piccolo viaggio negli antichi mestieri verticale - Lavoro

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piccolo viaggio negli antichi mestieri verticale - Lavoro
Provincia di Imperia - Settore Centri per l’Impiego/OML
piccolo viaggio negli antichi mestieri
Cinzia e Monica, restauratrici di dipinti, libri e opere su carta, Imperia
“Vi aspettiamo alle cinque in cantiere…” E noi, precisi precisi alle 17 siamo su un molo, con
un vento freddo che entra nelle ossa…Aspetta, aspetta, ma che cantiere è? E noi dove
siamo? E chi sono quelle due ragazze che ci chiamano lassù in cima a quel ponteggio?”
Avete ragione, torniamo indietro. Allora, le due ragazze sono Cinzia e Monica, e sono due
restauratrici, di dipinti e libri antichi. E noi ci troviamo qui perché loro stanno ultimando,
insieme ad altre persone, il restauro di una palazzina liberty. Chiaro? Ci fermiamo per una
mezz’oretta, poi finiscono il lavoro, rimettono gli abiti “civili” e andiamo tutti nel loro
laboratorio. Da dove cominciamo? Poche parole, la migliore presentazione è farci vedere
cosa hanno fatto fino ad oggi: ci aprono l’album dei lavori eseguiti finora, e di roba ce n’è
davvero tanta…di ogni genere. Tra gli altri restauri eseguiti colpiscono la nostra attenzione
quello riguardante un antico mappamondo, una pergamena del 1682 e alcune antiche
incisioni. Ok, partiamo con la solita nenia: “Lo sapete che siete in pochi a fare questo
lavoro?
E secondo voi perché?” “E’
vero, specialmente per
quanto riguarda il lavoro di
restauratore
di
carta,
questa figura in questa
zona non c’è; al contrario,
è una figura molto diffusa
in altre province (loro ci
segnalano
Firenze).
Secondo noi forse è solo
una questione di mentalità,
che circonda questo
settore; in generale tutto quello che riguarda i dipinti è più facile da identificare, mentre
quello che riguarda ad esempio la carta e i tessuti meno”. “Ma come si impara questo
lavoro?” “Un po’ di teoria, vengono fatti molti corsi di formazione, ma è indispensabile la
pratica“ (nel loro caso diploma di scuola d’arte e più di 10 anni di esperienza sul campo).
Loro, dopo svariate esperienze “da singole” in questa e in altre province, all’inizio di
quest’anno si sono incontrate ad un corso (di legatoria), ed è partita l’avventura: uno stage
a Torino (presso l’Archivio di Stato), poi la decisione di collaborare.
E come dicevamo lavorano principalmente su due settori: dipinti e libri antichi. “Dai
cominciamo la tortura, perché avete scelto questo lavoro?” “Un po’ per il piacere di lavorare
in autonomia, ma sicuramente per passione, per vedere un lavoro che nasce, rimettere a
nuovo un oggetto antico, riportandolo allo splendore originale…E’ quello che abbiamo
voluto sempre fare”. “Iniziare è difficile?” “Scrivetelo bene: i corsi sono fondamentali, è
ovvio. Ma danno solo la base, poi è tutta pratica, si guardano gli altri, si prendono appunti,
si comprano libri, si trae esperienza dall’esperienza degli altri”. Quindi la pratica. Tanta.
Ma può fare la differenza anche la fortuna di incontrare persone in gamba, dalle quali
apprendere bene i mille segreti di questa arte; e durante la nostra bella conversazione
sentiremo spesso due nomi, Marta Wrubl e Alice Ferroni, insegnanti di un corso seguito
dalle nostre amiche, che tanto le hanno incoraggiate ed aiutate. “Il problema non riguarda
tanto i materiali d’uso, quanto i macchinari che sono cari. Ma mettete sempre al primo
posto il costo di dover studiare tanto prima di poter affrontare il mercato”. Ok, ok, abbiamo
capito: passione e voglia di lavorare. “E non dimenticate la calma, la pazienza; sapete che ci
sono lavori che possono durare per dei mesi?”
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“Ma quanto lavorate? E
come lavoro durante l’anno
come va? Ci sono dei
picchi?”
“Siamo
assolutamente
senza
orario…e no, la mole di
lavoro più o meno durante
l’anno non cambia. E poi
comunque
si
studia
sempre…” “Vi siete già tolta
qualche
bella
soddisfazione?” “Si, abbiamo
già avuto tra le mani
qualche bel libro antico
(speriamo che la foto possa
renderne la bellezza) e
qualche bel quadro…
rischiamo di ripeterci, ma per noi è sempre una soddisfazione. E’ affascinante ogni lavoro
che si finisce!” “La cosa più bella di questa attività?” “Riportare alla vita una cosa vecchia di
centinaia di anni, avere l’opportunità di toccare oggetti che non tutti possono toccare,
riparare agli errori di altri restauratori, vedere la soddisfazione del cliente”. “Ok, ma qui è
tutto bello? Aspetti negativi non ce n’è?” Un po’ di incertezza…“Si, ce ne sono; siamo agli
inizi, quindi le preoccupazioni non mancano, eccome…c’è l’incertezza di trovare un nuovo
lavoro quando si sta per finire quello in corso, c’è tanta gente che si improvvisa
restauratore (e ci parlano di tanti brutti restauri già visti in giro) che finisce per portare via
il lavoro a chi lo fa con ben altri stimoli…” “Ma lo consigliereste davvero un lavoro così?”
“Si, sicuramente, ma ci vuole passione,
con la p maiuscola…” Comunque la loro
produzione è diversificata: si occupano
di decorazioni di facciate, restaurano
statue in legno, fanno ritratti (ne
vediamo alcuni dal vero, bellissimi),
agende, oggetti in carta, rifanno gli
interni delle abitazioni (a volte anche
camere di bimbi), soprattutto con la
tecnica del trompe l’oeil (letteralmente
“inganna l’occhio”, è l’arte di dipingere
delle vere e proprie illusioni ottiche su pareti inizialmente vuote, specialmente attraverso
finte finestre e balconi). Ma come si restaura un libro? Ci limitiamo a sintetizzare quanto ci
hanno detto, sperando di essere chiari: c’è la fase di schedatura, con l’analisi del libro (la sua
composizione, le sue malattie e danni), la pulitura (con bisturi e spatola, per le macchie e gli
escrementi degli animali) e lo smontaggio del libro, il lavaggio (se necessario, si cerca di
evitare di bagnare la carta) per pulire e disinfettare, la ricollatura per rinsaldare la carta e gli
inchiostri, il rattoppo manuale con l'uso di carta giapponese (carta molto sottile e
trasparente) e colle reversibili, la sutura degli strappi, la rifascicolazione e cucitura (il più
possibile simile all'originale), il rifacimento di capitelli e cuffie, il montaggio della coperta del
libro. Semplice, no? Non proprio… Se il libro si lava, il discorso cambia: di solito si usa acqua
deionizzata, ma se occorre si segue un procedimento di deacidificazione (quando la carta è
acida, in tal caso la carta è di colore bruno e spesso dipende dal tipo di materiale usato e
dall’epoca). Si procede invece ad una vera e propria disinfezione per distruggere funghi,
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batteri, larve ed uova di insetti. E poi ci parlano delle mille precauzioni da prendere in caso si
lavori su pergamena: non si deve bagnare (rimarrebbe tutta accartocciata), ma si agisce
creando una “camera umida” e ammorbidendola con il vapore acqueo. Per ultimo si distende,
e si pone sotto ad una pressa. È un’operazione delicatissima, di grande responsabilità.
Per quanto riguarda il restauro
di un dipinto: se la tela è
danneggiata e quindi bisogna
applicarne un’altra su quella
originale si procede con una
foderatura a colla di pasta o
con colla sintetica, a seconda
dell’epoca del quadro. Prima di
questa fase il dipinto viene
velinato con carta giapponese,
poi si svelina (si pulisce in
maniera
approfondita
con
acqua calda) e si continua la
pulitura
con
solventi
e
detergenti specifici. Si stuccano
le lacune dove manca il colore (per fare una base) con gesso di Bologna (è un tipo di gesso
che può essere mescolato a qualsiasi legante senza che ne alteri le caratteristiche) e colla di
coniglio. Si procede quindi con un’integrazione pittorica a puntinato (o rigatino), poi si fa una
verniciatura finale a spruzzo, per fissare il tutto…”Quante cose nuove!!! Ce le
ricorderemo?…Ma questo lavoro cambia con il tempo o no?” “Si, è cambiato molto. La
tecnologia ha fatto passi da gigante, in aiuto al restauratore. I corsi certo non mancano, e
andrebbero fatti spesso, per andare incontro alle nuove tecniche ed ai nuovi materiali”. “E’
redditizio?” “E’ artigianato, con tutti i suoi pro e i suoi contro…la cosa principale è farsi
conoscere, avere contatti. La nostra clientela sta aumentando, frutto del passaparola. Ma
tutto dipende dalla professionalità che si dimostra di avere, siamo fiduciose, finora le cose
sono andate davvero bene”. “E i prezzi?” “Il discorso
è lungo, sono tutte cose diverse, si parla di oggetti
unici, non ci sono due lavori uguali; dietro ad ogni
lavoro commissionato c’è uno studio approfondito,
ed il restauro viene eseguito adottando le tecniche
più appropriate, riuscendo a mantenere
comunque prezzi competitivi…” “Forse è un po’
presto per chiedervelo, ma avete già dei clienti
tipo?” Al momento ci parlano di “una clientela
soprattutto locale” fatta di passaparola, “e poi siamo
sempre in giro per mercatini e fiere per conoscere e per farci conoscere”. Tenetevi forte,
arriva la domanda più indigesta…”Secondo voi c’è davvero bisogno del vostro lavoro?” Non
ci pensano neanche un secondo: “Si, c’è pieno di cose da restaurare. Pensate solamente al
patrimonio immenso delle parrocchie, e poi ai tanti archivi, alle biblioteche, ai privati. Per
non parlare del centro storico di Taggia…”. Nella nostra intervista siamo finiti spesso su un
punto: a quanto ci dicono c’è molta gente che “si improvvisa” in questo settore, e ciò non è
sicuramente una cosa bella, per tutti, al punto che ci sentiamo dire che “in giro si vedono
tanti lavori rovinati, per farvi un esempio preferiamo lavorare su un oggetto completamente
da rifare piuttosto che uno restaurato male”: e questo è un lavoro di responsabilità, alcuni
oggetti possono avere davvero un grande valore. Adesso le guardiamo lavorare: tra un
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discorso e l’altro ci dicono un mucchio di cose, interessantissime (inutile dire che
l’argomento è immenso, noi in un pomeriggio ne impareremo un miliardesimo…). Intanto, il
punto di partenza per tutti i restauri, che è la scheda di restauro. In pratica è un’analisi
visiva, con la quale si prende in considerazione tutto ciò che riguarda l’opera e si
propongono gli interventi da fare (quindi che cos’è, di quale materiale è fatta, cosa
rappresenta, l’epoca, lo stato di conservazione, gli interventi di restauro, la collocazione,
l’autore, le dimensioni, ecc.). Da
questa scheda parte tutto il
lavoro. Poi scopriamo tanti
termini e cose che ignoravamo:
il tassello di pulitura (si lavora
solo su una piccola parte del
dipinto da restaurare per far
vedere
alla
sovrintendenza
come dovrebbe venire l’opera a
lavoro finito), il foxing (macchie
giallastre che si manifestano
sulla
carta,
probabilmente
causate dallo sviluppo di un
microrganismo), il torcoletto (è
una morsa che si usa per
bloccare il libro da restaurare), la stecca d’osso (che si scalda leggermente quando è
utilizzata e fa aderire la carta nuova su quella vecchia), i vari bisturi, le spatole. Scopriamo
che quando si restaura un dipinto “da lontano non deve vedersi niente, da vicino si,
altrimenti potrebbe sembrare un falso”, e poi via, a parlare delle tante fasi di un restauro.
Tra queste, quella della scarnitura, un tipo di tecnica che viene realizzata servendosi di un
piano luminoso: In poche parole, si aggiunge alla carta da restaurare della carta giapponese
dello stesso spessore, e quindi si lascia asciugare la colla; per finire tramite un bisturi si
elimina la carta in eccesso lungo il bordo della lacuna iniziale, lasciando le fibre necessarie
per creare l’aggancio all’originale.
L’intervista è finita, quante cose che abbiamo imparato (si fa per dire)! L’impressione che
abbiamo avuto noi? E’ una materia stranissima, un mix di procedimenti antichissimi e
tecniche ultra-moderne, che si integrano alla perfezione tra di loro.
Per concludere aggiungiamo che al momento, naturalmente, le nostre amiche Cinzia e
Monica non hanno bisogno di altre persone, ma si dicono disponibili a accogliere stagisti; e
questo fa loro onore!
“La cosa più strana fatta finora?” “…C’è capitato un po’ di tutto; così sul momento ci viene
in mente la richiesta di un signore genovese, collezionista di fumetti di Asterix, che si è
rivolto a noi per restaurare alcuni pezzi della sua preziosa collezione. E per di più in lingua
hindi!” “I prossimi lavori?” “Ne abbiamo, siamo ottimiste. Dobbiamo anche restaurare un
carro piemontese” (per intenderci: è molto simile ai più famosi carretti siciliani), e ci
mostrano le foto: che pazzia!
Per ultimo un appello: desidererebbero un po’ di aiuto dalle istituzioni pubbliche, una
maggiore attenzione (“con tutte le difficoltà che abbiamo”), più spazi per pubblicizzare i
giovani che si mettono in proprio, “…magari sorteggiando qualche giovane artigiano ogni
anno per poter partecipare ad una manifestazione pubblica”. Speriamo bene…ce n’è
bisogno. Da parte nostra un grosso in bocca al lupo. E ci salutano ricordandoci
che…”l’artigianato è la spina dorsale del mondo del lavoro”…
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