GLI ANNI DI PIOMBO (1970-80)
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GLI ANNI DI PIOMBO (1970-80)
GLI ANNI DI PIOMBO (1970-80) CONTESTO STORICO: Le tensioni politiche fra destra e sinistra sfociano in questi anni in un periodo di terrorismo e di attentati che creano una “strategia della tensione”. Le stragi firmate dalla destra sono a largo raggio e fanno più vittime perchè colpiscono luoghi pubblici, come banche (la strage alla banca dell’agricoltura in piazza Fontana a Milano nel 1969), piazze (la strage di piazza della Loggia a Brescia nel 1974) e stazioni ferroviarie (la strage di Bologna nel 1980). La strage di piazza Fontana ebbe lunghi strascichi. Fece 17 morti e 87 feriti in quel 12 dicembre. Nei giorni successivi fu arrestato l’anarchico Giuseppe Pinelli che durante l’interrogatorio, volò inspiegabilmente dalla finestra del quarto piano della questura. Il commissario Luigi Calabresi che lo aveva arrestato viene ucciso da Lotta Continua nel 1972. I terroristi di sinistra invece, le Brigate Rosse, prendono di mira uomini politici, uomini-chiave, come il capo della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, rapito e ucciso nel 1978. È un periodo buio della storia d’Italia chiamato anche “anni di piombo” per il colore cupo del clima politico e per il piombo delle armi da fuoco. LA NOSTRA CANZONE: “Agosto” è la canzone che Claudio Lolli dedica alla strage del treno Italicus, che viene fatto esplodere con una bomba lungo le gallerie dell’Appennino, uccidendo 12 persone, nel 1974. La canzone è quasi dimenticata. Canta quei terribili anni denunciando le “stragi di stato” (stragi che puntano a destabilizzare l’ordine nazionale e che non escludono complicità segrete interne allo stato stesso). Le disperate note ripetono la notizia “un treno è saltato”, mentre il ritmo sincopato e l’asindeto, suggeriscono l’impressione del fiato corto e della paura degli italiani in quegli anni. Versione consigliata: https://www.youtube.com/watch?v=ln14paI3xbU Agosto August Agosto. Improvviso si sente un odore di brace. Qualcosa che brucia nel sangue e non ti lascia in pace, un pugno di rabbia che ha il suono tremendo di un vecchio boato: qualcosa che crolla, che esplode, qualcosa che urla, un treno è saltato. August. Suddenly you hear a smell of embers. Smething is burning in the blood And does not leave you alone A raging punch with the tremendous sound of an ancient booming sound; somthing crumbling, exploding something screaming a train has blown up. Agosto. Che caldo, che fumo, che odore di brace. Non ci vuole molto a capire che è stata una strage, non ci vuole molto a capire che niente, niente è cambiato da quel quarto piano in questura, da quella finestra Un treno è saltato. Agosto. Si muore di caldo e di sudore. Si muore ancora di guerra non certo d'amore, si muore di bombe, si muore di stragi più o meno di Stato, si muore, si crolla, si esplode, si piange, si urla. Un treno è saltato. August, how hot, what smoke What a smell of embers. It’s not hard to understand That it was a massacre, it’s not hard to understand that nothing has changed from that fourth story at the Police station from than window, a train has blown up. August. We are dying of heat And sweat. We are still dying of war Certainly not of love, we are dying for bombs, we are dying in massacres more or less directed to and by the state. We are dying, we are crumbling, we are exploding We are crying, we are screaming. A train has blown up. La cronaca della strage Due agenti di polizia intervenuti sul posto commentano così la scena della strage: «Improvvisamente il tunnel da cui doveva sbucare il treno si è illuminato a giorno, la montagna ha tremato, poi è arrivato un boato assordante. Il convoglio, per forza di inerzia, è arrivato fin davanti a noi. Le fiamme erano altissime e abbaglianti. Nella vettura incendiata c’era gente che si muoveva. Vedevamo le loro sagome e le loro espressioni terrorizzate, ma non potevamo fare niente poiché le lamiere esterne erano incandescenti...». L’ingresso della Grande Galleria dell’Appennino poco dopo l’esplosione. (Archivio Rcs) Il 5 agosto 1974 viene rinvenuto in una cabina telefonica a Bologna un volantino di rivendicazione dell’attentato a firma Ordine Nero nel quale si legge: «Abbiamo voluto dimostrare alla nazione che siamo in grado di mettere le bombe dove vogliamo, in qualsiasi ora, in qualsiasi luogo, dove e come ci pare [...]». (Archivio Rcs) Dall’articolo di Antonella Beccaria. “Strage Italicus, 40 anni dopo. Storia del ferroviere morto per salvare passeggeri.” Il fatto quotidiano. 4 agosto 2014. Chi se lo ricorda il nome di Silver Sirotti? In pochi, probabilmente, e non era un eroe, almeno non nel senso che in genere si attribuisce a un termine del genere. Eppure Silver, 25 anni e da dieci mesi impiegato nelle Ferrovie dello Stato con varie mansioni, il 4 agosto 1974, all’1 e 47 minuti del mattino, era sul treno Italicus per un caso, perché da controllore – mansione che svolgeva in quel periodo – doveva sostituire un collega, in attesa di prendere servizio di lì a poco alla stazione di Faenza, dove si sarebbe occupato della biglietteria. Ma quel giorno, a quell’ora, una bomba devastò la quinta carrozza del convoglio ferroviario partito da Roma alla volta del Brennero. L’ordigno, a base di termite, miscela incendiaria che raggiunge il punto di fusione dell’acciaio, esplose dentro la galleria della Direttissima, nel comune di San Benedetto Val di Sambro, verso Bologna. E oltre alle dodici vittime che costituiscono il bilancio ufficiale della strage dell’Italicus, altre ce ne sarebbero state se il macchinista non avesse fatto scivolare il treno fuori dal lunghissimo tunnel, oltre 18 chilometri. E se Silver, finito nella conta dei morti, non avesse rinunciato a mettersi in salvo. Invece tornò indietro, in mezzo alle fiamme, afferrando un estintore e tentando di portar fuori chi ancora poteva essere vivo. Per risalire sul treno il ragazzo aveva dovuto addirittura divincolarsi dal placcaggio di un passeggero incolume, che ne aveva intuito le intenzioni e aveva provato a strapparlo a morte sicura. A quel punto, liberatosi, Silver si lanciò verso la quinta carrozza e nessuno lo rivive più vivo. Quarant’anni esatti dopo a raccontare questi fatti è il fratello del giovane ferroviere, Franco Sirotti, che oggi lavora alla stazione di Bologna. Le vittime nel luogo della strage