JJ GRey And MOfRO ed LAuRie SAndRO PeRRi
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JJ GRey And MOfRO ed LAuRie SAndRO PeRRi
ROCK Ed Laurie Sandro Perri Moonpainter Constellation Folk colorato da spazzole, plettri, archi, vibrafoni. È inglese, ma suona con musicisti italiani Da un italo-canadese, una «totale integrazione» di cantautorato e sperimentazione. Eccentrico Se manterrà le promesse di questo esordio su lunga distanza, dopo i due ep già circolati e divenuti un fenomeno della Rete, il giovane londinese Laurie farà parlare parecchio di sé in futuro. La scrittura e l’approccio vocale guardano a riferimenti alti, tra cui sono intuibili Jeff e Tim Buckley (High Above Heartache), John Martyn (Side Of A Candle), Fred Neil (East Wind), Van Morrison (Across The Border) e altri della specie. Le canzoni rispecchiano un autore intenso, concentrato sui dilemmi amorosi, coadiuvato negli arrangiamenti da un nucleo di musicisti di casa nostra, capaci di colorarli di un quasi-jazz da camera, elegante e raffinato, dove spazzole, plettri, archi e vibrafoni si muovono a proprio agio. Laurie ha incontrato i suoi futuri musicisti durante un soggiorno estivo a Bolzano, e da lì è nata la collaborazione. In alcuni passaggi il songwriting mostra ancora un’eccessiva preoccupazione estetica, che lambisce l’autocompiacimento: se Ed riuscisse a lasciarsi davvero andare, le canzoni sarebbero pura poesia. Qualche spruzzata gitana (Spirit Of The Stairway) e un lieve french touch (Somewhere Gone) completano la tavolozza di questo gioiellino di emozioni tenui, sorrette da arpeggi elettrici e ottimi arrangiamenti, a cui dobbiamo lasciare solo il tempo di farsi apprezzare con la medesima grazia, prima che il suo autore finisca per montarsi la testa. Un rischio che ha trascinato nell’oblio molte giovani penne, con la complicità della solita critica a caccia di fenomeni precoci. Pier Angelo Cantù «Mi sto avvicinando sempre di più a ciò che ho in mente, ovvero una totale integrazione, un suono il più possibile liquido dove i diversi elementi si riversano gli uni negli altri, eliminando destinazioni e categorie, creando un’area libera piuttosto solida nella quale ogni singola parte ha un suo preciso significato». Così afferma Sandro Perri, italo-canadese di base a Toronto, che dopo aver stampato pregevoli dischi sotto lo pseudonimo di Polmo Polpo (prima) e Glissandro 70 (poi) ora cede alla banalità del proprio nome per firmare il suo miglior lavoro. Il jazzista classico alla scoperta del mondo, che abbandona il mare calmo della disciplina per imparare da zero un linguaggio, quello della musica e del gioco. C’è chi obietterebbe che a fare così si finisce senza una strada, senza una cornice precisa dentro cui stare. Vero. Ma – come si dice – è il suo bello. Ad ascoltarlo fino alla fine, Impossible Spaces dà l’idea di essere figlio di una celebrata rock star che dopo tanti anni sopra palchi enormi e pieni di luci sceglie di esprimere le proprie idee in un progetto solista e riservato. L’approccio è intimista, da songwriter attento e leggermente eccentrico. Insieme ci convive il musicista sperimentatore, ricercatore del singolo suono, dotato di un senso dell’equilibrio davvero invidiabile. Eccola, la sospensione. Ciò che fa apparire tutto estremamente semplice. I giornali citano Arthur Russell, David Grubbs, Shuggie Otis, Todd Rundgren. E io che alla prima pennata di chitarra in Changes (il brano di apertura) ho pronunciato il nome di David Gilmour. Salvo poi conciliare. Antonio Oleari Cathedral Impossible Spaces JJ Grey And Mofro Brighter Days The Film And Live Concert Album Alligator Un disco dal vivo (con dvd allegato) conferma Grey e compagni come voci importanti del rock-blues bianco intriso di soul e di spirito sudista. Consigliato da Derek Trucks Arriva dal Sud degli Stati Uniti, si chiama JJ Grey, è un bluesman inconsueto, un songwriter raffinato, un attento osservatore della provincia sudista. Il lavoro di cui state leggendo si compone di un cd registrato in occasione dell’esibizione tenuta ad Atlanta nel gennaio 2011 e di un dvd dello stesso evento, arricchito di un bel documentario. Som- mariamente si può inquadrare lo stile di JJ come un collettore di varie influenze: da un lato la massiccia influenza dei neri che storicamente abitano il Sud degli Stati Uniti, dall’altro la non meno importante contaminazione portata dai bianchi, che dai monti Appalachi si sono avvicinati al mare. Per dirla grezza, blues e country. Questi i due ingredienti di un lavoro di raffinazione in cui JJ Grey vien fuori quale padrone di un più che discreto songwriting e come eccellente musicista e polistrumentista. Nel dvd, poi, c’è Derek Trucks ad accreditare il lavoro di JJ, con degli inserti in formato intervista. Più del buon Derek, tuttavia, è la splendida voce di Grey a servire come ottima pubblicità. Country Ghetto apre il set mettendo subito in chiaro alcune cose. Ad esempio il carattere se non di impegno, quantomeno di osservazione sociale, del nostro. Il brano allude ai grandi insediamenti delle periferie urbane, ai confini con quella che era la vecchia campagna. Si parla della convivenza, ora difficile, ora vitale di diverse etnie, dell’ignoranza difficile da estirpare dei redneck, ma soprattutto dell’amore per il Sud. Il tutto impastato in un rock-blues che si compiace di un massiccio ricorso a strumenti a fiato: sax, trombe e l’armonica a bocca dello stesso JJ. Segue il bluesacchione di A Woman, che pare un bel mix uscito da uno sha- ker di Stevie Ray e Dr. John. Arrivano poi i brani belli carichi: Brighter Days, dolce e ancora una volta orgogliosamente sudista, poi Air, un altro bel blues con tanta tastiera e altri bei fiati, che mette voglia di cantare con JJ. Il vero nucleo del disco, a questo punto è lì da cogliere. Parliamo di Lochloosa, una canzone in cui c’è tutto JJ. Il titolo altro non è che il nome di un’amena località in Florida (che si può visitare guardando il dvd). Lochloosa, insomma assume tutti i connotati del locus amoenus: ispira classicamente la poesia all’artista e lo fa combattere contro il cemento, in una battaglia in difesa della palude, dei suoi coccodrilli, delle sue zanzare. Inutile dire della struggente dolcezza del brano, annunciato da un inserto di armonica e concluso da un ruvido assolo di chitarra. Via la malinconia, arriva Orange Blossoms, in cui si torna a ballare e a sorridere col cuor leggero. Sorridiamo anche noi: JJ è una piacevolissima sorpresa. Davide Zucchi JAM VIAGGIO NELLA MUSICA | 83