IL CASO
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IL CASO
Non occorre destrezza per i furti nei grandi magazzini a cura di Guglielmo Starace (Cassazione, quinta sezione penale, sentenza del 16 marzo 2011, depositata il 7 luglio 2011, n. 26560) IL CASO T.I. era stato dichiarato colpevole nei gradi di merito per il reato di cui agli artt. 624 e 625 n. 4 c.p. per essersi impossessato, al fine di trarne profitto, di n. 10 DVD, sottraendoli con destrezza all'interno di un supermercato ed occultandoli all'interno del proprio giaccone. L’imputato aveva proposto ricorso per Cassazione avverso la pronuncia della Corte di Appello di Perugia denunciando violazione di legge, ai sensi dell'art. 606 lett. b) c.p.p., in relazione agli artt. 624 e 625 n. 4 c.p., e contestando la ritenuta sussistenza dell'aggravante della destrezza, di cui non ricorrevano i presupposti. LA MASSIMA Perché si configuri la destrezza nel delitto di furto, la modalità della condotta deve concretizzarsi in un quid pluris rispetto all'ordinaria materialità del fatto-reato ed essere caratterizzata da peculiare connotazione, ulteriore rispetto al fatto tipico, che preveda necessariamente l’approfittamento di una condizione di attenuata difesa in cui versa il proprietario che, momentaneamente, perda di vista la sua cosa, senza precludersi, tuttavia, il controllo e l'immediato ricongiungimento con essa. L’approfittamento di questa frazione di tempo configura la condotta elusiva che il legislatore punisce più gravemente poiché espressione di maggiore attitudine criminale del soggetto. (Cassazione, quinta sezione penale, sentenza del 16 marzo 2011, depositata il 7 luglio 2011, n. 26560) I TEMI DI INTERESSE 2 La Suprema Corte innanzitutto condivide la valutazione dei giudici di merito secondo cui, ai fini della configurazione della destrezza necessaria per l'applicazione dell’aggravante di cui all’art. 625 n. 4 c.p., non occorre un’eccezionale abilità, essendo sufficiente che si approfitti di uno stato di tempo e di luogo tali da attenuare la normale attenzione della parte lesa nel mantenere il controllo ovvero la vigilanza sulla cosa, rientrando nel concetto di destrezza qualsiasi modalità dell’azione furtiva idonea a non destare l'attenzione suddetta (cfr., tra le altre, Cass. sez. VI, 20.05.2009, n. 31973, rv. 244862; id. sez. V, 10.10.2005, n. 44018, rv. 232811). All’uopo precisa che occorre l’approfittamento delle condizioni più favorevoli per cogliere l’attimo del momentaneo distacco del proprietario dalla cosa e, dunque, di una condizione di attenuata difesa in cui versa colui che, momentaneamente, perda di vista la sua cosa, senza precludersi, tuttavia, il controllo e l'immediato ricongiungimento con essa; l’approfittamento di questa frazione di tempo configura la condotta elusiva che il legislatore intende punire più gravemente, in quanto espressione di particolare attitudine criminale del soggetto (cfr. Cass., sez. V, 22.12.2009, n. 11079, rv. 246888). Ciò malgrado, se è innegabile che non sia necessario l'uso di particolare abilità perché si configuri la destrezza, la modalità della condotta deve, pur sempre, concretizzarsi in un quid pluris rispetto all'ordinaria materialità del fatto-reato, ossia a quanto comunemente necessario per porre in essere la condotta furtiva consistente nella sottrazione della cosa e nel conseguente suo impossessamento. Deve, insomma, essere caratterizzata da peculiare connotazione, ulteriore rispetto al fatto tipico, che risponda ai presupposti fattuali di cui si è detto (integranti il necessario “approfittamento”). Orbene, nel caso del furto in grandi magazzini la condotta furtiva non può che concretizzarsi nel prelievo della merce esposta negli appositi scaffali e nel suo repentino occultamento, sì da sottrarla alla sorveglianza, non essendo ipotizzabile 3 altra modalità esecutiva della detta condotta, che possa ragionevolmente aspirare ad eludere il controllo alle casse da parte del personale addetto. Ciò non significa, ovviamente, che una fattispecie come quella in esame debba necessariamente qualificarsi in termini di furto semplice e non sia, astrattamente, suscettibile di aggravamento, in virtù di diversa circostanza, quale potrebbe essere quella dell'esposizione a pubblica fede, compatibile con la presenza di eventuale placca antitaccheggio, ovvero quella del mezzo fraudolento, ove il dispositivo di sicurezza sia in qualsiasi modo disattivato o neutralizzato, od ancora la violenza sulle cose ove il bene sottratto risulti comunque danneggiato, per lo strappo della placca anzidetta. Per questi motivi, la Corte di legittimità ha annullato l’impugnata sentenza, con rinvio al competente giudice di merito per nuovo esame, limitatamente alla contestata aggravante della destrezza. La condotta di furto nei supermercati, dunque, è stata considerata sin troppo facile per “meritare” la qualifica di “fatto commesso con destrezza” ex art. 625 n. 4 c.p. in quanto in detti locali non è ordinariamente prevista attività di sorveglianza sui beni oggetto dell’offerta in vendita, che, al contrario, si manifesta mediante quella esposizione al pubblico per cui potrebbe configurarsi addirittura l’aggravante di segno contrario prevista dall’art. 625 n. 7 c.p. Va segnalato che il Tribunale di Bari, seconda sezione penale, con sentenza del 30 marzo 2011, aveva correttamente stabilito che “incorre nell'imputazione per il delitto di furto aggravato il prevenuto che, al fine di trarne profitto, si impossessi di un portafoglio contenente denaro contante sottraendolo con rapidità e destrezza dall'interno di una borsa temporaneamente lasciata dalla proprietaria in una stanza del P.S. ove la stessa prestava la propria attività di infermiera. Le circostanze del fatto rivelano solamente l'aggravante della particolare destrezza, di cui al n. 4 dell'art. 625 c.p., per essersi impossessato, il prevenuto, del portafogli approfittando 4 dell'allontanamento temporaneo dell'infermiera e per aver repentinamente aperto la borsa e sottratto il bene”. Sembra, quindi, aderente alle più recenti interpretazioni giurisprudenziali ritenere che la configurabilità dell’aggravante della destrezza ex art. 625, I comma, n. 4, c.p. non richieda l’uso di una eccezionale abilità, in quanto è sufficiente che l’agente approfitti di una qualunque situazione soggettiva od oggettiva favorevole ad eludere la normale vigilanza dell'uomo medio. Guglielmo Starace