Scheda tecnica sul funzionamento dei controlli di compliance in banca

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Scheda tecnica sul funzionamento dei controlli di compliance in banca
“Arrangements and procedures on the sales of
financial products” (VS/2010/0737 )”
With EU contribution
MiFID, Compliance e Codici etici
Il sistema “MiFID Compliant” nelle Banche italiane
Domenico Iodice – APF FIBA Research Dept.
I profili procedurali ed organizzativi
• L’accresciuta importanza del profilo organizzativo trova
riscontro normativo nel:
– Regolamento congiunto Banca d’Italia/Consob del 29.10.2007:
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Solidi dispositivi di governo societario;
Efficace sistema di gestione del rischio d’impresa;
Corretto esercizio delle responsabilità;
Presenza di personale qualificato e competente;
Efficaci sistemi di segnalazione e comunicazione delle informazioni;
Registrazione ordinata dei fatti di gestione;
Tutela della riservatezza delle informazioni;
Politiche di continuità e regolarità dei servizi;
Sistema dei controlli interni (compliance);
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I profili procedurali ed organizzativi (segue)
• Quanto descritto ha generato una nuova consapevolezza degli
operatori per i profili organizzativi e di compliance
• (per la definizione, almeno, di adeguate procedure interne di
investimento e disinvestimento, di identificazione e gestione dei conflitti
di interessi, di identificazione e gestione degli incentivi, nonché delle
procedure MiFID e antiriciclaggio);
• Nelle slides seguenti vengono evidenziate alcune applicazioni
pratiche ed operative dei principi e obblighi sopra sintetizzati
con riferimento:
– Alla Relazione sulla struttura organizzativa;
– Al Manuale delle procedure interne, al codice interno di
comportamento e a taluni processi gestionali.
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Compliance: nozione
• Con il termine compliance normativa (o regulatory
compliance) si intende la conformità a determinate norme,
regole o standard; indica il rispetto di specifiche disposizioni
impartite dal legislatore, da autorità di settore, da organismi di
certificazione nonché di regolamentazioni interne alle società
stesse.
• In banca la funzione di compliance ha il compito di verificare
che “le procedure interne siano coerenti con l’obiettivo di
prevenire la violazione di norme di eteroregolamentazione (leggi
e regolamenti) e autoregolamentazione (codici di condotta,
codici etici)” al fine di evitare rischi di “incorrere in sanzioni,
perdite finanziarie o danni di reputazione in conseguenza di
violazioni di norme legislative, regolamentari o di
autoregolamentazione”.
• Il concetto di compliance in azienda è solitamente associato
anche al concetto di onestà ed etica nei comportamenti in
relazione a codici etici o principi deontologici.
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Perché una funzione di Compliance?
• L’esigenza di istituire in azienda una funzione specifica di
Compliance nasce dalle riflessioni condotte a livello
internazionale, anche a fronte di scandali e fallimenti specie in
campo finanziario, che hanno evidenziato l’esigenza di
rafforzare presidi organizzativi volti ad assicurare la piena
osservanza delle normative riguardanti l’attività svolta e, in
particolare, le relazioni con la clientela specie per quel che
riguarda la trasparenza dei rapporti contrattuali.
• la funzione di compliance è chiamata a svolgere un ruolo
complementare rispetto al sistema di gestione dei rischi
previsto dalla regolamentazione prudenziale (Basilea II per le
banche, Solvency II per le assicurazioni); la compliance ha
infatti un’ottica prevalentemente preventiva nel presidiare
rischi di carattere legale e reputazionale.
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La Compliance è obbligatoria?
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Banche, intermediari che offrono servizi di investimento ed assicurazioni
devono obbligatoriamente istituire una funzione di compliance secondo le
indicazioni fornite rispettivamente da:
Banca d’Italia il 12 luglio 2007 nelle “Disposizioni di Vigilanza - La funzione di
conformità (compliance)”;
CONSOB* (congiuntamente a Banca d'Italia) il 29 ottobre 2007 nel
“Regolamento in materia di organizzazione e procedure degli intermediari che
prestano servizi di investimento o di gestione collettiva del risparmio”;
ISVAP** il 26 marzo 2008 nel “Regolamento N. 20 recante disposizioni in
materia di controlli interni, gestione dei rischi, compliance (…).
Tali normative di vigilanza recepiscono i principi-guida in materia dal
Comitato di Basilea (2005; ultimo aggiornamento 16 marzo 2010).
*autorità amministrativa indipendente, la cui attività è rivolta alla tutela degli investitori, all'efficienza, alla trasparenza e allo
sviluppo del mercato mobiliare italiano
** ha funzioni di vigilanza nel settore delle assicurazioni
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Rischio di compliance e rischio operativo
• La Banca d’Italia definisce il rischio di non conformità alle
norme come “il rischio di incorrere in sanzioni giudiziarie o
amministrative, perdite finanziarie rilevanti o danni di
reputazione in conseguenza di violazioni di norme imperative (di
legge o di regolamenti) ovvero di autoregolamentazione” (es.
statuti, codici di condotta, codici di autodisciplina)
• La definizione indica chiaramente che il rischio di non
conformità si articola su due dimensioni:
• rischio legale;
• rischio reputazionale.
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Scheda di approfondimento
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Il Comitato di Basilea è stato istituito dai governatori delle Banche
centrali dei dieci paesi più industrializzati (G10) alla fine del 1974. I
membri attuali del Comitato provengono da Belgio, Canada, Francia,
Germania, Italia, Giappone, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna,
Svezia, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti.
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Il Comitato opera in seno alla BRI, Banca dei Regolamenti
Internazionali, con sede a Basilea, un'organizzazione internazionale
che ha lo scopo di promuove la cooperazione fra le banche centrali ed
altre agenzie equivalenti allo scopo di perseguire la stabilità monetaria
e finanziaria.
Obiettivo del Comitato è quello di concordare politiche comuni volte
ad evitare che normative, comportamenti e procedure difformi
all’interno dei singoli sistemi finanziari nazionali possano portare
a conseguenze negative sul sistema finanziario globale.
•
Il Comitato non possiede alcuna autorità sovranazionale e le sue
conclusioni non hanno alcuna forza legale. Le linee guida, gli standard,
le raccomandazioni del Comitato sono formulati nell'aspettativa che le
singole autorità nazionali possano redigere disposizioni operative che
tengano conto delle realtà dei singoli stati. In questo modo il Comitato
incoraggia la convergenza verso approcci comuni e comuni standard.
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Il rischio operativo
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Il Comitato di Basilea definisce il rischio operativo come “il rischio di perdite … derivanti
da disfunzioni a livello di procedure, personale e sistemi interni, oppure da eventi
esogeni. Questa definizione comprende il rischio legale, ma non quelli di posizionamento
strategico e di reputazione”.
Le principali fattispecie di rischio operativo potenziali causa di perdite sostanziali sono:
frode interna (es.: alterazione intenzionale di dati, sottrazione di beni e valori, operazioni in
proprio basate su informazioni riservate);
frode esterna (es.: furto, contraffazione, falsificazione,pirateria informatica);
rapporto di lavoro e sicurezza – (es.: risarcimenti richiesti da dipendenti, violazione delle
norme a tutela della salute e sicurezza, attività sindacale, pratiche discriminatorie,
responsabilità civile);
pratiche connesse con la clientela, i prodotti e l’attività (es.: violazione del rapporto
fiduciario, abuso di informazioni confidenziali, transazioni indebite effettuate per
conto della banca, riciclaggio di denaro di provenienza illecita, vendita di prodotti non
autorizzati);
danni a beni materiali;
disfunzioni e avarie di natura tecnica;
conformità esecutiva e procedurale (es.: errata immissione di dati, gestione inadeguata
delle garanzie, documentazione legale incompleta, indebito accesso consentito a conti di
clienti, inadempimenti di controparti non clienti, controversie legali con fornitori).
Esiste un’area comune tra rischio compliance e rischio operativo.
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Le regole fondamentali di Compliance
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Approccio per principi
L’approccio delle authority di controllo è caratterizzato da una limitata
prescrittività e si fonda, viceversa, sull’indicazione di principi generali,
integrati, ove necessario, da linee guida applicative e indicazioni sulle
prassi accettabili (principle based regulation). Il principio di
proporzionalità rappresenta, inoltre, il canone interpretativo e
applicativo per trasporre le indicazioni di vigilanza nella specifica realtà
aziendale in modo commisurato alla propria complessità dimensionale.
Indipendenza
In azienda la funzione di Compliance deve essere indipendente; ciò
significa che deve essere:
formalizzato lo status e il mandato della funzione attraverso
l’indicazione di compiti, responsabilità, addetti, prerogative;
nominato un responsabile indipendente;
assicurata la presenza di adeguati presidi per prevenire i conflitti di
interesse attraverso, in particolare, la previsione di flussi informativi
separati e dedicati.
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La MiFID nei flussi organizzativi
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Ruolo degli organi di vertice
La compliance è una responsabilità del vertice aziendale: il consiglio di
amministrazione, il collegio sindacale e il direttore generale devono
assicurare una efficace gestione del rischio di conformità. A tal fine:
definiscono adeguate politiche e procedure di conformità;
stabiliscono canali di comunicazione efficaci per assicurare che il personale a
tutti i livelli dell’organizzazione sia a conoscenza dei presidi di conformità;
assicurano che le politiche e le procedure vengano osservate all’interno della
organizzazione nel caso emergano violazioni;
accertano che siano apportati i rimedi necessari;
delineano flussi informativi volti ad assicurare agli organi di vertice della società
piena consapevolezza sulle modalità di gestione del rischio di non conformità.
Perimetro normativo
Ogni azienda deve definire il perimetro di riferimento della propria “funzione di
Compliance”, individuando le norme, di etero e autoregolamentazione, rispetto
alle quali essa ha la responsabilità di assicurare la conformità in via attuale e
prospettica; in tale ambito, vanno considerati settori e aree di operatività,
strategie perseguite, modelli di business adottati, prodotti e servizi offerti,
tipologia di clientela, priorità di rischio eventualmente rilevate.
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Compliance e Internal Audit
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Indicazioni di Banca d’Italia
La funzione di conformità si inserisce nel più ampio sistema dei controlli
interni ed in particolare nell’ambito delle funzioni di controllo sulla
gestione dei rischi.
Nelle banche la Compliance è una funzione di controllo di “secondo
livello” ed ha l’obiettivo di “concorrere alla definizione delle
metodologie di misurazione/valutazione del rischio di conformità, di
individuare idonee procedure per la prevenzione dei rischi rilevati e di
richiederne l’adozione. Il ruolo descritto differenzia la funzione di
conformità da quella di revisione interna (cfr. Titolo IV – Capitolo 11 –
Sezione II – Par. 1 delle Istruzioni di Vigilanza)”.
L’adeguatezza ed efficacia della funzione di conformità devono essere
sottoposte a verifica periodica da parte dell’Internal Audit o revisione
interna (che nelle banche è una funzione di controllo di terzo
livello); di conseguenza, per assicurare l’imparzialità delle verifiche, la
funzione di conformità non può essere affidata alla funzione di
revisione interna.
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La comunicazione BI-CONSOB 8 marzo 2011
Le reciproche competenze sono state ora chiarite, evitando duplicazioni:
La Compliance valuta il rischio di non-conformità delle prassi
alle norme poste a tutela della Clientela in tema di servizi
Finanziari (MiFID) e stabilisce i correttivi idonei.
L’Internal Audit verifica la correttezza dell’operatività
aziendale valutandone l’efficacia organizzativa (deleghe,
procedure informatiche, controlli) e il connesso rischio
patrimoniale; adotta i provvedimenti disciplinari verso i
dipendenti.
Si richiedono forti sinergie operative (c.d.”accordo di servizio”)
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La piramide dei controlli MiFID
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L’autonomia dei controlli
• Il Regolamento Congiunto Banca d’Italia - Consob del
29/10/2007 stabilisce che le Banche istituiscano e mantengano
funzioni di controllo permanenti, efficaci ed indipendenti,
fermo il principio di proporzionalità;
• le funzioni di controllo devono disporre di autorità, risorse e
competenze necessarie a svolgere i loro compiti;
• non vi deve essere subordinazione tra controllanti e controllati;
• i soggetti che esercitano le funzioni aziendali di controllo non
partecipano alla prestazione dei servizi controllati;
• le funzioni aziendali di controllo devono essere separate sotto il
profilo organizzativo;
• i meccanismi di remunerazione dei soggetti titolari delle funzioni di
controllo non devono comprometterne l’obiettività.
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Il Manuale delle Procedure Interne
• Le procedure interne che regolano le diverse attività
dell’intermediario sono contenute in uno o più manuali e
mansionari interni;
– In effetti, come il sistema dei controlli, anche il sistema procedurale
conosce un livello di dettaglio crescente e di competenza
approvativa e attuativa decrescente:
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Codici di comportamento,
linee guida e policies;
Procedure interne; e
Protocolli operativi;
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Consiglio di
Amministrazione;
Alta Direzione;
Responsabili di funzione.
– Le procedure possono distinguersi anche in “orizzontali” e
“verticali”.
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I Codici interni di comportamento
• Al vertice del sistema procedurale si pongono i Codici Etici
(che descrivono i principi di relazione e comportamento) e i
Codici Interni di Comportamento;
• Questi ultimi, in particolare, definiscono le linee guida generali
del sistema comportamentale e organizzativo; si occupano, tra
l’altro, di:
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Riservatezza e trattamento informazioni privilegiate e confidenziali;
Omaggi e rapporti con soggetti esterni;
Gestione dei conflitti di interesse (trasparenza ed obblighi specifici);
Sanzioni;
– La corretta applicazione delle misure e delle procedure suddette è
valutata periodicamente dall’organo con funzione di controllo, che
comunica le proprie valutazioni all’organo con funzione di
supervisione strategica affinché adotti le misure necessarie.
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Natura dei Codici etici
• Gli atti unilaterali denominati “Codici di autoregolamentazione”
(Codici etici, Codici di Condotta, Carte Valori) sembrano ad una
prima analisi inadeguati a garantire l’esigibilità degli impegni
dichiarati. Tale conclusione sembra tuttavia piuttosto affrettata.
Mentre è chiaro che non si può costringere una banca ad
adottare un modello di assunzione di responsabilità ulteriore
rispetto alla legge (il codice etico è, per definizione, volontario),
è altrettanto chiaro che, una volta liberamente assunto,
l’impegno ulteriore è giuridico. Il problema è duplice: come
qualificare e quantificare l’obbligo (riferito ai sistemi
incentivanti) e come presidiarne l’attuazione.
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Qualificare e quantificare l’obbligo
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Qualificare:
Qualificare il negozio giuridico si può definire “promessa al
pubblico”. Secondo l’art. 1989 codice civile, “colui che, rivolgendosi
al pubblico, promette una prestazione a favore di chi si trovi in
una determinata situazione o compia una determinata azione, è
vincolato dalla promessa non appena questa è resa pubblica”. La
promessa al pubblico, resa dall’imprenditore fonda l’affidamento del
lavoratore e/o del consumatore, che prende per buono l’impegno ad
attuare modelli di incentivazione equi e trasparenti (e perciò,
rispettivamente, lavora o compra con fiducia).
L’art. 1370 codice civile, inoltre, propone l’”interpretazione contro
l’autore della clausola”: le clausole dubbie, inserite dal dichiarante, si
interpretano a favore dei soggetti verso cui sono dirette: è così
sanzionata ogni ambiguità di formulazione del testo. Chi assume
impegni vaghi e apparentemente non verificabili, carpendo la buona
fede dei soggetti che nutrono legittime aspettative circa il loro rispetto,
risponde verso i soggetti medesimi delle relative conseguenze.
Quantificare gli strumenti che garantiscono l’attuazione degli impegni
aziendali in materia di equa e trasparente incentivazione: la Banca
d’Italia ora interviene autorevolmente, precisando che essi
consistono nel più stringente “controllo di conformità”, svolto
dalla funzione aziendale di compliance.
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Il modello ex D.Lgs. 231/2001
Societas delinquere potest
(colpa organizzativa)
presunzione
formazione
manleva
a) l'organo dirigente ha adottato
modelli di organizzazione e gestione
idonei;
b) esiste un organismo dell'ente
autonomo per iniziativa e controllo
con compito di vigilare sul
funzionamento e sull'osservanza dei
modelli;
c) le persone hanno commesso il reato
eludendo fraudolentemente i modelli;
d) non c’è stata omissione o carenza
di vigilanza.
Sanzioni disc.
Certe
Sistema premiale
negativo
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vessazioni
Sanzioni penali
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La funzione di Compliance
Rischi reputazionali
MiFID
Organo di gestione
(non operativi): diventano legali
Market Abuse
Best execution
Consulenze fee
only
Trasparenza
Istruzioni Bankitalia 12/7/2007
Compliance è la funzione di verifica
di conformità delle attività aziendali
alle leggi, ai regolamenti, alle
procedure ed ai codici di condotta.
C.A.I.
Organo di controllo
Privacy
Antiriciclaggio
Operatore MiFID
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CCNL del settore credito
• Art. 46 – Sistema incentivante
“Chiarimento a verbale”: “Le Parti stipulanti ritengono
opportuno che le imprese prevedano, nell’ambito dei sistemi
incentivanti, anche obiettivi di qualità e che i sistemi incentivanti
siano coerenti con i principi contenuti nella direttiva n.
2004/39/CE sui Mercati di Strumenti Finanziari (MiFID) e nelle
disposizioni di vigilanza in tema di compliance”.
Valore della norma contrattuale nella gerarchia delle fonti:
Il contratto è legge tra le parti.
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BANKITALIA: I NUOVI STRUMENTI DI CONTROLLO SUI SISTEMI INCENTIVANTI NELLE BANCHE
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In attuazione della Direttiva 2010/76/UE del 24 settembre 2010, la Banca
d’Italia ha recentemente emanato le “Disposizioni in materia di politiche
e prassi di remunerazione e incentivazione nelle banche e nei gruppi
bancari” (Provvedimento del 31 marzo 2011).
Tali disposizioni impattano su una normativa contrattuale “per principi
generali” e sulla conseguente opacità gestionale di aziende in materia di
sistemi incentivanti. Allo stato risultano generalmente non verificabili gli
elementi di”oggettività e trasparenza” che, ex art. 46 c.c.n.l., devono
informare sia i criteri di accesso ai sistemi d’incentivazione sia i meccanismi
distributivi degli stessi.
In questo quadro giuridico fortemente distonico tra principi e prassi, tra
norme e “zone grigie”, finalmente si innesta un “quid novi” in grado di dare
nuova linfa e concreta attuazione al combinato disposto di normativa
comunitaria, statuale, contrattuale (di primo e secondo livello) e,
appunto, regolamentare. Le Disposizioni della Banca d’Italia, infatti,
introducono non solo orientamenti di principio, ma disposizioni attuative,
dirette alle banche e dunque immediatamente vincolanti.
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Il nuovo Provvedimento Bankitalia
• Il par. 4.2 delle Disposizioni specifica, tra le funzioni di controllo,
l’obbligo di coinvolgimento della funzione di Compliance
nel processo di definizione delle politiche di remunerazione
“con modalità tali da assicurarne il contributo efficace e
preservarne l’autonomia di giudizio”; conseguentemente,
tale coinvolgimento si esprime in un giudizio “in merito alla
rispondenza delle politiche di remunerazione al quadro
normativo”. Ma non solo: “la funzione di compliance verifica, fra
l’altro, che il sistema premiante aziendale sia coerente con gli
obiettivi di rispetto dello statuto nonché di eventuali codici etici o
di altri standard di condotta applicabili (alla banca)… “ (par. 4.3)
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In che modo si innova il quadro normativo
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Mentre finora non era ben specificato chi potesse effettuare il controllo
degli standard applicativi dei principi in materia di sistemi incentivanti,
oggi Bankitalia chiarisce: a) che tale funzione è demandata al
Compliance; b) che l’esercizio della funzione è obbligatoria e non
discrezionale; c) che detto controllo è preventivo, cioè integra il
processo di formazione della volontà aziendale, rectius entra nel
processo deliberativo, validandolo; d) che esso non riguarda solo
le leggi, ma anche statuti, codici etici e/o di condotta, standard
applicabili.
In pratica, il sistema di esonero della responsabilità degli amministratori
delle banche, fondato sul D.Lgs. 231/2001, vale solo se la funzione di
compliance valida i meccanismi di incentivazione. Ma mentre finora era
inteso che la valutazione/validazione di conformità riguardasse il mero
rispetto delle leggi (molto vaghe in materia), oggi invece essa si
estende obbligatoriamente al merito, perché deve verificare anche la
coerenza: 1) tra prassi aziendali e impegni unilateralmente assunti da
ciascuna banca in ambito di codice di condotta o codice etico; 2) a
maggior ragione, tra prassi aziendali e impegni contrattualmente
assunti.
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MiFID: nuove implicazioni contrattuali
• La parte sindacale può attivarsi, in azienda, per formalizzare
segnalazioni di non-conformità delle prassi commerciali (ai
fini MiFID) alla funzione di Compliance.
• Grazie a tali implicazioni, probabilmente si dischiuderanno
all’interno delle banche nuovi e interessanti scenari per un
governo finalmente negoziale dei processi e dei sistemi di
remunerazione e incentivazione
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