FARE RETE IN SANITÀ

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FARE RETE IN SANITÀ
a cura di
fare rete in sanità
network
coopetizione
networking
metodi e strumenti per professionisti delle reti di cura
densità
+
Simonetta Simoni
ospeda
case della salute
Collana diretta da Maria Augusta Nicoli
Agenzia Sanitaria e Sociale regionale dell’Emilia-Romagna
BARCODE
IBAN:9788896156209
9HSSITG*bfgcaj+
€ 9,50
La competenza del professionista delle reti di cura è fatta di conoscenze e
informazioni che circolano, di connessioni, di scambi, di negoziazione, di
gestione del conflitto e con-senso da costruire con altri nodi della rete.
Questo libro fornisce i principali strumenti e metodologie per pensarsi e agire
come autori delle reti di cura, alternando concetti, esercitazioni ed esperienze
di formazione-intervento realizzate in diverse Aziende Sanitarie Locali e con
l’Agenzia sanitaria e sociale regionale Emilia-Romagna.
Simonetta Simoni psicosociologa delle organizzazioni, già docente di
Organizzazione dei Servizi per l’Università Ca’ Foscari di Venezia.
Svolge attività di ricerca e formazione sui cambiamenti del sistema di Welfare
e sull’impatto che questi hanno sul funzionamento delle strutture e dei gruppi
di lavoro.
© Simonetta Simoni
Fare rete in sanità
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© format edizioni
CULTURE DELLA SALUTE
Collana diretta da
M aria Augusta Nicoli [ASSR.E-R]
ISBN: 9788896156209
Curatore editoriale:
Beppe Feltrin
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Progetto grafico, impaginazione,
stampa e distribuzione:
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INDICE
Premessa................................................................................................................ pag.7
1. Introduzione....................................................................................................... »8
2. Reti di cura .......................................................................................................... »11
3. Network analysis............................................................................................ »14
4. Network analysis in Sanità.................................................................... »19
5. Network analysis e reti assistenziali
di Maria Augusta Nicoli e Luigi Palestini [ASSR.E-R]... »24
5.1 Le reti di assistenza per i pazienti anziani e cronici............. »27
5.2 Descrivere e mappare le reti............................................................... »44
6. Dal network al networking: perché nascono le reti?.......... »48
7. Dal network al networking:
come funzionano le reti in Sanità?................................................ »54
8. L’interdipendenza.......................................................................................... »62
9. Il laboratorio sul networking............................................................... »68
10. Il caso per l’analisi del networking:
una scelta di metodo.................................................................................. »74
11. Conclusioni......................................................................................................... »83
Bibliografia........................................................................................................ »86
Premessa
Bruce Chatwin (1940-1989), viaggiatore-nomade e scrittore, dei
suoi molti viaggi ci ha raccontato in libri memorabili. Uno di
questi, “Le vie dei canti”, parla dell’Australia. Affascinato dalle
tradizioni degli aborigeni, Chatwin aveva deciso di realizzare la
mappa delle Vie dei canti o Piste del sole, così chiamate dagli
europei, che per gli aborigeni sono le Orme degli Antenati o
Via della Legge, il dedalo di sentieri invisibili che coprono tutta
l’Australia.
Si tratta di una costruzione mentale difficile da descrivere e da
capire soprattutto per chi proviene da altre culture e mentalità.
Secondo la mitologia degli aborigeni, gli antenati avevano
creato il mondo cantando, erano stati dunque poeti nel senso
originario di poiesis (creazione). Cantare era esistere, perciò
la terra deve prima esistere come concetto mentale, poi la si
deve cantare. Le tracce di questi canti sono rimaste in tutta
l’Australia, come le Piste del Sogno e costituiscono le vie di
comunicazione tra tribù lontane. Un canto è mappa e antenna,
e la musica è una banca dati per trovare la strada quando si è
in giro per il mondo, secondo gli aborigeni.
Ho pensato a quel libro, a quelle mappe e a quelle vie di
comunicazione invisibili nel proporre metodi e strumenti
per l’analisi di rete in Sanità. Ogni operatore, coordinatore,
responsabile e dirigente è quotidianamente autore delle reti in
cui agisce. Le reti di cura sono costruzioni mentali, rintracciabili
in azioni, percorsi, scelte, routines di lavoro. Si tratta solo
trovare le proprie mappe e antenne, ricostruendo le proprie
vie dei canti, riconoscibili e riconosciute come segni tangibili di
una comune appartenenza culturale di professionisti delle reti
di cura.
1. Introduzione
Negli ultimi venticinque anni il concetto di rete è stato
sviluppato in campi eterogenei e con modalità differenziate,
ma con alcune caratteristiche trasversali ricorrenti.
Pensiamo alla sociologia della famiglia, dove sono state studiate
le reti di cura nei confronti di soggetti “dipendenti” come
bambini, anziani e disabili; alla sociologia dell’organizzazione
con le ricerche sulle imprese a rete e sui fenomeni di
cooperazione/potere/conflitto nei reticoli interorganizzativi;
senza dimenticare il dibattito di sociologi ed economisti sul
capitale sociale e sulle reti come risorsa per lo sviluppo nei
contesti locali. Non solo: tra gli studiosi di politiche sociali e
di organizzazione dei servizi, nella formazione degli operatori
il concetto di rete ha assunto il valore di vera e propria
metodologia, laddove il lavoro di rete viene considerato un
insieme di attività per il miglioramento del benessere delle
persone e della collettività, per la connessione degli interventi
tra servizi pubblici e no profit, per la realizzazione di progetti
innovativi dove le famiglie, ad esempio, siano protagoniste della
soluzione di disagi e difficoltà comuni.
Anche negli studi organizzativi numerosi sono gli approcci
finalizzati all’analisi di rete, intesa come un modello organizzativo
strutturale (un’architettura, un disegno organizzativo) oppure
come meccanismo di coordinamento dell’azione organizzativa.
Integrando le due prospettive è possibile identificare nella
rete quel modello organizzativo che sottintende l’utilizzo
di meccanismi di coordinamento tra attori sociali, siano essi
semplici o complessi, diversi da quelli tradizionali della gerarchia
e del mercato: il modello a rete, infatti, implica la presenza
di attori che mantengono gradi di autonomia e discrezionalità
nella propria azione, ma che rinunciano all’opportunismo –
trasformandolo in opportunità – nelle loro relazioni coordinate
grazie alla mutualità e alla fiducia reciproca (Granovetter 1985,
Powell 1990).
In senso generale, la rete, come metafora e come concetto,
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indispensabile per il buon esito di un intervento? Serve per
mettere in comunicazione nodi di rete che non si intendono
perché hanno culture organizzative molto diverse?
Nella letteratura di taglio organizzativo troviamo dunque una
ricchezza di paradigmi e di concetti da utilizzare a livello più a
livello sistemico che a livello micro, per comprendere la logica
degli “attori reticolari”. Dall’alto del grattacielo (la prospettiva
sistemica) siamo scesi in mezzo al traffico (capire la logica degli
“attori reticolari”): questo il principale obiettivo che ha guidato
la scrittura di questo manuale introduttivo e le esperienze di
ricerca-intervento e dei Laboratori illustrati nei capitoli 5, 9 e 10.
2. Reti di cura
Come osserva Amerio (2000), è importante distinguere tra il
concetto di rete intesa come reticolo di interazioni e quello
di rete come sistema, spesso sono usati come sinonimi e che
invece richiamano modi di funzionamento veramente diversi.
Nella rete come sistema, interazione significa interdipendenza
di unità e ruoli specializzati e differenziati finalizzati al
funzionamento del sistema stesso.
Nel reticolo che si forma intorno ad un soggetto, invece, le
interazioni dei singoli nodi significano comunicazione, e
non hanno necessariamente un obiettivo comune, fini e
valori riconosciuti e riconoscibili. Ciò significa, allora, che se
consideriamo la rete “EGO centrata”, ovvero l’insieme dei
soggetti che intrattengono una relazione intorno ad una persona
che consideriamo come il centro della rete (per esempio un
paziente di un ospedale o un utente di un servizio territoriale o
residenziale), avremo una fotografia della sua rete sociale che
interagisce e comunica, composta da reti primarie o naturali
(famiglie, amici, vicini di casa, colleghi di lavoro) da reti sociali
formali (le istituzioni e i servizi) e dalla rete secondaria informale
(i gruppi e le associazioni di terzo settore, il volontariato e le
reti di prossimità).
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operatori dei servizi utilizzano tale metodologia ogni volta che
si attivano per sbloccare situazioni relazionali sfilacciate, di
isolamento, mettono in relazione nodi lontani, valorizzano il
contributo di ciascuno in ottica sinergica, andando aldilà della
prospettiva individualistica della classica relazione operatoreutente.
L’intervento di rete ha come oggetto la visione dell’insieme di
risorse, vicine e lontane, che possono aiutare in un momento
di difficoltà, oppure si tratta di interventi di “regia” della rete,
veicolando gli sforzi di diverse persone/agenzie in una stessa
direzione, riorganizzando e rafforzando i legami esistenti,
oppure contattando gli irraggiungibili (che siano parenti/amici
o servizi).
Come vedremo di seguito (nei capitoli 5, 9 e 10) la descrizione
della rete in prospettiva “EGO centrata” è uno strumento
utilizzabile in diversi modi, dall’analisi del percorso terapeutico
intorno ad un paziente fino a quella delle attività in rete e di
rete dei diversi professionisti-nodi.
3. Network analysis
Tutte le reti, di qualsiasi natura esse siano, possono essere
descritte per il disegno, la forma (l’estensione, la presenza di
uno o più centri, il numero di nodi), l’ampiezza, la collocazione
dei nodi (vicinanza, lontananza), le modalità di relazione tra i
nodi (chi cerca chi? per fare cosa? quando?), il tipo di risorse
circolanti nella rete, le direzioni dei passaggi di risorse.
Altre caratteristiche sono la mobilità nel funzionamento della
rete (come entrare ed uscire dalla rete? è possibile spostarsi
dal centro alla periferia?), la densità, ovvero il numero di
relazioni diadiche o di relazioni tout court tra i nodi della
rete, l’omogeneità o eterogeneità dei membri (professionisti,
operatori sanitari, famigliari, volontari), e le interconnessioni
(che ci permettono di vedere se tutti interagiscono con tutti o
se alcuni fanno da mediazione verso altri). Infine, è possibile
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4. Network analysis in Sanità
Quando parliamo di network analysis in Sanità dobbiamo
fare una distinzione tra l’immagine della rete prescritta e
formalizzata in protocolli, da un lato, e la rete praticata che
può essere più o meno diversa da quella prescritta in tutti
quei casi in cui non tutte le funzioni e i passaggi siano state
codificati e siano soggetti a pianificazione, come nei rapporti
tra ospedale e territorio. Grande attenzione dovremo dare,
avviando la network analysis, tra ciò che è previsto sulla
carta (la rete modello flowchart) e la rete praticata che può,
in effetti, discostarsi dal modello previsto, e funzionare con
modalità che restano perlopiù non formalizzate, e dipendono
dalla professionalità e dalla conoscenza della rete da parte
degli operatori sanitari. Detto altrimenti, quando intervistiamo
gli operatori dei servizi o chi lavora in Ospedale ci accorgiamo
di quanto la rete praticata non sia esattamente sovrapponibile
alla rete prevista sulla carta e dai protocolli. Verifichiamo, così,
quanto la conoscenza e la consapevolezza di operare come
“attori reticolari”, come professionisti delle reti di cura, faccia
veramente la differenza tra il funzionamento di una rete ed
un’altra.
Le reti in Sanità sono diventate molto importanti perché
finalizzate al miglioramento dell’offerta di fronte alla crescente
scarsità di risorse finanziarie (Lega, 2002): l’integrazione
orizzontale, infatti, viene promossa per ridurre l’eventuale
ridondanza e duplicazione dell’offerta. L’integrazione verticale,
invece, è stata progettata come sostegno delle dinamiche di
sostituzione tra livelli di cura: il trattamento di una specifica
malattia/patologia viene dunque riportato nell’ambito più
appropriato dal punto di vista clinico, organizzativo/economico
e della soddisfazione del paziente.
L’integrazione verticale riguarda le relazioni tra i diversi livelli
di assistenza in cui si articola la risposta al bisogno di salute.
A livello dell’integrazione verticale le strutture ospedaliere
dovrebbero specializzarsi sulla sola fase acuta che richiede la
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