1 Nell`opera “Inibizione, sintomo e angoscia”
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1 Nell`opera “Inibizione, sintomo e angoscia”
Nell’opera “Inibizione, sintomo e angoscia”, Freud dedica molte pagine ai rapporti causali fra angoscia e rimozione, argomento questo che costituisce uno degli spunti della sua costruzione teoretica. Come è noto Freud, studiando le nevrosi attuali ed in particolare le nevrosi di angoscia, giunse alla conclusione che l’accumulo di libido sessuale inutilizzata ed impossibilitata a scaricarsi, si trasformasse direttamente in angoscia. In seguito, nell’affrontare il problema delle psiconevrosi, modificò tale punto di vista pervenendo alla conclusione che l’angoscia si sarebbe sviluppata a seguito del processo di rimozione, e la carica energetica, staccata così dalla rappresentazione dell’impulso, avrebbe subito la trasformazione diretta in angoscia. In tale modo tuttavia non veniva spiegato il meccanismo che promuove lo stesso processo di rimozione. Afferma Musatti: “Se si capovolge il rapporto fra angoscia e rimozione, le cose divengono più chiare”. Nell’ultima revisione della teoria in effetti Freud giunse al convincimento che l’angoscia rappresenta un segnale di allarme, una reazione dell’Io di fronte al pericolo istintuale condizionato dalla minaccia dell’abbandono e dell’evirazione. In altre parole non è la rimozione che provoca angoscia, ma si tratta del fenomeno inverso. A questo punto tuttavia le cose tornano a complicarsi; Freud stesso manifestando chiaramente la sua incertezza, fu portato ad ulteriori considerazioni fra di loro spesso non concordanti. Infatti l’A., già prima della formulazione dell’ultima sua modificazione dottrinale, aveva ammesso che la carica psichica inerente alla tendenza rimossa si trasformasse in angoscia non in modo diretto, ma venisse collegata con tracce mnestiche di pregresse situazioni traumatiche, e quindi l’angoscia non venisse prodotta ex novo, bensì “riprodotta quale stato affettivo secondo un quadro mnemonico disponibile”. L’interpretazione dell’attacco di angoscia come riproduzione dell’evento traumatico della nascita, prototipo delle ulteriori situazioni di angoscia, fece ritenere a Freud superato il problema della trasformazione diretta della libido in angoscia, e l’A. pervenne a distinguere due “tipi” di angoscia: 1°) angoscia dell’Es, a sviluppo automatico, determinata economicamente in seguito a riproduzione della situazione di pericolo analoga a quella della nascita; 2°) angoscia prodotta dall’Io onde promuovere la rimozione di pulsioni 1 psicoterapeuti.info pericolose attivate nell’Es. In questo caso l’Io si sottopone all’angoscia “come ad una inoculazione per sottrarsi, mediante una manifestazione morbosa indebolita, ad un attacco non attenuato”. Il primo tipo corrisponde alla angoscia delle nevrosi attuali, il secondo a quello delle psiconevrosi. Tuttavia scrive Freud: “...non si può non ammettere che la libido dei processi dell’Es subisca un disturbo attraverso la stimolazione della rimozione; può dunque essere giusto che nella rimozione si formi angoscia dalla carica libidica degli impulsi istintuali”. Questa affermazione riapre quindi la importante questione della sequenza rimozione-angoscia o quanto meno suggerisce la possibilità, prima scartata, che dalla rimozione possa derivare angoscia; Freud infatti accenna nuovamente a questa eventualità affermando che “il grande responsabile della angoscia è il processo di rimozione dell’aggressività o della sessualità”. In un suo recente lavoro Lechat si ripropone il quesito dei rapporti fra rimozioneangoscia e giunge a domandarsi come mai Freud abbia rinunciato a una delle sue prime interpretazioni secondo la quale l’angoscia risulterebbe da un non impiego dell’energia libidica. Afferma inoltre l’A. che sarebbe di grande interesse conservare tale nozione valida in molti casi nei quali una pulsione sessuale non sia realizzabile a causa di una “condotta” inadeguata. È necessario aggiungere che Lechat affronta il problema dell’angoscia secondo la visuale offerta da Odier, approfondendone cioè l’aspetto “impotenza”. In altre parole l’A. fa rilevare che esiste un contrasto fra il significato dell’angoscia segnale d’allarme e quello dell’angoscia propriamente detta, in quanto quest’ultima è caratterizzata dalla impotenza di fronte alla situazione di pericolo; pertanto preferisce chiamare la prima manifestazione “sentimento di insicurezza”, riservando il termine di angoscia quando si aggiunga alla predetta situazione, la condizione di impotenza. “L’angoscia non sarebbe più in questo modo un segnale d’allarme, ma uno stato di panico a causa della impotenza a reagire adeguatamente. Quando l’angoscia si sviluppa il segnale d’allarme è divenuto inoperante”. Questo concetto è espresso dall’A. secondo la formula: sentimento di insicurezza + sentimento di impotenza = angoscia. Lechat inoltre afferma che il senso di insicurezza, da lui definito come segnale di allarme incitante l’individuo a reagire contro una situazione pericolosa, è relativo alla situazione di dipendenza del bambino il quale è costretto costantemente a rimuovere l’aggressività necessaria per le realizzazioni pulsionali, e pertanto ciò lo priva della possibilità di soddisfacimento. L’A., che visibilmente si ispira agli studi di Nacht sull’aggressività, tenta di conciliare la contraddizione di Freud riguardo le sequenze rimozione-angoscia e angoscia-rimozione sottolineando il senso di insicurezza del bambino di fronte alla pericolosa situazione di dipendenza creata dall’ambiente; la dipendenza totale avrebbe determinato l’angoscia per la difficoltà di disporre convenientemente della propria aggressività e unica soluzione possibile alla situazione è la rimozione. “La rimozione delle pulsioni sessuali è dunque una conseguenza di quelle delle pulsioni aggressive”. La rimozione degli impulsi aggressivi implicherebbe inoltre la possibilità di ulteriore produzione di angoscia: l’aggressività “avrà la sorte bizzarra di essere allo stesso tempo eccitata e paralizzata dallo stesso sentimento di insicurezza”. Le vedute esposte, pur presentando aspetti discutibili, hanno il merito, tra l’altro, di valorizzare gli apporti delle moderne concezioni sui primi rapporti 2 psicoterapeuti.info oggettuali e sulle situazioni conflittuali “di base” che contrassegnano ogni sviluppo ulteriore della personalità. In effetti, come fa rilevare Servadio, la dottrina Freudiana sulla angoscia presenta appunto insufficiente sviluppo per quanto riguarda la valutazione del fattore traumatico che provoca l’angoscia primaria, e sulla situazione di pericolo i moderni analisti hanno “spostato l’accento” maggiormente sui fattori endogeni; inoltre il ruolo dell’aggressività nella produzione di angoscia è stato, in un primo tempo, non sufficientemente approfondito. Nacht fa della paura dell’aggressività il perno fondamentale di ogni stato psicopatologico. L’A. afferma che la concezione di Freud la quale concepisce l’angoscia come traduzione della paura dell’Io di fronte alle esigenze istintuali, è insufficientemente sviluppata. Infatti, continua, se l’angoscia esprimesse soltanto questo, sarebbe bastante l’opposizione dell’Io alle esigenze istintuali, mediante repressione o rimozione, per impedire la comparsa di angoscia; ma l’esperienza mostra che in realtà ciò non avviene. Afferma inoltre Nacht, e in ciò si trova d’accordo con Lechat, che l’angoscia traduce lo sforzo mancato del soggetto per sfuggire alla paura la quale può essere cosciente o incosciente. Paura di cosa? Paura della propria aggressività che come un “boomerang” può colpire il soggetto. “L’origine della paura appare legata alla pulsione aggressiva” scrive, “e sua funzione è di segnalare questa pulsione come un pericolo che minaccia il soggetto”. Sino dalle sue prime esperienze, infatti, l’individuo si trova di fronte alla terribile situazione che l’oggetto di cui ha bisogno e che lo soddisfa nelle sue esigenze, è allo stesso tempo fonte di frustrazioni, e inoltre le relazioni oggettuali ambivalenti che in tale modo si stabiliscono, sono rinforzate dal fatto che gli stessi investimenti sono di natura loro, primigeniamente, ambivalenti. Tale situazione, favorita dall’adualismo primario, determina quelle particolari posizioni indicate dalla Klein come paranoide e depressiva del neonato e come masochismo organico primario di Nacht, caratterizzate dall’angoscia di perdita dell’Io o dell’oggetto per un fenomeno di proiezione o introiezione della propria aggressività. La traccia mnestica di tali eventi verrà rievocata in modo fantasmatico e condizionerà gli atteggiamenti e le paure dell’Io ogni qualvolta quest’ultimo si troverà di fronte alle esigenze istintuali. Tali condizioni, in ultima analisi, portano alla conseguenza che “ogni pulsione aggressiva verso l’oggetto di una frustrazione o insoddisfazione resterà associata, legata alla paura, poiché questo oggetto sarà nell’inconscio confuso, identificato con quella che fu la sorgente delle prime frustrazioni”, in altre parole la madre. Il bambino sarà costretto a rimuovere ogni tendenza aggressiva contro gli oggetti da cui dipende nel timore di distruggerli, privandosi così della possibilità di una soddisfacente realizzazione pulsionale: “infatti per evitare l’insoddisfazione come per ottenere la soddisfazione dei bisogni, insomma per vivere, l’aggressività entra in gioco”. Freud per primo attribuì alla aggressività questa funzione di vettore delle aspirazioni libidiche scrivendo: “Si potrebbe dire che il sadismo, sciogliendosi dall’Io, ha mostrato agli elementi libidici dell’Io il cammino che essi devono percorrere”. L’Io debole, che ha paura, afferma Nacht, “timoroso di fronte alle pulsioni, cerca sempre di più di proteggersi contro di esse come se dovessero metterlo in pericolo” a causa della loro forza e per la incapacità di disporre convenientemente dell’aggressività. L’Io frustra il proprio desiderio perché 3 psicoterapeuti.info l’esperienza gli ha mostrato che la soddisfazione dell’istinto può metterlo in pericolo mortale. È da notare che il concetto di “Io debole” può essere applicato non solo in quanto concepito come alterazione dello sviluppo, al nevrotico, ma, come insufficiente sviluppo al bambino, il cui Io controlla insufficientemente la vita pulsionale per la sua peculiare immaturità psicobiologica. Secondo Nacht e Lechat quindi, l’Io rimuove le pulsioni sessuali non potendo disporre di quelle aggressive necessarie alla realizzazione delle prime. Mi sembra particolarmente importante il fatto che Nacht ammetta come sia possibile che l’energia contenuta nell’impulso rimosso trovi un impiego del processo dell’angoscia, seppure come fattore secondario di sopradeterminazione di uno stato di angoscia già esistente, e che affermi la persistenza nella tensione provocata dalla insoddisfazione, tensione accresciuta dal blocco nell’energia aggressiva rimossa. Freud stesso non ritiene “in tutti i casi lo stesso” il destino della pulsione rimossa e della sua carica energetica. L’argomento comprende praticamente tutto il problema dei meccanismi di difesa dell’Io, della piscogenesi e clinica delle psiconevrosi, psicosi, nevrosi di carattere, ecc., il che ci porterebbe molto lontano dall’argomento in esame; pertanto mi limiterò a trattare ciò che concerne la produzione di angoscia. Ho già accennato al fatto che oltre Freud altri autori ammettono la possibilità che dalla rimozione possa originare angoscia. Fenichel si esprime affermando che la paura della perdita di amore e della castrazione hanno indotto l’Io a bloccare il deflusso delle eccitazioni determinando una insufficienza di scarico con conseguente stato di arginatura. Da tale stato si determinerebbe il pericolo di regressione ad angoscia panica di fronte a nuove richieste istintuali o a situazioni pericolose, ovvero la disposizione generale a reagire con emotività o angoscia inadeguata alle situazioni più o meno ansiogene, o anche il manifestarsi di crisi di angoscia apparentemente immotivate. È notevole anche come gli stessi fenomeni possano anche osservarsi nei nevrotici d’angoscia e siano interpretabili anche qui come “scarico di emergenza”. Si potrebbe quindi pensare che l’elemento fondamentale dell’“ostacolo alla scarica” delle eccitazioni, causato dalla rimozione delle psiconevrosi, da disturbi del comportamento sessuale nella nevrosi d’angoscia, possa determinare la produzione automatica di angoscia per risveglio della situazione traumatica della nascita e di altre situazioni traumatiche della primissima infanzia, con partecipazione delle componenti aggressive stimolate dallo stato di insoddisfazione-frustrazione e relativa paura di esse e ancora per la situazione di impotenza determinatasi in seguito alla rimozione dell’aggressività. In effetti la rimozione delle esigenze istintuali può essere risentita come una frustrazione e la reazione aggressiva di essa può contribuire a rigenerare angoscia. Da ricordare ancora che la rimozione degli impulsi, la insoddisfazione relativa ed il blocco della aggressività secondaria a tale frustrazione, attuano, seppure in tono minore, quella situazione di pericolo, di “impotenza”, che si era voluta evitare mediante la rimozione stessa. Freud afferma che l’angoscia da un lato esprime l’aspettativa del trauma e dall’altro la ripetizione attenuata di esso. Mi sembra interessante rilevare come tutto il processo angoscia di allarme-rimozione-angoscia reattiva costituisca la riproduzione ridotta della 4 psicoterapeuti.info situazione traumatica e la realizzazione, anch’essa attenuata, della minaccia insita nell’appagamento degli impulsi. La rimozione infatti può essere interpretata come la perdita autoprovocata dell’oggetto privilegiato, perdita in seguito alla quale si verificano, sempre su scala ridotta, le condizioni di sovraeccitazione e di impotenza le quali si esprimono nella angoscia reattiva. In altre parole si perde attivamente, e relativamente, l’oggetto per non subire la sua perdita reale e totale. Questa angoscia reattiva può infine determinare la messa in atto di nuovi meccanismi di difesa allo stesso modo dell’angoscia di allarme e unendosi alla continua richiesta della pulsione interdetta con relativa controcarica, indebolire ulteriormente l’Io limitandone la capacità di controllo e costringendolo a nuove difese. Conclusione La dottrina Freudiana originaria dell’angoscia ha subito una costante evoluzione da parte dello stesso Freud e di altri autori, risultandone non tanto sostanzialmente modificata, quanto arricchita e approfondita in alcuni dei suoi elementi. Resta però il fatto che si è ancora lontani da soluzioni conclusive ed è tuttora valida l’osservazione di Freud al riguardo: “manca sempre qualcosa che di diverse parti formi un’unità”, concetto questo esprimente la difficoltà di elaborare una dottrina sull’angoscia che sia organica e completa nelle sue due parti. Gli scopi limitati del presente lavoro e d’altra parte la complessità dell’argomento mi hanno costretto ad una esposizione restrittiva che pecca fra l’altro della mancanza del contributo sperimentale offerto dalla clinica. Tuttavia penso che dall’analisi della letteratura trattata sia possibile trarre alcune valide conclusioni tanto più che in parte esse si riferiscono a posizioni già acquisite dal moderno pensiero psicoanalitico. 1) L’angoscia segnale di allarme di Freud, la seconda stratificazione di angoscia di Fenichel, la paura dell’Io di Nacht, il senso di insicurezza secondo Lechat, sono concezioni che in un certo modo coincidono ed esprimono l’effetto che provoca il meccanismo della rimozione di fronte al pericolo. 2) L’essenza della situazione di pericolo è il problema che più ha subito revisioni e approfondimenti ed ha anche naturalmente suscitato ampie discussioni. Freud riteneva che il pericolo istintuale fosse condizionato dalla minaccia esterna della castrazione, in altri termini che il pericolo venisse dall’esterno. Gli studi circa le situazioni conflittuali di base e sullo sviluppo dell’Io della Klein, di Spitz, Racamier, e altri autori, con la valorizzazione delle componenti aggressive che determinano la tipica ambivalenza delle prime relazioni oggettuali, i contributi di Nacht allo stesso problema, hanno spostato l’attenzione maggiormente sul fattore endogeno che caratterizza il pericolo. Le esigenze istintuali vengono pertanto associate a fantasmi minacciosi di impotenza, di autodistruzione, di perdita dell’Io, i quali proiettati all’esterno, animano situazioni di pericolo il cui contenuto è specifico per il grado di organizzazione psicosessuale raggiunto. 5 psicoterapeuti.info La situazione è inoltre aggravata dalla debolezza dell’Io, nella quale ha grande parte la paura dell’aggressività con insufficienza relativa del controllo e dello scarico dell’eccitazione. Il pericolo esterno è quindi condizionato da quello interno del quale rappresenta una ripetizione, una proiezione e, nell’angoscia di fronte al Super Io, una reinternalizzazione; nel caso della paura di evirazione non è contrario all’affermazione precedente il pensare che partecipino elementi di natura filogenetica ed ambientale. 3) Abbiamo visto in precedenza che l’Io rimuove le pulsioni pericolose; ne deriva naturalmente uno stato di insoddisfazione-frustrazione, una condizione di impotenza per cui è possibile si sviluppi talvolta ulteriore angoscia che, da un lato, esprime le condizioni di sovraeccitazione da ostacolo alla scarica e dall’altro la paura di tale sovraeccitazione e della aggressività reattiva; pertanto l’equazione angoscia di allarme-rimozione può così trasformarsi in angoscia di allarme-rimozione-angoscia reattiva, la quale equazione nel suo complesso, realizza attivamente, seppure in scala ridotta, la situazione traumatica che si era voluta evitare mediante la rimozione. L’Io si deve difendere anche da questa angoscia reattiva a carattere automatico, assimilabile a quella della nevrosi di angoscia, mediante meccanismi analoghi a quelli usati contro l’angoscia di allarme, nonché creare scarichi di emergenza. Queste ultime conclusioni hanno il carattere di ipotesi puramente speculativa, seppure basata sulle esperienze di altri autori, in quanto, come già ho rilevato, non sono corredate da relativa convalida clinica; mi sembrano tuttavia meritevoli di essere appunto approfondite su questa base ed è per tale motivo che la presente nota assume il carattere di ipotesi di lavoro. 6 psicoterapeuti.info Bibliografia Fenichel O.: Trattato di psicoanalisi delle nevrosi e delle psicosi, Astrolabio, 1951. Freud S.: Inibizione, sintomo e angoscia, Einaudi, 1951. Freud S.: L’angoscia. Introduzione allo studio della Psicoanalisi, l’Astrolabio, 1948. Freud S.: Al di là del principio del piacere, Nuovi Saggi di Psicoanalisi, O.E.T., 1947. Freud S.: Citato da Lechat. 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