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SOMMARIO
Preambolo: .................................................................................................................................... 3
LA CORTE ................................................................................................................................... 4
Capo A): artt. 48, 372 e 498 o alternativamente art. 640, CP ........................................................ 4
Capo B): artt. 81, 110, 246, 247, 250, 256, 257, 261, 263 e 264 Cp ............................................. 5
Capo C): artt. 81, 494, 594 e 640 Cp............................................................................................. 6
SENTENZA .................................................................................................................................. 7
MOTIVAZIONE ........................................................................................................................... 7
Sul capo A) d’incolpazione ........................................................................................................... 7
Sul capo B) d’incolpazione ......................................................................................................... 10
Sul capo C) d’incolpazione: ........................................................................................................ 14
P.Q.M. ......................................................................................................................................... 16
ALLEGATI ................................................................................................................................. 17
L’esame dei soggetti chiamati a deporre dalla Pubblica Accusa ................................................ 17
Rachele Mussolini Preliminare ................................................................................................... 17
Rachele Mussolini 1° domanda ................................................................................................... 17
Rachele Mussolini 2° domanda ................................................................................................... 17
Rachele Mussolini 3° domanda ................................................................................................... 17
Edda Ciano Preliminare .............................................................................................................. 17
Edda Ciano 1° domanda .............................................................................................................. 17
Edda Ciano 2° domanda .............................................................................................................. 18
Edda Ciano 3° domanda .............................................................................................................. 18
Dichiarazioni rese dal Perito citato dalla Difesa ......................................................................... 19
Esame del Perito Prof. André Repond......................................................................................... 19
Profilo umano. ............................................................................................................................. 19
Profilo clinico. ............................................................................................................................. 20
Sul Primo Capo di Imputazione .................................................................................................. 21
Sul Terzo Capo di Imputazione ................................................................................................... 21
Conclusioni: ................................................................................................................................ 22
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PREAMBOLO:
Grazie alla pregevole iniziativa del Gen. Camillo De Milato ed alla squisita ospitalità
offerta, nello splendido palazzo Cusani dal Gen. Michele Cittadella, è stata accolta la
proposta di celebrare in questa sede un “Processo a Edda Mussolini Ciano” per le sue
presunte responsabilità in merito
 Alle contestate false dichiarazioni sulle effettive modalità con le quali
l’incolpata si era salvata dal naufragio della nave-ospedale PO nella rada di
Valona nel marzo 1941..
 Ai tentativi di fornire in più occasioni ad uno Stato straniero (Germania)
documenti riservati e segreti militari nazionali riportati nei diari segreti del
marito in concorso con il medesimo.
 Alla relazione sentimentale da lei strumentalmente intrattenuta, con il partigiano
comunista eoliano Leonida Buongiorno, presso l’isola di Lipari durante il suo
confino nell’isola nel 1945.
Non si tratta, ovviamente, di un processo vero e proprio, ma di una finzione scenica, di
una rappresentazione “teatrale”, di una manifestazione ludico-ricreativo-culturale, sulla
falsariga di un processo penale vero e proprio.
Tutti i protagonisti di questa manifestazione si sono cimentati con passione, con
competenza e con diligenza in un dibattimento ove il Rappresentante della “Accusa” e
della “Difesa” hanno esaminato i testimoni e svolto requisitorie ed arringhe, dando
conto, delle responsabilità dell’accusata, vere o soltanto presunte, e degli effetti che
dalle sue condotte sarebbero scaturite.
E’ necessario premettere che, naturalmente altro è il giudizio “storico” ed “etico” sulle
vicende in cui si inquadrano i fatti di causa, altro è il giudizio “giuridico” che questa
Corte è stata chiamata a compiere.
Laddove per giuridico non può certamente intendersi un esercizio della giurisdizione in
senso proprio, atteso che difetta la investitura (la legittimazione) istituzionale di questa
Corte e atteso, altresì, che per i fatti criminosi addebitati alla Contessa Edda Mussolini
Ciano, quantunque si fossero rivelate fondate le contestazioni elevate dall’Illustre
rappresentante della Accusa, la sentenza non avrebbe potuto che concludersi con la
declaratoria di estinzione del reato per morte dell’imputata.
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LA CORTE
Composta dai Sig.ri:
 Dr.ssa Marta Malacarne
Presidente
 Dr.ssa Carla Romana Raineri
Consigliere
 Dr.ssa Jole Milanesi
Consigliere
Nel “processo” nei confronti di Edda Ciano di Cortellazzo e di Buccari nata Mussolini,
nata a Forlì, 1º settembre 1910 e morta a Roma, 9 aprile 1995, tratta a giudizio per
rispondere delle imputazioni di seguito indicate :
Capo A): artt. 48, 372 e 498 o alternativamente art. 640, CP
Per avere dichiarato il falso all’A.G sulle effettive modalità con le quali si era salvata
dall’attacco militare degli aeromobili inglesi alla imbarcazione PO, a bordo della
quale si era imbarcata unitamente ad altre crocerossine dall’Albania nel marzo del
1941, dove restarono uccise 23 persone. In particolare, taceva il fatto di essersi salvata
a prezzo del sacrificio di altrui vite, conquistandosi una delle scialuppe, il cui numero
in dotazione non bastava per trarre in salvo tutto l’equipaggio, omettendo ogni
soccorso ad altri che si trovavano in condizioni più disperate della sua e facendosi
ripetutamente aiutare dai membri dell’equipaggio senza consentir loro di ugualmente
sottrarsi al naufragio. In tal modo induceva in errore chi avrebbe dovuto
successivamente ricostruire, per la versione ufficiale, l’episodio in oggetto, e così
ingiustamente conseguiva l’ambito titolo della medaglia di bronzo al valore, motivata a
seguito di una falsa prospettazione di una condotta di eroismo che non c’era mai stata,
equivale a dolosa condotta di usurpazione, o in alternativa ad ipotesi di truffa per
l’indubbio vantaggio, ottenuto mediante raggiro, di potere in futuro, e per fini di
propria utilità, ostentare pubblicamente e privatamente, siffatto ingiusto titolo od
onore, fatto poi effettivamente verificatosi. Il tutto come successivamente accertato
dalla storica Anita Pensotti che nel testo “Le italiane” scriverà polemicamente: “Con
quali strani criteri si misura il coraggio? Non capirò mai che merito ci sia nell’essere
dei sopravvissuti, nell’aver schivato in un modo o nell’altro la morte”.
Fatto commesso nell’aprile 1941.
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Capo B): artt. 81, 110, 246, 247, 250, 256, 257, 261, 263 e 264 Cp
Per avere, in esecuzione del medesimo disegno criminoso, ed in concorso con il defunto
marito Galeazzo Ciano, già rappresentante politico e militare del governo italiano,
cercato di fornire in più occasioni ad uno Stato straniero (Germania) documenti
riservati e segreti militari nazionali riportati nei diari segreti del marito, che li aveva
appresi durante i propri incarichi militari ed istituzionali, e così concretamente
operando affinchè lo Stato italiano, e pertanto in suo palese tradimento, venisse
definitivamente occupato dalle forze armate tedesche con conseguente perdita di ogni
propria sovranità a favore dell’occupante. In particolare, in cambio della garanzia di
un rifugio sicuro in Sud America per il Galeazzo Ciano, ricercato in Italia per alto
tradimento, entrambi offrivano agli alti gerarchi tedeschi Hottl e Ernst Kaltenbrunner i
diari di Galeazzo Ciano per consentire loro di così eliminare il rivale “interno”
Ribbentrop. In seguito la sola Edda Ciano offriva detti diari direttamente anche allo
stesso Hitler nel corso di un colloquio privato organizzato dai due gerarchi all’epoca
in cui i due coniugi erano rifugiati sul lago Starnberg. E questo pur ben sapendo,
entrambi, che in quel tempo Hitler stava preparando la annessione militare dell’Italia
alla Germania approfittando della locale situazione determinatasi dalla rimozione di
Mussolini. In tal modo mettevano entrambi, e la sola Edda Ciano in particolare, a serio
rischio la sicurezza e la sovranità dello Stato italiano a favore di uno Stato straniero
governato da un regime notoriamente sanguinario e colpevole del più grave genocidio
della storia. Sempre la sola Edda Ciano, che sin dall’inizio della sua ascesa al potere
in Germania non aveva mai fatto mistero di nutrire particolari “simpatie” per la figura
di Hitler e della sua aberrante ideologia nazista, proprio in occasione di tale privato
colloquio, chiedendo allo stesso Hitler, per mera avidità personale, di cambiarle 7
milioni di lire italiane in pesetas “saltando gli intoppi burocratici”, determinava la
imprevista reazione sdegnata di quest’ultimo, facendo così saltare la intera operazione,
e così consegnando il marito a futura morte certa proprio per volere di Hitler, fatto del
quale in seguito invece incolperà ingiustamente il proprio padre, dal quale pure
accetterà in futuro, e a riprova del mero opportunismo che ne ispirava i
comportamenti, occulte somme di denaro per le proprie vedovili esigenze.
Fatto commesso tra il luglio e l’agosto 1943 e successivamente perpetratosi fino alla
morte del padre.
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Capo C): artt. 81, 494, 594 e 640 Cp
Per avere, in esecuzione del medesimo disegno criminoso, appositamente intrattenuto
una relazione sentimentale per lei vantaggiosa, trovandosi altrimenti in disagiata
situazione di sorvegliata speciale presso l’isola di Lipari per provvedimento statale, in
quanto altamente compromessa anche per ragioni familiari con il rovesciato regime
fascista, con un importante e stimato rappresentante della comunità locale Leonida
Bongiorno, figlio di quel Edoardo Bongiorno, capomusica della locale banda e storico
anti-fascista, che nel 1929 aveva organizzato la fuga per mare di Carlo Rosselli
successivamente assassinato in Francia da un commando estremista filonazista. In
particolare, ometteva, pur sapendolo, di rivelare a Leonida Bongiorno che la uccisione
di Carlo Rosselli era stata ordinata proprio dal suo allora marito Galeazzo Ciano ed in
tal modo da un lato ingannava il Bongiorno, e più in generale tutta la comunità locale,
sulle proprie qualità nel senso che il Bongiorno figlio era inconsapevole che,
intrecciando con la imputata una relazione sentimentale, avrebbe finito con il vivere un
infamante rapporto proprio con la vedova di colui che aveva ucciso l’uomo che il di lui
padre aveva vanamente cercato di trarre in salvo, e dall’altro ingiuriava lo stesso agli
occhi di tutti coloro che avrebbero in seguito scoperto tale fatto, gravemente rischiando
di ledere l’onore e la reputazione della stimata famiglia Bongiorno. A riprova del dolo
a sostegno dell’ intero ordito, che nulla aveva di sincero come falsamente in seguito
affermato dalla imputata a difesa del proprio opportunismo, Edda Ciano, una volta
raggiunta la libertà da quel luogo ove coattivamente era stata confinata, ripartiva
definitivamente da Lipari per non più farvi ritorno e senza più darsi carico delle sorti
dell’ex amante rimasto sull’Isola. In seguito, ed anche grazie alla opportunamente
strumentalizzata divulgazione della sua relazione con il “comunista” Bongiorno,
l’imputata otterrà una sorta di pubblica riabilitazione dalle immani colpe del regime
fascista durante il ventennio, all’interno del quale aveva goduto, lei per prima, di
indubbi privilegi, non solo non subendo, a differenza di altri soggetti compromessi con
detto regime, alcuna conseguenza, ma riuscendo persino a recuperare parte cospicua
della eredità del padre, e così trascorrendo il resto della propria esistenza in lunghi e
costosi viaggi in giro per il mondo, fino al giorno della propria morte, così
contribuendo a far si che il suo dissenso di esclusiva natura “privata” con il padre
venisse fatto pubblicamente, quanto falsamente, passare, e proprio in anni di serrato
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quanto diffuso anti-fascismo militante, in dissenso anche di natura politica, che nella
realtà era del tutto inesistente.
Fatto commesso dal settembre 1945 al giugno 1946.
All’esito dell’udienza tenutasi in data 19 novembre 2015 nel Palazzo Cusani di Milano,
acquisite nel corso dell’istruzione dibattimentale le testimonianze, a carico, di donna
Rachele Mussolini (Tiziana Perfetti) ed a difesa, del Marchese Emilio Pucci (Salvatore
Carrubba) e Professor Andrè Repond (Maurizio Bossi), nonché le dichiarazioni
dell’accusata Contessa Edda Mussolini Ciano (Claudia Buccellati), acquisiti i
documenti e i testi storici e biografici indicati dalle Parti, sulle conclusioni assunte dalla
Pubblica
Accusa
rappresentata
dall’Avv.
Davide
Steccanella,
che
insisteva
nell’affermazione della responsabilità dell’imputata in ordine a tutti i fatti in
contestazione, e della Difesa, sostenuta dall’Avv. Alberto Tedoldi, che chiedeva la
piena assoluzione dell'imputata dalle accuse formulate nei suoi confronti con formula
ritenuta di giustizia, la Corte, ritiratasi in camera di consiglio, ha emesso la seguente
SENTENZA
MOTIVAZIONE
Sul capo A) d’incolpazione
La Corte ritiene che l’imputata debba essere assolta dall’imputazione in esame perché il
fatto non sussiste.
Non può invero ritenersi accertato il fatto, costituente il presupposto della condotta
fraudolenta in contestazione, che il salvataggio dell’imputata nel drammatico frangente
dell’inabissamento in ora notturna della nave-ospedale Po, a bordo della quale la stessa
prestava servizio quale appartenente al Corpo delle crocerossine, si fosse verificato con
le modalità ipotizzate dall’Accusa.
E’ dato storico incontroverso che in piena guerra mondiale la sera del 14 marzo 1941
la nave ospedale Po giunse a Valona, e si mise alla fonda nella rada, a circa un miglio e
mezzo dalla costa.
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Benché munita dei contrassegni per il riconoscimento notturno, la nave venne obbligata
dal Comando Marina di Valona a tenere le luci spente, contravvenendo alle regole
internazionali sull'oscuramento, poichè si temeva che, in caso di attacco aereo,
l’individuazione della nave -ospedale, avrebbe comportato anche la localizzazione delle
altre unità, ormeggiate.
Poco dopo le undici della sera stessa, quando ormai la gran parte dell’equipaggio
dell’unità si era ritirato nei propri locali per la notte, la rada di Valona fu sottoposta ad
un attacco aereo da parte di cinque aerosiluranti inglesi.
La Po, essendo oscurata, non fu riconosciuta, ed alle 23.15 venne colpita a poppa sul
lato di dritta, da un siluro .
Dopo il siluramento saltò la corrente e la nave iniziò ad inclinarsi rapidamente,
imbarcando acqua, pertanto venne suonato l’allarme e l'equipaggio ed il personale
medico furono radunati in coperta, dopo di che vennero calate le scialuppe.
Durante le concitate operazioni di abbandono nave una delle scialuppe di salvataggio si
capovolse e due crocerossine, rimaste ferite nell’urto contro la murata della nave,
annegarono, mentre una terza, nel tentativo di soccorrerle, affogò nonostante
l’intervento di un ufficiale, gettatosi in mare per soccorrerla. Alla memoria delle tre
crocerossine verrà conferita la medaglia d’argento al valore militare.
Dopo due minuti dall’impatto del siluro la poppa della nave era già sommersa e in
meno di una decina di minuti dal siluramento, la Po si inabissò.
Parte dei superstiti rimase aggrappata a rottami staccatisi dalla nave, altri raggiunsero
a nuoto la
riva
o
un cacciatorpediniere ormeggiato nelle
vicinanze,
mentre
alcuni naufraghi, tra i quali Edda Ciano, vennero recuperati da un peschereccio dopo
essere rimasti alla deriva aggrappati ad una scialuppa semisommersa.
Nel ripercorrere i concitati momenti seguiti all’allarme dopo il siluramento della nave,
l’imputata così descrive gli accadimenti come da lei vissuti:
«Uscii immediatamente dalla cabina con la lampada tascabile che portavo sempre con
me ...............c’era una luce fantastica.....Vidi la capogruppo poveretta che veniva
schiacciata tra la murata e le onde. Improvvisamente mi ritrovai vicino ad un signore e
gli chiesi “Adesso cosa faccio?” Mi rispose di buttarmi in mare. Saltammo insieme,
l’acqua era molto fredda e io cominciai a nuotare. Battevamo i denti e per riscaldarci,
ci davamo dei pugni sulla schiena…».
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Più tardi i due raggiungono una scialuppa carica di naufraghi e ultimi vengono tratti a
bordo. La scialuppa stracarica galleggia a pelo d'acqua, ed i superstiti non possono che
ignorare le grida di soccorso, sino a che vengono tratti in salvo da un peschereccio.
Come si legge nel rapporto della Croce Rossa, vengono avviate le operazioni di
soccorso con decine di imbarcazioni. In meno di 2 ore tutti i superstiti sono a terra, si
salvano in 219, ma mancano 21 passeggeri, di cui 3 crocerossine.
Nel contesto delle circostanze citate come storicamente accertate ed in questa sede
incontroverse, il racconto dell’imputata risulta del tutto attendibile in ragione della
linearità, verosimiglianza e coerenza della narrazione rispetto alle altre risultanze
processualmente acquisite, nonché in ragione della reiterazione della versione
originariamente proposta, come risulta dalla testimonianza del Perito Repond, circa le
dichiarazioni ricevute dalla Contessa Ciano nell’inverno del 1944, quando la stessa fu
condotta presso la casa di cura per malattie nervose da lui diretta nel Vallese, nonchè
dalle interviste rilasciate dalla Ciano a distanza di molti anni.
Il racconto oltre ad essere realistico e coerente con il quadro probatorio acquisito - la
Ciano era un’ottima nuotatrice ed ha sempre dimostrato nelle situazioni più
drammatiche grande coraggio e determinazione - non trova smentita in alcun dato
oggettivo allegato dall’Accusa, che ha apoditticamente prospettato una ricostruzione
alternativa, nel senso che l’imputata si sarebbe salvata a discapito della vita di altri,
sulla base di una fonte probatoria del tutto inidonea, vale a dire la domanda retorica
posta dalla storica Anna Pensotti nel chiedersi quale merito o coraggio possano essere
riconosciuti nell’aver schivato in un modo o nell’altro la morte: domanda retorica
riportata nello stesso capo d’imputazione, che per un verso nulla precisa e tantomeno
dimostra in ordine al fatto che l’imputata si fosse conquistata una delle scialuppe il cui
numero in dotazione non bastava per trarre in salvo tutto l’equipaggio o si fosse fatta
aiutare dai membri dell’equipaggio senza consentir loro di sottrarsi al naufragio; e che,
per altro verso, appare inidonea ad essere posta a fondamento di responsabilità penale,
in quanto espressione polemica, pur del tutto legittima, di una sorta di “pregiudizio
ideologico” tutt’ora presente nelle valutazioni dei fasti e nefasti del ventennio, non
essendosi ancora raggiunta nella società italiana una definitiva “riappacificazione
nazionale”.
Tanto premesso occorre solo aggiungere che, anche qualora dovesse ritenersi che la
versione del naufragio fornita dall’imputata all’Autorità competente fosse incompleta e
funzionale al conseguimento dell’onorificenza, questa risulta esserle stata conferita “per
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l’opera di assistenza svolta anche a rischio della vita durante la prima fase della seconda
guerra mondiale come crocerossina sia sul fronte russo che in Albania, dove la nave su
cui svolgeva servizio venne affondata”; e che in ogni caso assumerebbero rilievo
decisivo le puntuali valutazioni del prof. Repond, nel senso che nelle circostanze
l’imputata “è stata agita…lei nuotava benissimo…meglio nell’acqua che nella
vita…Edda si lancia in mare, nuota, si pone in salvo su una scialuppa. La propaganda
del regime ne ha fatto un’eroina da proporre come mito del littorio. Loro avevano
bisogno di miti”.
Infine non può essere trascurata la notazione che, nonostante voci critiche e
contrapposte ricostruzioni, non risulta essere stata revocata l’onorificenza militare alla
Ciano, né risulta essere stata promossa alcuna iniziativa a tal fine, dopo la caduta del
regime.
Sul capo B) d’incolpazione
Aver cercato di fornire i “Diari” a uno Stato straniero in concorso con il marito
costituisce circostanza veritiera ma, ad avviso di questa Corte, affatto integrante gli
estremi di un disegno criminoso preordinato alla fuga di segreti militari, ovvero
all’intelligenza con il nemico.
Neppure può ritenersi che la trattativa sulla cessione dei “Diari” sia stata condotta da
Edda Ciano per finalità diverse da quelle volte a procurare la salvezza del marito,
Galeazzo, su cui pendeva la condanna alla pena capitale per avere egli partecipato alla
seduta del Gran Consiglio del 25 luglio ’43 ed essersi reso complice, con il suo voto,
del rovesciamento del regime e dell’arresto del Duce.
Ed invero, secondo quanto emerso all’esito dell’odierno dibattimento e sulla base delle
risultanze storiografiche che costituiscono fonti attendibili dalle quali trarre
convincimento, può dirsi anzitutto accertato, con sufficiente grado di attendibilità, che
la prima trattativa volta alla cessione dei “Diari” venne concepita e condotta dallo
stesso Ciano, al fine di porre in salvo la propria famiglia, mentre Edda si aggiunse solo
nella fase finale e, peraltro, con esiti disastrosi.
Quanto al contenuto dei “Diari”, poi, non appare revocabile in dubbio che essi si
atteggiassero come mero documento politico, non contenente alcun segreto militare che
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potesse porre in pericolo l’Italia, laddove l’interesse alla loro acquisizione era
circoscritto a faide interne ai gerarchi nazisti.
Ma ripercorriamo brevemente i fatti storici su cui questa Corte è chiamata a decidere.
I “Diari” di Ciano entrano in scena un mese dopo la notte del Gran Consiglio del 25
Luglio 1943. Mussolini è stato arrestato e Badoglio è il nuovo Capo del Governo. Ciano
sente il cerchio stringersi attorno a lui ed alla sua famiglia e teme di essere arrestato da
un momento all'altro. Chiede asilo politico in Vaticano, ma gli viene negato. Chiede
all'Ambasciatore spagnolo a Roma i visti per la Spagna, ma non ottiene risposta.
Edda, a questo punto, contatta Dollmann, agente di Himmler in Italia a cui, con una
lettera, chiede di organizzare la partenza dei figli e del marito dall'Italia. Ma Dollmann
non può decidere da solo e si consulta con il capo dei Servizi Segreti in Italia, il
Generale Wilhelm Hottl. Questi, a sua volta, parte immediatamente per Berlino per
informare Kaltenbrunner, Capo dell'Ufficio Centrale per la Sicurezza del Reich
(RSHA), il quale, perplesso, chiede il placet di Himmler, da poco nominato Ministro
dell'Interno, che dà parere positivo, ma solo per un trasferimento in Germania.
Era, infatti, interessato ad entrare in possesso dei “Diari” per ragioni legate alla guerra
di potere con Ribbentrop.
Hottl rientra a Roma e parte l'Operazione Bemhard.
Il 23 Agosto la famiglia Ciano viene segretamente imbarcata su un aereo tedesco. Crede
di essere trasportata in Spagna, ma così non è. L'aereo atterra a Monaco. Tutti vengono
trasferiti sul vicino lago Starnberg dove Ciano è separato dalla famiglia e posto sotto la
sorveglianza speciale di Hottl, il quale ha così modo di verificare l'importanza delle
informazioni di cui Ciano è in possesso e che lo stesso Ciano dichiara contenute nei
suoi “Diari”.
Hottl matura il convincimento che tali “Diari”, fortemente critici nei confronti del
Ministro degli Esteri Ribbentrop, possano essere utilizzati contro di lui per rimuoverlo
dal Ministero e sostituirlo con un uomo fedele alle SS.
Ciano offre i suoi “Diari” in cambio di un Ufficio di rappresentanza in Sud America.
Hottl ne parla con Kaltenbrunner, feroce nemico di Ribentropp, il quale si dichiara
consenziente. Hottl assicura, quindi, a Ciano la fuga in Uruguay per lui e per la sua
famiglia e gli consegna documenti e passaporti fabbricati da abili falsari dei Servizi
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Segreti. Lo invita categoricamente a non parlarne con nessuno, e tanto meno con Edda;
raccomandazione che Ciano disattende, mettendo la moglie al corrente di tutto.
Qualche giorno dopo arriva un telegramma di Hitler che invita la contessa a Berlino:
Ciano è furente perchè si sente messo da parte, ma Hottl riesce a calmarlo ricordandogli
che era nota la simpatia, ricambiata, di Edda per il Führer. Prima di partire Hottl fa
promettere a Edda di non rivelare nulla circa i progetti sudamericani del marito.
Edda e Hitler si incontrano a Berlino; l'atmosfera è cordiale e Edda, vista la
benevolenza di Hitler, gli rappresenta la necessità di cambiare sette milioni di Lire in
Pesetas, evitando gli intoppi burocratici. Hitler, sorpreso, ne chiede la ragione e la
contessa spiega candidamente che il marito vorrebbe trasferirsi in Sud America per
ritirarsi a vita privata con la famiglia e scrivere le sue memorie lontano dai furori della
guerra. Il Führer è esterrefatto, trattiene a stento un attacco di collera, interrompe
bruscamente l'incontro e si convince ancor più della necessità di una esemplare
punizione per tutti i traditori del suo amico e alleato Mussolini.
La fuga dei Ciano in Uruguay fallisce, così, miseramente.
Hottl e Kaltenbrunner, però, non desistono dal proponimento di entrare in possesso dei
diari di Ciano per usarli contro Ribbentrop, sempre con l'appoggio occulto di Himmler.
Nel secondo tentativo di consegnare i Diari ai tedeschi, mentre Galeazzo era incarcerato
a Verona, Edda fu all’altezza degli eventi, ancorchè sfortunatamente perdente.
La notte del 7 gennaio 1944, affranta per il gelo e l'angoscia d'essere giunta con un
ritardo di due ore all'appuntamento, immobile al decimo chilometro della strada da
Verona a Brescia, Edda aspetta a lungo che i tedeschi tengano fede all' impegno preso e
le consegnino, libero, Galeazzo Ciano.
Il piano, concordato con Frau Beetz, che da spia messa alle costole di Ciano dai servizi
segreti germanici si trasformò in amica sia di Galeazzo, sia di Edda, arriva a un soffio
dal successo. Ma in una sola notte si passò dalla certezza della vittoria alla disperazione
del fallimento.
Ciano viene fucilato sugli spalti del tiro a segno militare di Porta Catena. Una
esecuzione orrenda, filmata dai tedeschi per mandarne testimonianza a Berlino, ma che
consegna alla storia l’immagine di un uomo che affronta l’esecuzione con fermezza
d’animo e grande dignità.
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Ciò considerato e premesso, giova ribadire che i Diari interessavano i tedeschi solo in
quanto strumento di una faida interna alle alte gerarchie naziste: la lotta di potere tra
Himmler, di cui era fedele alleato Kaltenbrunner, e Ribbentrop. I due si odiavano
reciprocamente e Himmler vide nelle memorie di Ciano un valido mezzo per screditare
il rivale di fronte a Hitler e farlo sostituire con un uomo fidato delle SS. In altri termini i
“Diari” erano un pericolo per il Ministero degli Esteri germanico, non certo per l’Italia
debolissima, devastata dalla guerra civile e dai bombardamenti.
Il fatto che i Diari non avessero alcuna valenza strategico-militare lo si desume anche
dalla loro sorte a guerra finita. Furono pubblicati prima a Londra in Inglese e poi a
Roma in Italiano e furono considerati da tutti come un mero scoop giornalistico, senza
alcun connotato di segretezza militare, seppure postuma. La parte dei Diari inviati nel
1943 in Germania dal tenente delle SS Walter Segna finirono quasi anonimamente negli
archivi storici di Berlino e andarono perduti dopo l’arrivo in città dell’esercito
sovietico.
Il presunto tradimento verso lo Stato italiano deve, inoltre, essere contestualizzato tra il
settembre del 1943 e il gennaio del 1944. L’Italia era spaccata in due: il Regno del Sud,
con Vittorio Emanuele e Badoglio, sotto assidua tutela anglo-americana; la Repubblica
Sociale Italiana al Nord, di fatto agli ordini della Germania. Cercare di consegnare i
“Diari” ai tedeschi costituirebbe, dunque, tradimento verso chi? I tedeschi erano nemici
dell’Italia del Sud (che aveva formalmente dichiarato guerra alla Germania il 14
Settembre) ma contemporaneamente alleati della Repubblica di Salò (costituita il 23
Settembre) al Nord. Per cui un traditore della Patria ad una certa latitudine diventava un
coraggioso patriota ad un’altra.
Le somme in denaro di cui riferisce l’Accusa Edda le ricevette dal padre ed erano la
anticipata quota di eredità che Mussolini ripartì tra i figli a seguito della vendita de Il
Popolo d’Italia, il giornale di cui era proprietario. Edda, nell’occasione, scrisse al padre
che avrebbe accettato la somma perché si trovava in forti difficoltà economiche, ma che
era sua ferma intenzione restituirgliela totalmente non appena ne avesse avuto la
possibilità. Nessun “mero opportunismo” dimostrò, invero, l’imputata.
Benchè molto legata al padre, Edda considerava Mussolini responsabile della
fucilazione del marito e ne aveva motivo. Una fucilazione voluta sia Hitler, sia da
Pavolini, rispetto alla quale Mussolini nulla oppose, dimostrandosi anzi compiacente e
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prono, tanto da non accettare neppure la domanda di grazia che gli era stata inoltrata e
che egli sempre sostenne di non aver mai ricevuto. Peccato che disponeva di mezzi per
informarsene privatamente e motivi per sollecitarla.
Alla stregua delle suesposte considerazioni l’imputata va mandata totalmente assolta
dalla imputazione ascrittale al capo B perché il fatto non costituisce reato.
Sul capo C) d’incolpazione:
Edda sbarca a Lipari nel novembre del ‘45, a cinque mesi dalla morte del padre a
Piazzale Loreto e ventuno mesi dopo l'esecuzione del marito.
La nuova legge speciale approvata all’indomani della Liberazione prevedeva che questo
fosse il destino riservato alle persone che avevano «tenuto una condotta ispirata ai
metodi e al malcostume del fascismo».
Ma nel rapporto di polizia che aveva accompagnato Edda al confino, complice forse la
retorica e l’esaltazione del momento, figurava un’accusa ben peggiore: l’avere, lei,
provocato l’ingresso in guerra dell’Italia, vincendo le resistenze del padre ed
avvalendosi del forte ascendente che esercitava su di lui.
Nel primo inverno dopo la fine della guerra, conobbe a Lipari, Leonida Buongiorno,
ufficiale durante la guerra nel Primo Battaglione Alpini «Ceva» e partigiano nella
Resistenza in Francia, sotto il falso nome di Paul Zanettì, e in una delle sue sere
tristissime, solitarie, deprimenti, nell’isola, se ne innamorò.
Buongiorno non era solo il capo del Pci eoliano rinato dopo la fine della dittatura, ma
anche l’esponente di una famiglia antifascista che era entrata nella storia. Suo padre,
Edoardo, musicista della banda del paese, si era sempre rifiutato platealmente di
accompagnare le note di «Giovinezza giovinezza». Ed era il socialista, in contatto con
le organizzazioni clandestine, che aveva fornito le carte navali e preparato la sera del 27
luglio 1929 la fuga dei fratelli Rosselli da Lipari a Tunisi e poi a Parigi, finita con il
loro assassinio. Così uno strano caso voleva che il figlio del liberatore dei due martiri
del fascismo incontrasse, molti anni dopo, la vedova del gerarca del regime che li aveva
voluti morti.
Parlavano e si scrivevano in francese e in inglese (forse per difendersi dalla curiosità dei
«postini»), avevano alle spalle due storie avventurose e due mondi opposti.
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Li dividevano, da una parte, la disillusione di lei per la sua storia finita in rovina, per
gli inganni e i sotterfugi della politica, per le promesse mancate e i tradimenti subiti. E
dall’altra il sogno comunista dell’«uomo nuovo» a cui lui invece aveva affidato tutte le
sue speranze.
Li vedevano passeggiare al tramonto e, con la buona stagione, restavano fino a tardi
sulla piccola terrazza della casetta sulla salita di San Bartolo, che lei presto chiamò «la
petit mal maison»: la passione e l’intensità dei loro incontri intimi erano ormai di
dominio pubblico.
Condannata a due anni di confino, Edda Ciano ottiene la libertà dopo soli nove mesi. Ci
riesce grazie a un memoriale, scritto nelle lunghe giornate liparote, per convincere le
autorità della eccessiva durezza delle accuse che le venivano contestate. E con un
argomento, che è possibile che Leonida stesso le abbia suggerito, spiegando che il suo
coinvolgimento nelle vicende del regime era avvenuto solo per ragioni familiari.
Fatto sta che Edda lascia Lipari nell’estate del ‘46 e la sua storia d'amore con Leonida
conosce lo strazio della lontananza, della nostalgia, della gelosia.
La corrispondenza tra i due prosegue ancora per un certo periodo e ci sono almeno due
ritorni a Lipari di «Ellenica», memorabili, romantici.
Poi un terribile addio sulla banchina del piroscafo a Palermo. C’è la scoperta che
Leonida ha una fidanzata, come dire, più tradizionale, sull’isola. La crisi di gelosia. Un
gesto sconsiderato come la decisione, di Edda, di tagliarsi i capelli a zero e inviare le
foto della testa rasata a Lipari.
L’accorrere preoccupato di Leonida al Nord, per un breve viaggio. Poi il silenzio.
Un’ultima lettera di Edda per smentire il suo fidanzamento, di cui parlano i giornali,
con il conte Pietro Capuano, a Capri. Leonida non risponde. Siamo alla fine. Le risposte
di Leonida si faranno sempre più rare, ed alla fine sposerà Angela.
Passeranno altri dieci anni prima di poter rivedersi, ormai stanchi, sull’isola. Si
rivedranno poi per l'ultima volta ancora a Lipari nel 1971, sessantenni, davanti alla
parete su cui lui aveva fatto incidere i versi omerici con le parole di Circe: «Tu da solo
col tuo cuore consigliati: io ti dirò le due rotte».
La passione non si era mai spenta, una passione che, superando ogni convenzione del
tempo, alla fine cambiò per sempre la vita dei protagonisti.
A fronte di tali accadimenti, come si può parlare di “opportunismo sentimentale”? E
soprattutto come si può sostenere che la condotta tenuta da Edda Ciano nelle
circostanze possa assumere profili di rilevanza criminale? Ovvero che il giovane,
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aitante, colto partigiano sia stato solo vittima di un momentanea passione utilizzata da
Edda al fine esclusivo di trascorrere piacevolmente il periodo di confino sull’isola?
A tali quesiti nessuna convincente risposta si rinviene negli argomenti utilizzati dalla
Pubblica Accusa, soprattutto a fronte delle puntuali valutazioni espresse dal Prof.
Repond, che ha ricordato come Edda giunse a Lipari che pesava 42 kg, non mangiava e
non beveva, apparve a Leonida Bongiorno “come una rondine ferita dalle ali
infrante…. negli ultimi 2 anni l’inferno l’aveva attraversato tutto..…lei ritrova la sua
natura selvaggia ed anarchica sulla spiaggia di Lipari dalla nera sabbia..…Leonida,
che lei chiamava Baiardo come il cavallo dell’Orlando Furioso, ama quella donna e lei
si sentirà amata per la prima volta da un uomo, non da un maschio….”.
Si impone pertanto l’assoluzione dell’imputata dall’accusa contestata al capo C) perchè
il fatto non sussiste.
Va infine rilevato che dalla ricostruzione della vicenda vissuta da Edda Ciano negli anni
immediatamente successivi alla caduta del regime, emerge una pagina di storia, che
documenta, oltre ai contrasti ideologici, anche un’aspirazione alla riconciliazione, di
un'Italia dolorosamente uscita dalla guerra e dai vent'anni della dittatura.
P.Q.M.
La Corte, visto l’art.530 c.p.p.
ASSOLVE
Edda CIANO nata MUSSOLINI dalle imputazioni contestate ai capi A) e C) perché il
fatto non sussiste e dall’imputazione contestata al capo B) perché il fatto non costituisce
reato.
Deciso in Milano, in camera di consiglio, il 19 novembre 2015.
I Consiglieri
Il Presidente
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ALLEGATI
L’ESAME DEI SOGGETTI CHIAMATI A DEPORRE DALLA
PUBBLICA ACCUSA
Rachele Mussolini Preliminare
Preliminarmente debbo avvisarla che in qualità di madre della imputata ha il diritto di
astenersi dal deporre a questo processo: intende o meno testimoniare, Donna Rachele ?
Rachele Mussolini 1° domanda
Donna Rachele, può riferire alla Corte se Le risulti che Sua figlia Edda abbia mai
lavorato in vita sua, e in caso contrario se sa come ha fatto a mantenere quell’elevato
tenore di vita che risulta avere mantenuto nel corso degli anni ed infine se pure Le
risulta che anche dopo essere rimasta vedova del marito ebbe a chiedere via lettera
contributi economici al padre,il di Lei marito, Benito Mussolini ?
Rachele Mussolini 2° domanda
Quale opinione aveva sua figlia, sempre se Le risulta, del nazismo che aveva preso i
poteri in Germania nel 1933, e del suo leader Adolf Hitler ?
Rachele Mussolini 3° domanda
Quali sono stati i vostri rapporti dopo la caduta del regime fascista e fino al momento
della di Lei morte ?
Edda Ciano Preliminare
Preliminarmente debbo avvisarla che in qualità di imputata ha il diritto di avvalersi
della facoltà di non rispondere, intende o meno rispondere Contessa ?
Edda Ciano 1° domanda
Come avrà visto, Contessa, le vengono contestati tre fatti specifici, verificatisi in tre
diversi momenti della sua vita e potremmo dire anche della storia del nostro paese.
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Iniziamo da quello che accadde nel marzo del 1941 in piena guerra mondiale. Ci
risulta che quando la nave PO sulla quale si era imbarcata dalla Albania unitamente
ad altre crocerossine venne attaccata dagli inglesi, rimasero uccise ben 23 persone
dell’equipaggio perché non trovarono posto sulle scialuppe a disposizione mentre lei si
salvò. Ci rallegriamo ovviamente per Lei signora Contessa, ma vuole cortesemente
spiegare alla Corte quale particolare merito ci sia nell’essersi salvata a discapito di
altri, al punto da far si che al ritorno in patria le venisse addirittura conferita la
medaglia di bronzo al valore civile?
Edda Ciano 2° domanda
Ora passiamo a quando invece la situazione in corso di guerra era ormai cambiata e
Lei e suo marito andaste in Svizzera per trovare protezione presso la Germania nazista.
Per quale ragione, dopo avere avuto dai tedeschi la rassicurazione di un salvacondotto
per trasferirvi entrambi in Sud America in cambio della consegna dei diari segreti
militari di suo marito Galeazzo Ciano, ritenne di chiedere a Hitler, in un colloquio
privato che aveste poco dopo voi due, di cambiarle ben 7 milioni di lire italiane in
pesetas per testuale “saltare gli intoppi burocratici”? E quale fu la reazione di Hitler?
Edda Ciano 3° domanda
In ultimo veniamo al periodo in cui, caduto il fascismo, Lei fu mandata al confino
sull’isola di Lipari, dove intrattenne una relazione sentimentale con l’antifascista e
comunista Leonida Bongiorno che era ai tempi un importante e stimato rappresentante
della comunità locale,in quanto figlio di Edoardo Bongiorno, capomusica della locale
banda e storico anti-fascista, che nel 1929 aveva organizzato la fuga per mare di Carlo
Rosselli. Lei ebbe a dire al figlio Leonida che ai tempi in cui eravate felicemente
sposati era stato proprio suo marito Galeazzo ad organizzare in Francia l’omicidio di
Carlo Rosselli ? E poi, visto che Lei ha sempre dichiarato che quella con Leonida fu
una grande storia d’amore, per quale ragione appena ridotto ad un solo anno, a
seguito della amnistia di Togliatti, l’obbligo di soggiorno coatto sull’isola Lei se ne
andò immediatamente lasciando lì la persona che diceva di amare e per poi mai più
farvi ritorno, nonostante abbia avuto modo negli anni successivi di girare per il mondo
in lungo e in largo ?
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DICHIARAZIONI RESE DAL PERITO CITATO DALLA DIFESA
Esame del Perito Prof. André Repond
Je suis André Repon. Je dèmande, si possible, la traduction simultanée. Merci! …
Chiedo di avvalermi di appunti. Parlo di eventi di settant'anni or sono…
Ho conosciuto “Elsa Pini” (tale era il nome con cui si faceva chiamare la Contessa
Ciano nell’inverno del 1944) quando fu condotta presso la casa di cura per malattie
nervose, allora da me diretta, a Malevoz nel Vallese. La figura umana di Edda è
poliedrica come i suoi mille nomi: “Sandokan”, “Pini”, “Contessa Ciano ex Mussolini”
“Antigone” ma, soprattutto: “Ellenica”, il greco soprannome con cui la chiamerà
Leonida Bongiorno, il suo uomo dell’anno trascorso a Lipari.
Propongo due brevi profili di Edda:
Profilo umano.
Donna non bella ma di grande fascino. Ha affascinato anche me. Terzogenita di
Benito Mussolini (i primi due figli “illegittimi”, Candido e Albino, morirono
giovanissimi e non riconosciuti dal padre).
Lei, femmina, fu educata come un maschio.
Istriona che però non amava la folla ed il magnetismo che questa emana, al
contrario di Suo Padre. Anarchica e selvaggia, direi: una femmina “contro”. La
donna meno fascista dell’immagine che il fascismo dava delle donne del tempo. Lei,
anticonformista nell’abito, nel comportamento ma è stata certamente un’importante
portavoce del regime.
Testimone di una tragedia personale e nazionale. Laddove la psicologia delle
masse e l’individuale si fondono d’improvviso e alchemicamente: il grande amore si
trasforma in odio.
La sessualità gli amori.
Lei, che voleva scappare con un ebreo prima del matrimonio con Costanzo Ciano,
proprio lei, s’innamora di un comunista dopo la morte del marito. Edda, vero Giano
bifronte!
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Profilo clinico.
Edda, la prima figlia femmina del Duce, costretta a portare i capelli “alla maschio”.
Palese è il suo Complesso di Elettra. Il Suo amore è stato sempre il padre! Quando
hai un amore in testa non c'è chi possa penetrare il Tuo animo. Quell'amore si
chiamava Benito! Un’anoressica ... bulimica d'amore! Il mio maestro, Sigmund
Freud, l’avrebbe etichettata quale: “isterica”. Personalità “border line”, direbbero
invece i Vs. odierni psichiatri, con note depressive; abuso di alcool e amfetaminici,
senza mai rasentare però una vera tossicofilia. Un sessualità bulimica quantitativa
per molta parte della Sua vita. Una frigida ninfomane quantitativa più che
qualitativa nelle sue scelte. Una donna in fuga, secondo me. Innanzitutto da se
stessa. Madre e figlia: Edda e Rachele. Edda nelle sue memorie autobiografiche
scrive: «Il vero dittatore, in famiglia, nonostante i lineamenti delicati, gli occhi
azzurri, i capelli biondi e un' aria piena di candore, era mia madre. Anche nei miei
ricordi più remoti la vedo tenace e irremovibile...». Edda e Rachele, un inferno di
famiglia! I rapporti fra le due donne erano segnati dall' odio. Dalla mia cartella
clinica: «È soprattutto di fronte alla tenuta psicologica che Edda Ciano mostra le
debolezze più marcate: è instabile, impulsiva, alterna periodi depressivi a momenti
di euforia, a fughe dalla realtà. Infine soffre di complessi affettivi. In altre parole:
nonostante la sua spiccata intelligenza, la sua cultura, lucida e penetrante, Edda
Ciano è davvero una malata di nervi...».
«Tu non sei più mio padre.... » è però la frase password per entrare nel labirinto
della mente di Edda. «Ti odio, ti disprezzo…non sei più mio padre» Queste
sarebbero le ultime parole, dette dalla figlia maggiore del Duce a suo padre, a
seguito della condanna alla fucilazione del di lei marito Galeazzo Ciano. La scena si
svolgeva a Gargnano, nella Repubblica di Salò, intorno al primo Gennaio del 1944.
Qualche giorno più tardi, il 9 Gennaio 1944, alle 17,45 per l’esattezza, Edda Ciano
Mussolini espatriava clandestinamente in Svizzera con un nome falso, quello della
Duchessa d’Aosta, chiedendo lo statuto di rifugiata politica. In quel momento si
consuma il dramma personale e psicologico di Edda. Se è vero, come dice Aristotel,
che «la famiglia è il luogo della tragedia», in quella famiglia l’odio ne diviene il
demone. Il marito viene fucilato, il Padre trucidato con l’amante Claretta e Lei …
precipita. Vittima di una storia crudele, dopo aver trascorso i suoi primi trent’anni di
vita in una continua vacanza su giostre roboanti, Lei, come un’eroina di antiche
tragedie, non aveva altra scelta per sfuggire al patimento della vita: o fingersi pazza
o considerarsi morta. Le è successo di peggio.
La follia l’ha lambita, la morte l’ha sfiorata.
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Nello specifico di questo processo
Posso portare un contributo personale sul primo e sul terzo capo di imputazione ed
una riflessione sul secondo.
In sintesi: È stata agita nel primo caso. Ha amato nel secondo.
Sul Primo Capo di Imputazione
 Quanto all’episodio di Valona
Edda me l’ha raccontato. La giovane Edda aveva in passato salvato nel mare
adriatico una sua compagna adolescente. Lei nuotava benissimo. Meglio
nell’acqua che nella vita. Dopo lo scoppio della guerra, Edda parte con le
crocerossine per l’Albania e la nave ospedale dove è imbarcata, la Pò, è silurata
dagli Inglesi mentre è all’ancora nel porto di Valona, dove affonda in quattro e
quattr’otto con un alto numero di morti. Edda si lancia in mare, nuota, si pone in
salvo su una scialuppa. La propaganda del Minculpop ne ha fatto un eroina da
proporre come mito del littorio. Loro avevano bisogno di miti ed inviavano le
“veline” ai giornali. Lei un mito allora lo aveva già e le bastava: era Suo Padre.
Sul Terzo Capo di Imputazione
 Quanto all’amore di Lipari
Edda mi scrisse dopo la guerra. Leonida Buongiorno, il Suo compagno di
quell’anno, disse di lei: «mi apparve subito come una rondine ferita dalle ali
infrante». Edda giunge a Lipari che pesa 42 kg camminando curva sulle spalle,
appoggiandosi al braccio di un’amica. Non mangiava, non beveva, quando
poteva si teneva su con gli alcolici. Lei chiamava Leonida “Baiardo”, come il
cavallo dell’Orlando Furioso. Solo chi ha visto le porte dell’Ade può capire
quale e quanta sia la luce di un amore. Ed Edda l’inferno negli ultimi due anni
l’aveva attraversato tutto. Lei ritrova la Sua natura selvaggia ed anarchica sulla
spiaggia Vulcano a Lipari dalla nera sabbia. La palingenesi obliterativa (c.f.r.
Freud) dell’amore e della carnalità fa così il suo corso. Edda ascolta Leonida
recitare il Canto XII dell’Odissea, là dove la maga Circe nel tentativo disperato
di tenere Ulisse con Lei, gli indicava due rotte impossibili per far ritorno a
Itaca,una delle quali segnata proprio dalle Rupi erranti: i Faraglioni di Lipari.
Due rotte senza via d’uscita esattamente come le loro storie. Leonida,
mediterraneo, colto, comunista ama quella donna e lei si sentirà amata per la
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prima volta da un uomo, non da un maschio che fascistamente
le possa
ricordare che « le mogli devono portare le corna». Una notazione morfologica:
Leonida era ipetricotico esattamente come il petto di Suo Padre Benito. Anche
per uno psicanalista del terzo millennio è … un invito a nozze. Dirà infine
Edda: «L'amore ha salvato le nostre vite, ma noi non siamo riusciti a salvare
l'amore».
Si, secondo me fu vero amore!
Non ho una testimonianza diretta ma mi permetto una riflessione logica:
l’ordinanza con cui si destinava Edda al confino era illogica e contraddittoria.
Recitava: « .. ha contribuito in modo rilevante ad asservire la politica italiana a
quella tedesca e che avrebbe influenzato il Padre per l’entrata in guerra». Se
Edda fosse stata il dominus dell’entrata in guerra dell’Italia come mai le veniva
imposto solo il confino? Per quale ragione non era stata chiamata a rispondere,
se non di fronte alla corte di Norimberga a una Corte d’Assise? E se era stata
una criminale di guerra perchè non la si era arrestata?”
Conclusioni:
Edda è figura pirandelliana. Lei: una, nessuno, centomila.
Ma lo sono anch’io. Sono alla ricerca di un autore, che dia un senso al mio essere
qui, oggi, redivivo, a parlare di una defunta che poco fa ha testimoniato e che viene
processata da questa Corte.
Credetemi, come psichiatra, sono un po’ confuso....
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