Contrastare l`antimicrobico resistenza e diminuire

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Contrastare l`antimicrobico resistenza e diminuire
CONTRASTARE L’ANTIMICROBICO RESISTENZA
E DIMINUIRE LE INFEZIONI CORRELATE
ALL’ASSISTENZA
INDICE
◗◗ ANTIMICROBICO RESISTENZA
E INFEZIONII CORRELATE ALL’ASSISTENZA
PAG. 2
◗◗ DATI DI PREVALENZA DEL PROBLEMA
PAG. 3
◗◗ COSTI CORRELATI PAG. 5
◗◗ COSA SI PUÒ FARE PER AFFRONTARE IL PROBLEMA PAG. 6
◗◗ LA POSIZIONE DI ASSOBIOMEDICA
PAG. 7
◗◗ RIFERIMENTI
PAG. 8
Antimicrobico resistenza e Infezioni correlate all’assistenza
La resistenza agli antimicrobici (AMR) è la capacità di un microrganismo
di resistere all’azione di un farmaco antimicrobico come, ad esempio, può
essere l’antibiotico. Infatti, a causa dei batteri patogeni resistenti, le patologie diventano più difficili da trattare con conseguenti decorsi più lunghi o
maggiore gravità delle malattie, che in alcuni casi possono portare anche al
decesso (European Commission, 2016).
L’aumento delle resistenze, il cui tasso in Italia è raddoppiato negli ultimi
dieci anni (OECD, 2016), è favorito, oltre che da una frequente esposizione
all’utilizzo degli antibiotici, anche da scarsa igiene e/o da carenze nelle
pratiche di prevenzione e controllo delle infezioni (Ministero della Salute,
2012). Ecco perché è bene affrontare in maniera congiunta sia il problema
dell’antimicrobico resistenza sia il problema delle infezioni.
Ai fini del presente lavoro, per infezioni si intendono quelle correlate all’assistenza (ICA) in un’accezione tale da includere l’ormai consolidata tendenza
all’aumento dei luoghi di assistenza al di fuori dell’ospedale, luoghi nei quali
è presente il rischio di contrarre un’infezione – come, ad esempio, i centri di
riabilitazione, le strutture residenziali per anziani, l’assistenza ambulatoriale
e domiciliare.
La prima cosa importante da sottolineare è che il rischio di ICA riguarda
tutti gli attori coinvolti nelle attività di assistenza, dal paziente, all’operatore
sanitario fino al visitatore, proprio perché tra i principali meccanismi di trasmissione delle ICA ci sono (Epicentro, 2016):
••il contatto diretto tra una persona sana e una infetta, soprattutto tramite le
mani;
••il contatto tramite le goccioline emesse nell’atto del tossire o starnutire da
una persona infetta a una suscettibile di contagio;
••il contatto indiretto attraverso un veicolo contaminato (per esempio endoscopi o strumenti chirurgici);
••la
trasmissione dell’infezione a più persone contemporaneamente attraverso un veicolo comune contaminato (cibo, sangue, liquidi di infusione,
ecc.);
••la trasmissione attraverso microrganismi che sopravvivono nell’aria e vengono trasmessi a distanza.
Per queste ragioni, è auspicabile che il tema delle ICA venga affrontato
“olisticamente”, ossia contemplando soluzioni inclusive della molteplicità dei
soggetti coinvolti e con la consapevolezza che la prima risorsa fondamentale
è l’accrescimento dell’informazione su questo tema e sulla correlazione di
questo fenomeno con l’antimicrobico resistenza.
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INFEZIONI OSPEDALIERE
Dati di prevalenza del problema
Negli ultimi anni, la possibilità di contrarre infezioni correlate all’assistenza
non sembra essere diminuita, anzi, potrebbe essere sottostimata, specie nel
nostro Paese. Per citare un esempio, nel 2007 solo il 13% delle aziende
sanitarie ha dichiarato di aver affrontato il problema anche nelle strutture
residenziali (Ministero della Salute, 2012). Questo si traduce in una grave
mancanza di informazioni tale da pregiudicare la corretta stima del fenomeno delle ICA nei diversi contesti di assistenza sanitaria.
Inoltre, non tutte le regioni italiane hanno fornito il loro contributo a uno studio mirato ad analizzare la frequenza di ICA e del ricorso agli antibiotici
negli ospedali per il trattamento di pazienti acuti, determinando anche in
questo caso una carenza di informazioni estese a tutto il territorio. Questo
studio, condotto nel 2011, nonostante i limiti che derivano dalla mancanza
di informazioni da parte di alcune regioni, ha comunque permesso di ottenere dei dati più aggiornati relativi alla situazione italiana, individuando una
prevalenza di ICA pari al 6,3%, che si tradurrebbe in 700.000 casi/anno- il
doppio della popolazione del Molise (Ricchizzi, et al., 2013).
Per entrare più nel dettaglio, le infezioni più frequenti nel nostro Paese sono
quelle respiratorie (24%), seguite dalle infezioni del tratto urinario (21%),
le infezioni del sito chirurgico (16%) e, infine, dalle infezioni del sangue
confermate dal laboratorio (16%). La prevalenza non è omogenea e varia
significativamente in base all’area clinica di ricovero, come mostrano i dati
riportati nella figura 1.
Figura 1 – Frequenze percentuali (%) di infezioni correlate all’assistenza, secondo
l’area di ricovero
Pediatria
1,1
Ospetricia/
Ginecologia
1,2
Psichiatria
1,6
Geriatria
5,4
Altro
6,1
Chirurgia
6,3
Medicina interna
7
Riabilitazione
7,4
Terapia intensiva
14,8
0
2
4
6
8
10
12
Elaborazione Centro studi Assobiomedica su dati tratti da: Ricchizzi et al. 2013
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14
16
Per quanto la prevalenza delle ICA in Italia sia pari a circa il 6%, quindi,
in linea con la media europea, nel nostro Paese, per alcuni specifici tipi di
infezioni, si rileva una frequenza più elevata rispetto al valore che si riscontra
in alcuni paesi d’Europa (European Center for Disease Control, 2013), come
ad esempio quelle correlate all’uso di catetere intravascolare.
Un altro studio condotto a livello europeo riguardante le infezioni riscontrate
nelle strutture residenziali offre un’ulteriore conferma dei dati già esposti. A
questo studio ha partecipato anche l’Italia, permettendo di calcolare i seguenti dati di prevalenza: il 6% dei 18.418 ospiti studiati presentava un’infezione correlata all’assistenza il giorno dello studio e il 4% era in trattamento
antibiotico. Le infezioni più frequenti erano quelle respiratorie, delle vie urinarie e cutanee (Ministero della Salute, 2012-2013).
I dati sulle infezioni fin qui esposti, che riguardano unitamente Italia ed Europa, inquadrano una situazione che richiede un’attenzione estrema sia alla
completezza dei dati disponili, sia a un maggiore impegno nella riduzione
dei casi di infezione. Non è superfluo, infatti, ricordare che il tema qui affrontato si associa ad attività in contesti assistenziali, dove l’obiettivo ultimo
dovrebbe essere l’eliminazione completa delle ICA.
Per quanto riguarda, invece, il fenomeno dell’antimicrobico resistenza,
nell’Unione Europea ogni anno si stimano 25.000 morti per infezioni causate da batteri resistenti agli antimicrobici, su un totale di circa 400.000 casi
complessivi (WHO- Regional Office for Europe, 2016). In Italia lo stesso
fenomeno è reso ancor più drammatico dalla diffusione di microrganismi
multi-resistenti con una frequenza significativamente maggiore rispetto ad
altri Paesi europei come, ad esempio, l’MRSA - Meticillin-resistant Staphylococcus aureus (ECDC-European Centre for Disease, 2014). Nel nostro Paese,
si registra una percentuale di resistenza MRSA compresa tra il 25% e il 50%,
rispetto a una resistenza inferiore al 25% nei paesi che, insieme all’Italia, costituiscono i cosiddetti Big Five(1): Francia, Germania, Spagna e Gran Bretagna. Il fenomeno della resistenza è attribuibile anche all’elevato ricorso agli
antibiotici: la prevalenza di pazienti con almeno un trattamento antibiotico è
pari al 44% in Italia, contro una media europea del 35%, differenze che non
sono spiegate dal case-mix di pazienti (Ministero della Salute, 2012-2013).
Infine, il fenomeno dell’AMR, risulta più diffuso nel Centro e nel Sud Italia,
dove si osserva anche un maggiore consumo di antibiotici rispetto al Nord.
Infatti, si riscontrano nella Provincia Autonoma di Bolzano e in Friuli Venezia
Giulia valori di consumo totale minini, ossia tra 16 e 18 dosi giornaliere per
mille abitanti, invece, nella regione Campania si riscontrano valori massimi
con 40 dosi giornaliere per mille abitanti (Cangini, Folino Gallo, & Rasi,
2010).
1L’espressione “Big Five”, che include i paesi sopra menzionati, richiama quei paesi che
per ragioni politiche e storiche hanno una speciale rilevanza nell’elaborazione delle politiche europee.
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INFEZIONI OSPEDALIERE
Costi correlati
Le infezioni correlate all’assistenza e l’antimicrobico resistenza, oltre a rappresentare una delle criticità per la salute dei pazienti, rappresentano una
questione rilevante per la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale in un
contesto economico ed epidemiologico sempre più complesso. Nell’Unione
Europea si stimano costi sanitari supplementari e perdita di produttività di
almeno 1,5 miliardi di euro ogni anno a causa delle infezioni causate da
batteri resistenti agli antimicrobici (European Commission, 2016).
L’ECDC (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) ha
stimato che, in Europa, si rilevano circa 4,1 milioni di ICA all’anno di cui circa 37.000 all’anno portano al decesso, direttamente causato dalle infezioni
correlate all’assistenza. Questo comporta un incremento dei costi stimati di
oltre 6 miliardi di euro. Si tratta di dati estremamente preoccupanti che identificano bene l’entità dei fenomeni trattati.
In generale, i dati presenti in letteratura indicano che un’infezione determina
una degenza in ospedale più lunga di 2,5 volte e, di conseguenza, generano costi ospedalieri associati almeno tre volte superiori (Plowman, 2000) a
quelli che si sarebbero dovuti sostenere in assenza di ICA.
Un altro dato importante da considerare è quello delle rispedalizzazioni,
infatti, oltre un caso di ICA su quattro è associato ad un ricovero precedente
(Ricchizzi et al., 2013). Tale dato non è da sottovalutare se esaminiamo, oltre
ai costi direttamente applicabili alla gestione delle infezioni, anche il peso
economico che le infezioni rappresentano nei contenziosi legali. Infatti, le
infezioni sono la quarta causa di richieste risarcitorie (Marsh, 2013).
Purtroppo, risulta ancora difficile ottenere un dato a livello nazionale ma,
grazie a una stima recente effettuata da una società di consulenza, Marsh
Risk Consulting, su un campione costituito dai propri clienti, è possibile quantificare il costo dei contenziosi per le infezioni ospedaliere come una cifra
pari al 4% circa del costo totale dei sinistri nella sanità pubblica. Le stesse
stime, infine, riconducono a circa 50.000 euro il costo medio per la liquidazione del sinistro da infezioni ospedaliere.
Quanto emerge da questo quadro, tenendo in considerazione anche il dato
relativo alle infezioni prevenibili – pari al 20-30 % dei casi (European Centre
for Disease Prevention and Control, 2016) – porta a una seria conclusione:
la mancata individuazione tempestiva di un’infezione, l’assenza di sistemi
di controllo e monitoraggio capillare su tutto il territorio ma, soprattutto, la
carenza di un indirizzo nazionale di gestione delle problematiche ICA-AMR,
rappresentano uno spreco notevole di risorse economiche oltre che un grave
rischio per la salute dei pazienti. Sebbene sia difficile arrivare all’obiettivo
ultimo di eliminare le ICA in via definitiva, si possono implementare diverse
azioni per arrivare alla riduzione del 20-30 % dei casi prevista dall’ECDC.
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Cosa si può fare per affrontare il problema
Come emerge dalla letteratura, gli esperti – clinici, studiosi e membri delle
società scientifiche – hanno elaborato negli anni metodi e misure da seguire per rendere efficace la lotta alle infezioni e al fenomeno dell’AMR. Ad
esempio, i Centers for disease control and prevention (CDC) raccomandano
quattro strategie parallele per contrastare il fenomeno dell’AMR (Ministero
della Salute D. D., 2012):
••prevenzione delle infezioni;
••diagnosi tempestiva ed accurata;
••uso appropriato degli antibiotici;
••prevenzione della trasmissione.
Applicare queste linee strategiche, insieme al modello “STEP – Staff, Technology, Environment, Process” (Medtech Europe, 2016) proposto a livello europeo per combattere le infezioni correlate all’assistenza, può rappresentare la
chiave di volta per la gestione contestuale del problema AMR-ICA.
Il modello “STEP”, infatti, propone di agire in modo mirato su quattro categorie di risorse presenti in tutti i contesti di assistenza sanitaria, ovvero:
••Staff = formazione del personale
••Technology = introduzione di tecnologie innovative costo-efficaci
••Environment = riduzione dei rischi ambientali attraverso un adeguato livello di pulizia e igiene
••Processes = definizione di politiche sulla prevenzione dei rischi
Questo modello è stato pensato per incidere sia sui diversi livelli organizzativi sia su strumenti e mezzi utilizzati dagli operatori sanitari. Esso sposa
appieno l’idea di un approccio di utilizzo inclusivo delle varie risorse disponibili che, grazie alla cooperazione e al lavoro interdisciplinare, permette
di tendere verso l’obiettivo di diminuire il tasso di ICA e contrastare l’AMR.
Per attuare tutto ciò, è utile che ogni singola strategia proposta dai CDC,
venga programmata e sviluppata nelle diverse categorie del modello STEP
per agire in modo organico e su più fronti.
In questa direzione – e in un’ottica più concreta – una delle misure assistenziali efficaci a ridurre il rischio infettivo è rappresentata dall’applicazione dei
cosiddetti “bundle”, da intendersi come un metodo che utilizza un gruppo
limitato e ben definito di interventi con dimostrata base scientifica relativi
al processo di cura (Ministero della Salute D. D., 2012). Anche il Ministero
della Salute promuove l’adozione di questo metodo che rappresenta una soluzione applicativa e ristretta a specifiche pratiche di assistenza sanitaria che
ben interpretano lo spirito suggerito a livello macro dai modelli e strategie di
cui si è accennato. Inoltre, non è da sottovalutare che la loro applicazione
permetterebbe di monitorare in modo più agevole il tasso di infezioni e il loro
andamento nel tempo.
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INFEZIONI OSPEDALIERE
La Posizione di Assobiomedica
Dai dati riportati emerge chiaramente la rilevanza del tema delle infezioni
ospedaliere e del problema dell’antimicrobico resistenza: si tratta di questioni
che hanno valore sia sul piano umano, per il numero di re-ospedalizzazioni,
complicazioni e addirittura decessi che esse causano; sia perché rappresentano un problema economico che, se non affrontato in maniera olistica, non
potrà che aggravarsi. In questa direzione, infatti, anche le conclusioni del
Consiglio dell’UE del 2012 incoraggiano gli Stati Membri ad attuare piani
d’azione nazionali in una prospettiva “One Health”, un’iniziativa volta alla
collaborazione fra differenti discipline cliniche allo scopo di potenziare al
massimo gli effetti derivanti da una coordinazione dei vari attori sanitari e
politici.
La consapevolezza della rilevanza del problema è certamente diffusa fra
gli operatori sanitari e l’attenzione appare già alta da parte delle società
scientifiche che proprio dal punto di vista istituzionale affrontano questo tipo
problemi. Anche fra i pazienti è certamente aumentata la conoscenza del
problema, e la conseguente adozione di comportamenti più attenti sia nel
relazionarsi ai pazienti ricoverati in strutture sanitarie, sia nel fare uso in
maniera più accorta degli antibiotici prescritti. Ciononostante, l’adozione di
questi comportamenti, sia nella riduzione dei rischi di acquisizione/trasmissione di infezioni ospedaliere, sia nel più appropriato uso degli antibiotici,
non è omogenea. Per questo motivo, è importante partire dalle iniziative
virtuose già messe in campo negli ultimi anni e lavorare sulle seguenti azioni:
••definire linee d’intervento generali nei luoghi di assistenza sanitaria e favorire l’adozione di programmi con indicatori di risultato;
••favorire il rispetto delle linee guida basate sull’evidenza scientifica e, insieme alle società scientifiche, agevolarne l’implementazione;
••diffondere e supportare programmi di formazione/informazione per i professionisti sanitari e per i pazienti;
••favorire l’adozione di soluzioni tecnologiche che aiutino la prevenzione e
il controllo delle infezioni e dell’antimicrobico resistenza;
••incoraggiare
tutti gli operatori dei luoghi di assistenza a monitorare il
tasso delle infezioni e sensibilizzarli sull’importanza di rendere tali dati
disponibili a tutti i cittadini.
In ognuna di queste azioni, tutti i portatori d’interesse – pazienti, medici,
strutture ospedaliere e assistenziali, società scientifiche e rappresentanza delle aziende – sono chiamati a fornire il proprio contributo perché la sfida ICAAMR richiede risposte multiple e a vari livelli: tecnico-scientifico, economicoindustriale, politico e regolatorio.
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Riferimenti
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ed eccesso di spesa farmaceutica. Pharmacoeconomics.
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Plowman, R. (2000). The Socioeconomic Burden of Hospital Acquired Infections. Eurosurveillance, Volume 5.
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