la perizia su gianfranco stevanin

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la perizia su gianfranco stevanin
GIANFRANCO STEVANIN
VERONA: Due donne sparite nel nulla, una prostituta violentata, il ritrovamento di un tronco
umano nella proprietà di un agricoltore, una condanna per stupro , per lo stesso agricoltore
sospettato anche di aver ucciso e occultato almeno due persone. Tutti questi avvenimenti sono legati
tra loro da un unico nome: Gianfranco Stevanin accusato di aver commesso i succitati delitti. Lo
Stevanin, nato a Montagnana (PD) il 2/10/1960, è uno stupratore feticista, un perverso violentatore.
Nel gennaio 1994 sparisce la prima ragazza, l'altra sette mesi dopo. Nel novembre 1994 lo Stevanin
viene arrestato per aver aggredito e violentato una prostituta somigliante alle due ragazze
scomparse, Gabriella Muster.Nella sua villa a Terrazzo, vengono ritrovate delle fotografie porno,
degli indumenti e meccanismi sadomaso, dei peli pubici femminili in una scatola e i vestiti i gioielli
e i documenti delle due ragazze scomparse. Aumenta sempre di più la paura dopo aver ritrovato una
carcassa umana nei terreni agricoli di Stevanin; si attende solo l'esame del DNA per scoprire a chi
appartenevano quei resti uma
MA CHI ERANO LE DUE DONNE SPARITE NEL NULLA?
Claudia Pulejo, 29 anni, tossicodipendente, la sera del 15 gennaio indossava un vestito nero scollato
degli stivaloni ed una borsetta. Si stava recando a casa di Stevanin, definito da alcuni giornali il "Re
dei Feticisti", che le aveva promesso 15 scatole di Roipnol, un potente farmaco per le crisi di
astinenza, in cambio di alcune foto per le quali la ragazza avrebbe dovuto posare. La proposta
poteva essere allettante per la giovane tossicomane purtroppo però la giovane non fu più vista
uscire dalla villa dello Stevanin. Tutti i suoi indumenti ed altri effetti personali furono ritrovati
nella villa il giorno dopo l'arresto di Gianfranco Stevanin, il quale ha cercato di discolparsi
asserendo che si trattava semplicemente di souvenir di avventure sessuali, che la giovane gli
avrebbe ceduto spontaneamente. Ma se tutto ciò che la Pulejo aveva con se quella notte è stato
ritrovato a casa di Stevanin , dove può essere andata una giovane , nuda, in una notte gelida come
quella del 15 gennaio? La situazione diventa sempre più intrigante quando vengono trovati nella
stessa villa i vestiti ed il passaporto di una prostituta serba, Biljana Pavlovic, 25 anni, scomparsa a
metà luglio del 1994. Finora allo Stevanin si attribuiscono gli omicidi della minorenne mai
completamente identificata di Claudia Pulejo, di Biljanas Pavlovic, di Blazenca Smoljo, e di
Roswita Adlasnig. Restano da identificare invece alcune foto di ragazze rinvenute nell'abitazione
dello Stevanin. Gli inquirenti stanno inoltre cercando Silvana Kovac, amica di Blazenka Smoljo,
che dovrebbe avere la residenza nella zona di Verona e forse potrebbe essere a conoscenza di
particolari utili alle indagini ancora in corso.
UNO STUPRO
La notte tra il 15 e il 16 novembre 1994 Gianfranco Stevanin si trova a Vicenza per rimorchiare una
prostituta austriaca, Gabriella Mugser . Si recano nell'abitazione della famiglia Stevanin a
Terrazzo, vicino Legnago, dove ovviamente non vi era nessuno. Dopo averle dato alcuni indumenti
da indossare, scatta circa sette foto dopo le quali scatta la lite tra i due a causa di un'altra foto da
fare in posizione degradante per la donna che per questo rifiuta. E' a questo punto che Stevanin
prende una pistola a salve di marca Bruni, cal. 8, usata per minacciare la donna. Più tardi dopo aver
sfondato la porta del bagno per recuperare la sua vittima, si recano in camera da letto dove il
ragazzo violenta la donna. Decide di lasciarla andare solo quando la donna le promette venticinque
milioni in cambio della sua libertà. Mentre l'accompagna verso la sua abitazione, all'altezza del
casello autostradale di Vicenza ovest, la donna si getta fuori dalla macchina fermando una volante
della Polstrada che arresta il giovane.da quel momento in poi inizia il vero e proprio incubo per i
familiari delle vittime ed in particolare per i familiari delle ragazze sparite. Inseguito al suo arresto
verrà perquisita l' abitazione dove oltre agli indumenti delle ragazze, il 3 luglio 1995, si effettuerà
una scoperta estremamente agghiacciante: delle ossa umane dentro un sacco di juta, trovate nei
terreni dello Stevanin , da un uomo che vi stava lavorando. Immediatamente viene svuotato il
fossato dove erano state ritrovate le ossa, si scava nei terreni e nel letamaio dove affiorano una
siringa, una boccetta con del liquido rosso ed un osso di grandi dimensioni. Si apprende in seguito
che le ossa trovate nei campi non appartengono ne alla Pulejo, ne alla Pavlovic. Questo però ci
suggerisce due ipotesi una delle quali andrebbe a favore di Stevanin: il colpevole potrebbe essere
un altro serial killer. L'altra incolperebbe proprio Stevanin di aver commesso altri omicidi oltre a
quelli della Pulejo e della Pavlovic.
LA PERIZIA SU GIANFRANCO STEVANIN
di Romolo Rossi
1. Introduzione
2. Esame psichico
3. Inquadramento diagnostico
INTRODUZIONE
Il sig. Stevanin si presenta al colloquio con modalità comportamentali scorrevoli, a prima vista
adeguate, ben curato nella persona per ciò che la situazione consente. L'attitudine generale è in linea
di massima mite, o fors'anche sottomessa, con una sfumatura di condiscendenza assoluta, senza
poter nascondere il sospetto ed il timore del resto comprensibilmente portati dalla situazione fiscale.
Già al primo impatto si coglie nettamente l'ambivalenza, insita nel comportamento generale, con
una insufficiente mescolanza tra esigenza di piena collaborazione ed una corazzata e diffidente
resistenza. Ne consegue una certa incongruità generale che si coglie nella postura, nei movimenti
rigidi e talora non ben integrati col tono di voce ed i contenuti che esprime. La mimica è in qualche
modo poco mobile, talora figée, come se indossasse una maschera teatrale per la occasione specifica
del colloquio. Egli comunica dunque la sensazione di un continuo arrière pensée, come se
esistessero due modalità di vissuto, una di superficie che si utilizza per il rapporto attuale ed una
sottostante, ma immediatamente in contatto con la prima con la quale interferisce. Non presenta
turbe di coscienza di nessun tipo. Si coglie però, al di là dell'adeguatezza formale, una attitudine,
che è una sfumatura ma non per questo meno evidente, che potremmo definire distaccata e
trasognata. Il suo isolamento narcisistico è evidente dal modo come entra in contatto, con una
impostazione mimica e prosodica, che mima una attenzione continua ma esterna, come parlasse di
un altro o seguisse un canovaccio, come lontana, come persona non veramente interessata al
rapporto e alle sue risonanze interiori. Davvero si può riferire a lui la metafora di Kretschmer delle
ville romane, inespressive e tranquille dietro le persiane chiuse, che a lui, tedesco del secolo scorso,
facevano pensare ad orge sfrenate all'interno.
E' probabile che la vita mentale del Sig. Stevanin si esprima poco attraverso il rapporto e il
comportamento relazionale, ma più attraverso l'affollarsi di contenuti autoriferentisi, che gli danno
quell'allure generale spesso riportato da chi lo osservava dall'esterno, di ragazzo riservato, timido ed
educato. Ci si trova di fronte ad un individuo che pare avvezzo ad un isolamento emotivo di antica
data, e che ha come modalità relazionale solo elementi formali, presi da schemi esterni ed in
qualche modo imitati, o comunque senza vissuto di prorpietà emotiva. Anche la vivacità del lessico,
dell'espressione, della prosodia, ne risente, per cui si ha l'impressione di una persona piuttosto
monotona, piatta e priva di vivacità, creando ciò uno spiccato contrasto con la sua storia, ed i suoi
trascorsi, certo non privi di turbolenze.
ESAME PSICHICO
Lucido, orientato nel tempo e nello spazio e nelle persone, il campo di coscienza è sufficientemente
esteso e comprensivo, senza restringimenti, e la coscienza permette slittamenti e spostamenti
temporali adeguati e competenti. La coscienza dell'Io sembra nella norma, non si hanno alterazioni
del sentimento di proprietà dei propri atti di conoscenza; non depersonalizzazione auto-allo o
somatopsichica. Non vi sono fenomeni di Vorbeireden, non fenomeni di dreamy states. I compiti
mnesici e operativi sono eseguiti senza operazioni a côté, o al di là del punto. La memoria sembra,
nei termini elementari, in ordine. Gli eventi immediati, recenti e presenti sono ricercati con
caparbietà e precisione. I contenuti mnesici sono sistemati in schemi temporali esatti, non v'è
rattrappimento della susseguenza temporale e storica degli eventi, non vi sono paramnesie, non
confabulazione, non aspetti dismnesici o di deformazione di nessun tipo. Gli eventi che coincidono
e riguardano gli omicidi sono invece presentati come sconosciuti, estranei, con qualche recupero più
recente, ma immersi in una specifica inconsapevolezza, come attività totalmente estranea e non
posseduta dalla coscienza dell'Io, con un atteggiamento di perplessità globale che pare costruito allo
scopo di questo passaggio specifico del colloquio.
Dunque se la situazione generale per ciò che riguarda la funzione mnesica è ottimale, occorre
rilevare la presenza di amnesie lacunari specifiche. In realtà aree di scotomi mnesici investono gli
eventi concatenati ed i lassi di tempo che si riferiscono alle sue azioni criminose. Queste sono
specificamente cancellate, in una atmosfera tra il trasognato e il perplesso, con una attitudine di chi
si chiede cosa mai siano queste cose e con una aria di Ratlosigkeit, di perdita di contenuti attraverso
la confusione: l'attributo perplesso è quello che meglio si adatta a questa situazione. Clinicamente
questo fenomeno è fortemente vicino alla simulazione, ma non è detto che di vero "malingering" si
tratti: è possibile, perché i due stati mentali si sovrappongono, che accanto a questo vi sia una
condizione di doppia coscienza o coscienza dell'Io collaterale, un fenomeno cioè di tipo
ganseriforme, anche se propriamente non si rilevano, come abbiamo visto, i segni specifici del
Ganser.
Sembra che le sequenze dei cerimoniali sadici siano investite da una onda di rimozione, che deriva
da una mescolanza di angoscia e di sentimenti, più che di colpa, di imbarazzo profondo per gli
eventi, e che rendono sconveniente il ricordo, e di un forte guadagno secondario che lo induce ad
utilizzare queste attitudini conversive. In ogni caso, questa conversione è un fenomeno che riguarda
la revisione degli eventi, la modalità, diremmo così, stilistica del racconto: è nel racconto a
posteriori che si applicano queste scissioni mnesiche, e non riguardano l'evento mnesico prodotto da
un particolare stato di coscienza al momento del fatto. E', in altre parole, una sorta di stratagemma
narrativo che, in modo oscillante tra il cosciente e il non cosciente, egli ha adottato.
Si comprende, da quel che abbiamo detto, che l'attenzione è in ordine: le risposte sono adeguate,
parla opportunamente se interrogato, ma prende iniziative autonome nel racconto, con una buona
tensione attiva verso la situazione e le argomentazioni: non v'è, insomma, segno di ipoprosessia.
Manca ogni segno focale. Non afasie né ricettive né di trasmissione né espressive, non disartrie. I
compiti di sistemazione spaziale nel foglio sono normalmente eseguiti, non aprassie costruttive, né
aprassia in generale, la scrittura sia spontanea che de façon servile è normale, non agnosia né
agnosia simultanea, prove di costruttività normali, non closing-in, non fingeragnosia, non acalculia,
normale l'incolonnamento nelle operazioni aritmetiche, non alterazione destra-sinistra, non
somatoagnosie.
Il linguaggio, come si coglie durante il colloquio, appare corretto, del tutto scorrevole e talora
ridondante, con frequente presa di iniziativa, ricapitolazioni e richiami, addirittura richiami
all'ordine dell'interlocutore se ha l'impressione che questi lasci l'argomento inconcluso.
Il lessico è buono, ma artificioso e non corrispondente al suo livello culturale, spesso l'uso di una
terminologia pseudo-tecnicistica gli conferisce un'aria enfatica e costruita ad hoc (per es. "ho una
intensa attività onirica"). I legami associativi a tutti i livelli, grammaticale, sintattico e logico, sono
in ordine. Accettabile dunque la fluenza del discorso, non vi sono aspetti di deviazione, di
deragliamento o di iperinclusività, non si hanno espressioni paralogiche o neologistiche, non
stereotipie o palilalie. Insomma sul piano strettamente formale il linguaggio sembra in ordine, ma a
dire il vero qualche segno di intoppo, di scucitura dell'apparato logico e comunicativo, una certa
singolare prosodia (impressione di modalità declamante), danno alla comunicazione una sfumatura
stridente, un po' innaturale, come di una persona che viva in un mondo suo, distaccato, in modo
eccessivamente autonomo. Talora, come si è già notato, si notano complesse e ricercate modalità
lessicali, tecnicismi, calambours o frasi costruite ed elaborate, sembra al fine di divertire o
impressionare l'interlocutore. Non si notano componenti anomale.
La percezione è come di norma: non esistono oggi, e non risulta siano mai esistiti, fenomeni
dispercettivi né quantitativamente né qualitativamente, non fatti illusori, non percezioni senza
oggetto, quindi non allucinazioni, né pseudoallucinazioni, non percezioni corporee anomale del
contenuto di pensiero: non istanze allusive, né particolare sospettosità o sensitività di allure
paranoide.
Non risultano percezioni deliranti, fenomeni di diffusione o furto del pensiero, iperallusività,
ripetizione sonora del pensiero, commento degli atti, colloquio di voci, allucinazioni imperative,
esperienze di influenzamento. In sintesi non vi sono fenomeni appartenenti alla sindrome di azione
esterna o all'automatismo mentale.
L'affettività ha una apparenza abbastanza inadeguata e recitante e sembra svolgersi in una atmosfera
poco genuina che pare seguire un copione prefissato. Insomma gli eventi, emotivamente immani,
dei suoi trascorsi, sembrano scuoterlo poco: il coinvolgimento è limitato, i vissuti di rimorso sono
formali, l'argomento è distanziato e raffreddato. Tuttavia non c'è dubbio che il livello ansioso deve
essere notevole, e deve essere sempre stato così: si tratta, sembra, di un'ansia vissuta come
esperienza interiore astenizzante e bloccante, e sembra che ogni richiesta di aumento di prestazioni
interpersonale e sociale produca la risposta di insufficienza, determinando una componente di
inerzia e di rinuncia che limita criticamente ogni tipo di rendimento sociale. Non si rileva
depressione, che tuttavia potrebbe essere sommersa dalla recita disinvolta e grandiosa, che fa
compiere al sig. Stevanin clamorosi understatements, come quello di enfatizzare il suo ottimo
rapporto con tutti, e di scotomizzare l'aggressione subita da un altro ricoverato, che ha lasciato una
evidente ferita al collo poco prima.
Non vi sono fobie strutturate, non claustro ne agorafobie, non sentimenti di panico. Invece esiste un
quadro di stato da allarme generale, che investe la cenestesi, la sfiducia nel proprio corpo, il senso
di precarietà generale e di bisogno di conferma e rassicurazione. Su questa sorta di inerzia
genericamente psicofobica si basa la grande dipendenza del paziente, che produceva probabilmente
una serie di esigenze di conferma attraverso il controllo delle persone, essenzialmente delle
partners.
L'ideazione, nei suoi aspetti formali, non presenta processi rilevanti di accelerazioni o di
rallentamento. Si può invece notare una certa vischiosità, nel modo prolisso, circostanziato e
tornante di procedere della narrazione. Non manca in questo un certo grado di ripetitività ossessiva
che, anche se non raggiunge il livello propriamente ossessivo-compulsivo, vi si avvicina nella
rimuginazione e nella insicurezza associata ad una sorta di continuo bisogno di conferma, evidente
dall'attenzione estrema posta ai movimenti mimici dell'interlocutore e alla ipercompiacenza, con
estrema prontezza ad aderire agli statements dell'intervistatore. Non vi sono convincimenti di
pensiero erroneo o distorsioni della coscienza della realtà o perdite del reality test, che possano far
pensare a strutture deliranti, come abbiamo già accennato in precedenza.
A prima vista, l'attitudine ingenua del tentativo di controllo farebbe pensare ad un pensiero povero,
concreto, con qualche elemento di ottusità: in realtà questa impressione e questi rilievi iniziali
contrastano con la possibilità di cogliere elementi sottili di distacco, come un modo distante e
impersonale di riferire non solo gli eventi obbiettivamente atroci della sua vita, come non gli
appartenessero, ma in generale tutta la sua vita. Non possiamo escludere una componente istrionica,
di tecnica di teatro, di manipolazione della Selbsbewusstein, di impostazioni pseudologiche,
nell'intento, sul filo del rasoio tra la simulazione e la coscienza ganseriforme, di presentare una
angolatura di sé integro, privo di colpe a lui conosciute, ma è assai più attendibile che la condizione
sia da riferirsi ad una impostazione narcisistica, in cui prevale la realtà interna, con le sue esigenze
di costruire una immagine a se stante, svincolato da regole sociali e norme relazionali, con reali
difficoltà di comunicazione non solo emotiva ma anche linguistica: in questo senso è comprensibile
che la comunicazione, nella sua globalità, divenga povera, limitata, priva di vivacità e
dell'accompagnamento emozionale, anche se le domande specifiche e mirate svelano una specifica
competenza alla risposta, solo presente se stimolata, difficilmente autonoma, a testimoniare la
dimensione più narcisistica che istrionica della modalità di relazione. Tutto questo è certamente
alimentato da uno stile di vita fusionale e imbozzolata, immerso in un rapporto con la madre
coinvolgente e autosufficiente, impenetrabile all'esterno, aiutato dall'isolamento sociale che nel
mondo della campagna può essere obbiettivamente più spiccato e accettato.
Il sig. Stevanin è un unico figlio, sempre vissuto in una situazione apparentemente nella norma, in
un nucleo familiare composto di tre persone, una famiglia benestante e regolare di agricoltori
possidenti. Tuttavia, bisogna premettere che il mondo in cui viveva, ed ha sempre vissuto, è un
mondo che in sé contiene i germi dell'isolamento. Una grande casa di campagna, fisicamente
lontana da altre abitazioni, circondata da appezzamenti ampi di territorio, una casa grande e
dignitosa, ma abbandonata ad un certo degrado, che indica l'incuria e la distanza di tutto il nucleo
familiare da interessi relazionali, con un modello dell'Io individuale e una identificazione di ruolo
familiare incurante e trascurato: il degrado abitativo corrisponde alla modalità incongrua dei vissuti
dell'intero nucleo familiare. Tutto ciò non risulta dalla sua narrazione, che invece ruota attorno ad
uno sforzo descrittivo di presentare l'ambito casalingo e familiare come dignitosamente borghese,
attraverso una descrizione stereotipa e precostituita, che restituisce una indagine costruita e non
propriamente da lui vissuta: è un quadro di ciò ch'egli si spetta sia la norma accettabile. Va
ricordato che proprio il distacco, l'isolamento e l'autosufficienza distante, hanno conferito al sig.
Stevanin, come del resto accade di solito in questi casi, l'allure di buon ragazzo, mite, educato e
comme il faut, allure che si estendeva a tutto il nucleo familiare, a causa della impenetrabilità e dalla
intangibilità del sistema, che non era scalfito da problemi relazionali esterni né negativi, né, a dire il
vero, positivi.
In questo, il particolare mondo campagnolo, agricolo, con le sue alte possibilità di isolamento
obbiettivo e di autosufficienza, ha senza dubbio favorito tutto questo: un "country crime",
definirebbe questi delitti uno sceneggiatore di professione di telefilm americano. Una casa,
dicevamo, grande, isolata, non vecchia ma spoglia, fredda, che può ben rappresentare la casa degli
orrori.
Qui viveva dunque una famiglia considerata dagli altri "buona gente", e normale, anche se un poco
singolare. In realtà si tratta, per usare una espressione ormai classica, di una famiglia schismatic,
secondo il termine di Bateson. Il padre buon lavoratore, poco partecipe, poco coinvolto dai
problemi, che tutto ignorava e veleggiava lontano, mentre il nucleo era rappresentato dalla diade
inscindibile madre-figlio, con la madre che era, e rimane tuttora anche durante la vita carceraria del
figlio, totalmente coinvolgente, tendente ad inglobare in sé e a possedere ogni problematica del
figlio, tendente a risolvere per linee esterne ogni bisogno e incongruenza, a negare ogni esigenza
mentale del figlio, e ad operare per agire concretamente inserendo il figlio in un mondo diadico,
totalmente autosufficiente: il figlio ha fame, gli si dà da mangiare, il figlio necessita di vestiti, gli si
procurano, il figlio sporca, si pulisce (senza tener conto che lo sporco somiglia al sangue), la casa
puzza, si aprono le finestre (senza tener conto di che odore si tratta), mentre non fa nessun caso a
cosa pensa, come vive dentro, che progetti ha il figlio. Un rapporto interamente simbiotico,
fusionale, in cui esiste una mente per due, secondo il modello arcaico dell'allattamento al seno o,
ancora di più arcaicamente, del contenimento intrauterino, di un figlio adulto e mai partorito.
I dati anamnestici, che si ritrovano in un apposito paragrafo, ci mostrano come tutto ciò è stato
accentuato dal turbinio che dopo i 16 anni è stato causato dal rilevante trauma che ha portato con sé
un lungo e doloroso iter di ricoveri, di interventi, che hanno invaso l'epoca tardo-adolescenziale, e
che hanno creato o raffermato, assieme agli esiti psicorganici, come la caduta della spinta
relazionale, l'epilessia con le perturbazioni sociali che comporta, aiutato dalla terapia antipilettica,
una personalità chiusa, narcisistica, distaccata, dominata dal withdrawal. I dati della carriera
scolastica confermano questa situazione. In realtà, nulla di propriamente anomalo e psicopatologico
si è mai rilevato nell'anamnesi, dato che questa personalità è un disturbo che a malapena e
incompletamente si può situare in Asse II del DSM IV, ed il suo comportamento non ha mai
presentato, all'esterno e per quanto si potesse rilevare da parte dei circostanti, anomalie. Ed è
peraltro impossibile affermare se il trauma abbia rappresentato un cut off point tra il prima e il dopo
della personalità, perché non esiste propriamente un "prima" della personalità, appunto prima dei 16
anni, quando ancora la personalità non è sviluppata. Nulla dunque, di esteriormente
psicopatologico, e si può ben capire perché: perché in questa situazione di withdrawal, di chiusura,
di isolamento narcisistico, ed in questa grande autosufficienza collegata molto probabilmente alla
collusione materna, tutta l'attività psichica si è venuta concentrando in un mondo interno autonomo
costituito da pulsioni e fantasie erotiche che erano l'unico elemento portante della sua vita: per
questo ci sono deboli cenni di una vita sessuale integrata, con componenti affettive scarsamente
valide, relazioni evanescenti ed improbabili e non si trovano i tentativi, le frustrazioni e i successi,
gli approcci, intensamente vissuti, che nell'adolescenza e nella vita adulta caratterizzano, tra
difficoltà e soddisfazioni, la vita affettivo-sessuale.
E' evidente che da sempre, da timidi inizi nella seconda infanzia, via via consolidandosi col passare
del tempo, e anche in seguito alla diminuzione delle capacità operative relazionali in senso globale
determinate dalla condizione di isolamento, tutta la vita sessuale, ma possiamo dire tutta la vita
mentale del sig. Stevanin è ruotata intorno a queste rappresentazioni mentali anomale, prima
attraverso attività scoptofile di foto o pubblicazioni del genere e poi, col passare del tempo, intorno
a progettazioni di rituali sadici, dapprima più timide e identificative, poi sempre più consistenti e
precise: queste, aiutate dalle difficoltà relazionali e dalla incapacità metaforica, simbolica e
sublimatoria, incapacità che rendeva impossibile un rapporto con una partner che concordasse una
relazione "conveniente" e condivisa, hanno portato all'esito tragico che ben conosciamo.
Il fatto è che accanto alla sessualità, inizialmente masturbatoria, e connessa come di norma con
fantasie scoptofile, ne esisteva un'altra che si veniva sviluppando, caratterizzata da un desiderio di
imporsi, di sottomettere ed umiliare col completo possesso la partner, atteggiamento che aumentava
a dismisura l'eccitamento sessuale. Il problema consisteva nel fatto che l'incapacità di far funzionare
la fantasia, l'oggetto interno mentale, la rappresentazione e la narrativa interna, gli ha decurtato la
possibilità di vie mentali per realizzare fantasticamente queste istanze; non funzionando il
preconscio con le sue capacità di mentalizzare, di usare immagini e metafore, di narrarsi una storia
interiore, si rendeva possibile solo l'acting, o l'espressione comportamentale per mettere in funzione
e concretizzare le spinte pulsionali che per lui prendevano esistenza solo quando si realizzavano in
fatti e comportamenti.
Tutto questo trova conferma, sul piano profondo, proprio dalla relazione fusionale e simbiotica con
la madre: in questo caso l'ambivalenza era senza dubbio importantissima. La stretta fusionale
materna da un lato facilitava dall'inizio ogni cosa, e rendeva possibile l'impossibile, ma nello stesso
tempo costituiva un abbraccio mortale e soffocante che produceva la reazione arcaica di furore
distruttivo, connesso col piacere, piacere scaturente dalla vendetta e dal dolore della vittima in quel
momento quanto mai vicina a lui; il che è tipica aporia della condizione perversa. Risposta
all'abbraccio soffocante che trova una straordinaria analogia rappresentativa tramite il piacere
orgastico ottenuto, per identificazione proiettiva, dal soffocamento della partner.
Non è facile ottenere una narrazione e una comunicazione di vissuti articolati e approfonditi, dato
che tutta la presentazione del sig. Stevanin ha una qualità distaccata, fredda, lontana da sé, quasi che
ogni cosa fosse presentata come qualcosa di espresso come egli ritiene che l'interlocutore si aspetti
che sia. Ne consegue che il livello narrativo che si coglie è sempre esterno, recitante, con una allure
declamatoria e non genuina, sino ad apparire naif.
INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO
L'inquadramento diagnostico del caso presenta qualche difficoltà, non tanto in sé, ma in quanto
comporta la valutazione dell'interferenza degli esiti del trauma encefalico in anamnesi. E' intanto
evidente che non ci troviamo di fronte ad un quadro psicotico evidente e conclamato. L'integrità
sostanziale del linguaggio, la coerenza e il susseguirsi corretto delle concentrazioni associative,
l'attitudine generale globalmente adeguata, i contenuti di pensiero privi di dimensione di
convincimento palesemente erroneo, o di allontanamento della coscienza di realtà (reality test),
l'assenza di elementi dispercettivi, di automatismo mentale, di fenomeni di azione esterna, di
tendenza all'autoriferimento, di sensitività e proiettività paranoide, la presenza di una motilità
sciolta, e non bloccata, senza fenomeni di stereotipia, di palicinesia, di alterazioni posturali, e priva
di scoordinata concitazione, depongono per una assenza di fenomeni psicotici della serie
schizofrenica, dalla schizofrenia, alle forme schizoaffettive o schizofreniformi, dai disturbi
paranoidi a quelli più genericamente deliranti.
L'umore sembra adeguato alla situazione, né si rilevano nella storia clinica momenti di tipo
depressivo franco, né, tanto meno, di polarità opposta. Non c'è insonnia, né specifiche variazioni
mattino sera, nè rallentamento psicomotorio, né idee di colpa o di autoaccusa. Situazioni di nevrosi
strutturata specifica non sono osservabili: non idee fobiche, né manifestazioni comportamentali o
ideatorie di tipo anancastico; non risultano turbe delle cenestesi.
Sul piano psicorganico non vi sono rilievi da fare. La presenza di coscienza, coscienza dell'Io,
orientamento e memoria ineccepibili, l'assenza di segni focali, la mancanza di difficoltà lessicali, di
linguaggio concreto, di cenni di incoerenza, il buon livello comunicativo e della conversazione, la
mancanza di segni atimormici e disprosessici, non permettono di porre una diagnosi di disturbo
psicorganico di alcun tipo.
Altra cosa però, se si passa dai quadri clinici conclamati alle sfumature. Si può notare in questa
area, della valutazione di nuances comportamentali e relazionali, un certo grado di rilassamento e di
scucitura dei nessi logici ed emotivi più sottili, una certa perplessità espressiva ed alcuni stridori
nella connessione e nell'adeguatezza delle tonalità affettive, un certo grado di scissione tra contenuti
e modalità espressive, da riferirsi ad una struttura in parte istrionica e in parte narcisistica della
personalità.
Dato il modo in cui gli eventi criminosi sono presentati, sarebbe possibile pensare ad un disturbo
dissociativo, del tipo personalità multipla o sdoppiamento di coscienza. Ma intanto questa sindrome
è più di pertinenza della narrativa che della clinica, dato che difficilmente in clinica può essere
comprovata: e d'altra parte essa comporta una vera disappropriazione di una parte della coscienza.
Questo quadro, per poter essere avallato sul piano clinico, necessiterebbe una scissione della
coscienza, con perdita del sentimento di proprietà di una parte del campo di coscienza, con quindi
un preciso scotoma mnesico della parte disappropriata, e un "non sa la mano destra quel che fa la
mano sinistra" non come metafora ma come realtà: il Dr. Jekyll deve avere amnesia psicogena di
Mr. Hyde, senza la qual cosa siamo di fronte a comportamenti contrastanti, ma sempre con
coscienza unitaria. Occorre anche ricordare che i fenomeni di dissociazione di coscienza di questo
tipo sono accettabili clinicamente per eventi di scarsa durata e complessità organizzativa, e non per
un susseguirsi di eventi coordinati, anche se maldestramente, così articolati. Ritorneremo più avanti
su questo punto.
L'inquadramento nosologico fondamentale è qui la parafilia. L'intensa spinta pulsionale a ricercare
il piacere attraverso la triade sottomissione sessuale, umiliazione, forzatura della partner e sua
dedizione obbligata e incondizionata, che produce aumento rilevante dell'eccitamento sessuale, è
caratteristico della parafilia sadica. E' possibile qui che la parafilia abbia i caratteri particolari della
parafilia compensativa reattiva, che flotta sulla superficie dell'Io in momenti di particolare
frustrazione e inquietudine (insoddisfazioni generali, bisogno di compensazione).
Di solito queste situazioni vengono attribuite dalla teoria psicoanalitica all'antico vissuto di
aggressività ambivalente e di istanze di risarcimento per i sentimenti di abbandono materno: in
teoria si potrebbe applicare questo principio nel nostro caso, ma data l'insufficienza di dati che
potrebbero scaturire solo da una profonda relazione analitica, qui non praticabile per ovvi motivi,
non procederò oltre in questa direzione. E' però sufficiente l'esame clinico, che presenta un
indiscutibile rilievo della parafilia sadica, e che mette in chiaro l'esistenza, in questo caso, del
rituale parafilico quasi compulsivamente eseguito: è proprio infatti delle parafilie l'esecuzione di un
accurato rituale, funzionale all'eccitamento sessuale ed al piacere. In questo caso esiste una
ripetizione di rituali parafilici, ripresentatisi intermittentemente, che si sono svolti con una
"schedule": precisa e probabilmente assai simile in ogni caso, con rituali di sottomissione ed
imposizioni, iter consistenti in pratiche fotografiche, esecuzioni di pratiche sessuali sul filo del
rischio di vita delle partner che egli definisce "sesso estremo" con termine preso a prestito da una
certa letteratura, che non sempre si ferma al momento giusto ma travalica nella tragedia: nella
parafilia sadica, si sa dove si comincia ma non si sa dove si finisce. Come se egli seguisse un
manuale di istruzioni interno o possibilmente anche esterno. Il rituale, seppur approssimativo,
sadico, che comporta grande eccitazione e piacere, non può che rimanere sul piano di questo
grossolano e pericoloso acting, al livello solo comportamentale, in presenza di incapacità di
mentalizzare, e di costruire immagini interne (mentali) integrative e costitutive nel mondo
fantastico, che in qualche modo normalizzano la parafilia e rendono meno pericoloso il
comportamento trasformando l'atto in interamente o parzialmente simbolico. Non mancava nel
complesso rituale che abbiamo descritto una dimensione narcisistica, che comportava un accenno
ad una organizzazione per strutturare una sorta di trama occultante e depistante, che faceva parte e
integrava come ultimo atto la ritualità, con sue dimensioni anch'esse rituali, di occultamento e di
furtività (sostituzione di targhe, ecc.). Lo strazio e l'occultamento del cadavere è parte integrante del
rituale parafilico.
Il quadro nosologico delle Parafilie si riferisce in modo adeguato al nostro caso, visto che è
composto da fantasie, impulsi sessuali e comportamenti ricorrenti, intensamente eccitati ed eccitanti
sessualmente, che nel caso del sadismo riguardano appunto la sofferenza e/o l'umiliazione della
partner: va tenuto presente che, come è quasi la regola, fantasie e stimoli parafilici sono nel caso del
sig. Stevanin indispensabili per l'eccitazione sessuale, sono in altre parole elementi di base
indispensabili per la sessualità, e sono quindi sempre impliciti nell'attività sessuale.
La preferenza della fantasia parafilica in questo caso è di essere portata alle conseguenze estreme,
per rendere la partner, quali che fossero le condizioni di partenza, non consenziente, e per realizzare
comportamenti sessuali effettivamente lesivi per la partner stessa: questo è in gran parte legato al
fenomeno di cui più sopra si è parlato, e cioè della incapacità o rilevante inefficienza della
elaborazione fantastica, della "fiction" interiore, della costruzione di rappresentazioni simboliche e
metaforiche, in susseguenze normative che costruiscano, anche previo accordo con la partner,
situazioni soddisfacenti e non lesive o non troppo lesive.
E' prevedibile che il parafilico con capacità di costruzione fantastica e di mentalizzazione strutturi
situazioni che rendano meno specifico, più mascherato, a diversi livelli di sublimazione, lo stimolo
sessuale anomalo. Ricordiamo che il concetto di sublimazione nasce come metafora dalla chimica,
ove indica passaggio di stato saltando lo stadio intermedio: in questo caso la realizzazione della
pulsione erotica saltando l'erotizzazione propriamente, a volte produce comportamenti ad alto
valore sociale. Per esempio il sadico può fare il soccorritore e guidare una autoambulanza, o può
fare la professione chirurgica. In molti casi, queste persone possono guardare, leggere, collezionare
romanzi, o foto, o films, o, nella ipotesi più regolare, procurarsi un partner consenziente con cui
risolvere simbolicamente, attraverso simulacri (legature, finte fustigazioni, schiavitù simbolica), le
spinte sessuali. Ovviamente, i soggetti privi di partner consenziente ricorrono alle prestazioni di
prostitute, che però sono difficilmente consenzienti a pratiche anche simboliche, per l'ovvio motivo
che per un accordo di questo tipo occorre una profonda conoscenza e una notevole fiducia tra i
partners. In casi abbastanza rari si ha la realizzazione di questi vissuti e spinte sadici su vittime non
consenzienti. Ciò avviene specificamente quando si realizzano due condizioni che si sono
essenzialmente poste in convergenza nel nostro caso. Esse sono da un lato l'intensità della spinta
istintuale sadica, massima in questo caso, e dall'altro la grave incapacità di sublimare, di costruire
elementi fantastici, di creare simbolismi, a cui abbiamo fatto cenno più volte, dato l'importanza che
ha questo elemento.
Nel caso dunque del sig. Stevanin la focalizzazione parafilica implica azioni reali, non simulate, in
cui il soggetto ricava eccitazione sessuale dalla sofferenza prevalentemente fisica, ma anche
psicologica (soprattutto la sottomissione e la umiliazione) della vittima, col controllo completo della
vittima, terrorizzata soprattutto dall'anticipazione dell'attacco sadico. Nel suo caso, è la sofferenza
della vittima ad essere sessualmente eccitante in modo specifico, attraverso atti indicanti il dominio
(soffocare, ingabbiare, ecc.). Nel nostro caso, come è la regola, la gravità e la lesività dell'atto
sadico aumenta col tempo e con la ripetitività. A questa situazione, già del tutto ben delineabile
nosologicamente, in cui spinta pulsionale e impossibilità di gestirla fantasticamente agiscono in
modo così intenso sul comportamento, si aggiunge un altro elemento di grande importanza. Il sig.
Stevanin appare un individuo totalmente isolato, con difficoltà trancianti di stabilire relazioni
valide, intanto sul piano affettivo o della solidarietà o delle intese socio-affettive, o di vicinanza di
interessi, con poche possibilità di scambio di pensiero e di emozioni con gli altri: egli non è capace
di comunicare, di parlare con qualcuno, di esprimere le proprie idee e vissuti, in modo da riceverne
conferme o sconferme, e di operare confronti. Chiuso, come estraniato, vivendo in una casa isolata,
in un ambientazione non povera, non limitata in se, ma in una estraniante decadenza, tra mura,
infissi e mondi insomma, fatiscenti e strani, come arcaici e inaccessibili. I luoghi dove si
consumano i suoi tragici rapporti sessuali esprimono una freddezza ed uno squallore totale, il
contrario propriamente di ogni istanza amorosa o affettuosa. Tocchiamo qui il senso vero,
psicopatologico e psicoanalitico, del termine di perversione, al di fuori dei risvolti linguistici
correnti ed etici, nel senso propriamente della pulsione erotica, e cioè intesa verso il piacere, che
cambia di segno sottomano, al momento della realizzazione, da positivo a negativo, dell'ottenimento
del piacere dalle situazioni che creano dolore e disgusto.
In questa dimensione, il comportamento generale configura il vero withdrawal e cioè il personaggio
totalmente isolato e chiuso che si risveglia e fuoriesce dal bozzolo solo nel momento in cui si
muove a tendere verso il raggiungimento dei suoi protocolli e delle sue ritualità di piacere stravolto.
Un comportamento che mira al soddisfacimento di istanze pulsionali interiori senza tener conto
delle esigenze della realtà esterna, un mondo psichico con nessun contatto col mondo reale: la
definizione sarebbe in ciò simile all'autismo bleuleriano, non fosse per la profonda differenza legata
alla presenza, in quest'ultimo, di grandi alterazioni cognitive e di un mondo psicotico delirante e
dispercettivo che qui manca.
Due sono le ipotesi che si possono fare a spiegare questa realtà di una Karakterpanzerung, di una
corazza caratteriale così impenetrabile: intanto, che la grande, impellente e quotidiana presenza
della pulsione parafilica, riempia, in una sorta di bourrage psichico, la mente, riempiendo ogni
spazio e ponendo tutto in secondo piano rispetto ai suoi programmi e alle sequenze di progetti
sadici, rendendo impossibili relazioni, progetti diversi, e addirittura desideri e istanze che si
discostino da quella centrale; ed in secondo luogo, che esista una struttura di personalità oscillante
tra il narcisistico e l'istrionico, essendo il narcisismo evidente da una certa grandiosità del progetto
sadico, che mira ad una realizzazione di ogni aspetto delle sue spinte, con dispregio della realtà,
della vita degli altri, dei sentimenti altrui e della società e del mondo con le sue regole sociali ed
etiche, e dell'esigenza di adeguarsi, almeno un minimo a queste regole; e l'aspetto istrionico
collegato ad una sorta di belle indifference, ma privo di elementi amplificati, nella sua tecnica di
teatro e nella sua recita continua per presentare il volto di una persona anonima e senza nessuno
spicco, con anzi la generica presenza di buon ragazzo, totalmente recitato per la limitazione dei
contatti e delle relazioni sociali.
I due aspetti ovviamente arretrano, se vogliamo scendere alle dimensioni più profonde, alla sua vita
antica, che sembra svolgersi come storia di un bambino molto strettamente tenuto, ma poco
compreso, considerato e poco voluto. Siamo di fronte ad una struttura familiare inconsistente in cui
non esiste un centro di gravità: la madre, isolata, distante, con in mente elementi di accudimento
esterno, con una rilevante chiusura e ottusità rispetto alle esigenze emozionali. Il padre, buon
lavoratore e senza linee generali di impostazione verso il figlio. Il vissuto del bambino può essere
considerato del tutto simile a quello di un orfano grandioso, abituato al possesso di tutto ciò che lo
circonda e che lascia al degrado. Possiamo ben pensare che questo abbia prodotto due tipi di
risposta, da un lato un profondo risentimento per l'abbandono antico implicito nella situazione, con
un grande bisogno di risarcimento narcisistico per la grande frustrazione subita, revanche che si
esprime nella direzione presa dalla pulsione libidico-emotiva di controllo e dominio totale sulla
figura femminile, origine di ogni abbandono: il controllo sadico perinde ac cadaver ha la funzione
di realizzare il piacere a lui negato nelle esigenze infantili, con la fantasia che a questa revanche
edipica si associ la garanzia di non poter essere abbandonato per il totale controllo dell'oggetto
amato-odiato, in una ambivalenza narcisistica onnipotente. Infatti, è necessario porre in rilievo
l'altro aspetto fondamentale di questa infanzia abbandonata nell'abbondanza, per usare questo
ossimoro: questo ha determinato la caduta e la dissoluzione del superIo edipico maturo,
determinando un senso di onnipotenza narcisistica, di poter fare ogni cosa quasi impunemente, e
lasciando solo residui di un superIo arcaico, spietato, abbandonatore e che licita ogni sofferenza
inflitta agli altri per il proprio piacere, spietato e feroce.
La costruzione, a posteriori, di una serie di amnesie psicogene, come quelle che il sig. Stevanin
presenta attualmente, può essere del tutto ovvia, non necessariamente nell'ambito della simulazione,
ma anche in quello appunto narcisistico onnipotente, del meccanismo di negazione contro ciò che
non può spiegare in modo accettabile e che in qualche modo scalfirebbe l'integrità della sua
persona, e sottolineerebbe la palmare evidenza del fallimento del suo progetto. In questo senso le
amnesie psicogene non sono funzionali e integrate col quadro clinico che ha condotto ai
comportamenti sadico-distruttivi, ma sono elementi attuali, a posteriori, dell'hic et nunc, comparsi
ora per far fronte alla gravità dello scacco.
Questi atteggiamenti distruttivi possono essere considerati, nel profondo, alla luce della tragedia
Orestea, con la distruzione goduta della donna per vendetta del tradimento profondo e allo stesso
punto, col matricidio simbolico, con la negazione della espulsione materna.
Premesso che la personalità del serial killer non esiste sul piano nosologico, ma è una invenzione
letteraria e cinematografica, non v'è dubbio che la diagnosi centrale è qui quella di Parafilia, nella
specificazione del Sadismo Sessuale. La prima domanda che ci si pone è se con questo
inquadramento nosologico ci si trovi di fronte ad un comportamento non evitabile, che comporta
caduta della valutazione cognitiva della realtà, della possibilità di valutare le opportunità sociali, le
regole, e di comporle con le proprie esigenze pulsionali. Non v'è dubbio che questi comportamenti
siano intrinseci ad un certo tipo di funzionamento mentale, ed è quindi molto comprensibile e ci
induce ad una valutazione della realtà parafilica come una tragica esigenza difficile da combattere,
soprattutto se si tenga conto del retroterra dinamico che ha indotto, attraverso un iter di sviluppo
doloroso, a queste istanze così interamente anomale. Vero è che la scarsa capacità di
simbolizzazione, la nulla capacità di sublimazione, la povera possibilità di operazioni fantastiche,
non ha permesso al sig. Stevanin vie d'uscita diverse per la realizzazione compromissoria ed
accettabile del suo sadismo.
Tuttavia, il controllo degli impulsi è nelle parafilie possibile, in generale ed in questo caso,
l'esecuzione del rituale parafilico non è uno scoppio improvviso, comporta una messa in opera
precisa ed una complessa organizzazione: la coscienza dell'Io è sempre attiva, ed una serie di eventi
sfavorevoli o la presenza di altri inibirebbe questa sequenza comportamentale. E' il superIo che è
indebolito, ed è l'istanza sovracosciente di controllo che va esercitata che viene meno, istanza che
può essere sempre richiamata. Il caso di Gilles de Retz è l'estremo di questo comportamento,
forzoso ma pur sempre dedicato al piacere con la messa in secondo piano di elementi
importantissimi per la vita sociale.
Anche la struttura narcisistica della personalità, espressa da un certo livello di grandiosità
incoerente, è presente, come spesso accade in queste forme parafiliche. Una certa stolidità di fondo,
una ottusità isolata, una carenza di iniziativa, una certa perplessità, ed una certa inesattezza nel
valutare la realtà, venne riferita più che altro al withdrawal, al ritiro simil-autistico. Tutto ciò non
incide nella capacità di critica e di giudizio in generale. L'amnesia psicogena e un fatto di secondo
livello sia temporalmente che gerarchicamente, nel funzionamento psichico, e non è quindi da
tenere in considerazione.
La scissione della coscienza dell'Io va riferita alla categoria nosologica dei Disturbi Dissociativi
che, con modalità acute o di lenta insorgenza, vengono attribuite alla sconnessione, appunto allo
Spaltung, di funzioni che procedono di solito ampiamente integrate, come coscienza, memoria,
identità o percezione dell'ambiente. In questa categoria, tra le voci nosologiche possibili, si situa la
vecchia Kurtschlussreaktion, o reazione a corto circuito della psicopatologia classica, che veniva
una volta con qualche ragione usata per spiegare tipi di comportamento a coscienza scissa, con
perdita della memoria dei fatti, comportamenti in cui la coscienza doveva considerarsi più
precisamente crepuscolare, con restringimento cioè, usando la solita metafora ottica comune in
questi casi, del campo di coscienza e permanenza di un fuoco anomalo, che non poteva tener più
conto di considerazioni etiche e sociali.
Il quadro deve considerarsi legato ad una eccessiva recezione dello stimolo, da parte della
personalità, ed a un convulso tentativo di allontanare lo stimolo inaccettabile saltando e shuntando
l'elaborazione interna: insomma un corto circuito psichico. E' evidente che questo non si applica nel
nostro caso, intanto perché un quadro di questo genere non è compatibile con comportamenti
ripetitivi, elaborati, prolungati e complessi, e poi perché ha la caratteristica di comparire sotto
notevole e improvviso stress, e non come espressione di articolati programmi. A rigore il corto
circuito non rientrerebbe neppure nel Disturbo Dissociativo, in quanto le impostazioni moderne
escludono questa diagnosi ogni volta che si presenta in condizioni di stress, rendendolo diagnosi
incompatibile in presenza di Disturbo Acuto da Stress o di Disturbo Postraumatico da Stress.
Delle forme che fanno parte del quadro dissociativo, Amnesia Dissociativa, Fuga Dissociativa e
Disturbo di Depersonalizzazione, l'unico praticabile nel nostro caso sarebbe dunque il Disturbo
Dissociativo dell'Identità, caratterizzato dalla presenza di due o più distinte identità o stati di
personalità che in modo ricorrente assumono il controllo del comportamento del soggetto,
accompagnato da una incapacità di ricordare importanti notizie personali che è troppo estesa per
essere spiegata con una normale tendenza a dimenticare.
Il Disturbo Dissociativo dell'identità riflette il fallimento nella integrazione dei vari aspetti
dell'identità, della memoria e della coscienza. Ognuno degli stati di personalità può essere vissuto
come se avesse storia personale, immagine di sé e identità distinte, compreso un nome separato. Di
solito vi è una identità primaria che porta il nome ufficiale del soggetto, e che risulta passiva,
dipendente, tendente ai sentimenti di colpevolezza e alla depressione. Le identità alternative
frequentemente hanno nomi diversi e caratteristiche che contrastano con l'identità primaria (per es.
sono ostili, "dirigenziali", e auto-distruttive). Identità particolari possono emergere in circostanze
specifiche e possono differire nell'età e nel genere riferiti, nel vocabolario, nelle conoscenze
generali o negli affetti predominanti. Il vissuto è che le identità alternative assumono il controllo in
sequenza, una a scapito dell'altra, e possono negare la conoscenza reciproca, criticarsi l'una l'altra, o
apparire in aperto conflitto. Talvolta, una o più identità più potenti regolano e assegnano il tempo
alle altre. Le identità aggressive o ostili possono talora interrompere le attività delle altre o metterle
in situazioni disagevoli.
I soggetti con questo disturbo presentano frequentemente lacune mnesiche a proposito della loro
storia personale, sia remota, che recente. L'amnesia è frequentemente asimmetrica. Le identità più
passive tendono ad avere ricordi più poveri, mentre quelle più ostili, "dirigenziali", o "protettive"
hanno ricordi più completi. Una identità che non ha funzioni di controllo può tuttavia avere accesso
alla coscienza attraverso la produzione di allucinazioni uditive o visive (per es. una voce che dà
istruzioni). La dimostrazione dell'amnesia può essere raggiunta attraverso le indicazioni di altre
persone che sono state testimoni di comportamenti che il soggetto rinnega, oppure attraverso le
"scoperte" dell'individuo stesso (per es. il fatto di trovare in casa capi di abbigliamento che il
soggetto non ricorda di avere comprato). Può esserci non solamente perdita di memoria per periodi
di tempo ricorrenti, ma anche una perdita globale di memoria biografica per qualche esteso periodo
della fanciullezza. Le transizioni da una identità all'altra sono spesso scatenate da fattori psicosociali stressanti.
Come si diceva, è probabile che l'aumento di diagnosi di questo tipo sia dovuta ad una eccessiva
influenza dell'attenzione posta a questi casi, soprattutto negli Stati Uniti, dalla narrativa fiction e dal
cinema, tanto che è probabile che la sindrome sia stata altamente sovra-diagnosticata in soggetti
suggestionabili.
Nel nostro caso tuttavia, la eccessiva ripetitività, la grande precisione e strutturazione del
comportamento, la funzionalità delle sequenze psicomotorie, l'integrazione di tutte le attività in una
personalità ben unitaria, fanno escludere un quadro di questo genere. Rimane a suo sostegno solo
l'amnesia specifica dei comportamenti, che è però a posteriori e dissimulatoria, o, se proprio la si
vuole inserire in disturbi funzionali della memoria e della coscienza dell'Io, meglio riferibile a
manifestazioni di conversione del tipo Ganseriano, anche se, come detto, non v'è qui cenno a turbe
del tipo Vorbeireden, o di valutazione della realtà past the point, o di aspetti pseudo demenziali nel
senso di Wernicke.
Ci si può domandare se un quadro psicorganico può rappresentare la base di un disturbo
dissociativo di questo genere: indubbiamente si pone il problema dei sintomi dissociativi dovuti a
epilessia parziale complessa, per quanto i due disturbi possano concomitare. Gli episodi epilettici
sono di solito brevi (da 30 secondi a 5 minuti), e non comportano le strutture di identità complesse e
persistenti e i comportamenti che si ritrovano tipicamente nel Disturbo Dissociativo dell'Identità.
Rimane il problema se un quadro di tipo frontale, o di perdita di sostanza cerebrale, possano portare
a condizioni di questo genere: di questo si parlerà in un apposito paragrafo, ma occorre ricordare
che in genere questi quadri portano ad un atteggiamento atimormico o per contrario eccitato e con
comportamento spesso sì trasgressivo, ma caotico, inconcludente, del tutto sconnesso con la realtà
esterna, apogrammatico, non teso a finalità elaborate e complesse, con componenti a tipo black out
mnesici sparsi.
Non v'è dubbio dunque sull'esistenza della parafilia sadica, con tratti narcisistici, in sé non in grado
di scemare la capacità di intendere e di volere.
Il problema dunque è solo uno: data l'esistenza di una lesione neurologica, definita con precisione, è
questa lesione tale da portare nella parafilia una componente di incapacità di controllare la pulsione
parafilica, e di renderla totalmente travolgente, tale da aver annullato la possibilità di tenerla a freno
e di considerare i fattori circostanti sociali e personali? In altre parole, ha ridotto la coscienza
dell'Io, o ha determinato un restringimento di coscienza, tale che la spinta parafilica è rimasta il solo
contenuto mentale esistente?
In definitiva ci si domanda se la lesione organica possa agire sull'elemento parafilico fino ad
alterare la possibilità di valutare la situazione e darsi uno stop.
In realtà la sindrome frontale, che è stata invocata in questo caso, non sembra propriamente
presente. E' caratterizzata talora da forte disinibizione (lo dimostrano l'attività masturbatoria nei
pazienti lobotomizzati), associata a ottusità e grossolana incapacità di pianificazione e
progettazione, da atimormia e apatia, o da euforia stolida (moria, calembours, Witzelsacht), ma
sempre immersa in una incapacità di valutazione più globale e decadenziale. In questo caso la
sequenza programmatoria, le capacità cognitive, la tensione emotiva sono sempre state presenti ed
estremamente attive.
Né sembra possibile parlare di sindrome limbica o ippocampale, che in ogni caso determina
comportamenti disinibiti ma scoordinati e a valanga.
Non appare possibile attribuire ad una lesione psicorganica, che qui sarebbe asintomatica, lo
scatenamento incontrollabile di una parafilia sadica svolta invece con complessi e strutturati rituali,
con sequenze organizzate e ordinate, e con attitudini ripetitive.
In sintesi non vi è dubbio che esiste una Parafilia, e precisamente un Sadismo Sessuale, associata a
personalità dai tratti narcisistici, del tutto indipendente dalla lesione cerebrale postraumatica. Esiste
una lesione cerebrale ma non vi è nessun motivo clinico di affermare che esista e sia esistita una
condizione psicorganica tale da alterare il controllo delle pulsioni o la coscienza dell'Io, rendendo
impossibile il contenimento delle istanze parafiliche.
Nessun esame strumentale può dimostrarlo, e una ingenuità rappresenta il tentativo di "dimostrare
con tests", o con enunciazioni teoriche neuroscientifiche sul funzionamento di controllo del sistema
nervoso centrale che non hanno riscontro né in quadri clinici riconosciuti né nel caso clinico
specifico del sig. Stevanin. Il concetto diagnostico di discontrollo da sindrome frontale deriva qui
con modalità self-assertive a partire dai fatti di cui questo processo discute: non tiene conto che il
sadismo sessuale, da solo, senza interventi di turbe psicorganiche, può condurre agli stessi fatti, in
maniera coordinata e strutturata, mentre i comportamenti psicorganici sono imprecisi, scoordinati e
caotici. Occorre guardarsi dall'applicare un modello scientifico atto a spiegare comportamenti
semplici per render ragione di comportamenti complessi ad alto livello di organizzazione.
Affermare che le connessioni dell'area mesiale e fronto basale (che la risonanza magnetica danno
come danneggiate) da un lato con la neocorteccia e dall'altro con l'amigdala o con l'ippocampo ne
fanno un'interfaccia fra le aree cerebrali principalmente dedicate alla vita di relazione e quelle
deputate alla sfera emotivo istintiva, sicchè una loro lesione può compromettere quei meccanismi
inibitori che normalmente scattano alla visione del dolore altrui, è un pregevole modello teorico di
mappatura cerebrale e un esempio classico di semplicismo e riduzionismo meccanicistico, che ha
poco riscontro nella realtà clinica, tanto meno nella realtà clinica di un comportamento così
complesso e così integrato, e rimane come modello teorico, anzi come experience distant theory,
teoria generale, su cui basare una incapacità di intendere e volere sarebbe quanto meno imprudente.
Tanto più che questo preciso meccanismo si metterebbe in funzione nello Stevanin solo quando i
meccanismi rituali e cerimoniali del sadismo si attivano, e non in altre condizioni di vita. Non per
esempio quando mette in moto la complessa e accurata ricerca e programmazione dell'elaborata
serie di comportamenti, ma solo nel momento in cui uccide la vittima, che invece non è che un
momento ovvio e conseguente di tutto l'iter.
La realtà di questa contraddizione ha condotto qualche precedente perito ad una curiosa separazione
tra delitti con incapacità e susseguenti delitti con capacità, che si alternano l'un l'altro con una
singolare bipolarità della capacità di intendere e di volere. Ogni volta, il sig. Stevanin inizierebbe
imputabile e finirebbe non imputabile. Ne deriva una immagine di una persona costruita come un
vestito di Arlecchino, fatto di diversi pezzi, con un giudizio critico diverso in situazioni
fondamentalmente con lo stesso denominatore comune. Ciò sulla base di una forzosa neurologia
clinica che non ha riscontro nel paziente né sufficiente riscontro nella clinica, e che dà per scontato
cose nella clinica non esistenti.
Nella realtà, il sig. Stevanin è una persona tragicamente, sinistramente unitaria. Egli porta, con una
pianificazione precisa, attraverso rituali e cerimoniali ripetitivi, la sua istanza, la pressione delle sue
pulsioni, insiste nella sua Parafilia sadica, verso la realizzazione del piacere, attraverso la sofferenza
dell'oggetto amato, per portarlo oltre, sempre con produzione di piacere, alla distruzione
manipolatoria dell'oggetto ormai reso totalmente inerte.
Non possiamo che comprendere, il che significa renderci conto del perché e riconoscere in questa
ricerca sinistra di realizzare le pulsioni una tragedia, che abbiamo definita Orestea, e che risale alle
sofferenze del suo iter di sviluppo. Comprendiamo che il suo operare è legato strettamente al suo
funzionamento mentale. Ma dobbiamo dire che in nessun momento gli è mancata, per motivi
psichiatrici o neurologici, la possibilità di percepire e valutare le regole sociali, le esigenze degli
altri, e quindi la sua indubbia psicopatologia non gli ha mai impedito di scegliere tra un
comportamento o l'altro, o di trattenersi del realizzare una pulsione anomala.
Se non si può escludere che la lesione organica abbia provocato un abbassamento del rendimento
emotivo e relazionale globale con la realtà esterna, è però improbabile che abbia provocato il
withdrawal e la prevalenza di un tipo di relazione, improntato più che a difficoltà operative mentali,
a chiusura e a modo di rapportarsi introverso o simil-autistico, con la prevalenza del binomio
impulsi e rappresentazioni mentali da un lato, e acting comportamentale dall'altro. Tanto meno si
possono individuare, all'interno di queste situazioni, momenti di scatenamento di una condizione
mentale caratterizzata da perdita di controllo dell'Io, fuori di una precisa progettazione che
comprendeva in realtà anche l'atto omicida, e perdita del sentimento di proprietà dei propri atti di
conoscenza, isolata e specifica nel senso di legata a particolari momenti di elicitazione libidica o di
stati libidico-emotivi particolari.
Tutto ciò che è accaduto è costituito non da singoli fatti isolati e autonomi, ma da un vero e proprio
stile di vita, il che è caratteristica della struttura sadica, anche di forme più lievi di questa, che in
realtà imposta e organizza tutta la vita in funzione della progettazione, della pianificazione e
dell'organizzazione della realizzazione e della messa in scena delle esigenze sessuali anomale, come
se tutta la vita fosse diretta a realizzare sceneggiature scritte nella mente, ed a porle in atto. Il sig.
Stevanin, in realtà, da anni non pensava che a questo, a come mettere nella realtà i suoi desideri.