogni di un ampio spettro
di stakeholder e “influenti”.
Questo uno dei risultati
più significativi della
ricerca promossa da Enel
e condotta da Jean Valin
e John Paluszek, entrambi
past president di Global
Alliance, oltre che due dei
più autorevoli professionisti
mondiali delle Relazioni
pubbliche. La ricerca Who
has seen the future? A
report on public relations
professional competencies
and innovative corporate
approaches to external
relations, presentata al World
Pr Forum di Melbourne,
traccia e anticipa le tendenze
future nelle Rp partendo
da un’accurata analisi dei
cambiamenti degli ultimi
anni.
Le evidenze della ricerca
suggeriscono che:
le competenze principali,
come mostrato dalle
principali agenzie di Rp
dalle - sono già praticamente
universali ma offrono solo
un punto di partenza nella
creazione di eccellenza.
I professionisti delle Rp
si trovano ad affrontare
sempre maggiori
competenze che vanno
al di là delle tradizionali
Relazioni pubbliche e solo
pochissime ne restano
escluse. Ovviamente, il
comportamento etico
continua ad essere la
competenza che supporta
tutte le altre.
le aziende che eccellono,
o sembrano eccellere,
in almeno un’area delle
Rp hanno raggiunto
questo successo essendo
professione
mandato per le Rp
dettato dal ruolo
comunicazione
formano un contributo essenziale alla strategia dell’organizzazione, e per la società in
cui essa opera.
Il nuovo mandato indica compiti, responsabilità e principi
che possiamo attivamente
utilizzare per ridefinire la funzione e il ruolo delle Rp.
Il draft del Mandato di Melbourne, presentato lunedì 19
novembre, è stato discusso,
condiviso e modificato con i
circa 300 commenti arrivati
durante le sedute e via web.
Un processo partecipato e
trasparente che ha ricevuto
l’approvazione dell’assemblea dei delegati.
La giornata del 19 novembre
si era aperta con un keynote
speech di Richard Edelman
che ha invitato i Relatori Pubblici a evolvere il ruolo della
professione dalla gestione
della percezione al cambiamento della realtà .
Ed è in fondo stato questo il
sentimento comune che ha
connotato la due giorni del
WPRF, il Forum mondiale delle Relazioni Pubbliche. Delegati da tutto il mondo hanno
avuto il piacere di ascoltare
e la possibilità di interagire
con alcuni tra i più stimati
professionisti al mondo: da
John Paluszek a Anne Gregory, da Paul Holmes a Toni
Muzi Falconi, passando per
l’attuale presidente di Global
Alliance, Daniel Tisch e il suo
predecessore, Jean Valin, tutti protagonisti attivi del nuovo
mandato.
Le best practices italiane
a Melbourne
L’Italia e Ferpi non hanno
mancato
l’appuntamento,
presentando martedì 20 l’apprezzato caso CSR di illy, con
Anna Adriani, che ha suscitato grande interesse e reso
tutti i partecipanti provenienti
dal Belpaese orgogliosi di essere italiani. Ottimi riscontri
anche per la best practice
Enel, presentata dalla responsabile comunicazione interna,
Maria Cristina Milano e per l’
intervento dell’italiano - anche se ormai tedesco d’adozione - Emilio Galli Zugano,
capo comunicazione di Allianz.
Il documento finale del World PR Forum di
Melbourne è stato discusso e approvato da oltre
700 professionisti di tutto il mondo
Grande interesse anche per
la presentazione dei risultati
dell’implementazione degli
Accordi di Stoccolma in Italia, con un focus speciale sui
gruppi educational e turismo,
curata da Biagio Oppi nella sessione guidata da Toni
Muzi Falconi, che vedeva tra
gli altri casi quello dell’ Integrated Reporting,presentato
dalla IABC e il bel caso sullo
stato moldavo e i suoi migranti presentato da Jeffery
Blaec Kalweit della New York
University.
I casi concreti presentati
sull’implementazione degli
Accordi di Stoccolma in Italia
saranno quasi sicuramente
inclusi nel toolkit per promuovere il Melbourne Mandate.
Nella giornata di apertura del
Forum, molto interessanti
sono stati alcuni dei contenuti
della sessione Research Colloquium, dedicata alle tesi di
laurea e ai paper di dottorato.
Infine, del meeting fra tutti
i rappresentanti delle associazioni internazionali, promosso da Global Alliance di
sabato 18, molto interessante è stata l’utile guida per il
professionista di Relazioni
Pubbliche all’uso di Wikipedia, pubblicato dall’inglese
CIPR (annunciato su questo
sito qualche mese fa e che finalmente è stato pubblicato)
e la campagna di advocacy
della americana PRSA,Public
Relations serving America
mentre l’intervento Ferpi ha
valorizzato Oscar di Bilancio
e Accordi di Stoccolma come
strumenti per contribuire a ridare fiducia al sistema.
Il prossimo World Public Relations Forum si terrà a Madrid nel settembre del 2014
e quello successivo un anno
dopo in Kenya.
L'incontro dei delegati nazionali al WPRF. Al centro Biagio Oppi
Una ricerca di Enel ipotizza nuovi scenari professionali
disciplinate e concentrate
nell’allineamento
degli obiettivi di Rp e
comunicazione con gli
obiettivi finanziari e
commerciali della società.
metodi formali, processi
e sistemi di gestione nelle
Rp sono utili ma hanno un
impatto limitato. Focalizzare
l’attenzione della dirigenza
dell’azienda su una cultura di
trasparenza, empowerment,
sostegno e formazione, così
come di rispetto e dialogo,
è forse anche di maggiore
importanza.
come ci si potrebbe
aspettare, non esiste una
struttura organizzativa
magica o un approccio
innovativo che funzioni
per tutte le organizzazioni.
La chiave è applicare il
paradigma "principio
generico- applicazione
specifica” al particolare
contesto in cui opera.
nonostante una struttura
gerarchica, una chiave per
il successo è una cultura
organizzativa armoniosa e
il riconoscimento del fatto
che il capo comunicazione
dovrebbe avere influenza
sugli altri dipartimenti che
influiscono sulla reputazione
dell’organizzazione,
come le risorse umane,
le relazioni istituzionali,
con gli investitori, la
sensibilizzazione di
marketing e della comunità.
la misurazione dell’efficacia
delle attività di Rp, in
particolare il parametro
di “share of voice”, è ora
stabilito come un impegno
necessario in molte
organizzazioni. I dipartimenti
di Rp hanno un ampio raggio
d’azione nella scelta di quale
indicatori di prestazioni
chiave (KPI) utilizzare.
In effetti, alcune aziende
utilizzano gli obiettivi di KPI
per compensare gli accordi
con lo staff di comunicazione.
la responsabilità e l’autorità
del dipartimento Rp variano
notevolmente a seconda della
cultura dell’organizzazione e
del grado con cui si sostiene
la necessità di “guida”
e riallineamento con le
mutevoli aspettative degli
stakeholder.
i social media, che avvicinano
al “modello simmetrico a
due vie”, sono stati inclusi
nelle strategie di un numero
crescente di aziende di
successo. L’uso dei social
media viene considerato
come strumento strategico
di impegno verso gli
stakeholder, nonché un
sistema di preallarme per
la gestione dei problemi. Il
vecchio modello di "mandare
fuori” le informazioni non è
più in grado di soddisfare le
esigenze delle organizzazioni
moderne. Attenzione
all’ascolto ed all’impegno
con gli stakeholder sono
ugualmente necessari per
avere successo. Infatti,
il coinvolgimento degli
stakeholder sembra essere
un elemento centrale dei
moderni modelli di gestione
delle Relazioni pubbliche
nelle aziende coinvolte in
questo progetto.
la CSR è spesso sotto la guida
della funzione comunicazione
e lo staff sta diventando
un modo particolarmente
efficace per migliorare la
reputazione aziendale,
dimostrando* il ruolo
costruttivo dell’impresa nella
società*.
Le aziende coinvolte
nella ricerca hanno
dimostrato senza dubbio
un genio creativo nella
realizzazione di una vasta
gamma di programmi che,
contemporaneamente,
perseguono il business e il
progresso sociale.
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professione
Lobbying
Daniele Chieffi - Unicredit
Mipaaf:
La caccia all’influencer
al via
l’elenco dei e la misura del potere
lobbisti
Dopo l’istituzione, nel
febbraio di quest’anno, del
registro per regolamentare la
rappresentanza d’interessi nel
settore agro-alimentare, il Ministero delle politiche agricole
apre l’iscrizione agli elenchi.
Un ulteriore passo avanti
nel quadro normativo, anche
dopo la presentazione della
proposta Ferpi al Governo.
E’ finalmente possibile, sul
sito del Ministero delle
politiche agricole alimentari e
forestali, nella pagina Elenco
dei lobbisti della sezione
Ministero, sarà possibile
iscriversi all’Elenco dei lobbisti
del settore agro-alimentare.
L’Elenco, istituito dal Ministro
Catania nel febbraio 2012,
rappresenta la prima iniziativa
in Italia che ha l’obiettivo di
regolare il rapporto tra il
mondo delle lobby e un’Amministrazione centrale, in maniera
tale da garantire la massima
trasparenza del processo
decisionale. In particolare,
dovranno iscriversi all’Elenco
tutti i lobbisti che desiderino
partecipare alle consultazioni
previste per legge. I lobbisti
iscritti potranno presentare
proposte, richieste, studi e
documenti che rientrino nelle
competenze del Ministero. Per
iscriversi all’Elenco i lobbisti
dovranno compilare un form di
registrazione, indicando: i
propri dati anagrafici; i dati
identificativi del datore di
lavoro, o i dati identificativi del
soggetto committente;
l’interesse o gli interessi
particolari che si intendono
rappresentare; le risorse
economiche e umane di cui
dispongono per lo svolgimento
dell’attività di rappresentanza.
Ogni lobbista dovrà presentare
una relazione annuale nella
quale dovrà indicare l’attività
di rappresentanza di interessi
condotta nei confronti del
Ministero, nell’ambito delle
consultazioni a cui ha partecipato. L’Elenco, al pari delle
relazioni prodotte dalle lobby,
sarà consultabile da chiunque
sul sito internet del Ministero.
Il compito di curare l’Elenco e
le procedure di consultazione è affidato all’Unità per la
Trasparenza, struttura creata
all’interno dell’Amministrazione a costo zero.
Chi sono gli influencer? Ma soprattutto, esistono davvero?
SecondoDaniele Chieffi sono a tutti gli effetti “media”, in grado
cioè d’informare il proprio pubblico e d’influenzarne la visione
della realtà oltre ad essere anche molto importanti per chi si
occupa di Rp, perché sono i veri interlocutori.
di Daniele Chieffi
Quasi fosse una sorta di Sacro
Graal digitale, comunicatori e
uomini marketing sono alla ricerca dell’influencer. E proprio
come la coppa dell’Ultima cena
ci si chiede ancora se, poi, in
realtà esista o meno. Una corrente del marketing definisce
così le persone, consumatori fra
i consumatori, in grado di orientare le scelte di acquisto di altri.
Ma subito si contrappongono
quanti sostengono che, in realtà,
gli influencers non esistano, che
le persone, sulla Rete agiscano
sulla base di decisioni già prese
a livello istintivo, che vengono
razionalizzate e quindi giustificate in un secondo momento. In
sostanza si cerca conforto razionale per una decisione irrazionale già presa e quindi nessuno è
realmente in grado di “indirizzare” o modificare le scelte di altri.
Piero Tagliapietra, per esempio,
sostiene questo da tempo.
Ma poi sono proprio i critici del
concetto a reintrodurlo dalla
finestra, dopo averlo cacciato
dalla porta. “Abbiamo detto
-scrive sempre Tagliapietra - che
non esistono persone in grado
di influenzare i comportamenti,
ma ci sono soggetti con un ampio seguito che possono essere
considerati degli “attivatori di
comportamenti latenti o potenziali” dato che i follower sono
già soggetti manipolati: più che
di influencer possiamo quindi
parlare di “mass trigger” o “mass
activator”.
Non vorrei esagerare nelle
semplificazioni ma credo che il
dibattito si possa ridurre a una
questione di definizione e di risultato. Se si guarda il risultato,
l’importanza degli influencer sta
in quello che hanno il “potere”
di fare, cioè indurre compor-
tamenti. Da un punto di vista
concreto che i follower, piuttosto
che i membri della community,
siano già manipolati o meno,
ha poca rilevanza. Conta il fatto
che esista un soggetto in grado
di indurre queste persone a fare
qualcosa.
Se si parla di definizione del
termine influencer emergono
due categorie. Quelli in grado
di influenzare (ammesso che
questo sia vero) le intenzioni di
acquisto e quelli che si comportano da hub informativi, ovvero
da gatekeeper, cioè selezionano
notizie, le caricano con la propria
autorevolezza e le comunicano
ai propri follower o membri della
community. Su questo si è più o
meno tutti concordi, d’altronde
gli opinion leader sono sempre
esistiti e sono quei soggetti che
si comportano come “mass media” e sono quindi influenzatori
cognitivi. In questo caso non c’è
Il progetto
Italia Caput Mundi: come valorizzare
le eccellenze produttive italiane
Un progetto parte di una più ampia campagna di comunicazione,
Mad in Italy, partita da Siena con lo scopo di supportare concretamente
l’impresa italiana e valorizzare il ruolo della comunicazione. Sviluppato
dall’agenzia Milc, in collaborazione con il Master in Comunicazione
d’Impresa dell’Università di Siena, il patrocinio del Ministero dello Sviluppo economico e la partnership di Ferpi, sta riscuotendo ampi consensi.
Tutto il meglio dell’industria italiana
in una mappa. Il rilancio del brand
Italia passa anche attraverso la
valorizzazione e il sostegno delle
sue eccellenze. Non solo cibo, moda
e vino, ma ben 250 prodotti e oltre
4500 aziende che li producono,
tutti rigorosamente made in Italy,
che si collocano ai vertici dell’export
mondiale in settori produttivi, che
inaspettatamente sono: rubinetti,
navi, piastrelle, macchine per
imballaggi e mobili. A portare alla
luce le oltre 4.000 aziende leader,
dandogli un nome, un cognome e
un luogo è il nuovo progetto dell’agenzia di comunicazione di Siena
Milc, che in collaborazione con il
Master in Comunicazione d’Impresa
dell’Università di Siena, ha lanciato
Italia Caput Mundi, un’iniziativa
nata per far conoscere e valorizzare
le eccellenze produttive italiane. Il
progetto, che ha ottenuto il patro-
cinio del Ministero dello Sviluppo
economico, è stato presentato ieri,
martedì 11 dicembre, a Siena, alla
presenza di esperti del settore della
comunicazione, dell’economia e
del marketing, per far conoscere e
promuovere il lato migliore dell’industria italiana. La nuova avventura
di Milc ha permesso, infatti, di
individuare più di 4500 aziende
operanti in vari settori merceologici,
che oltre ad essere inserite in una
mappa illustrativa georeferenziata e
disponibile online, potranno contare
su un sostegno concreto al loro
sviluppo economico, grazie alla
creazione di una rete che coinvolge
grandi realtà italiane e internazionali
fornitrici di servizi per l’impresa, di
cui i primi a raccogliere l’invito sono
stati Banca Monte dei Paschi di
Siena e CloudItalia.
La mappa degli eccellenti. Italia
Caput Mundi è un progetto che si
inserisce all’interno della campagna
di comunicazione Mad in Italy allo
scopo di supportare concretamente l’impresa italiana. La nuova
fase, partendo dal riconoscimento
dei 250 prodotti leader a livello
mondiale, identificati dall’indice
Fortis-Corradini©, si è concentrata,
a partire dal lavoro di ricerca e di
sintesi seguito dagli studenti del
Master in comunicazione d’impresa,
nell’individuazione di tutte quelle
piccole e grandi eccellenze italiane.
Un elenco di oltre 4500 aziende con
un fatturato superiore ai 5 milioni di
euro, produttrici di prodotti leader,
professione
Il libro
Gli influencer sono, a tutti gli effetti “media”,
in grado cioè d’informare il proprio pubblico e
d’influenzarne la visione della realtà
una decisione istintiva già presa,
non c’è una scelta da attivare,
c’è la visione di un fatto, c’è la
narrazione della realtà che viene
fornita da soggetti che altri considerano talmente autorevoli da
poter, appunto, giocare il ruolo di
narratori o interpreti della realtà,
dei fatti. Sono, a tutti gli effetti
“media”, in grado cioè d’informare il proprio pubblico e d’influenzarne la visione della realtà.
In questo senso il ruolo di un
influenzatore è di straordinaria
importanza per chi gestisce le
PR, in quanto diventa esso stesso in grado di governare e filtrare
i flussi informativi e reputazionali
all’interno della community della
quale è un influencers. Community che si forma fra persone che
condividono idee, opinioni, sensibilità precedenti. In un gruppo
così coeso, governare i flussi
informativi diventa ancora più
strategico, in quanto la visione
della realtà che il gatekeeper
costruirà, poggerà su un sostrato coeso e omogeneo di idee e
sensibilità.
Gli influencer esistono quindi,
quantomeno nella loro veste di
opinion leader, di hub informativi. Io preferisco chiamarli snodi,
ovvero quei nodi di rete (ognuno
di noi è un nodo delle Rete) in
grado di aggiungere valore alle
informazioni che pubblica. Ciò
che conta è l’autorevolezza: l’ha
detto lui, lo ritengo autorevole,
ci credo. Visti così, influencer e
quindi snodi sono dai grandi siti
mainstream informativi ai siti
specializzati ai blog sino ai singoli
personaggi in un social network.
Detto questo come identificarli
e soprattutto come valutarne il
peso? Sulla bilancia si mettono
sempre i lettori, i follower, gli
amici, i fan, in una parola la audience. Ma questa è una metrica
presuntiva. Non è infatti possibile sapere con esattezza quante
delle persone che seguono uno
snodo entri realmente in contatto, veda” un dato contenuto,
una certa informazione. Abbiamo visto che, in realtà, ciò che
distingue un influencers è la sua
capacità di “far fare qualcosa”
agli altri. E’ quindi la sua capacità d’ingaggio, la capacità che
ha di coinvolgere e “attivare” il
suo pubblico, la sua community.
Certo che gli snodi “informativi”
non fanno o meno comprare
qualcosa ma qualcosa la fanno
fare: inducono il loro pubblico a
commentare, condividere e “votare” quel che scrivono e pubblicano. In buona sostanza, quindi,
è la viralità la metrica vera per
valutare e pesare gli influencer.
Più sono in grado di attivare il
proprio pubblico più sono influenti e autorevoli.
Tecnicamente non è difficile misurare la viralità, grazie alla metrica messa in campo da Image
Building Digital che la smonta
in tre “atti”: il voto (like, +1, segnalazione), la condivisione e
il commento. Sono tre atti che
comportano tre diversi livelli di
impegno dell’utente. Il voto minimo, la condivisione medio e
il commento massimo. Basterà
contare quanti atti virali ottiene
un singolo contenuto, sommandoli fra loro, dando più valore alle
condivisioni e ai commenti (per
esempio moltiplicando i loro rispettivi valori x2 e x3) e si otterrà un indice di viralità. A questo
punto se si misura quella di tutto
ciò che viene pubblicato da un
singolo luogo web (sito o singolo
profilo non è importante) in un
dato lasso di tempo si otterrà un
valore medio della capacità di ingaggio di quell’influencer ovvero
la rappresentazione numerica
del potere della sua voce.
Esistono gli influencer? Sì, decisamente e sono anche molto
importanti per chi gestisce le PR
online, semplicemente perché
sono i veri interlocutori. Riuscire
a “trovarli” e a valutarli è difficile? Se si considera il potere della loro voce è decisamente più
facile. Questo non significa che
entrarci in relazione, soprattutto
quando si parla di singoli personaggi sui social network o di
blogger, sia agevole, ma questa
è un’altra storia.
che, per la prima volta, sono resi
disponibili online all’interno di una
mappa navigabile sul sito www.
italiacaputmundi.it. Le 4.500
aziende leader di prodotto sono
state identificate e collocate su una
mappa del Paese, navigabile online,
attraverso la quale è possibile
scoprire chi sono, cosa producono e
come sono distribuite sul territorio.
La mappa degli eccellenti oltre a
essere completamente digitale si
completa, grazie a una funzione
specifica, con le aree a maggiore
concentrazione di eccellenze
industriale, ossia le zone calde dello
“stivale”, dove risiedono le aziende
produttrici di prodotti leader a
livello mondiale. un database inedito
fotografa chi sono, dove sono e cosa
producono le aziende italiane leader.
Il progetto Italia Caput Mundi si
basa su una ricerca completamente
inedita, che è andata a rilevare le
aziende produttrici dei prodotti
leader nell’export mondiale. L’Italia,
infatti, ha un patrimonio di migliaia
di aziende che ci permettono di essere al primo posto per produzione
in 250 differenti nicchie di mercato.
Incrociando i risultati dell’Indice
Fortis-Corradini© (che individua le
categorie merceologiche in cui l’Italia detiene le prime posizioni nell’export mondiale) con il database Aida
(Analisi informatizzata delle aziende
italiane, che contiene informazioni
su oltre 700mila società di capitale)
Italia Caput Mundi ha individuato
4500 aziende italiane produttrici
dei prodotti per cui l’Italia è in prima
posizione nell’export mondiale. Una
riserva di eccellenze che dimostra
come, nonostante la crisi, resiste
un’Italia creativa e di successo,
riconosciuta e apprezzata nel mondo. “Abbiamo deciso di usare per
il lancio della nuova campagna, un
titolo ambizioso come Italia Caput
Mundi - spiega Antonio Paolo,
strategic planner di Milc - perché il
nostro Paese parte comunque da
un ruolo di leadership.“Caput” nel
senso latino di “ciò che primeggia”,
e perché questa leadership si è
realizzata grazie alle idee di persone
che hanno realizzato in Italia i loro
progetti di impresa. Parliamo di “caput”, quindi, sia nel senso latino letterale di “testa” che metonimico di
“persona”. “L’Italia - prosegue Paolo
- è un Paese di eccellenze produttive
riconosciute in tutto il mondo e far
conoscere e sostenere chi produce
queste eccellenze, può contribuire
ad aiutare il nostro Paese ad uscire
con più forza dall’attuale stato di
crisi e favorire il consolidamento e
l’estensione della leadership”.
Who’s Who in Italy: ecco
la mappa di influenti e
opinion leader che contano
La pubblicazione internazionale che, da oltre 50 anni, raccoglie i profili biografici di “chi
conta” nel mondo economico,
imprenditoriale e istituzionale,
ha da qualche mese, primo al
mondo, lanciato anche l’App.
Un modo per avere “l’informazione è a portata di mano
ovunque nel mondo”, come
ha raccontato Enrica Vigato,
direttore editoriale Who’s
Who in Italy in un’intervista in
esclusiva per Ferpi
La Rete ha cambiato radicalmente l’approccio alle ricerche
sui decisori, gli influenti e i manager e, conseguentemente, alle
mappature di stakeholder e opinion leader. Perché Who’s Who
in Italy è ancora attuale?
Perché è affidabile e autorevole.
Andare a girovagare per il web
raccogliendo informazioni non
certe è una perdita di tempo e
spesso di denaro, avere invece
un riferimento sicuro , che
raccoglie i dati alla fonte è ciò
che cercano i nostri lettori. Per
uomini (e donne) e imprese
presenti è un palcoscenico che
concentra una notevole massa
critica di utenti, quindi un essere visibili di qualità.
Who’s Who in Italy è, di fatto,
una grande guida agli influencer. Quali sono i criteri che seguite nella scelta delle persone
da inserire?
I personaggi inseriti sono
rappresentativi di tutti i settori
delle attività umane ed il criterio
è che siano arrivati all’apice
della propria carriera, incidendo
in modo indubbio e significativo
nella propria area di attività.
Oltre le copie vendute, che riscontri avete dai vostri utenti?
Quali le aree di maggiore interesse e le figure più ricercate?
Sicuramente una gran parte di
consultazioni seguono la scia
delle notizie date dai mass
media, quindi dall’Italia e dall’estero vengono consultati sia gli
uomini politici che gli imprenditori che sono messi in luce da
stampa e Tv, perché si vuole
vedere “chi sono “. Poi c’ è la
ricerca motivata dal business
che è una quota significativa
degli accessi.
Da oltre 50 anni, Who’s Who in
Italy è uno strumento di lavoro
molto utilizzato da professionisti di diverse settori di mercato
per le ricerche di contatti utili
nel mondo economico, imprenditoriale e istituzionale di ogni
singolo Paese. Come si è evoluta
in mezzo secolo di storia l’opera?
L’opera ha sempre mantenuto
un forte legame con le mutazioni delle esigenze dell’utente
finale. E’ per questo che nel
1996 abbiamo scelto di essere
in internet con un sito che
contenesse tutte le informazioni
presenti nella pubblicazione.
Siamo stati dei pionieri anche
allora, perché non c’erano sul
web, in quel momento, piattaforme così complesse e ricche
di dati. Tutto il contenuto viene
sottoposto ogni due mesi ad
aggiornamento. Non solo, con il
tempo abbiamo attivato nuovi
servizi a disposizione delle
imprese/istituzioni inserite in
Who’s Who in Italy: un’area
video che offre un’integrazione
delle informazioni sull’azienda,
con la possibilità di caricare
video di prodotto o istituzionali
ed un settore news con il lancio
quotidiano di comunicati stampa aziendali.
Nel 2012 avete lanciato l’App
gratuita, primo Who’s Who al
mondo. Quali le ragioni di questa scelta?
Come dicevo, siamo sempre
stati pionieri nello stile di comunicazione e vogliamo essere
il più agile e autorevole strumento di lavoro che promuove
l’eccellenza italiana e il Made
in Italy. Autorevoli lo siamo da
tempo, quindi per essere anche
a portata di mano, ovunque,
abbiamo sviluppato una App
particolarmente facile da
consultare, che presenta i profili
personali e aziendali, i video e le
news. In questo modo, la nostra
informazione è a portata “di
mano” ovunque nel mondo.
L’App viene aggiornata ogni
due mesi e proprio in questi
giorni è stata rilasciata la nuova
versione.
Quali le novità introdotte?
Le novità ogni due mesi sono
gli aggiornamenti su tutto ciò
che è cambiato nel vari settori
della vita italiana. Ma una novità
effettivamente c’è per le aziende e Istituzioni inserite: qualora
abbiano creato una loro App da
scaricare, attiveremo un link al
termine del profilo della struttura che rimanderà direttamente
al download della App. Come
vede la nostra piattaforma
continua ad evolvere.
19
20
LA FERPI CHE VORREI
La federazione verso nuovo modello associativo con una
Il Consiglio Direttivo Nazionale di
Ferpi ha avviato una campagna di
ascolto rivolta ai soci ma anche agli
oltre 50 mila professionisti non soci
che seguono, attraverso i media
della Federazione (sito, newsletter
e magazine), sulla necessità di
revisionare il modello associativo e
dunque lo statuto. Un’esigenza dettata
dal mutato scenario professionale
Negli ultimi decenni la funzione
e la professione delle Relazioni
pubbliche è cambiata radicalmente. “Oggi, per la prima volta
nella storia” -com’è emerso nel
Mandato di Melbourne - “l’accesso dei pubblici della comunicazione alla comunicazione
stessa come protagonisti rappresenta la vera nuova sfida e
allo stesso tempo un’opportunità per le relazioni pubbliche, le
organizzazioni e per la società. Il
nuovo scenario che si sta delineando richiede un nuovo mandato
per le Rp e, più in generale, per la
comunicazione”. Questo scenario chiede un “cambio di passo”
alla Ferpi che dal 1970 aggrega e
rappresenta in Italia i professionisti delle Relazioni pubbliche e
più in generale della comunicazione.
“Nel corso degli ultimi mesi è
emersa la necessità di accelerare il percorso di riflessione sul
modello associativo avviato dal
Consiglio Nazionale” - afferma
il Presidente Patrizia Rutigliano
- “I cambiamenti in corso nella
nostra società e alcune criticità
organizzative interne rendono
urgente un ripensamento sul
ruolo e sulla funzione di Ferpi”.
Cambio di passo che significa
revisionare il modello associativo rendendolo più adeguato
ai tempi e alle aspettative dei
professionisti. E’ l’obiettivo ambizioso che si è posto il Consiglio Direttivo Nazionale della
Federazione dando il via, dopo
diversi mesi di analisi e dibattito
interno, al processo di revisione
dello statuto. Il processo, sotto la
supervisione del Consiglio Direttivo Nazionale stesso, nella prima fase è stato guidato da Fabio
Bistoncini, già vice presidente di
Ferpi che, dopo una lunga fase
di analisi e ascolto di alcuni tra i
soci e professionisti non soci più
rappresentativi del panorama
nazionale, ha messo a punto un
documento La Ferpi che vorrei
che traccia la strada verso la revisione dello Statuto.
Fondamentale, in questo percorso, il ruolo che avrà ogni singolo
socio e i professionisti non soci
che vorranno dare a Ferpi il proprio contributo su come vedono
e cosa si aspettano da un’associazione professionale.
Lo scenario e il ruolo di Ferpi
“E’ da qualche anno che si assiste ad una forte espansione del
ruolo e dell’importanza della
comunicazione ed in particolare della nostra disciplina (le
Relazioni pubbliche)” – afferma
Fabio Bistoncini – “Questa aumentata consapevolezza della
necessità di comunicare ha determinato un forte incremento
del mercato, la ricerca di nuove
professionalità
consulenziali,
il consolidamento della figura
del comunicatore come elemento rilevante all’interno delle
organizzazioni. Soprattutto in
considerazione che la tendenza
evolutiva pone al centro delle attività di tutte le organizzazione la
creazione di una relazione con gli
stakeholder strategici”.
Si moltiplicano le occasioni formative (corsi di laurea, master,
corsi di formazione) determinando l’ingresso nel mercato del
lavoro di nuovi soggetti dotati,
forse per la prima volta, di un
solido bagaglio teorico a cui si
aggiunge la conoscenza di alcune tecnicalità e dei primi concreti
rudimenti del nostro lavoro.
La disintermediazione della
nostra società, la conseguente
necessità di avviare un dialogo
continuo e costante con i propri
stakeholder, l’avvento dei social
media: dinamiche e loro effetti
che rafforzano la nostra professione e che, conseguentemente,
pongono in crisi altri soggetti a
noi contigui. Giornalisti e
pubblicitari devono reinventarsi
il proprio lavoro seguendo delle
pratiche che appartengono al
nostro patrimonio professionale
e culturale. Al tempo stesso si
deve notare ancora una situazione di arretratezza culturale
diffusa sul nostro lavoro, la persistenza di alcuni stereotipi che
rischiano di sminuire la strategi-
cità che le RP possono e devono
avere nel raggiungimento degli
obiettivi organizzativi. Inoltre,
per alcune specializzazioni (vedi
le relazioni istituzionali) i tentativi normativi che sono stati portati avanti da alcuni interlocutori
pubblici, proprio in questi ultimi
mesi, dimostrano un approccio
distonico e non omogeneo.
Se è da segnalare positivamente quanto svolto dal Ministero
delle Politiche Agricole per l’emersione dei gruppi d’interesse,
al contrario il dibattito scaturito
attorno al reato del “traffico di
influenze” dimostra che la consapevolezza dell’importanza di
un approccio professionale alle
relazioni istituzionali non sia
ancora diventato patrimonio comune all’interno del nostro sistema politico e istituzionale.
Se il mercato, in alcuni contesti
ben definiti, sta premiando la
nostra professione è altresì vero
che la strada per una sua affermazione identitaria è ancora
molto molto lunga. Ferpi rappresenta sicuramente qualcosa di
unico all’interno del patrimonio
associativo del nostro Paese: di
la FerPi cHe vorrei: aPPuntamento il 26
Il patto assocIatIvo, la governance, Il ruolo
premessa
E’ da qualche anno che si assiste ad una forte espansione del
ruolo e dell’importanza della
comunicazione
ed in particolare della nostra
disciplina (le Relazioni pubbliche).
Questa aumentata consapevolezza della necessità di comunicare ha determinato un forte
incremento del
mercato, la ricerca di nuove
professionalità consulenziali, il
consolidamento della figura del
comunicatore
come elemento rilevante all’interno delle organizzazioni.
Si moltiplicano le occasioni formative (corsi di laurea, master,
corsi di formazione), determinando l’ingresso
nel mercato del lavoro di nuovi
soggetti dotati, forse per la prima volta, di un solido bagaglio
teorico.
La disintermediazione della
nostra società, la conseguente
necessità di avviare un dialogo
continuo e
costante con i propri stakeholder, l’avvento dei social media:
dinamiche e loro effetti che rafforzano la nostra
professione e che, conseguentemente, pongono in crisi altri
soggetti a noi contigui. Giornalisti e pubblicitari
devono reinventarsi il proprio
lavoro seguendo delle pratiche
che appartengono al nostro patrimonio
professionale e culturale.
Al tempo stesso, si deve notare
ancora una situazione di arretratezza culturale diffusa sul
nostro lavoro, la
persistenza di alcuni stereotipi
(pranzi, ricevimenti, eventi effimeri) che sminuiscono la strategicità che le Rp
possono e devono avere nel
raggiungimento degli obiettivi
organizzativi.
Se il mercato, in alcuni contesti ben definiti, sta premiando
la nostra professione è altresì
vero che la strada
per una sua affermazione identitaria è ancora molto molto
lunga.
La nostra associazione
FERPI rappresenta sicuramente
qualcosa di unico all’interno del
patrimonio associativo del nostro Paese: di
conoscenze e competenze che
hanno raggiunto un livello di
reputazione e notorietà importanti.
Alcuni dei nostri soci ricoprono
infatti dei ruoli apicali nell’ambito di aziende (pubbliche e
private), Istituzioni, strutture
consulenziali.
Una vera e propria leadership
culturale che però non riusciamo capitalizzare in termini di
rappresentatività e di capacità
attrattiva. Da circa una decina
d’anni, nonostante gli sforzi di
tutti i Presidenti e dei vertici
associativi, il numero degli associati non cresce ma rimane
stabile (salvo qualche sporadi-
ca oscillazione) attorno ai mille.
Prescindendo gli appuntamenti
“elettorali”, alla vita associativa partecipa attivamente, più
o meno, lo stesso numero di
persone. Guarda caso quelle
che ricoprono degli incarichi
statutari o a cui il Consiglio Direttivo Nazionale ha attribuito
una delega particolare. Il rischio
concreto è un avvitamento del
dibattito tutto all’interno della
nostra Federazione o su questioni puramente burocratiche
oppure su temi che interessano
essenzialmente chi è chiamato
a gestire l’associazione e non
invece i suoi soci.
Mancano, al contrario, appuntamenti associativi di riflessione e/o approfondimento
svincolati dalla gestione del day
by day, aperti al contributo di
professionisti esterni.
Manca una razionalizzazione
dell’immensa mole informativa
raccolta dalle due Commissioni
Statutarie (Ammissione e verifica professionale, aggiornamento e specializzazione professionale) che permetterebbe
forse di predisporre una programma di attività più rispondente ai desiderata dei soci
LA FERPI CHE VORREI
campagna d'ascolto dei soci ma anche dei non soci
conoscenze e competenze che
hanno raggiunto un livello di reputazione e notorietà importanti.
Alcuni dei nostri soci ricoprono
infatti dei ruoli apicali nell’ambito
di aziende (pubbliche e private),
Istituzioni, strutture consulenziali.
Le linee guida
Il documento “La Ferpi che vorrei” è suddiviso in quattro parti.
Una prima parte più generale
sullo scenario professionale e
di mercato, risultato di una serie di interviste con alcuni tra i
più autorevoli protagonisti della
comunicazione. Una seconda
parte di analisi su Ferpi che sintetizza punti forti e criticità della
Federazione. La terza parte del
documento propone la modalità progettuale e la metodologia
per la campagna d’ascolto che
si svilupperà online attraverso il
sito Ferpi e in un momento assembleare, Ferpi Talk, previsto a
Bologna per il 26 gennaio. Infine
sono indicate quattro aree su cui
si chiede il contributo dei soci.
La prima è sul “patto associativo”. Le ragioni del perché
stare insieme e la riscoperta
del “senso” associativo, pilastri
dell’esistenza della Federazione.
Una riflessione non banale che
rimanda ai mutati confini della
professione sempre più allargati
e pone una domanda: quali i profili di adesione all’associazione?
Altro aspetto (il secondo) che
il documento propone è quello,
oggi non più rinviabile, sul modello organizzativo e la sua governance. Il ruolo e la funzione
degli organi statutari, le modalità
di elezione dei vertici associativi
e la loro durata.
Poi il ruolo dei territori. Le delegazioni territoriali servono?
Quale deve essere il rapporto
con l’Associazione?
Infine il punto centrale dell’esistenza di una community
professionale come Ferpi: l’aggiornamento professionale e
la formazione. Quali le nuove
aspettative formative. Ferpi deve
proporle autonomamente o in
sinergia con altri soggetti?
Come dare il proprio contributo
E’ possibile rispondere alla campagna d’ascolto in due modalità.
I professionisti che non sono soci
Ferpi basta registrarsi sul sito e
nell’area Statuto postare il proprio contributo sulle aspettative
verso Ferpi.
Per i soci, invece, basta accedere
a FerpiNet, il social network interno, e postare il proprio contributo o intervenire nel dibattitto.
E’ stata creata un’area dedicata
allo Statuto (nella barra Menù
del profilo personale), dove può
essere postato il documento
Ferpi Talk, elaborato dal coordinatore del progetto “sviluppo
associativo”, nell’ambito della
delega all’Advocacy. Quest’area
ospiterà il nostro dibattito sul
futuro della “Ferpi che vorrei”,
le proposte e le indicazioni sul
ruolo di Ferpi nei confronti degli
iscritti e la sua funzione di rappresentanza presso gli esterni.
Al contributo di testo sarà ovviamente possibile aggiungere immagini, documenti o video. Tutti
i contributi saranno pubblicati
nell’area FerpiNet dedicata allo
Statuto dove, come già accade
per il sito, sarà possibile commentare ogni singola proposta.
gennaio a bologna per ferpi talk
dei territori, la formazione: il documento
(nuovi e non). Diverso è invece
il caso delle Delegazioni Territoriali. Molte di queste, sia pure
tra mille difficoltà e ristrettezze
economiche, rappresentano
elemento insostituibile
di aggregazione della community dei nostri soci.
Certo la loro efficienza ed efficacia non è omogenea, anche in
questo caso nel corso degli anni
si è assistita ad una burocraticizzazione delle procedure e,
conseguentemente, della partecipazione. Ma nel complesso
le Delegazioni Territoriali rappresentano una straordinaria
articolazione della nostra associazione che potrebbe essere
ulteriormente valorizzata.
Un cambio di passo
Nel corso degli ultimi mesi è
emersa la necessità di accelerare il percorso di riflessione sul
modello associativo avviato dal
Consiglio Nazionale.
I cambiamenti in corso nella
nostra società e alcune criticità
organizzative interne rendono
urgente un ripensamento sul
ruolo e sulla funzione di FERPI.
La crisi di tutti i corpi sociali intermedi determina un cambio
di prospettiva e di approccio.
Basta osservare anche in modo
superficiale le azioni e gli atteggiamenti comunicativi degli organismi di rappresentanza
intermedi: partiti, sindacati,
Confindustria, associazioni di
categoria. In crisi perché autoreferenziali e non più
considerati rappresentativi di
una realtà sempre più complessa. Questo non avviene solo in
Italia, ma il
nostro sistema è molto più
chiuso e, perciò, la crisi si fa
maggiormente sentire.
Pochi hanno tentato fino ad
oggi di guardare oltre e di riflettere su nuovi modelli organizzativi in grado di
aggregare e non escludere rafforzando (nel nostro caso) una
community autonoma in grado
di farsi avanti e
di definire, nell’ambito delle
proprie capacità, le priorità e le
proprie politiche.
Forse oggi è giunto il momento
di cambiare passo.
Per questo motivo ritengo, in
qualità di delegato del Consiglio Nazionale, di cambiare il
mio lavoro “in corso
d’opera” e proporre qualcosa
di mai tentato prima. Saltando
filtri e mediazioni burocratiche,
attivando
direttamente i soci.
Cercando di “dare un scossa”
ad una FERPI troppo ripiegata
su se stessa, avvitata in un dibattito interno
focalizzato troppo sul presente
(la gestione quotidiana) che sul
futuro: cosa vogliamo essere e
come diventarlo.
Abbandonando lo spirito “piagnone” e lamentoso ma gettando le basi per un domani più
condiviso. Spunti di discussione
La proposta
Un grande evento collettivo, diverso dagli altri appuntamenti
associativi.
La Ferpi che vorrei
FERPI talk a Bologna, sabato 26
gennaio 2013 sarà la più importante occasione d’incontro e
ascolto per decidere insieme il
nostro futuro.
Le regole: possono partecipare
tutti i soci. Ma sono graditi anche i colleghi non soci.
Tutti gli interventi avranno la
durata di 5 minuti senza alcuna
distinzione di ruolo tra i relatori.
Ognuno parla per sè senza alcun potere di delega.
Chi non sarà in grado di partecipare può mandare un suo
contributo video, sempre della
durata di 5 minuti, che verrà
proiettato durante l’evento.
Le delegazioni territoriali avranno il compito di
facilitare la massima partecipazione dei propri soci e
non.
Quattro aree tematiche
Al solo fine di agevolare il dibattito interno abbiamo pensato a
quattro aree di approfondimento su cui ci
piacerebbe raccogliere le opinioni e le indicazioni di tutti.
1 - Il patto associativo: perchè
stare insieme Riscoperta del
“senso” associativo. L’unico incentivo è il knowledge sharing
oppure, al contrario, le convenzioni con fornitori?
Il confini della professione si
allargano: quale profilo di associati?
2 - Il modello organizzativo e la
sua governance Ruolo e funzione degli organi statutari.
Modalità di elezione dei vertici
associativi e oro durata
3 - Il ruolo dei territori
Le delegazioni territoriali e il
rapporto con l’Associazione.
Luci ed ombre dell’attuale modello.
Autonomia vs “centralismo”
4 - Aggiornamento professionale e formazione
Passi successivi
Ferpi Talk non esaurisce il
percorso ma ne è una tappa
fondamentale. Dopo l’evento
si raccolgono i contributi e si
cerca di delineare il nuovo modello organizzativo con delle
concrete proposte statutarie.
Ci sarà un passaggio formale
in CDN, magari lasciando delle
opzioni “aperte” da discutere
ed approvare
nell’assemblea straordinaria.
21
22
corporate
La best practice
POSTe ITALIANE
una storia di comunicazione
un bilancio per il 150° anniversario
Il 150° anniversario di Poste italiane, celebrato nel
2012 con diverse iniziative tra cui una mostra che ne
ripercorre la storia, offre l’occasione di fare un bilancio
(molto positivo) di un’azienda che ha nei servizi di
comunicazione e nella comunicazione stessa il suo core
business e ha segnato profondamente la vita del Paese e
degli italiani.
La storia di Poste Italiane è una
delle più belle storie di comunicazione del nostro Paese.
Oggi siamo abituati ad internet e allo scambio di messaggi in tempo reale, dagli sms
alla posta elettronica, ma per
secoli le Poste hanno rappresentano l’unica modalità per
far viaggiare messaggi, documenti e denaro. Una storia fatta di persone, fatti, esperienze
umane, innovazioni che hanno
lasciato il segno lungo i decenni e di cui la comunicazione
più in generale, e le relazioni
in particolare, ne sono state,
senza dubbio, il segreto del
successo. Il portalettere per
molti anni, e per alcuni versi
ancora oggi, ha rappresentato
un “nodo” importante, ancor
prima che strategico, di una
delle prime e più capillari reti
di comunicazione del Paese.
L’ufficio postale rappresentava le istituzioni sul territorio al
pari del municipio, della chiesa
e delle forze dell’ordine. Quanti telegrammi, lettere, notizie
buone o cattive, risparmi personali, sono passati attraverso
le insegne delle Poste e le mani
di centinaia di impiegati che
ne hanno fatto la storia. Una
storia all’insegna della fiducia,
ingrediente fondamentale al
successo di qualsiasi attività
di comunicazione. Se oggi Poste Italiane rappresenta una
delle aziende più importanti
del Paese con un’elevatissima
brandequity lo deve a quel
capitale reputazionale maturato nel tempo. Capitale che
affonda le radici nelle relazioni
di fiducia con le persone che le
Poste hanno sempre rappresentato e che erano il tramite
tra mittente e destinatario di
un messaggio o, da quando,
oltre cento anni fa, sono iniziati i servizi finanziari a cui le
persone affidavano i propri risparmi. Sentimenti, emozioni,
fiducia, Poste è stata, senza
dubbio, il precursore di tutte
le tendenze di comunicazione
e marketing sia nelle relazioni
con i clienti e, più in generale
con i principali stakeholder,
sia corporate. Senza contare il
ruolo svolto nel Paese e di cui
gli italiani erano a conoscenza:
con il denaro versato su libretti
e buoni postali lo Stato finanziava la realizzazione di nuove
infrastrutture: impianti postali
e telegrafici, linee ferroviarie,
aeroporti, acquedotti, scuole,
università.
A tu per tu con Simona Giorgetti, Direttore comunicazione esterna
Comunicazione: il cuore pulsante dell’azienda
Gestire la comunicazione di
un’azienda con 32 milioni di clienti
non è cosa da tutti i giorni. Quello di
Poste Italiane rappresenta senza
dubbio il sistema di relazioni
pubbliche più esteso e capillare del
Paese che opera contemporaneamente in tutti gli ambiti della
corporate communication, dalla
comunicazione istituzionale a quella
finanziaria; dalla comunicazione di
brand e di prodotto al crisis
management, passando per le
relazioni con i media, gli eventi, il
web e la pubblicità fino alla
sostenibilità. Sotto la regia di
Simona Giorgetti, Direttore della
Comunicazione Esterna, un team di
70 persone è impegnato
quotidianamente perché tutto vada
per il verso giusto. Più che in ogni
altra azienda, in Poste Italiane la
comunicazione è chiamata ad una
doppia sfida: da un lato accompagnare con attività e strumenti la
diffusione, la promozione e il
monitoraggio di centinaia di
prodotti e servizi offerti dall’azienda
e dall’altro governare un brand che,
particolarmente nel nostro Paese, è
di grande interesse. In poche parole
il brand “Poste Italiane” è il
principale capitale dell’azienda che
dà valore ad ogni singolo servizio
offerto. Una sfida che è ancora più
impegnativa da quando si è
realizzata la completa liberalizzazione dei servizi postali.
Il vero lavoro fatto in questi anni
dalla direzione guidata da Simona
Giorgetti va propria in questa
direzione: valorizzare attraverso una
strategia di comunicazione attenta
e capillare le milioni di relazioni con
i clienti e con i principali portatori
di interesse che si sviluppano ogni
giorno nella rete dei 14mila uffici
postali e attraverso il web. Della
centralità della comunicazione nel
“sistema Poste” se ne è avuta un’i-
dea con la mostra “150 anni dedicati
al futuro” allestita nelle principali città italiane e recentemente premiata
con BEA, il Best Event Award 2012
nella sezione ‘Innovazione tecnologica’ e dall’Ordine dei Giornalisti
del Lazio. La mostra inaugurata
nel maggio scorso a Roma dal
Presidente della Repubblica Giorgio
Napolitano insieme al Presidente
di Poste Italiane Giovanni Ialongo
e all’AD Massimo Sarmi allestita
all'interno di due avveniristiche
cupole hi-tech collocate nell'area del Circo Massimo, ha dato
l'immagine emblematica del ruolo
delle Poste in Italia.”Un momento di
festa per tutto il Gruppo - sottolinea
Simona Giorgetti - ma soprattutto
la possibilità di condividere con
cittadini, aziende e istituzioni una
tappa importante della storia del
nostro Paese”. Comunicazione che
per Poste significa anche massima
trasparenza con gli stakeholder at-
traverso i più moderni strumenti di
bilancio e attenzione alla sostenibilità socio-ambientale ed energetica
legata alla movimentazione della
posta, ai servizi di corriere e al funzionamento dei servizi elettronici,
ma anche alla gestione dei risparmi
affidati al BancoPosta e alle risorse
umane. Una sostenibilità, quella di
Poste, che si intreccia con la sua
missione, da un lato, e con i valori
che incarna e rappresenta dall’altro.
Alla direzione comunicazione il
compito delicatissimo di mediare
tra le esigenze di svolgimento di un
servizio, e dunque dell’azienda, oggi
più che mai strategica per il Paese
e quelle dei milioni di clienti con
cui si rapporta ogni giorno. Senza
dimenticare il ruolo dei media, la
comunicazione online, in cui Poste
Italiane sta sperimentando, con
successo, nuovi servizi e modalità
di relazione con i clienti. Traguardi
premiati per il sesto anno conse-
cutivo da Fortune che inserisce
Poste Italiane tra le World’s Most
Admired Companies. “Siamo da sei
anni tra le World’s Most Admired
Companies di Fortune - conclude
Simona Giorgetti -, siamo l’infrastruttura logistica e tecnologica
più grande e capillare del Paese,
serviamo oltre 32 milioni di clienti,
forniamo oltre ai servizi postali
prodotti integrati di comunicazione,
logistici, finanziari, assicurativi e di
telefonia mobile su tutto il territorio
nazionale a cittadini, imprese e
pubblica amministrazione. Senza
dimenticare l’impegno di Poste Italiane nella riduzione delle emissioni
di gas serra e nell’abbattimento
dell’inquinamento ambientale o,
in campo finanziario, il successo
dei servizi BancoPosta. Tra questi,
per citarne una, la carta prepagata
Postepay, che a oggi è stata scelta
da oltre 9 milioni di persone”. In
passato Head of Communication
CoRpoRaTE
La mostra
150 anni di innovazione
Le Poste nascono l’anno successivo all’Unità d’Italia, raccogliendo le eredità dei diversi
servizi postali esistenti. Una
storia densa, ricca di spunti e
senz’altro familiare che una
mostra allestita per il 150°
anniversario della nascita ha
ripercorso raccontando i fatti,
le persone, i servizi e le tecnologie che hanno segnato un
secolo e mezzo di storia del
Paese. Nei suoi 150 anni di vita
le Poste italiane hanno accompagnato lo sviluppo del nuovo
Stato sorto dalle vicende risorgimentali e proprio, grazie
all’impegno quotidiano per
garantire la comunicazione tra
i diversi pezzi di una nazione
ancora agli albori, hanno contribuito concretamente e pazientemente a “cucire” un Paese che debuttava sulla scena
ancora come una eterogenea
sommatoria di culture, lingue,
procedure
amministrative,
stili di Governo tutti ancora
da assemblare e armonizzare.
Con i suoi portalettere, i suoi
uffici, i suoi telegrafi, con la
raccolta del risparmio le Poste
italiane sono state quindi tra i
più operosi artefici di quel progetto che, “fatta l’Italia”, aveva
la concreta urgenza di “fare
gli italiani”, rispondendo così
all’esortazione e all’auspicio
di Massimo D’Azeglio che invitava alla costruzione di una
vera identità nazionale. Poste
Italiane ha dunque viaggiato
di pari passo con il progresso
sociale ed economico della popolazione italiana, al processo
di unificazione e di coesione
Le poste oggi
Con 14mila uffici postali, 40
mila portalettere e 150mila dipendenti, l’azienda, che è la più
presente sul territorio nazionale e quella con il maggiore numero di dipendenti, garantisce
i propri servizi a oltre 32 milioni di clienti: privati, imprese
e pubblica amministrazione.
Oltre l’80% della corrispondenza viene smistato in maniera automatizzata, una regia
centralizzata controlla tutto il
processo logistico e, grazie alla
progressiva introduzione sul
territorio nazionale del “postino telematico” (il portalettere
dotato di palmare, stampante
ePos) è possibile portare a
casa delle persone una vasta gamma di servizi postali
e finanziari o rendere i servizi
accessibili tramite internet, telefono, macchine self service e
Smart tv.
Trovandosi a governare con
questi numeri, e quindi milioni
di relazioni al giorno su centinaia di servizi diversi, Poste
Italiane rappresenta, senza
dubbio, il più interessante caso
professionale e di studio da un
punto di vista di comunicazione: corporate, di prodotto,
di marketing e ovviamente di
sostenibilità. Poste Italiane
negli anni è divenuta un punto
di riferimento organizzativo e
tecnologico per molti operatori postali stranieri che intendono adeguare la propria rete
infrastrutturale e introdurre i
servizi innovativi lanciati con
successo in Italia. Oggi l’intero
sistema postale è governato
dalla più grande e capillare infrastruttura logistica e tecnologica del Paese.
L’era dell’automazione
per Indesit, Capo Ufficio Stampa
per Merloni, Responsabile Ufficio
Stampa Saggistica per Arnoldo
Mondadori Editore, Responsabile
Relazioni Esterne per la Fondazione
Liberal Roma, Simona Giorgetti ha
sempre portato con sé una professionalità tutta femminile, che oggi
le fa dire con orgoglio che Poste
Italiane è un’azienda in rosa, con il
53% dei suoi dipendenti donna. “Le
persone - conclude la Giorgetti sono il vero motore dell’azienda. Da
150 anni”.
150 anni
dedicati
al futuro
nazionale. E’ tutto questo che
esprime il senso più vero delle
celebrazioni del “compleanno”
di Poste Italiane e dei suoi“150
anni dedicati al futuro”.
Nel corso degli Anni Sessanta
l'aumento dei volumi della corrispondenza impone un netto
cambiamento nell’organizzazione logistica e un’ulteriore
evoluzione tecnologica. Nel
1967 viene introdotto il codice
di avviamento postale, le vecchie cassette postali vengono
sostituite e cambia il modo
stesso di lavorare: si adottano
bollatrici elettromeccaniche,
casellari meccanizzati, nastri
trasportatori. Comincia l’era
dell’automazione del lavoro.
Viene incentivato il trasporto
su strada, con l'utilizzo di furgoni, auto e motocicli. Speciali
furgoni raggiungono i luoghi
colpiti da calamità naturali per
sostituire gli uffici distrutti.
Le macchine a schede perfo-
Una foto della mostra allestita per il 150° di poste italiane
rate permettono di meccanizzare la lavorazione dei conti
correnti e nei centri direzionali,
compaiono calcolatori elettronici come “Elea 9003”.
Viene realizzata una rete di
Centri di Meccanizzazione Postale, dotati di impianti automatizzati per la lavorazione di
pacchi e corrispondenza e una
rete di Centri di Elaborazione
Dati per i servizi finanziari. Le
nuove tecnologie entrano anche negli uffici postali. Alla fine
degli anni Novanta arriva per
Poste anche la trasformazione
della sua figura giuridica:nel
1998,da ente di diritto pubblico, dipendente dal Ministero,
BiLANCiO SOCiALE:
UNA PRASSi CONSOLiDATA
Una scelta dettata dal
fatto che Poste Italiane,
rappresenta un punto di
riferimento nel contesto
economico, culturale e
sociale del Paese, sia per
le sue dimensioni che per il
radicamento sul territorio
nazionale. Poste Italiane
ha cercato nel 2012 di
mitigare gli impatti della
crisi economica rafforzando
e incrementando le politiche
di sviluppo sostenibile nei
confronti dei dipendenti
e della collettività, con
l’obiettivo di coniugare
la propria presenza sui
mercati, sempre più
competitivi, in una logica
di crescita sostenibile sul
piano economico, sociale e
ambientale.
Poste si trasforma in Società
per Azioni, con la denominazione di Poste Italiane. Con
questa trasformazione cominciano a cambiare radicalmente
la cultura e le strategie aziendali: si definiscono nuove priorità, come il raggiungimento di
bilanci in attivo, l’innovazione
tecnologica,
l’orientamento
al cliente, la formazione dei
dipendenti, il rilancio del BancoPosta, l’ammodernamento
degli uffici, una maggiore efficienza e redditività, l’innalzamento della qualità e l’ampliamento della gamma dei servizi
per cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni.
Poste Italiane è così diventata oggi un’azienda capace di
soddisfare le richieste di una
clientela ampia e differenziata.
La capillare rete di uffici postali
e l’infrastruttura logistica e tecnologica sono a disposizione
del Paese per contribuire a progetti di pubblica utilità, come lo
“Sportello Amico”, che rilascia
documenti anagrafici, visure
catastali, permessi di soggiorno e altri servizi “su misura”
per i Comuni.
postepay, ineguagliato caso di
successo e il borsellino elettronico di posteMobile
Nascono idee di successo
come Postepay, la carta prepagata ricaricabile per acquisti e
pagamenti semplici e sicuri: A
quasi dieci anni dal suo lancio
sul mercato Postepay è ancora un fenomeno in continuo
boom, con oltre 9 milioni di
carte vendute.
Poste Italiane è stato inoltre
il primo operatore postale al
mondo a entrare nella telefonia
mobile con il brand PosteMobile, proponendo l’integrazione
tra servizi di telefonia e servizi
finanziari. Questa integrazione
trasforma il telefonino in un autentico “borsellino elettronico”.
il Bea, Best event award
è stato il coronamento di un
progetto, la mostra per i
150 anni dalla fondazione di
poste italiane, che ha
ottenuto consensi e
riconoscimenti da tutto il
mondo, oltre grande
interesse da parte del
pubblico. il prestigioso
riconoscimento è stato
assegnato per ''l'energia
innovativa di poste italiane
nel campo della comunicazione. il Bea e' il premio
nato nel 2004 con
l'obiettivo di individuare i
migliori eventi realizzati
nell'anno in italia e in tutta
europa''. la mostra ''150
anni dedicati al futuro'', è
stata la manifestazione
celebrativa del 150°
anniversario della fondazione che poste italiane ha
scelto per raccontarsi e
raccontare la sua storia tra
passato e futuro. il percorso
della mostra “150 anni
dedicati al futuro”si è
sviluppato su due aree
espositive: la prima
dedicata al passato e al
presente. la seconda,
particolarmente suggestiva,
tutta protesa a immaginare
il Futuro. video proiettati su
schermi interattivi di ultima
generazione si sono così
alternati agli oggetti
d'epoca (borse dei portalettere, macchine per
l'affrancatura, telegrafi,
primi calcolatori elettronici)
per raccontare l'evoluzione
di un'azienda, sempre al
servizio del cittadino,
capace di interpretare i
tempi che cambiano. poste
italiane ha celebrato,
inoltre, per tutto il 2012,
l'importante anniversario
attraverso eventi che hanno
coinvolto soprattutto le
giovani generazioni, mirati a
promuovere i valori sociali
che sono alla base della
storia e della tradizione del
paese.
23
24
oSCaR Di BiLanCio
I vincitori dell'Oscar di Bilancio della PA
regioni
Vincitore: Regione Toscana
Motivazione: Il Bilancio propone una documentazione completa sia dei contenuti
informativi, sia sotto il profilo degli adempimenti contabili. La relazione illustrativa
si presenta ben strutturata e rende comprensibile il collegamento tra le dinamiche
della spesa e le politiche dei servizi nei diversi ambiti d’intervento. Molto apprezzata la rappresentazione di trend ed andamenti con tabelle e grafici che consentono
una lettura complessiva del sistema bilancio, facilmente consultabile anche sul sito.
province
Vincitore: Provincia di Genova
Motivazione: Il Bilancio propone un’ampia ed esaustiva documentazione contabile che dettaglia adeguatamente ogni aspetto del bilancio e ben rappresenta lo
stato finanziario dell’ente, che evidenzia un più che buono equilibrio del bilancio
nel suo complesso. Il Bilancio Sociale risulta una sintesi fruibile e maneggevole per i
cittadini e per ciascuno dei diversi stakeholder. Buona la fruibilità delle informazioni
di tutti gli aspetti di bilancio attraverso il sito istituzionale.
comUni capoLUogHi di provincia
Vincitore: Comune de La Spezia
Motivazione: Il Bilancio, approvato tempestivamente, è completo ed esaustivo e si
caratterizza per una pregevole Relazione di commento ai risultati di gestione e per
il Bilancio Sociale di mandato presentato sia in versione completa sia in versione
ridotta per i cittadini. Tutti i documenti sono scaricabili dal sito web istituzionale così
come una completa informativa relativa alle società partecipate.
comUni non capoLUogo di provincia
Vincitore: Comune di Castel Maggiore (BO)
Motivazione: Il Bilancio consuntivo è corredato da una Relazione dettagliata e
articolata di facile lettura e consultazione non solo per gli organi istituzionali, ma
soprattutto per i cittadini. La rappresentazione delle risultanze contabili e la parte
descrittiva risultano scorrevoli e chiare sia sotto il profilo strettamente contabile di
consuntivazione dei dati sia sotto il profilo della rendicontazione delle attività svolte e dei risultati conseguiti. L’illustrazione dello stato di attuazione dei progetti e dei
programmi svolti costituisce una sorta di Bilancio Sociale e Partecipato riguardante
settori, tematiche e questioni civili e sociali. La comunicazione istituzionale nei confronti dei cittadini e di tutti gli stakeholder è di alto livello qualitativo e quantitativo.
aziende sanitarie LocaLi
Vincitore: Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento
Motivazione: Il Bilancio rende conto in modo esaustivo della gestione dell’Azienda, facendo tra l’altro emergere il legame tra le attività di pianificazione e rendicontazione. La ricchezza delle informazioni riportate testimonia la presenza di un
sistema informativo che legge i diversi ambiti aziendali. Apprezzabile il Bilancio di
Missione, così come le precedenti esperienze di Bilancio Sociale. Appare infine convincente la strategia di comunicazione adottata.
aziende ospedaLiere pUbbLicHe
Vincitore: Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma
Motivazione: Il Bilancio, ampio e completo, presenta un adeguato equilibrio tra le
esigenze di sintesi e di analiticità delle informazioni, con commenti che forniscono
utili chiavi di interpretazione. Il Bilancio di Missione rappresenta uno strumento
consolidato e adeguatamente valorizzato nei processi di comunicazione e confronto con gli interlocutori istituzionali. Molto buona l’accessibilità e la leggibilità di
tutta la documentazione sul sito istituzionale.
Oscar di Bilancio 2012
costruIre bIlancI che
sIano sempre pIÙ strumentI
dI relazIone e dI futuro
Un’azienda è fatta di
persone ed è verso le persone
che deve guardare. E' questo il
motivo per cui un bilancio non
può essere mera rendicontazione economica ma diviene
strumento di narrazione
dell'organizzazione.
Sono passati tre anni da quando la Giuria del Premio ha evidenziano come l’evoluzione
della normativa da un lato e la
maggiore sensibilità della società alla trasparenza dei dati
e alla chiarezza della comunicazione dall’altro, comportasse la necessità per l’Oscar di
Bilancio, di prevedere percorsi
separati per l’area delle imprese profit e non profit e quella
degli enti locali e delle aziende
della P.A. Tra il dire e il fare,
come tutti sanno, c’è molto da
lavorare e mentre per l’Oscar
Imprese, Ferpi e i suoi Partner
sono impegnati, anno dopo
anno, ad apportare modifiche
innovative e migliorative, per
l’Oscar P.A. si è dovuti partire
dalle fondamenta. Questo ha
significato studiare la sua impostazione, la sua tempistica e
il coinvolgimento di nuovi partner, autorevoli e competenti da
affiancare a quelli che suppor-
La cerimonia di premiazione degli oscar di Bilancio 2010
tano l’Oscar Imprese. Nasce
da questo lavoro di studio e
promozione la partnership con
ANCI - Associazione Italiana
Comuni Italiani - e con il suo
Istituto per la Finanza e l’Economia Locale IFEL e con FIASO
- Federazione Italiana Aziende
Sanitarie e Ospedaliere.
Così come la declinazione del
Regolamento in due versioni:
la prima che definisce i criteri in
base ai quali vengono valutati
i bilanci degli Enti Pubblici, la
seconda quelli dei bilanci delle
aziende sanitarie pubbliche. Un
processo che ha visto la partecipazione e il contributo del
Prof. Giorgio Brosio per la P.A.
e del Prof. Elio Borgonovi per le
Aziende Sanitarie.
Nel Regolamento sono indicati
Gherarda Guastalla Lucchini - Segretario Generale Oscar di Bilancio
L’OSCAR 2013 AVRA’ UN NUOVO
SEGRETARiO GENERALE
Dopo 12 anni Gherarda Guastalla Lucchini ha dato le dimissioni da questo incarico per favorire il rinnovamento, e lo ha annunciato nel suo intervento alla
Cerimonia degli oscar imprese lo scorso dicembre.
di Gherarda Guastalla Lucchini
E’ sempre con grande
emozione che vivo questa
serata. E lo sono tanto più oggi
che prendo la parola per
dire.”Grazie”. Grazie a tutti voi,
grazie della vostra presenza che
testimonia il valore di un premio
che questa sera celebra e
segnala a tutta l’italia, 27
organizzazioni che rappresentano il meglio del nostro paese. In
un’italia che sta vivendo, in
un’atmosfera di rinuncia e di
rassegnazione, una crisi
economica quale non si era mai
vista dalla fine della guerra,
queste organizzazioni, hanno
deciso di affrontare la crisi nei
fatti, difendendo i posti di lavoro,
producendo, investendo in
innovazione,e nei loro bilanci ci
hanno detto chiaramente come.
Grazie a chi ha reso unico questo
evento, frutto di un lavoro
comune, che vede impegnate
tutte le principali associazioni
italiane che, a diverso titolo, si
occupano di bilanci. Associazioni
di professionisti di diverse provenienze, ma che condividono la
medesima meta: focalizzare
l’attenzione sui rendiconti
finanziari, trasformandoli da
scheda numerica a strumento di
relazione che tocca ogni aspetto
societario: dalla governante
all’impatto sociale, dalla
declinazione della propria
mission alla valutazione del
rapporto con ciascuna categoria
di stakeholder. Chi sono queste
persone che hanno realizzato
quello che potremmo definire il
primo premio “integrato”
italiano? Sono i 100 componenti
delle commissioni di segnalazione e i 16 membri della giuria e tra
loro in particolare il prof. Angelo
Provasoli che nei 7 anni di
oscar di bilancio
Vincitori e motivazioni dell'Oscar di Bilancio
i criteri alla base del processo
di selezione, criteri che consentono di individuare la natura
complessa di ciascun bilancio,
rivelando i molteplici aspetti su
cui si fonda.
Così, mentre da un lato l’Oscar
di Bilancio mette in luce rendiconti economici, sociali ed
ambientali, che hanno la caratteristica di sapere comunicare
con efficacia ed immediatezza,
utilizzando anche i nuovi media, a tutti i soggetti terzi con
cui l’azienda interagisce, la propria identità, i risultati raggiunti,
come sono stati raggiunti e le
prospettive future, facendo di
questi documenti strumenti di
relazione in grado di costruire
rapporti destinati a durare nel
tempo; dall’altro lato l’Oscar
P.A. rappresenta una vetrina
per testimoniare il ruolo economico fondamentale svolto da
Enti Locali e Aziende Sanitarie
Pubbliche e la loro capacità
di affrontare sfide complesse
a livello finanziario e comunicativo. Una caratteristica che
accomuna tutte queste realtà,
siano esse private o pubbliche
è avere i titoli per essere i protagonisti del cambiamento positivo che il nostro Paese deve
affrontare nel prossimo futuro
per ritrovare la propria forza
economica.
Oggi la grande macchina
dell’Oscar comporta:
• Due, meglio tre Regolamenti
per le Imprese profit e non profit, per gli Enti Pubblici, per le
Aziende Sanitarie.
• Due Giurie con 22 giurati per
la P.A.e 17 giurati per le Imprese.
• Cinque Commissioni di Segnalazione per la P.A. per un
totale di 44 membri.
• Nove Commissioni di Segnalazione per le Imprese, per un
totale di 91 membri.
• Due cerimonie di consegna
dei Riconoscimenti, il 29 Ottobre in Comune a Milano quella
della P.A., il 3 dicembre in Borsa
Italiana quella delle Imprese.
presidenza non ci ha mai fatto
mancare il suo competente e
appassionato contributo.
L’emozione di questa sera per
me è duplice, perché questa sera
non concluderò la serata con il
tradizionale “arrivederci al
prossimo anno” questa è infatti
la mia ultima volta come
Segretario Generale dell’Oscar di
Bilancio. Ho infatti deciso di
rimettere al Presidente di Ferpi,
la delega che mi era stata data.
Non è facile essere segretario di
un premio che coinvolge decine
di organizzazioni professionali
il meglio dell’imprenditoria
italiana, il mondo accademico e
quello dell’informazione.
E’ un’esperienza sicuramente
bellissima, arricchente dal punto
di vista umano e professionale,
ma altrettanto complessa. In
questi anni non tutto è stato
semplice, e spesso io e il premio
abbiamo subito critiche che
abbiamo superato con la forza
dei fatti. E qui voglio dire grazie
anche a tutti i miei collaboratori,
e tra questi soprattutto a Gaudia
Lucchini, che in questi anni
hanno lavorato senza guardare a
orari o stipendio vivendo il successo del premio come un loro
successo. L’Oscar è infatti una
storia di successo, e la cerimonia
di premiazione è divenuta col
tempo un appuntamento speciale per la comunità economico
finanziaria, e non solo. Basti
pensare alle centinaia di presidenti e amministratori delegati di
società importanti o emergenti
che hanno ritirato personalmente il premio, perché lo ritengono
prestigioso. O ancora ai relatori
che negli anni hanno arricchito
la serata della proclamazione dei
vincitori, tra cui due premi Nobel
all’economia, Vernon Smith e
Joseph Stiglitz e diversi ministri
quali Reviglio, Visco, Bersani.
Fino ad arrivare oggi a Franco
Bassanini e Massimo Tononi.
E’ stata proprio la storia gloriosa
dell’Oscar a suggerirmi che è
tempo di cambiamenti. Cambiamenti anche radicali, che
Entrambe le cerimonie si sono
svolte in un’atmosfera positiva e di grande partecipazione.
Dietro questi numeri la conferma del valore unanimemente
riconosciuto a questa iniziativa
della FERPI.
fondazioni bancarie, fondazoni d’impresa
e orgagnizzazioni erogative non profit
Vincitore: Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo
Motivazione:Il Bilancio è ben strutturato ed esaustivo nei contenuti, con un buon risultato grafico. La scelta di guidare il lettore fin dall’indice verso i temi più rilevanti denota
particolare attenzione per i destinatari. Ben sviluppata la parte sugli obiettivi di miglioramento e particolarmente apprezzabile la scelta di produrre il documento “La fondazione
in pillole” che costituisce un ottimo strumento di divulgazione alla società civile.
IMPRESE DI ASSICURAZIONI
Vincitore: Assicurazioni Generali Spa
Motivazione: Il Bilancio è complessivamente ottimo. L’informativa strategica è dettagliata
sia sul versante della mission che dei valori etici, l’illustrazione dei principali mercati in cui
il Gruppo opera risulta ampia ed esaustiva, come l’informativa analitica di confronto tra
risultati stimati e conseguiti nelle riserve dei rami danni. Il Bilancio di sostenibilità è ricco di
informazioni e ben strutturato, la relazione sociale è completa ed approfondita per tutti
gli stakeholder, di particolare rilievo il capitolo dedicato all’ambiente.
GRANDI IMPRESE BANCARIE, FINANZIARIE
Vincitore: UniCredit Spa
Motivazione: Il Bilancio si distingue per la ricchezza delle informazioni e la dovizia di approfondimenti, sia dal punto di vista dell’informativa economico-finanziaria sia da quello
dell’informativa sociale ed ambientale. Trasparente ed efficace la comunicazione in un
anno particolarmente difficile sia per quanto riguarda la performance economica che
il contesto macroeconomico in cui il Gruppo ha operato. Da evidenziare le lettere del
Presidente e dell’Amministratore Delegato ad apertura del Bilancio. Efficace l’utilizzo di
mappe concettuali, executive summary e rappresentazioni grafiche dei contenuti
MEDIE E PICCOLE IMPRESE
Vincitore: AIMAG Spa
Motivazione: Bilancio di grande qualità informativa anche da un punto di vista grafico,
che lo rende facile e gradevole da leggere. Con il piccolo rilievo che il Bilancio di sostenibilità è di tipo tradizionale e appare un po’didattico, nell’insieme risulta ben fatto, completo
e con una buona illustrazione della metodologia seguita. Chiara e completa la rendicontazione degli obiettivi raggiunti e di quelli previsti per il prossimo triennio come anche la
parte relativa alla performance ambientale e sociale.
MEDIE E PICCOLE IMPRESE BANCARIE e FINANZIARIE
Dall'alto la consegna del Premio alla Carriera a..., il dibattito tra Franco Bassanini e
Massimo Tononi, la platea degli intervenuti, come sempre numerosi
possono essere favoriti da un
avvicendamento generazionale.
Lascio nelle mani di chi verrà un
Oscar autorevole e vincete. Ed è
questo il mio orgoglio e la ricompensa migliore per l’appassionato lavoro di questi anni.
E chiudo riassumendo in un
ultimo grazie a nome mio ma
soprattutto dell’Oscar di Bilancio
tutti coloro che in questi anni, a
qualunque titolo, hanno contribuito con il proprio lavoro volontario , condividendo esperienze,
fatiche, intuizione e idee. perché
questo premio si affermasse.
Tutti quelli che ci hanno creduto,
sostenendolo con contributi e
sponsorizzazioni. Tutte le organizzazioni che hanno partecipato
anno dopo anno, sempre anche
quando avevano raggiunto l’ambito Oscar, o quando non erano
riusciti a raggiungerlo. Grazie
dunque a tutti voi, grazie per la
vostra partecipazione a questa
serata che è speciale per i vincitori, i finalisti, il team dell’oscar
ed anche per me.
Vincitore: Etica SGR Spa
Motivazione: Il Bilancio integrato è strutturato con grande efficacia, anche sotto l’aspetto
grafico e ulteriormente migliorato nella capacità comunicativa. Si distingue per la ricchezza dei contenuti sull’andamento di mercati e settori di riferimento; l’efficacia comunicativa abbinata alla snellezza; la disponibilità di indicatori finanziari, tabelle e grafici di
riepilogo e sintesi; la chiara esplicitazione degli obiettivi qualitativi e quantitativi del Piano
Strategico triennale; la ricca sezione dedicata alla CSR.
ORGANIZZAZIONI non erogative NONPROFIt
Vincitore: CCS ITALIA
Motivazione: Particolarmente apprezzabile il cruscotto che correla gli obiettivi strategici e i progetti sociali realizzati. Si segnala la presenza di schede specifiche per ogni area
geografica in cui sono presenti: obiettivi, percentuale di avanzamento e budget relativo.
L’associazione ha avviato un processo di misurazione dell’efficacia dell’attività svolta coinvolgendo i beneficiari delle iniziative.
Società e Grandi Imprese non quotate
Vincitore: Sorgenia Spa
Motivazione: Il Bilancio risulta ottimo, chiaro, completo e coerente con la mission dell’azienda. Particolarmente apprezzabili la sintesi iniziale che riporta i “financial highlights”
per aree di business, nonché l’analisi dettagliata dello scenario macro-economico, dei
risultati economici e dell’andamento per settori di attività e delle politiche di gestione dei
rischi. Inoltre, all’interno della relazione sulla gestione è presente una“Relazione sul valore
aggiunto” ben strutturata e completa, corredata dalla “Dichiarazione di verifica del livello
di applicazione GRI”. Stampati su carta ecologica, il Bilancio civilistico e quello sociale sono
presentati in un formato e in una veste grafica originale di agevole consultazione.
Società e Grandi Imprese quotate
Vincitore: Acegas-Aps Spa
Motivazione: La società presenta da sette anni il Bilancio integrato, composto dal Bilancio
consolidato e dal Bilancio della capogruppo con vari allegati, che evidenzia con chiarezza
il profilo dell’impresa, la missione e i valori del gruppo, l’organizzazione, i rischi e le incertezze. Diretto a tutti gli stakeholder fornisce una informativa completa anche sugli aspetti
non-finanziari e connessi al capitale intellettuale, con una esaustiva rendicontazione su
comunità interna, comunità esterna e sostenibilità ambientale. Al “Bilancio Integrato” è
allegato un fascicolo di sintesi.
GOVERNANCE SOCIETARIA
Vincitore: Enel Spa
Motivazione: Elevata qualità della comunicazione e completezza delle informazioni e
della documentazione. Sistema di regole completo e dettagliato. Esaustivo resoconto
delle riunioni del CdA, del Collegio Sindacale e dei comitati. Ricco e articolato il processo
di autovalutazione del Consiglio. Sostenibilità integrata nel sistema di valutazione del
controllo interno.
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comunicazione di crisi
Riparte l'iter per l'assegnazione dell'ambito riconoscimento
Anno XII nr. 67/2012
magazine della ferpi- Federazione
relazioni pubbliche italiana
Redazione e amministrazione
via Lentasio, 7
20122 Milano
Tel. 02 5831 2455
Fax. 02 5831 3321
Email: [email protected]
www.ferpi.it
Ricostruire il senso di comunità
attraverso le Relazioni pubbliche
Parte da Mirandola, uno dei centri dell’Emilia – Romagna
più colpiti dal sisma del maggio scorso, la seconda fase del
progetto dei Volontari della Comunicazione di Ferpi. Un
incontro con gli stakeholder locali per iniziare la ricostruzione
del tessuto comunitario delle zone terremotate.
Direttore
Giancarlo Panico
Direttore Responsabile
Vladimiro Vodopivec
Vice Direttore
Fabio Ventoruzzo
Redazione
Giuliano Bianucci, Fabiana
Callai, Valentina De Farolfi,
Gianfranco Esposito, Laura
Latini, Toni Muzi Falconi,
Valentina Pasolini, Roberto
Portanova, Stefania Romenti,
Amanda J. Succi, Carlo Tarallo,
Rossella Sobrero, Gianpietro
Vecchiato, Grazia Murtarelli,
Francesco Scarpulla, Donatella
Giglio, Letizia Pini
Hanno collaborato
Francesca Sapuppo, Biagio Oppi,
Vincenzo Cosenza, Giovanna
Fabiano, Roberto Antonucci,
Patrizia Rutigliano, Marco
Massarotto, Gherarda Guastalla
Lucchini, Andrea Ferrazzi,
Antonio Deruda, Filippo Nani,
Mario Rodriguez, Matteo Colle,
Emanuele Invernizzi, Francesco
Pira, Daniele Chieffi, Michele
Toscano,
Fotografie
Pino Beato,
Archivio Fotografico Ferpi
Progetto grafico
Dario Galvagno
www.dariogalvagno.com
Impaginazione e Stampa
Effigi Sas - www.tipoeffigi.com
Registrazione Tribunale
di Milano nr. 670 del 24.10.1990
Pubblicazione non in vendita
Questo numero è stato chiuso
in redazione il 28 dicembre 2012
tiratura: 3.000 copie
di Giovanna Fabiano
Un’esperienza umana e professionale intensa. L’incontro del 17 luglio
a Mirandola, primo appuntamento
in loco della task force Ferpi creata
per supportare professionalmente
i colleghi nella fase di ricostruzione,
si è tenuto nella sede del Comune,
temporaneamente ospitato nella
struttura delle scuole.
Una delegazione Ferpi composta
da Fabio Ventoruzzo, Letizia Pini,
Giovanna Fabiano, Biagio Oppi, Filippo Bertacchini,Alberto Bergianti,
Sergio Vazzoler e Massimo Alesii
si è confrontata con gli stakeholder
locali e diversi soci del territorio.
A condurre i lavori è stato proprio
Massimo Alesii, delegato Abruzzo
e Molise, che ha portato la testimonianza dell’impegno concreto
che la Federazione ha espresso tre
anni fa nella ricostruzione dell’Aquila oltre che quella professionale,
di comunicatore impegnato da allora per rilanciare il tessuto comunitario della città. Ferpi ha lanciato,
subito dopo il tragico evento, il
progetto Volontari della comunicazione, nella consapevolezza che
la gestione della comunicazione e
delle relazioni pubbliche è fattore
chiave nelle situazioni di emergenza come quelle prodotte dal
terremoto. Le Rp diventano infatti
una leva strategica fondamentale non solo per affrontare meglio
l’emergenza ma, soprattutto, per
contribuire a ricostruire il tessuto
sociale ed economico del territorio
coinvolgendo imprese, istituzioni
e comunità locali. All’incontro con
la delegazione Ferpi hanno partecipato alcuni responsabili comunicazione delle Amministrazioni
locali coinvolte e di organizzazioni
pubbliche e, private. Dai diversi
interventi è emersa un’emergenza
di comunicazione che richiede un
dialogo aperto tra istituzioni, organizzazioni e le comunità colpite per
iniziare a ricostruire non solo il tessuto economico locale ma anche la
rete di relazioni tra le persone. Fabio Montella, responsabile Ufficio
stampa del Comune di Mirandola
e direttore del periodico L’Indicatore Mirandolese (quindicinale del
Comune) ha ricordato che d’intesa
con il Sindaco è stato subito aper-
to un punto informativo, avviata
un’attività su Internet e sui social
network da un lato, mentre dall’altro si gestivano relazioni con i media di tutto il mondo per riuscire a
sensibilizzare e allo stesso tempo a
comunicare il valore di quest’area.
«I cittadini hanno bisogno di sentirsi in comunità», «E anche riprendere subito la pubblicazione
dell’Indicatore è stato un segnale
di ritorno alla normalità». Grazie al
contributo del Corriere della Sera
sarà infatti possibile stampare i
prossimi quattro numeri. Mentre
a settembre si farà una gara per
trovare una concessionaria di pubblicità dato che i costi di stampa del
giornale erano interamente coperti
dalla raccolta pubblicitaria. Tra le
numerose azioni ed iniziative va
segnalato il gemellaggio con Torino che porterà a Mirandola, oltre
a vari aiuti, il contributo professionale di progettazione dello Urban
Center del capoluogo piemontese.
Comunicare e definire le priorità:
queste le difficoltà segnalate da
Ingrid Tugnoli, del team Informagiovani/URP del comune di Cento.
Ecco un’altra sfida per i professionisti della comunicazione: stilare
una lista delle priorità, capire da
dove ricominciare e soprattutto
come trasmettere il senso della
ricostruzione, verso l’interno (le
popolazioni colpite) e verso l’esterno (media, politica nazionale, etc.).
A Mirandola, che è centro riconosciuto a livello mondiale nel settore
biomedicale, è emersa la necessità
di ripartire dalle eccellenze del territorio per evitare l’impoverimento
delle aree colpite e un’eventuale
delocalizzazione delle produzioni.
All’incontro hanno partecipato Erika Paltrinieri, responsabile Confindustria Modena AreaNord e Laura
Ansaloni, addetta comunicazione
Confindustria Modena, che hanno
sottolineato come sin dai giorni
successi al terremoto l’associazione degli industriali ha dialogato
con le imprese per capire che cosa
fosse successo, come trasmetterlo
ai media e soprattutto per aiutarle
a restare dove sono.
Decisivo sarà sul fronte economico, non solo riorganizzare il territorio in maniera “intelligente” ma
individuare soggetti esterni che si
Gherarda Guastalla Lucchini
facciano promotori del suo rilancio
e che contribuiscano ad allargare
il sistema di relazioni sottolineano
gli altri ospiti presenti all’incontro.
Roberta Fregonese, Responsabile comunicazione del comune di
Pieve di Cento ha posto l’accento
sull’importanza di trasparenza e
strumenti di rendicontazione per
la raccolta fondi che i vari enti
stanno realizzando; Monica Argilli, Responsabile Comunicazione
AIMAG e socia Ferpi ha parlato
di come la multiutility del territorio sia un elemento centrale nella
gestione del territorio e delle comunità colpite; Antonio Pignatiello,
Responsabile relazioni esterne dell’
AUSL di Modena e socio Ferpi ha
evidenziato i numerosi aspetti legati all’emergenza dal punto di vista sanitario, dall’evacuazione degli
ospedali all’importanza di una corretta comunicazione verso i propri
stakeholder. Infine i rappresentanti
diLegambiente di Novi Modenese
hanno parlato della necessità di
sensibilizzare gli attori verso una ricostruzione ecologicamente compatibile e sicura.
Svariate quindi le necessità emerse
nel corso dell’incontro a conferma
dell’importanza del progetto Ferpi:
attivare un dialogo costante con
gli attori locali per intraprendere
un percorso di condivisione delle
priorità e di valorizzazione delle
esperienze. Dopo la fase di ascolto
il tavolo multistakeholder aperto
a Mirandola porterà all’identificazione di alcuni cantieri di lavoro
sui quali Ferpi potrà dare il proprio
supporto grazie ai professionisti
che hanno aderito all’iniziativa.
Molte le idee emerse che verranno discusse nei prossimi giorni per
individuare i workstream principali:
dall’attivazione della società civile
per allargare la rete di relazioni al
ripensamento della città e dei suoi
spazi attraverso la memoria dei
luoghi, molti dei quali non saranno più come prima; dalla trasformazione in positivo della visibilità
ottenuta a causa della tragedia
non solo sui media nazionali al ripensamento della strategia delle
aziende del territorio per trovare
un nuovo rapporto con il contesto
sociale e i nuovi ambienti di vita;
dalla rendicontazione della destinazione dei fondi al riconoscimento nei confronti dei resilienti, quei
“costruttori di comunità che Alesii
ha individuato come fondamentali
nella ricostruzione sociale, civile ed
economica di l’Aquila. “E la comunicazione pubblica ha l’opportunità
di essere ri-pensata e ri-progettata
come una smart city”, ha detto
Alesii, che ha anche annunciato
l’avvio del master con l’Università
dell’Aquila dedicato alla comunicazione in contesti di crisi ed emergenza. Dall’incontro di Mirandola
parte quindi un processo di analisi
che individuerà i due/tre cantieri
di lavoro su cui lavorare con gli
stakeholder coinvolti, con i volontari della comunicazione insieme al
coordinamento Ferpi del progetto.
SoCiaL MEDia
LettURe
ferdinando Marino - Kapusons
il PaPa Su
tWitter
di Giancarlo panico
RappRESEnTanza DEGLi
inTERESSi oGGi
M.C. Antonucci
Carocci, 2012
€ 17,50
Troppo spesso in Italia il termine lobby viene usato per indicare fenomeni
oscuri e trame segrete nell’orientamento delle decisioni politiche. In
realtà, il lobbying, ove previsto e regolato da norme, consente,
in molti sistemi politici
democratici, l’attività di
relazione con il decisore pubblico in termini
trasparenti e conformi
alle leggi.
la completezza e la trasparenza delle informazioni
pagano sempre, ancor di più nell'era di Internet
anche il pontefice, dal 12
dicembre, cinguetta sul noto
social network. Cosa significa e
quali saranno le conseguenze.
Ha senso parlare di una Chiesa
2.0 oppure, come anche nel caso
del Dalai Lama, le più importanti
autorità religiose dovrebbero
essere realmente pronte a
mettere in discussione il loro stile
comunicativo?
di Ferdinando Marino
“Ha mai pensato al fatto
che Gesù è morto su una croce di legno e che suo padre
era l’unico falegname in città?”. “Se ti mando un po’ di
casse d’acqua, mi rimandi indietro i boccioni di vino?”.
“Santo Padre, ma è lei ad essere responsabile dell’evoluzione di Terence Hill da Trinità a Don Matteo?”. “Si mette
mai sui condotti d’aria per
imitare Marilyn Monroe?”. Se
vi piace gironzolare su Twitter
sapete che questi che vi stanno facendo ridere sono tutti
quesiti che i cinguettanti della
rete hanno rivolto a @Pontifex
tramite l’hashtag #faiunadomandalpapa.
Ormai da qualche giorno la
Santa Sede ha lanciato l’account ufficiale del Papa su
Twitter. O meglio, gli 8 account del Papa: inglese, italiano, spagnolo, francese, portoghese, tedesco, polacco e
arabo. Insomma, i social network stanno arrivando in alto,
molto in alto, decisamente in
alto. Fino a qualche anno fa
quanti si sarebbero immaginati di poter rivolgere, anche
solo virtualmente, una domanda direttamente al Papa?
E mentre anche la Camera
dei Deputati sta per aprire un
suo account su Twitter, sulla
scia della linea tracciata da @
Palazzo_Chigi, la creazione di
@Pontifex indica sicuramente
una sensibilità diffusa verso i
social network che ormai toc-
ca anche il Vaticano.
Ma una riflessione sull’utilizzo
del mezzo è d’obbligo. I social
media, Twitter probabilmente più di tutti, nascono per la
condivisione di informazioni,
per ascoltare gli altri e per
dire la propria. Aziende ed
istituzioni lo utilizzano ormai,
in maniera più o meno professionale, come strumento
di comunicazione quotidiana,
di valutazione della propria
reputazione e di analisi delle
esigenze e dei feedback dei
propri target rispetto a beni
e servizi erogati. Questa rappresenta non solo la migliore
modalità di utilizzo dei social
network, ma la loro stessa ragione di vita: non avrebbero
senso in un contesto sociocomunicativo autoreferenziale, non aperto verso l’esterno. Ormai anche le autorità
istituzionali lo hanno capito:
questo “luogo” non è totalmente “controllabile”. Senza il
confronto e il coinvolgimento
dei follower la presenza sui
social network può diventare
un grande, incredibile e clamoroso boomerang comunicativo… e non mancano gli
esempi in questo senso.
Ecco quindi che la notizia della creazione di un account del
Papa fa, di per sé, arricciare il
naso. Passi la sensibilità verso
le nuove tecnologie manifestata dalla Santa Sede. Passi
la necessità di andare dove la
gente vive per diffondere “la
parola”. Passi pure l’utilizzo
dei social network come strumento di proselitismo, esattamente come avviene per i
brand. Ma appare abbastanza
difficile conciliare lo spirito
“social” sul quale si fondano
questi strumenti con la natura stessa della religione, che
spesso è portatrice di verità
assolute, difficilmente discutibili o negoziabili.
Fa quindi un po’ strano che
un’istituzione che non è abi-
tuata, né intende, (magari
lo farà in futuro) mettere in
discussione alcuni dei propri
principi sia disposta ad entrare in un contesto che fa proprio della discussione la ragione stessa della sua esistenza.
Non vogliamo dire che sia
giusto discutere i dogmi della
religione cattolica, non spetta
a noi, ma quantomeno è singolare che@Pontifex utilizzi
Twitter a metà, solo per diffondere il proprio messaggio,
senza ascoltare gli altri, dato
che non “followa” nessuno se
non i suoi stessi account nelle
diverse lingue. E non fossilizziamoci a criticare la Santa
Sede, rivangando costatazioni
centenarie sulla chiusura della
Chiesa cattolica verso l’esterno. Perché non solo il Papa,
ma anche @dalailama, che
da tempo utilizza i cinguettii
per comunicare ai propri fedeli, non segue nessun altro
account. La questione è più
sottile: parliamo di(in)compatibilità tra linguaggi comunicativi e strumenti, dell’utilizzo
di codici appropriati sui mezzi
giusti. Insomma, se il Papa e il
Dalai Lama vogliono utilizzare Twitter dovrebbero essere
pronti a mettere in discussione il loro stile comunicativo, a
ridiscutere come le autorità
religiose comunicano con i
propri fedeli.
Ragionando in termini di social media strategy, invece,
sarebbe curioso capire come
mai, pur non volendo seguire
attori terzi, @Pontifex abbia
deciso di non avere tra i suoi
following le tante comunità
cattoliche che esistono nel
mondo. Quelle organizzazioni che in lui vedono una guida spirituale e organizzativa,
che moltiplicherebbero le loro
forze nel duro lavoro di tutti i giorni se solo trovassero
tra le loro notifiche di Twitter il messaggio @Pontifex ti
ha ritwittato.Sempre perché
l’ABC del buon social media
strategist insegna che il “fan”
bisogna ascoltarlo, ingaggiarlo e premiarlo.
E se questo non avviene, la
Rete se ne accorge. Se entri
in un luogo in cui tutti sono
allo stesso livello ma tu vuoi
sembrare più in alto degli
altri, quello che succede, soprattutto in una società come
quella italiana, è che vieni
preso in giro. E proprio questo
sembra essere l’errore di @
Pontifex: se scegli di utilizzare uno strumento devi essere
disposto ad integrarti ed applicare le dinamiche che lo
governano, ad adattare il tuo
stile comunicativo a quello del
contesto in cui ti trovi. Non
stupisce, quindi, che, esattamente come accaduto in casi
più “terreni” (vedi l’hashtag
#meetfs di Trenitalia), #faiunadomandaalpapa rappresenta il canale in cui gli utenti
scimmiottano il tentativo di
approcciare un nuovo mezzo
senza volerne accettare le regole. Come quelle feste di 18
anni dove il genitore di turno
tenta di risultare simpatico
agli amici del figlio/a ballando
il “Gangnam style” come se si
trattasse del “Ballo di Simone”.
E poi c’è chi si chiede: “ho
questa domanda che mi tortura: ma lei, esattamente, che
fa tutto il giorno?”
pRLESSonS
Sopravvivere agli uffici stampa (e ai
giornalisti)
D. Lepido
40k, 2012
€ 0,99 (solo ebook)
Tra i pr ci sono grandi professionisti
mentre altri, come l'autore racconta
in questo "manualetto di autodifesa
giornalistica" , ispirano la stessa
fiducia del Darth Vader di Guerre
Stellari, sono “pericolosi”
come la Maga Circe,
buffi come Topo Gigio
. La prefazione di Luca
Barabino che riporta
la riflessione in un
framework adeguato
è un'utile esercizio per
ogni comunicatore, ma anche
per tanti giornalisti.
FUGa Da FaCEBooK
The back home strategy
M. Camisani Calzolari
Carte Scoperte Editore, 2012
€ 9,50
Partendo da un fenomeno recente,
la “fuga” da Facebook, l'autore cerca
di analizzare, e smontare,i
miti sorti attorno al social
media marketing negli
ultimi anni. Un libro che
vuole essere una guida
completa all’uso “consapevole” dei social per le
aziende fondato su una
nuova strategia per l’uso dei
media sociali sviluppata dall'autore: la
back home strategy.
La SoCiETÀ DEi DaTi
V. Cosenza
40k, 2012
€ 0,99 (solo ebook)
La tecnologia svela informazioni che
prima non eravamo nemmeno in
grado di immaginare: quello
che dobbiamo imparare
a gestire è l’equilibrio tra
la conoscenza e la concessione di un’enorme
quantità di informazioni
personali. Lo afferma
Vincenzo Cosenza in
questo delizioso ebook.
Le organizzazioni hanno il problema
di capire come estrarre informazioni utili da flussi informativi non
strutturati, eterogenei, dinamici (big
data). A noi singoli individui rimane
il dilemma di come bilanciare una
maggiore conoscenza con la cessione
di informazioni personali.
27
28
public affairs
Intervista con Francesco Ciccone - Vice sindaco di Lamezia Terme
Comunicare anche nel sud
pianificazione e sviluppo
Gli strumenti di “democrazia partecipativa” e di “democrazia
deliberativa” operano nel nostro Paese sempre più spesso in affiancamento agli strumenti di “democrazia rappresentativa”. Le esperienze
“partecipative” trovano applicazione nell’ambito delle politiche
pubbliche locali per la realizzazione di piani o regolamenti attraverso il
coinvolgimento e l’ascolto di tutti i soggetti che ne possono subire gli
effetti. Le esperienze “deliberative” sono invece fondate sulla relazione
ed il dialogo tra partecipanti interessati ad arrivare ad una decisione
condivisa che modifichi scelte già maturate dalle amministrazioni
pubbliche. Quasi tutto questo si regge sulla Comunicazione.
Conversazione di Roberto Antonucci con Francesco Cicione vicesindaco
di Lamezia Terme
di Roberto Antonucci
Francesco Cicione, 39 anni, vicesindaco di Lamezia Terme,
esperto di pianificazione territoriale e di politiche di sviluppo
locale è un protagonista nella
sua città di quella che probabilmente è una delle prime
esperienze nel Sud di progettazione territoriale condivisa.
Lamezia è la terza città della
Calabria per popolazione, la
seconda per estensione e la
prima per accessibilità; è una
delle più giovani città del Mezzogiorno. In questo contesto
abbiamo avviatoun percorso
di pianificazione urbanistica
credendo nelle capacità del
territorio di impegnarsi in un
processo ampio di progettazione con il coinvolgimento
degli stakeholder istituzionali,
territoriali, produttivi e sociali. In una parola, abbiamo
sottratto la pianificazione alle
mediazioni affaristiche, alla
degenerazione clientelare, alla
pressione mafiosa e criminale.
Una esperienza partecipativa
che ha avuto come obiettivo il
primato dell’interesse generale
Il processo è partito nel 2008
con la stesura del Piano Strategico che ha originato il Piano
Strutturale Comunale, che a
soli quattro anni di distanza è
oggi in dirittura d’arrivo e il cui
sviluppo è stato caratterizzato
da una impostazione metodologica e politica forse unica
nel sud d’Italia: tutte le fasi
di costruzione e definizione
degli assetti urbanistici sono
state affrontate e sviluppate
attraverso il ricorso a bandi e
negoziati pubblici trasparenti, a evidenze online e a frequenti assemblee pubbliche.
Nella prima fase di stesura del
Piano Strategico il pubblico di
riferimento è stato quello degli stakeholder professionali,
economici, produttivi, sociali,
etc. Attraverso numerose assemblee pubbliche chiamate
OST - Open SpaceTecnology
sono state coinvolte più di
1000 persone e più di 300 tra
associazioni ed organizzazioni di categoria. Nella seconda
fase, quella del Patto di Sviluppo, abbiamo coinvolto i pubblici istituzionali; attraverso più
di 20 tavoli è stato definito un
Accordo di Programma Quadro sottoscritto da Regione,
Provincia e Comune. Nella terza ed ultima fase, di stesura del
Piano Strutturale Comunale, il
pubblico di riferimento è stato
quello dei portatori di interessi
urbanistici; attraverso Avvisi
pubblici, assemblee pubbliche
e negoziati trasparenti sono
state interessate più di 300
ditte.
Il sito del Comune di Lamezia
ha avuto un ruolo strategico
nel piano di comunicazione
Basta andare sul sito del
Comune di Lamezia Terme
nell’area del Piano Strutturale
Comunale per rendersi conto di come tutto l’iter si sia
svolto alla luce del sole grazie
al web. Il sito è stato uno dei
canali aperti per il confronto
con i cittadini e la diffusione
delle messaggi chiave della
nostra azione. Oltre a veicolare gli Avvisi pubblici, il sito ha
informato i cittadini delle Assemblee pubbliche, dei Tavoli
istituzionali e dei negoziati con
le imprese ma, soprattutto, sul
sito sono stati pubblicate tutte
le eccezioni avanzate dai cittadini e dai professionisti del
settore (ingegneri, architetti,
geometri, ecc). Tutti i documenti progettuali sono stati
resi pubblici nel corso della
loro progressiva definizione e
ogni cittadino si è potuto rendere conto dello stato d’avanzamento del processo. Con le
“Consultazioni degli interessi
diffusi” poi tutti i cittadini sono
stati invitati a comunicare
all’Amministrazione comunale
le loro proposte collaborative
Il vicesindaco di Lamezia Terme Cicione, al centro nella foto. In basso il Municipio
utili alla formazione del nuovo
strumento urbanistico. Questa
impostazione ha garantito una
vigilanza collettiva ed ampia
su un processo tanto delicato
e sensibile. La trasparenza degli atti amministrativi e delle
attese manifestate dai cittadini interessati da quegli atti se
da un lato è probabilmente una
novità per molti cittadini del
sud, dall’altro devo ammettere che ha costituito una difesa
della libertà intellettuale di noi
amministratori e della serenità
dell’intero processo.
Il livello della proposta politica
ha cercato poi una sua ulteriore qualificazione nel livello della proposta tecnica
Il Piano è stato redatto da uno
dei più importanti urbanisti italiani, il prof. Giovanni Crocioni.
Abbiamo costituito, poi, un
Urban Center, con il compito
di garantire la continuità del
processo partecipativo anche
attraverso la costituzione di
un Comitato Scientifico composto da personalità come il
prof. Bianchi ordinario di Urbanistica e già Ministro delle
Infrastrutture, il prof. Mecca
preside di Architettura di Firenze tra i principali esperti
di patrimonio edilizio, il prof.
Sacco ordinario di Economia
della Cultura ed tra i principali esperti di economia culturale, la prof.ssa Younès della
Scuola Speciale d'Architettura
di Parigi e coordinatrice del
GERPHAU, il più importante
laboratorio multidisciplinare
europeo sulle politiche urbane;
ovviamente non è mancata la
partecipazione delle tre Università Calabresi anche attraverso il coinvolgimento dei
migliori laureati cui sono state
offerte delle borse di studio.
La Calabria è anche terra di
‘ndrangheta; a novembre avete organizzato con la prefettura di Catanzaro la “Passeggiata antiracket” nelle strade di
Lamezia
C’è un fortissimo livello di collaborazione con le altre istituzioni e con il partenariato
sociale. Negli ultimi anni sono
stati tantissimi i momenti di
crescita e di testimonianza
civile ed antimafia sul nostro
territorio che hanno assunto
un valore simbolico e di comunicazione verso l’esterno
dello sforzo di una comunità
di riscattarsi e di proiettarsi nel
futuro. Negli ultimi anni Lamezia ha vissuto la visita del Presidente della Repubblica e del
Santo Padre, ma anche “Trame” il primo festival nazionale
sui libri di mafia promosso in
collaborazione con l’Associazione antiracket del territorio,
da una idea di Tano Grasso
che è stato anche Assessore. E
poi tanti altri momenti: ricordo
per esempio “Il giorno che non
c’è”, la passeggiata che migliaia di persone hanno fatto lo
scorso 29 febbraio in un quartiere a forte concentrazione
mafiosa, per reagire all’ennesimo attentato verso la Comunità di don Giacomo Panizza
che occupa uno dei beni confiscati che l’Amministrazione
Comunale ha concesso in uso.
Insomma l’esperienza che
abbiamo costruito a Lamezia
Terme testimonia che anche in
un territorio complicato come
il nostro, caratterizzato da una
significativa presenza mafiosa,
il modo più efficace per emanciparsi dalle pressioni e dai
ritardi della sottocultura criminale è quello di osare nell’innovazione e nella costruzione di
responsabilità sociale e capitale civile. Fondamentale, però,in
questo processo di emancipazione dalla ‘ndrangheta e dalla criminalità organizzata è il
coinvolgimento fattivo di tutti i
cittadini e dei pubblici di riferimento, possibile grazie anche
alla strategia di comunicazione
voluta dal Comune di Lamezia
e agli strumenti di democrazia
partecipativa che abbiamo attivato.
State sovvertendo il paradigma che spesso nel sud vede
prevalere gli interessi particolari sull’interesse generale; vi
sarete chiesti se Lamezia saprà tesaurizzare questa esperienza
A Lamezia crediamo di avere
posto le condizioni per proseguire questo percorso entusiasmante ed utile alla collettività su cui l’Amministrazione
comunale guidata da Gianni
Speranza si sta spendendo con
determinazione: dopo aver risanato il Bilancio Comunale,
public affairs 29
Il Punto
Corporate reputation
La cultura come motore
di un nuovo sviluppo
assunto provvedimenti coraggiosi contro le infiltrazioni
mafiose, completati i servizi
primari che la città attendeva
da anni soprattutto nelle periferie, potenziati i servizi sociali
e rilanciate le politiche giovanili e culturali, avviata la riqualificazione dei centri storici e
delle periferie e l’abbattimento
delle case abusive, oggi il Comune vuole proiettare la città
in questa ambiziosa sfida di
competitività e rigenerazione
territoriale. Una città diversa
è possibile: anche attraverso
nuove forme di comunicazione
istituzionale.
Ma fare oggi l’amministratore
pubblico significa anche recuperare un gap enorme di credibilità presso i cittadini
Non c’è dubbio. Il rischio è
quello di essere considerati
tutti uguali. Il tentativo subdo-
lo è quello di far apparire tutti
uguali anche attraverso forme
di calunnie e disinformazione.
Viviamo oggi una fase di transizione, una stagione segnata
dalla rapida - e talvolta disordinata - ricerca di nuovi paradigmi anche nella costruzione
di un nuovo modello di democrazia. La rappresentanza segna il passo.La partecipazione
e la prossimità non hanno ancora assunto una fisionomia
matura. Questa è una sfida
complessa caratterizzata da
decenni di pericolosa divaricazione tra “sfera pubblica” e
“sfera privata”. Per dirla alla
Habermas, c’è un perverso
patto di reciproca convenienza tra gli interessi di una elite
dirigente autoreferenziale cui
è stata affidata la delega totale dell’interesse pubblico in
cambio di benessere e comfort
per alcune ristrette categorie
di cittadini nella sfera privata.
La monadizzazione delle due
sfere è resa ancora più radicale
e talvolta brutale dalla nuova
frontiera digitale. Noi amministratori pubblici dovremo
sapere implementare sempre
più in futuro capitale civile, spirito di comunità, soggettività
territoriale ed interistituzionale orientata allo sviluppo. Questo significa costruire con le
comunità che amministriamo
visioni e narrazioni condivise,
costruire una nuova catena dei
bisogni ed una nuova sequenza degli interventi. Cioè, operare per la democratizzazione.
Solo così si può vincere la sfida
del futuro.
Il “brand Italia” perde posizioni sullo scenario internazionale in
fatto di offerta e attrattività culturale. Il grido d’allarme lanciato
dal Gruppo Sole 24 Ore, promotore degli Stati Generali della Cultura, con la partecipazione del Presidente della Repubblica. Il ruolo
fondamentale delle Relazioni
pubbliche. L’analisi di Elisa Greco,
delegato Ferpi Cultura
Elisa Greco *
Occorre riscoprire la centralità della
cultura come motore dello sviluppo
economico-sociale del Paese e come
fonte di crescita personale per tutti i
cittadini: un investimento a 360 gradi, dalla scuola all’università, dalla
tutela dei beni culturali all’innovazione scientifica e, soprattutto, occorrono proposte concrete per cambiare
rapidamente rotta.
Questo il messaggio forte, suggellato dall’intervento del Presidente
della Repubblica, venuto dagli Stati
Generali della Cultura, che si sono
tenuti a Roma il 15 novembre scorso per iniziativa del Gruppo Sole 24
Ore, in partnership con l’Accademia Nazionale dei Lincei, l’Istituto
dell’Enciclopedia Italiana Treccani
e sotto l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica. Aperta con
l’intervento del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ha registrato anche i contributi dei Ministri
Francesco Profumo (Istruzione),
Lorenzo Ornaghi(Cultura), Fabrizio
Barca (Coesione Territoriale) e Corrado Passera (Sviluppo Economico)
oltre che autorevoli esponenti del
mondo delle istituzioni, della cultura
e dell’economia. Evento che ha suscitato grande interesse e attenzione e
notevole affluenza di pubblico con
una partecipazione molto attiva
anche grazie alla diretta web oltre
che nel racconto in live twitting con
l’hashtag #SGCultura12.
Quella che è emersa dalla giornata
di confronti e dibattiti, anche accesi,
è un Italia «che vive sulle spalle di un
grande passato».
L’effetto più recente di questa situazione è che il ‘brand Italia’ perde
competitività a livello internazionale:
in altre parole la filiera culturale italiana estesa non riesce a produrre
abbastanza valore perché soffre,
soprattutto nei settori chiave dell’industria culturale, di una bassissima
capacità di penetrazione sui mercati
internazionali, e ciò finisce per influenzare negativamente la competitività dell’intero sistema del Made
in Italy.
La situazione si riflette in modo evidente nell’indice di attrattività culturale elaborato dal Sole 24 Ore a
partire dai database Google-Harvard
e Google Trends che permette di misurare quanto il ‘brand’ di un Paese,
nel nostro caso l’Italia, sia associato
a livello globale, rispetto ai principali
paesi concorrenti, ai principali settori di produzione culturale e creativa
e ai relativi attributi di valore. I dati
mostrano chiaramente come, su scala secolare, l’Italia abbia perso quote
significative di capacità di influenza
in tutti i principali settori della produzione culturale, tanto industriale che
non, mantenendo in qualche modo le
posizioni nei settori simbolo della sfera
creativa come il design e la moda e
mostrando un unico vero caso di influenza crescente nel settore del food.
Il nostro Paese, negli ultimi decenni
ha dilapidato, e continua a dilapidare,
una rendita di posizione storica che
si assottiglia sempre di più in quanto diventiamo sempre meno capaci
di rendere visibili e attraenti a livello
globale i nostri contenuti culturali, e di
trasmetterli efficacemente alle catene
del valore dei settori di eccellenza del
Made in Italy.
Tuttavia la filiera dell’industria culturale e creativa vale il 5,4% del Pil, ma
in una sua accezione più ampia arriva
al 15% secondo un’analisi tecnicoeconomica accompagnata da una
proposta concreta che si articola in
quattro punti:
• richiesta di un impegno a garantire un più facile accesso al credito
per lo sviluppo dell’imprenditorialità
creativa
• costituzione di un’agenzia per l’esportazione della produzione creativa italiana
• chiara strategia di valorizzazione
globale dei brand culturali italiani
• maggiore capacità di integrare la
produzione creativa nel manifatturiero di qualità
Di questi stessi temi se ne era parlato
anche a Napoli, nel luglio 2012, nel
primo di un ciclo di incontri promossi
da Ferpi, “Cultura è Economia”, su
come sviluppare l’industria della cultura e il ruolo di primo piano della comunicazione e le relazioni pubbliche.
Partendo dalla Campania, regione che
vanta ben cinque siti Unesco, Ferpi,
la Federazione delle Relazioni pubbliche italiana, si propone di avviare un
dialogo fattivo tra diversi soggetti
coinvolti nella filiera dei beni culturali: Istituzioni, imprese e operatori
del settore ma anche i comunicatori,
con l’obiettivo di rafforzare una relazione già avviata tra Cultura e Economia nella consapevolezza che la
valorizzazione dei beni architettonici,
monumentali e paesaggistici deve
esser affrontata sotto una cornice di
responsabilità collettiva. Da un recente studio dell’ Università Cattolica
emerge che, l’Italia, nonostante vanti
il primato di 44 siti dell’Unesco, il Pil
legato all’industria culturale é fermo
a 35 miliardi di euro contro i 78 della
Gran Bretagna e gli 82 della Francia. Eppure un’azione adeguata di
valorizzazione dei beni culturali del
nostro Paese, fondato su partnership
pubblico-private, potrebbe generare
un giro d’affari di oltre 170 miliardi di
euro con ricadute occupazionali fino
a 3,5 milioni di posti di lavoro dei più
diversi, dai restauratori ai comunicatori, dall’offerta di servizi al turismo
culturale, alla digitalizzazione di contenuti e prodotti editoriali ad attività
legate alla fruizione.
Per farlo occorrono azioni di sistema
per tutelare, sviluppare e promuovere il patrimonio culturale, in modo
da agevolare interventi congiunti
pubblico-privato per la creazione di
un modello sostenibile nel tempo, che
tenga in considerazione sia interventi
di recupero dei beni architettonici e
monumentali che una moderna gestione dell’offerta culturale.
In una moderna industry della cultura la relazione tra Cultura, impresa e
comunicazione non può essere più intesa solo come investimenti in cultura
sottoforma di responsabilità sociale
d’impresa (Csr) o sponsorizzazioni
ma concreta strategia di valorizzazione del patrimonio e marketing territoriale. In questo scenario la comunicazione assume un ruolo chiave per
lo sviluppo della industry della cultura. Comunicare la Cultura vuol dire
associare il proprio brand ai valori del
territorio e trasmettere vicinanza alle
persone, partendo dal presupposto
che musei, spazi espositivi e percorsi
culturali non sono creati solo per i turisti, ma per tutta la collettività.
*Delegata Ferpi Cultura
30
ambiente
da La nuova ecologia
Green Economy
La linea azzurra
della green economy
Lavaggio verde
L'attenzione alla green economy è un fatto recente per gli
italiani che risale ad appena
due anni fa come dimostra
un esperimento proposto
da Marco Fratoddi, direttore
de La Nuova Ecologia e la
relativa riflessione proposta
come editoriale del numero di
novembre 2012 della rivista.
di Marco Fratoddi
Prima di leggere questo
articolo mettetevi davanti ad
un computer (va bene anche lo
smartphone che portate in
tasca) e andate su questo link:
tinyurl.com/lineazzurra. Abbiamo pubblicato per voi
un’immagine intorno alla quale
vorremmo ragionare insieme. È
un grafico (estrapolato da
“Google”) che racconta, a
nostro avviso, una vera e
propria mutazione d’interesse
nella mentalità degli italiani,
qualcosa di simile a una
sterzata culturale di cui ci
sembrava d’aver colto, durante
gli ultimi anni, diversi sintomi.
L’avete trovata? Bene. Vedrete
due linee, una rossa e una
azzurra. La prima indica il
volume di ricerca che i nostri
connazionali effettuano su
internet intorno al termine
“global warming”. La seconda
esplicita invece la quantità di
volte in cui gli utenti, sempre
dal nostro paese, cercano la
coppia semantica “green
economy”. Per un certo
periodo la linea rossa è stata
largamente al di sopra
dell’altra. Poi, diciamo un paio
d’anni fa, è avvenuto il
sorpasso. I navigatori hanno
scoperto la green economy e
hanno cominciato a cercare
informazioni più spesso su
questo argomento che non sul
problema del riscaldamento
globale (il risultato, per inciso, è
lo stesso anche utilizzando
quest’ultima espressione).
L’esperimento non si può certo
definire esaustivo, il cambiamenti si misurano nella società
reale e con metodi ben più
strutturati. Però mantiene una
certa attendibilità se si pensa a
quante persone utilizzano internet ogni giorno, un campione in
qualche modo rappresentativo
dell’opinione pubblica nel suo
complesso. Ma che cosa dimostra il grafico? Giriamo a voi la
domanda. Da parte nostra ci
limitiamo ad aggiungere due
particolari: questo fenomeno
riguarda soltanto gli utenti italiani. Se si effettua lo stesso test
in ambiti nazionali diversi dal
nostro, per esempio in Francia,
Inghilterra o Stati Uniti, le ricerche intorno al global warming
sono ancora ampiamente
maggioritarie rispetto a quelle
che riguardano l’economia
verde. La forbice, inoltre, si
sta allargando: è come se le
persone s’interessino meno di
un tempo ai problemi del clima,
che i media hanno trattato
prevalentemente secondo
la retorica catastrofista, per
cercare informazioni sulle
opportunità che contiene la
crisi economica e ambientale in
cui siamo immersi. È un’analisi
troppo ottimista? Sta di fatto
che più o meno nello stesso
periodo il volume di ricerche sul
fotovoltaico e il conto energia
ha superato quello sulle automobili. Soltanto un caso? Diteci
la vostra scrivendo a [email protected] oppure
tramite la pagina Facebook che
ospita il diagramma.
Certo è che la richiesta d’informazione intorno a questi
argomenti sta crescendo e
che i media hanno bisogno
d’innovarsi per tenere il passo
con le nuove sensibilità sociali.
Nel dossier a pagina 53 intanto,
che pubblichiamo in occasione degli Stati generali della
green economy convocati dal
ministero dell’Ambiente, vi
proponiamo qualche elemento
per comprendere qual è
secondo Legambiente la reale
portata di questa metamorfosi.
quando sono le comunità locali
a rendersene protagoniste.
La green economy non è
altro che una risposta
positiva (e necessaria) al
peggioramento della
condizione ambientale del
pianeta. Lo sostiene Sergio
Vazzoler in uno scambio di
idee con il direttore Marco
Fratoddi (a fianco) pubblicato su La Nuova Ecologia.
di Sergio Vazzoler
Gli italiani sembrano più interessati alle opportunità
della green economy che non
ai rischi del global warming.
L’editoriale uscito su questa
rivista il mese scorso, a firma
di Marco Fratoddi, poneva
all’attenzione i risultati delle
statistiche di ricerca su Google e s’interrogava sulle possibili ragioni del crescente interesse da parte dell’opinione
pubblica verso l’economia
verde a scapito del cambiamento climatico. Un dato che
a quanti, come noi, si occupano di relazioni pubbliche,
fa riflettere. E che ci invita
ad approfondire le ragioni di
una possibile alleanza fra associazioni, enti locali, organi
d’informazione verso una
migliore condivisione delle tematiche ambientali. Ci
sono due diverse maniere di
leggere a nostro avviso questo fenomeno: concentrarsi
sulle differenze fra green
economy e global warming
oppure prendere atto che si
tratta di due facce della stessa medaglia. Personalmente
scelgo quest’ultimo approccio: la green economy, infatti,
non è altro che una risposta
positiva (e necessaria) al
peggioramento della condizione ambientale del pianeta.
Ecco, allora, che la tendenza
evidenziata dalle ricerche
in rete può raccontarci non
tanto l’indifferenza generalizzata verso il riscaldamento
globale quanto una maggiore
propensione al risvolto pratico della questione. Nell’interesse verso l’economia
verde si coglie un’adesione
di principio alla costruzione
di un modello sostenibile e
la conferma di una sensibilità
crescente verso la dimensione ambientale: s’intravede
un’“ecopragmatica” (come
la definisce Massimo Scalìa)
che deve essere vista come
un segnale positivo. Ed è qui
che si gioca la vera sfida per
la comunicazione ambientale: sensibilizzare, fare cultura
e informare correttamente la
popolazione circa i rischi dei
cambiamenti climatici, senza
cadere nella trappola del catastrofismo o in quella (ancora più pericolosa) del tecnicismo scientifico. Occorre,
al contrario, puntare verso
nuove forme di narrazione,
che sappiano trasmettere i
messaggi-chiave,
facendo
vivere esperienze originali e
positive alle persone, coinvolgendole attivamente nella
costruzione del significato da
attribuire alla causa ambientale. Ma il compito della comunicazione ambientale non
si esaurisce qui: deve aiutare
le istituzioni a porre al centro
dell’agenda la questione ambientale e a parlare di green
economy pensando al global
warming. Già, perché ciò che
manca nelle politiche nazionali è la consapevolezza di
come l’economia verde possa
diventare un’opportunità se
parte proprio dagli strumenti di prevenzione dal rischio
idrogeologico. Se, ad esempio, vogliamo orientare la domanda di sostenibilità dei cittadini con azioni “smart” per
le nostre città, non possiamo
contraddire quelle azioni con
la pressoché totale assenza di
politiche per la prevenzione
degli eventi alluvionali. La comunicazione ambientale per
essere credibile ed efficace
deve innanzitutto essere coerente con i comportamenti.
Altrimenti è soltanto greenwashing ma in questo caso
in gioco non c’è il successo
o meno di un prodotto ma la
sostenibilità del territorio e
delle comunità.
* Delegato Comunicazione
Ambientale Ferpi
internazionale
Il tradizionale Simposio in Slovenia
lo stato della professione delle
Relazioni Pubbliche.
Istituzionalizzazione e
strategic management
L’istituzionalizzazione della professione e lo strategic management sono stati i temi della prima
sessione, con un interessante
intervento della professionista
slovena Mojca Drevenšek sul
Reporting Integrato e sul ruolo
del responsabile delle Rp o manager della comunicazione nel
team multidisciplinare chiamato
a realizzare la nuova modalità
di rendicontazione integrata tra
performance finanziarie e di CSR,
sostenuta dalla Global Reporting
Initiative e oggetto di sperimentazione di diverse organizzazioni
in tutto il mondo, con il sostegno
della Ferpi e in particolare dell’Oscar di Bilancio nella diffusione e
argomentazione in Italia.
Nella seconda sessione, dedicata
agli studi interculturali in relazione alle Rp, degna di nota è stata la
presentazione degli studiosi della
Brigham Young University, che si
sono concentrati sui comportamenti dei professionisti in caso
di dissonanza culturale, ovvero
di contrasto tra i propri valori culturali e quelli delle organizzazioni
transnazionali.
BledCom 2012:
alla scoperta
delle nuove Rp
Due intensi giorni di discussione dedicati allo stato dell’arte
della professione, quelli che si
sono svolti a Bled, in Slovenia. Accademici, ricercatori e
studiosi si sono incontrati per
il tradizionale simposio, con
un importante riscontro per il
paper sulla case history Ferpi.
di Michele Toscano
Il futuro delle Relazioni pubbliche protagonista a Bled, per
l’ormai tradizionale simposio di
BledCom. Giunto alla diciannovesima edizione BledCom, è considerato il più importante simposio internazionale sulle Rp. Su
iniziativa dello studioso sloveno
Dejan Verčič il simposio, organizzato annualmente nell’omonima cittadina slovena di Bled, mira
ad esplorare il crescente corpo di
conoscenze nelle Relazioni Pubbliche allargando gli orizzonti,
ampliando le prospettive e presentando nuove ricerche connesse alla professione.
L’edizione 2012, che si è tenuta
il 6 e 7 luglio scorsi, ha offerto
un ricco programma di interventi e dibattiti con scambi di
idee tra studiosi e professionisti, articolandosi a differenza
delle precedenti in due parti
distinte:Bledcom Corporate e
Bledcom Academic.
Bledcom Corporate, svoltosi venerdì 6 luglio, ha presentato mo-
menti di confronto tra studiosi e
manager di diverse nazionalità
sugli ultimi trend delle Rp e su
aspetti di natura prettamente
professionale. Come ottenere
la fiducia da parte dell’opinione
pubblica e come costruire la fiducia intorno alla propria organizzazione: sono questi i due temi
affrontati rispettivamente dagli
studiosiJerry Swerling e Ansgar
Zerfass da un lato e nel corso di
una tavola rotonda con diversi
Chief Executive Officers dall’altro. Ancora una volta le Relazioni pubbliche sono strettamente
correlate a temi di strettissima
attualità come può essere quello
della ricerca della fiducia dei propri stakeholder e all’interno della
sfera pubblica, aspetto cruciale
nell’odierno quadro economico
mondiale.
I Grunig protagonisti
Il vero e proprio evento, comune
sia alla parte Corporate che Academic, è stata la sessione speciale in onore di James e Larissa
Grunig. In un’aula gremita di accademici, studenti e professionisti e alla presenza del Presidente
della Repubblica di Slovenia, Danilo Türk, i due studiosi americani, noti in tutti il mondo per le loro
ricerche e lavori accademici sulle
Relazioni Pubbliche, hanno dedicato ai presenti due lectures sulla
loro vita nelle Rp e per le Rp, ricche di contenuti, considerazioni e
aneddoti coinvolgenti, traccian-
do un excursus di grande fascino
sull’evoluzione della professione
attraverso la loro esperienza accademica.
Larissa Grunig, una delle massime studiose della diversità nelle
Relazioni pubbliche, nella pratica
professionale e più in generale
nella società contemporanea, ha
illustrato come la crescita e la
diffusione della professione nel
mondo non sia accompagnata
da una valorizzazione della diversità di genere o legata all’orientamento religioso o sessuale
di chi studia e lavora nelle Rp. Un
divario riscontrato soprattutto
nei suoi primi anni di vita accademica ma tutt’ora presente, che
la professione è chiamata oggi ad
affrontare alla luce dei cambiamenti della società negli ultimi
anni.
James Grunig si è invece soffermato dapprima su come si
è avvicinato alla professione e
successivamente ha tracciato un
quadro dell’evoluzione delle Relazioni pubbliche negli Stati Uniti
e nel mondo, focalizzandosi sul
tema dell’eccellenza delle Rp.
BledCom Academic rappresenta invece la tradizionale parte
accademica nella quale studiosi,
ricercatori, professionisti e studenti da tutto il mondo si confrontano su diversi aspetti legati
alla ricerca nel campo delle RP
che si riconduco al tema principale scelto per questa edizione:
Correlazioni tra Rp
e economia
Nella terza sessione sono state
affrontate invece le correlazioni
tra Relazioni Pubbliche ed Economia, un aspetto trattato in
diverse presentazioni di questa
edizione di BledCom, con diversi scambi di opinioni sui temi
dell’employee communication e
dell’employee engagement.
La seconda giornata del simposio
è stata dedicata dapprima ad un
approfondimento sullo European
Communication Monitor, la più
ampia indagine transnazionale
sul futuro della comunicazione
strategica nel mondo, e successivamente alle presentazioni di diversi paper sullo stato della professione in diversi paesi. Qualche
esempio su quest’ultimo punto:
lo studioThe Gap VII sullo stato
delle Rp negli Stati Uniti presentato da Jerry Swerlingdella USC
Annenmberg School of Communication & Journalism, o ancora
le presentazioni sullo stato della
professione in Serbia e Romania,
che hanno suscitato grande attenzione dalla platea desiderosa
di scoprire le realtà professionali
in evoluzione nei due Paesi.
Il caso Ferpi
A chiudere il simposio la sessione speciale sullo stato della pratica professionale e della formazione nel corso della quale, oltre
allo stimolante dibattito suscitato dalla presentazione di Anne
Gregory sul modello di comunicazione adottato dal governo del
Regno Unito, è stato presentato
il paper italiano Public Relations
(2000-2012): Ferpi and its change management approach, i cui
autori sono il Vice Presidente
Ferpi Giancarlo Panico, i soci
Toni Muzi Falconi e Fabio Ventoruzzo, i soci UniFerpi Rossella
Patalano e il sottoscritto.
Avvalendosi di un breve excursus storico dell’associazione,
dell’analisi dei principali fattori di
cambiamento dal 2000 al 2012
oltre che di un’approfondita descrizione di asset cruciali quali
il sito Ferpi, l’Oscar di Bilancio e
le attività di formazione, la presentazione ha evidenziato come
la Ferpi abbia coscientemente in
questi ultimi dodici anni implementato una strategia di allineamento della cultura e dei comportamenti associativi in base
allo scenario esterno e alle aspettative degli stakeholder chiave,
costantemente coinvolti nelle
attività e nei progetti dell’associazione. In allegato all’articolo il
dettaglio dei contenuti illustrati.
Molti docenti e professionisti
stranieri sono stati particolarmente colpiti dall’approccio di
change management associativo
illustrato, da come la Ferpi abbia
profondamente inciso sulla crescita e l’evoluzione delle Relazioni Pubbliche in Italia attraverso
un modello centrato non sull’influenza e la rappresentatività,
bensì sull’ascolto e sul coinvolgimento dei soci e degli stakeholder esterni dell’associazione.
Il paper associativo ha rappresentato un contributo originale
all’interno di un’edizione del
BledCom ricca di stimoli e riflessioni sull’attuale stato delle
Relazioni pubbliche a livello internazionale.
31
32
INTERNAZIONALE
L'analisi
MedCom - Simposio Euro-mediterraneo sulle Rp
Italia, un
brand da L’industria culturale
difendere al centro di MedCom Talk
“La reputazione ed il brand di un
paese hanno lo stesso valore che
hanno per un’azienda e possono
rappresentare un’importante leva
di crescita economica. Il Made in
Italy continua ad essere strategico
nei paesi emergenti ma ancora
molto resta da fare”. Lo afferma
Michele Tesoro-Tess, Managing
Director di Reputation Institute
Italia, commentando i dati emersi
dal Country RepTrak ™ 2012.
“Come le aziende anche i paesi
hanno bisogno di una forte
reputazione e di un forte brand per
competere. Il brand Italia può
diventare una leva di crescita
perchè avere una forte reputazione
significa ottenere maggiore
investimenti, attrarre più turisti,
vendere più prodotti, etc. Ma non
tutti i paesi ci vedono nello stesso
modo ed individuare dove
l’Italianità piace può diventare un
punto di forza per crescere. La
Italian Heritage continua ad essere
un valore nei mercati emergenti ed
in particolare in Brasile. Il 68% dei
Brasiliani è infatti disposto a
suggerire l’acquisto di un prodotto
perchè italiano”.
Ad affermarlo Michele TesoroTess, Managing Director di Reputation Institute Italia, commentando
i dati emersi dal Country RepTrak
™ 2012. Country RepTrak ™ è un
modello utilizzato per analizzare
le diverse percezioni di un paese
misurata attraverso vari gruppi di
stakeholder. Reputation Institute
ha individuato una serie di paesi da
inserire nell’edizione 2012 dello studio. La selezione si è basata su una
combinazione di diversi criteri:
le economie più importanti
le popolazioni più numerose
i paesi di interesse per recenti eventi economici, politici o naturali
“Ad oggi l’Italia è al 18° posto in una
classifica sulla reputazione che ha
preso in considerazione 50 paesi
nel mondo, ha perso 4 posizioni
ed è uscita dalla top 15”, continua
Tesoro-Tess. “Certo quando si
parla di bellezza, cultura, piacevolezza del vivere ancora siamo
il Bel Paese (il 56% degli abitanti
dei paesi del G8 consiglia il nostro
paese come meta) ma quando si
parla di economia e soprattutto di
efficienza perdiamo decisamente
punti. Continuiamo a peggiorare la
nostra performance su efficienza
di governo, capacità di fare scelte
sociali e politiche all’avanguardia e
di creare un substrato favorevole
agli investimenti tanto che solo il
16% degli intervistati è disposto
a considerarci un paese in cui
investire.”
Il caso sicilia
Un’edizione speciale,
stringata nei tempi ma
ricchissima di contenuti,
quella del simposio euromediterraneo sulle Rp che si
è tenuto lo scorso 13
dicembre a Catania. Un
evento che ha portato alla
luce importanti riflessioni e
sviluppato collaborazioni tra
pubblico e privato per una
rinascita culturale.
Il 13 dicembre scorso a Catania si è tenuto MedCom Talk
2012 dal tema “L’industria
culturale e creativa. Come
comunica la Sicilia”, in collaborazione con l’Accademia di
Belle Arti di Catania e con il
patrocinio di Ferpi e l’Associazione Italiana Comunicazione
Istituzionale e Pubblica.
Gli organizzatori di MedCom,
simposio Euro-Mediterraneo
sulle relazioni pubbliche, hanno pensato ad una edizione
speciale che partisse da una
riflessione, un’autocritica “locale”, di quello che accade
sul territorio nazionale che
si allargherà nella prossima
edizione anche ai colleghi
dell’area mediterranea. Ecco
dunque materializzarsi i due
obiettivi di MedCom Talk: Il
primo, scattare una breve fotografia sullo scenario dell’industria culturale e creativa
della regione, le eccellenze
esistenti, i progetti in via di
sviluppo, le occasioni mancate
e le opportunità da cogliere e
necessarie ad uno sviluppo organizzato e integrato del settore in quest’isola; il secondo
obiettivo, evidenziare come
una strategia di comunicazione e di relazioni pubbliche
strutturata e condivisa a livello locale, possa servire come
“gancio” in una logica di cooperazione attinente lo stesso
settore nel più ampio scenario
Euro-Mediterraneo.
E’ stata scelta la Sicilia come
luogo e oggetto di discussione
per la sua naturale centralità
geografia rispetto al Mediterraneo e perché ricca di spunti
e opportunità legate al settore
culturale e creativo. È una regione che se da un lato rappresenta un luogo di grande rilevanza culturale nel senso più
ampio del termine, allo stesso
tempo sembra essere lontana da un approccio moderno,
innovativo e integrato che riguarda lo sviluppo socio-economico dell’industria culturale
e creativa dell’isola. Durante
il dibattito MedCom Talk ha
permesso di fare emergere
quanto sia importante la funzione della comunicazione,
intesa come gestione delle relazioni, come progettualità nel
medio-lungo termine, come
cooperazione tra i diversi attori e stakeholders pubblici e
privati, ha nello sviluppo del
settore oggetto del convegno.
Amanda Jane Succi, presidente del CERPMED - Centro
Studi e Ricerche sulle Relazioni
Pubbliche nel Mediterraneo- e
promotrice di MedCom, ha
moderato l’incontro. In apertura ha voluto illustrare la
duplice finalità che MedCom
si è posta sin dalla sua prima
edizione: i diversi temi sviluppati e di interesse per i relatori
pubblici dell’area; la creazione
di una rete tra i professionisti
della comunicazione del bacino euro-mediterraneo, sia per
conoscere modelli e metodi di
applicazione della professione per singolo paese o area,
sia per incrementare scambi
e cooperazione su ricerche e
progetti comuni.
Grande interesse del pubblico presente e molti gli stimoli
provenienti dai relatori, tutti
letteralmente “vulcanici” ed
espliciti nel rappresentare la
situazione attuale. Per brevità
indichiamo solo alcuni spunti
per relatore.
Il direttore dell’Accademia
di Belle Arti di Catania, Arch.
Virgilio Piccari ha sottolineato
l’importanza del “management” della comunicazione
dei Beni Culturali, sia in merito
alle metodologie sia ai contenuti. In particolare, ritiene
che “non abbiamo bisogno di
imitare pratiche e stili di altre
culture e paesi, poiché l’Italia
dei Beni Culturali può rappresentare un modello unico, da
sviluppare e da esportare”.
Incisivo l’intervento del Prof.
Carmelo Nicosia, ex Direttore dell’Accademia, secondo
il quale “bloccare l’industria
culturale significa far morire
la cultura stessa” riferendosi
alle politiche che progressivamente hanno portato il settore
ad essere depredato delle risorse necessarie per il proprio
mantenimento. Nicosia propone un “rinnovamento della
comunicazione” riguardante
la cultura perché sino ad oggi
è stato utilizzato un modello
inadeguato rispetto al contesto attuale.
Ornella Laneri, Presidente
Confindustria Sicilia Alberghi
e Turismo, ho posto l’accento
“sull’unione della cultura con
l’imprenditoria legata al settore turistico”. La qualità del rapporto tra chi eroga un servizio
e chi ne fruisce è la base di uno
dei benchmark che misurano
la soddisfazione e la godibilità
dei luoghi da visitare e dove il
turista deve diventare il primo
testimonial positivo. In questo
approccio Laneri individua
nella comunicazione quella
strategia di lungo periodo che
deve essere chiara sia alle parti istituzionali che a quelle imprenditoriali. Il fulcro in grado
di mettere d’accordo le parti.
Giovanni Anfuso, regista
catanese ma romano ormai
da vent’anni presente con
un contributo video conosce
bene la realtà siciliana e ne
parla con animosità e passione. Ha illustrato con contezza
le innumerevoli opportunità,
i siti storici, le sedi e i luoghi
dove la cultura e l’arte hanno dimora nella Sicilia. Purtroppo una programmazione
approssimativa ha fatto si
che,considerando le grandi
potenzialità, alla fine la “longa
manus” della politica ha sempre interpretato l’arte come
una mucca da mungere e
quindi assenza di pianificazione e coordinamento tra le varie iniziative che costellano il
territorio. Basta con tutto questo! Secondo Anfuso adesso
è ora di migrare verso una
gestione efficace ed ordinata
delle risorse affidata a professionisti della materia. Sulla comunicazione ha affermato che
il suo livello qualitativo è un
presupposto di successo per
le iniziative che guardano agli
standard attuali della cultura.
Prezioso il contributo di Mariella Muti Assessore ai Beni e
alle Politiche Culturali del Comune di Siracusa, che, come
recita la sua delega, guarda
all’industria culturale con gli
occhi
dell’amministratore
pubblico che deve essere anche manager. L’assessore ragiona in termini di Redazione
di piani di gestione con una visione strategica, poiché è nella pianificazione ed attuazione
che si raccolgono i veri risultati. La Best practice dell’incoming nella Val di Noto e dei
siti Unesco limitrofi ne sono la
dimostrazione. Ha sottolineato l’importanza della collaborazione tra pubblico e privato,
mostratasi fondamentale per
mettere in campo gli investimenti necessari all’attuazione
di un Piano di gestione della
promozione e della comunicazione che facesse conoscere
le ricchezze culturali presenti
in Sicilia e le conseguenti opportunità.
La Muti è uno dei promotori
per la candidatura di Siracusa
a Città della Cultura. “Cercheremo di vincere, ne abbiamo le
capacità, ma se non ci riusciremo - prosegue la Muti- tutte le città candidate faranno
sistema per cogliere, insieme,
le inevitabili ricadute positive.”
Elisa Greco, autrice della
INTERNAZIONALE
La professione nel mondo
Hong Kong: le Rp
tra passato e futuro
MedCom si propone la creazione di una rete
tra i professionisti della comunicazione
del bacino euro-mediterraneo
MedCom Takk
Trasmissione Heritage RAI1
e titolare della delega Ferpi
Cultura con cui MedCom Talk
ha collaborato, ha illustrato
il tipo di economia che ruota
nel settore culturale, indicando la necessità una politica
di investimenti e marketing
testimoniale prodromici allo
sviluppo delle opportunità. Si
tratta di sviluppare una progettualità interna al territorio
con una visione strategica di
cui si deve, in parte, far carico
anche la politica. Greco rivolge un forte invito soprattutto
ai giovani, numerosi in platea,
sottolineando che la freschezza delle idee, la progettualità,
l’innovazione nel rapporto con
il mondo circostante, l’energia necessaria per difendere
le proprie convinzioni, sono i
presupposti per poter accedere ad una visione innovativa
ed operare in modo efficace
nel mondo della cultura che,
oltre ad essere un settore meraviglioso, è uno dei pochi che
presenta un notevole potenziale di sviluppo.
Tutto basato sulla comunicazione istituzionale l’intervento
di Rosario Gullotta, delegato regionale Comunicazione
Pubblica. Ricorda che gli Enti
Pubblici sono spesso gli attori
principali in questo settore, in
quanto coincidono con i maggiori proprietari dei siti e delle opere culturali. Rileva che,
in base alla sua esperienza,
il ruolo del Relatore Pubblico
nell’ambito degli Enti Locali
sta cambiando e diventa sempre più centrale la sua competenza nello strutturare una
comunicazione innovativa ed
approfondita su temi come
l’arte e la cultura. Ma ancora
vi è molto da fare e bisognerebbe lavorare sull’approccio
culturale alla comunicazione
prima di ogni altra cosa.
Giuseppe Idonea,
socio
Cerpmed ha focalizzato il suo
intervento sui Beni “s-comunicati”, riferendosi allo scenario
regionale e a come le risorse artistiche e culturali della
Sicilia negli anni sono state
sistematicamente
trattate
come un dispenser di favori.
Di fatto, nessuna strategia,
nessuna comunicazione strutturata, solamente pubblicità a
pioggia, in modo sgangherato
secondo piani di comunicazio-
ne affidati più ai centri media
che ai professionisti del settore. Questo approccio non
fa altro che danneggiare lo
sviluppo del settore culturale
oltre all’indotto che esso rappresenta. Ciò significa che vi è
ancora molta approssimazione rispetto al ruolo delle relazioni pubbliche intese come
strategia di comunicazione di
medio-lungo termine. “Una
comunicazione appropriata
-conclude Idonea- fa si che un
rudere non sia chiamato pietra
e che una “pietra” diventi una
preziosa risorsa”
MedCom Talk si è concluso
con una sorpresa inaspettata. Verso la conclusione,
infatti, si sono innescate una
serie di idee e di proposte
realizzabili nel breve-medio
termine grazie alla sinergia tra
l’Accademia, Confindustria
e l’Assessorato ai Beni Culturali di Siracusa. Linee comuni:
necessità di instaurare relazioni trasversali tra il settore
pubblico e privato, attivare
strategie e azioni basandosi
esclusivamente su una seria
progettualità, sensibilizzare la
cultura della comunicazione
e delle relazioni istituzionali come base di partenza per
un processo lungo ma sicuramente in grado di portare
grandi e saldi risultati nel lunghissimo tempo. Insomma,
una giornata ricca di energia,
di competenze pronte a scommettersi ed a lavorare insieme
per cause in fin dei conti comuni a tutti, in cui la relazione strategica è sicuramente
la piattaforma su cui poggia
il successo futuro di questo
settore.
“Nella New York
d’Oriente basta
un’intervista su Apple
Daily per ottenere il
risultato efficace di 30
testate, tuttavia qualsiasi
campagna di
comunicazione e PR deve
avere interesse fortemente
locale per avere successo”.
Un pezzo di Cina in cui
vigono regole, non solo
politiche, diverse. L’analisi
di Tiziana Cavallo.
di Tiziana Cavallo
Si pensa a Hong Kong come
la patria del futuro, o meglio
come la fucina delle sperimentazioni in ambito di business.
Business inteso sia come alta
finanza sia come imprenditoria,
soprattutto di lusso, ma non
solo. E soprattutto marketing in
cui le 4P restano la Bibbia.
E se Hong Kong viene considerata da molti la New York
d’Oriente, o meglio La Grande
Mela Gialla, viene facile pensare che la sperimentazione,
l’innovazione siano all’ordine
del giorno. Questa riflessione
potrebbe essere interessante e
veritiera se applicata al mondo
della tecnologia ma se la si
declina con nuove soluzioni
di comunicazione e relazioni
pubbliche si resta alquanto
sorpresi.
In una breve - e forse superficiale analisi - del mondo delle
RP a Hong Kong si nota che
l’ approccio più diffuso resta
quello tradizionale con, al primo posto, la funzione di media
relations. Una bella intervista
o un articolo sui giornali locali
- che sono prevalentemente
in lingua cantonese con una
piccola percentuale di lingua
inglese - restano l’output più
ambito sia per i clienti sia per
agenzie di RP.
Come afferma Ruth Streder di
Lewis PR “a Hong Kong basta
una intervista su Apple Daily
per ottenere il risultato efficace
di 30 testate, tuttavia qualsiasi
campagna di comunicazione
e PR deve avere interesse
fortemente locale per avere
successo”.
Hong Kong non è del tutto la
Cina - è, infatti, una regione
amministrativamente autonoma quindi relativamente
indipendente dalla madre
patria - e, quindi, Facebook e
Twitter, solo per citare alcuni
dei più popolari social network
occidentali, sono strumenti
molto diffusi per strategie
digital. Tuttavia, le aziende
locali li usano ancora ad una
percentuale non incisiva preferendo attività classiche come
eventi, pubblicazioni promozionali, adv online e offline. Patria
del volantinaggio e del OOH
- out-of-home -, Hong Kong
riversa le sue principali risorse
comunicazionali sulle strade
grazie ad affissioni aggressive
su grattacieli e metropolitane e
una vera e propria flyer-mania.
A livello di formazione universitaria, molto si punta sui media
quindi sul giornalismo e sul
video making e sul marketing
puro proprio. Un ottimo corso
di relazioni pubbliche e comunicazione organizzativa si tiene
alla Baptist University dove
insegnano alcuni giovani professori emergenti nel campo
di ricerca delle RP (come Flora
Hung e Regina Chen allieve
di Grunig); perché la comunicazione a Hong Kong e anche
in Cina è business oriented e
poiché il pubblico - comunità
o stakeholder come si voglia
definirlo - è considerato come
una entità con alto potenziale - e volontà soprattutto
- di acquisto e poco interesse
all’engagement non finalizzato
all’acquisto. Poca CSR, inoltre,
e poca comunicazione sociale.
Le relazioni pubbliche, anche
osservando il mercato del lavoro e delle relative offerte, sono
ancora considerate alla stregua
della funzione di marketing e
in alcuni casi viene premiata la
capacità di studenti e giovani
professionisti delle RP sono
se in grado di attirare nuovi
business. Il Council of PR firms
a Hong Kong - una delle varie
associazioni di categoria - ha,
infatti, lanciato recentemente
un premio/concorso il cui
claim è “Do you have the communication skills to attract new
business to Hong Kong?”.
Questa è Hong Kong, bellezza.
Avrebbe detto qualcuno di
famoso.
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34
SoCiaLE
Rossella sobrero - fondatore e presidente di Koinètica
comunicazione Della Salute
Your man remInder,
dal canada una app per
la prevenzIone
del cancro al seno
il fundraising è una delle attività di maggior impegno e attualità per le organizzazioni non profit. Le campagne di raccolta
fondi passano sempre di più dal web, apps e smartphone. Web
significa anche creatività e innovazione, non solo l'utilizzo degli
strumenti. Rossella Sobrero, analizzando il fenomeno presenta
alcuni casi interessanti che hanno ottenuto consenso (e raccolto fondi) a livello internazionale.
di Rossella Sobrero
Il Canada, come molti altri
Paesi del mondo, è da tempo
impegnato nella battaglia per
prevenire il cancro al seno.
Per farlo utilizza in modo innovativo la comunicazione
creando campagne di sensibilizzazione capaci di sfruttare
le tante opportunità che la
tecnologia mette oggi a disposizione: canali, strumenti e
linguaggi per arrivare in modo
diverso alle donne con l’obiettivo di ricordare l’importanza
del controllo periodico.
In questo contesto, si inserisce la campagna Your Man
Reminder lanciata dall’associazione canadese Rethink
Breast Cancer che, grazie ad
una comunicazione semplice
e all’entertainment, propone
un modo diverso di pensare
alla patologia del cancro al
seno. Attraverso un linguaggio divertente e all’apparenza
leggero, l’associazione supporta in modo molto serio
chi nel Paese è impegnato a
livello istituzionale nella lotta
a questa malattia.
In occasione del Breast
Cancer Awareness Month,
Rethink Breast Cancer ha
lanciato la App Your Man
Reminder scaricabile gratuitamente da iTunes e dal Play
Store di Android. Grazie a
questa App le donne possono
scegliere tra una selezione di
giovani, naturalmente belli e
attraenti, l’uomo che farà loro
da remainder, cioè ricorderà
l’importanza di un controllo
periodico del seno. Il focus è
in particolare sulle tre azioni da fare: TLC, Touch, Look,
Check.
La App ha diverse funzioni:
Customize, che consente appunto di scegliere l’avatar,
l’uomo che invierà i messaggi; Hot Messages, dove l’avatar prescelto può essere
impostato per pronunciare
messaggi coinvolgenti come
“Any guy would be lucky to
have you” oltre a quelli relativi ai controlli di prevenzione come “Give your breasts
some TLC”; Reminders, che
permette di programmare i
messaggi settimanalmente,
mensilmente o casualmente;
Education, un’area speciale
dedicata ai sintomi e ai segni
che è necessario saper interpretare per una tempestiva
diagnosi; Get Checked, che
offre varie opzioni da attivare per programmare le visite
mediche. La App – che consente di condividere su Facebook i reminder dell’uomo
scelto per ricordare ad amici
e fan di eseguire il controllo
periodico - è stata scaricata
da 70.000 persone.
Per lanciare la App è stato realizzato un video che,
coerentemente con il linguaggio utilizzato nell’applicazione,
privilegia
un
approccio accattivante evitando messaggi troppo seri e
angoscianti. Caricato su Youtube
(www.youtube.com/
watch?v=3omQdVqRbDA) è
stato visualizzato oltre due
milioni di volte.
L’associazione Rethink Breast
Cancer
(www.rethinkbreastcancer.com)
promuove
anche il Breast Fest, giunto
quest’anno alla terza edizione, un festival di cortometraggi organizzato a Toronto per
ricordare l’importanza della
prevenzione.
La comunicazione sociale
in Italia dovrebbe prendere spunto da esempi come
questo: semplificare le informazioni, parlare direttamente
alla persona, proporre esperienze e possibili soluzioni.
Una campagna ironica e intelligente, ben lontana dallo stile
della comunicazione sociale
adottato nel nostro Paese.
Un’iniziativa che stimola le
donne a sottoporsi ai controlli
da effettuare autonomamente
o con l’aiuto di un medico per
una diagnosi precoce.
Rendicontazione
Reporting integrato: il ruolo strategico delle Rp
Secondo Daniel Tisch, presidente Global Alliance, questa nuova forma di
rendicontazione è un grande passo avanti nella ricostruzione della fiducia in
un mondo ancora scosso dalla crisi
C’è una rivoluzione silenziosa
in atto nelle relazioni aziendali, che
promette benefici a tutti coloro
che sono alla guida delle
organizzazioni, agli investitori e ai
comunicatori. Si chiama reporting
integrato - la presentazione della
strategia, della governance, delle
performance e delle prospettive di
un’organizzazione nel suo
contesto commerciale, sociale e
ambientale. L’obiettivo: fornire agli
stakeholder e agli shareholder un
quadro più reale vero di come
l’organizzazione crei valore nel
tempo. Che si consideri questa
una rivoluzione o semplicemente
un’evoluzione, è comunque un
grande passo avanti nella
ricostruzione della fiducia degli
investitori e del pubblico in un
mondo ancora scosso dalla crisi
finanziaria globale e dalle sue
conseguenze fiscali e sociali.
Questo lavoro è stato pilotato dall’
International Integrated Reporting
Council, che ha sviluppato un
modello di frame work in grado di
inquadrare queste relazioni
aziendali.
I comunicatori hanno un ruolo
strategico nel reporting aziendale ed è per questo che Global
Alliance rappresenta il settore
delle Rp e della comunicazione
all’interno del nel gruppo di lavoro
IIRC. Nella recente riunione di
Amsterdam, sono rimasto colpito
sia dalla straordinaria diversità
che dallo straordinario consenso.
Leader nella finanza, negli investimenti e nella contabilità seduti
fianco a fianco con gli esperti di
sostenibilità, accademici, ONG
e rappresentanti di alcune delle
più note aziende internazionali.
Abbiamo esaminato e approvato
un modello di reporting e ascoltato
interessantissimi case study di
organizzazioni fanno già ricorso al
reporting integrato.
Era proprio questa la tipologia di
luogo dove i comunicatori devono
essere: primo, dobbiamo essere
presenti quando le decisioni vengono prese, in modo da poter consigliare i leader sulle implicazioni
di tali decisioni sulle loro relazioni
e sulla loro reputazione con i loro
pubblici. Secondo, dobbiamo
guidare e gestire la comunicazione
con quei pubblici -per un beneficio
reciproco.
Dopo aver incontrato professionisti delle Relazioni pubbliche di ogni
parte del mondo - precisamente
alla splendida conferenza CONFIARP in Messico - mi accorgo di
un crescente consenso. Ora che
siamo arrivati dove è necessario
essere, però, la questione è se
saremo all’altezza del compito.
È qui che le associazioni di categoria del mondo devono intervenire:
fornire ai professionisti gli standard le conoscenze e le competenze di cui hanno bisogno per avere
successo - pur essendo sostenitori
efficaci per le Relazioni pubbliche
nell’interesse interesse.
SoCiaLE
Luisa Crisigiovanni - Direttore Altroconsumo
terzo settore
consumI responsabIlI
per un futuro sostenIbIle
Ferpi Sociale:
avviato il Tavolo
di confronto con
il Terzo Settore
Cercare di individuare un linguaggio
condiviso e creare contaminazioni
positive tra i comunicatori che
operano nelle imprese profit e
nella PA e i responsabili delle
organizzazioni del Terzo Settore.
Sono gli obiettivi individuati
durante il Tavolo di confronto con
il Terzo Settore, voluto da Ferpi
Sociale. Il prossimo appuntamento
previsto a dicembre.
L’impatto della sostenibilità economica e sociale
delle nostre scelte può essere una leva di sviluppo
anche in un momento di crisi economica
in un momento di crisi, la
sostenibilità economica e sociale
delle nostre scelte può essere
una leva di sviluppo strategica.
ma quanto i diritti fondamentali
dei consumatori hanno a che fare
con la sostenibilità? e’ stato il
tema della conferenza
organizzata a Stoccolma lo
scorso 15 novembre dal beuc, la
federazione che riunisce le
associazioni di consumatori
europee. il commento di luisa
crisigiovanni, direttore di
altroconsumo, la prima e la più
diffusa assoicazione di
consumatori in italia.
di luisa crisigiovanni
La sostenibilità riguarda tutti. Non
possiamo più permetterci di continuare a consumare come abbiamo fatto fino ad ora senza porci la
prospettiva del lungo termine. La
ministra svedese Brigitta Ohlsson,
responsabile per i consumatori e
gli affari europei, apre così la conferenza di Stoccolma su Consumatori e sostenibilità,organizzata
dalla federazione di consumatori
svedese Sk e dal Beuc, federazione di 40 associazioni di consumatori di tutta Europa e di cui
Altroconsumo è membro in Italia.
Dobbiamo ripensare il modello
di consumo, più qualità e meno
quantità.
L’impatto della sostenibilità economica e sociale delle nostre scelte può essere una leva di sviluppo
anche in un momento di crisi economica, ricorda la commissaria
Connie Hedegaard, responsabile
per il Climate Change. Stiamo
affrontando più crisi in contemporanea, ma proprio per questo
abbiamo il dovere di avere un’ottica di lungo termine, non di breve
periodo. Ciò significa maggiore
attenzione alla progettazione e al
riutilizzo di beni e servizi. Significa
reperibilità dei prodotti ed informazioni non ingannevoli sul post
vendita; significa standard obbligatori e bando di prodotti pericolosi tutte le volte in cui è possibile
un’alternativa.
Quanto gli 8 diritti fondamentali
dei consumatori hanno a che fare
con la sostenibilità? Questo è stato il tema di discussione.
Sicurezza
Quando parliamo di diritto alla
sicurezza dei prodotti parliamo
necessariamente anche di sostenibilità, perché non possiamo
non parlare di ecodesign, o prima
ancora di sicurezza dei giocattoli
(170 persone sono finite in ospedale per aver ingerito dei magneti nell’ultimo anno in EU). Non
possiamo non parlare di nanotecnologie e della raccolta di dati
necessaria attraverso database
che consentano di raccogliere
eventuali effetti avversi. In Danimarca hanno raccolto informazioni, testato prodotti e raccolto dati
per classificarli e poter monitorare
eventuali problemi che generano
distruttori endocrini.
La scelta
Fare scelte sostenibili ha molto a
che fare con fare scelte informate,
ma soprattutto con la possibilità
di avere accesso ai prodotti con
facilità. Se anche si vuole scegliere
prodotti locali, km 0, primo non
è detto che siano reperibili e secondo non è detto che inquinino
meno o siano sempre più sostenibili da tutti i punti di vista. Perché
la sostenibilità non ha una sola
dimensione ma 3, come stabilito
dalla norma ISO 26000, sociale,
ambientale ed etica. Potrebbe
darsi che i pomodori acquistati in
Svezia in serra, considerato il costo dell’impianto di riscaldamento
abbiano un impatto maggiore di
quelli trasportati dal sud Europa.
informazione
Essere un consumatore informato è un lavoro a tempo pieno. Il
diritto all’informazione significa
un’informazione chiara, indipendente, aggiornata. Probabilmente
deve essere ripensato il modo in
cui si fa informazione. Dobbiamo
ridurre la complessità a semplicità, immediatezza. Il proliferare di
loghi e troppo spesso il loro abuso
non aiuta.
Bisogni fondamentali
Le organizzazioni di consumatori
sono ancora troppo divise su scala internazionale nel promuovere
accesso a servizi universali. Non
c’è ancora consapevolezza circa
l’uso di risorse come l’acqua, che
abbiamo sempre considerato
inesauribili e che normalmente
consumiamo con noncuranza.
Circa 50 litri di acqua al giorno se
ne vanno solo con lo sciacquone
del water.
Rappresentanza
Consumers by definition include
us all! Questo ha detto Kennedy
nel 1962, il problema è che la voce
dei consumatori non è sufficientemente ascoltata. Specialmente
nella definizione degli standard
tecnici, dove l’industria fa la parte
del leone. In realtà bisognerebbe
insistere, per migliorare gli standard, perché nell’interesse dell’industria innovare ed anticipare i
bisogni per essere competitiva e
del consumatore avere servizi e
prodotti di qualità.
Risarcimento
Nonostante le evidenze della relazione causa effetto, dopo l’eruzione del vulcano islandese che ha
bloccato per mesi il traffico aereo
europeo, ben 600 reclami sono
stati negati. La camera arbitrale
svedese ha tuttavia lavorato per
rendere maggiormente accessibile il servizio. Hanno avuto un incremento dei reclami del 30%da
quando lo hanno reso disponibile
online. Ma c’è ancora tanto da
fare sul fronte del collective redress.
Educazione
Carina Tornblom, Dgsanco Commissione europea, ha presentato
dati poco confortanti sulla capacità dei consumatori di poter
tradurre i propri diritti in decisioni
di acquisto consapevoli. La conseguenza è che si deve investire di
più in istruzione, perché quanto
fatto a scuola si dimentica meno
facilmente.Classroom, sarà il nuovo programma di educazione della Dgsanco, una vera Consumer
Rights Platform. Monique Goyens, direttrice del Beuc, ricorda
che anche in un periodo dii crisi la
consumers policy non è un lusso,
ma un driver per il cambiamento
sostenibile. Consumer policy fa
rima con innovazione e sviluppo.
ambiente sano
Anward Fazal (primo presidente
Consumers International – Federazione Internazionale) mostra
un video spettacolare quanto
drammatico su quanto stiamo
facendo al nostro pianeta. Il 20%
della popolazione consuma una
volta e 1/2 le risorse di tutto il pianeta. Ormai al mondo ci sono due
categorie di persone: quelli che
muoiono di fame e gli obesi. Una
persona ogni 40 secondi si toglie
la vita secondo dati Oms. Tutto
questo ci dice che c’è qualcosa
che non va nel modo in cui stiamo
vivendo, soprattutto una crisi di
valori. Da qui bisogna partire. I diritti dei consumatori vanno di pari
passo con la coscienza di questi
valori.
Semplicità
Abbiamo bisogno di semplicità, al
punto tale che in Australia hanno
dato vita alSimplicity Institute.
Slow food è per alcuni altri un
esempio di nuovo approccio rispetto alla naturalezza e alla ricchezza del pianeta. Significativa
l’istituzione del giorno di madre
terra da parte delle NU. Consumare in modo sostenibile, vuol
dire essere coerenti con le proprie
dichiarazioni e avere 99 modi di
farlo accadere. La scelta sostenibile dovrebbe essere lo standard
non l’eccezione. Deve essere una
scelta facile ed accessibile, ma
soprattutto accompagnata da
calmi che non siano ingannevoli.
Oggi il 90% dei cosiddetti green
claim è ingannevole. Ma allora, è il
consumatore che crea il mercato
e stimola l’offerta o il produttore
che anticipa la domanda? In alcuni casi come nel settore finanziario, bisogna creare la domanda di
maggior trasparenza e semplicità
e comprensibilità delle offerte per
poterle confrontare, facendo nei
e cognomi di chi si comporta in
modo poco corretto, name and
shame.
La conclusione generale è che
occorre recuperare fiducia. Recuperare la speranza di costruire
un futuro migliore del presente si
può, occorre fare le scelte responsabili e imparare a collaborare di
più. Walk the talk!
Si è riunito per la prima volta il 12
novembre scorso il Tavolo di confronto
con il Terzo Settore, iniziativa voluta da
Ferpi Sociale, il gruppo di lavoro al quale hanno aderito oltre 60 colleghi che
operano in organizzazioni diverse: imprese, enti locali, organizzazioni non
profit, agenzie di comunicazione o di
Relazioni Pubbliche, liberi professionisti.
Il Tavolo nasce per avviare un percorso
di scambio finalizzato a migliorare il
rapporto tra Ferpi e le organizzazioni
di volontariato, le cooperative sociali,
le fondazioni d’impresa e bancarie.
Per questa ragione sono state invitate
alcune organizzazioni di rappresentanza del Terzo Settore: Acri, Anima
per il Sociale, Assif, Assifero, Ciessevi,
Compagnia delle Opere-Opere Sociali,
Federsolidarietà, Forum Terzo Settore,
Impronta Etica, Iris Network, Legacoop
Sociali, Sodalitas. L’invito verrà esteso
anche all’Associazione delle ONG.
Sono due gli obiettivi che le associazioni presenti si sono date: cercare di
individuare un linguaggio condiviso
e creare contaminazioni positive tra i
diversi mondi (comunicatori che operano nelle imprese profit e nella PA e
responsabili delle organizzazioni del
Terzo Settore). Un obiettivo di carattere più generale è migliorare la cultura
della comunicazione e valorizzare il
ruolo economico, oltre che sociale, del
Terzo Settore.
Durante il primo incontro sono stati
tanti gli argomenti affrontati. Tra gli
altri, la necessità delle organizzazioni
non profit di dotarsi di strumenti di comunicazione adeguati per relazionarsi
con gli stakeholder; il problema della
“concorrenza” tra organizzazioni (il
Terzo Settore in Italia è composto da
pochi grandi network e da centinaia
di migliaia di associazioni di media e
piccola dimensione); l’importanza di
una maggior professionalizzazione degli operatori della comunicazione ma
contemporaneamente il riconoscimento di chi già opera con professionalità
nel sociale; l’urgenza di introdurre indicatori di efficienza e di considerare
in modo positivo il principio della meritocrazia; l’importanza di migliorare
il rapporto tra profit e non profit per lo
sviluppo di partnership costruttive.
La prossima riunione del Tavolo di
confronto, prevista a dicembre, sarà
l’occasione per approfondire l’idea della realizzazione di un glossario, procedere con la mappatura degli strumenti
esistenti (dai codici di comportamento
agli indici di efficienza), valutare la
possibilità di creare un’azione finalizzata a valorizzare il Terzo Settore
35
36
scenari
CRISIS MANAGEMENT
New Orleans, L'Aquila, Fukushima.
Quale comunicazione per quale crisi?
Un momento di confronto
con i vertici della Protezione
Civile a L’Aquila quello che si è
tenuto lo scorso 10 novembre,
a Casa Onna, fra quelle che
sono ancora le macerie del
terremoto del 2009. Un
convegno, organizzato
dall’associazione di volontariato L’Aquila che rinasce, in
collaborazione con l’Assessorato regionale alla Protezione
civile e il patrocinio di Ferpi. Al
centro del dibattito il ruolo
strategico della comunicazione
nella crisi.
New Orleans, L’Aquila e Fukushima
sono tre istantanee che nell’immaginario globale segnano altrettante sfide con risposte, più o meno
riuscite, a una grave condizione
di emergenza. Allo stesso tempo
sono la “plastica” esemplificazione
della fragilità delle nostre società
complesse.
Questo momento di approfondimento è stato immaginato come
un confronto serrato e propositivo tra i diversi soggetti chiamati a
svolgere un ruolo attivo nel sistema
della Protezione civile, ma anche
operatori ed esperti nel delicato
campo della gestione delle crisi; ma
i veri protagonisti sono i volontari
e i singoli cittadini che condizioni
straordinarie possono “chiamare”
a essere persone altrettanto straordinarie.
Leva strategica capace di conferire
a questi percorsi la giusta “profondità” è certamente la comunicazione intesa sia come attitudine professionale che come caratteristica
innata nell’essere umano…
L’incontro, dai tratti seminariali, ha
inteso offrire alla platea di autorità
locali, esperti di protezione civile,
giornalisti, comunicatori e volontari, un punto di vista su una materia ormai diventata ineludibile e
aprire uno spazio di discussione
che stimoli un dibattito su temi che
devono diventare al più presto patrimonio comune. Il caso L’Aquila è
stato analizzato rispetto alla pronta risposta operativa del sistema
della Comunicazione Istituzionale
e di Protezione Civile oltre che del
Volontariato e dei singoli cittadini.
Nonostante il terremoto avesse
decapitato sul campo la catena del
comando dell’emergenza, il terremoto aquilano è destinato certamente a fare scuola sul tema della
gestione della crisi. Questa specifica situazione permette di capire
come in modo efficace sia possi-
Simonetta Pattuglia - Università di Tor Vergata
Come si è evoluto il mondo dei media e della
comunicazione? Il punto di Simonetta Pattuglia in
occasione del decennale del Master in Economia e Gestione
della Comunicazione e dei Media dell’Università Tor
Vergata, da sempre patrocinato da Ferpi, e una delle
eccellenze della formazione del settore in Italia.
di Simonetta Pattuglia
Oggi il digital è “la” piattaforma dominante in termini di strategie perseguite, di media mix
pianificati, di contenuti elaborati,
di linguaggio comunicativo che
informa olisticamente il posizionamento di marketing e di comunicazione dell’impresa, e dei
suoi prodotti e servizi, nel suo
contesto di mercato e in rapporto ad un dato scenario. L’impresa stessa può essere considerata un medium comunicativo non
potendosi e dovendosi fare più
distinzioni fra la funzione comunicazione, verticalmente adibita
alle emissioni e alla mappatura e
allo studio degli interlocutori, e
le funzioni finanza, risorse umane, corporate social responsibility, come procurement e relazioni con i fornitori piuttosto che
con il territorio locale e nazionale, anch’esse ormai portatrici di
istanze comunicative e di conoscenza degli stakeholder.
Dieci anni fa queste tendenze non erano così chiare come
oggi: il Master in Economia e
Gestione della Comunicazione
e dei Media dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata
di cui teniamo a lanciare di fatto
anche da queste colonne l’undicesima edizione - è riuscito a
vedere oltre e rappresentare un
punto di riferimento nell’offerta
formativa ma anche proporsi
come osservatorio e laboratorio
privilegiato.
I compleanni hanno sempre un
non so che li fa assomigliare ad
un bilancio sulle aspettative che
si avevano e sulle realizzazioni
che si è portati a compimento:
il decennale di un Master non
sfugge a questa pesante legge
umana dei singoli, dei gruppi
come delle organizzazioni complesse. Il decennale che abbiamo festeggiato con oltre 200
ex-allievi, ormai professionisti,
docenti e manager aziendali
porge la fortunata occasione di
riflettere sull’evoluzione quella
della comunicazione, dei media
e delle relative tecnologie che ha
decisamente capovolto la nostra visione del panorama globale nell’ultimo decennio.
Il Master fu infatti ideato e pensato erano i primi anni del nuovo Millennio in contemporanea
ad eventi di portata planetaria
: il famigerato 11 settembre e lo
E' DIGITAL IL FUTURO DI
MEDIA E COMUNICAZIONE
scoppiare della bolla prima tecnologica poi finanziaria che ne
avrebbero connotato ulteriormente le sorti. Già da allora appariva chiaro che i nuovi media
sarebbero diventati la piattaforma convergente verso la quale
tutte le altre, economica come
umana, comunicativa come relazionale, avrebbero rivolto la
loro prua in un passaggio epocale dall’essere appunto mezzi al
divenire il punto di convergenza
di finalità, strategie, strumenti.
Il Master nacque per dare nella
formazione post-universitaria
una doppia risposta: a chi riteneva che l’area funzionale del marketing e della comunicazione
fossero divenute da funzioni trasversali e di supporto alle altre
tradizionalmente core d’impresa
a funzioni focali per la creazione
del vantaggio competitivo d’impresa in uno scenario in forte e
velocissimo, cambiamento; e a
chi riteneva che la convergenza
tecnologica che si stava dispie-
gando (internet, televisione e
mobile) non potesse lasciare
intonsi processi, prodotti e protagonisti di impresa.
Le “protesi” tecnologiche ed
emozionali da allora hanno cominciato a riconfigurare il nostro
mondo umano e professionale.
Nel lungo periodo si sono palesati alcuni grandi trend di cui
oggi rintracciamo lo sviluppo
e l’esplosione: l’affermazione
del nuovo consumatore in un
gruppo social seppur spesso
scenari
bile, proprio attraverso la comunicazione, moltiplicare e finalizzare
l’impegno dei volontari sul campo.
“Questo momento di riflessione – ha detto l’assessore della
Regione Abruzzo alla Protezione
Civile Gianfranco Giuliante – può
consentire una giusta “profondità”
strategica alle risposte date nelle
diverse situazioni d’emergenza.
Salvatore Santangelo, coordinatore
dell’evento, ha sottolineato come
“comunicazione significa considerare l’individuo al centro durante
una crisi – ha sottolineato – Fuorviati dalla psicologia delle folle abbiamo sempre pensato che il cittadino nei momenti di crisi reagisca
in maniera irrazionale, al contrario
fornire informazioni puntuali in
un contesto di consapevolezza ed
educazione può ancorare la risposta al principio della responsabilità
individuale”. Ferpi ha patrocinato
questa iniziativa con convinzione.
La crisi di questo territorio aquilano
è un caso di studio internazionale
molto importante per analizzare e
se possibile innovare nella comuni-
cazione istituzionale, organizzativa,
interpersonale, mediatica. Qui è
emerso in maniera unica e preminente il tema delle nuove tecnologie informatiche e multimediali,
nuovi media che hanno reso quella
catastrofe mondiale.
“Partecipando attivamente e
pressoché quotidianamente allo
studio sulla comunicazione post
catastrofe aquilana, mi sono chiesto spesso come definire in sintesi
questa capacità individuale di fare
pregiata informazione da parte dei
“non giornalisti”. Possiamo definirla “comunicazione di relisienza”?”
questa la domanda che Ferpi ha
rivolto ai partecipanti al convegno
attraverso il suo Delegato Regionale, Massimo Alesii. La risposta è
arrivata chiara da Elvezio Galanti,
Direttore generale del Dipartimento Protezione civile, da tempo
impegnato nella formazione sui
“Disaster manager” e ideatore
dei Com,strutture che gli aquilani
hanno imparato a conoscere bene
durante i giorni dell’emergenza.
Sulla traccia lanciata dall’interven-
to Ferpi, Galanti ha approfondito il
tema del cittadino “resiliente” e lo
ha definito fattore chiave della protezione civile nel cosidetto “ultimo
miglio” di intervento. La partecipazione e l’attivazione di gruppi locali
spontanei, opportunamente resi
sensibili attraverso la memoria storica alle catastrofi è senza dubbio
il tema italiano di protezione civile
nei terremoti. Numerosi e qualificati gli interventi fra i quali quelli
del Sindaco dell’Aquila,Massimo
Cialente, del Presidente dell’Ordine
dei Giornalisti dell’Abruzzo,Stefano
Pallotta, del Presidente dell’ANCI
Abruzzo, Antonio Centi, di Rodolfo
De Laurentiis, Consigliere di Amministrazione della RAI, di Mauro
Giammariadi Poste Italiane e di
Ernesto Lombardi, titolare di Italia
Aidyourcity.
Cosa può fare Ferpi per L’Aquila e le
comunità colpite dal sisma in questa zona ? Ai cittadini impegnati
in questo territorio, alle Istituzioni
coinvolte e al mondo del Volontariato e della Protezione Civile, Ferpi ha già dedicato quest’anno due
momenti di approfondimento e
dibattito ai quali hanno partecipato
nostri dirigenti nazionali e regionali
a L’Aquila nel mese di marzo. Da
quegli incontri abbiamo tratto un
forte insegnamento etico ed elementi concreti per la nostra cultura
professionale che, purtroppo devo
dire, sono già stati confrontati e
trasferiti in parte nel nostro successivo intervento in Emilia a favore
delle popolazioni colpite dal sisma
di quest’anno a Mirandola.
“Con concretezza e passione mettendo in campo tutta la sua esperienza”, come ha ribadito la nostra
Presidente, Patrizia Rutigliano il primo passo lo abbiamo fatto in questi
mesi grazie all’Università degli Studi dell’Aquila. E’ stato infatti istituito con il presente anno accademico
un nuovo Master di primo livello
sulla Comunicazione in contesti
di crisi e di emergenza, frutto della
collaborazione Ferpi con l’Osservatorio per il Terremoto dell’Università dell’Aquila e in particolare con il
team di Geraldina Roberti. Il corso
avrà la durata di 12 mesi e si svol-
gerà a L’Aquila presso la Facoltà di
Scienze della Formazione. I contenuti formativi del Master mirano, a
formare figure polivalenti nel settore della comunicazione dell’emergenza: esperti nella pianificazione
di campagne strategiche e di relazioni con i media, dotati di capacità organizzative, di negoziazione,
decisionali e di problem solving,
così come di creatività, flessibilità,
leadership e spirito d’iniziativa.
L’Aquila può diventare un luogolaboratorio nazionale dove studiare
nuovi modelli di Comunicazione e
Relazioni Pubbliche per situazioni
post catastrofe. Anche se apparentemente il tempo della ricostruzione immateriale, della “nuova storia”
da raccontare non sembra essere
ancora arrivato per queste popolazioni, la capacità di comunicare
ora come mai appare come l’ingrediente fondamentale per ridare
respiro a questa comunità, per farla
dialogare al suo interno e all’esterno, per darle non solo speranza ma
capacità di futuro
virtuale; il fenomeno dell’high
tech high touch e il consumo
come esperienza; il commutainment come comunicazione
che diviene efficace se si fa entertainment; lo svilupparsi di una
nuova forma di coinvolgimento,
l’“engagement”.
Gli ultimi anni hanno evidenziato come il consumatore, da sempre asimmetrico rispetto all’impresa, abbia ripreso in mano il
proprio statuto di influencer. La
motivazione che ha portato alla
necessità di darsi nuove possibilità di interazione e di influenza
via internet, via social media e
network, sembra essere stato il
desiderio di esercitare un controllo sui contenuti usercentrici
che l’avvio di internet aveva garantito e che, invece, le forme di
marketing digitale spinto (dallo
spamming al behavioural targeting) stavano sconfessando.
Un’altra lettura, meno market
oriented e influenzata maggiormente dagli studi socio-psicologici, fa del web sociale, e dei
suoi singoli strumenti, la risposta necessitata da uno scenario
di globalizzazione in un mondo
sempre più interconnesso ma
frammentato nelle sue espressioni di aggregazione culturale e
sociale e che quindi, esprimendo
disorientamento nell’individuo
e senso di alienazione, riporta
nell’alveo di una conversazione
sociale virtuale la possibilità e il
desiderio umani di connettersi,
collegarsi, esprimere amicizia,
frequentarsi.
Il 2010 vede il deciso concretizzarsi della convergenza delle
esperienze mediali: il 70% degli
utilizzatori di internet via mobile
usa contemporaneamente altri
mezzi, il 48% guarda la tv, ad
esempio (dati europei, EIAA,
2008,2010), e con essi interagisce. Alcune considerazioni sono
necessarie:
• i media innovativi – e di conseguenza anche quelli tradizionali
- non si usano più isolatamente
e sequenzialmente: l’individuo
è mobile e li utilizza in maniera
simultanea, convergente e integrata (meshing media);
• la diversità nelle opportunità
di utilizzare la pubblicità e il suo
linguaggio, quindi, per converso,
di pianificarla;
• si segnala come preponderante l’accesso all’informazione digitale nel contempo alle forme di
coinvolgimento e intrattenimento anche fisici non solo virtuali
(high tech high touch);
• sono ormai considerate complementari tutte le piattaforme
interattive nell’ambito di un moderno ed efficace marketing mix.
ti e social, per rispondere ad un
sempre più allargato spettro di
target/comunità, nella definizione continua di un branding che
nella nostra economia dell’esperienza e della coda lunga risulta
sempre più centrale nel raggiungimento di identità e valore di
prodotti, servizi, imprese.
L’engagement in questo ultimo anno è divenuta la parola
taumaturgica nel panorama
del marketing contemporaneo:
se il consumatore è coinvolto,
l’impresa avrà la riprova di aver
stabilito con lui una relazione
di lunga durata. L’approccio relazionale innovativo attorno al
consumatore-cliente-stakeholder crea così un nuovo valore del
brand. Valore determinato dalla
qualità, dalla credibilità e dal
prodotto, e quindi dell’impresa
che lo propone, ma anche dalla
fedeltà che questo prodotto di
qualità e di successo è in grado
di generare.
Questi quattro nuovi trend –
che nel Master sono fra i più
importanti fil rouge che vengono
tesi ad interpretare i nuovi modi
necessari per fare un marketing
e una comunicazione efficaci,
oltre che efficienti soprattutto in epoca di crisi - portano i
marketer-comunicatori innovativi a creare un sistema integrato brand-media-contenuti che
divenga coinvolgente, spesso
intrattenimento in se stesso, e a
dover creare modi per generare
must, per creare buzz (spontaneo e non buzz marketing),
passaparola autentico e non
pianificato.
Da una recente ricerca volta a
comprendere meglio i profili e
le destinazioni dei frequentanti
il Master di tutte le edizioni, è
emerso che le funzioni ricoperte vedono il 30% degli alumni
coprire ruoli di comunicazione
più l’8% dedicato alle relazioni
con la stampa, il 18% si occupa
di marketing e il 19% di produzione televisiva, il 5% si colloca
in posizioni di cura editoriale e
redazionale, il 4% è nell’amministrazione e controllo di media
companies, e il 3% nella produzione video-cinematografica, il
3% nella consulenza, anche legale, il 3% nelle tecnologie web.
Il panorama incrociato dei settori industriali coperti e delle funzioni svolte dimostra la validità
di un’impostazione che vede le
aree marketing e comunicazione, nonché i complementari e
interdipendenti media, strumenti ma anche settori essi stessi
industriali, finalmente arrivate
nella “stanza dei bottoni” d’impresa. Il ruolo strategico che
tali funzioni oggi ricoprono è
pertanto convalidato dalla collocazione sempre più pervasiva
e diffusa, ed anche apicale, che
i suoi manager trovano nelle organizzazioni. Un ulteriore
stimolo a portare avanti di pari
passo didattica e ricerca in questi campi, senza appiattirsi sulle
routine di practitioner seppur
abili, ma senza parimenti pensare esclusivamente alle teorie
accademiche non suffragate da
logiche operative performanti.
Un approccio integrato per stare
al passo con i tempi nella formazione universitaria e post-universitaria finalizzato alla costruzione, sempre continua, di profili
interdisciplinari nelle competenze e multifaceted negli skill.
In terzo luogo, questi dieci anni
hanno focalizzato il passaggio
dell’entertainment da mera
industry di prodotti e servizi
all’entertainment come fattore
comunicativo e di marketing di
successo e come fattore contribuente alla creazione di valore
nell’impresa di tutti i settori, sia
di prodotto, sia di servizio, sia
privata, sia pubblica.
L’entertainment si fa comunicazione per dotare l’impresa
di nuove strategie di coinvolgimento degli interlocutori e creazione di legami con gli stessi
(siano essi i clienti come gli
altri stakeholder); di contenuti
adattati ai nuovi media integra-
L’ultimo trend evidenziabile, fra
i maggiori, nel periodo analizzato è quello dell’engagement
ovvero del modo di finalizzare
le azioni di marketing e di comunicazione, nonchè l’integrazione
fra i media, tanto da potere raggiungere il pieno coinvolgimento
del consumatore-cliente o dello
stakeholder di altro profilo. Tale
finalità è ormai universalmente riconosciuta come l’essere il
meta-obiettivo che tutti i media,
e le varie piattaforme integrate,
portano con sé.
37
38
l'evento
Il lutto
La scomparsa di
Massimo Panzini
Docente universitario di Relazioni
Pubbliche e Comunicazione presso
gli Atenei di Udine e Trieste, libero
professionista aveva una lunga
esperienza come consulente politico.,
il 26 agosto Massimo Panzini, socio
Ferpi, è scomparso, dopo una lunga
malattia.
Nella primavera del 2011 era stato lo
stratega della campagna di comunicazione che aveva portato all’elezione di
Roberto Cosolini a sindaco di Trieste.
Nell’ultimo decennio si era affermato
come il più autorevole consulente politico
del Friuli. Apprezzato e stimato docente
di Rp e Comunicazione presso le università di Udine e Trieste, era molto apprezzato e amato dagli studenti per il suo modo
di insegnare. Molti giovani relatori pubblici che lo hanno avuto come docente lo
ricordano per le sue doti umane e professionali. Aveva 69 anni essendo nato il 4
giugno del 1943. Nella primavera del
2011 aveva gestito la campagna di comunicazione che aveva portato all’elezione
di Roberto Cosolini a sindaco di Trieste.
Aveva cominciato negli anni 70 alla
Stock. Prima di iniziare a insegnare nel
2001 ha avuto una intensa attività professionale come relatore pubblico. Un
professionista completo che spaziava dal
marketing agli eventi. Dalla metà degli
anni ’80 si era dedicato al marketing territoriale e poi dalla fine degli anni ’90 a
quello politico. Specializzato nel riposizionamento dei prodotti, nel lancio di nuove
referenze, nelle promozioni, nel coordinamento delle campagne pubblicitarie,
nella progettazione e costruzione di
eventi, da anni si interessava anche di
formazione, sia presso aziende private
che amministrazioni pubbliche e associazioni professionali. Autore di numerose
pubblicazioni scientifiche aveva raccolto
anche tanti riconoscimenti per la sua attività professionale. Prima della campagna
per Cosolini, nel 2001 aveva creato l’immagine di Roberto Dipiazza (Forza Italia)
che dopo l’elezione dall’agosto 2001 al
giugno del 2003 lo chiamò a gestire la
comunicazione del Comune di Trieste. In
quegli anni, aveva sviluppato l’idea di
storytelling applicato ai personaggi pubblici ed in particolare quelli politici. Dal
2010 mensilmente curava presso il Circolo della Stampa di Trieste incontri culturali tematici attraverso l’Accademia Ricerche sociali (ARS). Nel 2010 aveva
sviluppato il tema della felicità; nei primi
mesi del 2011 quello del potere e negli ultimi quello dell’amore e delle prese di responsabilità. Cosolini è stato tra i primi a
dare la notizia della scomparsa che su
Facebook l’ha ricordato così. «Grazie
Massimo per la straordinaria vicenda
vissuta insieme. Grazie per l’amicizia e
l’effetto che mi hai dimostrato. Porterò
con me il ricordo della tua intelligenza,
della passione e l’impegno che ti hanno
caratterizzato, di quel bellissimo senso di
“squadra” che ci hai trasmesso, fatto di
condivisione di valori e obiettivi, di amicizia e rispetto».
Terremoto e ricostruzione - La proposta di Ferpi
Ferpi premia Milano
i riconoscimenti assegnati
ai migliori eventi del 2012
Cosa può fare Ferpi, cosa possono fare i
professionisti della comunicazione, per dare una
mano concreta alla ricostruzione immateriale de
L'Aquila e dell’Abruzzo?
MITO, Milano Film Festival
e il VII° Incontro Mondiale
della Famiglie: sono i tre eventi
giudicati da Ferpi i più
importanti del 2012 nel
capoluogo lombardo. Una
menzione speciale a Camera
della Moda e Museo della
Scienza e della Tecnologia, due
realtà nazionali che sono
diventate eccellenze nella
comunicazione.
In un momento di crisi ed incertezza economica e di particolare
difficoltà per i futuri professionisti, Ferpi ha deciso di dare un segnale forte, valorizzando i nuovi
talenti. In collaborazione con la
Delegazione Ferpi Lombardia
e con ilMuseo Nazionale della
Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci” ha selezionato
tre tra i numerosi eventi che si
sono svolti nella città di Milano
nel 2012 e che si sono distinti
per l’impegno e la professionalità portata avanti da team di
giovani.
Nella scenografica sala da ballo
del transatlantico Conte Biancamano del Museo Nazionale
della Scienza e Tecnologia, lo
scorso 28 novembre, don Davide Milani (VII° Incontro Mondiale delle Famiglie), Beniamino
Saibene (Milano Film Festival –
ed. 2012), Francesca Colombo
(MITO SettembreMusica) con
i loro staff hanno ricevuto una
targa di riconoscimento per il
miglior evento dell’anno “a testimonianza dell’alto lavoro svolto
e per il segnale di positività che
con il loro operato hanno dato
alla città e ai giovani per un futuro da protagonisti”.
Una menzione speciale è stata
conferita alla Camera Nazionale
della Moda Italiana “per l’impegno mostrato nella promozione
della moda italiana attraverso
il sostegno dei giovani talenti, volto alla crescita di tutto il
Sistema Paese” e al Museo
Nazionale della Scienza e della Tecnologia”per l’impegno e
l’utilizzo che dello strumento
comunicazione ha fatto per portare il Museo ad altissimi livelli
e con esso la nostra cultura, la
nostra città, il nostro paese nel
mondo”, ritirate rispettivamente
da Mario Boselli e Fiorenzo Galli.
Un appuntamento dedicato ai
team stessi che con la loro diversità e le loro strategie hanno
saputo conquistare una città e
diverse comunità professionali,
portando con sé il sistema paese.
Entusiasti, preparati, determinati, con la loro competenza e
passione, i giovani hanno raccolto la sfida, raggiungendo gli
obiettivi delle loro organizzazioni, diventando protagonisti
di un vero e proprio fenomeno
ed esempio per una comunità di
come e quanto i giovani debbano essere coinvolti, valorizzati e
messi in condizioni di poter dare
il meglio di sé, per raggiungere
il successo e il consenso in una
irradiazione di relazioni tra i diversi stakeholder, in trasparenza, responsabilità e sostenibilità
per la società.
Per una sera gli staff degli eventi
sono stati i veri protagonisti per
raccontarsi e raccontare le proprie esperienze, sfide, delusioni, problemi, successi, futuro e
aspettative.
«Ferpi, grazie alla partnership
con il Museo della Scienza e
della Tecnologia di Milano, che
ha raccolto il nostro invito, vuole essere di esempio perché la
stessa idea e lo stesso incentivo
possano essere replicati su altri
territori e un invito alle nostre
delegazioni regionali e alle singole comunità a far emergere le
proprie eccellenze come testimonianza del ben fare, per uno
sviluppo possibile», ha dichiarato il Presidente Ferpi, Patrizia
Rutigliano. «Vogliamo essere
messaggeri e attori di un cambiamento in atto e con questo
appuntamento, enfatizzare il
lavoro continuo che come associazione svolgiamo per promuovere e sviluppare la professione
delle Relazioni pubbliche vari
ambiti di applicazione».
«Mi ha piacevolmente sorpreso
la menzione speciale riservata al
nostro Museo da Ferpi», dichia-
Da sinistra, Cricelli e Serra della PAA
ra il Direttore Generale, Fiorenzo Galli. «La condivido con tutto
lo staff di giovani professioniste
e professionisti che costituiscono il vero valore su cui abbiamo
investito in questi anni. Infatti è
anche grazie a loro che lavoriamo per far vivere ogni giorno il
Museo come un luogo di comunicazione, di dialogo e anche di
relazione, come dimostra questa iniziativa che vede coinvolte
persone con cui abbiamo collaborato».
«E’ una squadra che oggi è
onorata di ritirare questo premio. Una squadra di giovani
professionisti che ha profuso
con generosità mente, cuore e
anima per raccontare l’Incontro
Mondiale delle Famiglie che ha
narrato Milano e la vita concreta delle persone reali in Italia e
nel mondo”, spiega don Davide
Milani, responsabile comunicazione del VII Incontro Mondiale
delle Famiglie».
«Siamo estremamente onorati
del premio conferitoci da Ferpi»,
asserisceBeniamino Saibene,
fondatore di Milano Film Festival. «Un premio che sceglie di
valorizzare eventi culturali portati avanti da giovani realtà milanesi. I giovani restano infatti un
punto di riferimento centrale per
Milano Film Festival, sia nell’elaborazione di una proposta artistica che da sempre sostiene
e promuove giovani talenti, sia
nella composizione dello staff.
Milano Film Festival, oltretutto,
diventerà maggiorenne soltanto
il prossimo settembre.
«I giovani che con energia, professionalità passione realizzano
il Festival sono la chiave del successo di MITO SettembreMusica, afferma Francesca Colombo,
Segretario generale e Coordinatore artistico del Festival. «In sei
edizioni abbiamo formato oltre
300 giovani in un settore strategico dei Beni Culturali, quello
del management, rendendoli
partecipi di un nuovo modello di
gestione rigoroso e trasparente.
Il loro entusiasmo e i loro sorrisi
accolgono ogni settembre il nostro grande pubblico.
«La Camera Nazionale della
Moda Italiana “da sempre” sostiene i giovani nel loro affacciarsi sul mercato, in primo luogo per il rispetto e l’attenzione
che vanno dedicati alle nuove
generazioni» – ha dichiarato il
Presidente di Camera Nazionale
della Moda Italiana, Mario Boselli. «Inoltre anche per l’interesse oggettivo del sistema moda
italiano ad avere una nuova generazione di creativi in grado di
dare continuità al successo dei
Grandi Stilisti della prima generazione, che sono grandi in tutti
i sensi. I progetti Nude, Next
Generation e Fashion Incubator
hanno consentito di portare sul
mercato, pur in un periodo non
favorevole dal punto di vista
della situazione congiunturale,
brand che stanno riscuotendo
un notevole successo.
vita associativa
I professionisti entrati in FERPI negli ultimi mesi
Monica Argilli
40 anni, modenese, laureata
in Filosofia con Master
in sistemi e tecnologie
della Comunicazione nelle
organizzazioni. Dal 2005
Responsabile Relazioni Esterne
AIMAG, azienda multiutility che opera nel territorio
delle province di Modena e Mantova per servizi idrici,
energetici ed ambientali. Si occupa di comunicazione
d'impresa e delle relazioni con gli stakeholder. Cura il
coordinamento e la stesura del bilancio di sostenibilità
aziendale (vincitore Oscar di Bilancio 2005 e
2012 per la categoria delle piccole medie imprese).
Maria Chiara Arona
nata a Voghera (PV) il 14 aprile 1976.
Laureata in Relazioni Pubbliche presso la Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM di
Milano, dopo diverse esperienze
nel settore comunicazione ed
eventi in realtà conosciute a
livello internazionale, fonda
nel 2007 la sua agenzia di
Relazioni Pubbliche a Milano:
Pink & Chic Communication. I servizi offerti sono:
ufficio stampa, organizzazione eventi, studio immagine
coordinata e realizzazione siti web, gestione dei social
network, pianificazione pubblicitaria, organizzazione
congressi e convegni. Specializzata nel lancio di realtà in
start up.www.pinkandchic.it
Lorenzo Azzi
47 anni, di Lucca, è Group Identity & Communication
Manager del Gruppo Sofidel, secondo gruppo in Europa,
sesto al mondo, nel settore della carta tissue, noto in
Italia per il brand Regina. Ha lavorato per istituzioni
pubbliche e in campo politico e
culturale. Fra il 2002 e il 2006
responsabile comunicazione
di Lucca Comics & Games.
Laurea in Lettere Moderne
all’Università di Pisa, corso di
Perfezionamento in Scienze della
Comunicazione all’Università di Firenze, è giornalista
pubblicista.
Laura Baracchi
è nata e vive a Genova, 44 anni, sposata, un figlio,
laureata in Lingue e Letterature Straniere Moderne.
E’ Responsabile Corporate Communication del
Gruppo Cambiaso Risso, società broker di assicurazioni,
rimorchi e salvataggi nel settore navale. E’consulente
di comunicazione ed addetto
stampa di eventi sportivi. Dal
2007 è responsabile Relazioni
Esterne del Challenger di
Genova, torneo di tennis maschile del circuito ATP.E’ membro
del Comitato di Gestione del “Nido del
Mare”, asilo nido aziendale del Gruppo Cambiaso Risso,
per il quale aveva già seguito lo studio di fattibilità e la
realizzazione, approfondendo la sua specializzazione
nell’ambito della comunicazione interna.
Daniela Bavuso
Communication advisor, laureata in Scienze della Comunicazione e specializzata in Analisi
dell'Opinione Pubblica presso
la facoltà di Scienze Politiche
dell'Università degli Studi
di Milano, è attualmente
libero professionista. Lavora
in Lombardia occupandosi delle
scelte di comunicazione di istituzioni, partiti politici,
organizzazioni di rappresentanza degli interessi ed
associazioni del territorio e curandone le relazioni.
Elena Bellio
28 anni di Padova. Laurea in Economia Aziendale
(triennale) ed Economia e
Management dei Mercati
Internazionali e delle Nuove
Tecnologie (magistrale) presso l’Università Commerciale L.
Bocconi di Milano. Ricercatrice
nel Dipartimento di Marketing. Settori
principali di competenza: marketing dei servizi, marketing pubblico, e-government, e-health. Partecipazione a
progetti europei ed internazionali.
Ezio Bertino
Da 27 anni nel campo della comunicazione d’impresa:
prima in Italgas (Gruppo ENI) poi in Telecom Italia
Corporate e dal 2003 nel nuovo Gruppo
Seat Pagine Gialle, a capo di
Relazioni Esterne, Rapporti
Istituzionali e Ufficio Stampa.
Un’esperienza a tutto tondo:
dalla comunicazione istituzionale, corporate, economicofinanziaria e di gestione delle crisi, ai rapporti con le
istituzioni, la PA e il mondo associativo, ai public affairs,
al project management in ambito CSR, culturale e
sportivo.
Persone
di practice relative a Finanza, Costruzioni, Multiulity ed
Energia, per importanti aziende
locali e nazionali. Specializzata nell'ideazione,
realizzazione e gestione
di piani di comunicazione
e RP.
due anni segue tutte le tematiche relative all’Expo 2015,
in particolare le relazioni con la società Expo 2015 e gli
altri stakeholder pubblici e privati coinvolti nell’evento.
È stato Consigliere Circoscrizionale Comunale presso
il Comune di Milano per circa quindici anni maturando
una profonda conoscenza delle Istituzioni locali e
nazionali. [email protected]
Renata Fischetto
Francesco Rotolo
Classe 1975, nata a Genova e laureata in Economia
Aziendale con indirizzo Marketing presso l'università
L. Bocconi di Milano. Alessia
ricopre oggi il ruolo di Country
Manager della sede italiana
di Hotwire PR, agenzia
internazionale di relazioni
pubbliche e comunicazione
integrata con headquarter nel
Regno Unito. Alessia è responsabile dell’indirizzamento
strategico e della gestione dell’ufficio italiano e dei suoi
clienti. La sua esperienza spazia in una pluralità di settori
sia B2B che consumer, in ambiti legati al digital, alla
tecnologia e molto altro ancora.
Nata a Brindisi nel 1969, vive e lavora a Milano.
Laureata in Sociologia e studiosa di comunicazione,
ha svolto attività accademica e lavorato negli ambiti
Formazione e Ricerca, firmando pubblicazioni di settore.
Dal 2000 ha avviato una serie collaborazioni con
agenzie di Comunicazione,
PR e Media Company,
occupandosi prevalente di
comunicazione strategica,
progetti editoriali, analisi
quantitative e qualitative. Libera
professionista, è co-fondatrice di LFC
Network di comunicazione integrata. Paolo Mazzoni ,
nato a Roma nel 1961,
è attualmente il Public Affairs , Government & Rome
Branch Manager di 3M Italia SpA.
La sua carriera in 3M è iniziata nel 1986 nella divisione
Office Products per poi ricoprire negli anni successivi
, posizioni sempre di crescente responsabilità in altre
divisioni dell’azienda , sia nel settore vendite e marketing
sia come Regulatory Affairs . Dal 2006 è responsabile
dei Rapporti Istituzionali di 3M Italia a cui si aggiunge
anche la responsabilità delle attività di promozione
nel Mercato Stato . E’ inoltre Site Manager della sede
3M di Roma .
Paolo Cirmi
Giorgia Notari
Alessia Bulani
Public Affairs in 3M (multinazionale americana
nata nel 1902 e da oltre 50 anni in Italia con siti
produttivi), si occupa di promuovere
presso le Isituzioni le soluzioni
tecnologiche connesse ai
principali megatrend di
mercato: energia, sicurezza,
salute pubblica. Background
economico-commerciale, ha
ricoperto in passato diversi ruoli di Line, sempre in
3M. Lavora con i principali stakeholders di riferimento.
E' impegnato in Confindustria e da quest'anno nel
Consiglio Direttivo Assobiomedicali.
26 anni di Genova, laurea triennale in Scienze Politiche
all'Università di Bologna e laurea specialistica in
Informazione ed Editoria
all'Università di Genova.
Nel 2012 master in social
media marketing presso
la Ninja Academy. Capo
ufficio stampa dal 2010 per
il Teatro Bismantova di Castelnovo
Monti, dal 2008 ha lavorato all'ufficio stampa presso
CCS Italia Onlus e, in seguito, è account presso la Ameri
Communication and Public Relation di Genova.
Rosie Clerici
32 anni, romana, laureata in Scienze e tecnologie
della comunicazione, responsabile dal 2010 della
comunicazione e delle relazioni esterne dell’ISMA,
ente pubblico volto al sostegno di minori e anziani in
condizioni di disagio. Specializzata in Comunicazione e
produzione culturale, ha
collaborato nel 2009 con
la MP Mirabilia – Sistemi di
comunicazione del patrimonio
culturale curando i piani di comunicazione e il marketing territoriale per le pubbliche
amministrazioni e le imprese.
nata a Milano nel ’66, laureata in Lettere, attualmente
si occupa di progetti Web 2.0 per Regione Lombardia
ed è consulente comunicazione
e marketing di alcune aziende.
Ha lavorato in L’Oréal Italia
come responsabile comunicazione istituzionale e viene da
un’esperienza di 15 anni maturata
in gruppi internazionali di RP, Text 100 (direttore clienti)
e Fleishman-Hillard (direttore BU e Vice President).
Prima, si è occupata di organizzazione culturale e
progetti editoriali. Giornalista pubblicista, scrive di libri
e spettacolo.
Maria Laura Crescimanno
Nata a Palermo ha studiato Lingue e Lett. straniere all’
Università Cà Foscari, laureata a Palermo. Giornalista
professionista, ha collaborato con i principali magazines
e on line settore turismo e ambiente (Bell’Italia, DOVE,
ViaggidelSole, Gentleman, Sailingetravel etc..).Oggi è
consulente negli uffici stampa di enti pubblici e privati.
Dottore di ricerca in PR con tesi sul digitale nel Mediterraneo, collabora con master universitari. Contatti: www.
suggestionidisicilia.it www.archeosailing.com
Valeria Falcone, romana, classe 1975.
Giornalista professionista, attualmente ricopre il ruolo di
responsabile relazioni esterne e ufficio stampa in Bain
and Company Italy, firm internazionale di consulenza
strategica. Ha al suo attivo 12 anni di esperienza come
addetta stampa di aziende e istituzioni italiane.
Giulia Fantini
24 anni, di Ferrara, laureata in Relazioni Pubbliche
e Pubblicità presso la IULM di Milano. è Account
Executive e Project Manager per Segest spa, società
di comunicazione e RP. Negli ultimi anni si è occupata
Mariasole Petrucci
Enzo Rimedio
Esperto di nuovi media, negli anni si è specializzato
in media monitoring, online communication, web
reputation, online advertising, web
content, e-learning. Attualmente
copre il ruolo di direttore presso
la Selpress Media Monitoring
& Newsbank Srl e consulente
presso la PMS SpA. Negli anni
ha collaborato con diversi enti in
qualità di direttore, consulente, docente. Fra i vari: Data
Stampa Srl, Nuova Comunicazione SpA, Università di
Siena, Università dell'Aquila, Boys' Towns of Italy, smau.
it, Corriere delle Comunicazioni.
Roberto Rocca
36 anni, laureato in Scienze Politiche e
in Scienze della Comunicazione,
Master in RP, lavora in Telecom Italia dove dal 2008 si
occupa di comunicazione e
relazioni pubbliche. Da più di
33 anni, lavora come Brand Consultant e Copywriter
presso Inarea, azienda leader del branding italiano. Laureato con lode in lettere antiche,
tesi in Lingua e Letteratura
Sanscrita, ha praticato anche
studi musicali e recitazione
a livello professionale. Socio
dell’Osservatorio Storytelling
dell’Università di Pavia, affianca
all’attività professionale quella di ricerca su temi quali la
brand reputation, la storia della marca, l’identità sonora,
il corporate storytelling.
Davide Tammaro
Addetto Stampa, Pirelli & C.. Filosofo di formazione con
una laurea specialistica in Filosofia conseguita nel 2010
presso l’Università del Piemonte Orientale, nello stesso
anno ha perfezionato il percorso formativo presso
l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano con
un master in Media Relations. Dal giugno 2010 è nella
direzione Communications & Media Relations di Pirelli
& C e si occupa di comunicazione interna curando in
particolare la intranet aziendale, gli house organ e i progetti di comunicazione interna. Dalla seconda metà del
2011 lavora nell’Ufficio Stampa Corporate occupandosi
di temi societari e finanziari, con particolare attenzione
alle tematiche di Corporate Social Responsibility.
Domenico Torchia
nato a Catanzaro nel 1965.
Si è laureato in Economia Aziendale alla Università
Bocconi, dove è stato il rappresentante degli studenti
in consiglio di amministrazione, con una tesi sulla
quotazione della Luxottica.Ha lavorato tra Milano e
Roma come assistente di Paolo Del Debbio prima e
del Presidente di Standa, Giancarlo Foscale, in seguito.
E' stato responsabile dei rapporti istituzionali con gli
Enti Locali per Mediaset, responsabile dei rapporti
istituzionali e della cominicazione per Assoeroporti in
Confindustria.
Coniugato, due figlie, vive a Milano dove lavora presso
Unione-Confcommercio. E' stato Presidente di Federimmobili, attualmente ricopre la carica di consigliere nella
società quotata, Bioera spa
Vittorio Cino
dal 1° ottobre ricopre il ruolo
di Direttore Comunicazione e
Relazioni Istituzionali di Coca
Cola Italia. Arriva dai public affairs
del Gruppo BG (già British Gas)
in Italia. In passato ha lavorato
in Federvini e nelle agenzie
Fb Comunicazione e Weber
Shandwick Italia.
Gianni Di Giovanni
E’ il nuovo presidente dell’Agi,
l’Agenzia Giornalistica Italia. Dal
gennaio 2006 e’ in Eni dove
ricopre il ruolo di Executive Vice
President External Communication. In passato ha lavorato in
Telecom Stet, Wind e Tim.
Valeria Guarisco
Dalle relazioni esterne di VILLA
ERBA SPA a CERNOBBIO è approdata al Comune di Como, con
l'incarico di Capo di Gabinetto del
Sindaco.
Stefano Lucchini
Direttore delle relazioni internazionali e comunicazione di Eni,
dal luglio 2012 è stano nominato
chairman di Eni Usa.
Sara Ranzini
E’ la nuova responsabile delle attività di comunicazione ed eventi
di Expo 2015. Proviene da Coca
Cola Italia
Lutto
Addio
Bruno Pieroni
Sara Tortelli
31 anni di Pordenone, laureata in Relazioni Pubbliche
d’impresa, svariate esperienze in uffici comunicazione
sia di aziende private, sia di organizzazioni, è libera
professionista e opera su tutto il Triveneto. Specializzata nella comunicazione online, brand reputation
e organizzazione di eventi, ha seguito le attività di
marketing territoriale della Distretto del Mobile Livenza.
Collabora inoltre con Imprenderò, innovativo progetto
di formazione imprenditoriale finanziato dalla Regione
FVG. Settori principali di competenza: food, turismo,
formazione, comunicazione per le PMI.
Martina Valentini
33 anni, toscana d’origine, umbra d’adozione. Collabora
con numerose realtà del Terzo Settore impegnate nella
divulgazione scientifica ed ambientale, curandone la
comunicazione e l'ufficio stampa. Coordina una rete di
giornalisti professionisti ed esperti
di economia sostenibile riuniti
nella GreenPress EnvironMedia. Ha maturato esperienze
internazionali nella gestione
di eventi, collaborando con
organizzazioni internazionali e
governative. Settori di competenza: sviluppo sostenibile,
green economy, certificazione forestale, internazionalizzazione delle imprese, filiere agroalimentari.
Tra i soci fondatori di Ferpi e pioniere
dell’informazione medico-scientifica
in Italia, giornalista e imprenditore, si
è spento a 91 anni a Milano. Bruno Pieroni è stato un uomo che aveva saputo
trasformare la curiosità in mestiere e
che era riuscito a fare del lavoro il più
grande divertimento della sua vita.
Nato ad Albano Laziale, ma milanese
di adozione, cominciò a lavorare negli
anni ‘40 alla sala stampa di Roma. Da
lì l’opportunità di un ingaggio presso
l’Associated Press, l’agenzia di stampa
americana più grande del mondo, per
la quale lavorò 14 anni tra Roma, Milano e New York. Per 5 anni fu direttore
delle Relazioni pubbliche di Pfizer per
l’Europa e il Medio Oriente. In seguito, insieme alla seconda moglie Elena
Massarani, ricercatrice, coronò il sogno
di fondare un giornale di proprietà dedicato ai medici. Nacque così Stampa
Medica che forniva ai clinici notizie su
nuovi prodotti e criteri terapeutici.
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