Cronache animali 4 pag SC

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Cronache animali 4 pag SC
Cronache animali 4 pag
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7-02-2008
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La Scuola all’Opera
volare tra libellule e moschini in allegria, prendendosi il
lusso della semplicità all’insegna del divertimento. Il jazz
si mescola alla tradizione classica, le avanguardie si accostano ai canti infantili, lo swing alla musica francese o ai
ritmi sudamericani. Ma su tutto sembra volteggiare un pizzico di avanspettacolo con la sua anarchia volutamente
dirompente. Insomma è la musica che esplode, che senza
tante puzze sotto il naso si tuffa nel teatro e in questo si
vivifica, senza sospetti, infingimenti, e senza tanti sterili
giochini cerebrotici. Di questi tempi è prova di coraggio.
Come ogni pocket-opera che si rispetti anche la scenografia è in formato mignon, ma solo in apparenza. Al pari
di un grosso papiro che si srotola e riarrotola, ecco che
sullo sfondo scorrono gli infiniti disegni usciti dal pennello
di Giorgio Barullo e con loro, uno dopo l’altro, tutti i protagonisti dell’opera, fissati in un lampo come in un’aria.
Ma a compiere l’ultima alchimia è Paola Roman, autentico folletto del teatro che, un po’ Ariel e un po’ Calibano,
aggiunge colori a colori. La sua voce è una tavolozza in
piena, spumeggiante, dove basta una nota a far vivere
un personaggio, a delineare un carattere, a sbozzare
una situazione che sul palco deflagra in virtù della sua
energia travolgente che contagia (facendosi contagiare)
il Toujours Ensemble e i suoi musicisti in un gioco che è
riso e leggerezza ad un tempo.
Insomma Cronache animali è un piccolo gioiello per
riconciliarsi con la musica e con il teatro, per godersi
un’ora di festa che vale una vacanza. Altro che nonsense, altro che filastrocche puerili, questo è davvero un serraglio delle meraviglie, il più grande spettacolo del
mondo… a misura di tasca.
La Scuola all’Opera
La Scuola all’Opera
STAGIONE 2007 2008
Cronache
animali
FEBBRAIO 2008
DATE
DELLE RAPPRESENTAZIONI
Mercoledì 13, giovedì 14 e venerdì 15 ore 10.30
Stampa: la fotocomposizione - Torino
Alfonso Cipolla
Piccolo Regio Puccini
Febbraio 2008
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La Scuola all’Opera
CRONACHE ANIMALI
Pocket-opera
per attrice che canta e 5 strumenti
Testi
Toti Scialoja
Musica
Nicola Campogrande
con
Paola Roman
e il
Toujours Ensemble
Gabriele Artuso flauto
Marco Tardito clarinetto
Alberto Delle Piane chitarra
Margherita Monnet violoncello
Marco Puxeddu percussioni
Regia
Paola Roman
Scenografia
Giorgio Barullo
Operatori al rullo
Alessandro Guida
Fabrizio Gnan
Produzione Effeci Music
L’idea è tutta nel pocket-opera. Non un’operina. Non
un’operucola da volere e non potere. Non un diminutivo-dimunizione da parenti poveri. La pocket-opera è
un’opera da tasca nel senso più letterale, nella sua quintessenza. È un’opera da portarsi sempre con sé, come le
chiavi di casa. È come se fosse un pezzetto d’infanzia da
consumarsi al bisogno, per ritrovare un’eco di paradiso
perduto.
La giocosità liberatoria e scanzonata è la cifra più intima di Cronache animali, di questo divertissement dell’anima ideato e composto da Nicola Campogrande.
Tutto nasce dal bestiario fantastico di Toti Scialoja, poeta
degli orti calati nello stupore della meraviglia. Scialoja
non è Borges, non ci parla di draghi e chimere, liocorni
e ippogrifi: la sua è un’arca domestica, popolata di animalucci amici dell’uomo, che dell’uomo – sulla catena
seduttiva dei suoni dei versi – sono un poco specchio, in
un possibile mondo impossibile, ribaltato sì, ma appunto a portata di tasca.
Rospi, gechi, lumachine, lucciole, zanzare… sembrano
usciti di corsa dall’abbecedario di Pinocchio, ma per
perdere ogni ombra moraleggiante, e soavi gridare la
dolcezza del gioco, inteso come il più sublime degli
ammaestramenti, ingenuità compresa e innocenza
infantile sopra a tutto.
«Pipistrello ti par bello/ far pipì dentro l’ombrello?».
«L’ippopota disse: mo / nella mota o il mio popò».
E poi languide anguille, sciami di moscerini scemi, tic di
picchi in un picnic, le farfalle di Farfa e carpe amanti
dell’arpa.
In questo vortice di fonemi e onomatopee, dove i suoni
si fanno immagine e le immagini si fanno suono, anche
la musica di Nicola Campogrande, nella sua somma, è
indotta alla metamorfosi: si fa bosco, un bosco in cui
perdersi. Il lupo si fa bruco e la casetta di marzapane è
un café-chantant aperto a tutte l’ore.
Numero dopo numero, come se fosse un varietà caleidoscopico, la musica si rinnova continuamente, in una sarabanda di richiami che sembrano giocare a rimpiattino.
È Scialoja che prende per mano, e Campogrande si fa
condurre, senza nessuna vergogna, libero anche lui di