Commissione incompatibilità della Conferenza dei Dottori

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Commissione incompatibilità della Conferenza dei Dottori
Commissione incompatibilità della Conferenza dei Dottori Commercialisti
e degli Esperti Contabili delle Tre Venezie
PROBLEMATICHE DERIVANTI DALLE NUOVE NOTE INTERPRETATIVE RELATIVE ALLA
DISCPLINA DELLE INCOMPATIBILITA’ CON L’ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE
L’emanazione, in data 13 ottobre 2010, da parte del CNDCEC, delle note interpretative relative alla
disciplina delle incompatibilità con l’esercizio della professione di dottore commercialista ed esperto
contabile, prevista dall’art. 4 del DLgs n. 139/2005, ha generato non poca preoccupazione da parte degli
Ordini territoriali e dei colleghi per le novità che vi sono riportate, soprattutto in tema di incompatibilità con
l’esercizio dell’attività d’impresa.
Tali note interpretative, dapprima stabiliscono che le precedenti interpretazioni del Consiglio Nazionale dei
Dottori Commercialisti sull’argomento devono intendersi superate e sostituite, in seguito provvedono a
fornire un esame e una interpretazione puntuale di quanto indicato nell’art. 4 del Dlgs n. 139/2005,
riportando anche apposite casistiche in tema di esercizio dell’attività d’impresa, di esclusione da ipotesi di
incompatibilità e concludono con precise prescrizioni per gli Ordini Territoriali in tema di verifica delle
situazioni di incompatibilità.
Scopo del presente documento è l’evidenziazione degli aspetti critici di tali nuove note interpretative e
l’indicazione delle modifiche auspicabili.
Seguendo l’impostazione del documento interpretativo, esso parte dall’analisi della normativa prevista
dall’art. 4, ricordando che l’incompatibilità di cui al comma 1, dell’art. 4, del DLgs n. 139/2005 è presente
anche in caso di prestazioni occasionali e/o non prevalenti; condivisibile appare la considerazione che
l’attività ritenuta incompatibile debba essere effettivamente esercitata e che quindi sia necessario “porre a
confronto attività oggettivamente svolte e non mere qualità assunte, convenendosi che in caso di mancato
concreto esercizio… non può ravvisarsi incompatibilità”.
Così anche l’analisi svolta relativa all’esercizio di altre professioni e specifiche attività, quali quelle di
notaio, di giornalista professionista, di appaltatore di pubblico servizio, eccetera, non destano particolari
problematiche, essendo già ampiamente state affrontate in passato, mentre per le nuove professioni
incompatibili, quale quella di promotore finanziario, non si ravvisano criticità di sorta.
Risulta apprezzabile il richiamo circa il fatto che “la norma estende l’incompatibilità all’attività di
intermediazione e alla figura del mediatore, con una formulazione letterale così ampia e generica da
ricomprendere qualsiasi attività di intermediazione e ogni figura di mediatore”.
E’ nella parte relativa all’analisi dei casi di incompatibilità connessi all’esercizio dell’attività d’impresa che
si concentrano le problematiche riportate qui di seguito:
1
L’esercizio dell’attività di impresa agricola
L’esercizio dell’impresa agricola è considerato in linea generale incompatibile ad eccezione dell’attività
“diretta alla gestione patrimoniale o di mero godimento o conservativa” (punto 4.1 delle note interpretative).
Va ovviamente da sé, in quanto conservativa, che la concessione in affitto dell’azienda o del fondo
rappresentano un caso di gestione “statica” o di mero godimento.
Nel documento viene specificato, a titolo esemplificativo e non esaustivo, che l’incompatibilità è da
escludersi laddove “i prodotti agricoli siano rivenduti esclusivamente per rientrare delle spese sostenute per
la manutenzione e la conservazione del fondo”. Questo potrebbe causare non pochi problemi per gli Ordini
Territoriali, che dovranno verificare tale condizione, considerato che solitamente le imprese agricole non
sono dotate di contabilità e risulta quindi difficoltoso recuperare la documentazione che consenta di
effettuare il necessario confronto tra costi e ricavi. Per risolvere tale problematica operativa, si propone di
individuare un livello di ricavi per ettaro (o capi di bestiame) derivanti dalla rivendita dei relativi prodotti, al
di sotto del quale si presume sempre che l’attività svolta rivesta i requisiti della gestione patrimoniale o di
mero godimento o conservativa, limitando la verifica ai casi di effettivo superamento di tale soglia.
Qualora l’Ordine debba richiedere all’iscritto di dimostrare, mediante altra documentazione, che l’attività è
rivolta alla copertura dei costi, si ritiene necessario sia considerato un adeguato arco temporale - non
inferiore a 5 anni - nel confronto tra ricavi e spese, per tener conto della possibile influenza di circostanze
(climatiche, ambientali, congiunturali, di sostituzione di macchinari e attrezzature o di particolari interventi
sul fondo) il cui verificarsi può indurre a non corretta valutazione ove il riferimento fosse limitato all’arco
annuale.
Va considerato inoltre che, mentre per l’impresa agricola individuale, le società di persone, le società di
capitali e le cooperative, il caso 17 delle note interpretative fa espresso riferimento al DLgs n. 99/2004, che
ha definito imprenditore agricolo professionale il soggetto che dedica all’attività agricola almeno il 50% del
proprio tempo di lavoro complessivo e che ricava da tale attività almeno il 50% del proprio reddito
complessivo da lavoro, a proposito delle società semplici, il caso 2 stabilisce che l’attività di impresa
agricola svolta in forma di società semplice è da considerarsi incompatibile, a meno che non rientri tra quelle
“dirette alla gestione patrimoniale o di mero godimento o conservativa”.
Nell’ambito del caso 2 si ritiene non siano da sottovalutare:
•
la contrapposizione fra le due fattispecie a) e b), dove a) definisce un’ipotesi di attività non
imprenditoriali e non agricole, volendo circoscrivere l’impresa agricola alla fattispecie b). Infatti
l’impresa agricola, come l’impresa commerciale, soggiace al disposto generale di cui all’art. 4 Dlgs.
139/05, mentre la fattispecie a) fa riferimento ad attività che oggettivamente non rientrano nel principio
generale;
•
Il rimando al paragrafo 4.1, che disciplina la causa di esclusione, fa mero riferimento alla modalità di
svolgimento e anche al fine dell’attività agricola, senza alcuna distinzione soggettiva.
•
Il contenuto del Dlgs 99/04, richiamato dal caso 17, che all’art. 1 comma 1, definisce imprenditore
agricolo professionale “colui il quale…dedichi….direttamente o in qualità di socio di società, almeno il
50% del proprio tempo di lavoro…”1. Viene quindi ricompreso in linea generale qualsiasi tipo di società
(anche la società semplice): infatti, al successivo comma 3 vengono definite le regole in forza delle quali
le società di persone, di capitali e cooperative possano assumere la qualifica di imprenditore agricolo a
titolo principale, imponendo, in particolare, l’esercizio esclusivo dell’attività agricola.
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Art. 1.
Imprenditore agricolo professionale
1. Ai fini dell'applicazione della normativa statale, e' imprenditore agricolo professionale (IAP) colui il quale, in possesso di conoscenze e competenze
professionali ai sensi dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, dedichi alle attività agricole di cui
all'articolo 2135 del codice civile, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro
complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro. Le pensioni di ogni genere, gli
assegni ad esse equiparati, le indennità e le somme percepite per l'espletamento di cariche pubbliche, ovvero in società, associazioni ed altri enti
operanti nel settore agricolo, sono escluse dal computo del reddito globale da lavoro. Per l'imprenditore che operi nelle zone svantaggiate di cui
all'articolo 17 del citato regolamento (CE) n. 1257/1999, i requisiti di cui al presente comma sono ridotti al venticinque per cento.
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Non si ravvisano, dunque, differenze di trattamento legate alla distinzione effettuata dalle note interpretative
fra imprenditore agricolo individuale e società semplice. Rimarrebbe piuttosto per entrambi il problema di
come qualificare e quantificare l’esercizio dell’attività agricola al solo fine della gestione patrimoniale e del
mero godimento, problema per il quale è proposta la soluzione operativa di cui sopra.
Sarebbe allora più semplice e opportuno, coerente con la ratio degli articoli 2082, 2135, 2195 del codice
civile, dell’art. 4 del DLgs n.139, nonché maggiormente aderente alla realtà agricola in genere e del nostro
territorio in particolare, stabilire che la condizione di incompatibilità relativa all’esercizio di impresa agricola
fosse verificata solamente quando l’iscritto sia qualificato e ufficialmente riconosciuto quale “imprenditore
agricolo professionale”, ai sensi del DLgs n. 99/2004, fatta salva, in questo caso l’esistenza di una causa di
esclusione ex punto 4.1 delle note interpretative.
Le società di servizi o di mezzi
Viene introdotta una nuova ipotesi di incompatibilità che in precedenza veniva, nella sostanza, tollerata.
Quando la società di servizi strumentali o ausiliari all’esercizio della professione, ha anche (o solo) clienti
che non sono il professionista stesso, l'esclusione da ipotesi di incompatibilità per esercizio di attività
d’impresa risulta applicabile solo nel caso di prevalenza del fatturato individuale dell'iscritto (di cui alla
posizione IVA individuale e/o alla quota spettante del fatturato dello studio associato) rispetto alla quota
parte di fatturato della società di servizi allo stesso imputabile, sulla base della percentuale di partecipazione
agli utili. Ove fosse accertato che la parte di fatturato della società commerciale, riferibile all'iscritto, fosse
superiore al proprio fatturato individuale (di cui alla posizione IVA individuale e/o alla quota spettante del
fatturato dello studio associato), i servizi offerti da detta società non sarebbero qualificabili come
“strumentali” o “ausiliari” e la causa di incompatibilità sarebbe presente.
Sarebbe il caso di definire il vero significato di servizi “ausiliari” e “strumentali” alla professione.
L’interpretazione data nelle Note tralascia di identificare, nella sostanza, cosa deve intendersi per strumentale
e accessorio, soffermandosi solo sul parametro numerico.
Si ritiene a tal proposito interessante evidenziare come ha definito il Ministero del Lavoro i concetti di
“ausiliario” e “ strumentale”, nell’ambito delle attività consentite ai CED che svolgono attività di
elaborazione cedolini paghe (relativo al problema delle autorizzazioni Inail e Dpl per gli invii dei dati e le
deleghe). Il Ministero ritiene compatibili con le operazioni di calcolo e stampa del prospetto paga le connesse
attività di carattere “strumentale e accessorio” intendendosi:
-
strumentali: le attività quali la raccolta, la lettura e la materiale trasposizione dei dati indicati nei libri
paga, nonché l’aggiornamento dei relativi programmi informatici;
-
accessorie: le attività consistenti in mere operazioni successive e secondarie quali la consegna dei
cedolini paga e della documentazione relativa agli adempimenti ricorrenti e periodici e l’archiviazione
dei dati raccolti.2
Si segnala che il parametro basato sul confronto tra i fatturati, non previsto dalla norma, può creare grosse
difficoltà per gli iscritti, dovute al confronto da effettuare puntualmente per ogni anno, tra:
-
il fatturato della società di servizi che solitamente viene prodotto “per competenza”, trattandosi di servizi
continuativi quali le elaborazioni contabili o i cedolini paga; la fattura infatti viene in genere emessa
periodicamente, indipendentemente dall’effettivo incasso della stessa;
-
il fatturato dell’attività del professionista o studio associato che, invece, viene solitamente prodotto “per
cassa”; la fattura è preceduta dall’avviso di parcella e viene poi emessa solamente al momento
dell’effettivo incasso;
La differenze che si possono verificare tra un fatturato prodotto per competenza e un fatturato prodotto per
cassa, potrebbero far dichiarare incompatibile un collega che semplicemente non ha incassato in un
determinato anno una grossa prestazione professionale che ha comunque effettivamente svolto. In astratto e
2
Ministero del Lavoro nota prot. N. 13649 del 23 ottobre 2007 e N. 7004 del 4 giugno 2007.
3
paradossalmente potrebbero verificarsi, nel succedersi degli anni, situazioni cicliche o periodiche di
incompatibilità.
Si propone quindi di consentire agli Ordini Territoriali di effettuare la necessaria verifica tra i fatturati
basandola, non sul dato puntuale del singolo anno solare, ma sulla media quinquennale degli stessi, in modo
tale da consentire di assorbire, mediante appunto la media, le differenze di fatturato che si potrebbero
generare per un collega che, ad esempio, ha in corso una grossa procedura concorsuale o una complessa
operazione straordinaria e nel contempo è socio di una società di servizi che continua a fatturare le proprie
attività in maniera costante nel tempo.
Si sottolinea, inoltre, che il punto 4.2 delle note interpretative riguarda un caso di esclusione da ipotesi di
incompatibilità. Quindi per ravvisare una concreta situazione di incompatibilità non è sufficiente la sola
prevalenza del fatturato delle società di servizi rispetto a quello del professionista, ma sarà anche necessario
verificare che l’iscritto sia portatore di un interesse economico prevalente nella società di servizi e che sia
detentore di ampi o esclusivi poteri di gestione. Mancando anche uno solo di questi tre requisiti, la causa di
incompatibilità non sarà verificata.
Considerato che il problema principale rimane, comunque, come accertare l’esistenza di un rapporto di
strumentalità e accessorietà rispetto all’esercizio della professione, potrebbe essere una soluzione, in luogo
della verifica del rapporto tra volumi di fatturato, quella che l’attività (volume d’affari) sia rivolta, in
prevalenza, verso gli stessi clienti dell’iscritto.
Si propone quindi di modificare il caso 4.2 delle note interpretative, nella parte in cui prevedono “Quando
invece detta società avesse anche (o solo) clienti terzi, l’esclusione di cui trattasi sarebbe applicabile
solo…” prevedendo invece:
“Quando invece detta società avesse anche (o solo) clienti terzi rispetto a quelli dell’iscritto, l’esclusione di
cui trattasi sarebbe applicabile solo nel caso di prevalenza del fatturato individuale dell’iscritto (di cui alla
posizione IVA individuale e/o alla quota spettante del fatturato dello studio associato) rispetto alla quota
parte di fatturato della società di servizi allo stesso imputabile prodotto nei confronti di clienti terzi rispetto
a quelli dell’iscritto”.
La competenza degli Ordini Territoriali
L’art. 12 comma 1 del DLgs n. 139/2005, prevede, tra le attribuzioni del Consiglio dell’Ordine Territoriale
l’aggiornamento e la verifica periodica, almeno una volta l’anno, della sussistenza dei requisiti di legge in
capo agli iscritti.
Tale verifica deve essere necessariamente condotta con riferimento alla totalità degli iscritti all’Ordine,
utilizzando un modello di autocertificazione ai sensi del DPR 445/1990, completo delle formule di rito,
predisposto dallo stesso Consiglio Territoriale. In tale modello gli iscritti dovranno attestare l’inesistenza di
cause di incompatibilità previste dall’art. 4 del DLgs. N. 13/2005, come interpretate dalle note interpretative
del 13 ottobre 2010.
Successivamente potranno essere oggetto di riscontro da parte del Consiglio Territoriale le posizioni dei
colleghi che non avranno fatto pervenire l’autocertificazione.
L’entrata in vigore
L’art. 4 del DLgs n. 139/2005, al quarto comma, stabilisce che “le ipotesi di incompatibilità sono valutate
con riferimento alle disposizioni di cui al presente articolo anche per le situazioni in corso alla data di
entrata in vigore del decreto legislativo”. Le note interpretative, al punto 4.1, specificano che “ai fini della
prima applicazione della norma il periodo intercorrente tra la data di entrata in vigore del decreto
legislativo e il 31/12/2007 può ritenersi congruo ai fini della rimozione di cause di incompatibilità
preesistenti”.
Da quanto riportato si può dedurre che gli Ordini Territoriali sono tenuti ad applicare le nuove note
interpretative sulle incompatibilità a decorrere dalle situazioni in essere al 1/1/2008, sebbene esse siano state
emanate solamente il 13/10/2010. Si tratterebbe quindi di una sorta di interpretazione retroattiva. E’ da
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sottolineare che per quasi due anni gli iscritti non potevano essere a conoscenza delle interpretazioni delle
nuove regole in tema di incompatibilità.
Si propone, in considerazione di quanto sopra, di consentire agli Ordini locali di applicare le nuove Note
interpretative solamente per le situazioni in corso dalla data del 13 ottobre 2010 e non regolarizzate entro un
ragionevole termine.
Alla luce di quanto riportato, la precisazione fornita dal Consiglio Nazionale con il Pronto Ordini n.
136/2001 dello scorso 21 giugno 2011, desta non poche perplessità. In tale documento, infatti, si afferma che
“l’art. 4 è in vigore già dal 3 agosto 2005 e che l’eventuale sussistenza di situazioni di incompatibilità in
capo all’iscritto configura una violazione di legge rilevante ai fini dell’art. 49 DLgs n. 139/2005
(procedimento disciplinare)… il Consiglio dell’Ordine, osservate le norme del procedimento disciplinare,
deve accertare la sussistenza di eventuali cause di incompatibilità entro, e non oltre, il termine di 5 anni”.
Si deve preliminarmente rilevare che tale indicazione risulta in palese contrasto con quanto indicato al punto
4.1 delle Note Interpretative del 13 ottobre 2010 nel quale viene espressamente indicato che “ai fini della
prima applicazione della norma il periodo intercorrente tra la data di entrata in vigore del decreto
legislativo e il 31/12/2007 può ritenersi congruo ai fini della rimozione di cause di incompatibilità
preesistenti”.
In secondo luogo tale interpretazione va a cozzare contro qualsiasi principio di “affidamento” da parte
dell’iscritto: non è possibile stabilire a giugno 2011 che tutte le situazioni a partire dal 3 agosto 2005 vadano
giudicate sulla base di interpretazioni emanate il 13 ottobre 2010.
Solo per concludere, seguendo tale interpretazione, tutti gli Ordini territoriali non avrebbero adempiuto agli
obblighi loro imposti, considerato che a giungo 2011 l’azione accertatrice relativa alle situazioni esistenti ad
agosto 2005 risulta ampiamente prescritta.
Si confida quindi in una pronta revisione di tale interpretazione, che magari tenga in debito conto le
considerazioni riportate nel presente documento.
Venezia, 23 giugno 2011
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