Comunicato stampa 6 febbraio 2017 Minori e internet: Save the

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Comunicato stampa 6 febbraio 2017 Minori e internet: Save the
Comunicato stampa
6 febbraio 2017
Minori e internet: Save the Children, adulti e ragazzi sempre più connessi via smartphone e
sempre più social ma entrambi si muovono sulla rete quasi del tutto inconsapevoli delle
conseguenze delle loro attività online. 8 su 10 si preoccupano dei propri dati in rete, ma non
hanno alcuna idea né di quali dati vengano raccolti né di come siano utilizzati. Adulti e
ragazzi pensano che se un contenuto intimo e riservato condiviso con qualcuno dilaga in
rete, la responsabilità è equamente condivisa tra chi lo ha diffuso e chi in seguito lo ha
divulgato in modo allargato e non autorizzato. Per il 43% dei ragazzi e il 37% degli adulti
una news online è affidabile se riceve molte condivisioni.
Secondo una ricerca condotta in esclusiva da IPSOS per Save the Children alla vigilia del
Safer Internet Day, il 50% degli adulti e il 58% dei ragazzi accetta che una app acceda ai
propri contatti, pur di usarla, considerandolo il giusto prezzo per essere presenti online; 9
su 10 non fanno nulla per proteggere la propria immagine online, come cancellare post
passati o rimuovere tag del proprio nome da una foto. Quasi un ragazzo su dieci utilizza
carte prepagate o sistemi di pagamento online per scommesse e giochi legali on line, come
poker o casino, riservati agli adulti. Più di 1 su 5 invia video o immagini intime di se stesso
a coetanei e adulti conosciuti in rete, o attiva la webcam per ottenere regali.
Adulti e ragazzi vivono una vita sempre più social, con una media di più di 5 profili a testa, e sono
sempre più connessi via smartphone (il 95% degli adulti e il 97% dei ragazzi ne possiede uno), ma
sono quasi del tutto inconsapevoli delle conseguenze delle loro attività in rete: sanno che mentre
navigano i loro dati vengono registrati (i due terzi sia degli adulti che dei ragazzi) anche se non
sanno esattamente quali; se ne dicono preoccupati (l’80% di entrambi i gruppi di riferimento), ma
hanno ormai interiorizzato l'idea che la loro cessione sia il giusto prezzo per essere presenti
on line e accedere ai servizi che interessano loro (circa il 90% di tutti coloro che consentono ad
un’app l’accesso ai propri contatti).
Questo lo scenario che emerge dalla ricerca inedita di IPSOS per Save the Children su “Il
consenso in ambiente digitale: percezione e consapevolezza tra i teen1 e gli adulti2”, diffusa
oggi alla vigilia del Safer Internet Day, la giornata annuale per la promozione di un utilizzo sicuro e
responsabile delle tecnologie digitali.
1
Indagine su campione rappresentativo della popolazione italiana di età compresa tra 12 e 17 anni. Campione stratificato e casuale,
selezionato in base a quote di genere, età, area geografica di residenza ed ampiezza centro. Al campione in rientro è stata applicata
una ponderazione (con metodo RIM weighting) per tutte le variabili di campionamento. 804 interviste complete
2
Indagine su campione rappresentativo della popolazione italiana adulta, 25-65 anni. Campione stratificato e casuale, selezionato in
base a quote di genere, età, area geografica di residenza ed ampiezza centro. Al campione in rientro è stata applicata una
ponderazione (con metodo RIM weighting) per tutte le variabili di campionamento. 801 interviste complete
La ricerca rivela inoltre che vi è una scarsa cura della propria storia online sia per gli adulti che per
i ragazzi, che non prevede una “manutenzione” costante dei propri profili e che sembra quasi
esasperare l’importanza esclusiva dell’essere “presente qui e ora”: circa 9 su 10 non compiono
azioni efficaci per proteggere la propria immagine online, come cancellare post passati (solo il
18% dei ragazzi e il 14% degli adulti l’ha fatto almeno una volta), togliere il tag del proprio nome da
una foto postata online (lo fa solo il 12% di entrambi i gruppi di riferimento) o bloccare qualcuno su
Facebook o Whatsapp (lo fa solo il 19% dei ragazzi e il 16% degli adulti).
Il 75% degli adulti e il 72% dei ragazzi intervistati crede che non sia mai sicuro condividere online
foto e video intimi e riservati. Per il 67% dei primi e il 65% dei secondi se un contenuto
condiviso con qualcuno dilaga in rete, la responsabilità è di chi lo diffonde; il 67% e il 68%
ritengono che la colpa sia di chi in seguito lo condivide in modo allargato e non autorizzato.
Ben l’81% degli adulti e il 73% dei ragazzi pensano che vi sia una sorta di “consenso
implicito” alla diffusione, nel momento in cui qualcosa viene condiviso online anche se non con
una sola persona.
Il 23% degli adulti e il 29% dei ragazzi, invece, sono convinti che sia sempre sicuro
condividere foto o video intimi on line perché “lo fanno tutti”, mentre il 41% degli adulti e il
44% dei ragazzi, benché consapevoli dei rischi, ritengono che a volte non si abbia nessuna scelta
alternativa. Esiste inoltre circa il 40% di entrambi i gruppi di riferimento che pensa che la
condivisione sia sicura se ristretta a utenti di cui ci si fida, anche se non ci si conosce di persona, o
se ti fai promettere che i contenuti condivisi non saranno ulteriormente diffusi (26% degli adulti e
32% dei ragazzi). I ragazzi intervistati raccontano però che tra i loro amici più di 1 su 5 invia
video o immagini intime di se stesso a coetanei e adulti conosciuti in rete, o attiva la
webcam per ottenere regali.
Quando si tratta di valutare l’attendibilità di una notizia, per circa i ¾ degli intervistati (78% adulti e
73% ragazzi) la prudenza è d’uopo, ma per contro il 43% dei minori e il 37% degli adulti basano
il proprio giudizio sulle condivisioni che quella notizia riceve.
L’accesso a strumenti che consentono di fare acquisti online – come il sistema Paypal e le carte
prepagate – alimentano un vivace traffico di acquisti online, ma espongono anche i ragazzi
all’opportunità di utilizzare la rete per scommettere, accedere a giochi online, come poker e
casino, e ad altri siti riservati ad adulti (lo fa quasi 1 ragazzo su 10).
“I risultati che emergono dalla ricerca dimostrano che adulti e ragazzi condividono le stesse
conoscenze, gli stessi livelli di consapevolezza delle conseguenze dei loro comportamenti in rete e
spesso anche i comportamenti stessi. Si tratta di un dato preoccupante se pensiamo che proprio gli
adulti dovrebbero esercitare un ruolo di guida in un contesto complesso e in continua evoluzione,
come quello del mondo e delle tecnologie digitali”, spiega Raffaela Milano, Direttore dei
Programmi Italia-Europa di Save the Children.
Esercitare il consenso in internet: è possibile?
I dati
La ricerca IPSOS per Save the Children ha voluto esplorare il consenso in internet, inteso come la
possibilità di esercitare una scelta libera e consapevole delle sue implicazioni. Ma è davvero
possibile esercitarlo, a fronte, ad esempio, di una scarsa conoscenza, da parte sia dei ragazzi che
degli adulti, della natura dei dati raccolti online e di come questi vengano realmente utilizzati?
Due su 3 tra gli intervistati (sia adulti che minori) dicono di sapere che quando navigano sui siti
web, questi registrano il passaggio digitale e 8 su 10 dichiarano di preoccuparsi molto o
abbastanza di come vengano usati i propri dati personali. Entrambi i gruppi di riferimento non
hanno però una chiara conoscenza di quali dati vengano effettivamente raccolti e non si
preoccupano troppo, anche per non perdere tempo, di leggere termini e condizioni d’uso
dei servizi on line. 1 adulto e 1 ragazzo su 5 crede che ad essere registrati in rete siano solo i dati
rilasciati volontariamente, il 63% degli adulti e il 47% dei minori l’indirizzo IP, 4 adulti su 10 e 1
ragazzo su 5 i like che si mettono ai post, il 13% degli adulti (contro l’1% dei ragazzi) quello che si
dice o si fa nelle vicinanze di un oggetto collegato ad Internet (ad esempio Smart -TV, Smart- toys,
ecc), tutte opzioni che non corrispondono alla realtà. Più di 1 ragazzo e 1 adulto su 10 è convinto,
inoltre, che i termini e le condizioni d’uso non siano altro che le regole che un gestore di un sito o
di un social deve rispettare per tenere segreti i propri dati.
I comportamenti in rete di adulti e ragazzi non sono conformi, tuttavia, alle preoccupazioni
sull’uso dei dati personali. Dalla ricerca emerge che pur di scaricare e utilizzare una app, metà
degli adulti intervistati (50%) dichiara di accettare che il servizio possa accedere ai propri contatti,
una percentuale solo di poco più bassa rispetto ai minori (58%). La quasi totalità degli adulti che
accettano (92%) è inoltre convinta che dare in cambio l’accesso ai propri contatti sia il giusto
prezzo da pagare per accedere a ciò che interessa, un dato che per i minori si abbassa di soli
due punti percentuali (90%) e che dimostra come non vi sia alcuna differenza tra il comportamento
di entrambi i gruppi di riferimento. Eppure gli intervistati dubitano della sicurezza della
conservazione dei dati (il 47% degli adulti e il 44% dei ragazzi hanno dubbi sulla sicurezza, il
18% degli adulti e il 21% dei ragazzi non sanno chi li usa e il 26% degli adulti e il 23% dei ragazzi
non sanno dove vengano conservati). Sono molto rari anche gli interventi per gestire e correggere
la propria immagine digitale. L’82% dei minori e l’86% degli adulti dichiarano che quasi mai
cancellano o modificano qualcosa postato in passato e 9 ragazzi e adulti su 10 quasi mai
tolgono il tag del proprio nome da una foto postata online o cancellano commenti di altre
persone. I ragazzi sono invece un po’ più prudenti dei grandi nelle impostazioni della privacy su
Facebook: il 66% restringe la visibilità dei post ai soli amici, contro il 58% degli adulti.
Probabili ma lontani da sé sono gli scenari associati ad un possibile uso strumentale dei
dati raccolti, come ad esempio la possibilità di accedere ad un colloquio di lavoro. Più di 1
adulto su 10 pensa che non potrà capitare mai (perché o sarà vietato per legge o perché non è
realistico) che una persona in cerca di lavoro non venga convocata al colloquio iniziale perché i
dati disponibili su internet ne tracciano un profilo negativo (per esempio di persona poco seria o
aggressiva). Per più di 1 su 3 questo potrebbe capitare, ma non di certo a lui; di contro, un terzo
dei ragazzi pensa che si tratti di casi che riguardano solo gli adulti.
“Di fronte a questi dati emerge con forza la necessità di un’azione educativa rivolta non solo
ai ragazzi ma soprattutto agli adulti e, allo stesso tempo, l’importanza di muoversi per garantire
una efficace attuazione in Italia - da parte delle istituzioni e delle aziende - della nuova
regolamentazione europea sulla tutela e protezione dei dati personali, in particolare per quanto
riguarda il consenso dei genitori all’utilizzo dei dati dei minori”, prosegue Raffaela Milano.
Intimità online
Anche quando si tratta della condivisione di materiale intimo e riservato online, la percezione di
insicurezza è alta a fronte però di forti contraddizioni nelle opinioni. Il 75% degli adulti e il 72% dei
ragazzi intervistati credono che non sia mai sicuro condividere online foto e video intimi e riservati,
e la responsabilità è equamente distribuita tra chi ha diffuso (lo pensa il 67% degli adulti e il
65% dei ragazzi) e chi in seguito ha condiviso in modo allargato e non autorizzato un
contenuto (per il 67% degli adulti e il 68% dei ragazzi).
Il 23% degli adulti e il 29% dei ragazzi, invece, sono convinti che sia sempre sicuro
condividere foto o video intimi on line perché “lo fanno tutti”, mentre il 41% degli adulti e il
44% dei ragazzi, benché consapevoli dei rischi, ritengono che a volte non si abbia nessuna
scelta alternativa; il 47% degli adulti e il 48% dei ragazzi ritengono che la condivisione di materiali
intimi sia sicura se conoscono personalmente quelli con cui condividono; circa il 40% di entrambi
se la condivisione è ristretta a utenti di cui ci si fida, anche se non ci si conosce di persona, o se ci
si fa promettere che i contenuti condivisi non saranno ulteriormente diffusi (26% degli adulti e 32%
dei ragazzi), il 42% degli adulti e il 44% dei ragazzi se non è possibile essere riconosciuti (“non si
vede il volto”), mentre 1 ragazzo e 1 adulto su 3 non lo ritiene un comportamento pericoloso se
l’altra persona condivide a sua volta qualcosa di intimo.
In questo quadro, colpisce il dato relativo agli adulti i quali dichiarano (11%) di aver visto diffuse - o
per scherzo o come “vendetta”- immagini condivise in un momento intimo, mentre il 15% dichiara
che questo è successo a qualcuno che conosce.
Affidabilità di una notizia
E quando si tratta di valutare l’attendibilità di una notizia? Per i tre quarti la prudenza è d’obbligo:
non si può mai sapere se è davvero attendibile per il 78% degli adulti e per il 73% dei ragazzi.
Eppure se da un lato per entrambi (76%) la fiducia nella fonte è di supporto, dall’altro la ricerca
evidenzia che 2 ragazzi e 2 adulti su 5 considerano affidabile una news semplicemente
perché apprezzano quella notizia; il 43% dei ragazzi e il 37% degli adulti basano
l’attendibilità delle news on line sulle condivisioni che quella notizia riceve, il 38% dei
ragazzi e il 32% degli adulti la ritengono affidabile se ha molti “like”, il 47% degli adulti e il
53% dei ragazzi se la notizia è corredata da immagini e video. Più della metà dei ragazzi e
degli adulti la giudica invece attendibile se a sua volta la news viene considerata attendibile da
persone di cui ci si fida, mentre per quasi 1 su 2 se la notizia si trova ai primi posti nell’indice di
Google.
Sempre più online e sempre più social
Sia tra i bambini che tra gli adulti è in forte crescita l’uso dello smartphone, la cui molteplicità di
funzioni ha ormai rimpiazzato cellulari tradizionali, video e fotocamere, lettori mp3. Dalla ricerca
emerge che quasi la totalità dei ragazzi (97%) e degli adulti intervistati (95%) ne possiede
uno (+26% rispetto al 2013 per i ragazzi, +18% per gli adulti rispetto al 2014) e i bambini
ricevono il loro primo smartphone a 11 anni e mezzo, età media più bassa di un anno rispetto
al 2015. Il 94% degli adulti e l’87% dei ragazzi ha almeno un profilo social e in media hanno
più di 5 profili ciascuno.
Pur di essere presenti on line, i minori sono disposti anche a mentire sulla loro età: mediamente i
ragazzi si iscrivono a Facebook a 12 anni e mezzo (un anno in meno del 2015), dichiarando
un’età superiore. La ricerca racconta inoltre che la condivisione di immagini e video di se stessi o
degli altri, con riferimenti sessuali o in pose imbarazzanti, rappresenta purtroppo un’attività molto
diffusa tra i ragazzi. I ragazzi intervistati raccontano infatti che tra i loro amici più di 1 su 5 invia
video o immagini intime di se stesso a coetanei e adulti conosciuti in rete, o attiva la
webcam per ottenere regali. Quattro su 10, infine, inviano o postano immagini intime di loro
conoscenti, più di 1 su 3 invia o riceve messaggi con riferimenti espliciti al sesso, mentre 1
su 5 invia ad amici propri video o foto intime.