IL SOSTRATO MEDIOEVALE NEL BAROCCO

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IL SOSTRATO MEDIOEVALE NEL BAROCCO
IL SOSTRATO MEDIOEVALE
NEL BAROCCO LECCESE
(conti,' nazione}
CAP. IV
RINASCIMENTO POLITICO
Se le manifestazioni della vita politica sono il segno di tutto un
travaglio, che investe ben più vaste attività dello spirito, pur senza
ammettere che generano da sole i fatti culturali, dobbiamo dire, dopo
un esame rapidissimo, che mancò in Puglia e Terra d'Otranto l'aspetto
politico del Rinascimento.
Mentre intorno al 300 in ogni regione d'Italia s'assiste allo spopolamento delle campagne, alla crisi del feudalesimo e delle sue istituzioni, ed alla nascita dei liberi comuni, non avvenne qui la stessa cosa :
non potevano ancora nascere i Comuni.
Il feudalesimo aveva origini più radicate, la prepotenza dei Signori
era più ostinata, e trovava nel popolo, in cui la tradizione all'asservimento ed all'ubbidienza era profondamente e quasi religiosamente sentita, le condizioni idonee per sopravvivere. Mentre altrove sorgevano i
Broletti o palazzi della Ragione o del Comune, libera interpretazione
gotica dei nuovi valori scoperti nella vita, nell'uomo e nella natura,
in terra d'Otranto continuavano a sorgere castelli o palazzi feudali, e
si continuarono a costruire fino a tutto il 600 ed oltre : ne sono esempi
Insigni quello di Galugano, di Pisignano, di Campi Salentina, di Corigliano d'Otranto, ecc.
L'assenza completa dei liberi comuni e di tutto ciò che comportava il loro fiorire, può indicare che era mancato l'aspetto politico
dell'umanesimo, il sostrato umano del Rinascimento, e con essi
erano mancate le pure aspirazioni ideali da cui, altrove, essi erano
stati generati. La spinta a redimersi dalla servitù della terra, che tra
l'altro è avara ed assetata, non si era sentita. Non si avvertiva il desiderio della libertà reale e politica, forse perché gli animi erano paghi
di altre forme di libertà puramente ideali. Che, anzi, le condizioni di
miseria, ,di depressione e di ignoranza, oltre al tradizionale senso di
inferiorità verso il padrone, signore delle terre, avevano accresciuto i
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Nardò - Chiesa di S. Domenico (particolare del prospetto)
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Squinzano - Campanile della Chiesa Madre
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diritti feudali, sentiti con un rispetto senza confronti ed una dedizione
senza limiti.
Il mancato sorgere dei liberi comuni non è un fatto da sottovalutare, se non ci limitiamo a considerarli come puri fatti esterni, ma
teniamo conto di tutto il travaglio che portò alla loro formazione alle
profonde riforme che ne derivarono.
Essi significavano il taglio netto col feudalesimo e quindi con tutto
il bagaglio morale, culturale, estetico, che lo avevano caratterizzato;
significavano la conquista dell'uomo reso a se stesso libero dalla servitù e dal blocco della vita, dalla società chiusa e dall'economia curtense, e l'apertura di forme nuove, fondate sul culto e sul concetto alto
di libertà, di indipendenza, di nuova economia, di nuove forme di
-lavoro e di scambi.
Se tutto ciò è un difetto, se la nostra storia deve segnare il passo
nella trattazione dei fatti di quegli anni, si deve però stare molto attenti alle esagerazioni : inquadrata nella restante compagine dei fatti storici, la mancanza di un umanesimo è un vuoto, ma se si guarda dal
di dentro, si scopre che, sotto quell'apparente inerzia, continuava ad
operare, sia pure come ricordo, lo spirito del grande passato, acquietando le esigenze culturali e fantastiche del popolo salentino.
Se si dice che era mancato l'umanesimo ed il Rinascimento, non
si vuoi dire certamente che le cose continuarono ad essere sempre le
stesse, che si continuava a vivere come prima del Mille, che le nuove
esigenze vitali non furono avvertite, ma esse, quasi smorzate dallo spirito locale, legato alle tradizioni, non ebbero la forza di rovesciare i
valori tradizionali, rimasero come pallide aspirazioni, utopie di alcuni
o di molti, ben presto soffocate dalla dura realtà di un popolo, che,
felino in altri ideali, non avvertiva il fascino dei nuovi, vinto anche
dalla necessità quotidiana che lo legava alla terra come alla stessa vita
e quindi a coloro che erano l'espressione ed il simbolo di quella terra :
i Padroni.
Il processo storico di conquiste e di superamento avanzava lentamente; saldamente ancorati al passato, i valori culturali non subivano scosse profonde; quelli politici rimanevano intatti; quelli religiosi si imponevano col fascino del mistero, con l'attrattiva sensuale
del rito pagano, sia pure reinterpretato in chiave cristiana, con l'autorità del prete, che, se non era lui il padrone delle terre, era almeno
il confessore ed il confidente del padrone e quindi ne spartiva il potere
presso il popolo, che vedeva in lui accomunate le due sole cose nelle
quali credeva in questo mondo: il padrone e Dio.
Nella maggior parte dei casi il prete era anche il « compare » ed
acquistava così un fascino nuovo derivante dal rito battesimale e rinsaldato dal legame del « San Giovanni ».
Sopratutto per questo mancò anche il filone politico, da cui tante
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Veglie - Altare Chiesa Madre
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buone, nuove, cose si potevano attendere, che tagliasse col passato;
che anzi, sotto questo riguardo, tutto rimaneva fermo e magari si sospiravano ancora i bei tempi di Federico TI, principe illuminato, o sì
sognavano i lampi di gloria ed i guizzi di libertà, che avevano portato
alla g uerra del Vespro.
CAP. V
LE MAESTRANZE
Solo poche grandi opere del Barocco leccese recano la firma e
quindi l'impronta di maestri di una certa importanza, quali ad esempio Cino da Lecce, Ambrogio Martinelli o altri; le restanti opere, numerosissime, sono anonime o firmate in parte da sconosciuti, capomastri,
che erano anche imprenditori e talora progettisti, ignoti nella storia
dell'arte.
Dunque, una così vasta fioritura di opere barocche se non può dirsi
anonima è, comunque, frutto di maestranze locali guidate da un capomastro, che spesso era anche scalpellino, i cui membri componenti
spesso erano parenti : fratelli o cognati. Per certe opere mancava addirittura un dise gno o un progetto preventivo; per molte altre tutto si
riduceva ad un rapido, celerissimo schizzo delle parti statiche e strutturali, mentre quelle ornamentali si lasciavano alla spontanea creazione
fantastica degli scalpellini, che talora concepivano ed eseguivano i
disegni di volta in volta e spesso eseguivano un pezzo indipendentemente dal pezzo corrispondente nella parte opposta della costruzione,
che spesso era eseguita da altro scalpellino, il quale interpretava a modo suo l'abbozzo originario.
Dunque, siamo di fronte ad una produzione spontanea, primitiva,
originale e nuova. Sono maestranze prive di cultura nel senso comune
di scuola e prive di una tradizione artistica se non fosse quella dei
ritrovati tecnici e delle regole del mestiere.
Maestranze in cui il mestiere era sentito come un privilegio dì
casta, in cui la scaltrezza tecnica si tramandava di padre in figlio con
la gelosia delle scoperte personali, con la solennità di un rito religioso
e con un frasario ed un vocabolario personali. Talora questa cieca
fedeltà alle forme domestiche dell'arte si traduceva in ristrettezza di
idee, per cui, oltre alla tecnica, si tramandava anche lo stile, gli schemi
le forme compositive: si imitavano gli stessi modelli, si eseguivano
nello stesso modo e con le stesse dimensioni, non si aveva, insomma,
;'occhio aperto alla vita ed alla realtà circostanti per là fedeltà alle
forme tradizionali. Altre volte invece questi artisti - artigiani avevano
propri artisti di genio per la
idee nuove e fresche, erano dei veri
spontaneità delle immagini e per la freschezza fantastica; in questa
e
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LA ZAGAGLIA
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Veglie - Chiesa del Cimitero II altare
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maniera venivano a fondersi, senza sforzo, naturalmente, le forme tradizionali con quelle nuove e spontanee perché tutto avveniva nell'ambiente chiuso di alcune famiglie.
Da esse uscivano i capomastri imprenditori, che spesso erano i
figli primogeniti, che subentravano al padre quando la vecchiaia o la
malattia impediva a quest'ultimo di essere il capo dell'impresa, e da
esse nascevano anche gli scalpellini cui erano affidate le parti ornamentali.
L'attaccamento alla tradizione, già forte nella gente meridionale,
diventa più saldo in questi artigiani, nei quali si confonde con l'attaccamento all'arte ed alla tecnica; íl legame tra modo di sentire e modo
di esprimersi, tra forme iconografiche e tecnica dell'espressione, tra
ideali estetici e mezzi tecnici, è profondo e quasi indissolubile : è un
rito sacro dal quale è sacrilegio allontanarsi.
Siamo così innanzi ad un blocco massiccio che raccoglie e fonde
affetti domestici, sentimenti religiosi, legami culturali, perizia tecnica
e capacità artistica, tutto fuso nell'attaccamento alla tradizione, che
però lascia aperto il varco alle creazioni fantastiche e, nei più provveduti, allo spirito di osservazione ed all'imitazione di forme nuove,
che, a poco a poco, si lasciavano entrare e diventavano linguaggio collettivo.
Gli scalpellini cercavano ispirazione un po' nella tradizione domestica, un po' negli esempi dei monumenti insigni, che avevano a portata
di mano. Qui le due tendenze si fondevano perché la tradizione familiare, risalente agli avi, ed i monumenti, che avevano avanti agli occhi,
avevano le stesse radici : erano quelli del romanico pugliese che parlavano agli occhi ed all'anima dei nipoti del '600, che non potevano
ignorare il linguaggio di Cerrate, della Cattedrale di Otranto, e di tutti
gli altri monumenti, grandi e piccoli, che il medioevo ci aveva tramandati. Ecco perché le formule iconografiche dei « bestiari » medioevali da
Cerrate passano all'Annunziata di Squinzano, a San Domenico di Nardò,
a Santa Croce di Lecce, anche se in essa si fondono con più colti ed
evoluti motivi araldici ed ornamentali. Grondaie zoomorfe, capitelli
allegorici, festoni ornamentali, si ritrovano uguali nel 200 e nel 600
leccese.
CAP. VI
GLI ALTRI ASPETTI DELL'UMANESIMO E DEL RINASCIMENTO
Il fatto che mancò in Terra d'Otranto il fiorire dei liberi comuni
è l'indice più evidente dell'assenza dell'aspetto politico del Rinascimento, elemento d'un più profondo sostrato umano sui cui poteva
fiorire la nuova civiltà.
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Qualunque ne sia stata la ragione, è certo che in Terra d'Otranto
il Rinascimento ebbe solo sparute apparizioni. Se non diventò fenomeno popolare non è certo solo per il carattere eletto, tipico di questa
civiltà, per cui i suoi maggiori assertori si chiusero spesso nella famosa
loro torre di avorio, avulsi dalla realtà e spesso dai contatti del mondo.
Questo carattere non impedì, infatti, che in molte altre regioni d'Italia
centro - settentrionale gli aspetti morali dell'Umanesimo e del Rinascimento diventassero linguaggio comune e giornaliero. Se l'aspetto letterario rimase dominio di cerchie elette, tutti gli altri molteplici caratteri di questa complessa civiltà fecero sentire i loro influssi su ogni
aspetto della realtà la quale era così complessa che i campi che essa
interessava ed evolveva impegnavano tutta la realtà dalla moda al
costume, dalla religione alla politica, alle lettere, alla filosofia, all'arte.
La Terra d'Otranto non poteva cogliere l'aspetto religioso del Rinascimento : il verbo di Francesco d'Assisi, che aveva annunziato la
perfetta letizia e 'l'amore per le creature come mezzo di ascesa al
Creatore, era remoto da noi; qui non poteva essere inteso : quindi
mancarono tutte le buone conseguenze morali di questa nuova impostazione del Divino e della sua ricerca. Il colloquio diretto dell'anima
col suo Dio, nel quale cerca conforto, fede e fiducia, non poteva essere
stabilito dal nostro popolo in cui la religione era ancora un misto di
formule rituali, di fattucchieria, di libertà fantastica, di ossequio alla
autorità terrena rappresentante quella celeste, di fervido, talora testardo attaccamento alla tradizione. Si adora e venera lo stesso Dio,
che fu dei Padri, ma lo si fa con le stesse formule e le stesse parole
che usarono i Padri. Ad accrescere quest'attaccamento o quest'immutabilità di lingua g gio e quindi di sentimento, contribuivano in modo
particolare gli ordini religiosi e monastici, diffusissimi da queste parti,
insieme con le confraternite e le consorterie religiose, protetti dai padroni terrieri e, a loro volta, loro protettori, che avevano tutto l'interesse di conservare i privilegi medioevali. Uno studio a parte merita,
sotto questo riguardo, l'influenza dei Basiliani, la cui regola, particolarmente popolare ed elastica con un carattere quasi rusticano, era
più accessibile alla mentalità del popolo, e, quindi, .questi monaci si
confondevano più facilmente con esso, amalgamandolo e mantenendo
vivo ín mezzo ad esso il sapore leggendario e fantastico della religione,
con la narrazione di miracoli strabilianti, di fatti prodigiosi avvenuti
in circostanze irreali e fantastiche e con l'esempio della loro vita condotta in maniera tutta particolare rispetto agli altri ordini monastici.
Anche l'aspetto letterario del Rinascimento doveva necessariamente
mancare, se esso presupponeva: cultura, spirito critico, ricerca filologica, erudizione e se qui imperava la tradizione, il principio di autorità
i ndiscuti bile, l'analfabetismo.
E con esso e per la stessa ragione mancò l'elemento speculativo,
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Nardò - Altare della Chiesa dell'Immacolata
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soprattutto per il carattere tipico del nostro popolo, propenso alla forza
fantastica più che al vigore del pensiero, all'onda del sentimento più
che alla riflessione, all'accettazione più che alla critica. Concludendo :
nel bagaglio medioevale e nei suoi aspetti più saldi : religioso, speculativo, politico, letterario, che era un fatto imposto ed accettato senza
discussione, acquisito da tutti e saldamente ancorato alle radici profonde del culto per la tradizione, non trovò la civiltà nuova del 400
e del 500 il terreno idoneo per attecchire e fiorire.
Non trovò l'ambiente idoneo, anzi fu sentito con avversione ed antipatia e rimase così fenomeno isolato. Non per questo mancò la cultura, il gusto ed il sapere, ma gli aspetti più saldi della cultura e del
gusto continuarono ad essere quelli secondo cui la scuola poetica siciliana provenzaleggiante aveva cantato le sue donne, i suoi amori e le
sue avventure, ed il Romanico pugliese aveva edificato le sue cattedrali.
Ad accrescere il distacco tra le due forme di civiltà interveniva una
ragione quasi fisiologica e d'ordine naturale. Se traduciamo gli aspetti
essenziali dell'Umanesimo e del Rinascimento, specialmente quelli
esterni e figurativi, che impegnano maggiormente e diventano spontaneamente di pubblico dominio, come ad esempio : la perfetta scanzione
degli spazi, l'austerità e la misura decorativa, l'elezione del linguaggio, l'euritmia delle forme, ecc. in linguaggio affettivo, sì che parli al
cuore ed alla fantasia più che agli occhi, con tutto il rispetto che nutriamo per quelle fanne e quella civiltà, dobbiamo però ammettere che
esse sono fredde. Compostezza, equilibrio, misura, sono freddezza : l'anima leccese, calda di fantasia accesa, non poteva commuoversi per
quelle foime, che anzi le avvertiva lontane e distaccate da sé. Perciò
ne avversò la diffusione e lo sviluppo, preferendo ad esse quelle spontanee e primitive, ma possenti e fantastiche del Romanico pugliese, che
continuarono ad essere sempre presenti e sottintese anche in piena
civiltà barocca.
CAP. VII
ORIGINE DEL BAROCCO A LECCE
Per quanto saldo, il principio di autorità e l'attaccamento alla tradizione, permettevano però qualche allontanamento e qualche infiltrazione dall'esterno.
Gli anni passavano e portavano qualcosa: la Riforma prima e la
Controriforma poi scossero dalla base l'aspetto tradizionale dei problemi religiosi, per insegnare l'uso di termini nuovi e nuovi concetti.
Qualcosa accadeva anche nel campo politico; se pure slitto si riduceva ad un cambio di guardia; se Spagnoli si alternavano a Francesi,
certo non tutto rimaneva fermo.
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Altrove il 500, piegandosi su se stesso, dava la poesia del Tasso e
quindi la dimostrazione di un dolore manifesto, di un'ansia mal repressa, di una insoddisfazione opprimente: ricercava ideali nuovi, forme
diverse, realtà prima ignorate, nel sospiro di un nuovo dialogo con
Dio, e quindi di una religiosità nuova. Si rompe il legame col vecchio,
col classico, con l'equilibrato, cioè con ciò che allo spirito leccese era
parso estremamente freddo. Al classico subentra l'anticlassico, al cerchio l'ellisse, alla colonna dorica, ionica o corinzia, la tortile, animata,
viva, realtà rutilante in un turbinio che va dalla Terra al cielo, dall'uomo al Divino, cui tende con ogni sforzo.
Si parla un nuovo linguaggio, più libero, più vivo, più fantastico,
più caldo, nella sua stessa sostanza più comunicativo all'anima del
popolo leccese, da cui fu assimilato divenendo, lentamente, fenomeno
democratico e popolare, innestandosi direttamente sulla parte più viva
della cultura nostrana, che si alimentava del culto delle migliori forme
medioevali.
CAP.
VIII
LA CONTRORIFORMA
A svegliare più vivi gli echi ed i ricordi del Medioevo, soprattutto
nel campo religioso, contribuì notevolmente la Controriforma. Nell'opinione più vasta del nostro popolo il Concilio di Trento non fu il termine della polemica tra protestanti e cattolici, ma, prescindendo dal
suo valore storico, ne acquistava uno profondamente morale. Diventava lotta tra Santi e demoni con la sconfitta di questi ultimi che dall'autorità del Papa vennero legati nei luoghi più remoti sì da non indurre più in tentazione, mentre prima erravano liberi sulla terra in
sembianze umane.
Richiamò alla mente altre lotte ed altre polemiche religiose, si
spostò dalla sua epoca storica e s'inquadrò in un più ampio arco fantastico come una leggenda col sapore delle Crociate circondandosi di
un alone di primitivo e di titanico. Diveniva quasi un episodio cavalleresco combattuto dalla Chiesa per la Fede.
Il rinnovamento religioso che ne derivò si ricongiunse con alcuni
rinnovamenti dei primi anni dopo il Mille, , di quelli che Dante aveva vagheggiato e sentito con tutta la passione della sua anima assorta e
titanica.
La nuova esperienza religiosa si ricollegava ad un'altra più antica
e non per questo meno viva, risalente al Medioevo e tenuta sempre
accesa e salda dalla tradizione di culto e di fede, dal fanatismo reli329
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gioso e dai numerosi ordini monastici. E quando essa volle diventare
visiva ed esteriore, quando volle cioè manifestarsi nelle forme dell'arte,
testimonianza di fede, le assoggettò ad essa e come quest'ultima si
alimentava di sorgenti remote e ricorrenti, così s'imposero sempre più
all'attenzione schemi iconografici e formule compositive del passato
per quella naturale parentela che è nell'animo del popolo tra il campo
intellettuale e quello visivo.
CAP. IX
IL RITARDO DELLE MANIFESTAZIONI BAROCCHE
NEL LECCESE
Se in Letteratura, in pieno 500, si sentì la profonda stanchezza e
l'uggia per la codificazione ed il culto di forme classicheggianti, se l'armonia, in cui si era acquetato l'animo dell'Ariosto, non parlò più al
cuore dei suoi contemporanei più giovani solo di qualche anno; se
già col Tasso si avvertivano i segni di una insoddisfazione, che annunciava il desiderio di ricerca di fonti nuove, insieme col fallimento di
quelle tradizionali, nelle arti figurative, l'eredità di Michelan g elo (14751564) lasciava una vasta problematica, che preludeva chiaramente a più
vasti echi di manierismo e di barocco.
Nei primissimi anni del XVII secolo Roma si ornava di porticati,
delle ellissi e delle ogive del Bernini e del Borromini, e si movimentava
con gli zampilli chiacchierini delle fontane, nelle cui acque mobili e
varie il Barocco trovava un potentissimo mezzo espressivo delle sue
esigenze di moto, di varietà, di dinamismo.
Ma in Terra d'Otranto il barocco, nella sua totalità e nella sua
consapevolezza, non si faceva ancora avvertire.
Questa è un'altra prova che qui esso non era frutto della crisi del Rina scimento né evoluzione del manierismo, ma fenomeno ori ginale e
spontaneo anche se ebbe bisogno di stimoli esterni. Proprio per quella
carica di diffidenza, propria del popolo meridionale, verso tutto ciò che
è nuovo ed esotico, e per l'acquietamento che esso avvertiva nelle fon ne
del passato, il Barocco, anche se avvertito subito, non si manifestò
subito : le forme più antiche sono del 1630 (?) (pulpito della collegiata di
Campi, parrocchiale di Trepuzzi, San Domenico di Nardò), quando
cioè altrove certe forme erano ormai adulte e si cominciavano a ripetere straccamente. Certo le difficoltà dei mezzi di trasporto avranno
contribuito al ritardo, ma esso poteva durare al massimo qualche decennio, non circa quaranta anni; ché, infatti, le opere citate sono solo
i primi timidi esempi, fenomeni isolati, non concatenati dalla forza
del gusto. Bisogna superare la prima metà del secolo perché il fenomeno si riveli in tutta la sua vitalità violenta.
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Le prime forme, importate ai primi del secolo, hanno trovato piena rispondenza di interpretazione e di gusto : sono state lette con facilità, si sono rivelate leggibili da tutti, si son dimostrate consone all'animo del pubblico e degli artisti. Insomma s'è visto subito che esse
esistevano già in embrione, che erano latenti nell'animo di tutti : bastava spolverare un poco nell'animo e si sarebbero rivelate.
Intorno ad esse è nata tutta una fioritura di imitazioni e di riinterpretazioni.
Sono forme sentite quasi spontaneamente, esprimono modi ed esigenze da lungo tempo avvertite e mal represse, in attesa del segnale
per prorompere ed effondersi.
Non sono forme imposte, ma accettate e rivissute; artisti ed artigiani ne assimilano il linguaggio, lo fanno proprio, lo adattano al proprio sentire.
MARIO FALCO
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