View Conference 2016, le sfide di Alice Attraverso lo Specchio

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View Conference 2016, le sfide di Alice Attraverso lo Specchio
View Conference 2016, le sfide di Alice Attraverso lo Specchio
secondo l’animatore Troy Saliba
imperodisney.com/2016/10/26/view-conference-2016-le-sfide-di-alice-attraverso-lo-specchio-secondo-lanimatore-troy-saliba/
Irene Rosignoli
26/10/2016
Tra i live action Disney arrivati al cinema quest’anno c’è anche Alice Attraverso lo Specchio, sequel del film di Tim
Burton uscito nel 2010. Le nuove avventure di Alice e del Cappellaio Matto (che ha il volto di Johnny Depp) sono
passate un po’ in sordina, forse messe in ombra dall’inaspettato successo di Il Libro della Giungla di Jon Favreau.
Se quindi il film non ha ricevuto la migliore delle accoglienze da parte del pubblico, è tuttavia fuori
discussione l’abilità con cui artisti, tecnici e animatori hanno approcciato il mondo creato da Tim Burton nel primo
film per portarlo verso nuovi orizzonti sotto la guida del nuovo regista, James Bobin. In occasione di View
Conference 2016 ne ha parlato l’animation supervisor Troy Saliba, che ha guidato il pubblico in un interessante
dietro le quinte illustrando le maggiori difficoltà incontrate nel creare l’universo e i nuovi personaggi di Alice
Attraverso lo Specchio. In particolare si è soffermato su due ostacoli che hanno fatto disperare il suo team di
animatori: l’effetto pietrificante che si scatena quando Alice ruba la Cronosfera e la realizzazione degli scagnozzi del
Tempo, i secondi, che finiscono poi per diventare minuti e ore assemblandosi tra di loro in robot malvagi.
Ecco le curiosità che ci ha raccontato:
Come sei arrivato a lavorare ad Alice Attraverso lo Specchio e qual è stato il tuo ruolo nel film?
Sono stato coinvolto perché i film che ho fatto finora per Sony Pictures Imageworks avevano molta character
animation e questo è il ruolo in cui tendono a chiamare me in quanto il mio background è l’animazione tradizionale,
dunque il mio campo sono proprio i personaggi. Inoltre ho lavorato con il supervisore degli effetti speciali Jay molte
volte e lui ci teneva a lavorare di nuovo con me. Infine ho incontrato il regista James Bobin e ci siamo trovati da
subito molto bene, ed è così che ho avuto il lavoro. Nel film mi sono occupato soltanto della creazione e
dell’animazione dei personaggi, mentre un team diverso ha realizzato gli effetti.
Quanto avete conservato dal primo film e quanto è stato creato da zero?
Ovviamente tutti i personaggi e i set di Alice in Wonderland sono stati ripescati, è stato necessario solo un update
ma erano già pronti all’uso. Tuttavia lo spirito di questo film è molto diverso. Certo, il mondo è lo stesso quindi i
design devono essere coerenti col primo, ma stavolta il regista non voleva un’ambientazione così dark come quella
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immaginata da Tim Burton. Aveva una visione completamente diversa anche nelle luci e nel design: il suo
Sottomondo è molto più realistico, meno fantasy e più colorato. Per noi tutto questo è stato una novità, ma anche
una sfida molto divertente.
Qual è stata la difficoltà più grande per te e il tuo team?
Ce ne sono state molte. Dal punto di vista dell’animazione direi che le due più grandi sono state il momento in cui gli
scagnozzi del Tempo si uniscono per diventare un robot e poi l’effetto della ruggine creata dal tempo. Entrambi sono
stati davvero complicati e hanno richiesto molta fatica. Per tutti e due ho dovuto mettere insieme un gruppo di
animatori che si occupasse solo di quello e di nient’altro. Non abbiamo lavorato in maniera tradizionale, ma in
collaborazione con il team degli effetti perché in quelle scene animazione ed effetti erano talmente interconnessi che
il solo modo per riuscirci era lavorare come un unico gruppo.
Come è stato lavorare su Alice Attraverso lo Specchio rispetto ad altri film Disney a cui hai partecipato,
come Il Grande e Potente Oz?
Sotto molti aspetti sono davvero simili. Sono entrambi film fantasy con uno stile grafico molto colorato e
immaginifico. Direi che la somiglianza più grande è però quella di dover lavorare con la grande macchina di
produzione Disney: è una compagnia enorme e questi film hanno tempi di realizzazione lunghissimi e budget molto
alti che permettono di coinvolgere tante persone. Sicuramente il mio lavoro in Oz e altri film mi ha permesso di
prepararmi al meglio per Alice perché sapevo già cosa aspettarmi.
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Quando hai iniziato in questo campo eri un animatore 2D. Quale tecnica preferisci e perché?
È difficile decidere, mi piacciono entrambe le tecniche. La cosa che preferisco del 2D è che rimane sempre molto
personale: tutti gli animatori lavorano con lo stesso design, ma alla fine emergono la personalità e lo stile grafico
dell’artista dal disegno e si può distinguere chi ha fatto cosa, mentre con il 3D ovviamente no. Detto questo, mi
piace anche applicare tutto ciò che ho imparato facendo animazione tradizionale alla CGI e provare a ricreare lo
stesso effetto, ovvero a dare ai miei personaggi qualcosa di mio. In effetti questo rende le cose abbastanza
complicate per il team degli effetti che deve rifinire il mio lavoro… io cerco di fare il possibile per non metterli in
difficoltà, ma ci tengo davvero molto a lasciare un’impronta unica in ogni personaggio.
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