Per avere la riforma, Renzi rinuncia all`arma del voto
Transcript
Per avere la riforma, Renzi rinuncia all`arma del voto
Poste Italiane s.p.a. - sped. in abb. post. d.l. 353/2003 (conv. in l. 27.02.2004, n.46) art.1, comma 1, dcb roma Mercoledì 5 Marzo 2014 Anno XII • N°45 1,00 CRISI UCRAINA Muscoli e trattativa: le due facce di Vladimir Putin mentre la diplomazia mondiale si muove anche con la minaccia americana di sanzioni. E domani tocca all’Europa con l’esordio di Matteo Renzi A PAGINA 2 n n MINI-ITALICUM LEGGE ELETTORALE EDITORIALE OGGI PRIMI VOTI A MONTECITORIO Legge-mostro che va bene a quei due L’Italicum costa caro e per ora è inutile ANDREA MORRONE STEFANO MENICHINI L ’accoglimento del “lodo D’Attorre” da parte di Berlusconi è una mossa politica magistrale. Piuttosto che calcare la mano sull’accordo raggiunto con Renzi prima della nascita del nuovo governo, con conseguenze imprevedibili per il governo o per la tenuta dell’intesa, il leader di Forza Italia si mostra disponibile a una revisione: l’Italicum varrà solo per l’elezione della camera mentre al senato, finché non sarà modificato il bicameralismo, si applicherà la proporzionale con voto di preferenza imposta dalla Consulta. V SEGUE A PAGINA 4 n n CRISI UCRAINA Putin mostra i muscoli ma aspetta l’Ue VITTORIO STRADA P utin ha finalmente parlato. Per la prima volta da quando è scoppiata la questione della Crimea. Il presidente russo ha tenuto una conferenza stampa in cui ha fatto il punto della situazione sulla crisi ucraina e spiegato le posizioni della Russia. L’intervento è ruotato in buona parte intorno al concetto di legalità: quella a suo modo di dire violata dal blocco che ha preso il potere a Kiev, seminando anarchia, organizzando linciaggi e diffondendo il verbo antisemita. SEGUE A PAGINA 2 n n ADESIONE AL PSE Ci voleva Renzi per chiudere la discussione ARNALDO SCIARELLI C asini e i suoi cadetti sono ormai insopportabili. Voler unire i cosiddetti “moderati” attraverso il centrodestra italico sotto l’egida dei valori dell’attuale popolarismo europeo, contaminato da destrumi liberisti, conservatori e filo razzisti, è incomprensibile. Il popolarismo vero è altra cosa, è quello di De Gasperi, realistico ma progressivo, è quello di Fanfani, di Moro, di Zaccagnini, di La Pira più decisionista nel guardare solo a sinistra. SEGUE A PAGINA 4 Per avere la riforma, Renzi rinuncia all’arma del voto Via libera di Berlusconi all’Italicum solo per la camera. Il premier: bene, venerdì avremo la legge, poi aboliremo il senato. Il Pd ritira quasi tutti gli emendamenti, restano i malumori RUDY FRANCESCO CALVO M atteo Renzi è riuscito a far accettare a Silvio Berlusconi anche l’ultimo strappo sulla nuova legge elettorale: dopo la distribuzione nazionale dei seggi, il ballottaggio, le soglie più basse di quelle previste inizialmente, ieri Forza Italia ha detto sì anche al “lodo D’Attorre”, che prevede un Italicum limitato solo alle elezioni della camera, mentre per il senato – finché non sarà abolito – rimane in vigore il proporzionalissimo Consultellum uscito fuori dalla sentenza della corte costituzionale. Una garanzia richiesta in primo luogo da Ncd e gli altri “cespugli”, ma sostenuto anche dalla minoranza dem, che allontana la prospettiva di elezioni anticipate, almeno a dopo il completamento delle riforme costituzionali. «Un passo avanti importante – ha commentato subito Renzi da Tunisi, dove si trovava per il suo primo viaggio all’estero da premier – credo sia molto importante arrivare a un modello in cui ci sia un vincitore certo e l’Italicum lo garantisce». Sarebbe invece «del tutto secondario» lo stralcio del senato, visto che «abbiamo deciso di abolirlo». Se Ncd festeggia, Scelta civica chiede un incontro di maggioranza per avere chiarimenti, mentre anche dentro il Pd e FI i malumori non sono placati del tutto. Berlusconi ha dovuto anticipare il proprio rientro a Roma per convincere personalmente i suoi a dare il via libera alla nuova intesa. L’assemblea dei deputati dem, invece, ha deciso il ritiro degli emendamenti per accelerare l’approvazione a Montecitorio, ma ha mantenuto quello per favorire la parità di genere («Il segretario proverà a vedere se ci sono ancora margini per farlo passare», ha garantito il capogruppo Roberto Speranza, lasciando intendere ai colleghi che in caso contrario non si potranno fare le barricate). E di «nodi non sciolti» parla anche Gianni Cuperlo, che rinvia al senato la necessità di «lavorare ancora per migliorare il testo attuale nel rispetto dell’accordo politico che lo sostiene». Ma sono anche personalità considerate vicine al premier a esprimere i loro dubbi sull’ultima ) IL SELFIE AGLI OSCAR _ Gli dei sono scesi dall’Olimpo mediazione. «Non ha senso», twittava Roberto Giachetti prima ancora che arrivasse il sì di Berlusconi. E l’intervento segnalato come il più duro nell’assemblea dei deputati del Pd è stato quello di Paolo Gentiloni. Anche l’area ulivista è in subbuglio: «Non male, malissimo», twitta Arturo Parisi. E Franco Monaco, «con rammarico», aggiunge: «La navigazione del governo è appesa al condizionamento di partiti, partitini e singoli parlamentari». @rudyfc n n ROBIN Esperto Berlusconi si rammarica perché Renzi non riesce a farsi sostenere n n PAOLA CASELLA n n I due eventi più salienti alla cerimonia degli Oscar 2014, dal punto di vista della comunicazione mediatica, non riguardano né le performance degli artisti premiati né la faraonica messinscena condita da canzoni e danze live: sono il selfie e il photobombing ad opera delle star di Hollywood. Il selfie più clamoroso è, naturalmente, quello in cui Ellen De- Generes ha chiamato a raccolta le star a lei più vicine con la disinvoltura di chi è abituato ad ospitarle nel proprio talk show e a chiamarle per nome («Hey Meryl! Anche tu Julia! Tu pure, Channing!»). Ma ci sono decine di altri selfie scattati dalle star sul tappeto rosso, nel backstage e ai party che hanno seguito la premiazione. SEGUE A PAGINA 4 dalla propria maggioranza. Parola di esperto. edendo che i partiti si accordano per dare un nuovo sistema elettorale alla camera lasciandone il senato praticamente privo, il primo impulso sarebbe di ricorrere a una nota battuta di Matteo Renzi. «Chiamate l’ambulanza». E se uno dovesse sospettare che, invece della «rivoluzione» annunciata, il parlamento si preoccupa innanzi tutto di garantire se stesso rendendo impossibili le elezioni a tempo indeterminato, di nuovo dovrebbe ricorrere al repertorio renziano: «Per questi ci vuole il TSO». Noi resistiamo all’impulso. Dunque non invochiamo il trattamento sanitario obbligatorio per politici che faticano intorno a difficili compromessi. Non mandiamo ambulanze a prelevare un presidente del consiglio che, per tenere in piedi una coalizione ereditata e una maggioranza parlamentare infida, si adatta alle mediazioni possibili. E cerchiamo di capire se nell’accordo annunciato ieri prevalgano gli aspetti negativi o quelli positivi. Come su tutte le altre grandi cose che ha promesso di fare per l’Italia qui e adesso, anche sulle riforme istituzionali Matteo Renzi merita di essere giudicato sui risultati. È evidente che in questo campo c’è una contraddizione fra l’impostazione di prima e di dopo l’ascesa a palazzo Chigi. Nessuno scandalo: la flessibilità in politica è importante quanto la coerenza. I delusi possono pensare che se ne va oggi un altro pezzetto del Matteo Renzi che fu (scortato dalla soddisfazione di Quagliariello e dall’emendamento di D’Attorre: i renziani dovranno abituarsi a essere meno sarcastici con questi compagni di viaggio). Gli ottimisti possono rimarcare, con buone ragioni, che la riforma elettorale che era chimera due mesi fa sarà legge approvata dalla camera già dopodomani. Il fatto è che approvare l’Italicum solo per Montecitorio appare l’unica possibilità, a questo punto. È il solito discorso delle aspettative che si generano: la promessa ai cittadini di restituire loro subito il potere di scelta s’è rivelata eccessiva rispetto alle compatibilità del quadro politico. Ora le elezioni diventano tecnicamente impossibili (confermando il sospetto che neanche Berlusconi le volesse), con implicazioni giuridiche che andranno valutate dal Quirinale. Renzi deve rinunciare alla pistola carica del ricorso alle urne in caso di veti. E tutta la sua credibilità, oltre che sulle drammatiche domande del paese, si giocherà da adesso nel lungo infido percorso della riforma costituzionale del bicameralismo: ce la dovesse fare, sarebbe una vittoria ancor più grande, contro ogni probabilità. Ci vuole tanto ottimismo per credere nel lieto fine. Ce lo iniettiamo a forza. @smenichini Chiuso in redazione alle 20,30