Ing. Roalndo Renzi – Ordine degli Ingegneri di Rimini Buon giorno a

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Ing. Roalndo Renzi – Ordine degli Ingegneri di Rimini Buon giorno a
Ing. Roalndo Renzi – Ordine degli Ingegneri di Rimini
Buon giorno a tutti.
Innanzitutto i ringraziamenti a voi che siete intervenuti, al CeNSU-CNI che ha voluto questo
convegno e ai relatori che sono intervenuti nell’interessante giornata di ieri e interverranno anche
oggi.
Io farò una brevissima introduzione perché il tempo non è tanto, ho preparato qualche
considerazione, non è proprio una relazione, qualche spunto per la giornata di oggi.
Come ben sappiamo Rimini è una città double face, dimensionata per poco più di centomila
abitanti, che nel periodo estivo vede più che triplicare i suoi abitanti. Una città anche per city users
quindi.
Il fenomeno, non paragonabile per valori assoluti a quello riscontrabile in alcune grandi città del
nord è comunque da prendere in considerazione nel dimensionamento delle infrastrutture, dei
servizi, nello studio della mobilità e nel sistema dei parcheggi.
Rimini è una città che vede nella struttura alberghiera –si è soliti affermare- la sua principale
“Industria”. Gli alberghi stanno a Rimini come la Fiat sta a Torino.
Un impresa sicuramente differente da quella manifatturiera, non taylorista, ma un’impresa in linea
con la moderna economia: creativa, leggera e flessibile.
Il “sistema Rimini” sta però segnando il passo.
Vedo una città un po’ troppo ricurva su se stessa, più immobile e sonnacchiosa di un tempo. Una
città più indirizzata sulla rendita che sull’impresa.
Una città sempre più statica sia economicamente sia culturalmente.
Rimini non sa cosa vuole e non sa dove vuole andare. E’ una città senza bussola, che naviga a
vista. Una città dove ci accontentiamo di gestire il quotidiano.
Abbiamo una spiaggia che da più di cinquant’anni si presenta sempre uguale a se stessa con i suoi
simboli ormai consolidati: le cabine prefabbricate, i bar di spiaggia e le passerelle di cemento, le
docce all’aperto e gli ombrelloni tutti uguali e tutti in riga.
Per cinquant’anni è mancato un Piano di Spiaggia e così sulla nostra principale risorsa ne abbiamo
viste un po’ di tutti i colori. Ci siamo ingegnati in tutti i modi ma non sempre con risultati gradevoli.
E così in spiaggia sono spuntate, di fianco ai tradizionali campi per le bocce, vasche idromassaggio
come surrogati delle piscine, improponibili palestre all’aperto, giochi gonfiabili alti come una casa a
due piani, discoteche mascherate, piccoli suk arabi, recinti per bambini, ristoranti sui tetti dei bar. A
volte le soluzioni sono state innovative e piacevoli. A volte come un pugno nell’occhio. Ma tutte
con una costante: sono state realizzate in assenza di una strategia collettiva, di una scelta
d’immagine, nella più completa anarchia di gusto, di stili, di materiali e di architetture. Per quanto
tempo ancora dovremo vedere sulla spiaggia i copertoni dei camion utilizzati come vasi dei fiori?
E che dire della zona della passeggiata impercorribile, in estate, in certe ore del giorno e della notte
a causa degli elevati livelli di traffico? Con un livello d’inquinamento ambientale ed acustico
insopportabile. Dove tutti con l’automobile vogliamo arrivare dappertutto ed impieghiamo più di
un ora per spostarci dal porto canale di Rimini al viale Ceccarini di Riccione?
Occorre ripensare la zona a mare introducendo “isole residenziali”, piste ciclabili, parcheggi, parchi
e piazze pubbliche.
Occorre ridisegnare il lungomare pensandolo non più come una tangenziale interna, una strada di
scorrimento che collega tra loro le varie località della costa, ma come una moderna Agorà, come un
luogo di relazioni interpersonali, di democrazia, di manifestazioni e spettacoli, di svago e di sport di
strada.
Tempo fa come Ordine degli Ingegneri abbiamo espresso alcune perplessità sul progetto originario
della metropolitana di costa. Le nostre riserve erano indirizzate essenzialmente ad alcune scelte
trasportistiche e ad un percorso discutibile, che tendeva ad escludere la zona dei principali alberghi.
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Ma il progetto di dotare di un trasporto pubblico leggero, veloce e non inquinante la nostra riviera,
di eliminare o quanto meno di ridurre il traffico della zona a mare lo condividiamo e riteniamo che
non ci sia più tempo da perdere per la sua realizzazione.
A Rimini anche gli alberghi stanno segnando il passo.
Oggi la clientela è notevolmente cambiata. Le esigenze sono aumentate ma la qualità media dei
nostri alberghi non si è elevata di molto (la relazione del dott. Santinato che seguirà ci offrirà
sicuramente molti spunti di riflessione).
Quanti alberghi a Rimini sono dotati di Beauty Center o di Hammam? Esistono dei Wellness Hotel?
Quanti alberghi di “charme” abbiamo oggi a Rimini? E quanti sono gli alberghi specializzati in
segmenti particolari di clientela? Quanti sono quelli dotati di parcheggi sufficienti e di attrezzature
sportive oggi sempre più richieste?
A fronte di molti alberghi che hanno investito e si sono rinnovati ne esistono altrettanti che hanno
mantenuto le caratteristiche che avevano negli anni cinquanta, che non hanno un numero di camere
sufficiente per essere considerati economicamente vantaggiosi e che non rispettano i requisiti
normativi. Sono i cosiddetti alberghi marginali.
Molti albergatori vorrebbero investire per rinnovarsi, ampliarsi o trasformarsi ma non sempre
trovano la possibilità di farlo. La stragrande maggioranza degli alberghi non ha piani interrati per i
garages ed intervenire sull’esistente è chiaramente complicato e costoso.
Le norme sulle distanze e tra pareti finestrate non favoriscono gli ampliamenti. Con quelle sismiche
è quasi impossibile sopraelevare senza passare per costosi “adeguamenti” e l’obsolescenza di molte
strutture portanti non permettono interventi radicali. Bisogna trovare dei nuovi strumenti operativi
per venire incontro alle necessità del mercato.
Il prof. Monti ha paragonato il fenomeno degli alberghi marginali, dal punto di vista concettuale, a
quello delle cosiddette aree industriali dismesse nelle grandi città.
Il paragone forse è anche un po’ una provocazione. Ma certo è stimolante.
Laddove c’erano industrie pesanti a Milano o a Torino si sono create nuove residenze, parchi
pubblici, centri commerciali e direzionali, attrezzature sportive, per cercare di colmare quel deficit
di servizi pubblici tipici delle città industriali.
Qui a Rimini laddove abbiamo parti di industria non più competitive (gli alberghi marginali)
abbiamo dei potenziali “vuoti” da riempire in maniera differente, da trasformare, oppure da
recuperare, da convertire.
Gli alberghi marginali, unitamente alle ex-colonie, alle attività commerciali fuori mercato, alle
poche aree pubbliche o private ancora disponibili sono i “vuoti” dove dobbiamo cercare di
riqualificare la città in generale e la zona turistica in particolare con quei “pieni” di cui sentiamo la
mancanza (e qui vedremo le relazioni del dott. Gerosa e dell’ing. Novaresi, dell’ing. Piva e degli
ingg. Pasini-Zavatta rappresentanti della nostra Commissione Urbanistica che porteranno
sicuramente un contributo originale).
Cosa farci in questi aree?
Di certo non dobbiamo trasformare gli alberghi marginali rimasti in nuove residenze permanenti.
Dobbiamo evitare di saturare il mercato degli appartamenti, di privilegiare la rendita immobiliare ed
al tempo stesso di svuotare la nostra “industria” principale ed intraprendere una strada senza ritorno.
E’ inaccettabile pensare ad ulteriori trasformazioni di piccole pensioncine in nuove quote
residenziali.
Un ulteriore loro mutamento in Residence indurrebbe nuovi problemi in zone già congestionate
mentre dal punto di vista economico avremmo ripercussioni negative sull’indotto e sulle centinaia
di piccole imprese che ruotano attorno all’attività alberghiera introducendo elementi di crisi non
tollerabili.
In questo contesto anche il mantenimento dell’attuale norma del PRG di Rimini che consente la
trasformazione di ¼ della destinazione da alberghiera a residenziale non lo vediamo con favore.
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Non vogliamo che Rimini diventi come i Lidi ferraresi . Bellissimi e gradevoli -per carità- ma
Rimini è un’altra cosa.
Come fare?
Ecco che qui l’urbanistica ci deve dare una risposta. La nuova urbanistica per progetti e non per
piani ci da una mano.
Gli strumenti oggi –al contrario di anni fa- non mancano (Accordi con i privati, Società di
Trasformazione Urbana, Piani di Recupero, Piani Integrati, Finanza di Progetto, ecc).
Tutti, chi più chi meno, contemplano un rapporto tra pubblico e privato – ed ecco che qui si capisce
il tema del nostro convegno.
Le relazioni che seguiranno ci daranno sicuramente alcune risposte in merito………
In generale oggi vedo purtroppo una Rimini che segna il passo, una Rimini un po’ troppo ricurva
su se stessa.
Manca la voglia di investire, di fare. In molti casi si preferisce puntare sulle rendite di posizione
piuttosto che rischiare, mettersi in gioco.
Ci chiudiamo in noi stessi a coltivare l’orticello ma non guardiamo al di la dello steccato.
Come mi diceva ieri un nostro collega OCCORREBBE PIU’ UDACIA da parte di tutti. Perché
tutti siamo sulla stessa barca.
Rimini dovrebbe fare uno scatto, tornare allo spirito dei nostri padri che, dopo la guerra, ebbero il
coraggio di rimboccarsi le maniche e costruire qualcosa di importante.
Dobbiamo darci una strategia per il futuro.
Pensare a quello che vogliamo per la nostra città e poi metterci tutti insieme davanti ad un tavolo
per decidere come dovrà essere la Rimini dei nostri figli.
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