Introduzione alla tesi - servizio di fisica medica e radi
Transcript
Introduzione alla tesi - servizio di fisica medica e radi
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI VERONA MASTER DI I LIVELLO EDUCATORE ESPERTO PER LA DISABILITA’ SENSORIALE L’ALBINISMO Relatore: Dott.ssa Marcella Nalli Specializzanda: Erika Palma 1 2 Per me l'ipovisione è: •Vedere il viso di una persona, ma non cogliere il colore dei suoi occhi; •Sorridere ad un fisico attraente e rimanere indifferenti a pochi passi da un sorriso... •Avvicinarsi per guardare meglio... •Vedere la realtà come... ...attraverso uno scolapasta ...attraverso il buco della serratura ...attraverso una bottiglia piena multiforme ...in un paesaggio nebbioso ...se si avesse sempre il sole in faccia •Non riconoscere i colleghi al di fuori del contesto lavorativo; •Essere riconosciuti dai colleghi anche quando si preferirebbe evitare... •Non avere colleghi di lavoro... •Prendere 2 in disegno tecnico e 8 in letteratura; •leggere solo i titoli dei giornali e dei libri... •maneggiare gli oggetti su un piano d'appoggio per evitare di doverli cercare per terra... •mettersi nel punto più avanzato della fermata del bus per vederne, da fermo, la destinazione; •camminare per strada perché sono più "lisce" dei marciapiedi... •camminare verso ovest all'alba e verso est al tramonto per avere il sole sempre alle spalle... •essere abbagliati dai fari delle auto di sera e non poter ricambiare... •guardare sconsolati il menù e prendere la pizza margherita... 3 •chiedere la grappa che gli altri non vedono sulla mensola, ma che il barista tiene sotto il bancone (primato dei rapporti interpersonali rispetto alla comunicazione visiva); •fare tardi perché si è cercato di non essere notati... •fare tardi perché si è stati notati; •fare tardi perché non si è stati notati; •arrivare giusti perché si è stati notati; •guardare a sinistra, ma andare a destra... •guardare a sinistra e vedere tutto tranne quello che: "...é lì!..."; •vedere il dito che indica "a sinistra" e continuare a non capire dove andare... •vedere la mezza luna e non poter vedere le stelle... •non fidarsi ad attraversare nemmeno sulle strisce... •sentirsi sulla stessa barca quando c'è nebbia... •guardare le barche dalla riva quando c'è il sole... •cercare il puntatore del mouse anche quando c'è il tasto di scelta rapida; •trovare comunque il puntatore del mouse quando non c'è il tasto di scelta rapida... •trovare in un sito web tante soluzioni per ipovedenti, tranne quella più adatta... •navigare in internet come nessuno immaginerebbe mai... •non navigare in internet perché è difficile trovare le dritte "giuste" che lo favorirebbero; •Inseguire la tecnologia invece di vederla venirci incontro... •essere considerati vedenti dai normovedenti; •essere considerati non vedenti dai non vedenti; •essere considerati target commerciale da normovedenti e non vedenti... 4 •preferire lamentarsi piuttosto che considerarsi ipovedenti e agire di conseguenza... •avere chi fa tutto in casa, la pensione e i tram gratuiti, ma non essere autonomi... •credere che l'ipovisione sia l'unico personale "difetto"... •credere che l'ipovisione sia l'unica personale "dote"... •credere che, in quanto ipovedente: "tutto mi è dovuto"... •dover essere capaci, in un mondo in cui conta l'apparire... •andare in giro col marsupio pieno di lenti, occhiali e monoclini, buoni per tutte le occasioni; •sentirsi "normali" perché è sempre stato così; •scoprirsi diversi quando si è stati "normali" fino al giorno prima; •sentirsi diversi dai normali e dai diversi, anormali come tutti...1 1 www.subvedenti.it 5 INDICE Introduzione alla tesi pag. 7 L’Albinismo pag. 9 Anomalie oculari nell’Albinismo pag. 31 L’ipovisione pag. 46 Riflessioni conclusive pag. 87 Sitografia pag. 91 Bibliografia pag. 92 Allegati pag. 94 6 INTRODUZIONE ALLA TESI La scelta di affrontare il tema dell’Albinismo nasce dalle osservazioni personali maturate durante il periodo di stage sostenuto presso l’abitazione di una ragazza albina nella località di Vendri (Quinto Veronese). L’esperienza fatta ha consentito di rivedere il mio pensiero rispetto all’effettivo bisogno che una persona con albinismo ha di essere supportata da una figura professionale quale la lettrice/ripetitrice che le permette di utilizzare al meglio le risorse personali. Da tali presupposti, la seguente tesi si ripropone di esaminare l’Albinismo negli aspetti medico-scientifici, evidenziando le manifestazioni oculari e l’ipovisione, nell’apportare spunti psicologici ed educativi ai genitori che si trovano a dover affrontare la nascita di un bambino albino, ed infine, attraverso forum dedicati, vengono suggerite delle letture inerenti pensieri, atteggiamenti/comportamenti/opinioni dei diretti interessati, siano essi persone albine o persone che interagiscono con loro. Inizialmente il classificazione lavoro descrive l’Albinismo attraverso la storia, la e la genetica; procede con l’illustrare e l’approfondire le 7 anomalie oculari correlate e riporta una possibile simulazione di visione di persone albine. Attraverso la conoscenza dei loro vissuti, si vuole mettere in luce quanto l’aspetto della diversità come fattore intrinseco, e di pregiudizio come elemento esterno, incidano sullo sviluppo della personalità. Il lavoro è arricchito da allegati quali foto, articoli di giornale in merito alle condizioni umane delle persone albine in Africa, ed alcune pagine tradotte dal libro edito dall’associazione spagnola ALBA dal titolo “Albinismo, una condiciÓn genética, dos realidades: Espana y Senegal”. 8 ALBINISMO 1.1 DEFINIZIONE L’albinismo è un gruppo eterogeneo di anomalie ereditarie della sintesi della melanina, caratterizzato da una riduzione o assenza congenita del pigmento melanico nella cute, nei capelli, nei peli e negli occhi (Albinismo Oculocutaneo, OCA) o quasi esclusivamente negli occhi (Albinismo Oculare OA). All’ipopigmentazione, cutanea ed oculare, sono associate determinate anomalie del sistema ottico: trasparenza dell’iride e fotofobia; ipopigmentazione della retina; ipoplasia della fovea e riduzione della visione stereoscopica, nistagmo, strabismo, errori di rifrazione2. 1.2 STORIA Sembra che il termine “albino” sia stato utilizzato per la prima volta da un esploratore portoghese che, notando, in terre africane, la presenza di nativi dalla pelle chiara e di nativi dalla pelle scura, pensò, erroneamente, 2 www.albinit.it 9 che si trattasse di due razze distinte: chiamò i primi albini (latino albus, bianco), i secondi negri (latino niger, nero). Descrizioni di Albinismo nell’uomo si ritrovano, comunque, già negli scritti di autori greci e latini, come Plinius Secundus il vecchio ed Aulus Gellius. Di qui la conclusione che l’Albinismo abbia ben presto fatto la sua comparsa nella letteratura medica. Le più antiche testimonianze scritte descrivono individui con albinismo come soggetti completamente privi di pigmento visibile: pelle bianca, capelli bianchi e occhi rossi. Le descrizioni si moltiplicano nel corso del tempo, quando si fanno più frequenti i viaggi intorno al mondo, con la conseguente scoperta di nuovi continenti, nuovi popoli, nuovi gruppi etnici. L’albinismo si colora di superstizioni e pregiudizi, diversi da popoli a popolo, da continente a continente. Nel corso del XIX secolo, soprattutto in America, gli Albini diventano oggetto di spettacoli ludici, fenomeni da baraccone di circhi ambulanti, soggetti privilegiati da fotografi famosi3 3 www.albinit.it 10 Famiglia Lucasie, famiglia albina di origine olandese, “esibita in America dal fotografo Phineas Barnum 1.3 CLASSIFICAZIONE La “natura familiare” dell’Albinismo viene riconosciuta tanto prima quanto L’Albinismo stesso: è tra le prime malattie ad essere indicata come condizione genetica. 11 Già agli inizi del 900’, vengono a delinearsi due tipi di Albinismo, diversi per fenotipo e per modello ereditario: l’Albinismo oculocutaneo e l’Albinismo oculare. L’Albinismo oculocutaneo, il classico Albinismo descritto nel corso dei secoli precedenti, coinvolge solo la pigmentazione cutanea ed oculare ed è autosomico recessivo, presentandosi con uguale probabilità nei maschi e nelle femmine. L’Albinismo oculare, invece i cui primi casi vengono individuati all’inizio del secolo, coinvolge solo la pigmentazione oculare ed è X-linked recessivo, presentandosi quasi esclusivamente nei maschi. E’ un professore inglese, Edward Nettleship, che nel 1909 descrive con molta enfasi le caratteristiche genetiche di un “…Albinismo oculare incompleto…”, facendo notare che “…la discendenza è attraverso la madre in ogni caso; nessun maschio affetto ha un bambino affetto…”4 BIBLIOGRAFIA Garrod, A. E., Inborn errors of metabolism. Lecture II. Lancet 2, 73-79. 1908. King, R. A., Hearing, V.G., Creel, D.J. and Oetting, W.S. Albinism. Metabolic and Molecular Bases of Inherited Disease, Ed 8. Scriver, C.R., Beaudet, A.L., Sly, W.S., and Valle, D. (eds). 4 www.albinit.it 12 McGraw-Hill, New York; 2001. Text (gentilmente fornito dal prof. R. King). King, R.A., Summers, C.G., Oetting, W.S., Freyer, J.P., Savage S. International Albinism Center . Facts about Albinism. The clinical Spectrum of Albinism in Human. 2004. Text Kugelman, T.P., Van Scott, E.J., Tyrosinase activity in melanocytes of human albinos. J. Invest. Dermatol. 37, 73-76. 1961. ALBINISMO OCULO-CUTANEO DI TIPO1(OCA1; OCA1A; OCA1B) L’Albinismo oculocutaneo di tipo 1 (OCA1, OCA1A, OCA1B) è associato al gene TYR. La maggior parte degli individui con OAC1presenta una marcata ipopigmentazione alla nascita: capelli bianchi, cute bianco latte ed occhi blu. La presenza di capelli bianchi alla nascita, la così detta “testa di stoppa”, è usata come criterio clinico nella diagnosi differenziale tra OCA1 e OCA2 (King, 2003). Durante la prima e seconda decade di vita, alcuni individui con OCA1 non sviluppano pigmento (OCA1A), mentre altri sviluppano pigmento nella cute, nei capelli e negli occhi (OCA1B), per cui lo spettro fenotipo pigmentario è ampio , estendendosi da una totale assenza di pigmento ad una pigmentazione quasi normale (in quest’ultimo caso è la presenza dei cambiamenti oculari ad identificare sempre l’albino dal non albino). In (OCA1A), i melancociti sono privi di melanina, con melanosomi allo stadio I e 13 II, mentre in OCA1B contengono quantità variabili di melanina, con una miscela di melanosomi allo stadio III (parzialmente melanizzati). Le caratteristiche oculari sono identiche in entrambi i sottotipi, anche se si presentano con entità variabile. Gli individui OCA1A (il classico fenotipo OCA tirosinasi-negativo) non sintetizzano melanina nella cute, nei capelli e negli occhi, per tutta la durata della vita, presentando un fenotipo caratteristico, che è lo stesso in tutti i gruppi etnici e a tutte le età, chiaramente e facilmente distinguibile: cute bianca, capelli bianchi ed occhi blu. La cute rimane bianca per tutta la vita e non si abbronza, anzi l’esposizione al sole determina eritema e scottature. Le lesioni cutanee, come i nei, sono rosa e pigmentate. Non ci sono efelidi e lentiggini. I capelli bianchi possono nel corso del tempo, diventare di un bianco più intenso, piuttosto che translucido, o di un giallo chiaro, a seguito di esposizione al sole o dell’uso di diversi shampoo. L’iride, blu e completamente trasparente, rosa o rossa alla luce del sole o di una lampada, può spesso, nel corso del tempo, diventare di un colore blu-grigio. La retina non sviluppa pigmento melanico. L’acuità visiva è di solito tra 20/100 e 20/400. 14 Gli individui OCA1B si presentano, alla nascita, con capelli bianchi, o, più raramente, di un giallo chiaro, cute e occhi blu. Dall’età di 1-3 anni, in alcuni casi ancora prima (nei primi mesi di vita), cominciano a sviluppare una pigmentazione generalizzata nei tessuti interessati. Lo spettro fenotipico è ampio: da una pigmentazione molto scarsa (come in OCA dal pigmento minimo) ad una pigmentazione quasi normale (come nei casi un tempo indicati come AROA). OCA giallo (il primo fenotipo OCA1B individuato), OCA dal pigmento minimo, OCA platino, OCA temperatura sensibile ed alcuni casi di AROA, prima considerati diversi tipi di OCA, ora sono parte dello spettro fenotipo di OCA1B. La pigmentazione cutanea può essere quasi normale, tanto da portare ad una diagnosi errata di OA. Il bachground pigmentario etnico e familiare possono influenzare il fenotipo (ad esempio il colore dei capelli può essere rosso chiaro e castano in alcune famiglie dove questo è il modello pigmentario predominante). La comparsa del pigmento nei capelli è progressiva per cui il colore dei capelli va dal bianco al giallo chiaro al biondo chiaro al biondo dorato al biondo scuro al castano chiaro, ma può arrestarsi ad uno di questi colori. Il colore delle sopraciglia può seguire un modello simile a quello dei capelli, mentre il colore delle ciglia può spesso diventare 15 più scuro di quello dei capelli. La cute rimane bianca o assume una pigmentazione generalizzata di entità estremamente variabile. Molti individui possono abbronzarsi, in seguito ad esposizione al sole. Nel corso del tempo si sviluppano, nelle aree esposte, lesioni cutanee pigmentate (nei, efelidi e lentiggini). Il colore dell’iride rimane blu o passa al verde/nocciola o al castano/castano chiaro. La trans illuminazione del globo oculare mostra strisce di pigmento nell’iride. Qualche grado di trasparenza, come dimostrato dall’esame con la lampada a fessura, è di solito presente: L’acuità visiva è tra 20/100 e 20/100, ma può essere anche 20/60 o migliore in alcuni individui5. BIBLIOGRAFIA: Berson JF, Frank DW, Calvo PA, Bieler BM, Marks MS. A common temperature-sensitive allelic form of human tyrosinase is retained in the endoplasmic reticulum at the nonpermissive temperature. J Biol Chem 275:12281-9. 2000. (da geneReviews per OCA) Halaban, R., Svedline, S., Cheng, E., Smicum, Y., Aron, R. and Hebert, D. N. Endoplasmic reticulum retention is a common defect associated with Tyrosinase-negative albinism. Proc. Natl. Acad. Sci. USA 97, 5889-5894. 2000. King, R. A.; Townsend, D.; Oetting, W.; Summers, C. G.; Olds, D. P.; White, J. G.; Spritz, R. A. : Temperature-sensitive tyrosinase associated with peripheral pigmentation in oculocutaneous albinism. J. Clin. Invest. 87: 1046-1053, 1991 (da omim TYR). 5 www.albinit.it, informazioni scentifiche 16 ALBINISMO OCULO-CUTANEO DI TIPO 2 (OCA2) L’Albinismo oculocutaneo di tipo 2 è associato al gene P (ora indicato come gene OCA2). Alla nascita, gli individui OCA2 presentano capelli pigmentati, iride pigmentata e cute bianca. Il pigmento varia da una quantità minima ad una quantità quasi normale, riflettendo in parte, come in OCA1, il background etnico e familiare dell’individuo affetto, e si colloca in un ampio spettro, che spesso, si sovrappone a quello presentato in OCA1B, OCA4, HPS e OA1, rendendo difficoltosa la diagnosi clinica. “I capelli pigmentati alla nascita”, leggermente pigmentati, di un giallo/biondo chiaro, o più pigmentati, di un biondo definito o biondo dorato o anche rosso, salvo eccezioni (neonati con capelli bianchi, come in (oca1), è il carattere che aiuta a distinguere tra OCA1 e OCA2 (King,2003). Tenendo presente, però, l’eseguità, se non l’assenza di capelli in molti neonati, la difficoltà nel distinguere il capello bianco dal capello biondo/biondo chiaro e il normale ritardo nello sviluppo del sistema pigmentario nei bambini del nord Europa, è difficile distinguere OCA1 da OCA1 nei primi mesi di vita. Nel corso del tempo, i capelli possono diventare più scuri (in modo meno pronunciato che in OCA1B), ma molti individui conservano lo stesso colore di capelli per tutta la vita. La cute è bianca, ma 17 mai così bianca come in OCA1A, perché i melancociti sintetizzano una certa quantità di melanina, rappresentata, per lo più, da feomelanina gialla piuttosto che da feumelanina marrone-nera. Non presenta pigmentazione generalizzata, bensì localizzata(nei, efelidi e lentiggini) in aree esposte al sole, e di solito non si abbronza. L’iride è di un colore blu-grigio o di un pigmento chiaro (nocciola/castano chiaro), con un grado di trasparenza, alla trans illuminazione del globo oculare, correlato alla quantità di pigmento presente. Il classico fenotipo “OCA tirosinasi-positivo” (OCA ty-pos), è il fenotipo OCA2 più comunemente riscontrato tra gli africani e gli afroamericani. I capelli sono gialli e rimangono tali per tutta la vita; possono diventare più chiari con l’invecchiamento, probabilmente come normale ingrigimento legato all’età. La cute, bianco crema alla nascita, cambia poco nel corso del tempo, non presenta pigmentazione generalizzata, localizzata solo in alcuni individui, e di solito non si abbronza. L’iride è blu-grigia o di un pigmento chiaro (di solito nocciola o castano chiaro9. Il fenotipo OCA Brown (BOCA), considerato in passato come un tipo di OCA, risulta attualmente, in seguito a dati forniti da analisi molecolare, una variante fenotipica di OCA2. I primi casi sono stati riscontrati nelle popolazioni africane ed afro-americane. 18 Alla nascita i capelli e la cute sono di un colore castano chiaro e l’iride è grigia. Con il tempo il colore della cute cambia poco, ma può scurirsi in seguito ad esposizione al sole. I capelli possono diventare più scuri. L’iride può accumulare più pigmento marrone chiaro e presenta una trasparenza punteggiata e radiale. Il pigmento retinico è moderato. L’acuità visiva è tra 20/60 e 20/150. Gli individui con OCA Brown provenienti dalle popolazioni del nord Europa e dell’Asia, con le caratteristiche oculari dell’Albinismo, possono presentare una pigmentazione cutanea quasi normale e apparire ipopigmentati solo quando confrontati con gli altri membri della famiglia. Un ampio spettro fenotipico pigmentario si pone tra il classico fenotipo OCA typos. E il fenotipo BOCA. Molti casi un tempo indicati come AROA e OA1, con coinvolgimento cutaneo scarso o per nulla evidente, rientrano ora nello spettro fenotipico di OCA26. BIBLIOGRAFIA: Aquaron, R.; Soufir, N.; Berge-Lefranc, J.-l; Badens, C.; Austerliz, F.; Grandchamp, B.. Oculocutaneous Albinism type 2 (OCA2) with homozygous 2,7 kb deletion of the P gene and sickle cell disease in a Cameroonian family. Identification of a common TAG haplotype in the mutated P gene. J. Hum. Genet. 52: 771-780. 2007. 6 www.albinit.it, informazioni scientifiche 19 Costin GE, Valencia JC, Vieira WD, Lamoreux ML, Hearing VJ. Tyrosinsase processing intracellular trafficking is distrupted in mouse primary melanocytes carrying the Underwhite (uw) mutation. A model for oculocutaneous albinism (OCA) type4. J Cell Sci; 116: 3203-12. 2003. Text King R. A., Pietsch J., Fryer J. P., Savage S., Brott M. J., Russel-Eggitt I., Summers C. G., Oetting W.S. Tyrosinase gene mutations in oculocutaneous albinism 1 )OCA1): definition of the phenotype. Hum. Genet. 113: 502-513. 2003. Text ALBINISMO OCULOCUTANEO DI TIPO3 (OCA3) L’Albinismo oculocutaneo di tipo 3 è associato al gene TYRP1, è un tipo di Albinismo oculocutaneo pigmentato distinto, cioè associato a mutazioni a carico di uno specifico gene: TYRP1. La prima prova viene fornita dagli studi condotti da Boissy e collaboratori (1996) su una coppia di gemelli afroamericani. Alla nascita, un gemello presenta il caratteristico fenotipo BOCA (fenotipo OCA Brown, fino ad allora descritto solo nelle popolazioni di origine Negroide, King 1985, 1986), con pelle e capelli di colore marrone chiaro e iridi di un blu-grigio con riflesso rosso, mentre l’altro gemello presenta un fenotipo normale, con capelli e pelle scura. IL fenotipo pigmentario OCA3 viene meglio delineandosi in seguito a studi condotti da Manga (Manga, 1996, 1997) su una popolazione del sud Africa con un fenotipo OCA,definito 20 rosso o rossastro/rosso bruno, ROCA. Gli individui OCA3 sud africani presentano cute bruno rossastra (di solito non riscontrabile in individui OCA1 e OCA2), capelli rossicci, iridi nocciola. Le caratteristiche oculari dell’Albinismo non sono sempre presenti. Possono mancare: trasparenza dell’iride. Nistagmo, strabismo, ipoplasia foveale. Il potenziale evocato visivo non rivela misrouting, suggerendo che o non si tratta di un vero tipo di Albinismo, o che l’ipopigmentazione non è sufficiente ad alterare in modo consistente lo sviluppo del nervo ottico. L’analisi ultrastrutturale dei melanociti della cute e dei bulbi peliferi mostra la presenza di feomelanosomi ed feumelanosomi in varie tappe di metanizzazione, suggerendo che il colore rosso risulta da sintesi di feomelanina, dato che i feomelanosomi sono assenti nella cute e nei bulbi piliferi neri normalmente pigmentati (Manga e Kronberg, 19977). BIBLIOGRAFIA: Boissy, R. E.; Zhao, H.; Oetting, W. S.; Austin, L. M.; Wildenberg, S. C.; Boissy, Y. L.; Zhao, Y.; Sturm, R. A.; Hearing, V. J.; King, R. A.; Nordlund, J. J. Mutation in and lack of expression of tyrosinase-related protein-1 (TRP-1) in melanocytes from an individual with brown oculocutaneous albinism: a new subtype of albinism classified as “OCA3”. Am. J. Hum. Genet. 58: 1145-1156. 1996. Text 7 www.albinit.it, informazioni scientifiche 21 Costin GE, Valencia JC, Vieira WD, Lamoreux ML, Hearing VJ. Tyrosinase processing and intracellular trafficking is disrupted in mouse primary melanocytes carrying the Underwhite (uw) mutation. A model for oculocutaneous albinism (OCA) type 4. J Cell Sci.; 116: 3203–12. 2003. Text Forshew, T.; Khaliq, S.; Tee, L.; Smith, U.; Johnson, C. A.; Mehdi, S. Q.; Maher, E. R. Identification of novel TYR and TYRP1 mutations in oculocutaneous albinism. (Letter). Clin. Genet.68:182-184.2005. King RA, Lewis RA, Townsend D, Zelickson A, Olds DP, Brumbaugh J Brown oculocutaneous albinism. Clinical, ophthalmological, and biochemical characterization. Ophthalmology 92. 1985 ALBINISMO OCULOCUTANEO DI TIPO 4 (OCA4) L’Albinismo oculocutaneo di tipo 4 è associato al gene MATP. Sono stati descritti circa 30 individui OCA4: 1turco, 5 tedeschi, 1 coreano, 18 giapponesi (Inagaki, 2005),pochi per poter delineare un range fenotipico completo per questo tipo di Albinismo. E’ stata notata una somiglianza fenotipica soprattutto tra OCA2 e OCA4 (Newton, 2001), per cui per una corretta diagnosi differenziale, non sono sufficienti i soli dati clinici, ma è necessario ricorrere al test di genetica molecolare. Negli individui OCA4 la pigmentazione cutanea varia da una quantità minima ad una quantità quasi normale. La cute, comunque, non è mai bianca come in OCA1A, indicando 22 che i melanociti cutanei sintetizzano una certa quantità di melanina, per lo più gialla, feomelanica. I capelli, dal bianco argento al giallo chiaro alla nascita, possono scurirsi nel corso del tempo, ma non in modo significativo dall’infanzia all’età adulta. Il colore dell’iride va dal blu al castano, senza eccessiva trans illuminazione. La pigmentazione retinica varia. L’acuità visiva va da 20/30 a 20/400 ed è di solito nel range di 20/100-20/2008. BIBLIOGRAFIA: Costin GE, Valencia JC, Vieira WD, Lamoreux ML, Hearing VJ. Tyrosinase processing and intracellular trafficking is disrupted in mouse primary melanocytes carrying the underwhite (uw) mutation. A model for oculocutaneous albinism (OCA) type 4. J Cell Sci. 2003; 116: 3203–12. Text .Inagaki K, Suzuki T, Shimizu H, Ishii N, Umezawa Y, Tada J, Kikuchi N, Takata M, Takamori K, Kishibe M, Tanaka M, Miyamura Y, Ito S, Tomita Y. Oculocutaneous albinism type 4 is one of the most common types of albinism in Japan. Am J Hum Genet. 2004; 74: 466–71. Text Inagaki K, Suzuki T, Ito S, Suzuki N, Fukai K, Horiuchi T, Tanaka T, Manabe E, Tomita Y. OCA4: evidence for a founder effect for the p.D157N mutation of the MATP gene in Japanese and Korean. Pigment Cell Res. 2005; 18: 385–8. 8 www.albinit.it , informazioni scientifiche 23 ALBINISMO OCULARE TIPO1 (OA1) L’Albinismo oculare di tipo 1 è associato al gene OA1. L’albinismo oculare è caratterizzato da ipomelanosi fondamentalmente oculare,cui sono associate le anomalie oculari, tipiche di tutte le forme di Albinismo. Studi di analisi molecolare confermano, al momento, l’esistenza, su base genetica, di un solo tipo di Albinismo Oculare, Albinismo Oculare di tipo 1 OA1. L’albinismo oculare di tipo 2 (OA2) ANCHE NOTO COME ALNINISMO OCULARE DI TIPO Forsius-Eriksson o Disturbo Oculare dell’isola di Aland (AIED), è una forma allelica della Nictalopia (cecità notturna) incompleta stazionaria congenita x-linked (CSNB2A). L’Albinismo Oculare di tipo 3 (OA3), anche noto come Albinismo Oculare Autosomico Recessivo (AROA) rientra nell’ambito dell’Albinismo Oculocutaneo di tipo1 e 2 (OCA1, OCA2). Lo stesso OA1 viene ormai considerato come una forma leggera di Albinismo Oculocutaneo (King, 2002). E’ caratterizzato dall’assenza di un coinvolgimento sistemico clinicamente evidente (albinismus solum bulbi, Vogt 1942), in quanto il difetto sistemico nella biogenesi dei melanosomi (macromelanosomi presenti sia nei melanociti epidermici che nelle cellule dell’epitelio pigmentato della retina) 24 non sembra comporti un’ipopigmentazione della cute e dei capelli. Eppure, in famiglia di carnagione scura, è chiaramente evidente che i maschi affetti sono leggermente ipopigmentati rispetto ai componenti non affetti della stessa fratria. Inoltre, alcuni maschi affetti presentano macchie irregolari depigmentate sulle braccia e sulle gambe (caratteristica più frequente nei soggetti afro-americani che nei soggetti caucasici). Diciamo che “storicamente” nell’Albinismo oculare, la cute e i capelli presentano una pigmentazione normale o quasi normale, per cui per “convenienza storica” rimane la suddivisione clinica dell’Albinismo in due gruppi: Oculocutaneo ed Oculare. L’albinismo Oculare di tipo 1 (OA1), noto anche come OA di tipo Nettleship-Falls è associato al gene OA1. Si tratta di una condizione genetica, ereditaria in modo recessivo X-linked (viene per questo anche indicata come XLOA), con maschi affetti, che mostrano il fenotipo completo, e femmine portatrici, che possono mostrare minimi segni cutanei ed oculari. (Nettleship, 1909; Voght,1942; Falls,1951). I maschi affetti presentano il fenotipo oftalmologico albinotico, tipico di tutte le forme di Albinismo: trasparenza dell’iride e fotofobia; depigmentazione dell’epitelio pigmentato della ret5ina, ipoplasia della retina e severa riduzione dell’acuità visiva; riduzione della componente ipso laterale dei tratti ottici e 25 perdita della visione stereoscopica; nistagmo e strabismo. Il fenotipo pigmentario (riferito in particolare alla pigmentazione di cute e capelli) risulta, generalmente, normale. E’ possibile notare una leggera ipopigmentazione, solo nei maschi affetti vengono messi a confronto con i membri non affetti della stessa fratria. Le femmine portatrici, eterozigoti obbligate, possono essere individuate clinicamente, nell’80/90% dei casi, per la presenza di una pigmentazione a mosaico dell’epitelio pigmentato della retina e di aree punteggiate di trasparenza dell’iride, fenomeni che suggeriscono un’attivazione random dell’X (Falls,1951; Lyon, 1962). Poche femmine risultano affette, mostrando i cambiamenti oculari tipici, probabilmente come risultato di una inattivazione non random dell’X o omozigosità allelica recessiva della mutazione genica in questione o parziale monosomia del cromosoma X. BIBLIOGRAFIA: d'Addio, M. et al. Defective intracellular transport and processing of OA1 is a major cause of ocular albinism type 1. Hum. Molec. Genet. 9: 3011-3018, 2000. Full Text (pdf 312 KB) Falls HF. Sex-linked ocular albinism displaying typical fundus changes in the female heterozygote. Am J. Ophthalmol: 34:41-50. 1951. 26 King RA, Oetting WS, Summers CG, Creel DJ, Hearing V. Abnormalities of pigmentation. In: Rimoin DL, Connor JM, Pyeritz RE, Korf BR (eds) Emery and Rimoin's Principles and Practice of Medical Genetics, 4 ed. Harcourt, Londo. 2001. King, R. A., Oetting, W. S., Creel, D. and Hearing, V.J. Abnormalities of pigmentation. In Emery and Rimoin’s Principles and Practice of Medical Genetics (eds D.L. Rimoin, J. M. Connor and R. E. Pyeritz), pp. 3731-3785. New York: Churchill Livingstone. 2002. Lyon, M. F. Sex chromatin and gene action in the mammalian X-chromosome. Am. J. Hum. Genet. 14: 135-148, 1962. O’Donnel , F. E. et al. X-linked ocular albinism: an oculocutaneous macromelanosomal disorder. Arch. Ophthal. 94: 1883-1892. 1976. Text (gentilmente fornito da R. Schnur). ALBINISMO OCULARE DI TIPO 2 (OA2) L’Albinismo oculare di tipo 2 (OA2) è stato descritto per la prima volta nel 1964 da Forsius ed Eriksson (Albinismo di tipo Forsius-Eriksson) nei maschi di sei generazioni di una famiglia dell’isola di Aland (disturbo oculare dell’isola di Aland- mare di Bothnia- AIED), come condizione ad eredità recessiva Xlinked distinta da OA1. I maschi presentono fondo albinotico, ipoplasi foveale, severa riduzione dell’acuità visiva, nistagmo latente di origine extraoculare, miopia assiale progressiva, astigmatismo, cecità ai colori, difficoltà di adattamento al buio, assenza di misrouting delle vie ottiche, assenza di macromelanosomi. Le femmine portatrici presentano un leggero disturbo 27 nella discriminazione dei colori, nistagmo latente solo in alcuni casi e assenza del modello di pigmentazione a mosaico del fondo retinico. La mancanza di macromelanosomi nei maschi affetti e la mancanza della pigmentazione a mosaico del fondo retinico delle femmine portatrici, sono indizi che portano a considerare tale condizione distinta da OA1. Inoltre la mancanza del misrouting dei nervi ottici nei maschi affetti la esclude dalla diagnosi formale di Albinismo classico. BIBLIOGRAFIA: Jalkanen, R.; Bech-Hansen, N. T.; Tobias, R.; Sankila, E.-M.; Mantyjarvi, M.; Forsius, H.; de la Chapelle, A.; Alitalo, T. A novel CACNA1F gene mutation causes Aland Island eye disease. Invest. Ophthal. Vis. Sci. 48: 2498-2502, 2007. Full Text (pdf 155Kb). King, R. A.; Hearing, V. J.; Creel, D. J.; Oetting, W. S. Albinism. In: Scriver, C. R.; Beaudet, A. L.; Sly, W. S.; Valle, D. (eds.). The Metabolic and Molecular Bases of Inherited Disease. Vol. II. New York: McGraw-Hill (8th ed.) . Pp. 5587-562. 2001 28 1.4 SINDROMI ASSOCIATI SINDROME DI HERMANSKI-PUDLAK: caratterizzata dalla associazione di Albinismo generalizzato tirosinasi positivo e disfunzione piastrinica (assenza dei corpi densi piastrinici) ed accumulo di ceroidi nei tessuti. In questi pazienti è comune il riscontro di una diatesi emorragica che nella maggior parte dei casi si manifesta con epistassi e prolungamento del tempo di sanguinamento. Il materiale coroide può accumularsi nei tessuti producendo: malattia polmonare fibrotica restrittiva,malattia infiammatori intestinale ( coliti granulomatose), insufficienza renale e cardiopatia durante la terza, quarta decade di vita. Alla base di questa forma ci sarebbe un deficit di granuli di accumulo nelle piastrine che quando stimolate non vanno incontro ad aggregazione. La gravità dei sanguinamenti è estremamente variabile: si va da lievi ematomi, epistassi, emottisi, sanguinamento gengivale durante il lavaggio dei denti fino ad emorragie che mettono a rischio la vita del paziente. SINDROME DI CHEDIAK-HIGASHI: caratterizzata da albinismo parziale associato ad elevata suscettibilità alle infezioni con granuli lisosomiali giganti per ossidasi-positivi nei granulociti. Nei pazienti affetti da questa sindrome si 29 rileva che il numero dei melanosomi è ridotto mentre le loro dimensioni sono notevolmente aumentate ( macromelanosomi). E’ piuttosto elevata la mortalità nell’infanzia mentre nell’età adulta è frequente la comparsa di tumori maligni linfofollicolari. SINDROME DI GRISCHELLI-PRUNIERAS: è una rara malattia recessiva caratterizzata da ipopigmentazione della cute e dei capelli, dalla presenza di ampi aggregati di pigmento nei fusti e dall’accumulo di melanosomi maturi nei melanociti. E’ causata da mutazioni nel gene che codifica per la miosina-5° (MYO-VA),oppure in quello che codifica per RAB27A. i pazienti con RAB27A associano all’Albinismo parziale un difetto dei linfociti citossici e una sindrome da attivazione incontrollata di macrofagi e dei linfociti T (sindrome emafagocotica) spesso fatale, che può essere trattata solo con il trapianto osseo. I pazienti con difetti della miosina-5°, invece associano all’ipopigmentazione un deterioramento neurologico precoce e grave, senza anomalie immunologiche9. 9 www.albinismo.eu 30 ANOMALIE OCULARI NELL’ALBINISMO Ipopigmnetazione dell’iride (stroma; IPE) Trasparenza dell’iride fotofobia Microscopio slit- lamp Condizioni di luce Ipopigmentazione della retina (RTE) Trasparenza della retina Vasi corioidei visibili Riflessione della luce Ipoplasia della fovea r./a. riflesso foveale r. acuità visiva OCT indicativo Percorso anomalo dei nervi ottici al chiasma r. fibre RGC ipso laterali r./a. stereoacuità VEP indicativo MIRI indicativo nistagmo Orizzontale Riduzione acuità visiva Pendolare/a scatti Movimento/inclinazione del capo Strabismo alternante Intermittente No ambliopia Verticale/orizzontale Errori di rifrazione Miopia iperopia astigmatismo Legenda: r. riduzione; a. assenza; RGC, retinogeniculocorticali; slit-lamp. Lampada a fessura. 31 IPOPIGMNETAZIONE DELL’IRIDE: un’iride blu, ma opaca, non è albinica. Un’iride blu e trasparente può essere albinotica.Quando ad un’ipopigmentazione stromale si aggiunge un’ipopigmentazione dell’epitelio pigmentato dell’iride, il risultato è una trasparenza di grado variabile: da uno stato di completa trasparenza, per cui l’iride appare “rossa” ad occhio nudo o sotto certe condizioni di luce ( è il riflesso rossastro o blu violetto che, proveniente dalla retina, attraversa un’iride molto poco pigmentata e, talvolta, anche la pupilla), ad aree punteggiate di trasparenza /macchie o strisce peripupillari). Il microscopio con la lampada a fessura è lo strumento più comunemente usato per accertare la trasparenza dell’iridea, anche nei casi in cui essa non risulti evidente: i raggi incidenti di un sottile fascio di luce, che attraversa la pupilla, ma anche nei casi in cui essa non risulti evidente: i raggi incidenti di un sottile fascio di luce, che attraversa la pupilla non dilatata, i riflessi dalla retina, passano non solo attraverso la pupilla, ma anche attraverso l’iride, evidenziandone i difetti di trans illuminazione. Un iride con aree di trasparenza non è necessariamente albinotica. L’iride delle femmine portatrici di OA1, presenta, nell’80/90% dei casi, aree di trasparenza. 32 Un’iride trasparente permette alla luce dispersa di entrare e alla luce riflessa dalla retina di uscire, causando ipersensibilità patologica alla luce: fotofobia ( o foto avversione o foto disforia), sintomo di intensità variabile, talvolta estremamente invalidante. La funzione diaframmatica dell’iride non è compromessa10. IPOPIGMNETAZIONE DELLA RETINA: la retina albinotica, ad un esame oftalmologico, si presenta rosa/rossastra: la sua trasparenza, determinata dalla riduzione/assenza di melanina nell’epitelio pigmentato della retina, rende visibili i vasi sanguigni corioidei sottostanti. L’elettroretinogramma (ERG) è normale: indica che la retina è in grado di ricevere e processare la luce e non documenta deterioramento retinico correlato agli effetti tossici dell’esposizione alla luce, sebbene il filtraggio della luce risulti ridotto. L aretina delle femmine portatrici di OCA1 X-linked ( eterozigoti obbligate) mostra, nell’80-90% dei casi, i “segni del portatore”, un modello, facilmente riconoscibile, di pigmentazione irregolare del fondo oculare: una tessitura granulare nella regione maculare che assume, gradualmente, verso la periferia, un 10 www.albinit.it, archivio 33 aspetto a strisce depigmentate. Tale mosaico di depigmentazione retinica è stato descritto per la prima volta nel 1951 da Falls ( Falls, 1951) e attribuito allo stesso, e più tardi (1961) da Mary Lyon, alla espressione random delle due X in una femmina. IPOPLASIA DELLA FOVEA: la fovea albinotica è ipoplastica, con un riflesso foveale ridotto o assente. L’ispezione del fondo oculare con l’oftalmoscopio mostra l’assenza del riflesso anulare e foveale nella macula, e, talvolta, la presenza di un intreccio di vasi retinici in quest’area normalmente avascolarizzata. L’esame istopatologico degli occhi di soggetti XLOA e OCAIA (Summer, 1996; Fulton, 1978; O’Donnel, 1996) rivela la mancata differenziazione della fovea, l’assenza di una zona maculare priva di bastoncelli, una riduzione nel numero dei coni della retina centrale e l’assenza dei tipici coni cilindrici foveali. Taylor (Taylor, 1978) parla di un ispessimento dello strato delle cellule gangliari nell’area foveale, la cui presenza “provocherebbe un’alterazione dell’immagine retinica” e di conseguenza “un difetto non correggibile nella fissazione centrale”. Un esteso ispessimento della retina, comprende l’intera area foveale, altrimenti depressa, tanto da 34 risultare indistinguibile dalla macula circostante, viene individuato nell’OCT (Tomografia della coerenza ottica) in una bimba di 10 anni con OCA (Mayer, 2002): lo spessore della fovea è di 300um nella paziente contro i 150um in un soggetto normale. L’OCT mostra, nella localizzazione anatomica della fovea, un segnale altamente riflettente della retina interna, probabilmente coerente con la presenza di molteplici strati di cellule gangliari, dove dovrebbero essercene affatto, a conferma dell’ipoplasia della fovea nella paziente esaminata. Tale architettura, viene rivelata anche dai dati OCT di un paziente, esaminato da Recchia e collaboratori ( Recchia, 2002) che preferiscono usare il termine di disgenesia foveale, per indicare una fovea più spessa del normale. Sembra dell’anatomia documentando, della che l’OCT macula nei consenta un esame dettagliato pazienti con ipoplasia foveale, in vivo, la morfologia e lo spessore della fovea. Lo sviluppo anomalo della fovea appare collegato alla riduzione/assenza della melanina durante lo sviluppo dell’occhio (fasi prenatale e post natale). Sembra che la formazione dell’epitelio pigmentato della retina cominci nelle vicinanze della fovea e proceda, di qui, verso la periferia, 35 con modalità e velocità diverse, suggerendo che la presenza o l’assenza della melanina in queste cellule potrebbe interferire con lo sviluppo della fovea in modo diverso che con la restante parte della retina (Illa, 1996). La fovea ipoplastica causa la riduzione dell’acuità visiva, non correggibile con l’uso di lenti. E’ interessante notare che, nonostante l’invariabile (costante)presenza dell’ipoplasia foveale, l’acuità visiva varia da 20/20 a 20/400. Non intacca invece la visione dei colori, che , nell’Albinismo, risulta normale11. PERCORSO ANOMALO DEI NERVI OTTICI DEL CHIASMA: sembra sia l’unica anomalia oculare specifica dell’Albinismo, senza la cui evidenza clinica (stereo acuità ridotta) e elettrofisiologica (VEP asimmetrico) non è possibile fare diagnosi di Albinismo, soprattutto nei casi dubbi. Le fibre nervose della retina temporale (il 20° posteriore o più della retina temporale), giunte a livello del chiasma ottico, decussano e si proiettano al nucleo genicolato controlaterale, piuttosto che l nucleo genicolato ipsolaterale, determinando una riduzione delle fibre che si proiettano ipsolateralmente, una disorganizzazione e 11 www.albinit.it, archivio 36 frammentazione del modello laminare dei nuclei genicolati dorso-laterali , (LGNs) ed una disorganizzazione delle proiezioni dirette da questi nuclei verso l’emisfero sinistro e viceversa, per cui non si ha la sovrapposizione dei campi visivi (l’emisfero sinistro è interessato solo al campo visivo di destra), con la conseguente riduzione della funzione binoculare (poche fibre retinogeniculostriate si portano comunque ipso lateralmente), necessaria per la visione spaziale (stereoscopica), che risulta quindi ridotta o assente. La tecnica, finora più idonea al rilevamento dell’anomalia distribuzione topografica delle proiezioni retinogeniculocorticali, è la VEP (potenziale evocato visivo), consistente nel posizionare, sull’area occipitale del soggetto in esame, elettrodi registranti, che consentono di individuare le asimmetrie interemisferiche, in seguito alla stimolazione monoculare. L’ampiezza della risposta risulta sproporzionatamente più grande nell’emisfero contro laterale all’occhio stimolato, piuttosto che quasi uguale per ogni emisfero. Gli stimoli pattern (immagini con una “trama” e un “disegno” regolari, ad esempio una scacchiera luminosa) si sono rivelati i più efficaci nell’individuare il “misrouting” nell’Albinismo, quando messi a confronto 37 con altre condizioni di stimolo (Creel, 1981). Tenuto conto, inoltre; che il profilo VEP è età-specifico (può essere, infatti, utilizzato anche per seguire lo sviluppo e la funzionalità delle vie visive dopo la nascita), il test è stato affinato nel corso del tempo, mettendo in atto procedure appropriate all’età (stimoli flash per i neonati, stimoli pattern onset per i più grandi) ed alla quantificazione dell’estensione dell’anomalia (Apkarian, 1992; Hoffmann, 2005), così da fornire una individuazione, quanto più attendibile possibile, del misrouting VEP albino, soprattutto in casi dubbi, ed una diagnosi differenziale definitiva. Alcuni articoli riportano, ad esempio, che il Nistagmo congenito (NC) mostra un’anomalia albino-simile della via visiva. Esaminata la topografia VEP in 10 pazienti con NC, in 10 pazienti con Albinismo e nistagmo ed in 8 pazienti con Albinismo senza nistagmo, si è giunti ad un risultato chiaro: l’asimmetria VEP contro laterale che riflette il misrouting retinico temporale si evince solo con pazienti Albini. Inoltre il NC sembra non possa essere attribuito al misrouting. (Apkarian, 1991). In uno studio successivo (Pott, 2003), il valore del coefficiente chiasmatico di Pearson (CC), che si calcola correlando 38 le differenze di potenziale interemisferiche per ogni occhio, ha confermato i risultati precedenti: un CC positivo in 20 individui del gruppo di controllo e in 4 con NC indica una lateralizzazione sullo stesso emisfero, mentre un CC negativo in 6 individui albini indica una lateralizzazione sull’emisfero opposto. Studi di immagini di risonanza magnetica (MRI) rivelano che le dimensioni e l’architettura (configurazione) del chiasma ottico nei soggetti albini sono diverse da quelli nei soggetti normali di controllo, rispecchiando l’incrocio atipico delle fibre ottiche nell’Albinismo (Schimtz, 2003). Questo approccio non è stato però ancora sufficientemente testato da poter sostituire la VEP. L’origine del misrouting sembra correlato alla riduzione/assenza della melanina nell’occhio, durante le prime fasi dell’embriogenesi (primo trimestre di gravidanza). La melanina (topografia e tempo di comparsa) potrebbe avere un ruolo diretto nello sviluppo delle proiezioni ottiche, influenzandone la direzione (Silver, 1981), se non addirittura le proporzioni di cellule retiniche gangliari che si incrociano al chiasma (Marcus, 1998). L’introduzione del gene della tirosinasi in topi e conigli generati da ceppi albini corregge il misrouting ottico, normalmente osservato in questi animali (Jeffery, 1997,2004). 39 Percorso delle fibre del nervo ottico in un soggetto normale a sinistra e in un soggetto albino a destra. 12 Immagini di risonanza magnetica del chiasma ottico. La prima immagine a sinistra mostra il chiasma ottico di un soggetto albino, che mostra un chiasma ristretto e angoli più grandi tra i nervi e i tratti ottici; l’immagine di destra mostra il chiasma ottico in un soggetto normalmente pigmentato, che mostra un chiasma ampio e angoli piccoli tra nervi e tratti ottici13. 12 13 King, Facts about Albinism, Pellegrino 2007 Schmitz, 2003 40 NISTAGMO CONGENITO: Osservabile ad un esame ad occhio nudo, è un movimento orizzontale involontario degli occhi che compromette la qualità della visione. Di tipo pendolare o a scatti, è a volte associato ad un movimento compensatore del capo (ciondolare del capo) o ad una posizione compensatrice del capo (inclinazione del capo), in grado di ridurre l’entità del movimento oculare, grazie al raggiungimento del punto nullo (posizione dello sguardo in cui il nistagmo è meno severo), e quindi il movimento continuo dell’immagine retinica, migliorando, di conseguenza, l’acuità visiva. Presente in quasi tutti gli albini, si manifesta, di solito, nei primi tre mesi di vita e può essere preceduto da un periodo di scarsa fissazione e scarso contatto visivo. In pochi casi è presente dalla nascita. Inizialmente molto veloce, tende a diminuire con l’età, ma di rado scompare completamente. E’ più marcato quando il soggetto è triste arrabbiato o ansioso, meno evidente quando il soggetto è tranquillo. Il soggetto che lo manifesta non ne avverte comunque la presenza, né nota alcun costante movimento nella visione. Il meccanismo responsabile del nistagmo non è ancora chiaro. Il fatto che esso si presenti poco dopo alla nascita, 41 momento in cui la fovea normalmente pigmentata, suggerisce che la mancanza della mancata funzione foveale non abbia un ruolo critico nello sviluppo del nistagmo (Collewijin, 1985). E’possibile che questo ruolo sia assunto invece dall’anomalia del percorso dei nervi ottici (Apkarian ne dimostra il contrario; Apkarian, 1991) o che tutti i cambiamenti oculari albinotici possono contribuire al suo sviluppo (King, 2001), come del resto contribuiscono alla riduzione dell’acuità visiva (in questo caso però l’ipoplasia foveale è il principale fattore limitante14. STRABISMO ALTERNANTE: Suggerisce, insieme alla riduzione della visione stereoscopica, la presenza del “misrouting” delle fibre ottiche. Consiste nella soppressione, intermittente ed alternante, della visione in ogni occhio. Con deviazioni sia verticali che orizzontali, non sviluppa ambliopia e non richiede generalmente (se non per motivi estetici), la correzione chirurgica15. ERRORI DI RIFRAZIONE: Frequente è la presenza di miopia o iperopia e astigmatismo (nel range di 10 diottrie o più). Lo sviluppo corretto 14 15 www.albinit.it, archivio ibidem 42 della rifrazione dell’occhio e la crescita postnatale dell’occhio sembra siano regolate dalla qualità delle immagini ricevute dalla retina. Quando la retina dell’occhio sembra siano regolate dalla qualità delle immagini ricevute dalla retina. Quando la retina riceve immagini de focalizzate l’occhio tenta di compensare cambiando la firma del globo oculare (allungando o accorciando la lunghezza focale) per migliorare la qualità dell’immagine. Il tentativo generalmente fallisce, ma l’occhio alla fine della crescita conserva la forma anomala precedentemente assunta, che determina significativi errori di rifrazione16. 2.1 GENOTIPO ALBINICO Eterogeneità fenotipica è associata ad eterogeneità genetica e ad eterogeneità allelica. La tabella sottostante mostra quali sono i geni della pigmentazione, finora associati all’Albinismo. L’individuazione di soggetti clinicamente albini in cui non è stata rilevata alcuna mutazione in nessun dei geni noti essere associati all’Albinismo, porta a supporre la presenza di 16 www.albinit.it, archivio 43 mutazioni in regioni regolative o introni che, non ancora esplorate, degli stessi, o l’esistenza di altri geni, non ancora noti, associati a tale fenotipo17. GENE TIPO DI ALBINISMO Gene TYR OCA1 (OCA1A E OCA1B) Gene P OCA2 (OCA2A E OCA2B) Gene TRP1 OCA3 Gene MATP OCA4 Gene HPS 1-8 Sindrome di Hermansky-Pudlak (HPS 1-8) Gene CHS Sindrome di Chediak-Higashi (CHS) Gene OA1 OA1 Geni della pigmentazione associati All’Albinismo BIBILOGRAFIA King. R.A. Facs about of Albinism.Clinical spectrum of Albinism. Apkarian P et al. VEP projections in congenital nystagmus; asymmetry in albinism: a comparison study. Invest Ophthalmol Vis Sci. 32(9): 2653-2661, 1991 Abstract. Collwijn P. A practical approach to albino diagnosis. VEP misrouting across the age span. Ophthalmic Paediatr Gener. 13(2): 77-88, 1992 Abstract. Creel D. et al. Ekoved potentials in albinos: efficacy of payyern stimuli in detecting misrouted optic fibers. Electrencephalogr. Cli. Neurophysiol. 52(6): 595-603, 1981 Abstract. 17 www.albinit.it, archivio 44 Fall H. F. Sex- linked ocular albinism displaying typical fundus changes in the female heterozygote. Am. J Ophthalml 34; 41-50. 1951 Hoffman MB. et al. Misrouting of the optic nervos in albinism: estimation of the extent with visual evoked potentials. Invest Ophthalmlo Vis Sci. 46(10): 3892-3898, 2005 abstract Jeffery G. et al. Correction of retinal abnormalities found in albinism by introduction of a functional Tyrosinase gene in transgenic mice and rabbits. Deval Brain Res 99: 95-102. 1997 Abstract (2004, text). Marcus RC et al. Retinal axon divergence in the optic chiasm: midline cells are unaffected by the albino mutation. Development 122: 859-868, 1996 Mason CA and Sretavan DW. Glia, neurons and axon pathfinding optic chiasm development. Crr Opin Neurobiol. 7: 647-653, 1998 Abstract. Meyer C.H. et al. Foveal hypoplasia in oculocutaneous albinism demonstrated by optical coherence tomography. Am. J. Ophthal. 133: 409-410, 2002 Abstract. Pott JW. et al. Chiasmal coefficient of flash and pattern visual evoked potentials for detection of chiasmal misrouting in albinism. Doc. Ophthalmol. 106(2): 137-143, 2003 Abstract. Recchia F.M. et al. Optical coherence tomography in the diagnosis of foveal hypoplasia. Arch. Ophthal. 120: 1587-1588, 2002 Summer, C.G. Vision in Albinism. Trans Am Ophthalmon Soc. 94: 1095-1155, 1996 Text, Citate note: 91,92; 1,71. Silver J.,Sapiro J. Axonal guidance during development of the optic nerve: the role of pigmented epithelia and other extrinsic factors. J Comp Neurol 202: 521-538, 1981 Abstract. Talor W. O.G. Visual disabilities of oculocutaneous and their alleviaton. Trans. Ophthal. Soc. U. K. 98: 423-445, 1978 45 L’IPOVISIONE Abbiamo appreso dai capitoli precedenti che l’Albinismo ha manifestazioni cliniche, comuni a tutte le forme di Albinismo,molto evidenti: depigmentazione di cute e capelli e le alterazioni oculari. Le anomali dell’occhio e dell’apparato visivo, che sono indispensabili per la diagnosi o la definizione dell’Albinismo, inducono all’ipovisione. Quest’ultima parola è di difficile comprensione nel suo significato, perchè si configura quale valore relativo in rapporto alla cecità. Il termine “ipovisione”viene definito attraverso una varietà di termini:deficit visivo, sub visione, bassa visione, sub efficienza visiva, cecità parziale ecc. Vediamo ora la distinzione tra i due termini in questione: La cecità sottintende una condizione fisica e sensoriale oggettivamente riscontrabile, caratterizzata dall’assenza della visione; chi ne è affetto è totalmente privo di capacità visiva intesa quale funzione celebrale attiva, può possedere la percezione della luce, che comunque non dà luogo a tale funzione. La voce “ipovisione” si presta per sua stessa natura a svariate interpretazioni, dato che non fornisce alcuna indicazione precisa circa l’entità della visione residua; essa designa una riduzione grave della funzione visiva 46 che non può essere eliminata per mezzo di lenti correttive, di interventi chirurgici o di terapie farmacologiche (Angelo Fiocco, 2009)18. 3.1 DEFINIZIONE LEGALE: La legge n.138 del 3 aprile 2001definisce le varie forme di minorazione visive meritevoli di riconoscimento giuridico, allo scopo di disciplinare adeguatamente la quantificazione dell’ipovisione e della cecità secondo i parametri accettati dalla medicina oculistica internazionale. Tale classificazione di natura tecnica scientifica, non modifica la vigente normativa in materia di prestazioni economiche e sociali in campo assistenziale19. Definisce successivamente le persone cieche totali e parziali, ipovedenti gravi, medio-gravi e lievi, in base al residuo visivo e residuo perimetrico binoculare. L’aspetto positivo dell’approvazione di questa legge è che lo stato Italiano ha sancito la classificazione delle minorazioni visive, e ha formalmente riconosciuto che la disabilità visiva non corrisponde alla mancanza completa della vista, né alla sua radicale riduzione quantitativa, accogliendo le 18 19 Roberta Caldin, “Percorsi Educativi nella Disabilità Visiva”, Erickson, Trento 2006 Pubblicata dalla Gazzetta Ufficale il 21 aprile2001 47 raccomandazioni consigliate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità secondo le quali, nel valutare gli effetti invalidanti di tali disabilità, va tenuto conto non solo della quantità di visus residuo ma anche della percentuale del campo periferico disponibile. L’aspetto negativo, se vogliamo così chiamarlo, è che questa legge non dice nulla in merito ai condizionamenti comportamentali derivanti dalle disabilità visive. Mentre, è proprio conoscendo anche i comportamenti, che possiamo comprendere meglio le difficoltà che contraddistinguono l’esistenza dei disabili visivi, i quali, pur trovandosi uniti dal medesimo denominatore comune costituito dal deficit con cui convivono, si differenziano enormemente tra loro per le reazioni personali conseguenti al loro stato, anche in presenza di uno identico quoziente di invalidità20. 20 Roberta Caldin, “percorsi Educativi nella Disabilità Visiva”, Erickson 2009 48 3.2 SIMULAZIONE VISIONE PERSONE ALBINE Inserisco, per comprendere meglio di come vedono gli albini, una simulazione possibile, preparata dal Dott. Francesco Dentici durante il II Congresso sull’Albinismo, svoltosi a Roma il 9 luglio 201121: 21 www.albinismo.eu/it/secondo_convegno_dentici.asp 49 50 51 Abbiamo potuto imparare dal capitolo precedente che la maggior parte degli albini soffrono dell’alterazione visiva quale il nistagmo. Riporto qui di seguito, alcune frasi, le più significative, che mettono in evidenza, le difficoltà che incontrano le persone affette da nistagmo, attraverso il sito www.nystagmusnet.org, forum inglese sul nistagmo (traduzione in italiano): poche persone con questo disturbo possono guidare e la maggior parte può incontrare difficoltà nella vita quotidiana,pratico e sociale e per alcuni, perdere opportunità di istruzione ed occupazione Oltre che per l’acuità visiva, il nistagmo colpisce la nostra visione in termini di Tempo: -abbiamo bisogno di più tempo per vedere rispetto alla gente normovedente, Distanza: il nistagmo smorza la convergenza, il nistagmo si riduce dal momento che osserviamo l’oggetto da molto vicino, meno gli occhi si muovono, più vediamo in maniera adeguata. Sforzo: abbiamo bisogno di sforzarci di più per vedere, rispetto ad altre persone normovedenti Direzione: spesso otteniamo una vista migliora se concentriamo gli sforzi verso una sola direzione, un punto. Movimento: troviamo difficile seguire oggetti in movimento molto veloci per esempio: palloni da calcio, veicoli, sottotitoli di uno schermo tv o di cinema . Il nistagmo aumenta quando si è stanchi, ansiosi, malati o eccitati. 52 Disordine/affollamento: è difficile per noi vedere nei luoghi affollati, ingombrati e occupati: strade trafficate, aeroporti, negozi, stazioni ecc22. 3.3 LA RICERCA SCIENTIFICA E L’ALBINISMO Nella trasmissione “Geo & Geo” di Rai 3, andata in onda il 23 aprile del 1997 fu invitata Laura Bonanni (psicologa e psicoterapeuta lei stessa albina) con la genetista Vittoria Schiaffino per sapere a che punto era la ricerca scientifica riguardo l’Albinismo. La genetista fece presente che le ultime scoperte, dal punto di vista genetico sull’albinismo, avevano portato a conoscenza quasi tutto, negli ultimi anni erano stati identificati quasi tutti i geni responsabili delle varie forme di Albinismo. Inoltre c’era un crescente impegno di vari gruppi, sia negli Stati Uniti, sia in Europa, e tra questi anche il nostro Paese, per sviluppare una terapia genica dell’occhio in generale per varie malattie genetiche dell’occhio, fra cui l’albinismo. La terapia che dava i primi risultati, (non ancora accertati sugli animali) si prefissava di intervenire nella fase di sviluppo del difetto della 22 www.nystagmusnet.org 53 retina, che avviene nei primissimi anni di vita, per impedire appunto il sopraggiungere dell’anomalia. Attualmente la ricerca scientifica ha svolto notevoli passi, riporto un articolo rintracciato in rete sul sito “salute24.ilsole24ore.com” del 5/12/2011: Salute: scoperta nuova molecola per cura albinismo oculocutaneo “Gli studi su un farmaco per curare una malattia del sangue potrebbero fruttare una terapia per l’albinismo oculocutaneo. La nuova molecola, il nitisone, per ora studiata solo sui topi, promette di avere effetti anche sui soggetti con una particolare forma di albinismo (OCA1), che oltre a determinare pelle e capelli chiari, rende privi della melanina nella retina, fenomeno che compromette la vista. Tutta colpa del difetto del gene della tirosinasi, enzima implicato nella produzione della melanina. Lo studio, pubblicato sul Journal of Clinical Investigation, ha scoperto che la molecola somministrata ai topi albini aumenta la quantità di melanina negli occhi dopo un mese di trattamento. “Si tratta di un notevole passo in avanti verso il trattamento delle forme di albinismo oculocutaneo”, commentano i ricercatori dell’Università di New York, che invitano alla prudenza in attesa della sperimentazione sull’uomo”23. (05/12/2011) 23 Faceboock, “albini d’italia” 54 3.4 ATTACCAMENTO E AUTOSTIMA Viviamo immersi nelle relazioni fin dalla nascita e questo è alla base dello sviluppo emotivo e cognitivo e della costruzione della personalità: le primissime relazioni lasciano una sorta di imprinting per quelle future, gettando i semi per quella che sarà la nostra identità e la nostra idea del mondo e degli altri. Nell’ottica della teoria di Bowlby24, si prende in considerazione il legame del bambino con la madre come punto focale e determinante per lo sviluppo successivo del bambino. Tale teoria sostiene che la sopravvivenza dell’essere umano è strettamente connessa alla possibilità di mantenere la prossimità, la disponibilità della figura di attaccamento, alla quale potersi rivolgere per chiedere protezione e sostegno in situazioni vissute come pericolose25. Bowlby (1979) sostiene il modello dell’attaccamento formatosi durante l’infanzia rimane relativamente stabile durante lo sviluppo. Durante la prima infanzia si iniziano a strutturare i modelli operativi del sé e dell’altro; in tale periodo le capacità cognitive dell’infante sono insufficienti 24 John bowlby, è stato uno psicologo britannico che ha elaborato la teoria “Dell’Attaccamento”, interessandosi particolarmente agli aspetti che caratterizzano il legame madre-bambino e quelli legati alla realizzazione dei legami affettivi all’interno della famiglia. 25 Bowlby J. “Una Base Sicura”, Raffaello Cortina Editore, Milano 1989 55 per poter mediare tra risposte emotive interne e manifestazioni comportamentali esterne, rendendo così queste ultime buoni indicatori osservabili degli accadimenti interiori. Bowlby (1958) considera il legame che unisce la madre e il bambino come una necessità primaria (innata) che si sviluppa indipendentemente dalla soddisfazione dei bisogni fisiologici di base e che si origina e si intrinseca attraverso comportamenti quali il succhiare, l’aggrapparsi, il seguire, il piangere; tali segnali sociali, che inizialmente sono diretti ad una persona specifica, richiamano l’attenzione della madre o delle figure che si prendono cura del bambino. La teoria di Bowlby ha trovato conferma nelle ricerche della Ainswort, la quale, per valutare la qualità dell’attaccamento al caregiver nei bambini di un anno, ha utilizzato la videoregistrazione di situazioni create sperimentalmente (Strange Situation). In queste situazioni, il bambino, viene esposto ad ambienti sconosciuti, a separazioni di tre minuti dal genitore e alla presenza di un estraneo.( La procedura sperimentale comprende sette episodi di tre minuti : 1- la madre è seduta tranquillamente mentre il bambino è libero di esplorare l’ambiente e di 56 giocare con i giochi presenti nella stanza; 2- entra l’estraneo; 3- la madre esce lasciando il bambino con l’estraneo; 4- la madre rientra per la prima riunione; 5- la madre e l’estraneo escono, lasciando il bambino solo; 6torna l’estraneo cercando di confortare il bambino se necessario; 7- torna la madre per la seconda riunione) L’idea di base è che la relazione con l’oggetto primario, che fornisce le cure e conforto, sia un fattore causale nel determinare il modello di comportamento del bambino nella Strange Situation26. Sulla base di queste osservazioni, la Ainsworth propone un sistema di classificazione per descrivere il modello di risposta del bambino al genitore. - MODELLO SICURO: il bambino mostra un livello moderato di ricerca della vicinanza con la madre. L’uscita della madre lo turba e accoglie con entusiasmo il suo rientro. - MODELLO INSICURO/EVITANTE: il bambino evita il contatto con la madre, in modo particolare quando rientra dopo un episodio di 26 Ainsworth M. D. S., Blehar, M. C., Waters E., Wall S. “Patterns of attachment: a psychological study of Strange Situation”. Hillsdale (NJ), Erlbaum.. 1978 57 separazione. Non appare molto turbato quando viene lasciato solo con una persona estranea. - MODELLO INSICURO/RESISTENTE: il bambino è molto turbato dalla separazione della madre. Quando ritorna, risulta difficile consolarlo, mostra sia ricerca, sia rifiuto di consolazione27. È inevitabile che la disabilità influisca sull’interazione madrebambino e in particolare sulla spontaneità e sulla immediatezza della stessa. L’attaccamento originario svolge la funzione di prototipo della sicurezza interiore per l’intera vita della persona, di un bisogno che persiste nel tempo di una base sicura dalla quale la persona parte per vivere con fiducia la vita in modo autonomo28. Esso è alla base delle caratteristiche della personalità (autostima, conoscenza di sé e fiducia, entusiasmo, capacità di recupero), delle relazioni con i coetanei (socievolezza, cordialità) e degli adulti, dello sviluppo degli aspetti emotivi e cognitivi, dell’adattamento, della capacitò di affrontare gli eventi e dl senso di appartenenza alla famiglia29. 27 H. Rudolph Schaffer “Lo Sviluppo Sociale del Bambino”, Raffaello Cortina, 1998 Polster E., “Psicoterapia del Quotidiano”, Erickson, 2006 29 Schaffer H. R., “Lo sviluppo sociale”, Raffaello Cortina, 1998 28 58 Le relazioni primarie influenzeranno anche sulla capacità di integrare il bisogno di autorealizzazione e il bisogno di appartenenza e ciò è fondamentale per lo sviluppo della sicurezza interiore, dell’autostima e del senso di autonomia. Perché si instauri uno stile di attaccamento sicuro, è essenziale una consistente costellazione di eventi, caratteristiche peculiari la cui presenza non è assolutamente scontata neanche quando parliamo di normodotati. In caso di disabilità, in questo caso visiva, i rischi in questo primo prezioso scambio relazionale, aumentano. Lo stile di attaccamento risente dei cambiamenti legati alle varie tappe evolutive dell’esistenza. Ad esempio, in età adolescenziale, fase di transazione, il comportamento di attaccamento pare differenziarsi nettamente dai modelli di comportamento di attaccamento osservati in età precedenti, durante i quali, i genitori erano le principali figure di attaccamento, alle quali si aggiungono i coetanei. Tale trasferimento richiede una trasformazione delle relazioni d’attaccamento da gerarchiche (nelle quali si ricevono maggiormente cure da chi le dà) a tra coetanei ( nelle quali si ricevono e si danno cure e sostegno),e una delle finalità di quest’ultime è proprio di favorire lo sviluppo delle relazioni sentimentali. Quando alla delicatezza propria di 59 questa fase si aggiunge la componente “disabilità”, i compiti evolutivi possono rivelarsi difficoltosi. Pensiamo ad esempio alla maggiore dipendenza dalla famiglia che può vivere un ipovedente rispetto ad un coetaneo normodotato che ha già il gravoso “compito” di superare la crisi tra desiderio di indipendenza e autonomia e il bisogno ancora forte di protezione e appartenenza alla famiglia, oltre a tutti i cambiamenti emotivi e fisici. Se ad esempio il ragazzo ipovedente è stato “iperprotetto” da bambino e le sue esperienze di autonomia limitate, la costruzione della sua autostima è più a rischio e sappiamo che questa, insieme all’attaccamento, è alla base della possibilità e della modalità di relazione. Inoltre la persona ipovedente, anche con un buon livello cognitivo e anche con la padronanza di tutti gli ausili che compensano la mancanza visiva, avrà comunque delle limitazioni oggettive. E’ indubbio che l’ipovisione influenzi tutto questo e che dunque le persone albine abbiano delle caratteristiche peculiari nella costruzione della propria autostima, della propria immagine, che è la risultante della combinazione di vari fattori, tra i quali i messaggi più o meno espliciti provenienti dall’esterno, in particolare dalle figure di riferimento più importanti (genitori, insegnanti, coetanei) e dalle interpretazioni che si danno a tali messaggi. L’autostima 60 continua a modificarsi nel corso dell’esistenza e ad alimentarsi attraverso esperienze di vita, i successi, i fallimenti, i feedback ricevuti e il modo in cui tutto viene percepito e vissuto30. Se dunque l’accettazione, l’autonomia, la fiducia in se stessi sono fondamentali per ciascun individuo, il tutto si fa molto più delicato nel caso di persone con disabilità visiva, dove l’accettazione, l’equilibrio e protezione da un lato e spinta all’autonomia dall’altro rischiano di essere ancora più difficoltosi. Questo dipende in larga misura dalle diverse dinamiche familiari che possono instaurarsi alla nascita di un bambino albino. La nascita di un bambino rappresenta una tappa evolutiva importante nel ciclo vitale di una famiglia perchè implica riorganizzazioni, ridistribuzioni dei ruoli, cambiamenti che possono comportare delle difficoltà. Se poi il nascituro presenta dei problemi, come una disabilità visiva, il modo in cui questo evento viene affrontato ha un ruolo determinante nello sviluppo del bambino, sotto ogni punto di vista. Uno dei compiti più difficili cui sono chiamati i genitori è senz’altro l’accettazione della realtà, processo che può essere molto lungo e complesso. In alcuni casi può instaurarsi una vera e propria 30 Celani B., “Autostima: siamo in grado di costruirla”. Psicologia in Movimento, anno 2, num.28, 2006 61 logica della negazione: il problema è visto, è presente ma negato perché non si sa come agire, cosa dire, non ci si sente adeguati31, con la conseguente ricerca di elementi che disconfermino la diagnosi: a lungo andare tale atteggiamenti rischiano di rendere ancora più difficile accettare il bambino e i genitori, impegnati nel tentativo di eliminare o smentire l’handicap32, non si confrontano con la realtà del figlio e con i suoi bisogni, ritardando la ricerca di strategie adattive33. I genitori possono sentirsi responsabili e colpevolizzarsi per la patologia del figlio e ciò aumenta il rischio di reazioni ansiogene e depressive, con le inevitabili conseguenze sullo sviluppo del bambino. Una madre depressa può infatti risultare poco attiva e stimolante, può sentirsi rifiutata, di fronte al suo bambino che, a causa della sua minorazione, risulta poco espressivo. Un’ altra reazione molto comune è un atteggiamento di iperprotezione. I genitori creano un’atmosfera di ansia, di costante evitamento di “pericoli”, limitano il bambino nell’esplorazione, nel rapporto con i coetanei, nella 31 Andrea Canevaro, “L’integrazione Scolastica degli alunni con disabilità”, Erickson, 2007 La parola handicap è qui intesa secondo la definizione dell’Oms: condizione di svantaggio conseguente a una menomazione o a una disabilità che in un certo soggetto limita o impedisce l’adempimento del ruolo normale in relazione all’età sesso e fattori socio-culturali; è qualsiasi resistenza opposta allo sviluppo della personalità. 33 Coppa M. N., “Le minorazioni visive. Aspetti psicologici e processi di intervento con il bambino minorato della vista”, Editrice Tecno Scuola, Roma 1997 32 62 sperimentazione e dunque mina le sue possibilità di costruire una sana autonomia in varie aree (nutrirsi, vestirsi, giocare, scoprire l’ambiente, ecc.), una buona percezione della propria autoefficacia e del proprio valore. Tale atteggiamento rischia di accentuare le limitazioni del bambino e favorire l’isolamento e la chiusura. Il figlio potrebbe anche facilmente adagiarsi alla situazione di iperprotezione e ciò potrebbe creare una eccessiva dipendenza e una riluttanza ad abbandonare la posizione di passività. Tutto ciò potrebbe favorire uno stile di attaccamento ansioso- ambivalente in quanto il bambino non riesce a costruire un’immagine di sé come essere degno di fiducia, in quanto capace ed efficace. Altro rischio, all’estremo opposto, è che i genitori esagerino nel tentativo di “normalizzare” a tutti i costi il proprio bambino e questo li può portare a spingere e sollecitare il bambino prima che sia pronto, ad esagerare il confronto con gli altri, a non tener conto delle caratteristiche e dei ritmi personali, a sottolineare troppo le mancanze, i ritardi, anziché le conquiste e le capacità34. Il rischio in questo caso è che il bambino si difenda dalla frustrazione che percepisce dai suoi genitori, con atteggiamenti di rifiuto rispetto alle richieste creando una sorta di circolo vizioso nel quale la 34 Chiarelli R., “Il bambino disabile visivo con minorazioni aggiuntive e il suo contesto familiare”, In Tiflologia per l’Integrazione, anno 12, n.4 63 frustrazione dei genitori aumenterà e alimenterà i comportamenti negativi del bambino che rischia di isolarsi, e avere ripercussioni sulla sua autostima, minata dall’atteggiamento critico e troppo richiedente dei genitori. Se poi la madre (o comunque gli adulti significativi) concentra la sua vita attorno al bambino, effettuando molte rinunce personali, possono emergere sentimenti di rabbia e colpevolizzazione nei confronti del figlio, specie se non si hanno a disposizione altri spazi, intesi sia come svago, piacere e sviluppo personale, sia come momenti terapeutici utili all’elaborazione dei propri vissuti, ricercabili ad esempio in un sostegno psicologico professionale, anche il sostegno di familiari, amici, altre famiglie con problematiche simili può rappresentare un fattore di protezione e di aiuto, senza il quale può verificarsi l’instaurarsi di uno stile di attaccamento ansioso- ambivalente o comunque insicuro, che mina le capacità di adattamento e di autonomia del bambino. E’ importante che i genitori acquisiscono un immagine realistica del proprio figlio, il quale avrà sicuramente peculiarità, delle necessità particolari e delle reali limitazioni, ma egli non è le sue limitazioni, ma una persona che può avere grandi prospettive di autorealizzazione e di autonomia. Egli fruisce il mondo con modalità diverse dai normodotati e possiede molte risorse che è 64 importante individuare, sviluppare, favorire. Troppo spesso si identifica la persona con la propria menomazione fisica, trascurando tutto il resto e questo atteggiamento costituisce il vero e proprio handicap di queste persone. Un attaccamento sicuro, la fiducia che i genitori mostreranno nei confronti del loro bambino, lo aiuteranno a costruire un’immagine di persona nella sua globalità, consapevolizzando e integrando la propria disabilità visiva come caratteristica tra tante, affinchè la sua identità sia coerente, stabile e abbia la possibilità di formarsi ed esprimersi. L’autostima, l’autoefficacia e l’attaccamento possono essere considerati come pilastri fondamentali del benessere e di una personalità ben strutturata 35. 3.5 L’IMPORTANZA DEL CONCETTO DI EDUCABILITA’ E SOSTEGNO FAMILIARE Roberta Caldin36 offre contributi pedagogici per la crescita di un bambino con deficit visivo, attraverso la letteratura fiabesca, di Rodari: “Il Principe Cieco” (Rodari 1978), perché in essa, si trovano alcuni principi fondamentali della pedagogia speciale, la quale ravvisa, in ogni situazione, anche la più 35 Celani B., “Tiflologia per l’integrazione” n.2, pag. 14, 19 e 20, 2009 Docente di Pedagogia speciale, Dipartimento di Scienze dell’educazione, Facoltà di Scienze della Formazione, Università di Padova. 36 65 problematica, la possibilità dell’educabilità dell’uomo, assegnando un’incondizionata fiducia alla sua umanizzazione, travalicando le condizioni esistenti che possono apparire scoraggianti e impraticabili37. Al centro della riflessione pedagogica si colloca “l’homo educandus”, l’uomo da educare e educabile nella sua soggettività essenziale che indica il criterio entro il quale il singolo essere umano può realizzare il proprio compito e progetto, diventare cioè sempre più se stesso nel rapporto con gli altri, in una determinata comunità. Il vecchio saggio Zerbino, nella fiaba proposta, incarna la figura dell’educatore che inserisce la sua opera utopistica proprio dove ogni speranza di cambiamento è stata distrutta. Il compito che egli assume è quello di condurre il giovane principe verso la propria realizzazione: egli lo accompagna nel suo cammino fin dal momento in cui tutti i medici di corte e la sua stessa famiglia abbandonano ogni investimento su di lui. Infatti, la dimensione educativa entro la quale si colloca l’opera del vecchio narratore è aperta all’utopia e alla possibilità: quest’ultima, soprattutto, diviene una delle strutture portanti della stessa esperienza educativa. Ogni uomo, si costruisce 37 Roberta Caldin, “percorsi Educativi nella Disabilità Visiva”, Erickson, Trento, 2006 66 nel tempo in una costante tensione che dal presente lo proietta nel futuro, che da ciò che è già dato lo stimola verso ciò che non è o che non è ancora. Alcune condizioni, che nel presente sembrano irrealizzabili,possono, in un futuro non immediato, trovare la possibilità di una loro realizzazione. Per fare ciò, è necessario che l’utopia realizzi delle direzioni da seguire e che verranno via via concretizzandosi; esse dovranno tuttavia essere sempre commisurate ai vincoli esistenti che nel cammino si incontreranno, dato che è indispensabile conoscerli accettarli per poterli superare. L’uomo è un campo di possibilità, che tuttavia sono limitate in quanto sottoposte a numerosi vincoli di natura fisica, psicologica, sociale; la stessa esistenza è sottoposta continuamente al rischio, all’incertezza e al negativo, ma tali condizioni rappresentano sia la ricchezza dell’essere umano sia la drammaticità della sua condizione (Bertolini, 1999)38 “Il principe Medoro è cieco”, inizia con questa triste diagnosi la vita del protagonista del racconto, i genitori, però, non si rassegnano ad accettare che i bellissimi occhi azzurri del loro figlio siano “spenti” e consultano tutti i migliori medici del regno. Solo dopo aver seguito un lungo iter di visite e 38 Roberta Caldin, “Percorsi Educativi nella Disabilità Visiva”, Erickson, Trento, 2006 67 diagnosi, dopo che tutti i luminari hanno scosso le spalle, non vedendo nel principe alcuna possibilità, si fa avanti il vecchio e saggio Zerbino, un cortigiano del re che aveva seguito la sorte del principino,comprendendone bene i limiti. Diversamente dagli altri, il cortigiano, che Rodari descrive come un uomo umile e saggio, vede il principe “l’homo absconditus”, l’uomo cioè in potenza e , assumendosi il compito di agire in un progetto utopico, sceglie di divenire educatore del principe. Notiamo però, che il saggio Zerbino entra in scena solo quando sono concluse le consultazioni e le diagnosi mediche sulla cecità di Medoro. E’ risaputo, infatti, come, alla nascita di un figlio disabile, lo spazio educativo venga recuperato solo dopo un percorso di “medical shopping” (Pontiggia, 2000)39 cioè una ricerca esasperata di valutazioni e di previsioni mediche, nel tentativo di comprendere più a fondo quanto successo: si tratta di un itinerario inevitabile, legittimo, comprensibile, nel quale, però intensità ed esclusività non lasciano il posto ad altri percorsi educativi indispensabili40. I genitori cioè, 39 40 Pontiggia G., “Nati due volte”, Mondadori,Milano 2000 Roberta Caldin, “percorsi Educativi nella Disabilità Visiva”, Erickson, trento 2006 68 sconvolti per le condizioni di nascita inaspettate, rischiano di dimenticare la semplice evidenza che il bambino disabile è, innanzitutto un bambino, che necessita di cure, attenzioni parentali e approcci educativi al pari di tutti gli altri neonati. Per aiutare i genitori a non smarrirsi nei territori della medicalizzazione smodata e per sostenerli nel recupero delle competenze parentali è indispensabile un precoce lavoro di rete e di sostegno, che contempli l’intervento domiciliare e personalizzato: perché la relazione di aiuto deve sempre incontrare l’altro anche nella sua realtà fisica e psichica41 La carta di Madrid (2002) al punto 6, riconosce che: “Proporre un approccio integrante nei confronti della disabilità e delle persone disabili implica dei cambiamenti su vari livelli della vita quotidiana. Prima di tutto, è necessario assicurare che i servizi disponibili siano coordinati da e tra i vari settori. Le diverse necessità di accesso dei differenti gruppi di disabili, devono essere tenute in considerazione durante il processo di pianificazione di qualsiasi attività, e non, come un adattamento a posteriori a una pianificazione già prestabilita. I bisogni di una persona disabile e dei suoi familiari sono numerosi, ed è importante sviluppare una risposta comprensiva, che tenga in considerazione sia l’individuo sia i vari aspetti della sua vita”. 41 Caldin R., “Vissuti Genitoriali e Figli con Disabilità. Una lettura psicopedagogica. In F. Montuschi e R. Caldin (coordinamento di), Disabilità, integrazione e pedagogia speciale, “Studium Educationis”, numero monografico n.3, pag.536-545, 2004b 69 Per superare queste sfide è necessario elaborare una sorte di “educazione alla vita” fondata sulla conoscenza, alla collaborazione sulla comprensione, sulla competenza e sulla condivisione di responsabilità. Le linee progettuali del lavoro in rete considerano la famiglia del disabile come risorsa da sostenere e valorizzare attraverso l’incontro con il mondo della scuola e dell’extra-scuola. Infatti, se la scuola è uno dei luoghi privilegiati in cui l’integrazione si avvia e si compie, la famiglia è il punto di partenza e di arrivo di ogni situazione educativa e di socializzazione.42 3.6 UN AIUTO ALLE FAMIGLIE: LA FIGURA DEL LETTORE DOMICILIARE In base alla legge 104/92 ART.13 punto3, gli enti locali (in questo caso, la provincia L. n.616, 1977) hanno l’obbligo di fornire l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisico o sensoriali, garantendo attività di sostegno mediante l’assegnazione di docenti specializzati. 42 Roberta Caldin, “Percorsi Educativi nella Disabilità visiva”, Erickson, Trento 2006 70 Nell’ambito dei docenti specializzati troviamo la figura del “lettore domiciliare o lettore ripetitore”, che è entrato in servizio dopo l’avvio del processo di integrazione scolastica degli alunni con deficit nelle classi comuni. Il lettore è un educatore che contribuisce a sostenere e a stimolare il processo di crescita cognitiva e sociale del soggetto con deficit visivo, nell’ambiente familiare, scolastico ed extrascolastico. Più precisamente: è quella figura che concorre alla conquista e allo sviluppo, nel disabile visivo di quattro aree di autonomia, rivestendo un ruolo molto importante di mediatore, primariamente con la famiglia e laddove necessario, nell’ambiente scolastico, finalizzato a rompere le ricorrenti resistenze al cambiamento e all’autonomia dell’alunno: Autonomia personale: il ruolo del lettore è quello di stimolare e di spronare il soggetto disabile della vista, e di supportare la famiglia nel processo educativo e di crescita. Autonomia nella mobilità: il lettore, attraverso il suo operato, integra nel quotidiano il lavoro specialistico svolto dal tecnico della mobilità nei corsi previsti a carico dell’ASL di competenza. 71 Autonomia sociale: il lettore lavora per promuovere la costruzione di un rapporto positivo da parte del soggetto disabile con se stesso, con persone e luoghi significativi riguardanti l’ambiente familiare, scolastico ed extrascolastico. Autonomia nell’apprendimento: il lettore, attraverso il sostegno a casa o a scuola, promuove lo sviluppo cognitivo del soggetto, attraverso l’acquisizione di un metodo di studio e la conoscenza e l’utilizzo, da parte dell’alunno ipovedente, del materiale didattico speciale (Renzo Ondertoller e Erika Cantele)43. Possiamo capire bene da queste funzioni che il lettore non è un aiutante pomeridiano al quale l’alunno o i familiari delegano la preparazione dei compiti scolastici. E’ vero che il suo lavoro si identifica nella forma di sostegno scolastico a casa, ma nel senso di rafforzare il processo educativo in corso, di cui protagonista è il bambino, mediante la promozione di autonomia, la spinta verso ciò che è nuovo, che può produrre cambiamento e, quindi verso il superamento delle difficoltà e di quella staticità che a volte 43 Roberta Caldin:Percorsi Educativi nella Disabilità Visiva” Erickson, Trento 2006 72 può diventare padrona del tempo e dello spazio di ogni persona44. Scrive, a tal proposito Demetrio: “chi educa cambia e chi cambia vive un processo educativo”, cioè non c’è educazione senza cambiamento e cambiamento senza educazione (Demetrio, 2000)45. Praticamente, il lettore avrà il compito di adottare una metodologia educativa che coinvolga direttamente l’alunno ipovedente, tale da renderlo protagonista dell’attività da svolgere e responsabile del suo lavoro, pertanto il lettore si impegna per fornire il materiale didattico specifico (es. testi con carattere ingrandito, video ingranditori, materiale tattile, ecc.) adatto a favorire l’autonomia cognitiva dell’allievo. Deve inoltre, integrare il lavoro che viene svolto a scuola, in alcune materie, mediante degli approfondimenti, servendosi di materiali specifici, in modo tale che l’alunno in questione raggiunga una certa padronanza di linguaggio, di contenuti, affinchè possa avere un confronto diretto su quanto viene spiegato. Se richiesto, deve avviare gli assistiti all’uso di strumenti tiflotecnico-pedagocici e informatici, questo comporta una conoscenza ben precisa, da parte del lettore,sia delle 44 ibidem Demetrio D., “Educatori di Professione. Pedagogia e didattiche del cambiamento nei servizi extra-scolastici”, La Nuova Italia, Firenze 2000 45 73 modalità di utilizzo sia di quelle di presentazione all’allievi, nonché gli obbiettivi didattici che si possono raggiungere con l’uso di uno specifico strumento. Un aspetto molto delicato e importante da sviluppare e accrescere che il lettore non deve dimenticare è quello di comunicazione e collaborazione tra le diverse figure professionali coinvolte, il lavoro di rete in un progetto educativo diventa necessario al fine di raggiungere gli obbiettivi stabiliti e questo comporta un grande coinvolgimento personale e una forte intenzionalità all’incontro con l’altro. La collaborazione con la famiglia per l’integrazione scolastica e sociale è essenziale. 3.7 GLI AUSILI Tenendo presente che ogni albino ha la propria specificità visiva, attualmente la tecnologia predispone sistemi ausiliari sempre più raffinati per gli ipovedenti in grado di colmare quel divario generato dalla disabilità. Trattandosi di strumenti delicati, il loro costo si rivela generalmente elevato ma, tuttavia, il cittadino disabile al quale venga formalmente riconosciuto lo 74 stato di gravità ha diritto di fruire periodicamente di un contributo erogato dal Ministero della Salute attraverso le Regioni e le A.S.L. competenti per l’acquisto di ausili aventi specifiche finalità e che assumono valore protesico, secondo quanto disposto dal Nomenclatore Tariffario46 in vigore. On line si possono consultare diversi siti che mostrano i vari ausili, le ultime novità e i prezzi: www.siva.it www.ausilionline.it www.emiliaromagna ausilioteca.it 3.8 LA PAROLA AGLI ALBINI: ASPETTI PSICOLOGICI, EMOTIVI E SOCIALI Qui di seguito riporto frasi e ritagli di articoli scritti da persone con albinismo dove emergono i loro vissuti e il modo di affrontare la realtà, i rapporti con gli altri e le sfide che la condizione di Albinismo gli ha posto davanti. La fonte 46 Strumento tecnico con il quale il Ministero della salute disciplina le modalità di prescrizione delle protesi e degli ausili a favore dei cittadini disabili, con onere totale o parziale a carico del Servizio Sanitario Nazionale 75 cui ho attinto le informazioni è il sito www.albinismo.eu: forum e rassegna stampa: I.: “L’albinismo oculo-cutaneo che mi accompagna da quasi 36 anni, ha avuto e continua ad avere un ruolo di primaria importanza e influenza nella mia vita. Questo ruolo però è mutato nel tempo, com’è mutata anche la mia consapevolezza verso la sua importanza ed influenza. Fino all’età di sei anni, l’unico problema che capivo di avere, era quello di non poter giocare con gli altri perché non potevo espormi alla luce del sole ma ora so che in gioco c’era molto di più". “Ho cercato in ogni modo di cambiare questa diversità - racconta - : prima opponendomi, poi negandola, poi rassegnandomi, poi capendola, poi accettandola. Ora ne sono orgogliosa e mi dispiaccio per chiunque ritenga di essere come gli altri, normale come gli altri, perché, albino o non, che sia, è ancora lontano dalla consapevolezza di sé”. : “condividere i propri problemi con qualcuno che possa capire davvero aiuta molto. Il senso di solitudine o di emarginazione penso l'abbiano sperimentato tanti albini, specialmente nelle fasi più critiche della crescita. Forse è proprio questo il problema più grave, il principale pericolo da scongiurare, oggi che molte barriere legate all'ipovisione sono state superate. Ricordo che, qualche tempo fa, mentre lavoravo come supplente in una scuola elementare, mi capitò di scorgere, in mezzo alla folla di bambini che giocavano rumorosi durante la ricreazione, un bimbo albino che scorrazzava solitario nel prato con un paio di lenti scure scure davanti agli occhi. Avevo ben capito quale fosse il suo problema, tuttavia chiesi ad un'insegnante qualcosa sul conto di quel ragazzino. Mi rispose che era ipovedente, al che io replicai: - Anch'io ho il suo stesso 76 problema...-. In quel momento pensai che il guaio maggiore non fosse tanto l'ipovisione, quanto il fatto che quella creatura stesse giocando da sola, mentre gli altri schiamazzavano felici in gruppo”... G.: Vi racconto l'ultima che mi è capitata. Quest'estate ho trascorso una settimana di vacanza al mare in un villaggio turistico. Mentre ero in spiaggia sotto l'ombrellone si è avvicinato un ragazzo dell'animazione che mi fa: "come sei bianco?" Poichè ho intuito subito che si trattava del classico cervellone per scherzare gli ho risposto: "è perchè sono arrivato oggi vedrai fra una settimana sarò più scuro di te!" e lui: "ma dai non prendermi in giro scommetto che sei ARIANO" a quel punto sempre per scherzare gli ho detto: "proprio ariano no, rischi di offendermi magari albino" e qui mi ha lasciato di stucco affermando: "volevo ben dirlo!" Sinceramente mi è rimasto il dubbio se sapesse chi sono gli ariani e se abbia capito chi sono gli albini. Personalmente penso sia convinto che si tratti degli abitanti dell'ALBINIA. S.: Ciao a tutti, un po’ di tempo fa una signora guardando mio figlio appunto albino ha detto la solita frase: ma è biondissimo! ed io ho risposto: è albino, allora lei ha detto: ho capito è albanese!!! 77 L.: Ultimamente, quando mi si chiede se i capelli sono i miei io rispondo così: "no, de mia nonna!" (sono romana!). Ci vuole pazienza e tanto sano umorismo perchè l'ignoranza è ancora tanta, purtroppo. Questo per ciò che riguarda il colore dei capelli e poi per il discorso occhi, beh, apriamo tutto un altro capitolo, visto che io ho un leggero nistagmo e lo strabismo. Ne vogliamo parlare??:-) N.: Ho 45 anni e nella mia lunga vita da albina ne ho sentite davvero tante e, spesso, ho fatto io stessa battute autoironiche sui miei colori o sulla mia poca vista. Ma un commento, uno solo, mi ha ferita davvero tanto: al mio primo tirocinio professionale come assistente sociale, entrai in una stanza dove credevo erroneamente di trovare il mio supervisore, presentandomi come tirocinante, chiedendo con gentilezza e scusandomi. Nell'allontanarmi sentii una persona che mi aveva vista per la prima volta, che non mi conosceva e non aveva mai parlato con me, dire, solo in base al mio aspetto: “questa ha bisogno lei di assistenza, e vuole fare l'assistente sociale!”, provocando una particolare ilarità del gruppetto di colleghi. Fu un colpo durissimo, ho impiegato davvero tanto tempo a rielaborare e sistemarmi dentro questa esperienza per me devastante. Ma alla fine è stato utile, perchè ho capito che anche nel mio lavoro avrei dovuto combattere con tanti pregiudizi, mi sono attrezzata e mi è servito, perchè alla fine è stato così. Per la cronaca, superai l'esame legato al tirocinio con 30/30, mi sono poi laureata con 110/110 con lode, ho vinto concorsi pubblici e lavoro da quasi 20 anni senza alcun problema specifico. Per fortuna lo "spiritosone” ha avuto torto Certo. 78 N.: i genitori non possono proteggere completamente i loro figli dalle delusioni cui vanno inevitabilmente incontro crescendo, a maggior ragione se, per qualunque motivo (l'albinismo è solo uno dei tanti) sono più esposti all'ignoranza e all'insensibilità altrui. Da piccola ho avuto un bravo oculista (direttore della Clinica Oculistica di Siena, città in cui sono nata e cresciuta), appassionato, nel vero senso della parola, di albinismo, perchè albino era il suo migliore amico; si era fatto la convinzione che gli albini fossero più intelligenti della media e mi ha cresciuta dicendomi sempre “ricorda che quando la natura toglie da una parte, aggiunge da un'altra” e “non dimenticare che Bethoveen ha scritto le più belle sinfonie quando era sordo”. Non saprei dire su cosa basasse le sue convinzioni (forse era solo un'affettuosa ammirazione per l'amico), ma crescendo ho sperimentato direttamente che il limite può diventare una grande risorsa. Sembra una banalità, un luogo comune, ma si sviluppano davvero capacità e competenze insospettate quando si è costretti ad arrangiarsi. L'ho presa un po' alla larga per dirti che il ruolo dei genitori è fondamentale nel rendere consapevoli i figli del positivo che viene dalla loro peculiarità, nel valorizzarli e farli sentire competenti; non basta dirlo, ci vuole tanta attenzione per capire le inclinazioni e la possibilità di offrire occasioni concrete per sperimentarsi in quello che si sa fare. E allora, con queste basi, anche l'ignoranza può, sì, ferire, ma non devastare, minare completamente l'autostima. Questo è quello che conta, secondo me. Ma una mamma sensibile come stai dimostrando di essere tu, farà sicuramente il meglio per la sua bambina. F.:Ciao a tutti! a proposito di domande sciocche... quando esco con Anita, tutti dicono, a voce più o meno alta: "guarda com'è bionda"... qualcuno di solito poi chiede a chi somigli, visto che noi genitori siamo entrambi con capelli e occhi 79 scuri... quando rispondo che è albina e cerco di spiegare cosa significhi, puntualmente c'è chi ribatte: "no, figurati, vedrai che cambia!" Beh, per me questi tipi sono i più esilaranti!! Insomma, la prendo a ridere, non posso pretendere che capiscano che la sua retina rimarrà così. E poi chi non ha provato sulla propria pelle (quindi anch'io) non sa cosa può significare avere problemi di vista come li ha lei S.: Tornando agli aneddoti divertenti vi dico che mia madre è stata pesantemente insultata da una signora anziana perchè a suo dire, aveva avuto l'indecenza di tingermi i capelli a pochi mesi di vita. Siete mai stati scambiati per la nonna (se donne) o il nonno (se uomini) di qualcuno? Bene io sono stata scambiata per il nonno a causa di un taglio di capelli un po' corto F.: Salve ragazzi, ve ne racconto una, quando avevo dieci anni una signora rivolgendosi ad un'altra davanti a me e mia madre ha esordito dicendo; guarda guarda quelli bianchi cosi sono quelli che portano i tumori!!! Vi rendete conto? E' l'ignoranza che parla ve lo dico come ho scritto in un'altra discussione, che viaggio molto per piacere e per lavoro e mi spiace ma l'ignoranza che c'è in Italia non l'ho riscontrata da nessuna parte, per non dirvi tutto quello che ho sentito nella mia vita, a Roma, ora fortunatamente vivo a Firenze da undici anni, sono venuta a vivere qui da sola mi sono laureata a pieni voti nonostante un residuo visivo ben sotto la media di tutti gli altri albini, però tutte le cose che avete detto voi le ho passate anch'io e i miei genitori, alle volte avevo voglia di spaccargli la faccia soprattutto quando ero adolescente, ora gli rispondo molto educatamente per le rime, mi succede molto meno, perchè mi trucco, ho trovato 80 la mia dimensione, e ho avuto una marea di ragazzi e storie importanti ugualmente, di solito noi abbiamo un carattere molto forte, pensate che io con tutti i miei problemi sono venuta a vivere da sola a diciannove anni, mio fratello è rimasto con i miei fino a trentatre anni pur non avendo nessun problema ,,, un bacio a tutti i genitori dovete essere forti fortissimi i vostri figli avranno difficoltà mille difficoltà ma incontreranno tantissime persone valide anzi a me l'albinismo mi ha fatto capire prima chi avevo davanti, le persone che mi circondano sono davvero speciali e sono poi tantissime, il percorso è dura ma ci si fa, forza genitori!!!!. I.:Che dire dell'immagine come mezzo di comunicazione? Per quel che ci riguarda non dovremmo mai dimenticare che le immagini che ci accompagnano (in quanto albini) sono distorte, fasulle e menzoniere. Da esse però dipendiamo costantemente perché il cervello umano non è in grado di ignorare lo stimolo visivo per quanto difettoso possa essere. Tuttavia, la nostra società fa dell'immagine il canale comunicativo per eccellenza. Ho la convinzione che sia anche quella maggiormente recepibile dal cervello umano (chissà cosa ci direbbe un esperto a riguardo) ma anche quella soggetta alle più svariate interpretazioni. Mi spiego: - se dico “Casa” non c'è alcun dubbio sul significato della parola ma se osservo l'immagine di un ragazzo ed una ragazza che si abbracciano posso pensare di assistere a delle effusioni tra fidanzati, oppure ad un gesto fraterno, posso pensare al tradimento a di assistere ad un addio tra persone che si vogliono bene e chissà quante altre interpretazioni. Tale premessa era doverosa prima di scrivere che, per me, la comunicazione visiva è senza dubbio la più potente e diretta che ci sia e che va gestita con 81 cautela. Deve essere pensata, meditata e consapevole. Sicuramente l'idea di diffondere la conoscenza dell'albinismo e raccogliere fondi per la ricerca, attraverso una mostra fotografica potrebbe essere un'idea eccellente se le immagini stesse riuscissero a portare alla luce gli aspetti più nascosti della vita quotidiana di un albino. Lo scatto fotografico che si limita a cogliere un'espressione del viso (stile ritratto) va a stimolare il gusto estetico di chi la osserva e da troppo spazio alla libera interpretazione. Questo aspetto rende l'immagine inefficace al fine di far conoscere una tale condizione. Mentre l'immagine di un albino alle prese con i mezzi pubblici, oppure mentre fa la spesa oppure mentre studia o lavora, in definitiva, l'immagine che racconta un frammento di quotidianità allora potremmo raggiungere l'obiettivo prefissato. Perché non vi sono libere interpretazioni sul significato dell'immagine. Quanto mi costerebbe mostrarmi, farmi vedere e mettermi in piazza? Tanto, veramente tanto anche se sono già quotidianamente costretta a farlo se voglio andare a lavoro, a fare la spesa o al cinema. Tuttavia, se ritenessi che una tale immagine fosse realmente significativa, perlomeno prendere in considerazione la questione. F.: Va detto che la nostra anomalia genetica ci pone in una condizione al confine tra normalità e diversità... Ho conosciuto persone con albinismo pienamente realizzate e che non considerano la propria "diversità" un handicap così come ne ho conosciute altre che amano pubblicizzare la propria diversità nella convinzione che accendere e suscitare il sentimentalismo e la commiserazione degli altri sia la strada migliore. Quello che intendo dire è che la molteplicità di esperienze, vissuti e sensazioni ci richiama ad una particolare responsabilità e a un dovere di sintesi nel 82 momento in cui decidiamo di parlare e di far parlare il nostro "limite" attraverso immagini, video o quant'altro. Prima di voler trasmettere agli altri la nostra diversità, le nostre abilità e le nostre difficoltà, non sarebbe più opportuno chiederci che cosa davvero sia l'albinismo per noi? E ancora: perchè molti soggetti con albinismo non sentono il bisogno di scrivere attivamente in un forum, appartenere ad un gruppo e sentirsi inquadrati in una associazione? Sono codesti solo individui che mascherano le proprie frustrazioni, o semplicemente anche tra di noi ci son tante diversità? Insomma, secondo il mio parere dobbiamo fare attenzione a non veicolare una visione troppo unilaterale e peggiorativa del nostro limite, proprio perchè viviamo in una terra di confine, un confine all'interno del quale, tra l'altro, convivono molti punti di vista differenti. Estremamente interessante e di ampia rilevanza sociale potrebbe invece essere una mostra che parli della situazione aberrante e disumana che vivono i nostri fratelli albini in Africane I.: Non importa quale sia la ragione, fatto sta che ritengo utile riaccendere la conversazione ed affrontarla con un approccio + proficuo per voi genitori di noi albini. Il problema non è la tintura dei capelli ma ciò che essa cela. Non mi riferisco certo all'ipotetica paura di affrontare la diversità o al fantomatico tentativo di fuggire dalla realtà. Tantomeno si può ridurre il tutto ad una mera questione estetica che nei primi anni di vita non ha alcuna rilevanza ne psicologica ne sociale. Dal punto di vista pratico la tintura su un qualunque bambino è poco indicata, 83 per noi albini è quasi impossibile. Da prove fatte con il parrucchiere, la tintura nera diventa grigia, quella castana diventa rosa, quella bionda ingiallisce qualche ciocca. Se volessimo diventare dei pack avremmo sicuramente colori invidiabili. Fatto sta che drdimonaco non raggiungerebbe il suo obiettivo ovvero quello di azzerare o contenere quel senso di disagio che ha caratterizzato la nostra infanzia. Mi permetto di dire che ciò che la tintura nasconde nel caso di drdimonaco è l'intenso e giustificato desiderio di un genitore di risparmiare ansie e angosce alla propria figlia. Ma questo non ha nulla a che fare con l'albinismo. Vedi drdimonaco è vero, le nostre storie d'infanzia sono permeate di aneddoti, insulti e scherni da parte dei bambini che nella loro ingenuità sanno essere follemente crudeli. La vita però può esserlo molto di + e, pedagogicamente parlando, dovresti rimanere accanto a tua figlia nel momento del disagio ed insegnarle ad affrontarlo trasformandolo in energia positiva per crescere. Alcuni dei miei nomignoli erano, “omino bianco”, “lava sbianco e fantasmatico”, “bianca neve”, “sbiadita”, "pupazzo di neve" ecc, ecc, ecc. è vero, ho versato lacrime per gli insulti e l'isolamento ma senza questi, non sarei la persona che sono. Per diventare adulti si deve imparare ad affrontare ostacoli e disagi. Se tu invece offri strumenti per fuggire al disagio rimandi solo l'inevitabile. Non credere che non dando una spiegazione logica alla bambina, ti metti al riparo perché lei crescerà e quando ripenserà al passato o ti farà domande non darà una sua rilettura, probabilmente distorta, dei fatti. L.: Da piccola, i ragazzini spesso mi chiamavano "vecchia" (visto che i miei capelli erano quasi bianchi, ora tendono un pochino al giallino), "candeggina" e poi, boh, altro che fortunatamente e realisticamente, ho rimosso. 84 Si sa, la vita è così, ci sarà sempre qualcuno che ci prenderà in giro per qualche nostra diversità, albini e non. Ogni essere umano ha le sue particolarità: piedi in fuori, testa grossa, secco e alto, mento sporgente, orecchie a sventola, denti in fuori e storti, occhi storti, occhi a palla, labbra sottili, claudicanti, ecc..... F.:i miei genitori non hanno mai pensato di farlo quando ero piccina anche se le esperienze brutte come tutti voi le ho subite anche io, prese in giro a non finire e a quanto vedo il vocabolario usato è sempre lo stesso, dalle persone poco acculturate e stupide, ne ho sofferto tanto, alle volte ancora ci soffro, più che altro per l'ignoranza che vige nelle persone anche se da quando vivo a Firenze va molto meglio, io sono di Roma ma vivo qui da sola Io, differentemente da te, non ho mai sentito l'esigenza di uniformarmi agli altri, anzi, proprio perchè gli altri si mostravano così poco sensibili alla "diversità" o a ciò che per convenzione è escluso dal normale (ovvero comune ai +), io ho fortemente desiderato distinguermi dagli altri. Da sempre mi è stato chiaro che io non ero l'unica etichettata S.:"diversa" dai "normali" e mi sono sempre sentita solidale con i "diversi" ovvero con chi è fuori dal comune, raro ed a volte unico. Confesso però che per molti anni ho cercato di conciliare il bisogno di difendere la mia identità diversa con il giudizio positivo degli altri nei miei confronti. Come dire che mi rifiutavo di usare la porta ma utilizzavo la finestra. Credo di non sbagliare se dico che anche questo atteggiamento è identificabile come strategia difensiva. Quando l'enorme fatica nel far conciliare i due aspetti 85 identità e giudizio altrui ha iniziato a logorarmi, mi sono resa conto che il punto cruciale doveva essere solo il giudizio che ho di me stessa. E qui credo di ricollegarmi ad un tuo altro post... [se lo ritrovo, lo quoto] è come se avessi trovato il pezzo di pasol che coincide perfettamente e concorre a formare uno splendido quadro. L.:ho letto tutte le vostre opinioni in merito alle strategie difensive – normalità ecc. e pensavo che – se ci riflettiamo bene – tutti/e adottano per la logica di adattamento strategie difensive o di sopravvivenza. Tutti/e tingono i capelli e coprono le rughe con il trucco, tutti/e esaltano pregi e nascondono difetti. Detto ciò, appunto per non acuire una certa diversità attribuitaci dagli altri o da noi stesse, credo che cercare di celare dettagli che attirerebbero troppi sguardi non dovrebbe rappresentare un vero e proprio disagio individuale e sociale oppure, come nel mio caso, utilizzare la "diversità" come terreno deterrente per possibili relazioni sociali. N.:Ho cercato in ogni modo di cambiare questa diversità - racconta - : prima opponendomi, poi negandola, poi rassegnandomi, poi capendola, poi accettandola. Ora ne sono orgogliosa e mi dispiaccio per chiunque ritenga di essere come gli altri, normale come gli altri, perché, albino o non, che sia, è ancora lontano dalla consapevolezza di sé”. 86 RIFLESSIONI CONCLUSIVE Con il lavoro presentato ho voluto condurre il lettore alla consapevolezza che l’albinismo scientificamente è considerato come un’alterazione genetica che sviluppa anomalie eterogenee, ma altresì è responsabile della disagevole condizione psicologica/sociale in cui la persona si trova a vivere. L’esperienza diretta e la lettura dei vissuti delle persone con albinismo ha condotto il mio interesse ad approfondire le ripercussioni psicologiche che scaturiscono dal sentirsi diversi, con doti cognitive “speciali”, e dal subire la diversità. Il sentirsi diversi emerge soprattutto durante l’adolescenza, fase in cui antiche ferite vengono a galla, in cui può svilupparsi inadeguatezza, una bassa autostima nei rapporti coi un senso di coetanei, o contrariamente, potenzialità cognitive superiori con ipervalutazione e atteggiamenti di grandiosità e di sfida. Il senso di solitudine ed isolamento dell’adolescente rimanda alla più generale sofferenza legata al sentirsi “diverso”, aggravata dall’aspetto fisico, 87 in un contesto in cui è ancora scarsa la cultura della diversità, una cultura in cui è assente una reale accettazione delle differenze. In tale scenario è comprensibile immaginare il disagio in cui si può trovare un adolescente con albinismo. Tale malessere interiore è ulteriormente esasperato dal pregiudizio cui le persone con albinismo sono sottoposte dovendo vivere in una società che scommette molto sull’immagine e sull’apparire. Il termine pregiudizio significa: giudizio anticipato, giudicare qualcosa o qualcuno prima del tempo, considerare in modo ingiustificatamente sfavorevole le persone che appartengono ad un determinato gruppo sociale.47 Le persone con albinismo chiedono che si vada oltre questa logica superficiale ed etichettatrice, una persona non può e non deve essere valutata per il suo aspetto fisico o per una disabilità visiva, ogni persona nasce con una dotazione genetica che la rende un essere unico ed irripetibile, e come tale degna di valore. 47 Lascioli A., “Handicap e pregiudizio. Le radici culturali, Franco Angeli, Milano, 2001 88 Ancora, il loro sentirsi diversi deriva dal problema dell’ipovisione; molte volte è vissuto come limite del proprio agire, altre come ostacolo nella vita relazionale. Abbiamo appreso nel capitolo precedente che i messaggi verbali e non verbali, che un bambino con disabilità riceve dalle persone che fin dall’inizio si prendono cura di lui, circa la percezione del limite, e il modo in cui tali messaggi possono influire nel tempo, verrà riconosciuto come risorsa/crescita o come blocco invalidante. Per ciascuno di noi, i valori, le credenze della famiglia in cui siamo cresciuti, il modo di concepire la vita, il tipo di educazione che abbiamo ricevuto, hanno esercitato una notevole influenza sull’idea che ci siamo costruiti di noi stessi, di noi in rapporto con gli altri, di noi in rapporto alle esperienze di vita.48 In conclusione del mio lavoro riporto la citazione di Michele Novellino rivolta a tutte le persone in particolare a quelle con albinismo, come riflessione per esaltare e valorizzare al massimo tutte le risorse di cui disponiamo per riuscire a sviluppare al meglio il nostro progetto di vita: “Ciascuno di noi ha punti di forza e di debolezza, risultato di almeno tre 48 www.albinismo.eu, “l’esperienza del limite come potenzialità di crescità” 89 fattori che interagiscono in modo complesso e spesso imprevedibile: il primo è dato dalle nostre caratteristiche individuali, ciascuno infatti ha un proprio corredo genetico anche di tipo psicologico.....La cosa migliore che possiamo fare è quella di imparare a conoscere la nostra soggettività, ad accettarla ed espanderla, piuttosto che cercare disastrose imitazioni e paragoni! Il secondo fattore è dato dalle circostanze di vita: cambia indubbiamente molto se si nasce in un luogo fertile oppure arido, in tempi di guerra o di pace, da un genitore ricco e colto o da un genitore alcolizzato e violento...... Il terzo fattore, l'unico per il quale gli psicologi possono dire costruttivamente la loro, è dato dall'ambiente psicosociale di origine........rete complessa di influenze e di messaggi che il bambino riceve dalle persone che lo allevano, i genitori prima di tutto, ma anche parenti, insegnanti, idoli televisivi e simili” (Michele Novellino)49. 49 www.albinismo.eu, “l’esperienza del limite come potenzialità di crescità” 90 SITOGRAFIA www.albinit.it www.albinismo.eu www.nystagmusnet.org www.subvedenti.it 91 BIBLIOGRAFIA Roberta Caldin, “Percorsi Educativi nella Disabilità Visiva”, Erickson, Trento 2006 Bowlby J., “ Una base sicura”, Raffaello Cortina Editore, Milano 1989 Ainsworth M. D. S., Bhehar M. C., Water E., Wall S. “Patterns of attachment: a Psychological study of Strange Situation”, Hillsdale (NJ), Eelbaum 1978 H. Rudolph Schaffer, “Lo Sviluppo Socilale del Bambino”, Raffaello Cortina, 1998 Polster E., “Psicoterapia del Quotidiano”, Erickson, 2006 Celani B., “Autostima, siamo in grado di costruirla”, Psicologia in movimento, Anno 2, num.28, 2006 Canevaro A., “L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità”, Erickson, 2007 Coppa M.N., “Le minorazioni visive. Aspetti psicologici e processi di intervento con il bambino minorato della vista”, editrice Tecno scuola, roma, 1997 92 Charelli R., “il bambino disabile visivo con minorazioni aggiuntive e il suo contesto familiare”, in Tiflologia per l’Integrazione, anno 12, num. 4 Franco Angeli, “Il Bambino con Deficit Visivo, guida per genitori, educatori e riabilitatori”, Milano 2005 Pontiggia G., “Nati Due Volte”, Mondadori, Milano 2000 Caldin R., “Vissuti Genitoriali e Figli con Disabiltà. Una lettura psicopedagogica. In F. Montruschi e R. Caldin, (coordinamento di), Disabilità, Integrazione e Pedagogia Speciale, “Studium Education”, numero monografico n.3, pag. 536-545, 2004b Demetrio D., “Educatori di Professione, Pedagogia e Didattica del Cambiamento nei Servizi Extra-scolastici”, La Nuova Italia, firenze 2000 Lascioli A., “Handicap e pregiudizio. Le radici culturali”, Franco Angeli, Milano 93 ALLEGATI 94 95 Albinismo: capelli bianchi e ancora pregiudizi Scarsa informazione sugli effetti di quest’anomalia genetica. Ipovisione sottovalutata da insegnanti e medici MILANO - Vincenzo di Caltanissetta: «A 28 anni ho deciso di ritornare me stesso e non ho tinto più i capelli». Lucia di Verona, mamma di una ragazza albina: «Mia figlia ha disturbi della vista e non riesce a seguire le lezioni a scuola per 5 ore di seguito. Con mio marito ci siamo battuti per farle avere una lettrice esperta di disabilità sensoriale e poi il computer come ausilio agli esami di terza media». Federica, 32 anni: «All’Università leggevo la lavagna col monocolo e un docente ogni volta mi diceva: “Signorina, non siamo mica a teatro”. Ora vivo da sola e lavoro in un’unità spinale a Firenze». CHIARI PER NATURA - Capelli biondi o quasi bianchi, pelle chiarissima, occhi rossi o bluastri spesso colpiti da deficit o disturbi visivi come strabismo, fotofobia, nistagmo (movimenti ritmici e involontari dei globi oculari). Sono i “segni” che distinguono gli albini (in Italia circa 3 mila) e che ancora oggi discriminano, soprattutto in alcune zone del mondo come in Africa, dove addirittura può essere perseguitato chi ha quest’anomalia genetica dovuta a un difetto nella biosintesi e nella distribuzione della melanina, pigmento che colora pelle ed iride. BARRIERE CULTURALI - Nel nostro Paese, oltre ai pregiudizi che a volte ancora prevalgono, gli albini devono combattere non solo la burocrazia per accedere ad ausili che renderebbero la loro vita più autonoma, ma anche la scarsa informazione che ancora c’è su quest’anomalia ereditaria: l’ipovisione, in particolare, è spesso sottovalutata dagli insegnanti ma a volte anche dal personale sanitario. Ne hanno discussoa Roma, nei giorni scorsi, albini provenienti da tutta Italia nel corso del secondo Convegno nazionale dal titolo “L'albinismo: una diversità vivibile". «I limiti posti da quest’alterazione genetica possono essere gestiti e in parte superati», afferma uno dei promotori, Giancarlo Loddo, che ha realizzato il primo sito sull’albinismo . RESILIENZA - «Innanzitutto occorre acquisire fin da piccoli la consapevolezza dell’essere albini e dei disagi che comporta – spiega la psicologa Laura Bonanni, anche lei albina - . Quando nasce un figlio albino, la famiglia rimane come smarrita e deve riorganizzarsi. Un bambino riesce a percepire di essere una “delusione” per i suoi genitori, per cui può sviluppare un senso di insicurezza che diventa esso stesso un limite, a volte più di quello genetico - continua Bonanni - . La famiglia deve quindi riorganizzarsi e saper trasmettere al figlio gli strumenti necessari per poter costruire una personalità resiliente, cioè in grado di reagire alle avversità che accompagnano il bambino di oggi e l’adulto di domani». Servono poi competenze e informazioni. A volte gli stessi albini non sanno, per esempio, di aver diritto all’esenzione dei farmaci, ad ausili come le lenti, al riconoscimento dell’invalidità. E sono pochissimi in Italia i centri di riferimento. 96 Tanzania: emarginati gli albini. Fondata una squadra di soli albini che compie la sua piccola grande rivoluzione Tg2 | 15-11-2011 | Orario: 20:30 | Durata: 01:47 un calcio alle discriminazioni stavolta gli emarginati sono gli albi in Tanzania Angelo sicuri tutta l'Africa Tanzania terra di villaggi sperduti alle maestose pendici del Kilimangiaro ma anche il caos della capitale dare stavamo nella sterminata periferia si allenano come possono e sono à una partita vinta si chiamano al vino United United come il Manchester Albino é loro sono ragazzi africani senza colore in un Paese di merito una condizione che la superstizione appena anni trasformato in vittime di violenza e discriminazione ancora oggi è chi ritiene da vivi portatori di sfortuna insieme considera prezioso il loro corpo per riti magici che in nome della à e della salute ì non si contano le à nei loro confronti assassini mutilazioni denunciate da ovunque organizzazioni umanitarie una battaglia che lo stesso governo considera ancora difficile da vincere è ò di passi in avanti ci sono tre anni fa per esempio l'idea di organizzare una squadra di pallone fu fondata ì la Albino United ora giocano regolarmente in terza divisione ogni partita e un messaggio a tutti che dice siamo uguali in una squadra è stato un modo per farli uscire dall'isolamento dice loro manager anche qui amano il calcio ì vederli giocare assieme agli altri che è diventata una cosa normale una partita dopo l'altra un gol dopo l'altro dal vino United sta facendo la sua piccola grande rivoluzione l'anno scorso la Tanzania ha letto il suo primo parlamentari al di à se quest' anno in cerca di fare Le trascrizioni sono automatiche pertanto sono soggette ad errori. Leggi qui la 97 SPAGNA: VIVERE LA DIFFERENZA CON NATURALITA’ Sopportano l’indifferenza e l’inesattezza di alcuni professionali medici che anche nei giorni di oggi non riconoscono la loro condizione genetica. Così come subiscono (a volte meglio, a volte peggio) gli sguardi curiosi e i commenti più fastidiosi, le prese in giro dei compagni o i sussurri nelle orecchie. Niente di questo permette a ognuno di costruire la propria autostima. Fanno la loro vita con normalità, grazie in molti casi agli aiuti ottici e all’appoggio della ONCE, ente che lavora per l’integrazione delle persone con cecità e bassa visione. Tra i testimoni, ci persone nate con l’albinismo e residenti in spagna; abbiamo: studenti brillanti, professori, musicisti, infermiere, educatori… sono quello che hanno voluto essere. A volte con maggiori difficoltà che altre, però sempre con lo sguardo altro, lasciando chiaro che la differenza può convertirsi in vantaggi quando è ora di sfide. ANA MOYA 5 ANNI “COSTA MOLTO CONCENTRARSI A SCUOLA” Attiva e sveglia, si mostra timida fino a che prende coraggio, confidenza e spiega che già sa leggere. “Chi ti ha insegnato?” “Nessuno”. Va a lezioni di pianoforte e da grande le piacerebbe suonare in una orchestra. Procede a piccoli passi. “l’anno scorso suonavo con due dita. Questo corso lo feci con due mani” commenta Maria Carmen sua madre. Ora ha appena compiuto 5 anni e va alla scuola materna. Il prossimo anno andrà alla scuola elementare. Lì dovrà tornare a spiegare e far intendere agli insegnanti che cos’è l’albinismo e quali sono le precauzioni necessarie: “cose come metterle la crema solare prima di uscire in cortile, che considerino bene il valore degli occhiali da vista..” spiega la madre. 98 I filtri (= occhiali da sole che non lasciano passare la luce) possono sembrare per il loro aspetto un capriccio dei bambini per imitare gli adulti però non lo sono: “ sono totalmente necessari e valgono molti soldi. L’attenzione che si deve avere con loro è simile al valore degli occhiali da vista normali” continua sua madre. Con il cappello di Anna vale lo stesso, si vede più come un elemento di moda che di protezione. Lo dico perché una maestra mi disse “guardi, è meglio che il cappello lo lasci a casa perché ci mette in difficoltà e crea problemi.” Proprio non capisco la necessità di dirlo, spiega la madre. LUIS FERRANDO PROFESSORE DI MUSICA, 22 ANNI “LA MUSICA AIUTA MOLTO LE PERSONE CON DEFICIT VISIVO” Questo professore di musica da lezioni di pianoforte nella ONCE agli alunni ciechi e con difficoltà visuali. Le lezioni sono particolari e adattate all’età e resto visuale di ogni studente: “ con gli alunni di bassa visualità utilizzo il simile della scala o dell’ascensore per spiegargli le note. Cantiamo una canzone per aumentare o diminuire. Andiamo in un ascensore (scala musicale) e per primo va il do, dopo il re, dopo il mi.. con gli alunni ciechi, sopra tutto quelli adulti, utilizzo anche il formato letto-scrittura BRAILLE per insegnargli il linguaggio musicale. Insegno nella stessa forma che imparai io. Prima di suonare uno strumento e dopo il linguaggio musicale perché questo è il processo naturale. Quando sei piccolo, prima impari a parlare poi apprendi come si scrivono quelle parole in cui ti viene spontaneo dire “cosa?” Sei felice con quello che fai, è la tua vocazione è: “VOGLIO specializzarmi nell’insegnamento musicale per persone incapacitate e fare un master in musica-terapia. La musica aiuta le persone con deficit visuale a vedere l’evidenza con lo sviluppo dell’udito assoluto,cosa molto importante per loro. Quindi la musica può essere un grande aiuto per che ha malattie psicopatologiche. In Spagna, questa specialità non è molto sviluppata. Soprattutto se le persone di bassa visione hanno più difficoltà a interpretare un punteggio, lo si ha chiaro: “costa un po’ di più perché devi imparare a 99 memoria, non puoi suonare e leggere allo stesso tempo, però con pratica e lavoro è lo stesso, non c’è nessun problema per affrontare qualsiasi lavoro” È uguale che a qualsiasi giovane della sua età gli piace sfruttare della naturalezza e dello sport all’aria aperta : “adesso sono più consapevole e mi metto sempre protezione e crema, però da piccolo non ci credevo così mi bruciavo molte volte”. JOAN SIRERA 4 ANNI “LASCIAGLI CHE SCOPRA IL MONDO E TU ANDRAI SCOPRENDOLO CONFORME LO FA LUI” Joan nacque in Francia. Sua madre Dolores, racconta che lei sospettò che lui era un albino “però nell’ospedale non mi dissero niente. Nella famiglia di mio padre sono tutti molto biondi, ma non albini. E io pensai: bene, non è come me, che sono mora, però il bambino ha avuto origini dalla famiglia di mio padre. Successivamente, nella visita dei 15 giorni, la pediatra mi disse: il bambino non vede. A partire dalla visita, per due mesi, lo accompagnavo da un oculista dove ci confermò che era un bambino albino. “La mia ossessione era domandare all’oculista quanto vede o cos’è che non vede” prosegue la madre. “E mi diede un consiglio molto buono. Mi disse: tu non sai quello che io vedo, noi non sappiamo quello che Joan vede e lui non sa come lo vediamo. Lasciagli che scopra il mondo e tu andrai scoprendo conforme lo fa lui. Aveva ragione.” RAUL GARCiA 10 ANNI “MENTRE LUI SI METTE LA CREMA, GLI ALTRI GIA’ STANNO GIOCANDO” Il passo dall’infanzia all’adolescenza è un periodo di transizione per tutti i giovani. Raùl che dimostra il suo coraggio con la bicicletta, risponde energico alle domande su come si organizza a scuola: “io vedo bene. Mi siedo dove mi 100 mettono, a inizio classe. Adesso utilizzo un computer perché così vado più veloce.” Sua madre Isabel, gli mette crema solare ogni mattina. “prima di quando lui va a scuola, gli spalmo la crema altrimenti lui non se lo ricorda e non lo fa. Il cappello e gli occhiali, si. Questo non se lo dimentica mai, però la crema no. Per lui è perdere tempo. Mentre lui si mette la crema, gli altri stanno già giocando. Per questo lui non se la mette. Per lui la crema è orribile. 101