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Lo specchio della mente. Il dibattito sul “problema mente-corpo” e sui “neuroni specchio”, tra neuroscienze e filosofia della mente Nicola Simonetti High School Teacher PhD in Cognitive Science University of Siena Email: [email protected] CAP. 3. I NEURONI SPECCHIO (NS) TRA NEUROSCIENZE E FILOSOFIA DELLA MENTE 3.1. In questo capitolo prendo innanzitutto in considerazione una breve storia della scoperta dei neuroni specchio (NS), facendo riferimento in primis al saggio di Rizzolatti, G., Sinigaglia, C. So Quel che Fai. Il Cervello che Agisce e i Neuroni Specchio, Raffaello Cortina Editore, Milano 2006, e in parte al saggio di M. Iacoboni, I neuroni specchio, Bollati Boringhieri, Torino 2008 Negli Anni ‘80-’90 del secolo scorso il gruppo di ricercatori dell’Università di Parma, diretto dal neurologo Giacomo Rizzolatti e composto da Luciano Fadiga, Leonardo Fogassi, Vittorio Gallese e Giuseppe Di Pellegrino, si dedicava allo studio della corteccia pre-motoria Durante ogni esperimento veniva registrato il comportamento dei singoli neuroni pre-motori nel cervello della scimmia, mentre le si consentiva l’accesso a pezzi di cibo, al fine di misurare la risposta neuronale L’aneddotica racconta che, mentre uno sperimentatore prese una banana in un cesto di frutta preparato per gli esperimenti, alcuni neuroni avevano reagito, come rilevato dal suono della scarica prodotta nel PC collegato a elettrodi impiantati nel cervello della scimmia A) Come poteva accadere se la scimmia non si era mossa? B) Come poteva accadere se fino ad allora si pensava che questi neuroni si attivassero solo per funzioni motorie? In un primo momento i ricercatori pensarono che fosse un difetto nelle misure o un guasto nella strumentazione, ma tutto era a posto e le rezioni si ripeterono non appena si ripeté l’azione della prensione Infine, all’inizio di aprile 2010, Marco Iacoboni, neuroscienziato dell’Università della California a Los Angeles, comunicò l’importante novità che il problema di dimostrare in modo diretto l’esistenza di un tale sistema di NS nell’uomo (in quanto si ritiene immorale impiantare elettrodi nel cervello di persone per scopi di ricerca) era stato superato grazie a ventuno pazienti epilettici di una certa gravità. Per individuare meglio il focolaio epilettogeno sono, infatti, previste rilevazioni elettroencefaliche attraverso l’uso di elettrodi. In tal modo furono impiantati alcuni elettrodi nel loro cervello a fini medici. Durante il ricovero i ricercatori dissero ai pazienti di svolgere azioni di prensione, osservando le loro espressioni facciali Secondo la teoria dei NS, essi si attivano sia in concomitanza di azioni dirette alla prensione di alcuni oggetti sia in concomitanza dell’osservazione delle medesime azioni in altri soggetti. Tale osservazione fu direttamente registrata e Iacoboni riferisce in tutti gli esperimenti un’attivazione complessiva di ben 1177 NS anche in zone dove non si ipotizzava la loro presenza. 3.2. Uno dei libri più ricchi e interessanti nel riferire esperimenti e implicazioni derivanti dalla scoperta dei NS è So quel che fai. Il Cervello che agisce e i neuroni specchio, Raffaello Cortina Editore, Milano 2006 L’argomento centrale attorno al quale i sette capitoli del libro sono articolati è che «il cervello che agisce è anche e innanzitutto un cervello che comprende» (Ibid., p. 3). Infatti, il team di Rizzolatti ha mostrato l’esistenza di due gruppi di neuroni nella corteccia pre-motoria che si attivano sia per azioni di esecuzione (come la prensione di una tazza di caffè per bere) sia di semplice osservazione di tali azioni di esecuzione. In particolare, il primo gruppo di neuroni risponde alla visione dell’oggetto a cui l’azione potrebbe essere indirizzata, mentre il secondo gruppo risponde all’osservazione di un altro individuo che compie la stessa azione L’attivazione di questi due gruppi di neuroni può essere descritta attraverso il meccanismo della “simulazione incarnata neurale”. Essa consiste nell’attivazione dello schema motorio analogo a quello dell’individuo osservato Un noto e significativo esperimento riportato da Rizzolatti & Sinigaglia mostra che lo stesso gruppo di neuroni nel cervello del macaco si attiva a) sia quando il macaco tiene tra le zampe la nocciolina b) sia quando la osserva nella mano dello sperimentatore, c) sia, infine, quando ascolta il rumore della rottura della nocciolina, pur non osservandola L’interpretazione di tale esperimento è che, pur variando la modalità, lo stesso gruppo di neuroni si “accende” per codificare la “nocciolina” che coincide con lo scopo, l’intenzione dell’azione Un altro interessante esperimento ha consentito di riscontrare un’attivazione “selettiva” nei NS in riferimento all’intenzione dell’azione, discriminando il gesto di afferrare il cibo per portarlo alla bocca dal medesimo per metterlo in un contenitore. Infatti, durante l’esecuzione di una precisa azione di prensione, i NS si sono attivati con frequenze diverse a seconda dello scopo ultimo dell’azione, ovvero se l’intenzione a) fosse di portare il cibo alla bocca o di b) metterlo nel contenitore. Lo stesso dicasi per un esperimento simile in cui variava l’intenzione dell’azione, ovvero la prensione della tazza per fare colazione o per pulire dopo colazione Alla luce di questa attivazione selettiva e del meccanismo di simulazione incarnata neurale prima descritto, potrebbe essere reinterpretato il ruolo svolto dal sistema motorio entro l’intero sistema cognitivo, in quanto il primo veniva solitamente collegato solo alla progettazione ed esecuzione delle azioni Al contrario, il fatto che tali neuroni bimodali, sensibili all’osservazione e alla finalità dell’azione, siano stati individuati nella corteccia pre-motoria deporrebbe a favore di un nuovo modo di intendere e spiegare il sistema motorio stesso, che risulterebbe essere non un mero esecutore di compiti codificati altrove, ma un sistema “intenzionale” o quantomeno un sistema preposto all’attivazione di azioni direzionate Questo nuovo modo di intendere e spiegare il sistema motorio mette in discussione il rigido confine tra processi percettivi cognitivi e processi motori, che per anni ha caratterizzato l’interpretazione cognitivista classica dell’architettura del cervello (Chomsky, Fodor, Minsky, ecc.) Secondo il paradigma della “cognizione incarnata” (avallato da molti filosofi e neurobiologi, come Clark, Damasio, Gallese, ecc., pur con teorie differenti), le intenzioni altrui possono essere comprese senza alcuna mediazione riflessiva concettuale o linguistica. Si tratterebbe di una comprensione pragmatica fondata unicamente sulla “conoscenza motoria” da cui dipende la nostra capacità di agire. Tale conoscenza motoria è ben visibile, secondo Rizzolatti e Sinigaglia, nella a)“funzione imitativa”, come capacità di riprodurre gesti appartenenti al nostro sistema motorio o nuovi per imitazione, e nella b) “condivisione emotiva” o empatia, ben presente nel regno animale e nell’uomo, come già notato da Darwin stesso, in The Expression of Emotions in Man and Animals, 1872 3.3 Ora prendo in considerazione l’ampio dibattito interpretativo intono ai NS e al “sistema specchio” (SS), attraverso l’esame delle principali teorie di filosofi e scienziati cognitivi Dinanzi ai molteplici esperimenti in fieri, sempre più complessi e mirati all’individuazione dei tratti salienti del funzionamento di tale classe di neuroni, si sono create due schiere opposte di scienziati e ricercatori: a) i sostenitori di una interpretazione che estende l’influenza dei NS sulle facoltà cognitive (Ramachandran, Goldman, Gallese, Strata, Sinigaglia, Boella, Attanasio, Oliverio, ecc.) e b) i sostenitori di una interpretazione deflazionistica circa l’influenza dei NS sulle facoltà cognitive (Caramazza, Pascolo, Jacob, Legrenzi, Umiltà, ecc.) Io ho analizzato le posizioni di alcuni tra gli scienziati e ricercatori sopra menzionati facendo riferimento al dibattito pubblicato su www.brainfactor.it Secondo Alfonso Caramazza (Direttore del Laboratorio di Neuropsicologia Cognitiva alla Harvard University e direttore del Centro “Mind-Brain” di Trento), c’è un notevole gap tra la scoperta dei NS, che manifestano una selettività rispetto agli atti motori, e il loro coinvolgimento nelle funzioni cognitive superiori umane. Nel mondo reale lo stesso input visivo (ad es. uno sbadiglio) può, per esempio, assumere diversi significati (noia, stanchezza, malessere, ecc.) a seconda di diverse informazioni di background non selezionate a livello motorio Non tutte le funzioni cognitive superiori possono venir ridotte a semplici relazioni come sentire il suono della rottura di una nocciolina e associarlo al relativo atto motorio. Il noto esperimento in cui uno stesso gruppo di neuroni nel cervello di un macaco si attivavano sia in modalità motoria (tenendo tra le zampe la nocciolina) sia visiva (vedendo la nocciolina nella mano dello sperimentatore) e uditiva (udendo il rumore della rottura della nocciolina, non vedendola), non è sufficiente per spiegare il ricco repertorio cognitivo Sulla stessa linea deflazionistica di Caramazza circa la portata esplicativa dei NS nell’uomo si colloca Paolo Pascolo, Docente di Bioingegneria Industriale all’Università di Udine Le prime domande che egli dice di essersi posto a proposito della presunta scoperta dei NS sono le seguenti: 1) se i NS che fanno “il mirror (lo specchio)” di un’azione (gesto finalizzato) sono gli stessi che eseguono l’azione, che cosa succede in caso di contemporaneità (competitiva)? Doppia circuiteria neuronale? 2) Come nascerebbe un’attivazione dei NS nell’animale, un cavallo, ad esempio, quando esegue un gesto “equipollente”, come l’apertura della porta della scuderia con la bocca? Se si esaminano i lavori del team di Rizzolatti ci si rende conto che “tempi neuronali” e “tempi gestuali” sono collocati sulla stessa linea temporale, mentre si tratta di due linee temporali differenti Le cosiddette “manovre anticipatorie”, basate sull’esperienza, ben spiegano le caratteristiche di molti comportamenti che vengono, invece, ascritte in via necessaria a un presunto “Sistema Specchio” (SS) Quando, per esempio, ho intenzione di afferrare un oggetto tendendo le mani in avanti, eseguirò, anticipando, in virtù della mia esperienza, un arretramento del bacino, preparando, così, il “sistema corpo” per svolgere al meglio l’azione della prensione In una posizione sempre deflazionistica circa i NS, ma meno radicale di quella sostenuta da Caramazza e Pascolo, si colloca la teoria di Pierre Jacob, Filosofo della Mente e Scienziato Cognitivo, Direttore dell’Istituto Jean Nicod di Parigi Jacob non mette in discussione la presunta esistenza dei NS, ma ne riduce drasticamente il ruolo “cognitivo”. Se i NS scaricano in una scimmia o in un uomo che osserva un suo cospecifico afferrare un oggetto, ciò che l’attività dei NS genera nell’osservatore è una ripetizione mentale dell’atto di chi agisce. Ma c’è un gap incolmabile, secondo Jacob, tra tale ripetizione mentale e la capacità di sapere se, afferrando la tazza, l’agente intenda bere o dare la tazza a qualcuno o altro. Vale a dire che ripetere o simulare mentalmente un atto motorio non è sufficiente per comprendere l’intenzione di un’azione La capacità umana di rappresentarsi gli stati psicologici (credenze, intenzioni, desideri, emozioni) e di ascriverli ad altri (il cosiddetto “mindreading”) va al di là del meccanismo dei NS Di conseguenza, anche l’idea che l’autismo nasca da un deficit dei NS è sbagliata. E’ possibile che gli autistici abbiano un deficit dei NS, ma, anche se fosse così, è certamente possibile che tale deficit sia la conseguenza e non la causa del deficit nella capacità di “mindreading” “It is important to keep several questions distinct. When do we have simulation? When do we have mirror neurons? When do we have socialintentional relationships? I do not argue that conceptualization and imputation are necessary for the existence or activation of mirror neurons (MNs), only that they (or something similar) are necessary for social-intentional relationships. If MNs themselves do not guarantee such elements, then they don’t, all by themselves, guarantee social-intentional relationships.” (From www.brainfactor.it, June 2009) (Alvin Goldman, Board of Governors Professor of Philosophy and Cognitive Science at Rutgers, The State University of New Jersey). Il principale “portabandiera” del ruolo “cognitivo” dei NS ed anche il principale divulgatore della scoperta dei NS in Italia e altrove è certamente Vittorio Gallese, Medico Neurologo e Professore Ordinario di Fisiologia Umana all’Università di Parma Gallese, come detto in precedenza, fece parte del gruppo di ricerca che scoprì i NS. Tale classe di neuroni, secondo Gallese, certamente infastidisce coloro che guardano alle neuroscienze come a un mero metodo di localizzazione e validazione di meccanismi mentali ritenuti validi a-priori. Il sistema motorio è in grado di assolvere a funzioni cognitive ritenute per lungo tempo esclusive di processi psicologici e meccanismi neurali di tipo associativo Il meccanismo incarnato dai NS ci restituisce, invece, secondo Gallese, un’immagine molto più ricca dei processi che sottendono le interazioni sociali, a cominciare da quelle filogeneticamente ed ontogeneticamente basilari La comprensione delle azioni e intenzioni motorie altrui, resa possibile dal meccanismo “specchio”, mette in discussione l’astratto mentalismo o “mentalese” di non pochi modelli di psicologia cognitiva, primi fra tutti i tanto celebrati moduli di impronta cognitivistica classica della “Teoria della Mente” sul modello della influente visione di Fodor Per anni ci hanno raccontato, secondo Gallese, che quando siamo chiamati a comprendere il comportamento altrui attiviamo aree specifiche del cervello come la corteccia cingolata anteriore (ACC) e la giunzione temporo-parietale (TPJ), le quali costiutuirebbero la sede nel cervello di un supposto modulo della Teoria della Mente. Tutto ciò è falso Inoltre, Gallese è critico nei confronti della posizione sostenuta da Caramazza, il quale ha definito il collegamento tra malfunzionamento dei NS e l’eziopatogenesi dell’autismo “ingiusta e sbagliata”. Tale disputa è, a suo parere, grave perché rischia di alimentare diffidenze sulla ricerca nelle neuroscienze cognitive, ricerca già spesso negletta in Italia Un altro obiettivo critico di Gallese è la posizione sostenuta da Legrenzi e Umiltà nel saggio Neuromania, Il Mulino, Bologna 2009, il quale sin dalla copertina afferma che «il cervello non spiega chi siamo» Dopo anni di geremiadi contro la scienza e la tecnica, dopo la deleteria predicazione in favore di una rigida separazione tra le due culture, quella scientifica e quella umanistica, l’operazione di Legrenzi e Umiltà rischia di mandare ancora più indietro il nostro Paese dal punto di vista della cultura scientifica La cosiddetta “simulazione incarnata”, ovvero il fenomeno di attivazione neurale non solo delle aree visive in concomitanza all’osservazione altrui, ma anche dei circuiti motori corticali legati allo scopo dell’azione, quasi a emulare ciò che si osserva o a simulare ciò che si intenderebbe fare, è certamente, secondo Gallese, una delle più importanti evidenze a supporto dell’esistenza e del modo di operare del “Sistema Specchio” (SS) Inoltre, tale fenomeno non accade solo per le azioni, ma anche per le esperienze emotive, dando origine a ciò che Gallese chiama “sistema multiplo di intersoggettività condivisa” “Abbiamo provato che possediamo un meccanismo neurale che ci permette di entrare in relazione con gli altri: in aggiunta alla conoscenza razionale e intellettuale, c’è un’intima e diretta conoscenza di ciò che stiamo facendo. Se un marziano interagisce con noi mediante strane contrazioni, noi non comprenderemmo che cosa stia facendo perché non riconosciamo i suoi gesti in una mappa esperienziale. Gli esperimenti svolti con la fMRI hanno mostrato che qualcuno compie delle azioni umane i neuroni specchio si attivano, mentre ciò non accade quando un cane abbaia, per esempio, in quanto tale esperienza non appartiene alla nostra eredità biologica e Culturale. La parola chiave è esperienza, e l’esperienza cambia la nostra eredità biologica” (da www.brainfactor.it, Giugno 2009) (Giacomo Rizzolatti, Professore Ordinario di Fisiologia Umana, Direttore del Dipartimento dell’Università di Parma) “Se registriamo l’attivazione dei neuroni in un contesto che sia il più naturale possibile, lasciando che l’animale sia libero di prendere il cibo o gli oggetti che gli vengono offerti, ci si rende conto che a livello corticale il sistema motorio non ha nulla a che fare con semplici movimenti, ma con precise azioni. Similmente ai primati non umani, noi non muoviamo semplicemente braccia, mani, bocca, ecc., ma raggiungiamo, afferriamo qualcosa, ecc.” (G. Rizzolatti e C. Sinigaglia, So quel che fai Il Cervello che Agisce e i Neuroni Specchio, Raffaello Cortina Editore, Milano 2006 p. 3). “Lo stesso rigido confine tra processi percettivi, motori, cognitivi finisce per essere largamente artificiale: non solo la percezione è immersa nella dinamica dell’azione, essendo più articolata e complessa di quanto si pensasse in precedenza, ma il cervello che agisce è in primo luogo un cervello che comprende. Questa è [...] una conoscenza pragmatica, pre-concettuale e pre-linguistica, e nondimeno molto importate dal momento che poggia su molte delle nostre tanto celebrate abilità cognitive” (Ib., p. 3) Uno dei filosofi che più ha accolto la scoperta dei NS e il loro funzionamento entro un SS è Laura Boella, approfondendone le implicazioni filosofiche sulla scia di Gallese, che da subito sostenne un legame tra la loro scoperta e la fenomenologia della percezione di Murice Merleau-Ponty Laura Boella è Professore Ordinario di Filosofia Morale presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università Statale di Milano e si è dedicata particolarmente allo studio del pensiero femminile del ‘900, proponendosi come una delle maggiori studiose di Hannah Arendt, Simone Weil, Maria Zambrano ed Edith Stein In questo ambito di riflessione Boella ha sviluppato, in particolare, il tema delle relazioni intersoggettive e dei sentimenti di simpatia, empatia, compassione, legando in modo significativo tale scoperta dei NS al pensiero morale La scoperta dei NS ha avuto, secondo Boella, il grande merito di aver contribuito in modo significativo all’attuale successo delle neuroscienze in tutto il mondo, favorito anche dalla sintonia tra tale scoperta e il senso comune, essendo dotata di una speciale evidenza e semplicità In particolare, tale scoperta tocca un punto centrale del pensiero contemporaneo, ovvero la convinzione che il legame intersoggettivo, il riconoscimento dell’altro siano essenziali per l’individuo e la società. Così si è verificata una convergenza interessante con la linea di ricerca filosofica sviluppata dalla fenomenologia della percezione sostenuta da Maurice MerleauPonty Il punto di incontro tra NS e filosofia riguarda in primis il carattere visuomotorio e il loro ruolo nella percezione di azioni finalizzate Infine, i NS sono diventati quasi una specie di citazione obbligata per ogni filosofo che si occupi di empatia, dando origine a una nuova disciplina di confine, ovvero la neuroetica Boella trova molto affascinante, infine, il lavoro del gruppo di Damasio in cui lo studio della ammirazione e compassione mostra il coinvolgimento di aree neuronali legate alla cultura e all’educazione In conclusione al dibattito in fieri sulle varie interpretazioni dei NS e del SS prendo in considerazione un interessante articolo di Alessandra Attanasio, Docente Associato di Filosofia Morale alla Sapienza (Roma), e Aberto Oliverio, Psicobiologo alla Facoltà di Scienze della Sapienza, “Empatia e cognizione sociale. Una lettura darwiniana del mirror neuron system” sulla Rivista di critica filosofica Paradigmi, anno XXX, n. 3, nuova serie, settembre-dicembre 2012. Gli autori intendono mostrare l’incompatibilità tra la “social embodied cognition” del SS e la fenomenologia, la quale si caratterizza sin dall’inizio per la sua critica ad ogni scienza empirica e ad ogni forma di naturalismo Invece, Attanasio e Oliverio propongono una lettura darwiniana del SS, incentrata sulla “social-embodied-emotional mind”, radicata nella ragioneistinto di D. Hume e nella “rivoluzione emozionale” di W. James Paradossalmente, secondo Attanasio e Oliverio, nonostante i riferimenti a Darwin e il riconoscimento che il primato della metafora della mente “specchio” spetti al filosofo Hume, gli scopritori dei NS non hanno interagito né con l’empirismo di Hume né con il pragmatismo di James, né con il naturalismo di Darwin Il “mirror neuron mechanism” è, invece, secondo Attanasio e Oliverio, un sistema selettivo socio-cognitivo, biologico e culturale insieme, che, sedimentatosi per gradi, diventa un veicolo originario di comunicazionecognizione diretto e automatico La stessa teoria di Gallese della simulazione incarnata, cioè la capacità di empatizzare con gli altri per vie diverse dalla mentalizzazione, si inquadra in una lettura del tutto darwiniana, dal momento che per rintracciare questo meccanismo funzionale nelle varie specie animali bisogna analizzare le molteplici strategie evolutive delle diverse specie in ambito sociale Al contrario dei modelli mentalisti, le neuroscienze ci mostrano che la cognizione sociale è un processo basato sulla simulazione incarnata presente anche in specie non-linguistiche, il che conferma che la comprensione è resa possibile da schemi interazionali derivati dalla natura dei nostri corpi CAP. 4. ALCUNE IMPLICAZIONI FILOSOFICHE E PSICOLOGICHE SUL FUNZIONAMENTO DEL SS Infine, alla luce delle teorie sul rapporto mente-corpo analizzate e delle teorie di filosofi e neuroscienziati sui NS e sul loro funzionamento, cerco di capire cosa si possa lecitamente affermare circa i NS e il funzionamento del SS, e cosa, invece, non si debba affermare in quanto non logicamente supportabile I NS si accendono precisamente in risposta a particolari dettagli, legati a comportamenti finalizzati alla prensione e/o alimentazione, ma c’è un divario metafisico ed epistemologico tra questa attivazione dei NS e l’attribuzione di uno stato mentale necessario per comprendere l’azione Il mio punto di vista è che l’attivazione dei NS avvenga un po’ come si sbadiglia quando si osserva uno sbadiglio. Il mio sbadiglio di riflesso non costituisce la comprensione del fatto che chi si trovi dinanzi a me sia annoiato, anche se certamente è probabile che sia così! In questo senso l’attivazione dei NS non è sufficiente e forse neanche necessaria per la comprensione di uno stato mentale e, in particolare, delle intenzioni Ergo, credo sia meglio parlare di “sistema specchio” (SS), come insieme di modalità di risposte automatiche basilari, cui si aggiunge il necessario contributo di facoltà cognitive, come la memoria, il ragionamento, il linguaggio, ecc., piuttosto che non a una classe specifica di “neuroni specchio”, peraltro non distintivi da un punto di vista istologico e/o morfologico, in grado di spiegare comportamenti complessi che presuppongano intenzionalità e coscienza La risonanza motoria, per quanto importante e forse necessaria nel predisporre all’azione, non costituisce di per sé una condizione sufficiente per la comprensione di una azione, né tantomeno per la conoscenza dell’intenzione mentale ad essa sottesa L’attività dei NS, dal mio punto di vista, è più strettamente legata alla comprensione del comportamento “goal directed” (diretto a uno scopo) piuttosto che non alla comprensione di azioni intenzionali Infatti, le azioni trascendono i semplici comportamenti, per quanto questi ultimi siano finalizzati. Un’azione è qualcosa che un agente compie intenzionalmente. La comprensione di un’azione richiede la comprensione delle rappresentazioni che vanno aldilà dello scopo di un comportamento Perciò, questa distinzione tra comportamenti “goal-directed” e azioni intenzionali è fondamentale nel dibattito interpretativo sul ruolo dei NS I vari esperimenti sulle scimmie mostrano che esse sono in grado di comprendere il comportamento goal-directed, ma non vi è alcuna prova inequivocabile che le varie specie coinvolte siano in grado di una reale comprensione dell’azione e della sua intenzione Se l’attività dei NS dovesse costituire la comprensione delle azioni e delle loro intenzioni, diversamente da quanto sostengo, allora dovremmo accettare prima facie la dubbia conclusione che queste specie abbiano abilità di “mind-reading” (lettura e comprensione degli stati mentali), avendo una certa somiglianza con il nostro sistema dei NS ALCUNI ANTECEDENTI STORICI DEL “SISTEMA SPECCHIO” L’attenzione ai comportamenti emulativi e/o empatici nell’uomo e nelle specie animali è presente sin dalla letteratura e dalla filosofia antica. Platone nel noto dialogo “La Repubblica” sostiene che nella Polis ideale ciascuno dovrebbe svolgere la mansione per la quale è naturalmente inclinato, ma spesso ci sono imitatori e anche l’arte allontana dal vero. Aristotele nella “Poetica” si serve dei concetti di “mimesi” e “catarsi” per indicare il meccanismo psicologico attraverso il quale lo spettatore emula e in tal modo “scarica” le sue pulsioni negative. Hume nel “Trattato sulla natura umana” sostiene che le idee, copie sbiadite della sensazioni, vengono richiamate e combinate nella nostra mente mediante principi di associazione di vicinanza, somiglianza e causalità. Darwin nel suo The Expression of Emotions in Man and Animals rileva la presenza in natura di molti comportamenti empatici, parte dei quali comuni alle specie umana Freud sostiene che un meccanismo fondamentale per la buona riuscita della terapia psico-analitica sia il transfert, ovvero il trasporto emotivo tra medico e paziente, essenziale per tornare alle origini del trauma che ha provocato la patologia mentale VIDEOGRAFIA INTERVISTA A G. RIZZOLATTI (TRECCANI CHANNEL 2013): https://www.youtube.com/watch?v=1G0GY0oQspE VIDEO DEI MIRROR NEURONS (UNIVERSITA’ BICOCCA E CNR MILANO 2010): https://www.youtube.com/watch?v=OH8g6j-11wo INTERVISTA A VITTORIO GALLESE (EMPATIA E SIMULAZIONE INCARNATA 2014): https://www.youtube.com/watch?v=pUyLGYxrsVA Grazie per l’attenzione! Selected References Darwin, C. (1872), The expression of the Emotions in Man and Animals, Published by John Murray, London. Kim, J. 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