definizione dell`appropriatezza prescrittiva dei test genetici

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definizione dell`appropriatezza prescrittiva dei test genetici
A
ress
Agenzia Regionale
per i Servizi Sanitari
Ente Strumentale della Regione Piemonte
istituito con L.R. n. 10 del 16.03.1998
DEFINIZIONE
DELL’APPROPRIATEZZA
PRESCRITTIVA DEI TEST
GENETICI
Agenzia Regionale per i Servizi Sanitari - Regione Piemonte
2010
SOMMARIO
1. DESCRIZIONE GENERALE DEL DOCUMENTO
1.1
Il committente…………………………………………………………….……………………..
1.2
Il gruppo di lavoro…………………………………………………………..………………….
1.3
Coordinamento del gruppo di lavoro…………………………………….………………
1.4
Stesura e revisione del Documento………….…………………………………………..
1.5
Abbreviazioni usate nel testo ……………………..……………………………………….
1.6
Premessa……………………………………………………….………………………………….
1.7
Volumi di attività nella Regione Piemonte…………….……………………………….
1.8
Documenti e Riferimenti normativi………………………….……………………………
2
2
2
2
3
4
7
8
2. METODOLOGIA
2.1
Metodologia di lavoro……….…………………………………………………………………
2.2
Bibliografia………………………….……………………………………………………………..
10
10
3. GENERALITÀ
3.1
Introduzione………………………………………………………………………………………
3.2
Modalità di prescrizione……………….………………………………………………………
3.3
Modalità di accettazione e refertazione…….……………………………………………
13
14
15
4. APPROPRIATEZZA PRESCRITTIVA
4.1
Trombofilie ereditarie………………………………….………………………………………
4.2
Fibrosi cistica………………………………………………….………………………………….
4.3
Celiachia…………………………………………………………….……………………………..
4.4
Emocromatosi……………………………………………………….……………………………
4.5
Neoplasie ereditarie mammella/ovaio………………………….………………………..
17
18
20
22
24
5. INDICATORI
5.1
Situazione attuale………………………………………………………….…………………….
5.2
Prospettive future…………………………………………………………….………………….
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28
6. APPENDICE…………………………………………………………………………….………………
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AReSS Piemonte
Appropriatezza Test Genetici
1
1. DESCRIZIONE GENERALE DEL DOCUMENTO
1.1 IL COMMITTENTE
Assessorato alla Tutela della Salute e Sanità - Regione Piemonte
1.2 IL GRUPPO DI LAVORO
Antonio Amoroso
Guglielmo Bracco
Mario De Marchi
Enrico Grosso
Nicola Migone
Patricia Momigliano
Barbara Pasini
Antonio Ponti
Gabriella Restagno
Dario Roccatello
Annunziata Sciacca
Genetica Medica, Università di Torino
Laboratorio, OIRM S. Anna, Torino
Genetica Medica, Università di Torino
Genetica Medica, AOU S. Giovanni Battista, Torino
Genetica Medica, Università di Torino
Genetica Medica, Università Piemonte Orientale, Novara
Genetica Medica, Università di Torino
Epidemiologia, CPO Piemonte, AOU S. Giovanni Battista, Torino
Genetica Medica, OIRM S. Anna, Torino
Coordinamento Interregionale Malattie Rare del Piemonte e
della Valle d'Aosta
Assessorato Tutela della Salute e Sanità - Regione Piemonte
Alla redazione di questo Documento hanno inoltre collaborato:
- il Dr. Mario Bazzan (Ematologo - S. Giovanni Bosco, Torino) per la parte relativa alle
trombofilie ereditarie;
- il prof. Gianluca Gaidano (Ematologo - Università del Piemonte Orientale, Novara) per la
parte relativa alle trombofilie ereditarie;
- la Dr.ssa Antonella Roetto (Biologa - Ospedale S.Luigi, Orbassano) per la parte relativa
all’emocromatosi;
- la Dr.ssa Manuela Seia (Genetista - Società Italiana Fibrosi Cistica - ICP Milano) per la parte
relativa alla fibrosi cistica.
1.3 COORDINAMENTO DEL GRUPPO DI LAVORO
Enrico Grosso
Enzo C. Farina
Genetica Medica, AOU S. Giovanni Battista, Torino
A.Re.S.S. Piemonte - Referente di Progetto
Si ringrazia la Sig.ra Angelica Palma per il coordinamento delle attività di Segreteria.
1.4 STESURA E REVISIONE DEL DOCUMENTO
Data prima stesura………
Data stesura definitiva…
Numero revisione…………
19/10/2009
28/09/2010
01
AReSS Piemonte
Appropriatezza Test Genetici
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1.5 ABBREVIAZIONI USATE NEL TESTO
TERMINE
ALPS
ApoA1
ApoE
AT
BOADICEA
BRCA
BRCAPRO
CBAVD
CFTR
CMT
DGS
DHPLC
DMD
DNA
EGFR
FC
HAMP
HER2
HFE
HJV
HLA
HTA
MEFV
MLPA
MTHFR
PCR
PDTA
protC
protS
PTT
PW-AS
QF-PCR
RNA
SCA
SLA
SMA
TEV
TFR2
TTR
UPD
VCFS
DESCRIZIONE
Sindrome linfoproliferativa autoimmune
Apolipoproteina A1
Apolipoproteina E
Antitrombina III
Breast and Ovarian Analysis of Disease Incidence and Carrier Estimation
Algorithm (software per calcolo del rischio oncologico)
Breast Cancer Gene
Software per il calcolo del rischio oncologico
Azoospermia da assenza bilaterale congenita dei dotti deferenti
Cystic Fibrosis Transmembrane Conductance Regulator
Malattia di Charcot-Marie-Tooth
Sindrome di DiGeorge
Denaturing High Performance Liquid Chromatography
Distrofia muscolare di Duchenne/Becker
Acido Desossiribonucleico
Epidermal Growth Factor Receptor
Fibrosi Cistica
Hepcidin Antimicrobial Peptide
Human Epidermal Growth Factor Receptor 2
Hemochromatosis Gene
Hemojuvelin Gene
Human Leukocyte Antigen
Health Technology Assessment
Febbre familiare mediterranea
Multiplex Ligation-dependent Probe Amplification
Metilentetraidrofolato reduttasi
Polymerase Chain Reaction
Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale
Proteina C
Proteina S
Protein Truncation Test
Sindrome di Prader-Willi e sindrome di Angelman
Analisi rapida aneuploidie
Acido Ribonucleico
Atassie spinocerebellari
Sclerosi Laterale Amiotrofica
Atrofia muscolare spinale
Tromboembolismo Venoso
Transferrin Receptor 2
Amiloidosi da transtiretina
Disomie uniparentali
Sindrome velocardiofacciale
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Appropriatezza Test Genetici
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1.6 PREMESSA
La Genetica Medica si occupa dell’insieme delle condizioni nelle quali la componente
genetica ereditaria è rilevante come causa o come fattore di rischio di malattia, oppure determina
differenze individuali nella storia naturale delle malattie, nella loro prognosi e nella risposta alle
terapie; non riguarda quindi solo la popolazione pediatrica né comprende solo malattie rare,
poiché alcune malattie monofattoriali sono frequenti in popolazioni particolari e una componente
genetica è riconosciuta nella maggior parte delle malattie comuni dell’età adulta. Si rivolgono ai
Servizi Clinici di Genetica Medica sia singole persone, affette o a rischio di sviluppare malattie
potenzialmente ereditarie, sia nuclei familiari con finalità di diagnosi, consulenza genetica, gestione
clinica e sorveglianza nel tempo. Si stima che nei paesi più sviluppati il 50% della mortalità
infantile nel corso del primo anno, il 28% di quella tra 1 e 4, l’11% di quella dopo i 4 anni e circa
1/3 dei ricoveri ospedalieri in età pediatrica siano dovuti a cause genetiche. Le anomalie
cromosomiche sono responsabili di più di metà degli aborti spontanei nel I trimestre, del 6% dei
nati morti, del 2% della mortalità pediatrica; nella popolazione generale le anomalie cromosomiche
compatibili con la vita hanno una frequenza complessiva intorno allo 0,6% (responsabili del 4-28%
dei casi di ritardo mentale, del 2-5% dei casi di sterilità e infertilità). Aspetti simili si ritrovano per
le malattie dovute ad alterazioni di singoli geni e per le malattie multifattoriali (fino al 50% dei
ritardi mentali, più del 20% delle cardiopatie congenite, il 20% delle malattie renali). La Tabella I
riporta la frequenza delle tre categorie di malattie genetiche nell’età adulta.
Categoria di malattie
Minima (%)
Massima (%)
Monogeniche autosomiche dominanti
Monogeniche autosomiche recessive
Monogeniche controllate dal cromosoma X
Multifattoriali (escluse le malformazioni congenite)
Malformazioni congenite ad elevata componente genetica
Anomalie cromosomiche
TOTALE
0,2
0,2
0,1
3
0,7
0,6
4,8
1
0,3
0,2
10
3
0,7
15,2
TAB I - Stime di prevalenza nella popolazione adulta
Sono in corso iniziative di coordinamento regionale, nazionale ed internazionale dell’offerta
delle prestazioni di Genetica Medica. Si è però ancora in una fase di offerta di test genetici legata
ad iniziative di singoli esperti, che lascia scoperte patologie importanti e non sempre corrisponde
ad una razionale programmazione. Per contro, a fronte della forte aspettativa emergente nella
popolazione di conoscere quale sia il “rischio genetico individuale”, si assiste all’offerta
indiscriminata di costosi pacchetti di test per malattie complesse, spesso utilizzati in modo
inappropriato. Le strutture di Genetica Medica mancano di un controllo rispetto ad obiettivi di
salute da parte sia delle Aziende sia della Regione; fanno eccezione alcune attività espressamente
normate (i Centri regionali della Fibrosi Cistica e delle Microcitemie, le attività di Immunologia e
Immunogenetica dei trapianti, il progetto sperimentale sui rischi genetici in oncologia attivato dalla
Regione nell’ambito della Rete Oncologica).
Negli anni sono state emanate diverse norme e Linee Guida italiane ed internazionali sulla
diagnosi e sulla prevenzione delle malattie genetiche, sulla consulenza genetica, sulla tutela dei
pazienti, sulla gestione dei servizi e sulla loro organizzazione (come previsto da alcune Regioni, ad
es. Emilia-Romagna, Liguria, Toscana, oltre che dalla Regione Piemonte). Tuttavia sono auspicabili
indicazioni uniformi e condivise a livello nazionale, per garantire al cittadino livelli di assistenza,
qualità e indicazioni appropriate all'esecuzione dei test.
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La Regione Piemonte, a seguito dell’Accordo Stato-Regioni del 2004, ha costituito nel
2005 un gruppo di esperti presso l’Assessorato alla Sanità che ha elaborato un primo documento.
Lo stesso Assessorato nel 2007 ha assegnato all’A.Re.S.S. l’attivazione di un Tavolo di Lavoro
multidisciplinare (Progetto 7.4 / PAS 2007) composto da genetisti, epidemiologi, esperti di
organizzazione sanitaria, rappresentanti della Rete oncologica, della Rete delle Malattie Rare e dei
Laboratori di analisi. Nel documento prodotto da questo Tavolo venivano rilevate le seguenti
criticità:
1) Disomogeneità di accesso a livello regionale.
2) Difformità nell’attività dei vari centri.
3) Precarietà delle strutture di Genetica Medica.
4) Divario tra fase diagnostica e successiva presa in carico dei pazienti e delle famiglie.
5) Insufficiente collaborazione/integrazione con le reti regionali esistenti.
6) Necessità di integrare le attività di Genetica Medica con le altre reti ed attività esistenti
(rete delle Malattie Rare; rete dei Laboratori; rete Oncologica; Pediatria; screening neonatali, delle
anomalie fetali e della diagnostica prenatale; screening oncologici di popolazione).
7) Mancanza di specifici controlli.
Per quanto riguarda l’ultimo punto, in Regione Piemonte risultavano carenti i controlli
sull’appropriatezza dei test genetici e sulla congruenza tra domanda ed offerta; veniva rilevato un
eccesso di prestazioni basate sull’utilizzo di kit commerciali, senza sufficiente evidenza di
appropriatezza; era quindi evidente l’esistenza di un margine di prestazioni inappropriate in
eccesso, con conseguente dispendio di risorse che per ridurre l’inappropriatezza in difetto
potrebbero essere razionalmente reindirizzate a favore delle prestazioni più appropriate ma ancora
carenti sul territorio regionale.
La Commissione Ministeriale per la Genetica nel SSN (dicembre 2008) ha evidenziato
la concentrazione di larga parte dell’attività di diagnosi su un numero limitato di test, offerti con
indicazioni non appropriate. Si assiste in Italia in media ad un incremento del numero di test
genetici del 10-30% per anno; in assenza di criteri di appropriatezza, l’offerta dei test è lasciata
all’iniziativa dei singoli professionisti o gestori della sanità; è quindi necessario un intervento di
pianificazione e razionalizzazione. Per le attività di sorveglianza, il documento rileva la necessità di
disporre di informazioni attendibili sulle attività svolte, che richiedono lo sviluppo di adeguati
sistemi informativi, ora carenti; questi indicatori permetterebbero ai decisori di avere a disposizione
elementi importanti per la programmazione e verifica delle politiche regionali, rendendo possibile:
- monitorare l’erogazione delle prestazioni tenendo conto non soltanto della spesa, ma
anche degli aspetti clinici e dei bisogni di intervento;
- individuare profili prescrittivi che integrino le informazioni sulla efficacia teorica con
informazioni aggiuntive basate sull’efficacia pratica;
- fissare standard di riferimento rispetto ai quali condurre un’analisi degli scostamenti dei
valori medi regionali o nazionali.
La monitorizzazione degli indicatori dovrebbe riguardare gli aspetti fondamentali dell’attività
sanitaria, ossia l’appropriatezza, l’equità e l’efficienza. In particolare appropriatezza significa che
non si devono prescrivere prestazioni non corrispondenti alle indicazioni raccomandate ovvero che,
pur rispondendo alle raccomandazioni, risultino poi sproporzionate nei tempi, nelle modalità di
erogazione, nelle quantità o siano sostituibili da altre con rapporto costo-efficacia più
soddisfacente. Gli indicatori di appropriatezza che devono essere identificati fanno riferimento al
complesso delle prestazioni di un certo tipo e alla popolazione degli assistiti, per indicare se e in
che misura ricevano prescrizioni/prestazioni in linea con il loro bisogno definito anche dall’età, dal
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sesso e dalla presenza di eventuali ulteriori condizioni; ricevano tali prestazioni in un appropriato
contesto assistenziale e organizzativo; ricevano tali prestazioni con una tempistica adeguata.
Per quanto riguarda le regole di rimborsabilità delle prestazioni e il governo dell’offerta, il
documento rileva tra l’altro come al momento la maggior parte delle attività viene rimborsata
semplicemente con pagamento degli input produttivi (personale, beni, materiale) oppure a tariffa
nell’ambito delle prestazioni specialistiche senza tener conto della prestazione complessiva. La
Commissione auspica che l’offerta sia adeguata non solo dal punto di vista quantitativo ma anche
qualitativo (composizione e qualificazione degli addetti, certificazione delle procedure) e che anche
per la Genetica Medica vengano applicati i principi già introdotti nel D.Lgs. 502/1992 per definire
forme di pagamento prospettiche, determinate a priori, sulla base di regole trasparenti; inoltre il
sistema tariffario deve accompagnarsi a opportuni controlli di qualità e di appropriatezza per
frenare l’inevitabile spinta inflazionistica delle prestazioni in cui le convenienze economiche
spingono i produttori ad aumentare l’offerta.
In questa prospettiva per impulso dell’A.Re.S.S. venne attivato nel 2008 e rinnovato nel
2009-2010 un progetto inteso a venire incontro ai bisogni di formazione negli ambiti della genetica
clinica e di laboratorio, per integrare nei diversi percorsi diagnostico terapeutici le competenze dei
professionisti medici con quelle di specialisti di Genetica Medica, rendere possibile l’erogazione di
test genetici standardizzati e certificati, e favorire il corretto utilizzo dei test genetici nel settore
delle malattie complesse (marcatori di suscettibilità genetica, test di farmacogenetica).
Il D.G.R. 12-10888 del marzo 2009 pone le basi per la riorganizzazione delle attività di
Genetica Medica nella nostra Regione. Il D.G.R. in questione affida la riorganizzazione e la
razionalizzazione delle prestazioni di diagnosi e consulenza genetica in Piemonte all’istituzione di
due Centri di Riferimento (AOU S.Giovanni Battista di Torino e ASO OIRM/S.Anna di Torino); un
documento congiunto delle due Aziende, in data 26/6/2009, prospetta le strategie di intervento
per adempiere a questo mandato.
All’A.Re.S.S. è stato invece affidato il compito di:
1) formulare proposte operative in merito alla valutazione di nuovi test genetici e nuove
tecnologie;
2) definire criteri per stabilire l’appropriatezza delle prestazioni di genetica molecolare,
specialmente per le analisi più frequentemente richieste (fibrosi cistica e trombofilie in particolare).
Questo Documento risponde al punto 2) del mandato regionale, occupandosi di stabilire
l’appropriatezza delle prestazioni di Genetica Medica per le analisi più frequentemente richieste.
Questo Documento non prende in considerazione:
- la riorganizzazione regionale delle attività di Genetica Medica (consulenza genetica;
organizzazione, requisiti e procedure delle strutture cliniche e laboratoristiche di Genetica Medica;
aspetti etici; riorganizzazione delle rete regionale di Genetica Medica; ecc.);
- la valutazione di nuovi test genetici e di nuove tecnologie, affidata ad un apposito tavolo
A.Re.S.S. di HTA;
- gli argomenti collegati alla procreazione assistita, che il D.G.R. in oggetto affida ad uno
specifico Tavolo Regionale.
AReSS Piemonte
Appropriatezza Test Genetici
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1.7 VOLUMI DI ATTIVITÀ NELLA REGIONE PIEMONTE
Nel D.G.R. 12-10888 del marzo 2009 sono riportate le attività di Genetica Medica in
Regione Piemonte; la Tab. II riporta i dati riferiti al 2007 per le attività di genetica molecolare,
mentre la Tab. III riporta il numero di prestazioni (>100) eseguite annualmente nel 2006 in base
al tariffario Regionale dal quale però, essendo codificati i test in base alla tecnica, non è possibile
risalire al tipo di test eseguito. Inoltre, queste tabelle riportano solo una parte delle malattie
genetiche analizzate e delle prestazioni effettuate attualmente in Piemonte. Infatti al momento non
sono disponibili dati aggiornati, essendo in atto da parte dei Centri di Riferimento un nuovo
censimento.
Test/Malattia
ALPS
Amiloidosi (TTR,
MEFV, ApoA1)
ApoE
Blackfan-Diamond
CMT
Deficit 21-idrossil
DGS
Dislipidemie fam.
DMD
Emocromatosi
FC
Febbre fam.med.
Friedrich
Gilbert
Huntington
Mal. rare nefrolog.
Microdelezioni Y
PW-AS
QF-PCR
SCA
Sclerosi tuberosa
SLA
SMA
Sordità congenita
Steinert
Talassemie
Trombofilie
Tumori non
poliposici colon
UPD
VCFS
X fragile
TOT
PRESTAZIONI
% sul totale di
81075 prestazioni
OIRM
OIRMa
SGB
SGBa
SLUI
MAVI
VC
NO
CN
X
X
X
X
X
AL
Priv1
Priv2
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
23000
2500
15000
8000
1800
2400
1100
546
5100
29
18000
3600
28,4
3,1
18,5
9,9
2,2
3
1,3
0,7
6,3
<0,1
22,2
4,4
OIRM = OIRM-S.Anna, Laboratorio Genetica / OIRMa = OIRM-S.Anna, altri laboratori / SGB = S.Giovanni Battista,
Laboratorio Genetica / SGBa = S.Giovanni Battista, altri laboratori / SLUI = S.Luigi / MAVI = Maria Vittoria / VC, NO, CN,
AL / Priv1, Priv2 = Laboratori privati accreditati
TAB II - Attività di Genetica Medica in Regione Piemonte (dati 2007)
AReSS Piemonte
Appropriatezza Test Genetici
7
Prestazione
Numero
91.36.5 estrazione di DNA o di RNA (nucleare o mitocondriale) - da sangue periferico, tessuti, colture cellulari, villi
coriali.
20736
91.29.6 real time pcr (metodo 5' nucleasi)
7867
91.36.1 conservazione di campioni di DNA o di RNA
3461
91.29.3 analisi di mutazione del DNA - con reazione polimerasica a catena e elettroforesi.
3280
91.31.7 microorganismi nas ricerca anticorpi (eia/if)
91.37.3 ibridazione in situ (FISH) su metafasi, nuclei interfasici, tessuti - mediante sonde molecolari a singola copia in
cosmide.
2043
91.29.4 analisi di mutazione del DNA - con reazione polimerasica a catena e ibridazione con sonde non radiomarcate.
1489
91.38.5 es. citologico cervico vaginale [pap test]
1345
91.30.3 analisi di segmenti di DNA mediante sequenziamento - (blocchi di circa 400 bp)
1052
1524
91.33.5 coltura di cellule di altri tessuti
91.31.3 cariotipo da metafasi spontanee di midollo osseo - 1 tecnica di bandeggio (risoluzione non inferiore alle 320
bande)
906
91.30.1 analisi di mutazioni del DNA - con reverse dot blot (da 2 a 10 mutazioni)
810
91.29.2 analisi del DNA per polimorfismo - con reazione polimerasica a catena, digestione enzimatica ed elettroforesi.
646
91.29.1 analisi del DNA ed ibridazione con sonda molecolare (southern blot)
466
828
91.34.5 coltura di linfociti periferici con PHA o altri mitogeni
438
91.38.8 ricerca mutazione (pyrosequencing) per singola mutazione
434
91.32.2 colorazione aggiuntiva in bande: bandeggio g
376
91.38.6 ricerca mutazione (DHPLC) per blocchi di 200 p,b.
364
91.31.B microrganismi nas: altri anticorpi
289
91.37.1 ibridazione con sonda molecolare
277
91.30.4 cariotipo ad alta risoluzione - 1 tecnica di bandeggio (risoluzione non inferiore alle 550 bande)
227
91.32.3 colorazione aggiuntiva in bande: bandeggio G ad alta risoluzione
222
91.36.3 crioconservazione in azoto liquido di cellule e tessuti
91.37.4 ibridazione in situ (FISH) su metafasi, nuclei interfasici, tessuti - mediante sonde molecolari alfoidi ed altre
sequenze ripetute
174
151
91.30.2 analisi di polimorfismi (STR, VNTR) - con reazione polimerasica a catena ed elettroforesi (per locus).
133
91.38.1 ricerca mutazione (dgge) - ricerca heteroduplex (HA)
128
91.31.2 cariotipo da metafasi linfocitarie - 1 tecnica di bandeggio (risoluzione non inferiore alle 320 bande)
113
TAB III - Prestazioni di Genetica eseguite annualmente in Piemonte (dati 2006)
1.8 DOCUMENTI E RIFERIMENTI NORMATIVI
ƒ
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ƒ
ƒ
ƒ
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le Regioni e le Province Autonome di
Trento e Bolzano, accordo 15 luglio 2004. “Linee-guida per le attività di Genetica Medica”.
(GU n. 224 del 23-9-2004).
Regione Piemonte, D.G.R. 19-6647 dell’agosto 2007. “Progetto di riorganizzazione e
razionalizzazione delle attività di laboratorio della Regione Piemonte”.
Garante per la Protezione dei Dati Personali. Autorizzazione al trattamento dei dati genetici.
Bollettino n. 80, 22 febbraio 2007 (GU n. 65 del 19-3-2007).
A.Re.S.S. Proposta di riorganizzazione delle attività di Genetica Medica in Regione
Piemonte. 2008.
Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, Dipartimento della Qualità.
Relazione della Commissione Ministeriale per la Genetica nel Servizio Sanitario Nazionale.
Dicembre 2008.
AReSS Piemonte
Appropriatezza Test Genetici
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ƒ
ƒ
Regione Piemonte, D.G.R. 12-10888 del marzo 2009, “Riorganizzazione e razionalizzazione
delle attività di Genetica Medica”.
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le Regioni e le Province Autonome di
Trento e Bolzano, accordo 26 novembre 2009. “Attuazione delle linee-guida per le attività
di Genetica Medica”. (Repertorio Atti 241/CSR del 26-11-2009).
ALTRI DOCUMENTI - citati nella Relazione ministeriale (dicembre 2008)
Documenti Nazionali:
- Decreto Ministero Sanità del 10-9-1998, “P.S.N. 1998-2000”.
- D.Lgs. n. 124 del 1998 “Disciplina esenzioni costo delle prestazioni sanitarie”.
- D.M. 279 del maggio 2001 “Regolamento di istituzione della Rete Nazionale delle Malattie
Rare”.
- D.M. 329 del 28-5-1999 “Individuazione delle condizioni di malattia croniche ed invalidanti
che danno diritto all'esenzione al costo per le prestazioni di assistenza sanitaria correlate”.
- Legge 23-12-1993, n. 548 "Disposizioni per la prevenzione e la cura della fibrosi cistica" G.U. 30-12- 1993, n. 305.
Documenti Regionali:
- Emilia Romagna: Modello organizzativo ex P.S.R. 1999-2001 e D.G.R. n. 1267 del 22-72002; D.G.R. n. 327 del 23-2-2004 “Requisiti specifici per l’accreditamento strutture di
Genetica Medica”; D.G.R. n. 9758 del 16-7-2004 “Nucleo di Coordinamento Rete Regionale
dei Servizi di Genetica Medica”; D.G.R. 160/2004 “Istituzione della Rete Regionale della
malattie rare”.
- Liguria: L.R. n. 3 del 19-1-2001 “Norme per l’Istituzione e il funzionamento del
Dipartimento regionale di Genetica”.
- Toscana: D.G.R. n. 145 del 10-11-2004 “Indirizzi per la riorganizzazione della attività di
Genetica Medica”; D.G.R. n. 685 del 27-6-2005 “Costituzione del Coordinamento regionale
scientifico ed organizzativo, sua composizione e compiti”; D.G.R. n. 887 del 27-11-2006
“Attività di Genetica Medica: indirizzi operativi”; D.G.R. n. 114 del 18-02-2008 “Attività di
Genetica Medica….(omissis)……”.
- Umbria: Modello organizzativo P.S.R. 2003-2005; D.G.R. n. 758 del 10-05-2006 “Indirizzi
per la riorganizzazione della attività di Genetica Medica”.
ALTRI DOCUMENTI - Regione Piemonte
- D.G.R. 2-3-2004 n. 22-11870 “Istituzione Rete Regionale per la prevenzione, sorveglianza,
diagnosi e terapia delle Malattie Rare ed istituzione Centro Regionale di riferimento presso
ASL 4 di Torino”.
- D.G.R. 12-4-2005 n. 38-15326 “Istituzione Tavolo Tecnico Specialistico a supporto Centro
Regionale Coordinamento Malattie Rare”.
- D.G.R. 30-6-2003 n. 48-9824 e 19-3-2007 n. 33-5539 “Istituzione e funzionamento della
Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta”.
- D.G.R. 30-9-2008 n. 21-268 “Appropriatezza prescrittiva per le analisi di laboratorio”.
- Determine Dirigenziali 30-11-1999 n. 485/DO.28.1, 23-11-2000 n.432/DO.28.1, 5-11-2001
n. 407, 25-11-2002 n. 338, 27-10-2003 n. 424, 08-09-2004 n. 267, 28-09-2005 n.274, 2011-2006 n. 434, 22-1-2008 n. 24 “Progetto di rete di unità funzionali multidisciplinari per la
diagnosi genetica dei tumori ereditari”.
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Appropriatezza Test Genetici
9
2. METODOLOGIA
2.1
•
•
•
•
•
•
•
METODOLOGIA DI LAVORO
L’elaborazione di questo Documento si è sviluppata secondo le seguenti fasi:
Individuazione di un gruppo multiprofessionale e multispecialistico di esperti.
Individuazione degli obiettivi specifici.
Individuazione delle patologie da trattare in dettaglio, scelte in linea generale in base al numero
di test eseguiti annualmente, al numero di laboratori coinvolti e al rischio di prescrizioni
inappropriate.
Definizione di una scheda omogenea con la quale trattare ciascuna delle patologie individuate.
Individuazione di un componente del gruppo al quale affidare la prima stesura del testo per
ciascuna patologia (con gli opportuni riferimenti bibliografici) e valutare l’eventuale
coinvolgimento di ulteriori esperti.
Confronto all’interno del gruppo di lavoro e raggiungimento del consenso sulla stesura definitiva
di ogni scheda.
Discussione della bozza e redazione finale del Documento.
2.2
BIBLIOGRAFIA
TROMBOFILIE EREDITARIE
1. Gruppo di lavoro per le Linee Guida sul Tromboembolismo Venoso della Società Italiana per lo studio
dell’Emostasi e della Trombosi. Linee Guida per la diagnosi, la profilassi e la terapia del
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www.siset.org/lineeguida/all_html/tev/index.htm
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5. Spector EB, Grody WW, Matteson CJ, et al. Technical standards and guidelines: venous
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supplement to the standards and guidelines for clinical genetics laboratories. Genet Med 2005;7:
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FIBROSI CISTICA
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AReSS Piemonte
Appropriatezza Test Genetici
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3. Allen KJ, Gurrin LC, Constantine CC, et al. Iron-Overload-Related disease in HFE Hereditary
Hemochromatosis. N Engl J Med 2008;358:221-30.
4. Associazione per lo Studio dell’Emocromatosi e delle Malattie da Sovraccarico di Ferro (c/o Centro
per la Diagnosi e Terapia dell'Emocromatosi - Ambulatorio del Metabolismo del Ferro, Ospedale San
Gerardo, Monza; Responsabile: Dr. A.Piperno). Linee guida diagnostiche e terapeutiche
nell’emocromatosi ereditaria. Versione 1 (04-05-2004). On-line (29/7/2010):
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5. Camaschella C, Roetto A, De Gobbi M. Genetic haemochromatosis: genes and mutations associated
with iron loading. Best Pract Res Clin Haematol 2002;15:261-76.
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7. El-Serag HB, Inadomi JM, Kowdley KV. Screening for Hereditary Hemochromatosis in siblings and
children of affected patients. A cost-effectiveness analysis. Ann Intern Med 2000;132:261-9.
8. Franchini M, Veneri D. Recent advances in hereditary hemochromatosis. Ann Hematol 2005;84:34752.
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10. Qaseem A, Aronson M, Fitterman N, Snow V, Weiss KB, Owens DK. Screening for Hereditary
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Med 2005;143:517-21.
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11
4. Progetto Rischi Genetici in Oncologia, Documento di indirizzo sulla diagnostica genetica e la gestione
clinica del carcinoma famigliare della mammella-ovaio, Regione Piemonte, 2007. On-line
(28/7/2010): www.rigenio.it/Home/lineeGuida.pdf
5. Tyrer J, Duffy SW, Cuzick J. A breast cancer prediction model incorporating familial and personal risk
factors. Stat Med 2004;23(7):1111-30.
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Appropriatezza Test Genetici
12
3. GENERALITÀ
3.1
INTRODUZIONE
Con il termine di “test genetici” si indicano tutti i test eseguiti sui cromosomi, il DNA
genomico (nucleare) e mitocondriale, l’RNA messaggero o proteine con lo scopo di identificare una
variazione del patrimonio genetico (mutazione o polimorfismo) responsabile di o coinvolta in una
malattia. A seconda della loro finalità, i test genetici possono essere così suddivisi:
a) Test diagnostici di malattia genetica/ereditaria
- offerti: a soggetti malati;
- indicazione: diagnosi clinica o forte sospetto clinico di malattia genetica, in
forma familiare o sporadica;
- scopo: conferma della diagnosi clinica, individuazione dei casi a rischio di
trasmissione ereditaria, identificazione della mutazione specifica per
eventuali correlazioni genotipo-fenotipo, screening dei familiari a rischio,
diagnosi prenatale.
b) Test per l’identificazione dei portatori eterozigoti di malattie recessive
- offerti: a soggetti sani;
- indicazione: presenza di malattia recessiva in famiglia, accertata
eterozigosi nel partner o altri motivi di aumentato rischio genetico
(consanguineità, gruppi etnici, ecc.);
- scopo: corretta definizione del rischio riproduttivo.
c) Test presintomatici
- offerti: a soggetti sani;
- indicazione: presenza in famiglia di malattia ereditaria a penetranza
completa o alta, solitamente ad esordio tardivo e con difetto genetico noto
(o spettro mutazionale limitato);
- scopo: corretta definizione del rischio di sviluppare la malattia.
d) Test di suscettibilità
- offerti: a soggetti sani o malati;
- indicazione: storia familiare positiva, esordio precoce, caratteristiche
cliniche inusuali, comorbidità, esposizione a fattori di rischio;
- scopo: corretta definizione del rischio di sviluppare la malattia o ulteriori
complicazioni della stessa o di trasmetterla.
e) Test prognostici
- offerti: a soggetti malati;
- indicazione: soggetti con un quadro patologico che può essere ereditario
e, nel caso, esposti al rischio di ulteriori manifestazioni di malattia;
- scopo: corretta definizione del rischio di sviluppare ulteriori manifestazioni
di malattia.
Per quanto riguarda l’APPROPRIATEZZA PRESCRITTIVA di un test genetico possiamo
considerare i seguenti parametri:
- Indicazione: ciascun test genetico presenta una propria indicazione a seconda della
frequenza della malattia nella popolazione di riferimento, lo spettro mutazionale, le risorse
disponibili, l’evoluzione delle conoscenze e i progressi nelle possibilità di cura o di gestione clinica.
Sarebbe quindi auspicabile che per ogni test genetico eseguito da ciascun laboratorio siano
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13
facilmente reperibili le indicazioni (o criteri di accesso) al test, che tali indicazioni siano omogenee
sul territorio regionale/nazionale e che siano sottoposte a revisione periodica.
- Utilità o impatto clinico di un test genetico: accanto all’indicazione dovrebbe essere
sempre esplicitata anche la sua utilità clinica. Può infatti accadere che un soggetto rientri nei criteri
di accesso al test ma che questo non presenti alcun reale vantaggio rispetto alla sola diagnosi
clinica (ad es. non vi sono familiari a rischio o richieste prevedibili di diagnosi prenatale). Al
contrario, può accadere che ad un soggetto eleggibile ad un test genetico quest’ultimo non venga
proposto e che tale omissione precluda delle possibilità di diagnosi, cura e prevenzione.
- Livelli di approfondimento: a seconda dello spettro mutazionale di un gene o della
eterogeneità genetica della malattia (geni diversi possono essere responsabili della stessa malattia
o di malattie clinicamente simili), un test genetico può essere eseguito con livelli crescenti di
approfondimento, laddove un primo livello ha lo scopo di identificare le mutazioni più frequenti o
analizzare il gene/i geni più frequentemente mutati e livelli superiori di approfondimento hanno lo
scopo di ricercare mutazioni più rare. Quando un test genetico è organizzato per livelli, è possibile
che le indicazioni ad un test di primo livello siano più ampie mentre per l’accesso a livelli ulteriori di
approfondimento vi siano indicazioni più restrittive e ci si trovi in un contesto di forte utilità clinica.
- Interpretazione, valutazioni in silico, test funzionali: la diffusione dei test genetici ha
portato come conseguenza ad un aumento dei casi in cui vengono identificate varianti genetiche
con effetto biologico sconosciuto o indeterminato. È quindi auspicabile che ogni laboratorio che
esegue test genetici assicuri una corretta interpretazione dei risultati e sia inserito in una rete di
laboratori afferenti a centri di riferimento con competenze specialistiche.
Questo Documento non prende in considerazione test funzionali per lo studio dell'effetto
biologico di mutazioni geniche né gli approfondimenti diagnostici sugli RNA messaggeri perché
appartengono all'attività di ricerca ed esulano dalla pratica clinica corrente.
3.2
MODALITÀ DI PRESCRIZIONE
Le “Linee Guida per le attività di Genetica Medica” approvate dalla Conferenza Permanente
per i Rapporti fra Stato e Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano (G.U. n. 224 del
23.09.2004) e i documenti successivi sottolineano che la prescrizione di qualsiasi test genetico
deve essere preceduta da una appropriata consulenza genetica “pre-test” finalizzata a:
- acquisire e/o integrare i dati clinici del paziente e del relativo albero genealogico dai quali
deriva l’indicazione al test;
- chiarire al paziente il significato, i limiti, l’attendibilità e la specificità del test genetico;
- ottenere il consenso informato all’esecuzione del test (scritto e firmato dal paziente e da chi
ha eseguito la consulenza).
Il test deve essere richiesto da un Genetista o da uno “specialista che segue indirizzi
formalmente riconosciuti dalla Regione” (D.G.R. 19-6647 2007). In entrambi i casi è indispensabile
che vengano assicurati:
- un’adeguata consulenza genetica pre-test;
- la raccolta del consenso informato (scritto e firmato) all’esecuzione del test e che questo
riporti chiaramente la volontà del paziente:
o di sottoporsi al test;
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14
di essere informato del risultato (qualora il paziente non desideri conoscere il
risultato del test deve essere indicato il destinatario dell’informazione);
o di poter utilizzare il risultato del test per una corretta impostazione della consulenza
genetica / della valutazione di eventuali familiari;
o di autorizzare la conservazione del campione;
o di autorizzare l’utilizzo del proprio campione biologico a scopo di ricerca;
la raccolta del consenso informato al trattamento dei dati genetici e dei campioni biologici,
secondo le indicazioni previste dalla normativa vigente;
un’adeguata consulenza genetica post-test per la corretta interpretazione del risultato del
test, l’impostazione di cure successive o programmi di sorveglianza clinica, il supporto
psicologico e il coinvolgimento di eventuali familiari nel percorso della consulenza genetica.
o
-
Il campione biologico inviato al laboratorio per l’esecuzione del test genetico deve essere
accompagnato da:
- impegnativa del SSN e modulo specifico di richiesta che indichi chiaramente:
o dati anagrafici completi del paziente, sesso;
o origine geografica della famiglia;
o data del prelievo, natura del materiale biologico (ad es. sangue v.p., DNA estratto,
numero di provette inviate, ecc.);
o breve anamnesi personale e familiare dalla quale si possa evincere l’indicazione al
test;
o test genetico richiesto;
o nel caso in cui venga richiesta la ricerca di una mutazione già nota in famiglia, il
medico richiedente deve indicare sotto la propria responsabilità il gene da analizzare
e la mutazione descritta secondo la nomenclatura corrente;
o indicazioni precise sul medico che ha richiesto il test (nome e cognome leggibili,
recapito telefonico, struttura di appartenenza e relativo indirizzo);
- copia dei consensi informati all’esecuzione del test e al trattamento dei dati.
3.3
MODALITÀ DI ACCETTAZIONE E REFERTAZIONE
ACCETTAZIONE
Il Laboratorio, al momento dell’accettazione del campione biologico, deve accertare:
1) la corretta prescrizione del test da parte del medico richiedente;
2) la disponibilità di tutte le informazioni riportate sopra inerenti il paziente, il materiale
biologico, il test richiesto e il medico richiedente;
3) la corrispondenza del campione biologico inviato rispetto alle informazioni scritte sulla
richiesta (natura del materiale, data del prelievo, numero provette ecc.);
4) l’adeguatezza del campione biologico inviato in termini di conservazione, tipologia delle
provette, datazione e codici identificativi;
5) la corretta acquisizione dei consensi informati al trattamento dei dati genetici e
all’esecuzione del test.
Qualora questi requisiti non siano soddisfatti il Laboratorio deve sospendere l’esecuzione del test e
inviare una nota di non conformità al medico richiedente.
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REFERTAZIONE
Ogni referto di analisi genetica deve indicare:
1) i dati identificativi del Laboratorio che ha eseguito il test;
2) i dati anagrafici completi del paziente e il sesso;
3) il tipo di campione biologico analizzato e la data di arrivo o di esecuzione del prelievo;
4) il codice del campione biologico attribuito per l’esecuzione del test durante le procedure
analitiche;
5) l’indicazione all’analisi e il tipo di test richiesto;
6) la sequenza di riferimento del gene in esame, la metodica utilizzata o il pannello di
metodiche di laboratorio utilizzate comprendente le regioni analizzate del gene/geni e la specifica
finalità di ciascuna metodica (ad es. ricerca di mutazioni puntiformi, ricerca di delezioni/duplicazioni
parziali o complete, ecc.);
7) la detection rate (copertura) delle mutazioni ricercate in relazione alla metodica utilizzata
e alla popolazione di origine del soggetto esaminato;
8) l’esito dell’analisi indicando chiaramente:
- se il test genetico ha dimostrato la presenza di una mutazione causa di malattia
(descrivendo la mutazione secondo le regole internazionali);
- se il test genetico non ha permesso di identificare alcuna mutazione o ha dimostrato
l’assenza della mutazione nota in famiglia;
- se il test genetico ha dimostrato la presenza di una variante genetica di significato biologico
sconosciuto o dubbio;
9) un commento o una nota conclusiva che indichi chiaramente il significato del risultato del
test in relazione al contesto clinico;
10) una frase finale con la seguente raccomandazione: “Il risultato di questa analisi deve
essere discusso con il medico che ha richiesto il test: si consiglia in ogni caso una consulenza
genetica”;
11) il nome e la firma dell’operatore e del responsabile del laboratorio;
12) la data del referto;
13) l’eventuale partecipazione del laboratorio ad un controllo di qualità specifico per il test.
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4. APPROPRIATEZZA PRESCRITTIVA
4.1
TROMBOFILIE EREDITARIE
La malattia tromboembolica venosa (TEV) è una condizione a patogenesi multifattoriale, in
cui fattori genetici, unitamente a fattori ambientali e comportamentali, influenzano la comparsa
delle manifestazioni cliniche. Alcuni di questi fattori di rischio sono rari (vedi oltre), altri sono
comuni e possono quindi spiegare la gran parte degli eventi tromboembolici nella popolazione
generale, quali l’età, l’immobilizzazione, gli interventi chirurgici, le neoplasie, l’uso di
estroprogestinici, la gravidanza, mentre il ruolo e il peso di altri è ancora oggetto di studio.
L’esistenza di una trombofilia (sia ereditaria che acquisita) favorisce in modo importante la
comparsa di eventi di tromboembolismo venoso quando ad essa si associno uno o più fattori
scatenanti.
La TEV è quindi una condizione complessa, in cui concorrono mutazioni a bassa penetranza
in loci multipli che, se presenti singolarmente, possono non avere effetto fenotipico, ma quando
sono presenti contemporaneamente nello stesso soggetto, possono contribuire alla determinazione
della malattia o ad aumentarne il rischio.
Gli studi epidemiologici hanno dimostrato un ruolo significativo dei seguenti fattori genetici:
1) Condizioni rare (bassa prevalenza nella popolazione (< 1/1000), alto rischio relativo
(OR=8)): deficit di antitrombina, deficit di proteina C, deficit di proteina S. In questi casi l’analisi è
generalmente eseguita con metodiche funzionali (AT, protC, protS), cromogeniche (protC) e/o
saggi immunoreattivi (protS).
2) Fattori più frequenti (maggior prevalenza nella popolazione (circa 2%), minor rischio
relativo): polimorfismo c.20210G>A del gene F2-protrombina; polimorfismo c.1691G>A,
p.Arg506Gln del gene F5 (noto come “fattore V Leiden”). Ciascuno di questi polimorfismi
conferisce un aumentato rischio di TEV sia in eterozigosi (OR=2-4) che, in misura molto maggiore
(OR circa 20), in omozigosi o eterozigosi in entrambi i geni; per entrambi i polimorfismi sono
disponibili test sul DNA. Per il solo fattore V Leiden, è disponibile anche un test funzionale
(resistenza alla proteina C attivata), che non consente però di distinguere fra omozigoti ed
eterozigoti; esistono rare situazioni (<5%) di resistenza alla proteina C attivata non correlate a
mutazione del fattore V Leiden.
Ö COSA BISOGNA TESTARE
L’analisi genetica per le trombofilie comuni deve comprendere esclusivamente:
- polimorfismo c.20210G>A del gene F2-protrombina;
- polimorfismo c.1691G>A, p.Arg506Gln del gene F5 (noto come “fattore V Leiden”).
Il test deve consentire la distinzione fra omozigoti per l’allele normale, eterozigoti ed
omozigoti per il polimorfismo ricercato (dal momento che l’omozigosi per uno dei polimorfismi
ricercati comporta un rischio significativamente superiore all’eterozigosi).
Lo studio di altri polimorfismi (gene F5, gene MTHFR ed altri) non può essere al momento
incluso in un protocollo diagnostico.
Ö IL TEST SUL DNA È INDICATO
In soggetti sintomatici (TEV diagnosticata con test di imaging) con:
1. Primo episodio di TEV <50 anni, in assenza di chiari fattori scatenanti.
2. TEV ricorrenti.
3. TEV in siti non comuni (vene cerebrali, mesenteriche, porta, epatiche).
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4. Aborto spontaneo sine causa >10 settimane.
5. TEV in corso di gravidanza o puerperio.
6. TEV associata a contraccettivi orali o a terapia ormonale sostitutiva.
Ö IL TEST SUL DNA PUÒ ESSERE PRESO IN CONSIDERAZIONE
In soggetti con:
1. Preeclampsia grave, abruptio placentae o grave ritardo di crescita intrauterino.
2. TEV correlata con assunzione di tamoxifene o farmaci con azione analoga.
3. Aborto spontaneo ricorrente a causa non nota.
4. Trombosi arteriosa in età adulta in assenza di fattori di rischio convenzionali, soprattutto
se recidivante.
5. Trombosi arteriosa in età pediatrica.
6. Primo episodio di TEV in un soggetto con un familiare di primo grado con TEV <50 anni
o recidivanti o in sede atipica.
In soggetti adulti asintomatici con:
7. Un familiare di primo grado con trombofilia genetica nota (in special modo quando
esista una storia familiare di TEV giovanile, oppure quando si pianifichi una gravidanza
o l’assunzione di contraccettivi orali).
Ö IL TEST SUL DNA NON È INDICATO
-
Come
Come
Come
Come
Come
screening della popolazione generale.
test di routine in corso di gravidanza.
test di routine prima della prescrizione di contraccettivi orali o terapia ormonale sostitutiva.
test prenatale, neonatale o in soggetti asintomatici in età pediatrica.
test di routine in soggetti con trombosi arteriosa ed età >50 anni.
Ö COME PRESCRIVERE L’ANALISI
In accordo con quanto stabilito dal D.G.R. 21-2688 del 30/09/2008 (Appropriatezza
prescrittiva per le analisi di laboratorio) e dal D.G.R. 12-10888 del 02/03/2009 (Riorganizzazione
dell’attività di Genetica Medica), l’analisi per trombofilia ereditaria può essere prescritta come
segue:
- nei soggetti sintomatici: “analisi dei polimorfismi della protrombina e del fattore V per
sospetta trombofilia ereditaria”;
- nei soggetti asintomatici con familiarità positiva: “analisi dei polimorfismi della
protrombina e del fattore V in familiare di paziente con trombofilia ereditaria”.
Si raccomanda di specificare nella richiesta l’indicazione all’analisi, da scegliere fra le
possibilità sopra elencate.
4.2
FIBROSI CISTICA
La fibrosi cistica (FC) è la malattia autosomica recessiva più comune nella popolazione
italiana, con una frequenza di portatori sani compresa tra 1 su 26 e 1 su 30. Il gene responsabile
della malattia si trova sul braccio lungo del cromosoma 7, si estende per oltre 250.000 nucleotidi e
contiene 27 esoni. La proteina codificata è chiamata Cystic Fibrosis Transmembrane Conductance
Regulator (CFTR), è composta da 1480 aminoacidi e la sua principale funzione riguarda il trasporto
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transmembrana del cloro. Le mutazioni del gene CFTR sono molto numerose: a oggi ne sono state
individuate più di 1500.
L’analisi del gene CFTR è tra i test genetici più richiesti. Questi test vengono eseguiti in
situazioni differenti, che includono la diagnosi di FC, la diagnosi prenatale, lo screening neonatale e
lo screening dei portatori sani. Esistono vari livelli di analisi molecolare, con tempi di esecuzione,
tecnologie e costi differenti. Le manifestazioni cliniche della malattia sono caratterizzate dalla
presenza di secrezioni esocrine mucose dense che portano ad una malattia polmonare cronica
ostruttiva con evoluzione verso l’insufficienza respiratoria. La FC presenta una variabilità
interindividuale, nell’ambito della quale si possono avere altre manifestazioni cliniche tra cui
insufficienza pancreatica esocrina, epatopatia, diabete e, nella quasi totalità dei maschi,
azoospermia da assenza bilaterale congenita dei dotti deferenti (CBAVD). Le modalità di comparsa,
l’entità dei sintomi e il decorso sono molto variabili. Esistono anche forme atipiche di FC, con
normale funzionalità pancreatica e sintomatologia respiratoria lieve-moderata; in alcuni casi la
malattia può interessare quasi esclusivamente un unico organo, come nei casi di infertilità maschile
dovuta a CBAVD oppure, in entrambi i sessi, può manifestarsi con episodi di pancreatite ricorrente.
L’evoluzione clinica di tali forme è poco nota, ma la prognosi appare senz’altro più favorevole
rispetto alla malattia pienamente espressa.
La diagnosi si basa sulla presenza di manifestazioni cliniche o biochimiche compatibili con la
malattia, in associazione alla positività di almeno uno tra i test diagnostici validati. Questi
comprendono: il test del sudore; lo studio della differenza di potenziale elettrico transepiteliale
nelle mucose respiratorie; l’analisi genetica, che si considera positiva quando identifica mutazioni in
entrambi gli alleli (cromosoma 7 paterno e materno). Nelle forme classiche di FC di solito la
diagnosi è semplice, ma in quelle atipiche può essere molto complessa.
Ö COSA BISOGNA TESTARE
Si possono distinguere i seguenti livelli di analisi molecolare, applicabili su indicazioni
diverse.
ANALISI DI I LIVELLO. Consiste nella ricerca delle mutazioni più rappresentate in una
determinata popolazione. Le tecniche utilizzate devono soddisfare criteri di sensibilità,
riproducibilità e tempi di risposta rapidi. Il laboratorio deve conoscere la frequenza relativa delle
mutazioni della propria area di utenza, per la scelta di un pannello di mutazioni che consenta un
buon tasso di individuazione (detection rate). In Italia, utilizzando i kit commerciali che includono
circa 30 mutazioni si ha una detection rate del 75% circa. Si consiglia anche la ricerca di mutazioni
specifiche di particolari aree geografiche laddove non siano inserite nei pannelli standard, come ad
esempio T338I per soggetti originari della Sardegna.
ANALISI DI II LIVELLO. L’analisi di II livello utilizza sistemi di scanning del gene CFTR che
permettono di riconoscere alterazioni di sequenza limitate a pochi nucleotidi in tutti i segmenti
codificanti e in altri tratti funzionalmente rilevanti. Tali alterazioni di sequenza vengono
successivamente caratterizzate mediante sequenziamento.
ANALISI DI III LIVELLO. Completata l’analisi di II livello, il 10-15% dei pazienti con FC
resta con 0 o 1 mutazioni. In questi pazienti è indicato un approfondimento con tecniche adatte a
rilevare delezioni e/o riarrangiamenti parziali o totali del gene.
La scelta dell’esecuzione di esami di I, II e III livello deve essere concordata dal medico
prescrivente con il laboratorio.
Ö IL TEST SUL DNA È INDICATO
1. In soggetti con sintomi tipici di FC.
2. In soggetti con presentazione clinica atipica o test del sudore borderline.
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Appropriatezza Test Genetici
19
3. In soggetti maschi infertili con CBAVD accertata (vedi D.G.R. 7-12382 del 26 ottobre
2009) [∗].
4. In soggetti adulti con malattie correlate a mutazioni CFTR (pancreatiti croniche,
bronchiectasie disseminate, rinosinusiti croniche atipiche).
5. Come test di portatore: nei familiari di soggetti in cui siano state identificate le
mutazioni; in soggetti con anamnesi familiare positiva (qualora non siano note le
mutazioni); in partner di un portatore di mutazione (etero- o omozigote).
6. Come diagnosi prenatale: in coppie in cui entrambi i partner sono portatori sani; in
gravidanze con anse intestinali fetali iperecogene.
Ö IL TEST SUL DNA PUÒ ESSERE PRESO IN CONSIDERAZIONE
1. Nelle coppie di consanguinei in età fertile.
Ö IL TEST SUL DNA NON È INDICATO
- Come screening della popolazione generale.
- Come test di routine in corso di gravidanza.
Ö COME PRESCRIVERE L’ANALISI
In accordo con quanto stabilito dal D.G.R. 21-2688 del 30/09/2008 (Appropriatezza
prescrittiva per le analisi di laboratorio) e dal D.G.R. 12-10888 del 02/03/2009 (Riorganizzazione
dell’attività di Genetica Medica), l’analisi per può essere prescritta come segue:
- Quando non sono note le mutazioni nella famiglia: “analisi dei gene CFTR”
- Quando sono già state identificate mutazioni in familiari: “analisi delle mutazioni CFTR note
in famiglia”
Si raccomanda di specificare nella richiesta l’indicazione all’analisi, da scegliere fra le
possibilità sopra elencate.
4.3
CELIACHIA
L’A.Re.S.S. ha già definito nel 2008 un PDTA della Malattia Celiaca [**]. Queste
raccomandazioni lo completano definendo quali siano le modalità per richiedere, eseguire e
refertare i test genetici di suscettibilità alla celiachia. Queste raccomandazioni sono di fatto
condivise tra le società scientifiche che intercettano la malattia celiaca, vale a dire: Associazione
Italiana Celiachia (AIC), Associazione Italiana Immunogenetica e Biologia dei Trapianti (AIBT) e
Società Italiana di Genetica Umana (SIGU).
TEST GENETICO DI SUSCETTIBILITÀ. La tipizzazione HLA nella celiachia è un test genetico
di suscettibilità che valuta la maggiore o minore predisposizione di un individuo a sviluppare la
malattia; ha un valore diagnostico limitato, in quanto le molecole HLA a rischio non sono da sole
sufficienti a determinare la malattia che compare soltanto in seguito all'esposizione a fattori
ambientali scatenanti e in presenza di altri fattori genetici. L’analisi dei geni HLA di suscettibilità ha
soprattutto valore predittivo negativo, in quanto l’assenza di alleli a rischio rende altamente
improbabile lo sviluppo della malattia.
∗
Va sottolineato che il test genetico sull’infertilità deve comprendere la definizione aplotipica del tratto poli-TG (11, 12 o 13TG) e del
poli-T (5, 7, 9T) posti nell’introne 8, a breve distanza l’uno dall’altro, immediatamente a monte dell’esone omonimo. Infatti, tratti TG
lunghi (11 o 13) seguiti dal tratto corto 5T sono predisponenti all’assenza bilaterale congenita dei vasi deferenti, in quanto riducono
significativamente lo splicing dell’introne 8. Quest’analisi va fatta soprattutto nelle forme atipiche di FC, specie in presenza di sostituzioni
aminoacidiche che di per sé ridurrebbero solo parzialmente la funzione del gene (vedi per esempio, Arg117His).
**
A.Re.S.S. Percorso diagnostico terapeutico assistenziale della Malattia Celiaca. 2008.
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Appropriatezza Test Genetici
20
ASSOCIAZIONE HLA-DQ. La presenza di DQ2 (eterodimero completo o solo DQB1*02) o di
DQ8 determina un aumento del rischio di celiachia di circa 50 volte rispetto quello della
popolazione generale, mentre l’assenza degli stessi fattori rende del tutto improbabile lo sviluppo
della malattia. DQ2 e DQ8 sono glicoproteine presenti sulla superficie di alcune cellule del sistema
immunitario, formate da due catene diverse, α e β, e perciò dette eterodimeri. Le catene α e β
sono codificate rispettivamente dai geni DQA1 e DQB1. Gli alleli DQA1*05 e DQB1*02 codificano
per l’eterodimero DQ2 a rischio maggiore di celiachia e gli alleli DQA1*03 e DQB1*03:02 per
l’eterodimero DQ8 a rischio minore di celiachia. Dei celiaci, approssimativamente: l’80% è DQ2
(DQA1*05 e DQB1*02), il 10% è DQ8, il 5% è DQB1*02 positivo ma DQA1*05 negativo portando
soltanto la metà β della molecola DQ2 a rischio. Il 25-30% dei DQ2 positivi è DQB1*02 omozigote.
Rari casi non hanno nessuna delle precedenti combinazioni, dando un importante significato
predittivo negativo al test. Per la determinazione del DQ2 è quindi necessario analizzare sia
DQA1*05 che DQB1*02 perché la presenza di entrambi gli alleli comporta un rischio molto più alto
rispetto alla presenza del solo allele DQB1*02. La determinazione del DQ8 prevede la ricerca degli
alleli DQA1*03 e DQB1*03:02. È da notare che se è vero che praticamente tutti i DQB1*03:02
sono anche DQA1*03, non vale il reciproco. Lo stato DQB1*02/*02 omozigote determina il rischio
più elevato di celiachia ed è stato riportato in associazione a forme più gravi con complicanze come
refrattarietà alla dieta e sviluppo di linfomi. Tale condizione è presente nel 30% circa dei celiaci e
nel 10% dei controlli DQ2 positivi.
HLA-DR. Dei celiaci DQ2 positivi dell’Italia continentale, approssimativamente: il 65% è DR3
(DRB1*03 ), il 30% è eterozigote DR5/7 (DRB1*11-12/*07) e soltanto il 5% ha altri alleli DRB1. La
maggior parte dei DQ8 è DR4 (DRB1*04). Coloro che hanno soltanto la catena β del dimero DQ2
sono quasi sempre DR7 (DRB1*07). Gli alleli DRB1 non modificano il rischio di malattia che
dipende esclusivamente dai loci DQA1 e DQB1, ma la loro determinazione può essere di aiuto
come convalida dei risultati, a causa dello stretto disequilibrio di associazione tra DR e DQ.
INTERPRETAZIONE DEI RISULTATI. La complessità del sistema HLA, la varietà dei risultati
possibili e l’esistenza di un gradiente di rischio (stato DQB1*02 omozigote > eterodimero DQ2 >
DQ8 > presenza della sola catena β DQ2) rendono a volte difficile l’interpretazione dei risultati e la
comunicazione degli stessi agli interessati. Il risultato deve essere valutato assieme al rischio a
priori di malattia (diverso in maschi e femmine, casi singoli o familiari, ecc.). Si raccomanda quindi
una stretta interazione tra il medico che richiede il test e un genetista medico o il Centro di
riferimento per la diagnosi di Celiachia. Se il test, come raccomandato, viene eseguito da un
laboratorio certificato, è indicato contattare il laboratorio che ha eseguito il test.
Ö COSA BISOGNA TESTARE
La tipizzazione, eseguita con tecniche di biologia molecolare, deve includere:
- gli alleli DQA1*03, DQA1*05, DQB1*02 e DQB1*03:02.
Per i primi tre è sufficiente considerare il primo campo (le prime due cifre) in quanto tutti gli alleli
del gruppo sono ugualmente a rischio (ad es. DQA1*05:01 e *05:05 o DQB1*02:01 e *02:02)
mentre per DQB1*03:02 tutte e quattro le cifre sono importanti perché ad es. le varianti
DQB1*03:01 e *03:03 non sono a rischio. È raccomandata la determinazione dello stato DQB1*02
omozigote.
La tipizzazione, per maggiore completezza, può anche prendere in esame:
- gli alleli DRB1*03, *04, *07, *11, *12.
Ö IL TEST SUL DNA È INDICATO
1. In caso di incertezza diagnostica (ad es. anticorpi e/o biopsia dubbi o discrepanti).
2. In soggetti appartenenti a categorie a rischio, tra cui i familiari di primo grado degli
affetti (genitori, figli e fratelli), per decidere se continuare il follow-up in caso di sierologia
negativa, come stabilito dalle Linee Guida nazionali ed internazionali.
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21
Ö IL TEST SUL DNA PUÒ ESSERE PRESO IN CONSIDERAZIONE
1. In soggetti con diagnosi di celiachia nel momento in cui si programmi uno studio
familiare.
Ö IL TEST SUL DNA NON È INDICATO
- Come test diagnostico al di fuori dei casi indicati in precedenza.
- Come screening nella popolazione generale.
- Come test di routine in gravidanza.
Ö COME PRESCRIVERE L’ANALISI
In accordo con quanto stabilito dal D.G.R. 21-2688 del 30/09/2008 (Appropriatezza
prescrittiva per le analisi di laboratorio) e dal D.G.R. 12-10888 del 02/03/2009 (Riorganizzazione
dell’attività di Genetica Medica), l’analisi può essere prescritta come segue:
- nei casi di incertezza diagnostica “tipizzazione alleli HLA-DQ di rischio per celiachia”; per
completezza può essere richiesta anche “tipizzazione alleli HLA-DR di rischio per celiachia”.
- in tutti gli altri casi “tipizzazione alleli HLA-DQ di rischio per celiachia”.
Si raccomanda di specificare nella richiesta l’indicazione all’analisi, da scegliere fra le
possibilità sopra elencate.
4.4
EMOCROMATOSI
L’emocromatosi è una malattia ereditaria caratterizzata dallo sviluppo di un progressivo
accumulo di ferro nell’organismo. Sono ad oggi descritte cinque forme geneticamente distinte di
emocromatosi, di cui quattro a trasmissione autosomica recessiva e una dominante.
La forma più comune (emocromatosi tipo 1), è dovuta a mutazioni del gene HFE,
localizzato sul cromosoma 6p. La mutazione più frequente in questo gene è la sostituzione C282Y.
La prevalenza dell’emocromatosi di tipo 1 varia nelle diverse popolazioni di origine caucasica, da 1
caso su 100 abitanti in Irlanda ad 1/400 in Francia. In Italia, la prevalenza della malattia è molto
diversa tra le popolazioni settentrionali (1/500) e centro-meridionali (probabilmente <1/2000).
Le altre quattro forme sono rare: l’emocromatosi giovanile dovuta a mutazioni del gene
dell’emojuvelina (HJV; emocromatosi tipo 2a) sul cromosoma 1q, o a mutazioni del gene
dell’epcidina (HAMP; emocromatosi tipo 2b) sul cromosoma 19q; una forma di emocromatosi
dell’adulto (emocromatosi tipo 3), determinata da mutazioni del gene del recettore 2 della
transferrina (TFR2), sul cromosoma 7q; una forma dominante (emocromatosi tipo 4) dovuta a
mutazioni del gene della ferroportina1 (SLC40A1), sul cromosoma 2q. È possibile che esistano altre
forme ereditarie di emocromatosi, distinte da queste, ancora da identificare o dovute a possibili
interazioni tra le forme note (eredità digenica).
Esistono poi altre forme di sovraccarico di ferro geneticamente determinate che vanno
distinte dall’emocromatosi in termini di eziopatogenesi, ma che conducono a complicanze cliniche
simili: il sovraccarico di ferro da eritropoiesi inefficace nelle sindromi talassemiche, nell’anemia
sideroblastica congenita e nelle anemie diseritropoietiche ereditarie; il sovraccarico di ferro da
aceruloplasminemia e da ipotransferrinemia ereditaria. Infine esistono forme di sovraccarico di
ferro acquisite o che richiedono la compresenza di fattori genetici e ambientali per rendersi
manifeste.
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22
Una diagnosi precoce può permettere di identificare i soggetti affetti prima che si sviluppino
i danni conseguenti all’accumulo di ferro. La diagnosi di emocromatosi si basa inizialmente su
TEST BIOCHIMICI (saturazione della transferrina e ferritina) a cui possono seguire TEST
GENETICI (analisi molecolare del gene HFE o di altri geni). Va sottolineato che il solo test genetico
non è sufficiente per diagnosticare o escludere l’emocromatosi dal momento che sono note forme
di emocromatosi non correlate al gene HFE, alcune delle quali ancora non definibili dal punto di
vista genetico, e che individui con genotipo a rischio possono non manifestare un sovraccarico di
ferro (penetranza incompleta). Infatti, un livello di ferritina innalzato è stato trovato nell’88% degli
uomini e nel 57% delle donne omozigoti per la mutazione C282Y nel gene HFE (Adams 2005)
mentre solo il 28% degli uomini e l’1% delle donne con questo genotipo sviluppano una patologia
clinicamente evidente (Allen 2008).
Ö COSA BISOGNA TESTARE
Il TEST GENETICO DI I LIVELLO è rivolto all’analisi molecolare del gene HFE ed in
particolare della mutazione C282Y che è la mutazione più frequente nell’emocromatosi, presente in
omozigosi nell’80-100% dei casi nelle popolazioni nord europee, ma solo nel 65% in Italia. Nei
soggetti eterozigoti e negativi per la mutazione C282Y dovranno essere analizzate le altre
mutazioni: H63D, S65C, e altre più rare, alcune delle quali (E168X, W169X) hanno in Italia delle
specifiche distribuzioni geografiche. Attualmente esistono in commercio kit per identificare le 3
mutazioni più frequenti del gene HFE (C282Y, H63D, S65C) oppure contemporaneamente tutte le
mutazioni HFE descritte in letteratura insieme alle varianti più frequenti dei geni SLC40A1 (N144H,
V162del) e TFR2 (E60X, M172K, AVAq594-597del e Y250X). È necessaria un’analisi dei costi e delle
frequenze delle varie mutazioni per stabilire l’utilità di eseguire un unico test onnicomprensivo
rispetto all’esecuzione di un’analisi in sequenza (partendo dalla mutazione C282Y e aggiungendo le
altre mutazioni nei casi con genotipo incompleto). L’analisi di tutte le mutazioni del gene HFE
conferma la diagnosi nell’80% circa dei casi in Italia.
L’ANALISI GENETICA DI II LIVELLO è rivolta alla ricerca di mutazioni nei geni HJV, HAMP,
TFR2 e SLC40A1. Questa ricerca è resa più costosa e complessa dal fatto che la maggior parte
delle mutazioni oggi identificate in questi geni sono rare e private (specifiche di ciascun nucleo
familiare) e richiedono quindi lo screening mutazionale di tutto il gene.
Ö IL TEST SUL DNA È INDICATO
1. In soggetti con test biochimico positivo (saturazione della transferrina >45% e ferritina
sierica >200 μg/L nella donna e >300 μg/L nell’uomo), in assenza di altre cause che suggeriscano
un’emocromatosi secondaria.
2. Nei familiari dei pazienti in cui siano state identificate le mutazioni. Nell’emocromatosi di
tipo 1, poiché la malattia è autosomica recessiva, il rischio è soprattutto per i fratelli dei pazienti,
tuttavia l’analisi nei figli è giustificata dalla possibilità di matrimoni con omo-eterozigoti per la
mutazione C282Y o H63D (che hanno frequenza genica rispettivamente di circa 3% e 13% nella
popolazione del Nord Italia) o altre mutazioni più rare e dalla possibile espressione fenotipica negli
eterozigoti composti (portatori della mutazione C282Y e di un’altra mutazione).
Ö IL TEST SUL DNA PUÒ ESSERE PRESO IN CONSIDERAZIONE
1. In pazienti con sintomatologia clinica compatibile con diagnosi di emocromatosi.
2. Nei partner di soggetti portatori di mutazioni, per la valutazione del rischio riproduttivo.
Ö IL TEST SUL DNA NON È INDICATO
- Come screening della popolazione generale.
- Come test di routine in corso di gravidanza non a rischio.
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Ö COME PRESCRIVERE L’ANALISI
In accordo con quanto stabilito dal D.G.R. 21-2688 del 30/09/2008 (Appropriatezza
prescrittiva per le analisi di laboratorio) e dal D.G.R. 12-10888 del 02/03/2009 (Riorganizzazione
dell’attività di Genetica Medica), l’analisi per emocromatosi ereditaria può essere prescritta come
segue:
- in soggetti con aumento dei parametri biochimici del ferro oppure evidenza di deposito
marziale epatico: “ricerca mutazioni per sospetta emocromatosi “.
- in soggetti con familiarità positiva: “analisi delle mutazioni per emocromatosi ereditaria
note in famiglia” (specificare il genotipo associato alla malattia nella famiglia).
Si raccomanda di specificare nella richiesta l’indicazione all’analisi, da scegliere fra le
possibilità sopra elencate.
4.5
NEOPLASIE EREDITARIE MAMMELLA/OVAIO
Mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2 predispongono allo sviluppo di neoplasie della
mammella e dell’ovaio e, con minor rischio, a tumori della prostata (BRCA1) e di altri organi (ad es.
pancreas e laringe, BRCA2).
Le mutazioni dei geni BRCA1 (cromosoma 17) e BRCA2 (cromosoma 13) presentano
un’ereditarietà autosomica dominante con rischio di trasmissione alla prole e di ricorrenza tra i
familiari di 1° grado del 50%. La prevalenza delle mutazioni BRCA1 e BRCA2 nella popolazione
generale è di circa 1/500 - 1/1000 e di circa il 2% nelle donne con tumore della mammella.
Il rischio oncologico nelle donne portatrici di mutazioni dei geni BRCA è variabile anche tra
individui appartenenti alla stessa famiglia o allo stesso gruppo etnico. Le stime di rischio
oncologico derivate dallo studio di nuclei familiari con forte ricorrenza di tumori potrebbero quindi
essere sovrastimate. In questi ultimi, il rischio cumulativo di tumore della mammella femminile
associato a mutazioni BRCA1 è del 3% a 30 anni, 19% a 40 anni, 51% a 50 anni, 54% a 60 anni,
85% a 70 anni e quello associato a mutazioni BRCA2 è del 4,6% a 30 anni, 12% a 40 anni, 46% a
50 anni, 61% a 60 anni, 86% a 70 anni. Il rischio di tumore ovarico associato a mutazioni BRCA1 è
intorno al 30% a 60 anni e al 63% a 70 anni mentre quello associato a mutazioni BRCA2 sembra
inferiore al 30%. Le stime di rischio oncologico più basse, in base a modelli matematici applicati
allo studio di casi non selezionati per familiarità, riportano un rischio cumulativo di tumore della
mammella femminile del 65% per BRCA1 e del 45% per BRCA2 e un rischio di tumore ovarico del
39% per BRCA1 e dell’11% per BRCA2. I portatori di mutazioni BRCA1 presentano un aumento di
rischio molto modesto per il tumore della mammella maschile mentre sembra aumentato il rischio
di tumore della prostata (8%) e del colon (6%). I portatori di mutazioni BRCA2 presentano un
aumento di rischio di tumore della mammella maschile (intorno al 7%), del pancreas, della laringe
e dello stomaco.
I tumori della mammella associati a mutazioni BRCA1 sono più spesso ad alto grado,
negativi per i recettori degli estrogeni, del progesterone e per l’amplificazione di c-erbB-2 (HER2)
(cosiddetti “tripli-negativi”) e presentano talora un immuno-fenotipo a cellule basali (positività per
le citocheratine 5, 6 e/o 14) e/o sovra-espressione di EGFR. I tumori della mammella associati a
mutazioni BRCA2 non sembrano avere caratteristiche distintive rispetto ai tumori sporadici.
I tumori dell’ovaio associati a mutazioni BRCA1 e BRCA2 sono più spesso adenocarcinomi
ad alto grado, scarsamente differenziati, bilaterali e sierosi (raramente mucinosi) e, in particolare
per BRCA1, è possibile anche l’origine tubarica.
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24
Ö COSA BISOGNA TESTARE
Allo stato attuale delle conoscenze non ci sono tecniche analitiche in grado di garantire
l’identificazione del 100% delle mutazioni.
L’analisi per la ricerca di mutazioni puntiformi può essere eseguita mediante:
- sequenziamento diretto dell’intera regione codificante dei due geni;
- analisi conformazionale (ad es. DHPLC) dell’intera regione codificante dei due geni
eventualmente associata ad analisi in PTT (protein truncation test) degli esoni 11 di BRCA1
e 11 di BRCA2.
L’analisi può essere completata con la ricerca di delezioni/duplicazioni (rare nella
popolazione italiana, <1-2% delle mutazioni) mediante analisi in MLPA (multiplex ligationdependent probe amplification), Real-time PCR o Southern blotting.
Sono noti 5 riarrangiamenti di BRCA1 meno rari in alcune popolazioni (10-15% delle
mutazioni): delezione di 3,8 kb (esone 13) e delezione di 510 bp (esone 22) nella popolazione
olandese, duplicazione di 6 kb (esone 13) nella popolazione britannica, delezione di 7,1 kb (esoni 8
e 9) nella popolazione europea, delezione di 26 kb (esone 14-20) nella popolazione statunitense
(Myriad Genetics).
Qualora il test genetico per la ricerca di una mutazione ignota risulti negativo (nessuna
mutazione identificata) è opportuno interpretare correttamente questo risultato nel contesto della
storia oncologica personale e familiare (counselling post-test). Il risultato negativo del test può
infatti essere compatibile con: 1) presenza di una mutazione BRCA1 o BRCA2 non rivelata dal
metodo analitico utilizzato; 2) presenza di una mutazione in altri geni di predisposizione allo
sviluppo di tumori; 3) assenza di componente genetica significativa.
Ö IL TEST SUL DNA È INDICATO
Tenendo in considerazione la possibilità che il test dimostri la presenza di varianti genetiche di
significato biologico sconosciuto (VUS, variant of unknown biological significance), l’analisi genetica
per la ricerca di una mutazione ignota dei geni BRCA1 e BRCA2 è indicata per tutti i soggetti
ritenuti ad alto rischio di tumore ereditario della mammella e dell’ovaio, ovvero:
1. Donne affette da tumore della mammella (<50 anni o bilaterale) e dell’ovaio.
2. Individui con storia familiare positiva per tumori della mammella femminile e/o maschile
e/o tumori dell’ovaio compatibile con una ereditarietà autosomica dominante (nel ramo
materno o nel ramo paterno): in questo caso la massima informatività viene raggiunta
offrendo il test al parente affetto dal tumore più giovanile o da tumori multipli.
Altre indicazioni all’analisi genetica sono:
3. Membri di famiglie nelle quali sia già stata identificata una mutazione nota. Il test genetico
per la ricerca di una mutazione nota è tecnicamente possibile anche in epoca prenatale: le
diagnosi prenatali dei geni BRCA sono tuttavia richieste raramente e, come per altre
malattie genetiche ad esordio nell’adulto, è necessario un accurato counselling pre-test.
4. Soggetti appartenenti a gruppi etnici nei quali è nota la presenza di mutazioni ricorrenti
BRCA1 e/o BRCA2 con alta frequenza, come nella popolazione ebraica Ashkenazita (BRCA1:
c.187delAG, c.5385dupC e BRCA2: c.6174delT presenti in 1:40 individui).
Ö IL TEST SUL DNA PUÒ ESSERE PRESO IN CONSIDERAZIONE
1. In donne con tumore giovanile della mammella (<35 anni).
2. In donne con tumore pre-menopausale (<50 anni) e/o bilaterale della mammella o tumore
ovarico, con almeno una parente di 1° grado affetta da tumore pre-menopausale (<50
anni) e/o bilaterale della mammella o tumore ovarico.
3. In uomini con tumore della mammella con storia familiare positiva per tumori della
mammella e/o dell’ovaio.
4. In nuclei familiari con 3 o più casi di tumore della mammella e del pancreas.
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25
5. Nei nuclei familiari con probabilità di mutazione >10% calcolata partendo dal caso indice
affetto in età più giovanile o con tumori multipli. Sono stati sviluppati dei modelli
matematici per la stima della probabilità pre-test di identificare una mutazione dei geni
BRCA1 e BRCA2 così come sono disponibili tabelle di prevalenza delle mutazioni in base alla
storia oncologica personale e familiare:
o modello BRCAPRO (Parmigiani 1998), frequentemente aggiornato;
o modello BOADICEA (Antonioiou 2008);
o modello Tyrer-Cuzick (Tyrer 2004), prende in considerazione la storia riproduttiva
e l’eventuale patologia mammaria benigna nonché la storia familiare;
o tabelle di prevalenza della Myriad Genetic Laboratories (Frank 2002) basate sulla
esperienza diagnostica e periodicamente aggiornate.
Ö IL TEST SUL DNA NON È INDICATO
- Come screening della popolazione generale.
- Come test di routine in gravidanza non a rischio.
- Nei nuclei familiari con ricorrenza di soli tumori post-menopausali della mammella (>50 anni) e:
o nessun tumore bilaterale della mammella;
o nessun tumore della mammella con istotipo basal-like (o midollare atipico);
o nessun tumore dell’ovaio;
o nessun tumore della mammella maschile.
(nei nuclei familiari con queste caratteristiche la probabilità di identificare una mutazione BRCA1 o
BRCA2 è molto bassa).
Ö COME PRESCRIVERE L’ANALISI
In accordo con quanto stabilito dal D.G.R. 21-2688 del 30/09/2008 (Appropriatezza
prescrittiva per le analisi di laboratorio) e dal D.G.R. 12-10888 del 02/03/2009 (Riorganizzazione
dell’attività di Genetica Medica), l’analisi per tumori ereditari della mammella e dell’ovaio può
essere prescritta come segue:
- quando non sono note le mutazioni nella famiglia: “analisi dei geni BRCA1 e BRCA2”.
- quando è già stata identificata una mutazione in famiglia: “analisi della mutazione BRCA
nota in famiglia” (specificare gene, esone e codifica della mutazione).
Si raccomanda di specificare nella richiesta l’indicazione all’analisi, da scegliere fra le
possibilità sopra elencate.
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26
5. INDICATORI
5.1
SITUAZIONE ATTUALE
La costruzione degli indicatori per la verifica dell’appropriatezza prescrittiva dei test di
Genetica Medica risente di un fondamentale difetto informativo, poiché gli attuali flussi regionali
non permettono di costruire indicatori specifici; in altri termini la descrizione dell’esame, ad es.
sequenziamento (91.30.3 - analisi di segmenti di DNA mediante sequenziamento) è limitata alle
tecniche impiegate e quindi non permette di risalire a quali geni siano stati analizzati né per quale
malattia il test sia stato effettuato.
A questo principale problema se ne aggiungono altri due:
- Non esistono normative in merito alla formulazione della richiesta; ad es. per la celiachia
si potrebbero ritrovare le seguenti diciture: “test genetici per celiachia”, “tipizzazione + HLA classe
II”, “ricerca DQ2-DQ8”, “tipizzazione DQB1 per alleli DQA1*05, DQB1*02”, ecc. L’utilizzo di
definizioni vaghe può lasciare ai Laboratori la scelta di eseguire esami a loro discrezione (sia in
difetto che in eccesso, aventi sensibilità diversa, con costi molto diversi, e talvolta indicati solo per
ulteriori livelli di approfondimento diagnostico).
- I test vengono spesso eseguiti utilizzando kit diversi tra di loro anche per il numero di
determinazioni; è quindi possibile che vengano eseguiti test inappropriati o inutili solo perché
presenti nello stesso kit.
Al momento è dunque impossibile costruire indicatori per verificare l’aderenza a quanto
previsto dal documento; per lo stesso motivo risulta impossibile ottemperare alla raccomandazione
della Commissione Ministeriale per la Genetica nel SSN (dicembre 2008), che invitava ad utilizzare
indicatori di “appropriatezza generica”, non relativi cioè alle singole prestazioni ma al complesso
delle prestazioni di un certo tipo e alla popolazione degli assistiti. Si propone pertanto la strategia
di seguito descritta.
A) Una modifica dei codici delle prestazioni del nomenclatore regionale, o meglio una loro
integrazione, che permetta di accoppiare alla tecnica di esecuzione prevista dall’elenco, il tipo di
gene analizzato e la malattia per la quale il test viene eseguito, iniziando dai test descritti in questo
Documento. Ciò permetterebbe di disporre di report completi e aggiornati sull’esecuzione dei test
nei diversi Laboratori.
B) L’Accordo Stato-Regioni del 2004 recita come la struttura che esegue il test “(…) deve
conservare i consensi informati all'esecuzione dei test genetici, sottoscritti dagli interessati, allegati
alle informazioni anagrafiche della persona che si sottopone al test e alla documentazione delle
prestazioni erogate in una scheda informativa in cui venga riportata anche l'indicazione per
l'esecuzione del test da parte del medico che l'ha formulata.” Si propone pertanto, anche prima
della realizzazione del punto precedente, l’utilizzo di un modulo che potrebbe essere reso
disponibile per il download sul sito della Regione, senza il quale il Laboratorio non possa procedere
all’esecuzione del test (si veda la proposta in Appendice). Questa procedura dovrebbe essere
accompagnata da un provvedimento che inviti i Laboratori a verificare che il modulo sia compilato
in tutte le sue parti e, in assenza di tale requisito, a sospendere l’esecuzione del test inviando una
nota di non conformità al medico richiedente. Ciò permetterebbe dei controlli a campione della
documentazione conservata dai Laboratori, per verificare l’appropriatezza prescrittiva (indicazione
all’esecuzione del test; esecuzione limitata agli esami appropriati come definiti da questo
Documento) e per individuare eventuali inosservanze.
AReSS Piemonte
Appropriatezza Test Genetici
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Poiché l’organizzazione della Genetica Medica in Piemonte è un compito che esula da
questo Documento, essendo stato affidato ai Centri di Riferimento, è evidente che tale strategia
potrebbe essere modificata in funzione di come verrà strutturata l’organizzazione regionale (ad es.
concentrazione in un solo Laboratorio Regionale di tutti i campioni per un determinato test, ecc.).
5.2
PROSPETTIVE FUTURE
È opportuno ricordare che la Commissione Ministeriale per la Genetica nel SSN (dicembre
2008) rileva la necessità di disporre di informazioni attendibili relativamente ai dati delle attività;
ciò richiede lo sviluppo di adeguati sistemi informativi, ora carenti (vedi paragrafo 1.7); questi
indicatori renderebbero possibile:
- monitorare l’erogazione delle prestazioni;
- individuare i profili prescrittivi;
- fissare standard di riferimento rispetto ai quali condurre un’analisi degli scostamenti.
In un successivo passo, lo stesso Documento collega a queste valutazioni le regole di
rimborsabilità delle prestazioni, auspicando che “anche per la Genetica Medica vengano applicati i
principi (…) per definire forme di pagamento prospettiche, determinate a priori, sulla base di
regole trasparenti; inoltre il sistema tariffario deve accompagnarsi a opportuni controlli di qualità e
di appropriatezza (…)”.
Al fine di permettere una verifica dell’appropriatezza prescrittiva sulla base dei flussi
informativi (ottemperando così alla raccomandazione della Commissione Ministeriale sull’uso di
indicatori di “appropriatezza generica”), e al fine anche di realizzare una banca dati che permetta
di conoscere in modo approfondito l’attività di Genetica Medica nella nostra Regione, pur
riconoscendo che si tratta di valenze organizzative che esulano dal mandato di questo Documento,
si auspica:
1. L’estensione della modifica dei codici delle prestazioni del nomenclatore regionale sino a
comprendere tutti i geni analizzati e non solo quelli descritti in questo Documento.
2. L’implementazione in tutti i Laboratori di software gestionali, già utilizzati da alcuni di essi,
che permettano di collegare ai test eseguiti le altre informazioni (malattia, indicazioni al
test, ecc.), e in grado di generare output compatibili, che possano convergere in un unico
data-base regionale, superando le limitazioni del metodo proposto in questo Documento
(scheda e verifica).
Si segnala infine l’incongruenza al momento in atto tra la necessità per il paziente di disporre di
una impegnativa del SSN redatta dal medico curante, e il D.G.R. 19-6647 2007 che limita la
prescrizione dei test genetici esclusivamente al Genetista o a “specialista che segue indirizzi
formalmente riconosciuti dalla Regione”.
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Appropriatezza Test Genetici
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6. APPENDICE
[fronte]
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[retro]
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