l`europa? "non vale una lira"

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l`europa? "non vale una lira"
L'EUROPA? "NON VALE UNA LIRA"
Ultimo aggiornamento Giovedì 26 Marzo 2015 23:22
Il nuovo libro di Mario Giordano racconta perché Bruxelles ci ha resi tutti più poveri e ha
accresciuto le differenze tra i Paesi Il nuovo libro di Mario Giordano racconta
perché Bruxelles ci ha resi tutti più poveri e ha accresciuto le differenze tra i Paesi
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Bisogna uscire dall'euro. Subito. È questa la tesi sviluppata da Mario Giordano in "Non
vale una lira"
(Mondadori, 17 euro, 176 pagine). Da quando è entrata in vigore, sostiene il
direttore di Tg4
, la moneta unica non ha fatto che disastri:
ci ha resi tutti più
poveri
, ha accresciuto le differenze tra i Paesi e ha trascinato nel suo fallimento il sogno europeo dei
nostri padri. Oggi l'Europa è soltanto
un mostro burocratico e antidemocratico
, sempre più lontano dai cittadini e dai loro bisogni, che ci opprime con la sua
tirannia
fiscale
e con una quantità di
normative
astruse
.
È l'Europa dei diktat e delle troike, che impone agli altri severità e concede a sé ogni
beneficio, l'Europa che taglia le pensioni ai cittadini e le aumenta ai suoi burocrati, che chiede
sacrifici a tutti, ma poi fa vivere i suoi 766 parlamentari nel lusso, spendendo 2 milioni e mezzo
di euro in rinfreschi e 4 milioni per rinnovare il centro fitness interno al Parlamento di Bruxelles.
È l'Europa che non riesce a risolvere l'annoso problema della seconda sede di Strasburgo:
un palazzo da 500 milioni che resta chiuso 317 giorni l'anno e che moltiplica i costi di
funzionamento, costringendo ogni mese i deputati a gigantesche transumanze con un'enorme
massa di documenti al seguito.
È l'Europa che mantiene 139 sedi sparse in tutto il mondo e 5366 addetti, di cui 33 alle
isole Figi, 37 alle Mauritius e 44 ai Caraibi, dove l'attività più impegnativa è una corsa di
macchinine elettriche. Costo totale, 524 milioni di euro. È l'Europa delle leggi assurde, delle 60
pagine di rapporto tecnico sul Wc (due anni di studio, 90.000 euro di spesa) per stabilire la
formula dello sciacquone perfetto, l'Europa che si preoccupa del passaporto dei furetti croati,
della peluria del cavolfiore (dev'essere «leggerissima»), della lunghezza delle banane e della
curvatura dei cetrioli, l'Europa che scrive 22 pagine di regolamento per specificare che «il
serbatoio dell'acqua calda è quello che contiene acqua calda».
Ed è l'Europa che elargisce soldi per finanziare qualsiasi follia, dall'utilizzo degli insetti in
cucina alla compagnia che fa musica con sassofoni e rutti al programma per incentivare la
connessione emotiva dei contadini tirolesi al loro paesaggio, dal dialogo fra estoni e lituani sul
fondamentale tema delle marionette alla missione dei ballerini belgi che vanno a insegnare
danza agli africani (che è un po¿ come insegnare agli esquimesi a cacciare le foche), per non
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parlare dei corsi in cui si spiega a cosa serve l'Ue.
Un'Europa che a noi italiani costa 174 euro al secondo, cioè 10.464 euro al minuto, cioè
627.853 euro l'ora, cioè 15 milioni al giorno, cioè 5,5 miliardi l'anno. Per darci in cambio che
cosa? Nulla. Da quando c'è la moneta unica abbiamo meno soldi in tasca, meno libertà nella
vita, meno speranze nel cuore. Mario Giordano dimostra, numeri alla mano, che la scelta di
entrare nell'euro è stata per il nostro paese un vero e proprio autogol, come avverte ogni giorno
sulla propria pelle un sempre maggior numero di italiani e come sostengono da tempo molti
economisti e sei premi Nobel. Anche loro certi che dall'euro si debba uscire. E subito.
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Nelle pagine successive leggi in anteprima tre estratti dal volume. Il primo è dedicato
alle spese pazze delle istituzioni comunitarie.
La scuola d’equitazione? Con i fondi Ue diventa un bordello. Altri 411.000 euro spesi
(inutilmente) per migliorare la vita dei cani ungheresi
A volte i fondi europei vengono spesi in iniziative assai più concrete. Ma non sempre queste
ultime risultano più efficaci. 900.000 euro, per esempio, sono stati gentilmente donati allo
Strelasund Golf Park nel nordovest della Germania: 18 buche, 9 isole, campo di pratica, due
alberghi, terme, una struttura lussuosa che conta anche la cancelliere Merkel fra i suoi ospiti e
la cui quota associativa può costare fino a 1100 euro al mese. Ma perché dobbiamo dare i soldi
dei cittadini europei a un circolo che fa pagare l’iscrizione così cara? E perché, allo stesso
modo, dobbiamo finanziare l’elegante golf resort di Monte da Quinta, in Algarve,
Portogallo(173.000 euro risucchiati via), o la catena di hotel di lusso spagnoli, la Tils Curt?
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Davvero dobbiamo offrire 269.000 euro all’Andalusia per permettere di costruire un megacentro
termale ispirato agli agi dell’antica Roma? Davvero dobbiamo spendere 2,3 milioni di euro per
ricreare un villaggio romano a Perl-Borg, in Germania? O 5,5 milioni per costruire Venetian
Lake, una città di lusso ispirata a Venezia, a 45 chilometri da Budapest? Quest’ultima struttura
è stata dotata di spiaggia artificiale, negozi con fontane, passeggiate all’aperto che vengono
costantemente riscaldate. E c’è pure un ponte pedonale chiamato «ponte dei sospiri». Forse
non ricorderà proprio quello di Venezia, ma, se non altro, con 5,5 milioni di contributi siamo
sicuri che l’unica cosa che non mancherà saranno proprio i sospiri… Non sempre, poi, questi
investimenti in strutture così maestose vanno a buon fine. Nel Nord della Svezia, per esempio,
è stato costruito con il denaro pubblico un grande planetario per bambini: il progetto, molto
ambizioso, è costato 2,4 milioni di euro, di cui 850.000 versati dall’Europa. L’iniziativa è stata un
flop clamoroso, tanto che pochi anni dopo l’intera struttura è stata rivenduta a privati per la
modica cifra di 150.000 euro. A Chirivel, in Spagna, sono stati ottenuti 54.000 euro per aprire
una scuola di equitazione: in realtà è stato aperto un bordello. A Manchester è stata finanziata
un’immensa scultura, alta 56 metri: doveva rappresentare l’esplosione di fuochi d’artificio.
Costata 800.000 euro, è stata subito smantellata per evidenti problemi strutturali: le punte della
scultura ondeggiavano, quando c’era vento, e rischiavano di cadere. Fra il 1994 e il 2006
Bruxelles ha sovvenzionato anche la costruzione di numerosi hotel a Lanzarote nelle Canarie:
The Princesa Yaiza, Nature Palace, The Rubicon Palace… Ognuno costava fra 1 e 7 milioni di
euro, la spesa complessiva è stata di 30 milioni. Ma appena i lavori sono finiti, tutti gli hotel sono
stati dichiarati abusivi… Unica eccezione l’Hotel Playa, dichiarato abusivo ancor prima di essere
completato. Costato 1,6 milioni di euro, non è mai stato inaugurato. Forse non doveva essere
neanche iniziato. E nemmeno foraggiato. Ma che ci volete fare? Apparteneva al marito di una
senatrice spagnola… Tutto il mondo è Paese, evidentemente, senatori compresi. Eppure in
Spagna sono molto orgogliosi di come sanno mungere la mucca di Bruxelles: in Andalusia sono
riusciti nell'impresa straordinaria di farsi dare 7,5 milioni di euro per una campagna stampa che
celebra la capacità della medesima Andalusia di spendere fondi europei. 596 spot televisivi,
126 spot radiofonici, 55 attori e comparse coinvolti, 40 inserzioni a colori nei giornali per
autocelebrarsi. «Guardate come siamo bravi a buttare via i soldi dell’Europa.» E in effetti sono
così bravi che anche per dirlo si fanno pagare dall’Europa. Vanteria a parte, però, non è che in
Andalusia con quei soldi realizzino autostrade telematiche o grandi innovazioni tecnologiche,
con buona pace del provincialismo di casa nostra. Oltre ai già citati fondi spesi per far
conoscere la dinastia Omayyad e per costruire il centro termale ispirato agli antichi romani, gli
andalusi si sono fatti dare, per esempio, 40.000 euro per il noleggio di animali esotici: tigri,
elefanti, cavalli nani, serpenti e cammelli utilizzati per le passeggiate turistiche. Del resto ad
Hannover, per restare in tema, sono riusciti a far di meglio: hanno speso 7 milioni di euro per
ricreare un pezzo di Canada nel loro zoo cittadino. Hanno fatto arrivare aceri, lupi, mandrie di
caribù e alla fine anche una rappresentante dell’ufficio turistico canadese della Yukon Bay per
controllare che fosse tutto davvero somigliante all'originale. Il meglio del bestiario europeo,
però, lo si raggiunge nel febbraio 2009 quando vengono concessi all'azienda ungherese
Gyrotech Commercial ben 411.000 euro per il progetto «Miglioriamo la vita dei cani», che
prevede fra l’altro la costruzione di un centro di idroterapia canina nel distretto ungherese di
Drégelypalánk. Il benessere dei labrador a Drégelypalánk, la soddisfazione dei barboncini e
l’eventuale goduria idroterapica dei bassotti di Budapest (in gita premio), ovviamente, stanno a
cuore moltissimo a tutti i contribuenti europei, che sono felici, immaginiamo, di mettere mano al
loro portafoglio per dare una risposta finalmente concreta a uno dei grandi problemi
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contemporanei: riusciremo a migliorare la vita dei cani ungheresi? Peccato solo che il centro
fitness canino per cui erano state incassate quelle somme non risultasse costruito quando,
nell’agosto 2010, è stata aperta un’inchiesta federale sull'attività e i fondi della Gyrotech.
Neppure una vasca per gli alani, neppure una cuccia con l’idromassaggio per i fox terrier. In
compenso, la società aveva già ottenuto altri.
Gli sprechi delle istituzioni/5. I maxistipendi degli euroburocrati
Se un usciere guadagna 6000 euro netti al mese e un archivista 9000 L’ultimo regalo se lo
sono fatto nel dicembre 2013. Mentre i Paesi membri approvavano leggi di stabilità
lacrime&sangue, mentre la troika controllava occhiuta i bilanci nazionali, mentre ai cittadini
veniva imposto un Natale d'austerity, sotto l’albero dei dipendenti europei è invece spuntato un
bel pacco dono: i contributi previdenziali, infatti, sono stati ridotti (dall’11,6 al 10,6 per cento) in
modo da gonfiare ulteriormente le loro buste paga. Provvedimento retroattivo, fra l’altro, di un
anno e mezzo: lo sconto è stato fatto partire addirittura dal luglio 2012. Per rendere, così, con
un po’ di arretrati, ancor più ricco lo stipendio dei burocrati di Bruxelles. Se ne sentiva un gran
bisogno, in effetti: come se i 44.000 dipendenti dell’Unione europea, di cui 34.000 nella
Commissione e gli altri sparsi nelle rimanenti istituzioni, non godessero già di un trattamento
assai privilegiato. Guardate la tabella alle pagine 154-155: gli stipendi mensili sono fissati su
sedici gradi e in base a cinque scatti. Gli scatti avvengono automaticamente, in base
all'anzianità. Come si può vedere, il meno qualificato dei dipendenti, appena assunto guadagna
2654 euro al mese e arriva in poco tempo, senza alcun merito, a superare i 3000. Gli uscieri
solo un po’ esperti sono già al terzo grado: prendono 3844 euro al mese; i commessi qualificati
(undicesimo grado) arrivano a 10.000 euro. Un traduttore junior guadagna 5000 euro, se
diventa traduttore esperto passa tra gli 8 e i 9000. Un traduttore capo (dodicesimo grado)
prende fra i 10 e gli 11.000 euro, un ricercatore esperto (quattordicesimo grado) fra i 13 e i
15.000. Si tratta di cifre lorde, ma la differenza con il netto è minima perché su questi stipendi
non si applica l’imposizione nazionale. Proprio così: il funzionario italiano che lavora a Bruxelles
non paga le tasse in Italia bensì all'Unione europea, che effettua una trattenuta minima. Fino al
2004 era del 2 per cento, poi è progressivamente salita, oggi non può essere inferiore all'8 per
cento, ma viene abbondantemente compensata da altri benefit, come gli assegni familiari (ce ne
sono ben tre: assegno di famiglia, assegno per i figli e indennità scolastica) e, soprattutto, la
contestatissima «indennità di dislocazione» pari al 16 per cento dello stipendio, che viene
pagata anche a coloro che a Bruxelles ci vivono ormai da più di trent'anni. Così si arriva a un
paradosso unico al mondo: per i dipendenti Ue in molti casi il reddito netto è superiore al lordo.
E le cifre che ne derivano fanno impressione: uscieri e segretarie possono arrivare
tranquillamente a incassare fra i 4 e i 6000 euro netti al mese, traduttori e archivisti possono
arrivare a 6-9000, gli assistenti sfondano come ridere il muro dei 10.000 e gli alti dirigenti ne
percepiscono 16.000. Non è male, soprattutto se considerate il fatto che buona parte di questi
lauti stipendi sono pagati a persone che studiano come tagliare gli stipendi ai cittadini europei.
Sono proprio loro quelli che, quando non tassiamo abbastanza, ci fanno i richiami, le sanzioni,
le procedure d’infrazione. Ma farsi una volta un’auto-procedura? Un auto-richiamo? Macché.
Anzi. L’unica volta che hanno alzato la voce con una protesta pubblica, gli euroburocrati di
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Bruxelles, è stato nel dicembre 2009: si lamentavano per i loro stipendi, certo. Ma dicevano che
erano troppo bassi… Chissà se si sono consolati con i ricchi benefit di cui possono usufruire.
Come dicevamo, infatti, le tasse (basse) pagate dai dipendenti Ue non finiscono agli Stati
nazionali, ma rimangono tutte nelle casse dell’Unione, che di fatto le restituisce
immediatamente sotto forma di un vasto sistema di welfare. A cominciare, naturalmente, dal già
citato sistema scolastico, che assorbe 178 milioni di euro l’anno dal bilancio comunitario. Solo
l’asilo di Bruxelles, secondo quando denunciato qualche tempo fa dal «Daily Telegraph », costa
20.000 euro a bambino, cioè quanto Eton o un prestigioso college inglese. E fra l’altro, anche
se i loro figli frequentano le scuole europee, completamente gratuite, i funzionari incassano
comunque in busta paga l’indennità scuola. Ma sì: melius abundare, sull'istruzione non si
scherza. Ai benefit scolastici vanno, però, aggiunti: un bel pacchetto di ferie pagate (compresi i
viaggi per raggiungere il proprio Paese), l’orario agevolato, che solo recentemente è passato
dalle 37,5 alle 40 ore settimanali (ma sempre con molta elasticità), e un’assicurazione sanitaria
assai vantaggiosa, per cui con un minicontributo (1,7 per cento dello stipendio) si accede a una
copertura quasi totale e molto ricca. Sarà per questo che si ammalano con tanta frequenza?
Nel 2013 la media di assenza dal lavoro dei funzionari Ue è stata di 14,6 giorni: «Il triplo rispetto
ai lavoratori inglesi del settore privato » chiosa velenoso il «Telegraph». Il massimo, però, lo si
raggiunge sul fronte pensionistico, proprio il tema su cui l’Europa ha battuto più di ogni altro
chiedendo a tutti interventi draconiani, forbici e tagli. Mentre infatti ai singoli Stati sono state
imposte riforme drastiche, i funzionari Ue continuano a vivere nell'età dell’oro previdenziale:
l’età pensionabile resta a 63 anni (salvo per i nuovi funzionari), con possibilità di
prepensionamento a 55 anni, ma soprattutto si continua ad andare a riposo con il vecchio
sistema retributivo, cioè con la pensione calcolata sul 70 per cento dell’ultimo stipendio (alla
faccia dei cittadini cui è stato imposto il più severo sistema contributivo). Considerato il fatto che
gli stipendi, come abbiamo visto, non sono certo miseri, i vitalizi risultano notevoli: la pensione
media dei funzionari Ue, infatti, è pari alla bella cifra di 5700 euro netti al mese (sottolineo:
netti).
Questa Europa è nata da un golpe. Perché Maastricht fu un colpo di Stato. E il Fiscal
Compact pure
Nel novembre 2013 esce a puntate sul «Foglio» il già citato saggio del professor Giuseppe
Guarino, uno dei padri del diritto amministrativo in Italia, stimato costituzionalista e professore
assai apprezzato. È uno scritto di una lucidità impressionante. La tesi è molto semplice: il
Trattato di Maastricht era stato concepito per lasciare agli Stati la loro identità e sovranità, e per
perseguire come obiettivo principale quello dello sviluppo e della crescita economica. Se non
che, mentre si lavorava all'attuazione di quanto stabilito, intervenne un regolamento (il numero
1466 del 1997) che di fatto cambiò completamente le carte in tavola, anzi di più: ribaltò la
situazione. E tutto ciò avvenne senza dibattito pubblico e senza nemmeno le procedure
tecniche corrette, in modo surrettizio e illegale. Di fatto, per l’appunto, un golpe. Ma che cosa
dice quel regolamento? In pratica sostituisce l’obiettivo che era stato legittimamente fissato a
Maastricht, cioè quello della crescita economica, con un principio completamente opposto, cioè
quello del pareggio di bilancio, da raggiungere per di più attraverso un programma
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predeterminato. È quella che è stata definita la «robotizzazione » della democrazia: non conta
più la volontà politica degli Stati, che viene progressivamente cancellata, conta soltanto
l’osservanza di un coefficiente numerico (il 3 per cento del rapporto deficit/pil e/o il 60 per cento
del rapporto debito/pil). In effetti, diciamocela tutta: quando i leader Ue parlano di «crescita» e
«sviluppo», quando fanno balenare l’eterna promessa della ripresa e dell’occupazione, quando
dicono che «dopo anni di austerity bisogna puntare sul lavoro », fanno quasi tenerezza. O
rabbia, dipende. Perché non si capisce se, come si dice, «ci sono o ci fanno». Se ci stanno
prendendo deliberatamente per i fondelli o non sanno quello che dicono. Perché l’Europa non
ha tra i suoi obiettivi la crescita, l’Europa non ha tra i suoi obiettivi lo sviluppo, ma solo il rispetto
rigoroso dei parametri, delle formule algebriche o degli algoritmi della finanza pubblica. E, si
badi bene, tutto ciò contro la volontà di coloro che a Maastricht sottoscrissero un accordo che,
per quanto sciagurato, non sarebbe stato così letale. Se non fosse stato modificato con un
golpe… La tesi di Guarino, sul piano strettamente giuridico, è inattaccabile: siccome un
regolamento (valore giuridico inferiore) non può stravolgere un trattato (valore giuridico
superiore), il criterio del pareggio di bilancio che ha sostituito quello della crescita è illegale. E
allo stesso modo è illegale tutto ciò che, in suo nome, è stato fatto in Europa in questi
diciassette anni. Dunque tutti i Paesi possono, legittimamente, riprendersi la propria sovranità e
il proprio potere decisionale. È esattamente l’opposto di quello che invece hanno fatto nel 2011
sottoscrivendo il Fiscal Compact, cioè accettando la «definitiva espropriazione» del diritto dei
cittadini di decidere le politiche economiche nazionali. Questo meccanismo, conclude Guarino,
di fatto ha soppresso la democrazia e produrrà solo risultati negativi. Figurarsi poi se il
meccanismo di espropriazione, attraverso Two Pack e Contractual Arrangements, viene
addirittura reso più radicale.
Fonte: http://www.tgcom24.mediaset.it/cultura/2014/notizia/l-europa-non-vale-una-lira-_2031
504.shtml?1#page
dell'11/3/14 in redazione il 15 Marzo 2014
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