Alpennino 4 - CAI Novi Ligure

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Alpennino 4 - CAI Novi Ligure
Notiziario trimestrale delle Sezioni del Club Alpino Italiano di Alessandria,
Acqui Terme, Casale Monf., Ovada, San Salvatore Monf., Tortona, Valenza.
Autorizzazione Trib. di Casale n. 155 del 27.2.1985 - Direttore Responsabile
Diego Cartasegna - Direzione e Amministr. Via Rivetta, 17 Casale Monferrato.
Redazione e Stampa Tipografia Barberis snc San Salvatore Monferrato
“Spedizione in a. p. art. 2 comma 20/c legge 662/96 - Filiale di Alessandria”
Anno XXV - Num. 4 - OTTOBRE 2014
La scalata
CORAZÓN, CARACTER
Y PASIÓN
Dietro queste tre qualità si nasconde per me l’arte di scalare. Ecco quindi che, se te ne manca solo
una, non hai mai scalato. Tutti quelli che scalano
hanno cuore, carattere e passione? No, non lo credo. Amo spendere giornate in verticale, sia sulla
roccia sia su ghiaccio, in falesia come in montagna,
d’estate come d’inverno. Ma sebbene di giorni in
verticale io ne abbia ormai spesi tanti, di scalatori
ne ho incontrati sempre pochi. Quelli che ho avuto la fortuna di conoscere li ho presi ad esempio.
Quelli a cui ho avuto l’onore di legarmi sono Amici
formidabili e fanno parte di me sempre e comunque. Scalare per me non è progredire in verticale.
Di “progressisti verticali”, senza scomodare Berlinguer, allora si, ne ho incontrati parecchi. Puoi incontrarli facilmente. Li incontri anche al bar.
L’autore sul traverso di “Voyage selon Gulliver”,
Gran Capucin, Monte Bianco
Ma cosa vuol dire scalare, ve lo siete mai chiesti?
Scalare può essere inteso come sinonimo di una
moltitudine di altre parole e concetti dal significato assai elevato; contemporaneamente espressione e metafora di vita vissuta. Scalare è sognare.
Scalare è concepire un progetto, porsi un obiettivo. Scalare è impegnarsi, sul serio, tutti i giorni.
Scalare è volontà e motivazione nel migliorarsi.
Scalare è prendere continuamente degli schiaffi in
faccia, che ti fanno male ma che piantano in te il
seme dell’umiltà. Scalare è non mollare. Scalare è
non fermarsi mai, è crederci sempre, è non voltarsi
indietro. Scalare è scalare se stessi e dunque arrivare in cima al proprio sogno. Se è vero che qualcuno
lo puoi trovare in parete, certamente è altrettanto
vero che ci sono degli Scalatori che non si sono mai
legati ad una corda… E non hanno fatto free solo.
Scalano in ospedale, come paziente o come professionista. Scalano sul loro lavoro ma non sempre
fanno carriera. Tutti questi sono Scalatori perché
non mollano mai. Continuano tosti e fieri perché
hanno un obiettivo da raggiungere. Hanno una
determinazione incrollabile nel perseguimento
del loro obiettivo. Traggono le loro inesauribili
segue a pag 3 ➤
Trail, ultra trail, chilometri verticali e dintorni
IN MONTAGNA... DI CORSA
Può sembrare insolito parlare di corsa su una rivista che tratta di montagna ma, a ben pensarci, se
la corsa si svolge lungo sentieri montani, non è poi
così fuori luogo. Io pratico alpinismo in tutte le sue
forme da parecchi anni, mentre ho iniziato a dedicarmi alla corsa da relativamente breve tempo,
diciamo 7-8 anni, tolto un’iniziale pratica che risale
ancora ai tempi delle scuole elementari/medie (è la
dimostrazione che le passioni si possono assopire,
ma mai spegnere). La rapida evoluzione di questa
mia “seconda” passione è stato il passaggio dalle
corse in pianura e sulle colline nostrane (comunque
già belle), alle corse in montagna. Tale interesse è
nato dall’esigenza di poter fare attività aerobica
quando sono già sazia e appagata di arrampicata,
soprattutto d’estate quando non c’è lo scialpinismo
a compensare; o anche quando per il brutto tempo
non è consigliabile praticare alpinismo; devo anche
dire, in realtà, che quando mi scattano la voglia e
la convinzione, attirata da un bel percorso in un
altrettanto bel posto, mi lancio nella sfida indipendentemente da tutto il resto.
Premesso che la corsa in montagna si svolge su
percorsi prevalentemente fuori strada, su sentieri
caratterizzati per lo più da terreni sconnessi, che
possono comprendere tratti innevati, la cui difficoltà alpinistica non supera il 2° grado e la pendenza il
40%, questo ormai complesso mondo si può, semplificando, suddividere in due branche:
le sky race (o trail per i sentieri in natura non solo
montani): queste si sviluppano su lunghezze non
sotto i 20 km, fino ad arrivare a 70-80 o anche di più
per le sky marathon e gli ultra trail, con dislivelli variabili; i km verticali: sono corse molto brevi (max 5
km di sviluppo) che affrontano 1000 m di dislivello,
quindi con una sostanziale pendenza.
In comune le due specialità hanno l’ambiente in
cui si svolgono (a volte anche a quote elevate), gli
aspetti etici e lo spirito con cui vanno affrontate,
cioè in armonia con la natura e con gli altri, all’insegna della semplicità, della convivialità, del rispetto
per la natura, per gli altri concorrenti e per se stessi
e dell’umiltà (accettando i propri limiti); il tutto con
il piacere di muoversi in ambienti incontaminati e
con panorami mozzafiato, concentrati prima su
questo piuttosto che sull’aspetto puramente competitivo. Insomma: un po’ gli stessi valori che lo Statuto del CAI insegna!
Personalmente, quando partecipo a queste gare,
l’emozione che provo non si discosta poi molto da
quella che provo quando arrampico: è soprattutto
un senso di libertà, il pensiero concentrato su quello
che sto facendo, sulle mie sensazioni fisiche e su ciò
che mi circonda. Questo per me è anche un buon
metodo per scaricare tutte le ansie (lavorative e non
solo) accumulate nell’arco della settimana; così, al
termine della gara, indipendentemente dal risultato ottenuto, mi sento completamente rilassata e
appagata.
Devo dire che, pur non allenandomi specificatamente in questo sport, i risultati non sono neanche
così mediocri, anzi… spesso finisco sul podio e in
questi casi l’emozione è ancora più forte! Sarà il naturale allenamento che già mi deriva dall’andar per
segue a pag 2 ➤
Il problema
MOTO SUI SENTIERI: NIENTE SCONTI
L’editoriale di Montagne 360 di settembre è dedicato ad un problema fondamentale per la tutela
dell’ambiente, la manutenzione dei sentieri e la
loro fruizione da parte degli escursionisti: l’utilizzo
di sentieri e sterrati da parte dei mezzi motorizzati
a scopo ludico. Segue un articolo che analizza la
situazione nelle diverse Regioni, ottimale solo nelle Province Autonome di Trento e Bolzano ed in
Val d’Aosta, rilevando le diffuse criticità attraverso
le testimonianze dei diversi Gruppi Regionali CAI.
Sembrerebbe il preludio ad una forte azione della dirigenza centrale volta ad ottenere ciò che da
più parti viene richiesto: una legge nazionale che
vieti l’uso a scopo ludico dei percorsi sterrati, salvo
quelli che servono borgate abitate, come avviene
in alcune Regioni dove il ricorso all’asfalto è sta-
to meritoriamente limitato. Lascia assai perplessi
invece l’intervista al presidente della Federazione
Motociclistica Italiana, che parla di un incontro con
il Presidente Nazionale Martini, preludio ad una
sorta di Protocollo di Intesa che non potrebbe che
prevedere l’utilizzo delle sterrate per manifestazioni Motoristiche. Ricordiamo che, all’Assemblea
LPV di Biella, due anni fa l’Intersezionale Alpi del
Sole presentò una mozione che impegnava la dirigenza ad operare per ottenere il bando di tutte
le attività ludiche con mezzi motorizzati (elicotteri
compresi) dalle nostre montagne. Sarebbe il caso
di riprendere l’argomento nella prossima assemblea di Valenza e chiedere che le iniziative di questa presidenza tornino ad essere in sintonia con il
Corpo Sociale.
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IN MONTAGNA... DI CORSA
monti scalando e facendo gite di scialpinismo? Sicuramente è così: fatto sta che quando mi chiedono
da dove vengo e cosa faccio, rimangono sempre un
po’ stupiti e fanno la battuta: “chissà se ti allenassi
solo su questo!”.
A chi pensa che l’andar veloci per monti non abbia
molto a che fare con lo spirito dei “montagnini”,
posso ribattere: non importa la velocità con cui si
assaporano i piaceri della montagna, ma la qualità
e lo spirito che ci accompagna; del resto, i risultati in
termini d’umore (come dicevo prima) me lo confermano. In quei momenti, quando la fatica si fa sentire parecchio, lo sconforto non prende mai il sopravvento, sono anzi ancora più spronata a raggiungere
la meta, che può essere una cima o semplicemente
il traguardo, proprio come quando scaliamo su una
via; e, come sempre, mi rendo conto di avere forze
che non pensavo di avere, scatta quella grinta che
solo in certe occasioni si manifesta. Fare un elenco
delle corse in montagna finora fatte sarebbe lunghetto e forse anche un po’ noioso per i non appassionati. Qualche sprazzo di ricordi, qua e là, vale
però la pena condividerlo:
- primo km Verticale (la Salita al Pavillon da La Palud, Courmayeur): allora mi era sembrato durissimo
(l’ho poi ripetuto altre volte e direi: fattibilissimo);
- il Tour Gran Paradiso (rilassante giro in Valnontey
e dintorni): affrontato col ginocchio fresco di operazione al legamento crociato (rotto per altro cadendo sugli sci), mi era sembrata un’impresa; - la prima
sky race (la 3 Rifugi dal Pian delle Gorre, passando
dal laghetto del Marguareis, Rifugio Garelli, Rifugio Mondovì, Rifugio Mettolo Castellino): su e giù
per 26 km e 2050 m di dislivello di puro piacere; la mitica Biella-Monte Camino: 23 km con 2300 m
di dislivello, corsa lunga ma ambiente ed atmosfera super; - la Sky Race Aosta-Becca di Nona: veramente tosta, deviata sul tratto finale causa meteo
assolutamente inclemente (pioggia dall’inizio alla
fine), sicuramente non settembrino; penso di non
aver mai patito così tanto freddo come quella volta,
neanche sulle goulotte in quota in pieno inverno!;
diciamo che me la sono goduta molto di più questa
primavera con gli sci!; - le emozionanti esperienze
in Valle dell’Orco, col Royal Vertical (9,1 km, 1172 m
di dislivello) da Noasca alla Casa di Caccia del Gran
Piano e il km verticale da Ceresole Reale al Casotto
del Guardiaparco: mi hanno regalato buoni piazzamenti… in mezzo agli stambecchi del Parco; - il
tanto agognato Scarpone d’Oro: km verticale che
dovrebbe portare al Monte Mongioie (a cui sono
molto affezionata) dal Rifugio omonimo ma, dato
il sempre inclemente meteo, deviato sul finale (mi
toccherà riprovarci?); - i più “marini” Trail di Bergeggi e del Monte Picaru (Val Pennavaire): direi che
non hanno nulla da invidiare alle valli alpine; - il
simpatico km verticale dal Rifugio Chionea a poco
sotto il Pizzo d’Ormea (altra cima a me famigliare
con gli sci): per meno di 1’ mi vedeva trionfare…
peccato; - passando per le classiche a noi più vicine:
Alpicella-Monte Beigua e Arrampicata alla Bocchetta, due gare apparentemente ben corribili… ma comunque sempre dure (qui ci vuole proprio un buon
passo!); il bel mini trail di Voltaggio, che transita
sotto il Tobbio; la Salita alla Guardia (di Genova),
originale percorso sul tracciato dell’ex guidovia; il
da me tanto amato Cross di Caldirola, che passa dal
Rifugio Orsi, Ebro, Chiappo e Giarolo, e che mi vede
da 2 anni abbonata alla piazza d’onore; il tecnicissimo km verticale alla Punta Martin (qui si usano
anche le mani, finalmente!), dove ho ottenuto un
insperato secondo posto a pochi secondi dalla prima (tosta).
Basta, non mi dilungo più, altrimenti faccio addormentare qualcuno. Chissà se ho stimolato qualche
nuova voglia o l’ho fatta scappare del tutto? Comunque, una cosa è certa: qualsiasi fatica fatta in
montagna, ripaga ampiamente e ben lo sa chi la
frequenta. E se poi capita, come alla StrAlessandria
di quest’anno (dove anche il nostro gruppo CAI si
è fatto onore), di ottenere un buon piazzamento
anche in pianura, allora… ben venga l’allenamento
delle salite!
Se ripenso a tutto quello che ho fatto finora, mi
sembra di aver compiuto delle grandi imprese: in
realtà sono solo semplici corse ricche di soddisfazione, ma fatte col cuore… il cuore di una piccola
alpinista anche un po’ podista!
Patrizia Mutti - CAI Alessandria
La cresta sud del pizzo Tignaga in Val Sesia
UNA VIA D’ALTRI TEMPI
Su una recente Rivista del CAI (dal 2013, 150° di fondazione dell’Associazione inopinatamente denominata con un generico “Montagne 360”) è comparso
un interessante articolo: “La scomparsa dell’alpinista
medio” di Lorenzo Cremonesi, giornalista che collabora al settimanale “Sette”. Dopo un’estate passata
tra sentieri e rifugi per una serie di articoli sul tipo
di frequentazione della montagna, l’autore constata
che per la grande maggioranza dei frequentatori il rifugio è la meta, magari con il premio di una gustosa
polenta; gli altri, quelli per cui il rifugio costituisce la
base di partenza, in gran parte stranieri oppure Italiani
superatleti, con tute attillate, zaini ridotti, bastoncini
di carbonio, come se nel nostro Paese fosse scomparsa
un’intera categoria di alpinisti, quelli che con discreta tecnica e buon allenamento, salgono in autonomia
le normali delle nostre grandi montagne, dal Cervino
al Bianco, o si cimentano su vie classiche di roccia sul
IV, magari V grado. D’altra parte la nostra stessa Rivista, accodandosi al sensazionalismo dei media, dedica ampi servizi al record di salita del Cervino o alla
salita in giornata delle tre grandi Nord, ai 9a di Adam
Ondra, exploit fisici e tecnici sicuramente sensazionali che però, a nostro avviso, hanno poco a che vedere
con lo spirito dell’alpinismo. Eppure, se solo si prova
ad uscire dai luoghi più frequentati l’alpinismo classico può regalare , nel contatto con la natura integra,
nella difficoltà della ricerca della via, nell’isolamento
dal mondo abitato, sensazioni non molto distanti da
quelle provate dai primi frequentatori delle Alpi. Per
questo non serve necessariamente volare verso altri
Continenti, addentrarsi nelle grandi catene montuose
Asiatiche o Americane, che sicuramente stimolano il
desiderio di ognuno di noi; con un po’ di fantasia e
piacere della scoperta può bastare un breve tragitto in
auto, ad esempio quello da noi compiuto in una delle
poche belle giornate di questa tarda estate per raggiungere Carcoforo, in Val Sesia. Già il percorso in auto
della Val d’Egua, scavata tra ripidi versanti montuosi
ci introduce in un mondo antico fatto di freddo, solitudine e duro lavoro, sono le 7 ma la ricerca di un bar
per il tradizionale caffè e brioche è ardua. Finalmente
a Carcoforo la valle si allarga mostrandoci le cime della
testata; scesi dall’auto nella piazza ci appare un netto
sperone di roccia, non può essere che la cresta sud del
Pizzo Tignaga, che dalla relazione in nostro possesso
risulta aperta a fine anni 90, la nostra meta. Iniziamo
il lungo avvicinamento, circa 1.100 metri su una bella
mulattiera che ci accompagna al rifugio CAI Boffalora.
Da qui l’unico sentiero che vediamo è quello per il Colle d’Egua che ci porterebbe fuori strada, per il resto i
sentieri sono solo sulla cartina; si va a intuito per ripidi
prati, un tempo ricchi pascoli, ormai abbandonati anche dalle mucche, dove l’appoggio per il piede è sempre scomodo. Raggiungiamo con fatica l’Alpe Ruse,
due baite su una terrazza panoramica sotto la verticale della nostra cresta. Ci rimangono ancora 400 m di
erba che nasconde massi e buche, poi finalmente solo
blocchi di roccia e siamo all’attacco, che ovviamente
richiede un’attenta ispezione per trovare il punto più
logico. Fin dall’inizio, un diedro appoggiato su placca
liscia con fessura che si presta ad una dulfer, le difficoltà sono abbastanza costanti sul IV/IV+, inframezzate
da alcuni gradoni erbosi che rendono più delicata la
progressione, e così si continua per sette tiri sui 40/45
metri, su cui abbiamo trovato un unico chiodo (per la
verità sono 2, uno vecchio e uno nuovo a mezzo metro di distanza). Ma attenti a seguire la via più logica,
sulla cresta a tratti articolata. Poi l’ultimo tiro facile,
la vetta con l’imponente panorama sulla Est del Rosa
e l’immancabile autoscatto con i compagni di cordata Stefano Grande e Gianni Scarrone. Si è fatto tardi,
tempo di scrivere i nomi sul libro di vetta e scoprire che
prima di noi solo tre cordate sono salite quest’anno, le
nostre due cordate le uniche a salire dalla cresta Sud.
Ma non è finita: seguiamo alcuni ometti sulla cresta
Est alla ricerca di un canalone erboso in cui la cartina
segna un ripido sentiero. Gli ometti finiscono, la cresta
si fa più affilata, i passaggi più delicati e sempre più
evidente è un salto di roccia sopra un intaglio. Torniamo sui nostri passi a ritrovare l’ultimo ometto; sotto
un canalone precipita sulla morena fra tratti di erba
ripida e brevi salti di roccia, aiutiamo i compagni meno
esperti a scendere in sicurezza e finalmente arriviamo
a ripercorrere lo scomodo e a tratti insidioso percorso
di avvicinamento. Le giornate ormai decisamente più
corte ci portano all’auto nelle prime ombre della sera,
con la soddisfazione di aver salito una via d’altri tempi,
seppur aperta da pochi anni.
Attilio Lagostina, CAI Alessandria
Enrico Bruschi, CAI Casale Monferrato
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CORAZÓN, CARACTER Y PASIÓN
➤ segue da pag 1
energie da loro stessi oppure utilizzano grandi
esempi come fonte dalla quale abbeverarsi. Ecco
perché scalare non è solo uno sport ma è un’arte.
L’arte di saper interpretare la vita in tutta la sua
magnificenza e trascendere la mera chiacchiera
mantenendo la parola data.
Al contrario non scala e forse non ha mai scalato
chi si lamenta. Non può dirsi scalatore infatti chi si
commisera e non reagisce. Chi si arresta e getta la
spugna. Chi non ha voglia di fare fatica, chi non
è disposto a mettersi in gioco e dunque pecca di
presunzione. Chi trova sempre una scusa perché
così, più dolce è il sapore della sconfitta. Chi mente e tradisce se stesso. E ancora quelli che: “eh ma
non hanno tempo”, “sono stanchi”, “non sono
motivati” e “non incalzano se stessi con obiettivi
chiari”. E dire che lo diceva anche Seneca qualche
anno addietro “ignoranti quem portum petat nullus suus ventus est”, perché se non sai dove vuoi
andare non andrai distante. Tu che leggi ti senti
meno scalatore ora? Sei infastidito da cotanta saccenteria? Non prendertela, sii umile e accetta che
qualche volta tu abbia magari scalato e qualche
altra volta un po’ meno. Nel malaugurato caso in
cui tu ti senta come non lo avessi mai fatto, non
disperare. In realtà, è un buon segno, almeno dal
punto di vista dell’umiltà. Sarei invece più preoccupato per coloro che si sentono immuni da questi
spunti di riflessione.
Veronica Rendo alle prese con le fessure della
“Contamine”, Punta Lachenal, Monte Bianco
Alex Zanardi è uno che, a parer mio, scala forte.
No, non lo fa il 7c a-vista. Probabilmente, non ha
mai calzato un paio di scarpette ne sa tantomeno
che cos’è il nodo a 8. Statene pur certi però, uno
come lui, col suo cuore, se iniziasse a scalare garantirebbe gran lezioni di umiltà a tanti climber
che gongolano solo perché han fatto un 8, non il
nodo stavolta. Se non hai ancora capito cosa vuol
dire aver cuore, pensa a Zanardi e lo capirai. Vuol
dire “andare oltre”, vuol dire affrontare con la
fierezza di un guerriero qualunque sfida la vita ti
ponga. A 14 anni costruisce il suo primo go-kart,
con ruote, bidoni e tubi rifusi e dimostra così, già
allora, la sua passione per le corse. Nel 1995, arriva
negli Stati Uniti per cimentarsi nel Champ Car Series, dove solo un anno dopo guadagna il titolo di
Champ Racing Rookie of the Year, e dove si riconferma campione per altri due anni. Ma la più grande sfida deve ancora arrivare. Nel Settembre 2001,
al EuroSpeedway Lausitz, sorpassa un concorrente
per dominare la gara negli ultimi giri, finché deve
fare una sosta ai box; nel rientro in pista perde
sfortunatamente il controllo della vettura, finendo nel mirino di Tagliani in arrivo, della squadra
Forsythe. L’urto è violentissimo e Zanardi porta la
sua vita al limite. Negli anni successivi all’incidente, la determinazione e, secondo Zanardi stesso,
la fantasia, lo aiutano ad adattarsi alla sua nuova
condizione di vita senza entrambe le gambe. C’è
chi dice che non avrebbe gareggiato mai più. Ma
Zanardi risponde alzandosi in piedi davanti alla
folla dei suoi fan, dicendo: “Mi sono spezzato, ma
non mi piego. È una gara dura, ma faccio il massimo per vincerla.” E vince sì, realizzando la sua più
grande ambizione. Ricostruisce e “personalizza” le
sue gambe e torna in pista, proprio a Lausitz nel
2003. Solo due anni dopo, Alex vince la prima gara
di World Series. Ma non finisce qui, la sua ambizione e la sua determinazione lo portano a spingersi ancora oltre. Dopo due anni di allenamento
atletico intensivo, nel 2012, partecipa ai Giochi
Paraolimpici di Londra: vince due medaglie d’oro
e una d’argento nella disciplina dell’handcycling.
Alex Zanardi ha realizzato se stesso, realizzando la
propria ambizione.
Tommy Caldwell, a parer mio, è uno che “tienes
dos huevos così”; leggasi una forza di carattere
straordinaria. Questo scala davvero nel senso più
crudo del termine. Perché dunque è un esempio di
determinazione incrollabile? Ma, perché se sei uno
che scala sull’8, ti amputano il dito indice della tua
mano sinistra e dopo l’infortunio torni più forte di
prima, o ti chiami Tommy Caldwell o hai anche tu
una volontà d’acciaio e una morale fatta di polvere di diamante. Tommy si è accidentalmente segato gran parte del suo dito con una sega circolare
nel 2001. Subito dopo l’incidente i medici sono
riusciti a riattaccare la parte staccata, ma Tommy
chiese ben presto che gli fosse rimossa, in modo
da non ostacolare la sua carriera alpinistica. Dopo
anni passati nella Yosemite Valley ed in particolare
su El Capitan, big wall per eccellenza, nel 2010 si
prefigge come obiettivo di salire, in libera, Magic
Mushroom. Una via che era stata scalata sino ad
allora solo in artif. Non era dunque certo che si potesse salire senza ausili artificiali. Ma lui ci ha creduto. Si è allenato, è partito e ci ha provato. Dopo
innumerevoli tentativi, tiro per tiro, a più riprese,
è convinto che si possa riuscire. Parte per la libera,
scala 950 m di parete in 5 giorni, tutta in libera,
con difficoltà sino all’8b+. Prosegue… Ultimo tiro
duro. Parte, ne scala i primi 30 metri, ne mancano
solo una manciata, ma cade. Poco male, si può calare e ripartire sullo stesso tiro. D’altra parte non
c’è fretta, hanno anche il portaledge. L’ultimo tiro.
“Posso farcela e sarà FFA (First Free Ascent) di Magic Mushroom la big wall più dura del mondo in
libera” questo avrà pensato. Dopo innumerevoli
tentativi, Tommy sfinito, abdica. Sale quegli ultimi
metri in artif ed è in vetta a El Capitan. Riscende
a valle. Ora secondo voi cosa fa Tommy? Pensate
cosa vuol dire stare 5 giorni su una parete come
quella di El Capitan, dove il vuoto ti logora alla
nausea, farsi 28 tiri in libera di quella portata e
non riuscire per una manciata di metri. Beh, lui
riposa 2 giorni e riattacca Magic Mushroom con
lo stesso intento. Attenzione però, mica vale salire
tutti e 27 tiri prima dell’ultimo in artif per poi provare la libera solo di quello incriminato e lasciato
in sospeso. Non sarebbe FFA. Allora, Tommy riparte e li ri-scala tutti in libera. Tutti dal 7b+ all’8b+…
sì, avete capito bene. Arriva là. Questa volta trova
la forza interiore di non mollare. Scala in libera
anche l’ultimo tiro duro, fa 8b+ ancora! Carattere,
dicono.
Se parliamo di passione, mi piace ricordare un amico che per “volume” di tal virtù è, a torto, poco conosciuto. La passione è un qualcosa che ti rapisce
e a cui diventi devoto senza accorgertene. Passano
gli anni ma lei rimane inalterata sempre giovane
e potente più che mai. È un qualcosa che ti fa star
bene, talvolta è gioia altre dolore ma sempre, non
ne puoi fare a meno. Andrea Bisio ha sicuramente
trovato la sua passione: la roccia. Definirlo climber,
anche se scala forte, non è corretto. Dinda, come
lo chiamano tutti, non solo la roccia la scala ma in
un certo qual modo la disegna. Lui le vie sportive
Patrizia Mutti impegnata sulla fantastica falesia di
Red-Up, Valpennavaire, Albenga
le “vede”, le chioda e poi le scala. Immaginatevi
di avere la passione per arrampicare, di essere anche bravi ma di essere un po’ stufi dei soliti posti,
perché sino ad allora (fine anni ’90) nella Liguria
di ponente praticamente esisteva solo Finale. E
così un giorno, dopo che per allenamento avevate
ripetuto, in giornata, per la 20esima volta Dolce
tabù a Cucco, decidete che è l’ora di provarci. Poco
oltre Finale c’è una valle, la Pennavaire, dove è
già stato chiodato qualche tiro (all’antro di Castelbianco e al Bauso di Veravo) ma potrebbe esserci
un buon potenziale di espansione. È qui che Dinda prima per gioco si è improvvisato chiodatore e
poi per passione è diventato uno dei più prolifici
e bravi d’Italia. In Valpennavaire lo stile di arrampicata è per lo più atletico perché i muri sono al
di là della verticale. La roccia, pur essendo sempre
calcare, non è come quella di Finale e richiede un
enorme impegno di pulizia e sistemazione prima di essere pronta per la scalata. Chiodare tiri
in forte strapiombo con queste caratteristiche è
tecnicamente impegnativo e, oltre alla pazienza,
bisogna avere un gran spirito di abnegazione per
riuscire. Se lo fai poi solo nel tempo libero, dopo
il lavoro, trovandoti tutti i sabati e le domeniche
mattine ad andare su e giù con la jumar da oltre
10 anni significa che sei “malato”. Si, sei affetto
da un’inguaribile malattia che si chiama roccia,
arrampicata, linea, gesto e altro ancora. La Valpennavaire oggi conta più di 1.000 vie sportive,
in una moltitudine di falesie in giro per la valle e
le difficoltà raggiungono anche i massimi livelli.
L’intera economia della valle è stata rivoluzionata
dall’opera creativa di Dinda. I bar alla sera sono
pieni, le vecchie stalle sono diventate dei B&B che
ospitano una moltitudine di climber provenienti
da tutto il mondo e hanno aperto anche un negozio specializzato. La valle oggi è diventata il terzo
polo di arrampicata in Italia, per numero di itinerari e frequentazione, dietro solo Arco e Finale ed
è ancora in espansione! Dinda da poco tempo ha
anche fondato una piccola associazione no-profit
(Rocpennavaire) per ricevere qualche contributo
volto alla gestione di questo immenso parco giochi. Dicono passione. Cuore, carattere e passione
sono la stessa cosa o declinazioni diverse di una
solidità morale bronzea.
Poco importa. Riflettete e siate umili. Scalare una
parete è una metafora della vita e non importa
che sia di roccia o ghiaccio… ciò che fai lì dimostra chi sei veramente, anche nella vita. Se non hai
cuore sarai un perdente, non perché sei tornato
indietro (azione più che dignitosa in certi casi) ma
perché non sai cosa vuol dire combattere. Se non
hai carattere, poveri sono i tuoi compagni di corda perché in te hanno riposto male la loro fiducia.
Se non hai una passione genuina, lascia perdere i
gradi e fai presto a trovarne una che ti si addica di
più perché la vita è vuota senza.
Emanuele Camera - sezione di Ovada
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Esperienze alpinistiche
MONTE BIANCO FRA SOGNO E REALTÀ
Patrizia tutte le mattine si sveglia, si alza, scende a far colazione, si veste e apre il garage.
Mette in moto l’auto e si dirige verso la scuola
dove lavora. Lei è un’insegnante di lettere, una
professione che ama e che esercita con scrupolo e creatività. Oggi però la giornata per lei è
incominciata in modo strano. Si è svegliata ed
era completamente buio, si è alzata ed è stata
invitata a non fare troppo rumore, è scesa a far
colazione e ha trovato un tavolo con un nome,
un numero e una tazza di tè. È uscita, ha acceso
la frontale che ha illuminato lo zaino, ha calzato i ramponi, si è legata all’imbrago e si è messa
a camminare sul ghiacciaio… A quasi due anni
dall’inizio dell’attività in montagna, può annoverare esperienze che mai avrebbe pensato di
poter fare, soprattutto considerando che non
ha frequentato alcun corso base di alpinismo e
che, come qualche amico meravigliato sostiene,
proviene dalla pianura! Tutto per lei ha avuto
origine a partire da una forte scarica di adrenalina, seguita da grande gioia e senso di benessere, che dalla prima salita non l’hanno più lasciata. Man mano che i weekend passavano e i
tiri in falesia aumentavano, crescevano il piacere e il desiderio di cimentarsi lungo vie firmate
dai grandi dell’alpinismo. Frattanto cominciava
a leggere molti racconti e libri scritti da coloro
che del Bianco hanno fatto la storia. Un conto, però, è riviverle nel comfort della propria
casa, ben diverso è compierle in prima persona,
e lei lo sa bene o, quantomeno, lo ha imparato
presto. In gioco, infatti, ha dovuto mettere tutto: resistenza fisica, emotività, forza interiore,
aspettative, eccitazione e paura. Sì perché ogni
uscita ha rappresentato e continua a rappresentare una nuova sfida con se stessa e un ritorno
atavico alla natura, con cui non si scherza. Se da
un lato occorre conoscere bene il proprio corpo, dosare le energie e sapersi nutrire per poter
andare avanti, dall’altro non si possono trascurare gli umori del cielo né i segnali della montagna. Ecco cosa le hanno insegnato ascensioni,
cascate, goulottes o vie di roccia che fossero.
Ma ancor di più sono stati preziosi per lei gli autentici rapporti di amicizia, le parole gentili e il
conforto trovati in persone, a volte sconosciute,
per le quali non è una perdita di tempo scambiare un saluto o compartecipare a una passione comune, predisposizione questa ormai rara.
La fortuna di poter condividere tali esperienze
con un compagno di scalate e di vita è alla base
del suo esordio nel mondo dell’alpinismo. Così
ogni cosa diventa un piacere, dai piccoli gesti
di una routine ormai consolidata, come la preparazione di materiale e zaini, fino agli aspetti
più profondi e significativi; già perché il condividere gli stessi patimenti per il freddo, il farsi
forza a vicenda, l’euforia per la conquista e la
felicità contemplata nel volto dell’altro costituiscono momenti unici di incommensurabile
bellezza. Perciò a partire dalla Contamine alla
Pointe Lachenal, passando per il Dente del Gigante, la goulotte Cheré, la Gervasutti e la Salluard al Pic Adolphe Rey, la Bonatti alla Chandelle du Tacul, fino ad arrivare alle ascensione
su Gran Paradiso, Lyskamm, Monviso e Bianco si
può dire che siano state tante le incertezze, che
l’hanno colta, la paura di non farcela, la fatica
estrema nel salire (vista la tecnica poco affinata), così come altrettante sono state la gioia, la
soddisfazione e la liberazione, che ha provato
ogni volta che è arrivata in cima, trovando un
compiaciuto sguardo d’intesa, riflesso del suo.
Il coronamento di un percorso relativamente
breve, ma alquanto intenso è stato proprio il
Bianco, ovvero la sua ascensione per la via dei
Trois Monts. Durante la salita, sentiva il rumore
della neve che cedeva ad ogni suo passo, mentre l’aria gelida, che precede l’alba, le accarezzava il viso arrossandolo. I suoi occhi cercavano
di scorgere la traccia a tratti levigata dal vento
e in parte inesistente. Una buona dose di determinazione e incoscienza l’accompagnavano,
intanto che attraversava i crepacci del Tacul e
zigzagava fra i seracchi del Maudit.
Ad un tratto i primi raggi del sole illuminano la
vetta, che da rosa diventa giallo intenso. Tutto
intorno a lei si trasforma in un paesaggio lunare e il panorama che le si profila dal Colle della
Brenva è indescrivibile. La spossatezza, l’aver
dormito poco (o niente) e la quota si fanno
sentire; tuttavia la montagna la chiama e ogni
metro conquistato così faticosamente la spinge
a proseguire, mentre nella sua mente recita un
mantra completamente suo (pommes de terre,
pommes de terre, alé alé….e via discorrendo).
Alla fine è in coppa. 4810 metri! Sulla cima,
prima la mano, poi un bacio che dovrebbe svegliarla dal sogno. Patrizia apre gli occhi, come
qualsiasi altra mattina, e si accorge che è tutto
vero. Ah, quasi dimenticavo….Patrizia sono io!
Patrizia Ciotti
Sezione di Ovada
UN’ESTATE COSÌ COSÌ
L’attività estiva della sezione ha pesantemente
risentito del meteo sfavorevole. Gite rinviate, recuperate e poi definitivamente cancellate. Questi
gli effetti dell’estate pazza sui programmi a suo
tempo predisposti.
Qualche obiettivo comunque è stato raggiunto,
anche se talvolta si è dovuto ridimensionare gli
itinerari, come nel caso del week end sulle Grigne
della fine di agosto. In questa circostanza c’è stata
la rinuncia alla vetta della Grignetta a causa della
pioggia, per cui il programma si è ridotto ad un
anello dal rifugio Porta al rifugio Rosalba per la direttissima con rientro al rifugio Porta per il sentiero delle Foppe. Meglio è andata la salita al mont
Fallere in val d’Aosta. Già programmata per il 20
luglio la gita è stata rinviata causa maltempo al 27.
In quella data per fortuna c’è stata una “finestra”
meteo favorevole che ha consentito ad una dozzi-
na di ovadesi di arrivare ai 3069 metri della vetta.
Nessun problema invece per i partecipanti alla gita
del 14 settembre alla ferrata di Rocca Candelera in
quel di Usseglio. Ugualmente fortunati sono stati i
soci che hanno soggiornato per una settimana nella Baita in Val Veny della sezione di Alessandria.
Il poco sole di quel mese si è concentrato proprio
in quei giorni consentendo agli ovadesi diverse
escursioni.
5
Alpinismo Giovanile
COI RAGAZZI A SANT’ANNA DI VINADIO
Il 6 settembre scorso, alle ore 7, partenza dei
ragazzi partecipanti al Corso organizzato dalla
Scuola di Alpinismo Giovanile delle sezioni CAI
di Acqui, Ovada e Novi. La speranza dei loro Accompagnatori è di passare i due giorni previsti, in
montagna, a Sant’Anna di Vinadio, accompagnati
dal bel tempo. Così è stato. Sabato il programma
prevedeva, dopo esserci riuniti con i ragazzi delle
Sezioni del CAI di Novi e di Ovada, di raggiungere
una palestra di arrampicata al colle della Lombarda: alle 11 tutte le ragazze e i ragazzi del Corso arrampicavano, assicurati dai loro accompagnatori,
in pieno sole su una bella struttura ottimamente
attrezzata con una roccia splendida. La giornata
è passata senza problemi e si è conclusa con una
cena intorno ad un camino
nel Rifugio Gran Baita del
Santuario di Sant’Anna di Vinadio. Ridere, giocare, vivere
insieme i tempi dilatati dei
rifugi, anche questo fa parte
del Corso. Anzi è forse questa
la componente più importante che consente di far gruppo
e prepararsi alle attività con
lo spirito giusto. Le attività
che hanno visto i ragazzi e i
loro accompagnatori impegnati nella giornata di domenica sono state due. La prima
ha visto impegnati i ragazzi del
Corso Base in un percorso di circa
5 ore: il Giro ad Anello dei laghi
e dei colli di S.Anna di Vinadio.
I più esperti del Corso Avanzato,
invece, hanno arrampicato su
una via di più tiri, la “via delle
placche”, che li ha portati a raggiungere il sentiero percorso dai
ragazzi del Corso Base. Le urla di
gioia dei ragazzi del Corso Base,
quando hanno individuato i loro
amici che uscivano dalla via di
arrampicata, è stato forse il momento più bello ed emozionante
della giornata.
Le attività del Corso proseguiranno con ancora due uscite: la
prima in grotta, la seconda ci vedrà impegnati
nella tradizionale chiusura del Corso a Capanne
di Marcarolo alla Baita del Mulino Nuovo. Ma
l’organizzazione va già pensando al programma
del Corso 2015. La formazione di un nutrito gruppo di Accompagnatori Sezionali consentirà alla
nostra Sezione di far fronte ad un aumento del
numero dei ragazzi partecipanti che comunque
sarà mantenuto basso per consentirci di seguirli
con attenzione. Il Corso sarà preceduto dall’ormai
classico appuntamento sulle piste di Sci con i Maestri che quest’anno è nuovamente aperto anche
ai ragazzi che non hanno mai indossato gli sci. La
novità del 2015 sarà l’inizio di una nuova attività
con i ragazzi dell’AG: lo sci da fondo.
La sezione del CAI ringrazia i ragazzi, i loro genitori e gli Accompagnatori.
CAI Sezione Acqui Terme
Sezione di Valenza
ULTIME INIZIATIVE PER IL QUARANTENNALE
L’ultimo trimestre dell’anno 2014 vedrà la realizzazione delle iniziative finali del programma che la Sezione
di Valenza ha previsto per celebrare i quarant’anni
della sua fondazione.
Il 9 ottobre la palestra, uno dei fiori all’occhiello del
CAI valenzano, sarà la protagonista di una giornata
interamente dedicata alla arrampicata. Le scuole valenzane hanno aderito a un progetto che vede protagonisti i giovani studenti, suddivisi in turni per gruppi,
che saranno accolti nella nostra Sede. Potranno cosi
assistere all’esibizione di esperti climber che presenteranno le varie tecniche nei diversi gradi delle vie
di arrampicata. Quindi gli studenti, con l’assistenza
e l’aiuto di soci CAI, avranno la possibilità di provare
esperienze dirette di arrampicata e gustare le emozioni che questa pratica trasmette in abbondanza. Un’altra giornata piena sarà l’11 ottobre: la nostra Sezione,
con il Palaguerci che la ospita, ha invitato istituzioni,
associazioni, scuole, cittadini, a visitarla. Verrà svolto
un programma che prevede, nel corso della giornata,
dimostrazioni di tecniche alpinistiche, consigli pratici
per escursioni in montagna ed anche nel territorio
valenzano, presentazione di filmati escursionistici ed
alpinistici, momenti di lettura di libri sulla montagna
e sulla natura.
Dopo l’Assemblea Generale LPV che vedrà domenica 26 ottobre 2014 riuniti a Valenza i dirigenti CAI di
Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta, un grande evento
concluderà il programma 2014 del quarantennio della Sezione: sarà presente a Valenza Hervè Barmasse,
uno dei massimi esponenti delle nuove generazioni
dell’alpinismo. L’evento si svolgerà il 5 novembre alle
ore 21,15 al Centro Polifunzionale San Rocco in piazza
Statuto a Valenza. Con Hervè, sarà presente il padre,
Marco Barmasse grande Guida Alpina e scalatore, con
il Presidente delle Guide del Cervino Gerard Ottavio.
Roberto Mantovani, scrittore, giornalista, condurrà la
serata.
Originario di Valtournenche e figlio d’arte - suo padre Marco Barmasse è uno degli alpinisti valdostani
più in vista - Hervé rappresenta la quarta generazione
di guide della sua famiglia. Maestro di sci dal 1996 e
di snowboard dal 1997, guida alpina del Cervino dal
2000 e istruttore nazionale delle guide alpine dal
2007. Inizia la sua carriera d’alpinista sulla montagna
di casa, il Cervino, aprendo e ripetendo diverse vie
prestigiose. È proprio sulla montagna che l’ha visto
crescere che Hervé diventa protagonista di diverse
solitarie estreme. La ricerca, l’esplorazione di pareti
inviolate lo portano oltre il confine delle Alpi e nel
2004 in Pakistan apre due nuove vie, una sullo Scudo del Chogolasia (5700 m) “Luna caprese” e un’altra
sullo Sheep Peak (6300 m). Nell’estate del 2008 Hervé
sale in stile alpino, insieme al compagno di cordata
Simone Moro, il Beka Brakai Chhok, una montagna
del Karakorum (Pahistan) alta 6940 metri tentata più
volte da diverse spedizioni. Il 17 marzo 2010, apre insieme al padre Marco una via nuova sulla Parete sud
del Cervino il Couloir Barmasse 1200 m. Nell’estate del
2010 sale in due giorni e in stile alpino insieme a Da-
niele Bernasconi e Mario Panzeri una cima inviolata di
6300 metri, Venere Peak difficoltà ED (Cina). Il 2011 è
l’anno del progetto “Exploring the Alps”, una trilogia
che aveva come obiettivo l’apertura di tre nuove vie
sulle montagne più importanti della sua Valle, tra le
più alte delle Alpi: Monte Bianco, Monte Rosa e Cervino. Il progetto inizia con l’apertura di una nuova via
in solitaria sulla Parete Sud Est del Cervino, al Picco
Muzio, conclusa nei primi giorni di aprile del 2011. La
seconda fase del progetto prosegue sul Monte Bianco, sul versante del Brouillard. Qui Hervé, a fine luglio
apre, insieme ai fratelli baschi Iker ed Eneko Pou, una
via a cui viene dato nome “La Classica Moderna”. Con
la nuova via sul Monte Rosa, si conclude il progetto
Exploring The Alps . Quest’ ultima salita, dove ad
accompagnare Hervè c’era suo padre Marco, voleva
simboleggiare un passaggio di consegne dell’alpinismo classico, tra passato e futuro, sempre vissuto sulle
Alpi, dove l’alpinismo nacque. La via è stata chiamata
“ Viaggio nel Tempo”. I due alpinisti hanno tracciato
un itinerario sulla parete sud-est della punta Gnifetti
nella parte più alta della cosiddetta parete Valsesiana
del Monte Rosa.
Il 13 marzo 2014 è ancora Cervino, dove realizza il
primo concatenamento invernale delle sue 4 creste,
salendo prima la Cresta di Furggen (realizzando così
anche la prima solitaria invernale della Via degli Strapiombi) e scendendo per la Cresta Hornli, per poi risalire dalla Cresta di Zmutt e ridiscendere dalla Cresta
del Leone, il tutto in 17 ore.
L’appuntamento del 5 novembre vuole essere un importante riconoscimento alle Guide del Cervino, alla
città di Valtournenche, che hanno rappresentato per
Valenza un riferimento importantissimo, con un lungo, bellissimo rapporto.
Giorgio Manfredi - CAI Valenza
6
Sezione di Casale Monferrato
Riflessioni... pseudo alpinistiche
Franca non era un’escursionista forte, né aveva
particolare predisposizione per la fatica. Certo
anche lei subiva il fascino della montagna, ma
probabilmente partecipava alle uscite soprattutto per star vicina a Beppe ed assecondare
la sua grande passione. Eppure è stata una
persona importante per la nostra Sezione: le
sue sontuose cene in cascina a Zenevreto con
i “vecchi” hanno contribuito a cementare la
nostra amicizia e a far sì che i nostri incontri
sui sentieri di montagna, in sede il giovedì sera
o anche semplicemente quando ci si incrocia
in città, siano sempre un piacevole momento
di gioia, così come la sua mancanza lascia un
altro doloroso vuoto in questo anno particolarmente triste per la nostra Sezione.
Un abbraccio a Beppe e Paola da tutti gli amici
del CAI.
Criticate, snobbate, deplorate. Malgrado tutto,
però, le vie ferrate restano popolari e soprattutto assai frequentate. Preso atto di ciò, va detto
che negli ultimi anni il loro numero è cresciuto notevolmente (in modo abnorme, secondo
i detrattori). E, soprattutto, sono cambiate le
loro caratteristiche. Se una volta il cavo d’acciaio (corroborato da qualche scaletta e qualche
gradino metallico nei punti più ostici) seguiva,
come una normale via di roccia, una linea di salita, corrispondente spesso al “punto debole”
della parete, oggi invece presenta sovente un
percorso più fantasioso, volto alla ricerca del
passaggio difficile, aereo, strapiombante, del
“gesto atletico” (in una ferrata? Mah …). E poi,
come ciliegina sulla torta, non può mancare il
ponte tibetano.
Ovviamente per fare tutte queste belle (?) cose,
occorre utilizzare una quantità di metallo decisamente superiore al passato. E qui nasce il
RICORDO DI LAURA TROPPO FERRO IN FERRATA?
Sezione di Casale Monferrato
RIAPRE IL
MURO ARRAMPICATA
problema dell’impatto ambientale, che risulta
per forza di cose più pesante. Ma c’è dell’altro:
con tutti quei gradini piazzati sul verticale (o
sugli strapiombi), la salita diventa un puro esercizio ginnico, simile al quadro svedese di una
palestra. Non si arrampica più; si fa semplicemente ginnastica. Ovviamente è sempre una
cosa simpatica e salutare, ma non ha più niente
di “alpinistico” (o pseudo alpinistico, dipende
dai punti di vista).
Ma non tutte le nuove ferrate sono così. Per
esempio quella di Rocca Candelera, in val di
Viù, nei pressi di Usseglio (realizzata di recente:
se non andiamo errato, nel 2009), presenta un
percorso logico, classico, lineare. C’è del ferro,
ma non troppo. C’è qualche passaggio duro,
ma non è “cercato”: sta lì, sulla linea di salita,
proprio come capita sulle ferrate storiche delle
Dolomiti.
Diego Cartasegna
Giovedì 2 ottobre riapre il muro di arrampicata al Palazzetto dello sport di Casale Monferrato. Completamente rinnovate la prese
della palestra boulder, anche in previsione
della gara che si terrà giovedì 13 novembre.Si
provvederà inoltre ad ampliare le linee di salita della parete aggiungendo due nuove soste.
Rimane invariato l’orario di apertura, martedì
e giovedì dalle 18,30 alle 22,30, cosi come invariato è il biglietto di ingresso.
Per chi accede per la prima volta l’ingresso è
gratuito e per chi non ne dispone, viene messa
a disposizione l’attrezzatura.
I NUOVI ASAG
Si è concluso nel luglio scorso con la verifica finale
il Corso 2014 per Accompagnatore Sezionale di
Alpinismo Giovanile (ASAG), diretto dall’ANAG
Gian Carlo Berchi, direttore della Scuola Intersezionale “La cordata” e membro della Scuola
AG LPV; il ruolo di tutor del corso è stato svolto
dall’ANAG Fabrizio Masella, direttore della Scuola AG LPV. Gli allievi che hanno superato il corso,
ottenendo la qualifica di ASAG, sono i seguenti:
Valter Guido Barberis, Giovanni Bruno, Alessandra Costa, Antonino Di Marco, Pierangelo Ferro,
Maurizio Levo, Luca Pronzato, Gianluca Scaramuzza, Nunzio Sciammacca e Ferdinando Zunino
della sezione CAI di Acqui Terme; Elisa Berchi e
Marcella Caneva della sezione di Ovada; Riccardo
Bozzi, Giovanni Brocca, Maria Teresa Camera ed
Elisabetta Lo Schiavo della sezione di Novi Ligure;
Stefano Grande e Antonio Moscato della sezione
di Alessandria.
AVVISO AI
LETTORI
@
Da questo numero di Alpennino è attiva una casella postale. Chi volesse contribuire alla realizzazione della rivista con interventi, contributi, suggerimenti può farlo inviando testi e foto all’indirizzo
[email protected]
ALPENNINO IN UN SOLO CLIC
Nello scorso inverno è stato portato a termine l’archivio online del nostro periodico, realizzato dal socio della Sezione di Valenza Giovanni Omodeo, con
l’ausilio del nipote Federico.
Si tratta di un vasto archivio, che comprende tutti
i numeri dal 1988 al 2014, ed è liberamente consultabile presso il sito del CAI Valenza nella sezione
“Alpennino” (www.caivalenza.altervista.org/archivio-alpennino/ ).
I numeri della rivista possono essere sfogliati virtualmente online e anche essere scaricati in formato PDF sul proprio computer e stampati. Per
fare ciò basta semplicemente cliccare la scritta
“DOWNLOAD ALPENNINO... N...” presente in fondo ad ogni Alpennino ed il download partirà in
automatico dopo pochi istanti.
Allo stesso modo saranno disponibili tutti i prossimi numeri.
Ora tutti hanno la possibilità di accedere alla “storia” di Alpennino, che è anche una parte della storia delle sezioni della nostra provincia, una storia
che riflette il costante amore dei soci CAI per la
montagna.
7
PROGRAMMA ATTIVITÀ SEZIONALI
PROGRAMMA
ALESSANDRIA
ESCURSIONISMO
SAN
SALVATORE
12
OTTOBRE
TRAVERSATA
SESTRI P. - MADONNA DELLA GUARDIA PONTEDECIMO (E) - D.G. Accornero, Modica
19RACCHETTE DA NEVE
OTTOBRE
CASTAGNATA AL MOLINO NUOVO Capanne di Marcarolo (T)
2615
OTTOBRE
DELLA FORESTA
DELL’ADELASIA
GENNAIO ANELLO
In località
da destinarsi.
(E)destinarsi.
- D.G. Accornero, Modica
29 GENNAIO Alta Val
In Bormida
località da
912
NOVEMBRE
DAda
GHIFFA
A OGGEBBIO
FEBBRAIO TRAVERSATA
In località
destinarsi.
Lago Maggiore (E) - D.G. Barbieri, Fei
21ESCURSIONISMO
NOVEMBRE CENA SOCIALE
26 FEBBRAIO in località
VARIGOTTI
- CAPO NOLI (E)
da destinarsi
4
MARZO
BORGIO
VEREZZI
DA PIETRA LIGURE
IN SEDE
conDI
visita
alle grotte
19 DICEMBRE AUGURI
NATALE
IN SEZIONE
18 MARZO dalle ore
VAL
GARGASSA anello nel Parco del Beigua (E)
21:00
1 APRILE
RIFUGIO FORTE DEI MARMI
Ferrata facoltativa Monte Procinto, m 1039
ACQUI
TERME
15 APRILE
FORTI
DI GENOVA
(T)
22 APRILE
GIRO DELLE CINQUE TORRI (10a edizione)
ESCURSIONISMO
(E) Org. CAI Acqui Terme
26 OTTOBRE
I SENTIERI DELLA TORRE DI VISONE
25 APRILE
SENTIERO DEI SANTUARI
7 DICEMBRE GITA NEL PONZONESE: IL BRIC DI MONTADO
San Salvatore - Crea, km 39 (T)
ALPINISMO
6 MAGGIO
RAMA - Via normale
1720OTTOBRE
MAGGIO AVVICINAMENTO
SENTIERO ALL’ARRAMPICATA
DEGLI ALPINI (E) E ALL’ALPINISMO
- Teoria
19ALPINISMO
OTTOBRE
AVVICINAMENTO ALL’ARRAMPICATA E ALL’ALPINISMO
- Pratica
1 APRILE
FERRATA MONTE PROCINTO
6 MAGGIO
RAMA - Vie di arrampicata
MTB
GIUGNO GIRO FERRATA
DEL REOPASSO (A)
123OTTOBRE
DEI DUE BRICCHI
SCI
29 NOVEMBRE PERFEZIONAMENTO SCI PER RAGAZZI
OVADA
6-13-14 DICEMB PERFEZIONAMENTO
SCI PER RAGAZZI
VARIE
22ESCURSIONISMO
NOVEMBRE CENA SOCIALE
GENNAIO SERATA
GITA
IN RIVIERA
1915DICEMBRE
DEGLI
AUGURI IN(E) Org.
SEDE Piana, Piccardo
12 FEBBRAIO
I CAMPANILI DI LEIVI (Riviera Ligure di Levante)
(E) Org. Rolando, Barisione
TORTONA
4 MARZO
GIORNATA
NAZIONALE FERROVIE
DIMENTICATE
(E) Org. Bruzzone, Caneva
ESCURSIONISMO
APRILE
PASQUETTA
CON IL
CAI (E) Org. Cons. Dir.
129OTTOBRE
APPENNINI
LIGURI, SESTRI
LEVANTE:
22 APRILE
GIRO
DELLE870
CINQUE
TORRI (10a edizione)
ANELLO
TREGGIN
m - ROCCAGRANDE
970 m
(E) Org.
Terme
- PORCILE
1249CAI
m -Acqui
VERRUGA
1207 m (E)
APRILE
PARCO DEL
BEIGUA,
ACQUABIANCA
(E)
1229OTTOBRE
INAUGURAZIONE
SENTIERO
DEI
BALZI ROSSI
Org. Piccardo,
Alloisio
organizzata
dal CITAM/PV
(T)
MAGGIO APPENNINI
MAREMMA,
264-6
OTTOBRE
LIGURI: VAL
ALTA DI
VIACORNIA
MONTI LIGURI (E)
(E) Org.
Bruzzone,
Caneva
9 NOVEMBRE APPENNINI
LIGURI:
ALTA VIA
MONTI LIGURI (E)
20 MAGGIO
INTERSEZIONALE
ALpubblicate
MULINO sul
NUOVO
Altre
escursioni in programmazione
verranno
sito.
(E) Org. Consiglio Direttivo
MTB
8-9 GIUGNO
PASSO DELLO SPLUGA Val Chiavenna
2 NOVEMBRE LE GOBBE DEL CAMMELLO - VAL CURONE
(EE) Org. Bruzzone
SCI FONDO ESCURSIONISMO - RACCHETTE
VALENZA
28 GENNAIO
LOCALITAʼ DA DEFINIRSI
ESCURSIONISMO
Org. Ferrando, Barisione
1226OTTOBRE
CARMO (da
Verzi)
(E)
FEBBRAIO MONTE
LOCALITAʼ
DA
DEFINIRSI
9 NOVEMBRE GRAFFITI
NEL
FINALESE
Org. Bruzzone, Caneva
un museo
storico all’aria
aperta (E) Org. Bello
18 MARZO
LOCALITAʼ
DA DEFINIRSI
23 NOVEMBRE SUI COLLI ACQUESI
ALPINISMOin collaborazione con CAI Acqui Terme (E)
713DICEMBRE
(T) DEI CAMPANILI
MAGGIO CALDIROLA
CANALE
Valle Po, Viso Mozzo m 3019 (PD)
VARIE
Org. Paravidino,
NOVEMBRE ASSEMBLEA
DELEGATI Timossi
LPV A VALENZA
(presso
Mostra
Orafa)
IN SEDE
14 DICEMBRE PRANZO SOCIALE
30
MARZO
ASSEMBLEA
31 DICEMBRE
CAPODANNO
CAI DEI SOCI
ATTIVITAʼ
CASALE MONFERRATO
ESCURSIONISMO
ACQUI
TERME
12 OTTOBRE
CAMMINO DI SAN CARLO
seconda tappa: Pella - Varallo Org. Piotto, Rossi
ESCURSIONISMO
Al termine CASTAGNATA e MERENDA SÏNOIRA
GENNAIO SENTIERO
GITA
NEL NOCCIOLA
FINALESEOrg. Piotto, Rossi
2615
OTTOBRE
DELLA
19
FEBBRAIO
CAMOGLI
- S. MARGHERITA
9 NOVEMBRE IL SENTIERO DEI MURION
Org. Piotto, Rossi
23 NOVEMBRE BOSCOSentiero
DEL VAJdelle
Org. Batterie
Laura e Danilo Chiadò
4 MARZO
DA SESTRI LEVANTE A MONEGLIA
CICLOESCURSIONISMO
18 MARZO
MONTE CARMO
5 OTTOBRE
GIRO DEL MONTE SION (MC/MC) Org. Bardone
23-25 MARZO
LES CALANQUES - CASSIS (FRANCIA)
ALPINISMO
22 APRILEGIOVANILE
GIRO DELLE CINQUE TORRI (10a edizione)
Gruppo
guide:
5-6 MAGGIO
ACQUI - MADONNA DELLA GUARDIA
1920
OTTOBRE
- MONTE ZUGHERO escursione
MAGGIO MOTTARONE
GITA INTERSEZIONALE
- CAI Ovada
Gruppo trekker:
19MTB
OTTOBRE
CAPRIE via ferrata
1
MARZO IL PALAZZETTO
PRESENTAZIONE PROGRAMMA MTB
NOVEMBRE
1
APRILE
GIRO DEL GORREI
VARIE
22
APRILE LA CASTAGNATA
GIRO DELLE CINQUE TORRI (10a edizione)
OTTOBRE
13
MAGGIO
SUISOCIALE
CALANCHI DI MERANA
21 NOVEMBRE LA CENA
18FERRATA
DICEMBRE GLI AUGURI IN SEDE
27 MAGGIO
FERRATA CAPRIE
Il Consiglio Direttivo, ai sensi degli articoli 14, 15 e 16 dello Statuto Sezionale
convoca presso la sala riunioni della sede sociale al civico 17 di Via Rivetta in
TO
R TO N A
Casale Monferrato,
la
ASSEMBLEA ORDINARIA DEI SOCI
perESCURSIONISMO
il giorno 29 ottobre 2014 alle ore 0,15 in prima convocazione e, mancando
12 FEBBRAIO
MONTE
E MONTE
il numero
legale, per il giorno
30 TOBBIO
ottobre 2014,
alle oreFIGNE
21 in seconda convo18 MARZO
TORTONA - SERRA DEL MONTE 25 km
cazione.
22 APRILE
VIA FRANCIGENA (MORTARA-GARLASCO)
Ordine
del giorno
13 MAGGIO
SELVAPIANA-CAPANNE DI COSOLA
1. Relazione del Presidente;
MTB
2. Elezione di un membro del Collegio dei Revisori;
15 GENNAIO 3. Presentazione
SANTUARIO
DI MONTALLEGRO
del Bilancio
Preventivo; DA RAPALLO
19 FEBBRAIO4. Determinazione
FINALE LIGURE
delle quote associative 2015;
18 MARZO
RIVE ROSSE (BIELLA)
5. Varie ed eventuali.
15 APRILE
BONASSOLA
20 MAGGIO
VAL CURONE - SENTIERO DELLE GINESTRE
ARRAMPICATA
OVADA
29 GENNAIO
MONTESTRUTTO
ESCURSIONISMO
FEBBRAIOGITA CON
LA FALESIA
DE CROVEO
3026
NOVEMBRE
PRANZO SOCIALE
(E) Coord. Cartasegna
8 DICEMBRE PRESEPE SUL MONTE TOBBIO
SCI CLUB
VERDEFONDO
(E) Coord. Arecco,
Dagnino
2415
DICEMBRE
FIACCOLATA
NOTTURNA
GENNAIO
BRUSSON (AO) A SAN LORENZO
(E) Coord. Bello, Piana
22 GENNAIO
PRAGELATO (TO)
SPELEOLOGIA
29 GENNAIO
AISONE (CN)
19 OTTOBRE
IN GROTTA(CN)
Coord. Gruppo Anveria
5 FEBBRAIOUSCITAVALMALA
ALPINISMO
GIOVANILE
12 FEBBRAIO
CERESOLE REALE (TO)
2619
OTTOBRE
CASTAGNATA
MULINO NUOVO
FEBBRAIO
COGNEAL
(AO)
Coord. Cartosio, Rolando
24-26 FEBBRAIO DOBBIACO (BZ)
IN 4
SEDE
MARZO
S. MICHELE IN VAL FORMAZZA (VCO)
1911
DICEMBRE
MARZO VIDEOPROIEZIONI:
ARPY (AO) UN ANNO DI ATTIVITÀ
Coord. Consiglio Direttivo
18 MARZO
BAGNI DI VINADIO (CN)
25 MARZO
RHEMES NOTRE DAME (AO)
SAN
SALVATORE
Il programma delle gite potrà subire variazioni in base allʼinnevamenESCURSIONISMO
to delle località sciistiche. In ognuna di esse ci sarà la possibilità di
26affittare
OTTOBRE
GITA SOCIALE La partenza delle gite avverà a lato del
tutta lʼattrezzatura.
25piazzale
DICEMBRE
NOTTURNA
TOBBIO
PactoSALITA
in Spalto
marengoAL
adMONTE
Alessandria
alle(E)ore 7. La scuola
di
sci
di
fondo
sarà
tenuta
dal
nostro
maestro
FISI
e articolata su 4
VARIE
alternatoCASTAGNATA
e skating base; alternato e skating perfezionamento.
12livelli:
OTTOBRE
informazioni:
GiovannaDEI
0131
343479; www.verdefondo.it
25Per
NOVEMBRE
ASSEMBLEA
SOCI
APERTURA SEDI
ACQUI TERME
Via Monteverde, 44
Venerdi 21,00 - 23,00
ALESSANDRIA
Via Venezia, 9
Tel. 0131 254104
[email protected]
[email protected]
www.caialessandria.it
Martedi, Venerdi 21,30 - 23,00
Mercoledi e Venerdi 18,30 - 19,30
CASALE MONFERRATO
Via Rivetta 17 - Tel. 0142 454911
www.monferrato.net/cai/
Giovedi 21,30 - 23,00
NOVI LIGURE
Corso Marenco 21
Mercoledi e Sabato 18 - 19,30;
Venerdi 21,00 - 23,00
OVADA
Via Gilardini, 9 - Tel. 0143 822578
Mercoledi e Venerdi 21,00 - 23,00
SAN SALVATORE
Piazza Carmagnola, 2
[email protected] www.caisansalvatore.it
Martedi 21,00 - 23,00
TORTONA
Via Trento 31 (c/o Palestra Fausto Coppi) - C.P. 153
[email protected] www.caitortona.net
Giovedi 21,00-23,00
VALENZA
Giardini Aldo Moro - Tel. 0131945633 - 3409882624
[email protected] - Martedi e Venerdi 21,00 - 23,00
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Una giornata, una vetta...
MONTE SACCARELLO m 2200
Valle Arroscia- Valle Tanaro
Il Saccarello è al tempo stesso la cima più alta della Liguria ed il monte dal quale nasce il Tanaro,
principale affluente di destra del Po, intimamente legato alla storia di quella parte del Piemonte
che ha nelle Langhe e nel Monferrato il proprio
cuore. La vetta del Saccarello è pure punto d’incontro di ben tre regioni: Piemonte, Liguria e Provenza si toccano sulla sua sommità, unendosi in
un abbraccio che accomuna territori con vicende
storiche intimamente legate. La montagna è dunque geograficamente importante, ma non solo;
il Saccarello ha qualcosa da dire anche dal punto
di vista paesaggistico: il punto culminante offre
infatti ampia vista sulle più importanti cime delle Alpi Liguri, dall’Antoroto al Marguareis verso
settentrione, verso il Toraggio ed il Pietravecchia
in direzione sudovest; interessante anche il vasto
panorama sulla valle Roya, nella parte alta della
quale spiccano celebri cime delle Marittime. La
via più facile per raggiungere la vetta parte da
Monesi di Triora e si sviluppa per una carrareccia
ex-militare; l’itinerario prescelto sale invece dalla
strada per la colla Garezzo, in valle Arroscia, e si
sviluppa in buona parte lungo la cresta spartiacque con la valle Tanaro, passando in prossimità
del rifugio Sanremo. Si tratta di un percorso più
panoramico e più adatto a chi preferisce salire
su sentiero. Il tracciato descritto presenta anche
alcuni elementi che rappresentano un valore aggiunto, come la possibilità di ammirare la fioritura della Fritillaria, dalle curiose campane gialle
ricurve punteggiate in bourdeaux, abbondante
nella tarda primavera in prossimità del colle del
Frontè, nonché la presenza di sinistri resti di fortificazioni militari che si succedono lungo la dorsale spartiacque fino alla meta. Raggiunto il punto
culminante, è il Redentore ad attirare immediatamente l’attenzione: il fatto curioso è che la
scultura è parte di un’insieme ideale di statue accomunate dal fatto di essere state collocate sulla
cima più alta di ogni regione italiana in occasione
del primo centenario dell’Unità d’Italia.
Caratteristiche dell’escursione
Dislivello: 830 m circa, comprese le perdite di quota (110 m circa all’andata e altrettanti al ritorno)
Esposizione: in prevalenza sud fino al colle del
Frontè, quindi cresta orientata principalmente
est-ovest con alcuni brevi traversi spostati su versanti settentrionali.
Difficoltà: E; il primo tratto si sviluppa su sentiero
poco evidente, con difficoltà in caso di nebbia.
Descrizione del percorso
Da San Bernardo di Mendatica ci si dirige per la
Colla Garezzo, seguendo le indicazioni stradali
che invitano a seguire una stradina, asfaltata per
circa 1 km, quindi sterrata. Raggiunta la borgata Case Penna, si continua lungo la carrareccia
per altri 500 m circa, fino
a quando lo sterrato oltrepassa un costone che scende dalla cima Omo dell’Alpetta: si lascia l’auto in
prossimità del sentiero che
scende a Pollarocca (indicato in zona come Puarocca),
a circa 1590 m di quota. Si
inizia quindi a camminare imboccando un piccolo
sentiero, che sale con decisione lungo la già citata
costa prativa; purtroppo la
traccia pare presto perdersi nell’erba: in realtà,
percorsi un centinaio di metri lineari, il sentiero
torna evidente e si allunga con pendenze moderate in costa al versante meridionale della cima
Garlenda: sono presenti alcuni segni biancorossi
dell’Alta Via dei Monti Liguri, che facilitano appena l’individuazione del percorso. Le difficoltà in cui s’incorre in questa parte dell’itinerario
sono dovute soprattutto al fatto che il sentiero si
identifica con il tracciato di
una vecchia strada militare,
ormai inerbita e spesso non
evidente: a questo proposito, occorre tuttavia ricordare che il punto di passaggio
appare spianato, interrompendo il normale profilo
del pendio, fatto che aiuta
nell’individuazione della
via; inoltre in alcuni punti
la traccia principale si divide in varie tracce parallele,
rendendo non immediata
la scelta del percorso. In
qualunque caso si cammina
mirando il monte Frontè,
facilmente individuabile per la presenza di una
grande statua bianca posta sulla sua vetta: si tratta di una Madonna, che in tempi recenti è stata
gravemente danneggiata dal fulmine. Raggiunto
il fondo di un valloncello che pare unire il colle
del Frontè all’alpeggio omonimo, in prossimità
del rio che lo percorre, a circa 1910 m di quota, si
nota un bivio segnalato da un ometto di pietre e
da una freccia dipinta su un sasso, dove si volge
a destra, risalendo l’erto pendio sudest della cima
Garlenda. Saliti a circa 2030 m si piega decisamente a sinistra tornando a mirare il colle del Frontè
(m 2090) ed ignorando la traccia che prosegue
verso oriente. Giunti finalmente al valico, s’incontrano subito i ruderi di
alcune casermette militari,
mentre il panorama si apre
verso le montagne dell’alta
valle Tanaro: a sinistra, vicinissimo, appare il Frontè (m
2153), raggiungibile con
una breve deviazione. Non
manca di stupire la vista
della lunga cresta che conduce al Saccarello, lungo la
quale si nota il rifugio San
Remo. Si prosegue lungo
l’ampia cresta erbosa, su
evidente sentiero, fruendo
a lungo del tratto più piacevole dell’escursione. Scesi
L’ampia cresta che conduce al rifugio San Remo
al passo della Garlenda (m 2012), con una perdita
di quota di circa 70 m, si ha l’occasione di osservare altri ruderi di casermette militari. Superate
alcune ondulazioni del terreno, che costringono
a perdere circa 30 m di quota, si affronta una
modesta salita che conduce al Rifugio Sanremo,
oltre il quale il sentiero confluisce su un’ampia
Ruderi di postazioni ex-militari e vetta del Saccarello
mulattiera, di fatto ciò che resta di una strada
ex-militare. Poco prima della meta, in prossimità di quella che fu una stazione di arrivo di un
impianto a fune, si perdono altri 10 m di quota,
prima di raggiungere il Redentore, alla base del
quale è presente una chiesetta-rifugio. Un breve
tratto di strada sterrata conduce infine al punto
culminante, passando in prossimità di altri resti di
postazioni militari: il punto culminante ospita un
cippo commemorativo risalente al 1891.
Claudio Trova
Postazioni militari