Di padre in figlio. Funziona? - Camera di Commercio di Massa
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Di padre in figlio. Funziona? - Camera di Commercio di Massa
Lunedì 29 Giugno 2015 Corriere Imprese 7 FI DOSSIER Di padre in figlio. Funziona? Tanti ostacoli nel ricambio generazionale delle aziende. Parla chi ha superato la prova, e chi no Dati In Toscana più della metà delle imprese ha meno di dieci addetti, oltre il 90% è a conduzione familiare Il 40% delle imprese dovrà affrontare il passaggio generazionale nei prossimi dieci anni Il 70% degli imprenditori vorrebbe lasciare le redini ai propri figli, per gli altri si apre la strada della caccia al manager esterno, oppure quella della vendita roppa pressione fiscale, mancati incentivi specifici, carenza di fiducia in un cambio a breve del contesto economico generale. Sono i principali ostacoli al passaggio di mano delle aziende di padre in figlio, una pratica sempre meno diffusa anche in questa regione, che nell’azienda familiare ha la sua ossatura da decenni. Niccos Vatteroni, cinquantacinquenne artigiano di Carrara, è uno di quelli che dice di aver «perso le speranze». L’impossibilità di tramandare al figlio ventiseienne la sua ditta, che realizza impianti idraulici, è motivata da questi impedimenti: «Mio figlio — spiega Vatteroni — vorrebbe prendere l’azienda. Ma se dovessi assumerlo oggi, per fargli fare esperienza, dovrei aumentare il fatturato della ditta come gli studi di settore indicano: non sono in grado, la pressione fiscale diventerebbe troppo alta, secondo loro diventerei un evasore fiscale». Il problema sono dunque le tasse. O, guardando la cosa da un’altra angolazione, la mancanza di «sgravi specifici per coloro che vogliono inserire i figli nelle aziende, perché prima di prenderle in mano bisogna conoscere bene il lavoro». Niccos spiega il suo «senso di fallimento» per questa deriva, anche in ragione della storia della sua impresa a matrice familiare: «Mio padre aprì una ditta di impianti idraulici civili ed industriali nel 1964, specializzandosi in lavori più selettivi. Io sono entrato come garzone, poi sono diventato T to nella ricerca: il 19 per cento degli imprenditori con più di 50 anni ha intenzione di chiudere l’attività nei prossimi anni. È lo stesso destino che Niccos Vatteroni intravede all’orizzonte. Suo figlio oggi lavora come posatore in un’altra ditta: è stato all’estero per lavoro, ma è tornato di recente, con la speranza di subentrare al padre. Tuttavia la prospettiva di Vatteroni è oggi la chiusura di quell’azienda, con il rammarico di non poter dare continuità ad una passione e ad una fonte di guadagno già avviata. Con la difficoltà di una staffetta in azienda c’è anche l’impossibilità di trasmettere saperi e clienti. Il ricambio generazionale pare essere più difficoltoso nelle provincie che subiscono maggiormente il contraccolpo della crisi economica di questi anni, ma ci sono anche casi virtuosi di imprenditori che hanno sperimentato un passaggio padre-figlio a lieto fine. Un esempio positivo è quello di Claudio Terrazzi, trentaseienne fiorentino. La sua azienda di foto-lito, che stampa libri, ha la stessa tradizione familiare di quella di Mancano sgravi specifici per coloro che vogliono inserire i figli nelle aziende Perché prima di prenderle in mano bisogna conoscere bene il lavoro Io ci sono riuscito: ho iniziato a lavorare con mio padre da operaio, bisogna avere pazienza Ho utilizzato i piccoli spazi che mi ha concesso Artigianato e non solo, le regole per il passaggio. Primo: pianificare di Silvia Ognibene u cento aziende che devono affrontare il passaggio generazionale, 67 non sopravvivono: è sufficiente questo dato per mostrare che l’avvicendamento tra padri e figli è cruciale per la vita delle imprese. Il tessuto produttivo del Paese è costituito per il 95% da aziende con meno di dieci addetti che assorbono il 47% del totale della forza lavoro nazionale. E la Toscana, con un’economia che si regge sul manifatturiero delle piccole e piccolissime imprese, è un caso emblematico. Quasi il 70% degli imprenditori alla guida di aziende familiari artigiane vorrebbe lasciare l’attività ai figli e praticamente tutti (l’80%) percepiscono il passag- S IMPRESE A cura della redazione del Corriere Fiorentino Direttore responsabile: Paolo Ermini Vicedirettore: Eugenio Tassini Caporedattore centrale: 67% La percentuale delle aziende che non sopravvivono al passaggio generazionale 80% La percentuale di imprenditori che ritengono il ricambio il momento più critico Niccos Vatteroni, ma un esito opposto: dal nonno al padre, è giunta oggi sino alla guida del figlio. I suoi «nuovi saperi» frutto dell’innovazione tecnologica sono entrati in punta di piedi in azienda, inserendo gradualmente nuove prospettive nell’organizzazione del lavoro. «Ho cominciato a lavorare da operaio: bisogna avere pazienza. I piccoli spazi che ho ricevuto qui da mio padre nel tempo — racconta Claudio Terrazzi — li ho utilizzati per cambiare alcune cose che a mio avviso non andavano bene, anche nell’organizzazione stessa dell’azienda. Ho commesso errori, ma riconosco di essere stato fortunato perché ho avuto la possibilità di rimediare». Oggi Claudio guida l’azienda che fu di Roberto, il quale è ancora ogni giorno in azienda, anche se non più da titolare. Il segreto del successo di Claudio? «È il confronto: con mio padre mi scambio opinioni sul lavoro almeno tre o quattro volte al giorno. L’esperienza di chi ti ha preceduto è fondamentale. Ma non basta, vanno aggiunte le nuove sensibilità. Da quando sono arrivato qui, alla fine del liceo, c’è stato un ricambio tecnologico grandissimo, basti pensare che siamo passati dal manuale al computer. Tutti i macchinari sono stati rinnovati ma alla fine, quel che conta, mi pare sia lo spirito con cui si affronta il lavoro quotidiano. Il percorso di cambio generazionale va vissuto con passione e con la dovuta umiltà». Giorgio Bernardini © RIPRODUZIONE RISERVATA Sette volte su dieci sono guai Ma c’è una strada per evitarli L’analisi Carlo Nicotra collaboratore coadiuvante e alla fine l’ho rilevata. Ma non potrò fare lo stesso con mio figlio, come entrambi vorremmo». Un recente studio dell’Istituto di studi e ricerche della Camera di commercio di Massa Carrara mostra effettivamente come questa tendenza sia molto diffusa in quel territorio. Circa la metà delle imprese della provincia di Massa Carrara non ha ad oggi pianificato il proprio futuro, con il rischio concreto di smarrire tradizioni, saperi e manualità uniche. A preoccupare è un ulteriore dato rileva- gio come un momento critico. Com’è possibile dunque salvaguardare le Pmi toscane dalla moria, che rischia di eliminare anche quelle sopravvissute alla crisi? Le parole chiave sono pianificazione e formazione. Uno dei problemi, infatti, è che spesso non ci si pensa in tempo. Il tipico artigiano toscano, il capo azienda e capo famiglia che provvede a tutto, dalla produzione ai rapporti con le banche e i fornitori, non pianifica la successione, al contrario di quanto accade per esempio negli Stati Uniti dove la questione viene affrontata in largo anticipo. Poi «bisogna convincere i giovani che l’artigianato e i vecchi m e s t i e r i p o s s o n o e s s e re Editoriale Fiorentina s.r.l. Presidente: Marco Bassilichi Amministratore Delegato: Massimo Monzio Compagnoni Sede legale: Lungarno delle Grazie 22 50122 Firenze Reg. Trib. di Firenze n. 5642 del 22/02/2008 Responsabile del trattamento dei dati (D.Lgs. 196/2003): Paolo Ermini © Copyright Editoriale Fiorentina s.r.l. Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo quotidiano può essere riprodotta con mezzi grafici, meccanici, elettronici o digitali. Ogni violazione sarà perseguita a norma di legge. Stampa: RCS Produzioni S.p.A. Via Ciamarra 351/ 353 00169 Roma - Tel. 06-68.82.8917 un’opportunità di lavoro e di reddito — dice il presidente della Camera di commercio di Massa Carrara, Dino Sodini — Anche per chi ha frequentato l’Università, prendere in mano la bottega artigiana di famiglia può essere un’occasione di futuro specialmente se, attraverso l’impiego di risorse pubbliche, si formano contemporaneamente maestranze valide con percorsi specifici di alternanza tra scuola e lavoro». L’artigiano vecchio stampo che resiste nel mondo globale «è un eroe» secondo il capo economista della direzione studi e ricerche del gruppo Intesa San Paolo, Gregorio De Felice. «Il tema — spiega — è quello della formazione di Diffusione: m-dis Spa Via Cazzaniga, 19 20132 Milano Tel. 02.2582.1 Pubblicità: Rcs MediaGroup S.p.A. Dir. Communication Solutions Via Rizzoli, 8 20132 Milano Tel. 02.2584.1 www.rcscommunicationsolutions.it Il tema è quello della formazione di una nuova classe di imprenditori È essenziale la qualità del capitale umano, ma qui si investe poco nella formazione una nuova classe imprenditoriale che sappia fronteggiare una concorrenza agguerrita per la quale l’eccellenza artigiana non basta più». Secondo l’economista servono forti investimenti in digitalizzazione «come sta facendo la Germania» e soprattutto sostegno alle filiere che sono «un buffer anticiclico e capaci di sostenere un sistema intero. Poi serve formazione, perché per un Paese trasformatore è essenziale la qualità del capitale umano. Ma gli investimenti in formazione sono scarsi e c’è un legame pressoché nullo tra Università e impresa: è il grande deficit dell’Italia». Per un’azienda sana le opportunità di sopravvivere al ricambio Pubblicità locale: SpeeD Società Pubblicità Editoriale e Digitale S.p.A. Viale Giovine Italia, 17 50122 Firenze Tel. 055.2499203 Poste Italiane S.p.A. Sped. in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004, Art.1, c.1, DCB Milano generazionale ci sono. Può esserci un figlio intenzionato a subentrare al padre che, oltre ad imparare il mestiere, impari a fare il manager in un mondo completamente diverso da quello con cui ha combattuto la prima generazione. Oppure può esserci la soluzione del management a tempo, dove si prendono da fuori i professionisti che traghettano l’azienda verso un nuovo futuro. C’è poi la strada del management buy out, dove sono i manager interni a diventare anche imprenditori in genere attraverso il supporto di un fondo di private equity. Si può vendere l’azienda oppure guidarla verso un’aggregazione. C’è infine la strada della quotazione in borsa. Si può sopravvivere al ricambio. A condizione, però, che l’azienda non sia decotta, abbia un prodotto di valore, sia magari inserita in una filiera virtuosa e si avvalga dei professionisti giusti attingendo anche all’esterno. COMITATO SCIENTIFICO Paolo Barberis: fondatore di Nana Bianca e Dada, consigliere per l’ innovazione della Presidenza del Consiglio Fabio Filocamo: Presidente Harvard Alumni Italia, CEO Dynamo Venture, Member of Board Principia SGR Fabio Pammolli: Professore di Economia e Management IMT Alti Studi Lucca © RIPRODUZIONE RISERVATA Alessandro Petretto: Professore Ordinario di Economia Pubblica Università degli Studi di Firenze Supplemento gratuito al numero odierno del Direttore responsabile Luciano Fontana