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8 SPECIALE 6-12 novembre 2007 INFANZIA&BENESSERE/ A Cagliari le due professioni in tandem hanno sperimentato il Bimbi, temperamento al check Le aree indagate: emozionale, sociale, dell’attenzione, della socialità N ell’ambito dei programmi di sviluppo di nuove modalità di lavoro e sinergie atte a migliorare l’efficienza e la professionalità del pediatra di famiglia (Pdf), il sindacato Cipe (Confederazione italiana pediatri) ha realizzato una collaborazione sperimentale tra Pdf e psicologo, i cui risultati sono stati presentati al congresso nazionale di Viterbo, a fine ottobre. Si è rilevato il temperamento di una popolazione pediatrica della provincia di Cagliari, di età compresa tra 6 mesi e 11 anni. La rilevazione del temperamento consente di affinare le tecniche educative e di individuare linee di indirizzo comportamentali, utili ai genitori anche in funzione di una precoce individuazione di situazioni di disagio sociale del bambino. All’elaborazione del progetto hanno collaborato Dolores Rollo, docente di Psicologia dello sviluppo presso la facoltà di Psicologia dell’Università di Cagliari, e la psicologa Loredana La Barbera. Oggi la convenzione nazionale sulla pediatria di famiglia prevede la possibilità di assunzione per due sole figure professionali: collaboratore di studio con funzioni di segreteria e infermiere. Dall’indagine si evince invece che nuove modalità di collaborazione con altre figure professionali sono proficuamente proponibili, in una fase di rinnovo contrattuale. Il tutto, in accordo con le linee di indirizzo che emergono dalla riforma del sistema di cure primarie. I partecipanti I punti fondamentali della sperimentazione, effettuata nell’ambito dell’ambulatorio pediatrico, si possono riassumere nei seguenti punti: aumentare la qualità delle prestazioni ottenibili in un ambulatorio di Pdf senza consistenti aggravi di spesa; dare sinergia al lavoro del pediatra tramite la collaborazione con altre figure professionali; diminuire il rischio burn-out aumentando la possibilità di lavorare con collaboratori di studio; verificare il gradimento di tale sperimentazione da parte delle figure professionali coinvolte e degli utenti; valutare l’eventualità di proporre tali percorsi nella stesura dell’Acn. L’importanza della rilevazione del temperamento nel bambino è nota da tempo. La valutazione di questo aspetto del carattere, infatti, riveste notevole importanza Risultati globali sia in funzione all’affinamento di interventi educativi sia per poter fornire ai genitori linee di indirizzo nell’approccio educativo. Gli studi più accreditati in merito alla valutazione del temperamento sono quelli di Thomas e Chess. Il loro lavoro longitudinale, tuttora in corso (“New York longitudinal study-Nyls”), che ha coinvolto 131 bambini, si è rivelato una fonte importantissima di dati. I due autori hanno predisposto una serie di test atti a rilevare il temperamento nel bambino. Nel nostro lavoro ci siamo avvalsi del Quit test (Questionario italiano del temperamento) di Giovanna Axia, appositamente validato per l’Italia. Sono stati selezionati 66 bambini (33 maschi e 33 femmine). Il test prevede un numero di domande oscillanti da un minimo di 54 a un massimo di 60, a Stili seconda della fascia di età. Fornisce indicazione su sei aree tematiche relative al temperamento: emozionalità positiva; emozionalità negativa; orientamento al sociale; attenzione; attività motoria; inibizione alla novità. La consegna del questionario è avvenuta tramite un breve colloquio tra lo sperimentatore e il genitore, alla presenza del pediatra. Nel corso del colloquio venivano spiegate con chiarezza la modalità di esecuzione del test e le finalità del medesimo. Particolare attenzione è stata posta nello specificare che i risultati del test non avrebbero fornito alcuna valutazione o dati sull’intelligenza, ma solo sul temperamento del bimbo. In base ai risultati ottenuti è possibile evidenziare dal punto di vista temperamentale quattro profili principali: temperamen- to emotivo; temperamento calmo; temperamento equilibrato («normale» secondo le indicazioni di Axia, 2000); temperamento difficile. Appare utile far rilevare tra i quattro profili principali un piccolo accenno alla valutazione del temperamento cosiddetto “difficile”, che comprende individui con elevata emozionalità negativa e bassa emozionalità positiva. A tale temperamento sono abbinate relazioni più problematiche con l’ambiente. Pur essendo casi poco frequenti, questi richiedono particolare attenzione clinica, poiché sono evidenti sin dai primi mesi di vita. Tale profilo è più spesso predittivo di rapporti difficili con l’ambiente e comportamenti ansiosi. La maggioranza del temperamento dei bambini esaminati è “equilibrata”. I questionari sono stati raggruppati per L’INFLUENZA DEI MASS MEDIA SUGLI STILI DI VITA Tipologie di annunci pubblicitari Cibo e autostima, televisione “cattiva maestra” U Gli spot in un anno L’“effetto dieta” Abuso di sostanze (dati 2006) Percezione di sé na delle cause che favorisce l’insorgere di sovrappeso e obesità nei bambini e negli adolescenti è la sempre maggiore sedentarietà. E la televisione ha un’innegabile responsabilità nel favorirla, non solo perché il tanto tempo trascorso a guardarla viene verosimilmente sottratto ad attività meno sedentarie, ma anche perché spesso i “contenuti” della programmazione o inducono apertamente a comportamenti alimentari non corretti, o tendono a proporre correlazioni fuorvianti tra alimentazione e aspetto fisico. Tra i primi responsabili di questa diseducazione mediatica ci sono gli spot pubblicitari; per i loro contenuti ma, soprattutto, per la numerosità. Al congresso “Comportamenti alimentari del bambino e dell’adolescente”, organizzato di recente a Riccione, sono stati presentati i risultati - indubbiamente inquietanti degli ultimi rilevamenti (relativi ai mesi di luglio e settembre 2007) effettuati dalla Società italiana di pediatria (Sip) per monitorare l’affollamento pubblicitario nella fascia oraria compresa tra le 15.30 e le 18.30. Il monitoraggio è stato effettuato sull’emittente televisiva “Italia 1”, di gran lunga la più seguita da bambini e adolescenti in quella fascia oraria, anche in virtù di una programmazione specificatamente dedicata a un pubblico di giovanissimi. Dai dati risulta che, per ogni ora di trasmissione, oltre il 25% è destinato alla pubblicità. In media ci sono 46 spot all’ora, il che fa sì che, se uno spettatore guardasse per due ore al giorno “Italia 1” in quella fascia oraria, vedrebbe, in un anno, oltre 33.500 tra spot pubblicitari e trailer. E c’è un altro aspetto negativo che fa riflettere: nonostante moniti e codici di autoregolamentazione che si sono succeduti nel corso del tempo, la pubblicità televisiva durante la fascia oraria destinata ai minori continua ad aumentare. Analoghi rilevamen- ti erano stati fatti dalla Sip una prima volta nel 2000 e una seconda nel 2004 (sempre su Italia 1 e sempre nella stessa fascia oraria): effettuando la medesima simulazione relativa a 2 ore di visione quotidiana, il numero di spot risultava 26.000/anno nel 2000 e 31.500 nel 2004, contro i 33.600 del 2007. Se la categoria merceologica più pubblicizzata, come poteva essere prevedibile, è quella di giochi e giocattoli (36,4% del totale), al secondo posto vengono proprio i prodotti alimentari (prevalentemente gelati, bevande, biscotti, snack) con il 15,5 per cento. Quindi i prodotti di bellezza (5,4%), l’abbigliamento (4,5%), la telefonia mobile (3,8%) e i prodotti farmaceutici da banco 2,5 per cento. Effettuando sugli spot alimentari la medesima stima fatta sul numero totale, si arriva, in un anno, a oltre 5.000 messaggi pubblicitari di questo tipo, il che certo non contribuisce positivamente a far assumere a un bambino o a un adolescente abitudini alimentari corrette. A conferma di ciò, c’è l’indagine annuale su “Abitudini e stili di vita degli adolescenti”, che la Sip realizza dal 1998, da cui risulta una chiara correlazione tra ore di esposizione alla televisione e cattive abitudini alimentari. Alcuni dati relativi al 2006: i ragazzi che guardano più di tre ore di Tv al giorno, rispetto a quelli che ne guardano meno di una, hanno un’alimentazione più monotona (varia spesso le cose che mangia il 31,5%, contro il 51,9%); mangiano solo le cose che piacciono a loro (51% contro 31,6%); secondo i loro genitori mangiano troppo (35,7% contro 21,5%); mangiucchiano mentre guardano la Tv (80,6% contro 62,7%). Così come bevono abitualmente più sostanze alcoliche e fumano di più (34,6% vs. 20,3%). Senza considerare altri aspetti altrettanto importanti, come l’accettazione del proprio aspetto fisico: chi guarda la Tv per più di 3 ore è meno soddisfatto e in percentuale maggiore vorrebbe essere più alto, più magro, più bello, più muscoloso. Così come chi vede più televisione è più spinto a fare diete dimagranti e, soprattutto, è più portato ad autoprescriversele. E proprio la sensazione di inadeguatezza del proprio aspetto fisico rispetto ai desideri ci riporta alle già citate “correlazioni fuorvianti” tra cibo e aspetto fisico. La caratteristica fisica più reiteratamente esaltata dalla televisione, attraverso i suoi protagonisti, è la magrezza. Gli “eroi positivi” sono, tranne rarissime eccezioni, alti e magri, mentre il “grasso” è ghettizzato in ruoli marginali e generalmente assurge a protagonista solo quando deve ispirare goffaggine (strettamente correlata all’aspetto fisico) o divertimento. D’altra parte, questi eroi positivi, magri e belli, sono proprio i maggiori consumatori e promotori di alimenti ricchi di calorie e grassi (direttamente nelle pubblicità, indirettamente nelle fiction); il che favorisce, nei giovani telespettatori, o la dissociazione della relazione eccesso alimentare-aumento di peso (non collegano il fatto che mangiare determinati alimenti fa ingrassare) oppure una sorta di autocolpevolizzazione derivante dal non riuscire a mangiare gli alimenti proposti in Tv, senza riuscire a mantenere la forma fisica di chi li propone. Troppi spot inducono abusi alimentari e sedentarietà Gian Paolo Salvioli Direttore Istituti scienze pediatriche mediche e chirurgiche Università di Bologna Maurizio Tucci Responsabile ufficio comunicazione Sip SPECIALE 6-12 novembre 2007 monitoraggio su un campione di piccoli pazienti fino a 11 anni 9 TRA FATTORI DI SVILUPPO E DISABILITÀ di pediatra e psicologo Dall’Oms gli standard di salute del bambino e motoria - La richiesta: includere la sinergia nell’Acn Presentata la nuova classificazione internazionale di temperamento per fasce di età sesso e per età; poi sono state elaborate le medie statistiche per fascia di età. Successivamente si sono valutate la scolarizzazione dei genitori, l’età, l’attività lavorativa da questi svolta, la presenza nella famiglia di fratelli, la frequenza o meno dell’asilo nido, l’eventuale presenza di altre figure di riferimento, in modo da avere un quadro complessivo dell’ambiente con il quale il bambino era in contatto. Le differenti variabili esaminate hanno mostrato di non influire sui risultati del test. Lo studio ha dimostrato ampiamente l’affidabilità del test selezionato per tutte le fasce d’età. Inoltre, ha messo in evidenza una facilità di somministrazione e d’esecuzione. I risultati hanno mostrato una concordanza totale con le impressioni dei genitori circa il temperamento dei loro bambi- ni. È interessante rilevare come nella comparazione dei risultati per fascia di età emerga un valore medio maggiore in tutte le categorie del temperamento esaminate nella fascia 12-36 mesi, segno di una più vivace attività motoria e di un’alta intensità emotiva correlata a questa fascia d’età. Un aspetto importante dello studio riguarda l’aver affiancato la figura dello sperimentatore al pediatra, nello svolgimento della sua attività lavorativa quotidiana. Sicuramente questo binomio ha creato una sinergia positiva che ha permesso a entrambi di ampliare il loro punto di vista lavorativo con aspetti peculiari dell’altro. Questo ha contribuito a dare nuovi stimoli e impulso a entrambi, introducendo elementi di ricerca e di lavoro di gruppo nella routine del pediatra di famiglia, sostanzialmente basata sull’attività individuale. Durante la sperimentazione sono state fatte osservazioni sull’abbinamento delle due figure professionali al fine di determinare quale fosse il gradimento da parte degli utenti. Le risposte sono state sempre positive: l’inserimento dello psicologo non ha alterato affatto il rapporto fiduciario con il pediatra. La presenza dello sperimentatore psicologo ha inoltre apportato nuove competenze e potenzialità allo studio medico pediatrico, che sono state particolarmente gradite. È confermata l’ipotesi iniziale di un rafforzamento sinergico tra psicologo e pediatra. Appare anche utile la condivisione del lavoro ai fini di una prevenzione del burn-out. L’apporto di nuove figure di collaborazione nell’ambito del lavoro di un pediatra di famiglia, è quindi una proposta da suggerire nel prossimo rinnovo della convenzione nazionale. Una simile opportunità lavorativa ottimizza il governo clinico, secondo gli intendimenti del ministero che vede l’ambulatorio medico divenire un centro di cure che coagula l’attività di più figure professionali del Ssn. Infine, un risvolto positivo consiste nel creare importanti opportunità di lavoro per figure professionali, come gli psicologi, che nascono al termine del corso di laurea triennale e che oggi incontrano difficoltà occupazionali. U no strumento di misura della salute, delle condizioni fisiche e della disabilità tarato sui bambini e sugli adolescenti. È la “Icf-Cy”, “International classification of functioning, disability and health for children and youth”, mutuata dalla già esistente “Icf” (usata per misurare gli stessi parametri negli adulti). Presentata a fine ottobre a Venezia, la nuova classificazione voluta dall’Oms risponde all’esigenza di prendere in considerazione elementi specifici, in grado di descrivere i più giovani. L’attività di studio, ricerca e sperimentazione sul campo partita nel 2002 e finalizzata a mettere a punto il nuovo strumento aveva già ricevuto una prima sintesi durante l’incontro dei centri collaboratori Oms, organizzato un anno fa a Tunisi. In quell’occasione, gli esperti internazionali avevano sancito la nascita del nuovo “codice”. E proprio in questi giorni tra i dodici centri collaboratori Oms per le classificazioni internazionali, delle malattie e della disabilità (le Icf, appunto), è stata ammessa l’Italia. L’attività sarà coordinata dal Friuli Venezia Giulia, Paolo Zandara attraverso l’Agenzia regionale di SaniVicesegretario nazionale Cipe tà, supportata da una rete di ricerca composta da Istat, Istituto Besta di Milano e associazione “La nostra famiglia”. La “versione giovani” dell’Icf può essere utilizzata da servizi, consumatori, operatori per promuovere la salute, il benessere e l’educazione di bambini e adolescenti. La “Icf-Cy” assegna codici a centinaia di funzioni e strutture, attività e sistemi, così come a fattori ambientali che limitano o agevolano lo sviluppo dei più piccoli. Un aggiustamento di prospettiva cruciale, rispetto alla Icf, che risponde ai rapidi mutamenti della salute e della società che hanno caratterizzato, in tutto il mondo, lo sviluppo della salute e dei contesti socio-economici. L’obiettivo insito nell’esigenza di realizzare un solo codice internazionale è mettere a disposizione di tutta la società un linguaggio omogeneo e condiviso su salute, educazione e servizi sociali. Ovviamente, la classificazione tiene conto anche dei possibili ritardi nello sviluppo psico-fisico della persona, evidenziando a beneficio degli operatori gli elementi-spia che aiutano a “stanarli” e a contrastarli. L’Italia tra i centri collaboratori Who Barbara Gobbi