Benefici a costo fisso
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Benefici a costo fisso
Identificativo: DO20070722035DAA Data: 22-07-2007 Testata: IL SOLE 24 ORE DOMENICA Riferimenti: ECONOMIA E SOCIETA' Pag. 35 Geografia e sviluppo Benefici a costo fisso Il nostro sistema di trasporti, tra la vicenda Alitalia e il progetto per la Tav, è a un momento cruciale: il rischio è che il localismo abbia la meglio sugli interessi generali del Paese - La storia degli aeroporti tedeschi dimostra che le attività produttive si localizzano anche in base a fattori storici Giorgio Barba Navaretti di Giorgio Barba Navaretti Sono giorni di grande tormento per il futuro delle nostre reti di trasporto per aria (Alitalia) e per terra (Torino-Lione). Non è ancora chiaro se la difesa degli interessi di pochi riuscirà a relegare la Penisola alla periferia dei traffici internazionali o se verrà rafforzata la nostra interconnessione con il resto del mondo. Le perplessità sulla Torino-Lione non vengono solo dagli abitanti della valle di Susa. Diversi attenti studiosi, (anche su queste colonne) hanno valutato come fortemente negativo il saldo tra costi e benefici di quest'opera. Forse hanno ragione, ma la minuzia dei loro conti rischia di essere miope come l'emotività del localismo. Ragionando sulla nostra infrastruttura, sarebbe infatti anche utile chiedersi cosa determini la localizzazione delle attività economiche, ossia, la distribuzione geografica di imprese, servizi e anche città. Può la costruzione (o la mancata realizzazione) di un grande progetto infrastrutturale influenzare l'arrivo o la partenza di attività economiche? Molto, ma, per capire come, prendiamo una strada un po' lunga, che parte dalla parabola degli aeroporti tedeschi, sulla falsariga di uno studio appena terminato dagli economisti Stephen J. Redding, Daniel M. Sturm e Nikolaus Wolf. Fino al 1937 gli aeroporti di Berlino e Francoforte rappresentavano rispettivamente il 30,5 e il 9,5 per cento del traffico passeggeri del Paese. Oggi le quote sono rovesciate: Berlino 8,4, Francoforte 36,5 per cento. In mezzo due grandi eventi storici, quelli che gli economisti definiscono come shock esogeni, ossia non riconducibili ad altri eventi economici: la costruzione e la distruzione del Muro di Berlino. La storia degli aeroporti tedeschi illustra bene e chiarisce il dibattito tra due scuole di pensiero, che danno una lettura molto diversa della localizzazione delle attività produttive. Una ritiene che dipenda unicamente da fattori economici misurabili: reddito pro capite, dimensione dei mercati, popolazione eccetera. La seconda anche da accidenti storici, che in qualche modo selezionano automaticamente tra diversi luoghi alternativi possibili. Le due ipotesi hanno implicazioni importanti, soprattutto per la politica economica. Nel primo caso, se i fondamenti economici non mutano, la mappa ottimale delle attività è una sola e non può essere influenzata dalla politica o da eventi storici estranei all'economia. Nel secondo, invece, le mappe possibili sono diverse, imprese, servizi o città possono formarsi e crescere in luoghi alternativi. Gli accidenti storici e anche azioni di politica economica determinano quale tra questi prevalga. Torniamo alla Germania. Per quale ragione il principale aeroporto nel dopoguerra diventa Francoforte? E perché dopo la riunificazione Berlino non riconquista il suo ruolo di hub principale, anzi addirittura perde quote di mercato? L'accidente storico della guerra e della divisione tra Est e Ovest è molto violento e cambia completamente la mobilità nei due territori. Il bellissimo film Le vite degli altri racconta proprio come ancora nella seconda metà degli anni Ottanta tale separazione fosse percepita come irreversibile. Era dunque inevitabile che il traffico aereo si spostasse all'Ovest. Ma perché Francoforte? Dal punto di vista dei fondamenti economici la città non è molto diversa da Cologna, Monaco, Düsseldorf. Ognuna sarebbe potuta diventare il nuovo hub. Ma uno hub funziona se supera una soglia critica di passeggeri e voli interconnessi tra loro. Una volta fatto l'investimento iniziale per raggiungerla, l'aeroporto si autosostiene, cresce. La mappa si definisce. Oggi, forse potrebbe avere senso che la massa di traffico si rispostasse a Berlino. La storia, con l'unificazione ha creato la premessa per ridisegnare la geografia degli aeroporti sulla base delle caratteristiche economiche delle città tedesche. Ma gli enormi costi sostenuti per creare Francoforte superano i vantaggi operativi che deriverebbero dalla rilocalizzazione. L'accidente storico ha definito la mappa iniziale e gli investimenti che ne sono conseguiti l'hanno resa irreversibile, a meno di nuovi sconvolgimenti epocali. Il caso tedesco definisce una regola banale, ma a cui vale la pena di pensare e che spiega come elementi economici e accidenti storici interagiscano. La decisione di spostare una certa attività dipende dalla dimensione dei costi iniziali fissi dello spostamento (costruzione dei teminal eccetera) relativamente ai benefici operativi che se ne possono derivare (aumento del numero di voli). Lo spostamento avviene se i secondi sono maggiori dei primi; uno shock (vedi costruzione del Muro) o un intervento di politica può modificare la relazione tra i due. Se il guadagno in termini di proventi sui voli fosse maggiore dei costi fissi di costruzione di un nuovo hub, l'aeroporto di Francoforte si sposterebbe, così come cinquant'anni fa, anche se in direzione opposta. Ma la dimensione dell'evento storico oggi non è tale da modificare la geografia esistente. Arriviamo infine a noi. In che modo un grande progetto come la Torino Lione entra nel nostro ragionamento? Proviamo ad applicare la logica dell'aeroporto di Francoforte a un'impresa del Nord Italia. Questa rimane dov'è se i costi fissi per trasferirsi altrove sono maggiori dei vantaggi operativi che derivano dallo spostamento. Le imprese oggi riescono a sopravvivere se i costi della logistica internazionale delle proprie attività sono bassi, se i costi di trasporto incidono poco. Se il corridoio cinque non venisse completato, tali costi sarebbero probabilmente più elevati che in altre città europee. Operare a Sud delle Alpi potrebbe diventare difficile. Se i costi di trasferimento non fossero eccessivi (e grazie alle nuove tecnologie continuano a scendere) la nostra impresa avrebbe probabilmente ragione di trasferirsi. Con i mercati profondamente integrati, la rinuncia a un'infrastruttura di trasporto vitale, per quanto costosa, potrebbe essere un nuovo muro di Berlino: un accidente storico che contribuisce a trasformare la nostra economia da uno hub a un aeroclub. [email protected] 1Stephen J. Redding, Daniel M.Sturm, Nikolaus Wolf, «History and Industry Location: Evidence from German Airports» Cepr, Londra, Discussion Paper n. 6345, www. cepr.org.