Amministratori locali ed esercizio della libera professione

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Amministratori locali ed esercizio della libera professione
Centro Studi
Consiglio Nazionale Ingegneri
Amministratori locali ed esercizio della libera professione:
il regime di incompatibilità
(d. 66)
Roma, ottobre 2012
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La presente nota è stata redatta dall’avv. Lorenzo Passeri Mencucci.
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DELLA LIBERA PROFESSIONE: IL
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REGIME DI INCOMPATIBILITÀ
Amministratori locali ed esercizio della libera
professione: il regime di incompatibilità
L’art. 78 del D.LGS. n. 267/2000, inserito nel Capo IV (status
degli amministratori locali), disciplina “doveri e condizione giuridica”
degli stessi disponendo che: “Il comportamento degli amministratori,
nell'esercizio delle proprie funzioni, deve essere improntato
all'imparzialità e al principio di buona amministrazione, nel pieno
rispetto della distinzione tra le funzioni, competenze e responsabilità
degli amministratori di cui all'articolo 77, comma 2, e quelle proprie
dei dirigenti delle rispettive amministrazioni.”.
La ratio sottesa all’art. 78 è difatti quella di garantire la
trasparenza e l'imparzialità dell'azione amministrativa se e nella
misura in cui l’amministratore rivesta una posizione suscettibile di
determinare, anche in astratto, un conflitto di interesse, a nulla
rilevando che lo specifico fine privato sia stato o meno realizzato e
che si sia prodotto o meno un concreto pregiudizio per la P.A. (Cons.
Stato Sez. IV, 28-01-2011, n. 693).
A tal fine l’articolo detta una serie di obblighi e doveri
dell’amministratore che vanno dall’astensione alla partecipazione
delle sedute dell’organo collegiale, al divieto di esercizio dell’attività
libero – professionale fino al divieto di assunzione di incarichi e
consulenze dall’Ente di appartenenza.
L’art. 78, 2° comma del D.LGS. n. 267/2000 è espressione di un
obbligo generale di astensione dei membri di collegi amministrativi
che vengano a trovarsi in posizione di conflitto di interessi in quanto
portatori di interessi personali, diretti o indiretti, in contrasto
potenziale con quello pubblico. In particolare esso prevede che: “Gli
amministratori di cui all'articolo 77, comma 2, devono astenersi dal
prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere
riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto
grado. L'obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti
normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei
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casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il
contenuto della deliberazione e specifici interessi dell'amministratore
o di parenti o affini fino al quarto grado.”
Il successivo co. 3 dell'art.78 del testo unico delle leggi
sull'ordinamento degli enti locali, come modificato dall’art. 19 della
legge 3/8/1999 n. 265, con specifico riferimento ai rapporti fra
mandato politico e libera professione stabilisce che "I componenti la
giunta comunale competenti in materia di urbanistica, di edilizia e
di lavori pubblici devono astenersi dall'esercitare attività
professionale in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio
da essi amministrato".
Con un’altra previsione di carattere più generale, infine, il
successivo 5° comma del citato art. 78 dispone che: “Al sindaco ed al
presidente della provincia, nonché agli assessori ed ai consiglieri
comunali e provinciali è vietato ricoprire incarichi e assumere
consulenze presso enti ed istituzioni dipendenti o comunque
sottoposti al controllo ed alla vigilanza dei relativi comuni e
province”.
La
regola
generale
dell’obbligo
di
astensione
dell’amministratore, ogniqualvolta l’oggetto della deliberazione
dell’organismo di appartenenza riguardi anche interessi personali e/o
dei prossimi congiunti, non esclude l’esercizio dell’attività libero
professionale. Essa impone solamente che l’amministratore che vede
i propri interessi coinvolti dalla decisione da assumere si astenga dal
votarla per evitare condizionamenti nella formazione della volontà
dell'assemblea, concorrendo a determinare un assetto complessivo
dello stesso provvedimento non coerente con la volontà che sarebbe
scaturita senza la loro presenza (TAR Veneto sent. n. 4337/2010). La
norma non esclude, tuttavia, che la decisione assunta possa rivelarsi
anche favorevole all’amministratore astenuto.
Il regime delle conflittualità fra mandato amministrativo ed
esercizio dell’attività libero professionale opera, invece, su due piani
distinti ma complementari delineati dal 3° e 5° comma dell’art. 78:
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1) il libero professionista che sia anche assessore con deleghe nei
settori dell’urbanistica e/o dell’edilizia e/o dei lavori pubblici
non potrà esercitare, nel territorio amministrato, l’attività
professionale per quanto concerne la sola edilizia privata e
pubblica;
2) l’assessore (sia o meno libero professionista) non può
assumere incarichi e/o consulenze presso enti ed istituzioni
dipendenti e/o controllati dal comune amministrato.
Tuttavia le limitazioni in parola, proprio in quanto tali, debbono
essere interpretate restrittivamente (Cons. Stato Sez. IV Sent., 05-032008, n. 931).
Occorre chiarire che la norma non configura una causa di
incompatibilità (rigorosamente tipizzate dagli artt. 55 ss. del
medesimo TUEL) preclusiva del contestuale status di assessore e
libero professionista, in sintesi non preclude ad un ingegnere,
architetto e/o altro professionista di ricoprire l’ufficio di assessore
comunale e/o provinciale rinunciando al proprio status di libero
professionista ovvero di esercitare la libera professione rinunciando
al proprio incarico amministrativo.
Inoltre nel TU n. 267/2000 (diversamente dal precedente
corpus normativo) la disposizione è stata inserita all'interno del Titolo
III “Organi”, ma non nel Capo II – “Incandidabilità, ineleggibilità,
incompatibilità”, bensì nel Capo IV – “Status degli amministratori
locali”. La collocazione sistematica della previsione risolve ogni
dubbio in merito al fatto che il 3° comma dell’art. 78 non tratti di una
nuova causa di incompatibilità.
Lo spostamento dell’attenzione sul ruolo del libero
professionista si deve presumibilmente al fatto che, dalla riforma
“Bassanini” del 1997 i provvedimenti autorizzatori ivi incluso il
permesso a costruire non sono più di competenza politica, ma
dell’apparato burocratico, sicché il periculum di un inquinamento
della imparzialità dell’azione amministrativa è insito non nell’azione
dell’assessore, ma del libero professionista che abbia predisposto la
pratica edilizia ed in virtù della sua posizione di amministratore
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potrebbe esercitare indebite influenze sulla volontà del personale
amministrativo. In sintesi il vulnus è nell’esercizio dell’attività
professionale.
Inoltre, a differenza del 2° comma dell’art. 78, la norma di cui
al 3° comma non pone a carico dell’amministratore l’obbligo di
astenersi dall’esercizio delle proprie funzioni, ma di contro, impone al
professionista di non esercitare la libera professione peraltro nel
limitato perimetro dell’edilizia pubblica e/o privata.
Come chiarito dalla giurisprudenza: “L'articolo 19, comma 1,
ultimo inciso, legge 3 agosto 1999, n. 265, sancisce che i componenti
la giunta comunale competenti in materia di urbanistica, di edilizia e
di lavori pubblici devono astenersi dall'esercitare attività
professionale in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio da
essi amministrato. La disposizione in esame non pone qualsivoglia
sanzione né enuncia ipotesi di incompatibilità o di ineleggibilità;
pertanto, l'obbligo di astensione espresso nella norma non introduce
ipso iure una causa di incompatibilità, trattandosi di istituto di diversa
qualificazione. Il testo normativo non ha inteso, dunque, porre
sanzione di decadenza, ma ha inteso soltanto disciplinare l'attività
professionale privata dei titolari dell'ufficio pubblico nell'ambito del
territorio da essi amministrato in settori potenzialmente conflittuali
con l'ente territoriale, esaltando così la responsabilità
dell'amministratore locale.” (App. Salerno, 11-08-2000). La Corte ha
tratto ispirazione dalla Risoluzione Ministero dell'Interno 20 gennaio
2000, prot. n. 15900/L. 265/99/19 - Direzione generale
dell'amministrazione civile - Direzione centrale delle autonomie Ufficio rapporti con gli amministratori degli enti locali, secondo la
quale la norma “ha l'obiettivo di garantire l'imparzialità dell'azione
amministrativa in un quadro comunque di attenzione alle concrete
condizioni di operatività degli enti locali, soprattutto di quelli minori.
In particolare, destinatari della norma sono il sindaco e gli assessori
che nei campi dell'edilizia, delle infrastrutture urbane e territoriali e
dell'urbanistica forniscono prestazioni di carattere prevalentemente
intellettuale che richiedono il possesso di specifici requisiti di
formazione culturale e tecnica (titoli di studio, iscrizione ai relativi
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albi, ordini o collegi professionali). Detta attività è connotata da
autonomia nella scelta della modalità per il raggiungimento dello
scopo della prestazione, con conseguente assunzione di responsabilità
personali. Al riguardo, si fa presente, in via generale, che l'obbligo di
astensione non introduce una causa di incompatibilità e quindi non
possono applicarsi le relative procedure di contestazione previste
dalla legge 154/81. Piuttosto, la norma citata opera sul piano del
comportamento politico-amministrativo e del controllo diffuso che la
collettività può porre in essere nei confronti dei propri
amministratori.”
In difetto, dunque, di una norma che deponga in senso
contrario la previsione di cui all’art. 78, comma 3 dovrà essere
restrittivamente interpretata e dunque potrà interessare i soli liberi
professionisti che siano anche assessori all’urbanistica, edilizia e
lavori pubblici per le sole attività professionali afferenti i settori
dell’edilizia pubblica e/o privata.
Sotto il profilo oggettivo piuttosto appaiono sfumati i contorni
della nozione di “edilizia” tanto più alla luce delle competenze della
Giunta in materia urbanistica e delle finalità sottese alla norma.
Oggettivamente essa deve essere ricompresa nella più vasta nozione
di “governo del territorio” pur conservando una propria autonomia
(Corte Costituzionale n. 303/2003). Si pensi ad esempio a tutti qui
casi nei quali l’intervento edilizio è strettamente connesso
all’approvazione di uno specifico atto di programmazione urbanistica
sia esso un accordo di programma, un progetto in variante, un piano
di lottizzazione. A voler seguire la tesi restrittiva questi atti non
rientrano propriamente nella nozione di edilizia, pur tuttavia essi
sono intimamente connessi al rilascio del titolo edilizio cosicché non
sarebbe coerente con la ratio della norma non ricomprendere nella
nozione di edilizia (in particolare pubblica) dette attività. A conforto
di quanto detto si consideri che il recente DL n. 70/2011 (art. 5
comma 13, lett b)) ha previsto che: “i piani attuativi, come
denominati dalla legislazione regionale, conformi allo strumento
urbanistico generale vigente, sono approvati dalla giunta comunale”.
La norma ha ampliato le competenza della Giunta estendendole
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anche all’approvazione degli strumenti urbanistici di terzo livello
cosicché la necessità che il divieto dell’esercizio dell’attività
professionale si estenda anche a dette ultime attività risponde alla
necessità di razionalità e coerenza del sistema delineato dal
legislatore che necessariamente dovrà essere adattato alle modifiche
medio tempore intervenute.
In sintesi e per concludere sul punto specifico, la norma di cui
al 3° comma dell’art. 78 vieta l’esercizio dell’attività libero
professionale ai soli assessori delegati alle materie dell’urbanistica
edilizia e lavori pubblici. La limitazione atterrà alle sole attività
connesse all’edilizia pubblica e privata il cui perimetro dovrà,
tuttavia, essere delimitato in modo tale da garantire il
perseguimento degli obiettivi della legge nonché conformarsi alle
modifiche normative medio tempore (dal 1999) intervenute.
Ciò detto si consideri, altresì, che l’art. 78 non prevede una
specifica sanzione (amministrativa) nel caso in cui fosse violato
l’obbligo di astensione; in sostanza non sembrerebbero palesarsi
(fatto salvo l’eventuale ricorso al Giudice amministrativo)
ripercussioni sulla efficacia ed esecutività del provvedimento assunto
dalla Giunta. Detta violazione ricadrebbe in via immediata sotto la
responsabilità politica del trasgressore, e di riflesso dell'intera giunta
fermo restando l’obbligo di astensione di cui al 2° comma dell’art. 78
qualora l'organo pubblico si trovi a dover decidere in ordine a
questioni che, in qualche modo riguardino direttamente o
indirettamente l’assessore libero professionista. Sotto il profilo
penale resta poi ferma la figura delittuosa dell’abuso d’ufficio ove la
violazione di legge (ossia la mancata osservanza dell’obbligo di
astenersi) sia stata posta in essere al fine di arrecare un diretto
vantaggio (cd dolo specifico) al professionista.
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