Piano del Colore approvato

Transcript

Piano del Colore approvato
Comune di Ceglie Messapica
( Provincia di Brindisi )
PIANO DEL COLORE
RELAZIONE ILLUSTRATIVA GENERALE
Elaborato
01
Direttore: prof. Ing. Livio de Santoli
Via Antonio Gramsci n. 53,
00197 Roma
tel 06 49919172
fax 06 49919171
e_mail: [email protected]
http://w3.uniroma1.it/citera/
Redazione del Piano del colore
Progetto di ricerca: studi, indagini e definizione del
regolamento guida per la conservazione delle coloriture
e delle superfici architettoniche di Ceglie Messapica.
- prof. Nicola Santopuoli (responsabile scientifico)
- arch. Ilaria Pecoraro
Roma, 4 settembre 2012
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INDICE
1.1 - Ceglie Messapica, città d'arte
p. 3
1.2 - L'importanza della città storica ed il raccordo con gli atti di indirizzo del PUG
p. 4
1.3 - La lettura storica della città
p. 5
1.4 - Le ragioni, gli obiettivi e i contenuti del Piano del Colore
p. 7
1.5 - Il progetto del Piano del Colore
p. 14
1.5.1 - Lo stato dell’arte in Puglia
p. 16
1.5.2 - L’approccio conoscitivo
p. 16
1.5.3 - La struttura del PC
p. 17
1.5.4 - La sperimentazione, la formazione e l’aggiornamento professionale
p. 19
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1.1 - Ceglie Messapica, città d'arte
La città di Ceglie Messapica è attualmente dotata di un Piano di Fabbricazione elaborato nel
1968, che individua e disciplina le parti urbane della città storica, la zona omogenea “A”,
ulteriormente perimetrata dal D. M. del 18 maggio 1999.
In particolare il nucleo antico, noto con il toponimo “la terra”, si sviluppa all’interno della cinta
muraria messapico-medievale, sulla cima del colle che ospita le emergenze architettoniche
monumentali del castello e della chiesa Matrice.
La città storica abbraccia però anche le aree esterne alle mura urbane, abbarbicate all’interno
dell’area di antico insediamento messapico, lungo il versante orientale (versante brindisino) e
lungo il crinale occidentale (versante tarantino).
Qui, in special modo, è stato edificato un tessuto edilizio molto interessante dal punto di vista
tipologico e formale a partire dalla prima metà del XVIII secolo fino alla prima metà del XX
secolo.
Si tratta dell’edificato extra moenia, attestato intorno ai percorsi carrabili e pedonali di crinale e
ad alcune direttrici viarie di origine preclassica.
Il ‘rione terra’, compreso come già scritto entro la cerchia delle mura urbiche, è notevolmente
esteso, con una superficie pari ad oltre cinque ettari.
Intra moenia è concentrata una straordinaria ricchezza di beni culturali d'ogni genere, che fanno
di Ceglie Messapica una delle principali città d'arte dell’area murgiana dell’Alto Salento e della
‘Valle d’Itria’.
La storia della città di Ceglie Messapica, come rammenta la sua stessa intitolazione, ha
attraversato varie fasi, a partire da epoche preclassiche e sino ai nostri giorni, come
testimoniano eccezionali resti archeologici (i paretoni, le specchie, le necropoli), i monumenti
architettonici difensivi (le concentriche mura megalitiche messapiche) e le diffuse strutture
architettoniche di età medievale e moderna (dal XIV al XIX secolo).
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1.2 - L'importanza della città storica ed il raccordo con gli atti d’indirizzo
preliminare del PUG
L'importanza della città storica, della sua conservazione ed equilibrata valorizzazione, è stata
ampiamente trattata nel Documento Programmatico Preliminare del nuovo PUG (Piano
Urbanistico Generale), prevedendo per essa specifiche indicazioni di metodo da porre a base
della successiva fase di vera e propria redazione dello strumento urbanistico.
Del resto è estremamente importante sottolineare lo stretto raccordo, d'intenti, obiettivi,
previsioni ed azioni, esistente, oggi, tra il Documento citato ed il Piano del Colore (P.C.), che
dovrà trovare, successivamente, la più ampia conferma possibile in sede di PUG.
A questo punto sembra particolarmente utile richiamare per esteso alcuni passaggi del succitato
Documento ‘Atto d’indirizzo’ del nuovo PUG, capitolo C0, che appaiono particolarmente
significativi in rapporto al senso ed al ruolo che il P.C. può e deve rivestire nella conservazione e
per un corretto riuso del nostro patrimonio culturale.
1
Centro storico da rivitalizzare con azioni tendenti a una migliore fruizione, ad un recupero
della sua funzione abitativa, all’incremento di minute attività commerciali e di artigianato
tipico, funzionali alla residenza, all’implementazione dei parcheggi anche in spazi in zone
esterne; i relativi approfondimenti progettuali saranno condotti di concerto con i redattori del
Piano Particolareggiato del Centro storico stilato in parallelo al PUG.
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Riorganizzazione del sistema viario con il superamento delle criticità anche attraverso
ipotesi di pedonalizzazione di tratti interni, di creazione di piste ciclabili con stazioni di bike
sharing, di aree a parcheggio.
3
Tutela delle aree e dei beni archeologici, di cui Ceglie è particolarmente ricca, dei beni
architettonici e storico-culturali, da censire attentamente e salvaguardare in quanto plastica
narrazione visiva e preziosa eredità delle generazioni passate, elementi essenziali per
definire i tratti identitari della città.
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Individuazione puntuale dei numerosissimi beni diffusi nel contesto agricolo, trulli, neviere,
specchie, muri a secco, tratturi, alberature di pregio, ecc., autentici monumenti dovuti alla
fatica e all’ingegno degli antenati, via via sedimentatisi nel corso dei secoli.
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Valorizzazione degli aspetti paesaggistici e panoramici, di cui gode per la sua posizione la
città di Ceglie Messapica, tesa a rendere fruibili i punti di vista più suggestivi ed esaltare
l’immagine di un territorio tra i più attrattivi della regione.
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1.3 – La lettura storica della città
I segni della cultura sono il prodotto della storia che ha interessato i processi di trasformazione
della città e del territorio cegliese, la cui storia è stata particolarmente ricca di discontinuità e di
eventi che hanno prodotto interessanti stratificazioni architettoniche, in parte ancora poco
studiate e valorizzate.
Il livello archeologico della città di Ceglie, ancora poco indagato, conserva traccia
dell’organizzazione dell’antico impianto preclassico; la città emergente di età medievale e
moderna ha rinnovato più volte il suo volto, arricchendolo di monumenti architettonici e di spazi
pubblici aperti di interessante pregio urbano.
La città emergente è il risultato di un lungo fermento innovativo che per oltre un millennio ha
creato il suo tessuto insediativo tipicamente mediterraneo, definendo la trama dei recinti, delle
mura e delle opere difensive d’età sveva, poi normanna e angioina, spagnola, francese e
borbonica.
Questo incrociarsi e sedimentarsi di culture eterogenee hanno reso possibile in loco una
peculiare fusione di soluzioni tipologiche e formali che oggi impreziosiscono il disegno
architettonico di tutto il centro storico.
Le tradizioni costruttive, impostate sul sapiente uso della pietra e della calce, delle strutture
murarie e di quelle voltate, hanno fatto da tessuto connettivo dell’insediamento cosiddetto
“storico”, in Ceglie Messapica come nella campagna circostante.
Il territorio comunale di Ceglie Messapica deve la sua armatura culturale alle vicende storiche
che lo hanno attraversato, testimoniate dai reperti archeologici che lo costellano (nelle aree
esterne al rione Terra, così come erano soliti fare i messapi) ed in quelle viarie che ripropongono
un sistema di collegamenti le cui origini rimontano all’età preromana; ogni età ha lasciato le
tracce più durevoli della sua testimonianza anche se le più antiche risultano interessantissime
ma non sempre leggibili.
L’età romana non ha lasciato traccia di se e non emerge mai, sia in ambito costruito che in
quello esteso, mentre il perimetro della città messapica è individuato ai margini dell’area degli
orti periurbani e, in area rurale, in prossimità delle masserie medievali e di età moderna. Qui
persiste un considerevole numero di ‘specchiÉ e di tratti di ‘paretoni’, mura difensive
messapiche (la storia ne cita ben cinque).
La costruzione del castello, in età medievale e poi moderna, amplia i confini del nucleo abitato
verso occidente e orienta l’abitato verso scelte di sviluppo urbano in cui il tessuto edilizio di base
si compone di monocellule abitative arriccate sull’unico colle. Con l’avvento del Settecento si
assiste ad un processo sistematico di accorpamento delle piccole unità abitative che subiscono
sovente la fusione all’interno di nuovi tipi edilizi palazziati, decorati da motivi propri del ‘barocco
martinesÉ. Quest’ultimo caratterizza il linguaggio architettonico dei prospetti in età moderna e si
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esprime con forme sobrie ma eleganti (maschere apotropaiche, ordini architettonici, pergolati su
terrazze a lamia).
Post sisma del 1743 anche il centro storico di Ceglie Messapica si arricchisce di pontoni e di
curviedde ostunesi. Contestualmente coltri di scialbatura omogenea vengono stese sulle
superfici di estradosso e intradosso delle abitazioni civili.
A partire XVI secolo la città storica esce dal giro delle mura medievali, al di là delle antiche porte
di accesso (Porta di Giuso; Porta del Monterrone; la non più esistente Porta dell’Arco della
Croce; la piccola porta Antelmy) e si espande lungo due principali direzioni: quella verso Martina
Franca e quella verso Francavilla Fontana. Resta arginata invece l’area a valle degli orti
periubani e quella posta lungo l’asse viario Ceglie Messapica-Ostuni.
In età unitaria la città si arricchisce della piazza dell’orologio, che diviene il nuovo cuore della
vita cittadina, e del Teatro comunale progettato dall'ingegnere Antonio Guariglia di Lecce (18731878).
Dal secondo dopoguerra ad oggi la città ha subito una notevole espansione urbana, lungo le
direttrici per Francavilla Fontana.
Gli eventi bellici e soprattutto le circostanze politico-economiche del secondo dopoguerra hanno
segnato un rallentamento nei processi di accrescimento dei valori culturali della città, ma nel
complesso mentre l’ente pubblico ha gestito gli interventi di edilizia sovvenzionata destinati alle
classi sociali meno abbienti, gli imprenditori privati hanno definito gli indirizzi di espansione
urbanistica.
In entrambe le circostanze il processo di crescita della città contemporanea di Ceglie Messapica
ha privilegiato più l’istanza socioeconomica che quella artistico-culturale e solo nel 2008 è stato
consegnato alla città il nuovo e monumentale edificio di culto dedicato a San Lorenzo.
Nel centro storico intramurale sono attualmente in corso azioni di recupero dei fronti prospettici
del tessuto edilizio anche minore, azioni di restauro dei complessi architettonici di maggiore
rilevanza storico artistica e azioni di ripristino della pavimentazione di alcuni percorsi stradali e
piazze panoramiche, mediante l’impiego dei tradizionali selciati lapidei.
La presente lettura storica ha attinto le informazioni da molteplici pubblicazioni scientifiche che
gli studiosi locali e non hanno pubblicato a partire dall’ultima decade dell’Ottocento fino ai nostri
giorni. Si rimanda alla lettura dei testi riportati in bibliografia per gli approfondimenti specifici.
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1.4 – Le ragioni, gli obiettivi e i contenuti del Piano del Colore
Le ragioni
Le aree periurbane dislocate alle pendici del centro storico di Ceglie Messapica sono state
oggetto negli anni Novanta d’interessanti ricerche di natura archeologica condotte dalla
dottoressa Assunta Cocchiaro. Gli esiti delle ricerche scientifiche e la relativa cartografia dei
rinvenimenti archeologici noti fino a quella data sono stati pubblicati. Dalla lettura della carta
monotematica emerge come tutta la campagna cegliese sia ricca di reperti archeologici
d’incommensurabile valore storico-archeologico, meritevoli di CONSERVAZIONE INTEGRALE,
oltre che di un vero e proprio progetto di valorizzazione e fruizione.
I giacimenti archeologici sono dislocati a corona circolare intorno al centro abitato di Ceglie e
arricchiscono il già interessante carattere paesaggistico naturale della campagna murgese, in
parte ancora per nulla degradata e aggredita da episodi di edilizia tout cour.
La redazione del piano del colore non ha contemplato la schedatura e l’apposizione di vincoli di
tutela delle strutture architettoniche analizzate, poiché tutto il centro storico è già sottoposto a
vincolo dal D.M. 18 maggio 1999.
Tale processo di pianificazione comunale ha allargato l’ambito di applicazione delle misure di
salvaguardia del P.C., dal centro storico alla corona circolare che abbraccia per 90 ettari circa
tutto il territorio comunale a nord est dell’abitato antico.
Questo è stato compiuto al fine di contribuire alla diffusione presso la pubblica opinione dell’idea
che ogni bene storico, artistico, architettonico, archeologico, naturalistico e paesaggistico
costituisce simultaneamente un patrimonio di comune appartenenza la cui fruibilità va regolata
da una parte dai regimi di proprietà privata, dall’altra da quelli che disciplinano l’estetica urbana
e paesaggistica dell’intero territorio comunale e intercomunale (ad esempio, si pensi al valore
estetico oltre che storico proprio del paesaggio naturale lungo la strada provinciale OstuniCeglie Messapica), la cosiddetta fruizione percettiva del bene.
Analizzando nello specifico le fabbriche architettoniche che compongono il tessuto edilizio
storico (dalle origini fino alla prima metà del XX secolo), ogni edificio si configura non solo come
casa a schiera, palazzo, insieme di unità abitative atte a soddisfare i fabbisogni insediativi
residenziali, ma anche come “un frammento storico di città, un insostituibile tassello del mosaico
urbano, che concorre a definire l’armonia di un insieme, allargando la sfera delle estetiche
fruibilità”.
Questa coralità d’intenti culturali che accomuna tutta l’edilizia storica della città viene trasmessa
in estradosso soprattutto mediante il colore dei trattamento di superficie delle architetture
medesime, lì dove per colore della città non si vuole intendere esclusivamente la tinta dello
scialbo di calce dato a pennello sulle superfici murarie esterne, quanto anche la compresenza di
elementi di arredo e di verde pubblico-privato, la cui ubicazione può migliorare o mortificare la
fruizione visiva e d’insieme del paesaggio urbano costruito dalla storia.
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In buona sostanza, il colore del centro storico di Ceglie scaturisce dai trattamenti cromatici di
base delle murature, a cui si affianca il colore dei gerani e delle boucanvillee piantate al fianco
degli ingressi o appesi nei vasi sui balconi, il colore verde-giallo degli orti periurbani e degli
agrumeti privati prospicienti i fronti stradali, i pergolati realizzati al fianco e al primo livello dei
mignani delle abitazioni gentilizie di primo Ottocento, oltre alle tinte pastello di alcuni scialbi
colorati leggibili sui palazzi sette-novecenteschi all’interno del rione terra come nell’agro
cegliese.
Di qui nasce l’esigenza di concorrere, socialmente ed economicamente, al mantenimento degli
equilibri estetico-cromatici, garantendo igiene e decoro alle superfici d’estradosso degli
organismi urbani, i fronti pubblici delle abitazioni private, ed attivando, al contempo, concreta
salvaguardia di quel patrimonio distribuito nel tessuto rurale che per abbandono, per dismessa
fruizione o per intervenute vicende cataclismatiche versa in condizioni che ne mortifica la
espressività culturale minacciandone talvolta la stessa sopravvivenza.
Alla tutela passiva del vincolo culturale il P.C. risponde con la tutela attiva della valorizzazione
funzionale e ambientale, mediante l’applicazione dei principi della CONSERVAZIONE
INTEGRATA, favorendo la ripresa e la resa anche economica del bene vincolato attraverso una
strategia di oculate riconversioni d’uso che abbiano da un lato a salvaguardare la sopravvivenza
dell’organismo senza sacrificarne le componenti cromatiche, strutturali ed estetiche, ed abbiano
a garantirne dall’altro la redditività mediante l’esaltazione di nuove forme produttive
culturalmente ed ambientalmente compatibili.
Gli interventi di restauro architettonico, anche di trulli e masserie, di casedde e lamie, costellanti
il territorio agricolo cegliese, vanno pertanto compiuti in ragione dei nuovi ruoli che gli episodi
possono recepire, in modo tale che ogni intervento si ambienti nei manufatti senza implicarne
modifiche sostanziali della cromia originaria degli scialbi di calce, nel pieno rispetto delle
componenti cromatiche, che tanto influenzano la fruizione dell’ambientamento paesaggistico.
Nel rione Terra l’edilizia minore è la protagonista dell’organizzazione scenica dell’ambiente
urbano, con il suo aspetto coerente e omogeneo, accomunato da un minimo comune
denominatore che è lo scialbo di calce contrapposto ai prospetti di pietra squadrata lasciata a
vista delle grandi emergenze monumentali del castello e della chiesa Matrice.
Il maggiore pregio di tali architetture dette ‘minori’ non deriva dal corredo stilistico che pure
interviene ad impreziosire talune espressioni, quanto all’attenzione riservata al sistema
aggregativi, di fusione e rifusione dei corpi di fabbrica.
Tutti questi, nel loro insieme, oltre ad offrire la funzione di rifugio abitativo, forniscono una
risposta estetica omogenea e condivisa: le superfici murarie private ma pubbliche, che
concorrono con il proprio andamento e colore all’organizzazione scenica di brani di città.
Questa connotazione rende piacevole la frequentazione dell’ambiente urbano storico, costruito
da ciascuno per tutti, condiviso da tutti con tutti.
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Questo carattere accomuna il centro storico di Ceglie Messapica a quello di Cisternino e di
Martina Franca, per i quali a lungo, già negli anni Settanta del XX secolo, si è parlato di
un’organizzazione urbanistica sorta in funzione della “cultura del vicinato”, l’attitudine propria
della gente pugliese di vivere aggregata intorno a corti, vicoli e ‘pareti’ allattati a calce.
Nel lungo viaggio attraverso la storia le case sono andate rivestendosi, estendendosi nello
spazio orizzontale e verticale dei recinti ai quali si addossano sagomandosi e prefigurando
l’andamento mistilineo delle strade, aprendosi in cortine interne ed esterne, rispettivamente
riservate al fabbisogno particolare e comunitario, ordendo le trame plano-volumetriche delle
piazze, degli slarghi, dei sagrati e incuneandosi lungo vialetti talvolta cavalcandoli con corpi di
fabbrica, espressione della spontanea crescita di matrice mediterranea, il tutto immerso nel
colore grigio chiaro o verde-marrone scuro della pietra locale rivestita da muschi e licheni,
sapientemente tagliata a squadro, artisticamente modellata a sagomare, oppure semplicemente
il bianco scialbo di calce.
La pietra a vista riveste attualmente le emergenze monumentali (castello, chiesa Matrice, chiesa
di san Gioacchino, chiesa di san Rocco, chiesa di San Demetrio, alcuni palazzi setteottocenteschi), mentre la matrice a latte di calce pigmentata e non allatta le superfici murarie
dell’edilizia storica minore, componente il tessuto edilizio di base di tutto il centro storico sia
medievale che di età moderna, in parte di quella Novecentesca.
L’edilizia storica è contraddistinta dai seguenti elementi di facciata:
- le curviedde (anelli di pietra posti al alto delle finestre);
- le mensoline ai lati delle finestre;
- i pontoni (archetti di scarico fra murature parallele fra loro, posti quale presidio antisismico);
- i mignani (ingressi aperti, coperti da scale che si attorcigliano su se stesse per dare accesso ad
un pianerottolo mezzano dal quale le donne potevano affacciarsi in strada senza esporsi);
- le scalette al piano terra;
- i pergolati;
- i portali in pietra finemente scolpiti;
- le mensole reggi balconi scolpite in pietra;
- i sottopassi ‘girati’ a volta o ‘a lamia’, spesso arricchito da edicole votive affrescate sull’intonaco
a calce.
Raramente si rileva l’uso di materiale antico di recupero. A mezza strada tra le architetture
maggiori e quelle minori, si collocano le fabbriche residenziali della borghesia colta, che pur non
facendo ricorso alla connotazione stilistica, ne riepilogano elementi decorativi, nell’impiego delle
mensole di appoggio angolari, che costituiscono con la varietà delle loro connotazioni, una delle
più presenti caratterizzazioni dell’arredo urbano della Ceglie Messapica intramurale.
Il centro storico di Ceglie è discretamente abitato per tutto l’anno ed è molto frequentato
soprattutto nei periodi estivi, quale meta di turisti che si recano presso i tanti qualificati servizi di
ristorazione.
Attualmente
si
registra
la
progressiva
apertura
di
molteplici
attività
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enogastronomiche e professionali che rivitalizzeranno ulteriormente la zona, riqualificandola e
sottraendola allo stato di abbandono in cui vessava fino a qualche decennio addietro, per colpa
del fenomeno di emigrazione che ha interessato la popolazione cegliese a cavallo fra il 1960 e il
1980.
Ma il lavoro non può comunque arrestarsi alla redazione del P.C. e del PUECS (Piano
Urbanistico Esecutivo del Centro Storico di Ceglie Messapica), di cui il P.C. è parte integrante
sostanziale. Esso deve penetrare nel merito dei contenuti di rivitalizzazione sociale ed
economica di quanto è stato culturalmente recuperato; il discorso urbanistico va oltre la soglia
già varcata della riqualificazione estetica dell’ambiente e punta sulla valorizzazione dello stesso
operando i dovuti investimenti d’iniziative e promozioni, atti ad incentivare la domanda
partecipativa anche dell’imprenditoria privata perché la scala dei profitti derivabili dal
potenziamento della frequentazione turistica abbia ad arrecare positive ricadute oltre che sugli
investitori, su strati progressivamente più ampi della popolazione residente e dei prestatori di
servizi.
Al contempo, la politica di valorizzazione intrapresa non deve comunque far pendere la bilancia
sul piatto del profitto economico, rispetto a quello dei valori di storia, cultura, arte e civiltà da
tutelare, bensì deve tendere a realizzare più avanzati equilibri mirati a rafforzare quell’immagine
che rende oggi Ceglie Messapica “città d’arte” a pieno titolo, oltre che città del “buon cibo”,
coniugando estetica e praticità, tipologie costruttive e destinazioni ottimali degli usi compatibili.
Oggi la città storica è abitata prevalentemente da persone anziane over 65. In vista di un
processo d riqualificazione generale della città, nel quale il restauro delle superfici riveste un
ruolo importantissimo, in quanto direttamente fruito dall’occhio dell’abitante e del turista, sarà
necessario anche incentivare il ringiovanimento insediativo puntando a caratterizzare la Ceglie
Messapica storica anche come ”città dell’accoglienza” (recupero al fine di social housing e di cohousing). In tal senso sarà importante potenziare anche gli esercizi ricettivi e di ristoro, le miniresidenze, le case per le famiglie nucleari e mono nucleari, gli studi per gli artisti e per i
professionisti, piccoli laboratori di ricerca, una biblioteca di quartiere ed i locali di pubblico ritrovo
e altro.
Sin qui, dunque, le linee di analisi che hanno guidato la redazione del presente P.C., fondate
sulla convinzione che il centro storico di Ceglie Messapica è un prezioso monumento
architettonico corale, composto da un’elegante edilizia minore aggrappata alla svettante torre
castellana.
Detto ciò, il Piano del colore di Ceglie Messapica nasce dalla necessità d’instaurare un processo
di recupero virtuoso di questa città e della sua campagna, attraverso processi di uso e di riuso
dell’architettura minore; il controllo della qualità e della compatibilità degli interventi proposti con
la “conservazione dell’immagine” delle quinte prospettiche monumentali del rione Terra,
mediante metodologie d'intervento scientificamente che, quando corrette, esaltano notevolmente
il valore economico di ogni intervento di RESTAURO.
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Questo tipo di strumento urbanistico, nuovo in ambito locale ma ampiamente collaudato e
felicemente "a regime" da lungo tempo in altre realtà (si citano gli esempi storici di Torino,
Lucca, Bologna e, nel Salento, le recenti esperienze in Nardò e Lecce), è in grado di permettere
il controllo e migliorare la qualità e la correttezza degli interventi sulle facciate e sulle relative
cromie, ma anche della scena urbana nel suo complesso, con riferimento a tutti gli elementi che
finiscono per caratterizzarla, come gli arredi urbani e gli impianti tecnologici. Per lo studio di
questi ultimi si rimanda alla lettura dei contenuti del PUESC, mentre nel seguito si consegnano
alcune riflessioni preliminari per comprendere su quali obiettivi si è fondato il processo
metodologico di strutturazione del PC.
La città storica racconta la propria storia attraverso l’esperienza concreta e materiale delle sue
architetture. Queste ultime costituiscono la testimonianza materiale avente valore di civiltà dei
popoli che le hanno prodotte.
Le forme di aggregazione, le tecniche costruttive e di finitura superficiale delle strutture murarie
d’estradosso sono parte del nostro patrimonio architettonico-culturale, connotando il genius loci
del centro storico che le ospita. In tal senso il colore bianco’ della calce accomuna la realtà
tecnico-costruttiva tradizionale delle “città del bianco” come Ostuni, Cisternino, Locorotondo,
Martina Franca, carovigno e Ceglie Messapica.
Una collettività conserva il proprio patrimonio se ne conosce l’intrinseco valore, poiché in caso
contrario, ovvero senza il fondamentale e propedeutico processo di riconoscimento dell’opera
d’arte come tale, sarà difficile conservare e consegnare al futuro tali testimonianze di cultura.
In buona sostanza, il riconoscimento del genius loci che presiede alla città storica nel suo
insieme da parte della collettività cittadina costituisce quella premessa metodologica senza la
quale nessun intervento di restauro può avere senso e luogo. Cesare Brandi per primo afferma
che si restaura la materia dell’opera d’arte. Ma per compiere il restauro è indispensabile che la
collettività riconosca che quell’oggetto è opera d’arte, in quanto portavoce di un’istanza estetica
e di un’istanza storica.
È convinzione di chi scrive che il restauro della città storica debba necessariamente seguire
questo percorso di approccio critico-conservativo in materia di restauro delle opere d’arte.
Come anche è convinzione di chi scrive che qualsiasi norma scritta può essere violata e che
offrire "ricette" preconfezionate sia inutile, alle volte fuorviante e dannoso. Pertanto l’obiettivo di
questo piano del colore è quello di condividere il proprio bagaglio di conoscenze con chi sarà
chiamato a operare sul territorio, per trasmettere conoscenze ed esperienze in diretta. Il campo
di lavoro sarà il cantiere-scuola su una piccola area urbana.
Acquisendo buone pratiche di intervento, al punto di divenire automatica prassi, sarà possibile
arginare quei processi di pseudorestauro che oggi stanno deturpando il centro storico di Ceglie.
Ci si riferisce in modo particolare a tre prassi diffusissime quali: la stonacatura integrale delle
superfici di estradosso delle murature; l’impiego d’intonaci coprenti e non velanti a base di
quarzo o di cemento bianco; il rivestimento con mattonelle o materiale finta pietra.
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Il riferimento normativo ed operativo del P.C., quale il piano è, può sensibilmente concorrere a
migliorare una prassi, spesso lasciata unicamente all'improvvisazione individuale e priva di
riferimenti contestuali.
Al contempo, agli specialisti della materia della conservazione potrà sembrare superfluo il
contenuto del P.C., poiché contiene riflessioni e indica operazioni già appartenenti alla corretta
prassi del restauro critico-conservativo.
Riteniamo tuttavia che la disciplina introdotta dal P.C. sia utilissima e necessaria, prima di tutto
come proposta metodologica, quadro disciplinare di riferimento e indirizzo progettuale, ma
anche per impedire ulteriori stravolgimenti, pochi o molti che possano essere, e comunque per
coordinare, pianificare, controllare, censire, monitorare e, quando necessario, correggere e
sanzionare i processi di restauro, riconducendoli entro binari di correttezza metodologica,
incoraggiando e incentivando tutte le forme virtuose di uso e riuso rispettose e corrette, di
conservazione dell'immagine storicizzata della città.
Gli obiettivi e i contenuti del Piano del Colore
OBIETTIVO N. 1: Il "Piano del Colore" ha come obbiettivo centrale la conservazione
dell’immagine della città e del suo patrimonio materiale fatto di pietra, calce pigmentata e
non, terra e coppi. Per raggiungere tale obiettivo è indispensabile puntare sulla
conoscenza integrale del monumento oggetto dell’intervento. Solo un’approfondita
conoscenza degli elementi architettonici, decorativi, costruttivi e cromatici propri
dell’esistente può garantire una sua corretta conservazione.
OBIETTIVO N. 2: Il secondo obiettivo del piano del colore, strettamente legato al primo è quello
della diffusione e della condivisione delle conoscenze acquisite, a fronte di studi compiuti e
di attività svolte in cantiere. Il buon esito finale dell’applicazione del Piano Colore
dipenderà anche dalla capacità di condividere le conoscenze sul tema, in quanto lavorare
sull’antico vuol dire conoscere le tecniche costruttive e i materiali dell’edilizia nell’antichità.
Un tempo queste conoscenze erano note e venivano tramandate a bottega da padre in
figlio. Con l’avvento della tecnologia del cemento armato molte maestranze hanno dovuto
apprendere la nuova cultura costruttiva a discapito della vecchia. Col passare del tempo gli
anziani maestri della pietra, gli imbianchini, i maestri d’ascia sono venuti a mancare e con
loro un pezzo di cultura costruttiva locale tradizionale. Pertanto, i tecnici e le maestranze,
impreparate dinanzi alla materia del restauro, dovranno acquisire tali conoscenze per
intervenire correttamente sulla materia di cui si compongono gli antichi edifici, al fine di non
apportare più danno che beneficio con i propri interventi di pseudorestauro.
OBIETTIVO N. 3: se l’obiettivo del piano del colore è quello di conservare l’immagine del genius
loci e se la collettività manifesta a livello tecnico una considerevole impreparazione in
materia di restauro, è cosa buona che una amministrazione si doti di norme specifiche
attinenti al recupero dei centri storici, meno generiche di quelle abitualmente in vigore, che
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indichino le possibili tecnologie ed i possibili materiali da usarsi nella manutenzione e nel
restauro, così da garantire al meglio possibile la qualità nel recupero edilizio. Gli indirizzi di
metodo e le prescrizioni, riportati rispettivamente all’interno delle Norme Tecniche
d'attuazione e della Guida al restauro del P.C., sono tali da restituire una panoramica il più
esaustiva possibile di quella che è la nostra tradizione costruttiva e materiale, cercando di
definire le tecnologie e descrivendone i criteri d’esecuzione.
OBIETTIVO N. 4: il quarto obiettivo è quello di differenziare i contenuti del P.C. da quelli dei
manuali di recupero. Il presente P.C. si limita a fotografare lo stato dei luoghi, ma indica un
metodo critico e non una ricetta ripristinatoria preconfezionata acriticamente. Pertanto, i
Piano del colore di Ceglie Messapica si ripropone di offrire alla città uno strumento di
lavoro che sia valido a lungo, per interventi in ambito costruito e esteso, su edifici di
qualsivoglia età e corrente stilistica o artistica. Esso indica un metodo razionale, critico,
attento di analisi a cui far seguire l’elaborazione di un’oculata e altrettanto ragionata cura
dell’edificio.
OBIETTIVO N. 5: il quinto obiettivo consiste nel formulare un piano di manutenzione pluriennale
delle superfici scialbate, attraverso la riscoperta della prassi manutentiva di ogni elemento
componente l’organismo architettonico, nota ai nostri anziani.
OBIETTIVO N. 6: il sesto obiettivo consiste nel fornire adeguati strumenti indirizzati alla
salvaguardia del patrimonio edificatorio, in special modo per quello che fa parte dell’edilizia
storica minore (includendo in questa definizione anche i complessi rurali extraurbani, ai
quali sarebbe utilissimo e corretto estendere gli effetti del Piano).
OBIETTIVO N. 7: il settimo obiettivo consiste nel garantire la conservazione degli elementi
caratterizzanti ogni organismo architettonico antico, le sue patine di superficie e i
trattamenti superficiali, motivando la conservazione degli stessi in forza della convinzione
che siffatti elementi e materiali, (non solo perché tradizionali, ma in quanto portatori dei
segni e delle stratificazioni che la storia ha loro impresso) qualificano, caratterizzandola,
l’immagine del tessuto storico costruito.
OBIETTIVO N. 8: il PC è concepito come uno strumento urbanistico attuativo, è quindi corredato
da adeguati strumenti operativi atti, non solo ad impedire interventi non compatibili con il
tessuto edilizio storico, ma soprattutto pensati in modo da poter fornire degli indirizzi di
metodo, le linee guida finalizzate ad indicare almeno una coerente metodica di approccio
verso gli interventi di manutenzione e restauro.
OBIETTIVO N. 8: il PC promuove un’idea di conservazione del costruito storico che comporti
una visione generalizzata dell’insieme, non fermandosi al solo monumento al manufatto di
riconosciuto valore storico ma interessando tutte le architetture e il paesaggio agrario degli
orti periurbani e delle distese di quercia vallonea che le ospita.
OBIETTIVO N. 9: il P.C. si offre come innovativo strumento di riferimento e d’innalzamento della
qualità formale e sostanziale degli interventi, con conseguenti benefiche ricadute in primo
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luogo sulle architetture (ogni buon intervento di restauro cura l’edificio e ne garantisce l’uso
prolungato); sui suoi abitanti (usando materiali idonei su architetture antiche si incrementa
l’efficienza energetica degli stessi edifici); sull’efficacia nel tempo degli interventi compiuti
in riferimento alla spesa sostenuta (un buon intervento è garanzia di minore spesa
manutentiva), con evidente innalzamento anche del valore economico dei beni.
OBIETTIVO N. 10: per i professionisti il P.C. rappresenta uno stimolo culturale, un motivo di
riflessione e d'approfondimento, un'occasione preziosa di specializzazione e di crescita
culturale.
OBIETTIVO N. 11: un buon intervento di facciata riqualifica tutto il suo intorno e migliora
socialmente la qualità di vita del contesto urbano (strada, piazza, vicolo) del quale ogni
singolo immobile è parte integrante. L’obiettivo di riqualificazione della singola unità
abitativa ha come obiettivo la riqualificazione del brano di città di cui l’edificio è parte
integrante.
Il presente P:C:, infine, promuove la reintroduzione di tecniche, materiali e cromie di tipo
tradizionale relativamente agli interventi di sostituzione/rifacimento, di decoro per le superfici di
facciata. Non fissa l'adozione di una appropriata tavolozza dei colori alla quale riferirsi come
base cromatica, nel rispetto delle infinite sfumature che il bianco calce può conferire alla
preesistenza.
1.5 - Il progetto del Piano del Colore
Tutta la materia descritta in precedenza, che definisce e fissa il quadro metodologico e culturale
di riferimento, per trasformarsi in uno strumento urbanistico operativo funzionale, coerente con
gli obiettivi e gestibile, deve necessariamente confluire all'interno di un metodo progettuale,
fondato essenzialmente su due momenti centrali:
• la conoscenza approfondita dei luoghi, utilizzando metodologie analitiche e particolareggiate:
• il progetto, o meglio la pianificazione, in assoluta coerenza con le scelte culturali e
metodologiche di base, consistente in previsioni e prescrizioni mirate e di dettaglio ed in norme e
regole a carattere generale.
Una volta definito con chiarezza il quadro culturale di riferimento e gli obiettivi strategici del P.C.,
sono stati fissati preliminarmente gli obiettivi specifici, che possono essere schematizzati come
segue.
FASI DI PROGETTAZIONE DEL P.C.
FASE 1: Individuazione e normazione di una corretta metodologia di approccio, progettazione
ed esecuzione del restauro, del restauro critico e della manutenzione delle superfici storiche di
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facciata degli edifici, nel rispetto totale delle valenze storico-morfologiche, tecnico-materiali,
formali, decorative e dei cromatismi.
FASE 2: introduzione di una più accurata, coerente ed adeguata normativa per la presentazione,
in forma esaustiva e metodologicamente corretta, dei progetti e delle richieste d'autorizzazione
per gli interventi sulle facciate e per l'installazione di elementi ed oggetti d'arredo urbano.
Il Piano del Colore (P.C.) della Città di Ceglie Messapica è dunque uno strumento urbanistico
esecutivo e di dettaglio (PUE), che integra e completa, per quanto attiene il proprio ambito
disciplinare e le proprie finalità e competenze specifiche, gli altri strumenti urbanistici generali in
corso di progettazione (il nuovo PUG e il PUECS). Con riferimento a questi ultimi, è importante
sottolineare come la disciplina del nuovo P.U.G. e del PUECS detti norme e contenga previsioni
riferite all'unità edilizia nel suo complesso, specificando le categorie d'intervento ammesse,
desunte dall'art. 31 della Legge 05.08.1978 n° 457, senza entrare nel merito dettagliato delle
modalità e metodologie operative, delle cromie e delle forme ammesse per le facciate degli
edifici ed i relativi elementi che le compongono.
In ogni caso, nelle parti della città in cui saranno contemporaneamente vigenti tutte quante le
varie normative (PUG; P.C. PUECS), nel caso improbabile di contrasto tra differenti norme e
previsioni, si dovrà comunque fare riferimento a quelle più restrittive, senza alcun problema
interpretativo.
Il P.C. è stato redatto in conformità alla Legge regionale 27 luglio 2001, n. 20 "Norme generali di
governo e uso del territorio", pubblicata sul Bollettino Regionale n° 128 del 24 / 08 / 200, ed in
particolare nel rispetto degli articoli 15,16, 17 e 18, nonché della Legge regionale 31 maggio
1980, n. 56 "Tutela ed uso del territorio", modificata dalle LL.RR. nn. 11/81, 24/94, 16/95 e
18/2000, per quanto non in contrasto con la suddetta L.R. n. 20/2001.
Per quanto attiene le cose assoggettate a vincolo di tutela da precedenti leggi statali, ora
sostituite dal D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 "Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio" ai sensi
della Legge 06 luglio 2002, n. 137, o da assoggettare a vincolo, valgono naturalmente,
contemporaneamente a quelle del P.C., le disposizioni del suddetto D. Lgs. n. 42/04.
Resta inteso, nel caso di variazione del quadro legislativo e normativo di riferimento, che le
norme del P.C. si dovranno intendere automaticamente aggiornate ed adeguate alle nuove
disposizioni vigenti al momento.
Il P.C. disciplina le parti del territorio comunale tipizzate dal D.M. 18-05-1999 e dalla zona
omogenea ‘A’ e amplia il suo raggio di azione verso oriente (orti periurbani e ambito esteso
verso Ostuni) e in aree otto-novecentesche; si veda l’allegato grafico n. 3 (planimetria generale
di perimetrazione delle zone indicate come zona A1, A2, A3).
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In ogni caso, ove intervengano successive variazioni ai suddetti perimetri, ovvero entri in vigore
il nuovo PUG, la normativa del P.C. ne recepisce le modifiche, adeguando automaticamente il
proprio ambito territoriale.
Si precisa infine che, per vie, piazze, slarghi, corti ed altri spazi aperti, sia pubblici che privati,
posti al confine del perimetro sopra indicato, le presenti norme trovano applicazione su tutte le
relative quinte architettoniche. Passando ora all'illustrazione del processo progettuale sviluppato,
se ne precisano i passaggi ed i momenti sistematici.
1.5.1 – Lo stato dell’arte in Puglia
Il presente P.C. s’ispira alle due esperienze pregresse già maturate in area salentina a cavallo
fra il 2001 (città di Nardò) e il 2005 (città di Lecce), allorquando con Deliberazione n. 89 il
Consiglio Comunale ha adottato il Piano del Colore e dell’Arredo Urbano per il Centro Storico di
Lecce (PCA).
Utile è risultato anche il confronto con il metodo di lavoro adottato per la redazione dei piani del
colore delle città di Torino, Pavia e Bologna, pur trattandosi di strumenti urbanistici relativi ad
ambiti territoriali completamente differenti da quello salentino.
1.5.2 - L’approccio conoscitivo
Il carattere dei centri storici è il risultato di un’operazione corale che, nel corso dei secoli, in
ragione del mutamento delle esigenze e del gusto, o di semplice necessità di manutenzione, ha
portato all’aggiunta di elementi architettonici, alla sostituzione di parti deteriorate e alla
variazione di materiali e cromie, contribuendo così a realizzare una consolidata stratificazione,
quale testimonianza delle vicende storiche e costruttive dei singoli edifici e del tessuto urbano di
cui fanno parte. Questi luoghi hanno subito nel passato - e subiscono ancora oggi - lente
trasformazioni indotte da continui interventi, i quali, se non controllati, rischiano di portare alla
perdita del carattere stesso del paesaggio urbano. La superficie dell’architettura con le sue
coloriture, infatti, è il luogo dove maggiormente si depositano i segni del tempo, sia naturali che
antropici; in questo modo costituisce un documento, una testimonianza storica e,
contemporaneamente, si rende portavoce delle valenze estetiche del costruito, sia che si tratti di
un’architettura a carattere monumentale, che di un semplice edificio, comunque parte integrante
di un tessuto urbano storicizzato.
Nel quadro così delineato, l’analisi conoscitiva si configura come momento irrinunciabile
all’interno del percorso critico che porterà alla redazione di scelte progettuali consapevoli e
appropriate al contesto: a partire dallo studio della storia e dall’osservazione dei materiali integrata con le opportune indagini diagnostiche-strumentali, oggi possibili grazie ai continui
apporti dell’innovazione scientifica - passando attraverso le necessarie riflessioni critiche, si
giungerà a definire, caso per caso, le linee di intervento più opportune per il progetto di restauro,
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che tenderà alla conservazione dei valori storici, figurativi e materici dell’edificio e all’armonia
con il contesto in cui si inserisce.
Nel processo di conoscenza descritto, acquisiscono particolare rilevanza la lettura e la
comprensione dell’impaginato architettonico, rispetto al quale l’uso del colore si pone in stretta
sinergia, per identificare e sottolineare la gerarchia degli elementi costruttivi e la sintassi
architettonica che caratterizzano il linguaggio del costruito.
In virtù, quindi, dei valori storici ed estetici di cui è portatore e del ruolo attivo che riveste nella
definizione della grammatica dell’impaginato, il colore dell’edilizia storica si configura a pieno
titolo come tema da affrontare con lo spirito storico-critico proprio del progetto di restauro.
Per la redazione del Piano Colore della Città di Ceglie Messapica gli autori hanno messo a
disposizione la propria esperienza sul campo. Infatti, l’arch. Ilaria Pecoraro, specialista della
materia e dedita da oltre un decennio allo studio delle tecniche costruttive tradizionali salentine
ed ha sviluppato studi e ricerche sul tema del trattamento delle antiche superfici in stretto
rapporto con i docenti della Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio per
lo Studio ed il Restauro dei Monumenti, ‘Sapienza’, Università di Roma.
Per la città di Ceglie Messapica è stato avviato un corretto approccio conoscitivo alla materia da
trattare, nel suo insieme ed ai singoli episodi che concorrono a formare lo scenario storico
urbano. Sono stati adottati opportuni metodi d'indagine e di analisi, da porre a base della
successiva fase progettuale. Più precisamente sono state svolte le seguenti fasi di lavoro:
a) la lettura storica della città e della sua evoluzione nel tempo, dalle fasi messapiche sino ai
nostri giorni, con riconoscimento e individuazione degli episodi notevoli che hanno rappresentato
la matrice evolutiva della città;
b) la ricognizione delle trasformazioni introdotte dagli strumenti urbanistici di pianificazione, a
partire dal Programma di fabbricazione del 1968;
c) la documentazione fotografica digitale, ad alta definizione, d'insieme e di dettaglio, dei luoghi
da assoggettare al P.C.;
d) la perimetrazione delle parti di territorio da disciplinare mediante il P.C.;
e) la definizione dei criteri di selezione dei tipi di trattamento di superficie delle murature storiche
in estradosso:
• S.C.: superfici scialbate con latte di calce;
• S.I.: superfici intonacate coprenti a calce;
• S.C.P.: superficie scialbate a calce pigmentata; • S.P.: superfici trattate con pietra a vista.
1.5.3 - La struttura del PC
Il P.C. non individua maglie urbane, isolati o comparti, poiché si ritiene che il centro storico di
Ceglie Messapica si compone di tanti organo che sono parte integrante e reciproca di un
organismo che è la città storica e storicizzata. L’organo è l’unità abitativa, rivestita dalla sua pelle
che è la superficie muraria allattata a calce o in pietra calcarenitica.
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Tale suddivisione è fondamentale per l'individuazione puntuale, codificata ed univoca di ogni
singolo elemento da assoggettare successivamente alla disciplina del P.C.
Tutta la successiva fase di elaborazione progettuale, incardinata sul perseguimento dei principi
ed il raggiungimento degli obiettivi di fondo, basata sul possesso e sulla decodificazione dei dati
di analisi ed indagine raccolti, ha permesso di formare un piano organico e coerente,
rappresentato da:
a) Normativa di piano. Tale corpo è composto da due distinte sezioni di norme, tutte con finalità
specifiche e comunque in mutuo rapporto di coerenza e funzionalità. In particolare la normativa
del P.C. è distinta nelle vere e proprie norme tecniche d'attuazione (NTA), con carattere di
disciplina generale della materia e nella guida al restauro (LGR), che fissa i criteri di correttezza
metodologica ed esecutiva per gli interventi. Al corpo normativo è annessa una scheda-tipo, che
verrà utilizzata e compilata in sede di presentazione dei singoli progetti da parte dei progettisti,
ritenuta necessaria ai fini di un corretto e puntuale controllo degli interventi e dell'aggiornamento
periodico del PC.
Tale scheda rappresenta elaborato tecnico fondamentale ed obbligatorio per la presentazione e
l'istruttoria di progetti d'intervento sulle facciate o su parti di esse. Essa va esaustivamente
compilata in ogni sua parte a cura del progettista, in conformità alle istruzioni per la sua
compilazione, ed allegata al progetto dei lavori o alla DIA. Contiene informazioni generali ed
aggiornate sull'unità edilizia e sulle sue condizioni d'uso, nonché informazioni dettagliate ed
aggiornate relative allo stato attuale della facciata, distinte per ogni singolo elemento di facciata,
in ordine ai materiali, alle cromie, al valore dell'elemento ed al suo stato di conservazione.
Contiene inoltre la descrizione degli interventi previsti e progettati per ogni facciata e per ogni
singolo elemento di facciata, in ordine ai materiali, alle cromie, alle metodologie di restauro e
manutenzione, alla sostituzione o eliminazione di parti e/o elementi. Contiene altresì un
espresso richiamo e riferimento, per ogni intervento, agli articoli delle presenti NTA ed alle
indicazioni metodologiche della LGR del P.C. Contiene infine una sezione per l'aggiornamento
del P.C., rappresentata dalla documentazione fotografica post operam dell'intervento. Ogni
scheda è corredata da una sezione destinata al parere istruttorio, da compilarsi a cura
dell'Ufficio Tecnico Comunale. L'insieme delle norme e degli altri elaborati scripto-grafici del P.C.
è in grado di assicurare con la massima precisione il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Il PC è strutturato in tre momenti essenziali, nel seguito sinteticamente descritti:
a) la fase di analisi e di rilievo dello stato di fatto;
b) la fase di formulazione del corpo normativo;
c) la fase di pianificazione degli interventi.
Tali momenti sono condensati negli elaborati progettuali allegati:
DOCUMENTI ALLEGATI
D1.Relazione illustrativa generale del PC (criteri, contenuti ed indirizzi metodologici del
piano);
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D2. Relazione storico – urbanistica;
D3. Norme Tecniche di attuazione (NTA);
D4. Linee guida per il restauro delle superfici architettoniche nel centro storico di Ceglie
Messapica
D5. Scheda tipo per la presentazione dei progetti
D6 . Bibliografia ragionata
TAVOLE GRAFICHE
T1. Inquadramento urbanistico nel PF vigente;
T2. Perimetrazione dell’area omogenea A e di quella sottoposta a P.C.;
T3. Mappa tematica storica dell’evoluzione delle zone sottoposte a P.C.;
T4. Tavola tematica dei caratteri tipologici;
T5. Tavola archeologica;
T6. Rilievo fotografico delle tipologie di facciata nel centro storico di Ceglie Messapica.
Il PC è dotato di specifica normativa per la sua attuazione. Essa è distinta in due parti:
• Le "Norme tecniche d'attuazione" (NTA), che disciplinano tutti gli interventi edilizi di restauro
critico e di restauro sulle facciate, integrando e sostituendo, per quanto non compatibile, gli
articoli del PF e delle Norme Tecniche d'Attuazione vigente.
• Le “Linee Guida al Restauro" (LGR), che orientano e disciplinano le metodologie, le tecniche
ed i materiali da adottarsi negli interventi di restauro delle facciate e delle superfici relative a
spazi pubblici e privati, con riferimento ai più recenti indirizzi e criteri, nel rispetto delle
Raccomandazioni UniNorMal, delle specificità dell'architettura storica locale, delle carte del
Restauro (Carta Italiana del Restauro, 1972; Carta di Venezia, 1964; Carta Italiana del
Restauro, 1932; Carta di Atene, 1931).
1.5.4 - La sperimentazione, la formazione e l’aggiornamento professionale
Progetti come questo, per portare a un reale cambiamento, devono necessariamente passare
attraverso il progressivo e sistematico coinvolgimento delle forze locali appartenenti alle
categorie interessate con l’attivazione di corsi e cantieri-scuola per tecnici professionisti (architetti,
ingegneri e geometri), funzionari tecnici della pubblica amministrazione, esperti scientifici,
restauratori, operatori e così via. Così come, perseguendo il criterio della buona conservazione
delle superfici diffuso dalla pubblica amministrazione, il percorso proposto potrà assumere
naturalmente il valore di modello per ii privati operatori, inducendoli a imboccare la strada virtuosa del
rispetto in luogo di quella, oggi diffusa, del facile rinnovo. A tale riguardo si ribadisce l’importanza che
ii benefici finanziari e fiscali siano erogati in ragione diretta del ‘tasso di conservatività che il progetto
d’intervento garantisce.
L’attivazione di corsi di aggiornamento e di cantieri scuola, rivolti a professionisti e studenti del settore,
potrebbe condurre a svolgere sistematicamente e concretamente le indagini sul campo. La
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redazione dei rilievi degli edifici e del loro colore si configura così come uno strumento indirizzato
all’approfondita conoscenza del lessico architettonico e del rapporto tra i suoi elementi e tra la
scala architettonica e quella pittorica.
I corsi andrebbero impostati in modo da fornire non solo un valido aggiornamento ma anche una
concreta preparazione agli operatori partecipanti, mediante l’attivazione di cantieri laboratorio.
Tale scelta permette soprattutto, in presenza di uno strumento urbanistico del tutto nuovo per la
città, una sperimentazione pratica dei contenuti tecnico-operativi del PC e della sua gestione da
parte del Comune, oltre ad una successiva "messa a punto" dei contenuti e delle procedure
previste. In ogni caso le norme a corredo del PC, ove ritenuto necessario, possono entrare
immediatamente in vigore in tutti gli edifici interni al perimetro, con mera funzione di
salvaguardia e disciplina più puntuale dei procedimenti e degli interventi.
Dovendo scegliere una maglia urbana-campione, si è optato per quella incernierata attorno alle
mura lungo via Greco I e via Greco II. Tale maglia comprende importanti emergenze
architettoniche, diversificate per tipologia, morfologia, epoca e dimensioni (il palazzo Greco,
l’edilizia minore medievale rivisitata nei secoli successivi e ampliata nel Novecento, strade e
vicoli di differente ampiezza e poco o per nulla trafficate).
All'interno della maglia prescelta come cantiere-laboratorio s’incontrano inoltre, esaustivamente
ed opportunamente, tutte le possibili situazioni relative agli elementi decorativi propri del tessuto
edilizio intra moenia (portali in pietra, scialbi di calce, superfici già integralmente decorticate,
impropri rivestimenti, edicole votive, elementi decorativi di pietra ecc). Gli interventi di restauro,
restauro critico-conservativo e di ripristino di scialbi di calce potranno trovare in questo cantiere
la possibilità di una completa sperimentazione. Infine, l'auspicato avvio di un rapporto
collaborativo tra pubblico e privato può essere sperimentato proprio nelle vie e nelle piazze
comprese nell’area d’intervento guida. É ovvio, in ogni caso, che il passo successivo sarà
l'estensione della pianificazione (e non solo della normativa) a tutto l'edificato ricompreso entro il
perimetro stabilito dal PC; tale fase sarà sicuramente più snella e veloce, risultando già
predisposti ed acquisiti alla prassi progettuale tutti gli strumenti d'indagine e di analisi, il corpo
normativo e la metodologia d’intervento.
Roma, 4 settembre 2012
PROF. ARCH. NICOLA SANTOPUOLI
ARCH. ILARIA PECORARO
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