MIZR 007-2016

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MIZR 007-2016
Direttore responsabile: Mauro Cerulli
MIZR é uno strumento di divulgazione
interna che presenta studi
sul Martinismo, la Libera Muratoria
e lo Gnosticismo.
Comitato scientifico: Fabrizio Fiorini
Luizio Capraro
Arrigo Gareffi
Antonino Bonanno
La raccolta (che non ha periodicità
ed é riservata ai soli membri della
Associazione Culturale MIZR)
non é in vendita
e può essere stampata in proprio
scaricandola gratuitamente.
www.mizr.eu
Pertanto non può essere
considerata una testata giornalistica
o un prodotto editoriale ai sensi
della legge n. 62 del 07.03.2001.
Apis Editoriale
Pag. 1
Aton Giacomo Tallone
Pag. 10
Igneus L’inganno neognostico
Pag. 20
Haiaiel Commento alla “Lettera
ad un amico” di Giammaria
Pag. 34
Maathor Nei segreti irrisolti
del SATOR (II parte)
Pag. 42
Adonhiram Il III Grado della
Libera Muratoria come
Promessa di Reintegrazione
nell’Uno
Pag. 52
Sedir L’iniziazione
(conferenza inedita)
Pag. 58
Asclepius Che cos’è l’anima
Pag. 62
Arjuna La mente nel Nada Yoga
Pag. 66
(prima parte)
Hathor Go-Rex Simbologia
massonica:Il Gabinetto
di Riflessione
Pag. 76
Calendario Operativo 2016
III cop.
Anno 2 - n. 7 - giugno 2016
Oggi le legioni del male sono sempre più decise a travolgere la Tradizione. La
controiniziazione sa contaminare tutti coloro che sono deboli e sembra non lasciar
scampo a chiunque non sia saldo, granitico, ricco di fede, di speranza e di amore, e soprattutto consapevole sia sul piano dei contenuti spirituali che della storia.
Megalomani, ciarlatani, manipolatori di anime, falsari e millantatori caparbiamente tentano di proseguire la loro empia ed egoica partita a dadi con l’Unico Immenso:
strisciando dentro le più deboli o degenerescenti Società nate per lo Spirito, disinformano scientemente ed infettano con le loro “credibili” follie chi cerca di percorrere autenticamente la propria Via.
Chi sente nella Tradizione la Sacralità della vita e la Verità dei valori, chi opera
per la Reintegrazione dell’Uomo e di tutto il creato, chi non è disponibile a contrattare
un piatto di lenticchie per una ipocrita, arrogante, altisonante vanagloria profana, chi
è indenne e virtuoso è necessariamente chiamato ad impugnare la spada e ad ergersi a
difesa dello Spirito.
In questo quadro drammatico di cedimento alla orde oscure, anche una parte
molto consistente della Libera Muratoria Egizia è stata appestata. Ma non totalmente!
Per volontà degli Dei Immortali, il “mondo egizio” è tutt’oggi ottimamente rappresentato da alcuni Ordini sani, che stabilmente operano per la sua pura Trasmissione attraverso gli originali Depositi, mantenuti incontaminati e completi. In questi Ordini
l’integrità e la saldezza sono garantite dalla coerenza iniziatica ed i loro figli hanno ricevuto e ricevono tutti i doni dello Spirito.
Da una parte è dunque fondamentale possedere una vera chiarezza storica: non
si può ignorare chi sono stati i nostri Padri, quali passi hanno compiuto questi Maestri
Passati, a chi hanno consegnato il Sacro Deposito che era stato loro affidato e come
hanno agito per la difesa del Mondo Rituale Egizio ed in generale delle Società Spirituali. Dall’altra è vitale unire eggregoricamente queste forze, perché Esse onorano la
Tradizione per tramandarla inalterata.
Questa Unione si è concretizzata il XII giorno di Masut-Ra, VI mese della Stagione di Shemu nell’Anno di Vera Luce d’Egitto 000 000 000 per volontà ed opera del
Sovrano Santuario Egizio-Mediterraneo, del Sovrano Gran Santuario Bysantium, del
Souverain Grand Sanctuarie Traditionnel des Gaules e del Sovrano Gran Santuario
Mediterraneo.
Che il Supremo Artefice dei Mondi li aiuti, li assista e li fortifichi.
EDITORIALE
Apis
CERCO UN CENTRO DI GRAVITÁ PERMANENTE
Non ho mai nascosto la mia simpatia per il grande musicista Franco Battiato, geniale
ed eclettico artista, in grado di creare sia canzoni melodiche di grande successo ascoltate da
chiunque, sia di partorire vere e proprie opere liriche e sinfoniche (Genesi, Gilgamesh, Il Cuor
di Federico, Telesio) apprezzabili essenzialmente da un pubblico colto e, di conseguenza,
molto ristretto. Da quell’artista vero che è Battiato è stato anche in grado di valicare i confini
della musica essendosi cimentato, con successo, sia nel campo del cinema, come regista, che
in quello della pittura.
Conobbi Battiato verso la fine degli anni ‘70 dello scorso secolo, lui allora viveva a Milano, componeva musica d’avanguardia, che nessuno ascoltava tranne quattro gatti, ed era
assolutamente sconosciuto al grosso pubblico. A presentarmelo fu un amico, allora discepolo,
come me, di Scaligero, che suonava assieme a Franco in una band della quale ora mi sfugge
il nome; questo amico sarebbe divenuto, anni dopo, un parlamentare della Lega Nord, poi,
abbandonata dopo pochi anni la politica, avrebbe iniziato a fare il “guru” mescolando l’antroposofia di Steiner con bizzarre tesi dall’evidente sapore new-age, ma è una brava persona e
gli sono affezionato. Franco mi colpì molto, sia per l’enorme intelligenza che per la straordinaria cultura musicale ma, onestamente, non mi convinse molto dal punto di vista esoterico
o meglio, non mi convinse la sua personale visione dell’esoterismo e dello spirito.
Battiato, all’epoca, apparteneva alla scuola di Gurdjieff (personaggio che non mi ha mai
particolarmente affascinato) e sosteneva, come del resto sostiene tuttora, che il c.d. “associa-
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zionismo esoterico” non ha più ragion d’essere e che, di conseguenza, gli Ordini Iniziatici, nati
tecnicamente in Occidente essenzialmente nel XVIII secolo, non hanno oramai più alcun senso.
Analoga teoria veniva espressa anche da un altro grande genio della musica che Battiato tempo dopo mi presentò: Giorgio Gabersic, in arte Giorgio Gaber.
Posso comprendere, per molti aspetti, la validità di tali ragionamenti: l’essere umano
oggi è molto diverso da come era nel settecento o nell’ottocento, ben difficilmente oggi sono
riscontrabili Personalità del calibro di Martinez de Pasqually, o di Louis Claud di Saint-Martin,
o di Papus, o di Steiner, etc., tanto per fare alcuni esempi, ed è indubbiamente verissimo, come
Scaligero scrive nell’appendice “Dell’Amore Immortale” che nella maggior parte delle moderne
associazioni spirituali, la forma riveste assai maggior contenuto della sostanza, in sintesi, cioè,
il “pensato” si è affermato in luogo del Pensiero, onde l’autentico senso Spirituale di tali associazioni è andato, in molti casi, perduto. Tuttavia ciò che non mi ha mai convinto fino in fondo
è l’incapacità di formulare valide alternative agli Ordini Esoterici, da parte di coloro che ne decretano l’inutilità o, per meglio dire, che ritengono che Essi vadano oggi, in qualche modo“superati”. Va bene, mandiamo in pensione gli Ordini Massonici, quelli Martinisti, le Chiese
Gnostiche, (vere o presunte, ahimè quasi sempre presunte, che siano queste Strutture) ma poi,
in soldoni, con COSA dovremmo sostituirle? Parliamoci francamente e fuori dai denti: Steiner
e Scaligero, due Grandissimi Maestri, senza alcun dubbio, tentarono entrambi, in tempi diversi,
un“superamento”dei c.d. Ordini Iniziatici, ma cosa sia successo alla Loro morte è sotto gli occhi
di tutti: la Società Antroposofica è oggi una multinazionale che non ha più NULLA di spirituale
e di esoterico e posso affermarlo a ragion veduta essendo membro della c.d.“Classe Esoterica”
dal 1992; quanto all’ambiente “scaligeriano” (orrido neologismo che avrebbe tremendamente
infastidito Massimo, ma usiamolo pure per comodità didattica), a parte qualche rara brava persona, io vedo oggi, in quell’ambiente, soltanto personaggi francamente deliranti, basta leggere
i vari “blog”,“forum” et similia per rendersene conto. Se l’alternativa agli Ordini Iniziatici è costituita, tanto per scendere in particolari, da Giudith von Halle o da“Hugo de Paganis”, abbiate
pazienza, teneteveli pure che io mi tengo gli Ordini Iniziatici!
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Senza Ordini, purtroppo, non possono esistere Scuole,
perciò sarà difficilissimo, se non impossibile, trasmettere gli Insegnamenti della Tradizione Perenne NELL’ESATTO ED INALTERATO MODO CON CUI DETTI INSEGNAMENTI DEVONO
ESSERE TRASMESSI ad altri. Il limite dei c.d.“liberi cercatori dello
Spirito” sta, purtroppo, nella loro sterilità: essi non trasmettono,
non creano scuole, non forgiano discepoli in grado, un giorno,
di raccoglierne l’eredità: creano, certamente, delle “comunità
umane”anche efficaci e propositive ma limitate, nella loro azione,
al solo tempo del transito terrestre del Maestro, poi, inevitabilmente, con la Sua scomparsa terrena, tali comunità umane si disgregano assumendo le stesse connotazioni negative dei vari “Ordini” con scambi di accuse
reciprocamente formulate dai vari“continuatori”o“eredi spirituali”, comiche pretese di rappresentare “l’ortodossia” del pensiero di quello stesso Maestro che negava la validità di ogni ortodossia e per tali motivi era contrario agli Ordini, e, infine, subentra l’ assurda convinzione
di essere l’unico autorizzato a parlare di quello stesso Maestro. A mò di esempio citeremo il
caso di un ex-giovanotto, ora alquanto attempatello, in gioventù ex-militante di lotta continua
e sodale del “galantuomo” Ovidio Bompressi, (per inciso, ma solo per amore di verità storica
e senza alcuna intenzione apologetica sappiate che Scaligero aveva fatto la marcia su Roma
e mai rinnegò la Sua giovanile adesione al Fascismo, se mai superò e trascese il velo della
“Maya politica”come Egli spiega chiaramente in“Dallo Yoga alla Rosacroce”); questo simpatico
personaggio, che ha avuto l’ardire di definire Papus“maghetto da strapazzo” e di sbeffeggiare
il Martinismo e la Libera Muratoria Egizia (e che poi non si lamenti se le cose della vita gli
vanno male poiché gli Eggregori hanno una grande forza) , incontrava Massimo un’ora scarsa
al mese, in compagnia di una dozzina di persone in una sorta di “psicoterapia di gruppo” di
questi giovanotti scapestrati che Scaligero per carità cristiana cercava di riportare sulla retta
via, ora si erge al ruolo di“unico interprete autorizzato”del pensiero di Scaligero, pretendendo
di aver da Lui ricevuto particolari confidenze e rivelazioni. Costui afferma pubblicamente che
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l’UNICO esercizio spirituale da seguire è la concentrazione (la quale, si badi bene, per tale
personaggio deve durare non pochi minuti, come Scaligero a chiare lettere scrive nei Suoi
libri, bensì diverse ore), che la CRISTIANISSIMA Via indicata da Steiner e da Massimo deve,
in realtà, lasciare il passo ad una sorta di Reghiniana“rivitalizzazione degli Antichi Dei di Roma”
che TUTTI o quasi tutti i discepoli di Massimo sono dei traditori, venduti alla chiesa cattolica,
e teorizza una vera e propria “Via ascetica permanente” che egli però si guarda bene dal seguire, dato che pesa un quintale e mezzo ed è da molti anni affetto da grave bulimia trovando
nel cibo, l’unico conforto ad una vita carica di frustrazioni e di tragedie. Dunque, amici miei:
è QUESTA l’alternativa che volete agli Ordini Iniziatici? O vogliamo parlare di Brizzi e della
Brigliadori? O magari di Biglino? O dell’ineffabile Tiziano Terzani, grande spiritualista a chiacchiere che nella sua attività di giornalista fu difensore delle buone ragioni dei famigerati kmer
rossi cambogiani e del loro sanguinario leader Pol-Pot? E, facendo un tuffo nel passato, che
dire dell’angelico Samael Weor, altro “demolitore degli Ordini” che mescolando in un osceno
ed indigesto minestrone Tantra, Antroposofia, Gnosticismo, Ermetismo, Mitologia Azteca ed
Egizia, RajaYoga, ha dato vita ad autentiche organizzazioni settarie che propagandano il“verbo”
babelico del Maestro agitando le sue opere come le guardie rosse cinesi agitavano il libretto
rosso di Mao? E che dire delle scuole della c.d.“Terza Via” propagandata da Gurdjeff? Oppure
è la ridicola Wicca, in massima parte costituita da adolescenti che giocano a fare le streghe, l’alternativa agli Ordini Iniziatici?
É vero, amici miei, esiste un problema legato agli Ordini Iniziatici ma sapete qual’é?
Il problema è che di Ordini Iniziatici veri, autentici e regolari ce ne sono pochissimi, venendo,
in massima parte, spacciati per tali strutture che NULLA con gli Ordini Iniziatici hanno a che
fare! Esiste infatti un albo professionale dei medici, uno degli avvocati, uno dei giornalisti,
etc, ma non esiste un “albo degli Ordini Iniziatici”, perciò ognuno può dire ciò che vuole, ad
esempio può invitare dieci persone ad un convegno, farle firmare una lettera di auguri e poi
dire che tali persone gli hanno trasmesso il proprio Deposito Iniziatico, o cose del genere.
Si può ricevere, per fare un altro esempio, una Patente di una Filiazione, scomparsa da
oltre duecento anni e“risvegliata magicamente”durante la seconda guerra mondiale, poi nuovamente messa in sonno e nuovamente “risvegliata magicamente”, si può, ancora, ESSERE
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ESPULSI da una Struttura Iniziatica ma, attraverso lettere“autografe”tirate fuori (ovviamente)
DOPO la morte del Gran Maestro che di tali figuri si liberò a calci, nelle quali si
viene“perdonati”(ma, ahimè NON REINTEGRATI NELLA STRUTTURA PRECEDENTE), rivendicarne la legittima eredità! Si può, infine dire, quarant’anni
dopo la morte di un Gran Maestro, che in realtà esisteva anche un “terzo testamento”e che dunque, in definitiva, avendo il“beneficiato”taciuto all’epoca
per modestia oggi, che ha superato abbondantemente gli 80 anni, egli
avrebbe il “sacrosanto diritto di rivendicare l’eredità di Quel Grande Maestro”! Scusate, so che molti di voi non capiranno a chi e a cosa mi sto riferendo (solo gli “addetti ai lavori diversamente giovani” potranno capire tutti
questi esempi) ma il punto essenziale su cui vi invitiamo a focalizzare la vostra
attenzione è questo: Non è“colpa”degli Ordini Iniziatici (quelli veri) se esistono
dei ciarlatani, e, soprattutto, amici miei, NON ÉCOLPA NOSTRA SE MOLTI DI
VOI SI FANNO INGANNARE DA SIMILI LESTOFANTI! Del resto diverse volte
in questa rivista ed altrove abbiamo fornito tutta una serie di“facili indizi”per poter smascherare
i falsari, arrivando, addirittura, ad esporre una sorta di “decalogo per la tutela dei consumatori dell’esoterismo”: non possiamo farci niente se continuate a cascare nelle trappole.
Ora, tornando a Battiato, pur non condividendo le sue posizioni in campo esotericospirituale devo, tuttavia, doverosamente, ravvicinandolo per diversi aspetti alla Blavatski, riconoscergli (oltre ovviamente al genio musicale) il merito di aver, perlomeno, tentato di aprire
una porta che conduce allo spirito, a beneficio del grosso pubblico e non dei soliti pochissimi
“eletti”. Egli dunque, come fece la Blavatsky, ha cercato, in qualche modo, di immettere dei
semi di conoscenza spirituale nella mente della maggior parte delle persone, parlando, con
disinvoltura, di chakras, karma, reincarnazione, manas, tentando di trasferirle nel linguaggio
comune e nelle comuni credenze. La difficoltà, e la grandezza di tale operazione non è facilmente compresa dai c.d. “esoteristi” i quali vivono, in genere, in vere e proprie “enclavi” non
rendendosi minimamente conto di quanto la gente comune sia lontana anni luce da qualsiasi
dimensione esoterica e spirituale. Visto il lavoro che faccio mi sono spesso sorpreso a pensare,
con divertimento, a quale faccia farebbero i miei colleghi o i miei collaboratori, se io tentassi
di spiegar loro quali siano gli interessi che coltivo da oltre quarant’anni, perché la gente “normale”, che vive immersa nel mondo ilico, prigioniera del quaternario, non ha nessuna idea
di cosa possa essere una dimensione autenticamente spirituale ed iniziatica. Ma occorre essere
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onesti fino in fondo ed ammettere che anche la maggior parte di coloro che si definiscono
“esoteristi”, “iniziati” o ancor peggio, che si (auto)proclamano “maestri”, altro non sono se
non individui ordinari, ilici che non hanno mai lasciato i metalli nel gabinetto di riflessione,
grotteschi venditori in quei “supermercati coi reparti sacri che vendono gli incensi di Dior
(Battiato,”Magic shop”). Del resto Battiato ci da lo spunto giusto per poter comprendere il declino di molte strutture Iniziatiche quando, nella bellissima canzone “Centro di gravità permanente” (La Voce del Padrone,1981) egli fa riferimento a “gesuiti, euclidei, vestiti come dei
bonzi per entrare a corte degli imperatori, della dinastia dei Ming”. É noto, infatti, agli
addetti ai lavori, che quella che Reghini definiva“L’esecrata compagnia di Gesù”
ha, da secoli, adottato una sistematica strategia di infiltrazione in molti Ordini
iniziatici con il chiaro intento di annacquarne il Deposito Iniziatico Tradizionale
modificandolo ad “usum delphini”.
Dalle colonne della Rivista“Le Vie della Tradizione”Gaspare Cannizzo (che
era peraltro a capo di un Ordine Iniziatico) più volte denunciò tali criminosi tentativi. Ancora oggi si agitano nel mondo Iniziatico Tradizionale alcuni pericolosi agenti
provocatori, impegnati a creare confusione ed a seminare zizzania, i cui nomi, guarda caso,
si possono trovare nel libro paga di associazioni cattoliche integraliste, tradizionalmente vicine
alla Compagnia di Gesù o all’Opus Dei, pur se tali due strutture si stanno da alcuni anni combattendo tenacemente tra loro senza esclusione di colpi, ma “per maggior gloria di Dio” (il loro,
beninteso, che è assai diverso dal NOSTRO) il comune fine di questi zelanti “servi di Pietro”
rimane sempre il medesimo: combattere quegli Ordini Iniziatici che fanno della libertà individuale, del libero pensiero e del credo Gnostico, il Loro vessillo. Poiché, però, la Santa Inquisizione è stata abolita (peraltro proprio grazie a quegli Ordini, responsabili peraltro anche
della fine del potere temporale dei papi), la strategia attuale consiste nello svuotare gli Ordini
del Loro autentico contenuto Iniziatico Tradizionale per trasformarli in strutture prive di qualunque reale significato spirituale e, quindi, ai loro occhi, privi di qualsiasi pericolosità. Tutto
ciò potrebbe, a ben ragione, determinare una diffusa sfiducia sia nel mondo esoterico in generale sia negli Ordini Iniziatici in particolare. Chi, come me, ha avuto la fortuna (o meglio,
il karma favorevole) di aver conosciuto degli autentici Iniziati come Massimo Scaligero e Pio
Filippani Ronconi e gli esponenti qualificati ed autentici dei veri Ordini Iniziatici come Philippe Encausse, Gastone Ventura, Gaspare Cannizzo, Sebastiano Caracciolo, sa perfettamente
che il mondo Iniziatico e gli Ordini esoterici rappresentano, oggi più che mai, la sola alternativa al caos che ci avviluppa sempre più inesorabilmente nelle sue mortifere spire. Il genio
della lingua ci fornisce infatti un importante suggerimento laddove ci indica che il contrario,
e dunque l’antidoto, del caos è, appunto, rappresentato dall’ORDINE. Ma affinché un Ordine
Iniziatico sia veramente tale devono essere soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
1) - Quell’Ordine deve essere emanato da un Centro Spirituale autentico nel
Quale vi è sempre stata una successione lineare e senza interruzione dei Maestri che lo
hanno guidato.
2) - Il Capo visibile di quell’Ordine è stato regolarmente insediato al suo posto
secondo le regole della Tradizione a cui quell’Ordine fa riferimento.
3) - Il Deposito docetico e rituale di quell’Ordine è integro e scevro da arbitrarie
aggiunte o da falsificazioni e mistificazioni varie. Tale Deposito viene trasmesso secondo
le regole Tradizionali.
4) - La progressione iniziatica dei membri di quell’Ordine avviene secondo le regole Tradizionali.
5) - Coloro che vengono ammessi in quell’Ordine possiedono le necessarie qualificazioni per accedervi.
6) - La struttura di quell’Ordine è rigorosamente piramidale e gerarchica perché,
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come diceva Leone Caetani,“la democrazia è gran bella cosa nella società civile, ma è inapplicabile
nel mondo Iniziatico”.
7) - Quell’Ordine si tiene lontano da ogni pericolosa commistione con il mondo
della politica e con quello degli affari, diversamente Esso cesserebbe automaticamente
di essere un Ordine Iniziatico per divenire null’altro che un“club service”come sono, appunto,
da considerarsi le Massonerie anglosassoni (e purtroppo non solo quelle!).
Senza alcuna remora posso onestamente affermare che in Italia esistono non più di 4-5
Strutture che rispondono pienamente a tali caratteristiche e, non a caso, Esse sono in stretti rapporti di reciprocità tra Loro, con particolare riferimento ai Loro vertici perché, come mi disse un
grande Figlio della Terra di Sicilia che voglio citare solo con il suo nome Iniziatico, Arjuna,“Tra
Gran Maestri ci si dicono cose che nessun altro può ascoltare, semplicemente perché non le capirebbe”.
Dunque perdonatemi la presunzione ma non è vero che “Gli Ordini Iniziatici non sono
adatti all’uomo di oggi”, piuttosto, è vero il contrario! Trovo infatti che oggi ben pochi possiedano
le necessarie qualificazioni e, ancor di più, le giuste motivazioni per accedere ad un Regolare
Ordine Iniziatico.
Tuttavia se si possiedono le appropriate qualificazioni e le giuste motivazioni l’incontro
con tali Ordini avverrà sicuramente ed Essi volentieri apriranno le porte dei Loro Templi ai meritevoli perché, come scrisse l’Iniziato Goethe:
“Noi siamo ridotti a pregare di notte, in segreto il Padre Universale,
“ma fa giorno appena si può portarti un cuore puro.
“La fiamma pura si divide dal fumo, così purifica la nostra Fede.
“E se ci si deruba dei Nostri Antichi Riti, Te, o Luce, chi potrà derubarti?”
E i Figli della Luce sanno SEMPRE riconoscere i cuori puri! n
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GIACOMO TALLONE
Aton
Sono molti i libri a disposizione del pubblico, sia Massone che profano, che trattano di
Massoneria. Non è facile quindi scrivere di un uomo rimasto lontano dalla
notorietà che può dare un libro ben scritto, per trascorrere tutta la propria
vita accanto ai suoi Fratelli, nella sua Loggia Massonica e che ha palesato
solo a costoro la propria profonda conoscenza del cosmo, dei simboli e
degli strumenti necessari per svelare tali simboli e giovarsi di essi per raggiungere altezze che a pochi è dato raggiungere. Recentemente, a mia
cura, è stata pubblicata un’opera, un libro che racchiude alcuni suoi scritti.
Scritti di un grande Massone, di un grande uomo, alla cui figura sono
molto legato e il cui modo di intendere il mondo massonico ha fortemente influenzato il mio pensiero.
Prima di esaminare la sua opera voglio soffermarmi sulla sua figura. L’ho fatto nell’introduzione del libro contenente i suoi scritti, ma
nell’introduzione non mi sono soffermato sulla sua appartenenza alla
città di Messina e sulla sua attività. Come ho detto - e scritto - risulta
che fosse proprietario di una scuola privata. Una scuola retta quindi da
un Massone, da una persona che sapeva ben distinguere e sapeva tener
separati il potere politico da ogni ingerenza sociale.
Non ho alcuna documentazione che sorregga la mia ipotesi ma debbo ritenere
che Tallone avesse scelto per formare i suoi giovani concittadini, programmi e libri improntati
su questa distinzione. Ha diretto questa scuola però, in un periodo particolare.
Se consideriamo che è morto nel ‘56 a 63 anni, è facile dedurre che la sua direzione si
espletò soprattutto durante il periodo fascista. I fascisti, come si sa, costrinsero le Logge Massoniche a smettere la loro attività.
Lui, Tallone, però continuò ad esser Massone e diede luogo ad una Loggia Massonica
proprio all’interno della sua scuola. E non fece ciò per “spirito di contraddizione”; lo fece in
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quanto consapevole di trovarsi di fronte ad un regime liberticida e che solo un regime liberticida,
che solo la profonda assenza di cultura e di erudizione potesse avversare una istituzione come
quella massonica.
Lui combatté in quel modo l’assenza di cultura, l’ignoranza, il servilismo becero che un
regime liberticida voleva invano ergere a propria bandiera. Nella scuola di Tallone si formò
quindi una Loggia Massonica. Leggiamo ciò che scrive Tallone a proposito:“Nel 1935, a Messina,
sette Fratelli si riunirono a costituire una Loggia Massonica. Uno dei sette offerse il posto ove potersi
riunire. In barba al Fascismo ed alle questure, questi sette Fratelli costituirono effettivamente un’officina,
si riunirono per lungo tempo, si scelsero le cariche, si distribuirono le mansioni; si andò alla ricerca
degli antichi sicuri fratelli: E poco per volta, a uno ad uno, nuovi ne accorsero. Attorno ai primi si
costituì un gruppo abbastanza numeroso. Nessuno molestò questi Fratelli, che più non chiacchieravano
ma agivano. Poi, forse senza alcuna vera causa, la cosa illanguidì e si perdette. Ma quei sette Fratelli
possono andare orgogliosi per aver tentato una ricostituzione della Massoneria nel periodo più fervente
del Fascismo, e per aver avuto il coraggio di esporre le proprie persone a qualunque pericolo per il loro
ideale”. (Giacomo Tallone - 5 dicembre 1944).
Purtroppo bisogna constatare che l’abitudine di osteggiare la Massoneria, spesso, viene
esercitata anche ai nostri giorni, da forme di stato che non si definiscono regimi e che non si
definiscono e non vengono considerate liberticide. E viene esercitata non solo da politici ignoranti ed arroganti che vogliono impedire ai massoni di partecipare all’amministrazione della
cosa pubblica ma, purtroppo, anche da cittadini che vengono annoverati tra i più rappresentativi, tra i più tesi verso il progresso, l’istruzione, la conoscenza, prerogative queste che costituiscono insieme la base ed il baluardo di ogni azione tesa a favorire l’umanità anzichè il proprio
tornaconto.
Tallone sapeva tutto ciò e da buon massone ha agito, in un periodo molto pericoloso
persino per l’incolumità propria e della propria famiglia, tenendo alta la bandiera del bene dell’umanità e non quella del proprio tornaconto.
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Quando l’ho conosciuto ero piccolo, molto piccolo e non potevo sapere di avere davanti
un gigante, un vero gigante della sapienza.
Solo in seguito ho avuto modo di leggere alcune sue tavole, da me ritrovate fra le carte
di un mio parente, e ho potuto comprendere fino in fondo la grandezza di quell’uomo, che fino
ad allora per me era solo un professore che aveva cercato di farmi comprendere un po’ di nozioni
matematiche.
Tallone, nella sua opera, ci fornisce la chiave effettiva ed utile per intendere la Massoneria, ci illustra la vera essenza della Massoneria. Quando scrisse ciò che è riportato nel libro
lo ha fatto da Massone per i Massoni. È vero. Ed allora perché questa presentazione al di fuori
delle logge massoniche? Sembrerebbe una contraddizione. Sembra si debba dire: Che del metodo massonico si occupi la massoneria all’interno delle sue logge e lasci che al di fuori di esse
altre istituzioni pensino al resto dei cittadini. I Massoni, per primi, sarebbero felici se fosse così;
ma così non è.
Dobbiamo constatare che la massoneria viene descritta, e non solo dai mass media,
come un insieme di uomini dediti alla reciproca assistenza, ottenuta anche a scapito dei non
massoni; la massoneria viene dipinta, e non solo dai mass media, come un covo del malaffare,
spesso colluso con la criminalità organizzata o addirittura confusa con essa. Bisogna purtroppo
constatare che tutto ciò è frutto di ignoranza o di mala fede. Non so quali delle due“qualità”sia
la più pericolosa ma so per certo che questo tipo di propaganda allontana il cittadino dalla massoneria e ne impedisce di coglierne la vera essenza. Purtroppo bisogna constatare che molti
individui dediti al malaffare si riuniscono in organizzazioni alle quali danno il nome di “Massoneria”. Nei confronti di queste pessime iniziative nulla o poco i veri massoni possono fare.
Ovvero hanno tentato e tentano di fare qualcosa, hanno tentato e tentano di far approvare dal
parlamento una legge che regoli le associazioni,
legge che in Francia esiste già fin dal 1901. Da noi in
Italia è impossibile far approvare una legge simile. Se
ci fosse una legge di tal genere non solo la stessa impedirebbe la proliferazione delle cosiddette logge
spurie, ma regolamenterebbe anche i partiti politici
ed i grossi sindacati, che fino a questo momento
hanno impedito che venisse realizzata per non essere
controllati dai cittadini. Ed allora? Allora si preferisce,
anzichè regolamentarla attraverso la creazione di associazioni previste dalla legge, criminalizzare la Massoneria in ogni occasione.
Per fortuna nel mondo esistono persone che non
solo conoscono bene il problema e lo affrontano, ma
non temono nemmeno le reazioni non sempre positive di altre organizzazioni, simili e non.
La vera essenza della Massoneria, che Tallone
vuole evidenziare, è questa.
La Massoneria è un Ordine Iniziatico e come tale
non tende solo ad acculturare i suoi adepti, anzi considera questo traguardo utile anche se non indispensabile. Tende a far conoscere ai suoi adepti l’Ordine
Universale, le regole assolute del cosmo. Essa è un
Ordine operativo e, attraverso l’operatività, l’appartenente ad essa è messo in condizione di conoscere
le leggi assolute del cosmo. Non è una scuola di mo-
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rale, non è una scuola di miglioramento. Lui stesso ha scritto, a questo proposito: “Sono due le
concezioni più elevate che i fratelli hanno della Massoneria. Alcuni credono che essa sia una scuola di
morale; altri ne fanno un’associazione ora politico sociale, ora filantropica. Ebbene, quando noi pensiamo così, scambiamo il mezzo o l’effetto per il fine o per la causa”. La Massoneria è un Ordine Iniziatico che ha come fine la conoscenza dell’assoluto.
Per giungere alla conoscenza dell’assoluto vi è un presupposto fondamentale: il Massone deve essere un credente, il Massone non può essere un ateo. Il non credente, l’ateo, ritiene
che la morte sia la fine di ogni esperienza. Il Massone no, il Massone, come tutti gli Iniziati o
gli appartenenti ad Ordini Iniziatici compresi quindi gli appartenenti alle religioni rivelate, sa
che la vita non finisce con la morte. Sa che il contrario della morte non è la vita ma la nascita.
Sa che oltre la vita terrena esiste altra vita, altra vita che vi era prima della sua nascita e che vi
sarà dopo la sua morte. Il Massone sa che la via che gli indica la Massoneria è la via verso l’immortalità. La Massoneria ha questo scopo. Ci si sforza di distinguere tra Massoneria Operativa
e Massoneria speculativa, quasi fossero due diversi modi distinti di intendere la Massoneria.
Non è così. La Massoneria è e deve essere operativa, può essere anche speculativa ma la “speculazione”può essere fatta anche in ambienti diversi da quello massonico, come i circoli culturali, mentre l’Operatività è prerogativa della Massoneria e degli altri Ordini Iniziatici comprese
le Religioni.
A questo punto è necessario affrontare il discorso dei vari Ordini Iniziatici e del significato di Operatività. O meglio è forse più utile parlare prima dell’Operatività; il discorso relativo
agli Ordini Iniziatici è una sua conseguenza.
Non si può parlare di Operatività se non si fa un discorso più ampio. Ho detto che il
Massone deve essere un credente, esser credente non significa appartenere necessariamente
ad una religione rivelata, non significa essere necessariamente cristiano, maomettano, ebreo,
buddista ecc. significa solo credere nella esistenza di qualcosa che esula dalla vita terrena. Questo qualcosa però è unico per questo mondo e per tutti gli altri mondi, vorrei dire anche per
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questa dimensione e per tutte le altre dimensioni. I
veri Iniziati sanno di questa unicità. Ne sono consapevoli. I veri Iniziati sanno quindi che esiste un Ente
Emanante che può essere chiamato Dio, Allah,
Budda, Grande Architetto dell’Universo, Grande Artefice dei Mondi ecc. e sanno anche che questo Ente
Emanante è invisibile. Sanno che l’emanazione di
quest’ente, anch’essa invisibile è composta tutta dalle
forze indicate dalle caratteristiche dei quattro elementi, acqua, aria terra, fuoco, che è uguale per tutto
il cosmo.
A proposito dei quattro elementi Tallone ha
scritto:“Vi siete mai chiesti per quale ragione l’antica filosofia e l’iniziazione di tutti i tempi affermano che l’universo fisico è costituito da quattro elementi: terra, acqua,
aria e fuoco? Avete mai tentato di comprendere perché ci
si occupa soltanto di queste quattro cose? E quanto noi
moderni non ridiamo di questa affermazione! Ebbene, ponete al posto di quei nomi queste espressioni: elemento
solido, elemento liquido, elemento gassoso, elemento energetico. E adesso chiedetevi se esistono altri stati della materia nell’universo. Vi accorgerete che effettivamente nel
nostro mondo si riscontrano soltanto: terra, acqua, aria,
forza”. Tornando a ciò che compone l’universo vi è da
dire che, oltre a ciò che è invisibile vi è anche, in tutto
il cosmo una parte evidente, che per comodità chiamiamo manifestazione, composta dalla materia derivante dalle forze insite nei quattro elementi.
Questa che noi chiamiamo Manifestazione viene assemblata diversamente secondo lo spazio
ed il tempo nei quali si manifesta. Operare vuol dire percorrere la via che porta alla conoscenza,
non dell’Ente Emanante ma dell’emanazione e della legge che la regola, legge assoluta e valida
per tutto il cosmo e non per questa sola manifestazione che è la terra.
A questo proposito, a proposito cioè della validità della Divinità mi piace ricordare un
episodio narrato da Schwaller de Lubicz nel suo libro“Il tempio dell’uomo”:“un erudito conferenziere ha appena finito di guidare il suo uditorio attraverso le conoscenze astronomiche delle nebulose
in un universo che si misura in anni luce. Una signora inquieta gli dice: “se la nostra terra è una cosa
così infinitamente piccola nell’universo, come può Dio occuparsi di noi?” Dice sempre Lubcz, che “riceve la risposta che si merita: “questo signora, dipende dalla grandezza del Dio in cui lei crede”.
Parliamo adesso degli Ordini Iniziatici; essi ci forniscono gli strumenti per giungere a
tale conoscenza, alla conoscenza della emanazione. Sono diversi ed hanno strumenti diversi.
Guenon, grande esoterista e, dico io, grande filosofo, ha scritto che le vie Iniziatiche sono
come i raggi di una ruota. Sono molteplici, si differenziano in periferia ma conducono tutti
alla stesso perno, ad un unico centro. Ecco i vari Ordini Iniziatici, comprese le religioni, possiedono ognuno strumenti diversi ed i Maestri conoscono il significato e l’uso di tali strumenti
e lo illustrano ai loro adepti. La Massoneria è un Ordine Iniziatico che ha suoi strumenti, peculiari dello stesso Ordine, capaci e necessari per giungere al centro di quella ruota dove è
possibile conoscere la verità assoluta. Passiamo adesso ad illustrare gli strumenti di conoscenza adoperati dai Massoni.
Tallone, nei pochi scritti che mi sono pervenuti, ha illustrato tali strumenti. Gli strumenti
sono contenuti nei simboli, nei rituali, negli addobbi della Loggia o del luogo sacro in cui si
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opera, nei movimenti e nelle insegne degli adepti. A questo proposito non posso fare a meno
di pensare a quei fotografi e a quei giornalisti che tentano di ridicolizzare le insegne massoniche,
rese palesi in diverse occasioni fra le quali la Gran Loggia, e non considerano che possono significare qualcosa così come significano qualcosa le insegne di altri Ordini Iniziatici quali il Martinismo, o le diverse religioni sia occidentali che orientali. Mi piace ripeterlo, le insegne
massoniche non sono diverse da quelle religiose ed entrambe significano qualcosa se si sanno
intendere. Del resto non ci si meraviglia di fronte ai capolavori di una chiesa o meglio di una
cattedrale, costruita in tempi antichi da Massoni e piena di simboli anche se, spesso, sincretici.
La disamina del simbolo, della simbologia è uno dei tanti capolavori di Tallone che dà il meglio
di se stesso quando descrive uno dei più antichi simboli dell’umanità: la croce ed il crocefisso.
Mi piace riportare ciò che ha scritto, non di tutto il simbolo, solo sul crocefisso. Dopo aver descritto la croce:“L’uomo sale sulla croce, apre le braccia; egli è il centro dello spazio; è in mezzo ai punti
cardinali e così vive: non potrebbe vivere al di fuori dei punti cardinali. É salito sulla croce di sua
propria volontà perchè solo inserendosi nei punti cardinali poteva vivere. Ci è salito spontaneamente,
liberamente, si è fatto spazio nello spazio, fisico nel fisico, uomo nell’umanità: ha acquistato la sua personalità, la diversificazione fra sè e gli altri. Egli aveva la libertà di non ascendere la croce ma allora
non avrebbe avuto vita. Così libertà e necessità lo hanno portato a chiudersi nella croce. Ma ecco egli
piega il capo e rosseggia il centro della croce: nessuno è morto, nessuno è scomparso. Dal rosso del centro
sorge la vita che non ha cessato affatto di esistere e la vita risale la croce. Così il ciclo si chiude, la vita
si rinnovella. E quello che a noi sembrò simbolo di morte diventa simbolo di vita, di vita perenne.”
A proposito del Simbolismo Tallone scrive: “Il simbolismo è come un gioco di pazienza. Voi
avete dinnanzi un determinato numero di pezzi di carta o di legno o di altra materia, tagliati con curve
e rientranti, in modo da poterli incastrare l’uno con l’altro, variamente colorati e disegnati, messi alla
rinfusa: da quel pasticcio, voi, ponendo a suo luogo ciascun pezzo dovete formare un quadro completo,
in cui vi apparirà un disegno. Come fate? Per prima cosa ricercate che rappresenti ciascun pezzo a sé:
qui vi apparirà un colore uniforme che riterrete sia un tratto di cielo; lì troverete delle linee che vi pare
rappresentino un angolo di casa; nel terzo altre linee
ed altro colore, che interpreterete come un pezzo di
tronco d’albero, e via dicendo. Fatto questo primo lavoro voi vi chiedete: dove metto questo pezzo? E vi
regolate col colore, col disegno e soprattutto con gli
incastri, per i quali quel pezzo si adatta ad altro. Pazientemente, continuando il lavoro pezzo per pezzo,
voi riuscite a formare quel tal quadro che c’era originariamente e che era stato ritagliato con forme
sghembe e confuso nelle sue parti.
Ora lo stesso lavoro è da farsi col simbolismo. Interpretare simbolo per simbolo e poi unirli insieme, ciascuno a suo posto, per avere il quadro completo. Nulla
è da trascurarsi nella iniziazione: la pazienza è una
dote indispensabile: quando si è pronti la conoscenza
verrà, a poco a poco, con lavoro tenace, o tutto ad un
tratto, come luce improvvisa. Ma occorre cominciare
la via senza fretta, pronti a pazientare anche per lunghi anni.” (Giacomo Tallone -9 gennaio 1945).
Il lavoro che deve farsi con il simbolismo,
parte dalla conoscenza umana, parte dall’essenza
umana e, in questa prima fase si svolge con i
sensi comuni, con i cinque sensi, ma se si prose-
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gue lungo la via, se si è capaci di proseguire, la vera conoscenza arriva utilizzando altri sensi.
Secondo Tallone ciò è possibile: ascoltate quanto ha detto a proposito:“Se nel nostro mondo fisico
si ritrovano già più di cinque sensi, non è assurdo pensare che altri, fisici e non fisici, possono esserci,
che noi non adoperiamo d’ordinario. E questi sensi esistono e basta educarli, come abbiamo educato
quelli fisici, per avvertirli e servircene. Quando noi li avremo a nostra disposizione non sarà più la comprensione a dominare la nostra vita ma la sensazione. Come noi non tentiamo di comprendere il sole
perché ci basta vederlo in cielo per avere la sicurezza della sua esistenza, così ci sarà inutile comprendere
la vita quando potremo sentirla. Ecco che significa realizzare.” (Tallone -6 febbraio 1945.
E non sono descritti ed analizzati solo i simboli. Viene descritta ed analizzata la cerimonia
di Iniziazione; Iniziazione che consente al Massone di giungere alla verità, verità che non è la
morale ma qualcosa di diverso: Secondo Tallone“la morale non è una verità ma una condizione necessaria per l’apprendimento della verità. La morale sta alla verità come l’intelligenza sta alla scienza.
La morale è sempre in via di evoluzione: la verità è immutabile. Il fine ultimo dei simboli non può essere
la morale, ma deve essere la verità; cioè il simbolo deve avere una interpretazione più alta che non sia
la morale. E d’altra parte che bisogno ci sarebbe di adoperare delle forme simboliche per dire che bisogna
essere giusti o che non bisogna rubare? Ma questi precetti, anche se non li seguiamo, li comprendiamo
benissimo, detti in forma chiara senza bisogno di punti e di triangoli”.
Viene descritto ed analizzato anche il lavoro Massonico ed altri aspetti della vita delle
Logge e di quelle Messinesi in particolare.
Prima di concludere, voglio accennare al segreto Massonico, a quel segreto che viene
spesso rimproverato alla Massoneria. Sentite ciò che dice Tallone a proposito:“Ciò che costituisce
veramente il segreto non ha bisogno di essere segreto, perché chi lo ha ritrovato in sé non può comunicarlo
ad altri. Se un giorno, per le condizioni morali e mentali del popolo, era bene che il popolo stesso non
comprendesse a che cosa si riferivano le cerimonie misteriose dei sacerdoti, oggi è bene invece che il popolo sappia di che si occupano gli iniziati. Da questo, però, a comprendere veramente il segreto, e realizzare cioè con l’anima ciò che con l’intelletto si è percepito, ci corre e molto. Nessun pericolo che il
segreto della vita possa cadere in mani profane, perché i profani potranno conoscere le teorie, ma non
sapranno il segreto. Il segreto è dunque un segreto esoterico e non “profano” come si vuol fare intendere.”
Tallone ha scritto una lettera ad un uomo, da tutti considerato un grande Massone del
dopoguerra ed effettivamente artefice della ricostituzione di una certa massoneria a Messina.
Proprio in questa lettera Tallone dimostra tutta la spigolosità del proprio carattere ed inoltre una
grande dote, oggi molto rara: L’essenza della libertà.
Ascoltate cosa scrive al fratello:
“Voi mi avete detto in Areopago: “Mi pento di averti voluto bene. Tu hai un atteggiamento che
non mi piace; ma io ti stroncherò le gambe”. Ed in camera di IV, senza essere stimolato da alcunché,
avete detto che siete stato voi a farmi dare il XXX ed il XXXI. Pongo vicino le due affermazioni: la promozione sarebbe il vostro affetto, e la mia non rielezione la stroncatura. Come non ci comprendiamo affatto. Il XXX grado non lo debbo a voi, il XXXI si. Ma io Pot∴ Fr∴, non ho mai sognato che un fratello
che io abbia proposto per un aumento di luce mi debba della gratitudine. Se io meritavo il XXXI voi
avete fatto il vostro dovere massonico, facendomelo ottenere; se invece ne ero indegno, e lo avete fatto
per simpatia, per affetto o per qualunque altra ragione, voi avete tradito la massoneria e il vostro stesso
grado. Quanto alle gambe stroncate, come vedete, me le stronco da me, uscendo dal Rito; e le cariche ed
i gradi sono giocattoli, quando si prendono nel senso in cui li prendete voi: io sono un uomo e l’infanzia
la ho passata da un pezzo”.
Vi ho detto di Tallone e dei suoi scritti. A conclusione di questa mia esposizione voglio
dirvi che quando penso a Tallone non posso fare a meno di ricordare ciò che Platone, nel Simposio, fece dire ad Alcibiade, di Socrate: “Socrate è come certe raffigurazioni scultoree di Sileno, in
vendita nei mercati, che una volta aperte svelano al loro interno un’immagine divina”. n
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L’INGANNO NEOGNOSTICO
Igneus
Fra i brandelli del New Age ormai definitivamente passato e screditato
vi sono alcuni epigoni come Samael Aun Weor1 che, da testi antichi e validi,
estrasse dei cascami adatti alla comprensione dei più. Samael (tanto nomini…) per esempio, consigliava ai suoi adepti l’uso della moto Harley
Davidshon, perché aveva delle giuste vibrazioni che favorivano l’uscita in
astrale. Probabilmente Rodriguez era un“testimone”della famosa ditta americana. Esulando da queste sciocchezze, ciarlatanerie ben più sofisticate presero
ambito in Europa. Esistono ancora microscopici gruppi, anche in Italia, che insistono con le
“messe gnostiche”, sia con ingenua buona fede che per motivi pragmatistici, per lo più di ben
poca consistenza. Il “mito” che ispira queste iniziative non ha niente in comune con l’antica
gnosi che, fra l’altro, aveva un carattere più ellenico e Misterico che cristiano, poiché la gnosi
ha anche rispettabili caratteri acristiani e addirittura anticristiani.2
Il revival della Chiese Gnostiche ha origini moderne in quanto nasce, come tutti gli
Ordini esoterici o pseudo esoterici, negli ultimi decenni dal XIX secolo.
Prima di entrare nel merito di questa storia, ho il dovere di testimoniare alcune esperienze personali in quest’ambito. Nella mia ormai lontana gioventù, esisteva una filiazione neognostica Ambelain-Brunelli, derivante da quella di Doinel. Francesco Brunelli ne era il Patriarca
e dopo la sua morte fu nominato un altro Fratello (G.B.) che la mise, in accordo con tutti i membri della Chiesa,“in sonno”. Un solo membro, T.3 Tau Johannes (Loris Carlesi)4 rifiutò e si mise
solipsicamente a capo di un’altra Chiesa. Carlesi aveva, dal 1964, una rivista esoterica, Conoscenza che, per tanti anni, fu l’unica del suo genere. Nel 1974 ne divenni segretario di redazione
e, nonostante il carattere eccentrico di Carlesi e le conseguenti difficoltà di relazione, rimasi
tale fino al 1987. Carlesi non aveva grandi abilità organizzative e mi chiese, nonostante il mio
anticristianesimo e paganesimo, di aiutarlo a ricostituire un piedilista inesistente, a preparare
uno statuto e dei rituali. Per avere una veste più ufficiale fui ordinato Vescovo, con la ieronimo
di T. Knoubis. Naturalmente i miei rituali erano più neoplatonici e politeisti che cristiani.
Quando Carlesi se ne accorse provvide a sostituirli con quelli più originali.5 Le motivazioni di
G.B. nel mettere a suo tempo in sonno la Chiesa consistettero nella tendenza a far “parroc1
Victor Manuel Gomez Rodriguez (1917-1977)
Cfr. Henri Charles Puech Storia delle religioni n.8: Gnosticismo e manicheismo,Universale Laterza,1977.
3
Il nome mistico è preceduto dalla lettera Tau, che rappresenta la croce greca o l’Ankh egiziano.
4
Loris Carlesi (1915 - Firenze, 10 novembre 2006) e stato un massone italiano. Loris Carlesi, il cui nome neognostico e Tau Johannes, e stato uno degli esponenti piu di spicco nell’ambito delle ricerche esoteriche e delle
vie iniziatiche operative presenti in Italia. Massone insignito del 33° ed Ultimo Grado, dal 2002 al 2006, anno
del suo Passaggio alle Valli Celesti, ha ricoperto la Dignita di Sovrano Gran Commendatore del RSAA per la
Giurisdizione Massonica d’Italia. Iniziato aperto, senza prevenzioni dogmatiche alla conoscenza delle diverse
vie ed al percorso da intraprendere in esse. É stato componente di spicco e poi, dal 1972 fino al suo passaggio
su altri piani, Primate della Chiesa Gnostica d’Italia (con l’appellativo iniziale di Kritias). Componente della
Fratellanza di Miriam e dell’Accademia neo Kremmerziana. Fu Martinista, componente dell’Antico e Primitivo
Rito Misraim-Memphis, Eletto Cohen, Massone nella Gran Loggia Generale d’Italia e Maestro Venerabile
nella R. Loggia “Carlo Pisacane”.(Tratto da Wikipedia)
5
Fu effettuata una sola variazione di questi rituali originali, in quanto era prevista la presenza alla messa di
una “Sophia” che fu una Sorella di un’eta non certo giovanile, di un’avvenenza inesistente ed anche abbastanza maschia nei modi. La variazione fu l’imposizione di un velo nero a coprire il suo volto.
2
21
chia”, di creare cerimonie di battesimo, matrimonio, etc. La stessa tendenza iniziò anche nel
gruppo di Carlesi e ciò provocò la mia fuoriuscita dall’Ekklesia. Che cosa può portare un Massone e un metafisico a “jouer à la chapelle”, come dicono i Fratelli francesi? Certo la propria
storia personale, spesso con la presenza infantile di una madre bigotta e oppressiva, incide,
spesso negativamente nella personalità. Carlesi era stato in seminario, da cui era stato espulso
per motivazioni personali e non teologiche. Ma la nostalgia, inevitabilmente, rimane. La presenza nella sua casa di un presepio vasto e con tante lucine lo testimoniava. Anche Doinel,
come Eliphas Levi, oscillava fra cattolicesimo e magia, con ritorni di fiamma nelle braccia compiacenti del Vaticano. Ma ritorniamo alla storia delle origini dell’Église. Quali furono le fonti,
per la verità già inquinate, del neo gnosticismo?
LE ORIGINI - JEAN BRICAUD E JULES DOINEL
La Loggia S. Giovanni della Croce, all’Oriente di Parigi, all’inizio del XIX secolo, inventò
delle fole sulla successione templare da De Molay ai moderni con la
cosiddetta carta Larmenius, noto falso già denunciato da Ragon a metà
dell’ottocento. I membri di questa Loggia avevano per scopo a riavvicinare il cattolicesimo alla Massoneria (nei rituali neo templari era inserito un giuramento di fedeltà alla chiesa cattolica). L’Ordine
Templare subì uno scisma dopo la morte di Fabre-Palaprat, dividendo
i sostenitori e gli oppositori della Chiesa gioannita da lui creata. Chatel
continuò a guidare la Chiesa di Giovanni dopo la morte di Fabre-Palaprat. Ci sono alcune indicazioni che i due rami del Templari, guidati
dal conte Jules de Moreton de Chabrillan (un sostenitore della Chiesa
di Giovanni) e l’ammiraglio William Sydney Smith dell’Inghilterra, si
riconciliarono nel 1841 sotto Jean-Marie Raoul.
Tuttavia, il vescovo gnostico e Patriarca Jean Bricaud aveva ricevuto la successione della Chiesa giovannita da B. Clément (che era
anche membro della Chiesa gnostica) e fu proclamato Patriarca della
Chiesa giovannita nel 1907. Nel mese di febbraio 1908, il Sinodo dei
vescovi dell’ECG elesse Bricaud come suo primo patriarca, Eveque Primat de France, sotto il nome di T. Jean II. Da questo punto in poi,
l’Église di Bricaud e dei suoi successori diretti, stati riconosciuta come
autentica dalle chiese occultistiche riconosciute. lL Chiesa gnostica di
Bricaud divenne poi l’unica Chiesa attiva con la successione diretta e l’autorità per tutti i rami
di cui sopra. Altra confluenza nell’EGAU fu quella della chiesa
di Vintras, che fu combattuta aspramente da Stanislas de
Guaita, che l’accusava di satanismo. Doinel iniziò i suoi tentativi di evocare catari e antichi gnostici in sedute spiritiche
che si tennero nel salone di Lady Marie Caithness, la ricchissima duchessa di Pomar e il suo cerchio, che sarebbe poi diventato noto in Francia come Società Teosofica d’Oriente e
d’Occidente. Alle sedute gnostiche di Doinel parteciparono
molti occultisti notevoli del tempo, uno dei quali è l’abate
Roca, un ex sacerdote cattolico e stretto collaboratore di entrambi, Stanislas de Guaita e Oswald Wirth. Queste comunicazioni con gli spiriti furono ricevute attraverso un pendolo
22
sospeso dalla duchessa su una tavola di lettere (oui-ia). Nel settembre 1889 Doinel riferì che
aveva preso contatto (spiriticamente) con l’Alto Sinodo dei Vescovi del Paraclito, composto da
quaranta Vescovi catari, con a capo un Guilhabert de Castres, un vescovo cataro di Tolosa che
aveva vissuto nel XII° secolo. De Castres incaricò Doinel di ricostituire la dottrina gnostica stabilendone una Chiesa o Assemblea del Paraclito. Gli fu inoltre ordinato di assumere il Vangelo
di Giovanni come il libro sacro della prossima Chiesa. Vescovi di sesso maschile e Sophie femminili sarebbero stati amministrati da Doinel, come Chiesa neo-albigese. Il 1890 è stato proclamato da Jules Doinel come inizio dell’era della Gnosi restaurata, e assunse la carica di
Patriarca della Chiesa gnostica, prendendo il nome mistico di Valentin II , in omaggio a Valentino, fondatore della scuola gnostica Valentiniana. Secondo T. Carlo Harmonius II (Robert Cokinis) Doinel aveva ricevuto il suo Nomen Mysticum durante una visione miracolosa e scrisse
che:
“In questa particolare seduta sembra che gli spiriti disincarnati di antichi Albigesi, uniti da
una voce celeste, misero le mani spirituali su Doinel, nominandolo Valentino, vescovo della Santa As-
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24
semblea del Paraclito e della Chiesa gnostica.”
Doinel iniziò a consacrare un certo numero di Vescovi e Sophie. Tra i primi a esser consacrati furono Gérard Encausse (Papus, 1865-1916), come T. Vincent (14 settembre 1892), vescovo di Tolosa; Paul Sedir (Yvon Le Loup, 1871-1926), come Tau Paulus, coadiutore (secondo)
di Tolosa; Lucien Chamuel (Lucien Mauchel), come T. Bardesane, vescovo di La Rochelle e
Saintes, che formarono il Sacro Sinodo dell’Ecclesia. Nel 1892 Doinel consacrò altre celebrità
della società parigina, come Louis-Sophrone Fugairon, T. Sofronio, Vescovo di Béziers; Albert
Jounet (1863-1929, T. Teodoto, vescovo di Avignone; Marie Chauvel de Chauvignie7 Esclarmonde, (1842-1927) come Sophia di Varsavia, la prima Sophia ad essere consacrata; LéonceEugène Joseph Fabre des Essarts (T.Sinesio), vescovo di Bordeaux.
I CATARI E LA FOLLIA OCCULTISTICA
Péladan, Gran Maestro di un Ordine rosicruciano, proclamò che il tesoro di Montségur
esisteva veramente. I suoi amici e confratelli - Charles Baudelaire, Joris-Karl Huysmans e altri
- lo chiamavano Sar, come si conveniva suo status, dato che si era autoproclamato come discendente dei re dell’antica Assiria. Péladan-Sar ha sottolineato che Montsalvat, la montagna
sacra di Parsifal e Lohengrin di Wagner, doveva essere Montségur. Ciò ha portato al mito del
Santo Graal dei Pirenei, il segreto inafferrabile nascosto nelle montagne tra la Francia e la Spagna, come il tormentone di Rennes le Château. Si scrisse inoltre che in una grotta nei pressi di
Montségur, vi erano pentagrammi tracciati dai fuggiaschi catari per trasmettere un messaggio
ai posteri. Ogni graffito, ovviamente moderno, è stato immediatamente catarizzato. Attorno a
Péladan vi era inoltre un gruppo di giovani ricercatori spirituali, tra cui, per un certo tempo, Simone Weil. Magre scrisse due romanzi catari, Il Sangue di Tolosa e Il Tesoro degli Albigesi.
Nella prima opera si riportano le affabulazioni di Peyrat e si mettono in caricatura i nemici dei Catari: la moglie del leader della crociata, Simon de Montfort, è descritta come
avente denti marci, la pelle del colore dei limoni siciliani, e un grosso naso. Il suo secondo romanzo, che ebbe meno successo, presentò i Perfetti come buddisti.
Nel 1930 Magre, membro del Polaires, aveva incontrato a Parigi Otto Rahn,
ambiguo agente della Germania nazista che affermava:
“Non abbiamo bisogno del dio di Roma, abbiamo il nostro. Non abbiamo bisogno
dei comandamenti di Mosè, portiamo nel nostro cuore l’eredità dei nostri antenati. È Mosè
che è imperfetto e impuro ... noi, occidentali di sangue nordico, ci chiamiamo Catari di sangue nordico
detti anche Parsi, i puri. Il nostro cielo è aperto solo a coloro che non sono creature di una razza inferiore, o bastardi, o schiavi. Noi siamo Arya, che significa nobile e signore.”
Non credo che questo personaggio, di cui vi sarebbe molto da dire, fosse molto apprezzato dai neo gnostici.
Introvigne, direttore del CESNUR, afferma ne Il ritorno dello Gnosticismo (1993) che
una stretta collaboratrice di H.P. Blavatsky, la contessa d’Adhemer, fu designata come Helena
(il nome della compagna di Simon Mago) di T. Valentin. Anche Francois-Charles Barlet e Jules
Lejay, entrambi membri del Consiglio Supremo Martinista, furono consacrati. Alla fine del
1890 Doinel si è unito al Martinismo di Papus e, secondo T. Apiryon, Doinel divenne anche
membro del Consiglio Supremo, per quanto Doinel non compare sulla lista dei membri del
1891. La sua appartenenza al Consiglio supremo fu in una data successiva, probabilmente tra
il 1893 e il 1895, l’anno della conversione di Doinel. Doinel è stato anche membro di un piccolo
cerchio occulto, L’Institut d’études Cabalistiques. Altri membri di questo circolo cabalistico furono
Firmin Boissin, Louis Lechartier, e Leo Taxil.
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LA CONVERSIONE DI DOINEL
Poi, all’improvviso, nel 1895 (o alla fine del 1894), Doinel si convertì al cattolicesimo.
Doinel lasciò la Chiesa che aveva creato, si dimise dalla sua loggia massonica, e
iniziò a scrivere articoli in cui denunciava le organizzazioni che una volta erano
a lui tanto care. Doinel ha collaborato con Leo Taxil che aveva iniziato la nota
offensiva contro la massoneria e “altre organizzazioni simili” nel 1880. Secondo Taxil, un ex massone espulso dall’ordine, queste organizzazioni sarebbero sataniche, e segretamente controllate dall’Ordine del Palladio,
presumibilmente guidato da Albert Pike. Nel 1997 Taxil ha ammesso che
la storia era una bufala a spese della Chiesa di Roma.
Jules Doinel pubblicò nel 1895 la sua denuncia della Massoneria nel suo libro
Lucifer Demasqué utilizzando il nome pseudonimo di Jean Kostka. Doinel presumibilmente scrisse questo libro con un co-autore, ancora una volta Leo Taxil.
Nel 1900, Doinel richiese la sua riammissione come vescovo nella Chiesa gnostica (“Lettres
inédites de Jules Doinel à JK. Huysmans”).
Si afferma che la decisione di Doinel di lasciare la Chiesa gnostica nel 1895 causò molti
problemi, ma la Chiesa, in qualche modo, riuscì a sopravvivere. Il Sinodo dei Vescovi assunse
il controllo della Chiesa e nel 1895 o 1896. Nel 1894 Doinel cedette il suo ufficio al Martinista
J. Fabre des Essarts. Un alto Sinodo si tenne per eleggere il successore di Doinel come patriarca.
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T.Charles Harmonius II afferma:
“Finalmente, nello stesso anno, Papus, Sinesio, Sedir, Chamuel e altri convocarono un Sacro
Sinodo a riedificare l’Église Gnostique e di abiurare la defezione del Patriarca Valentino nonché per
designare il suo successore che avrebbe dovuto essere Tau Sinesio”.
Tau Sinesio era il nome mistico di Léonce-Eugène
Joseph Fabre des Essarts (1848-1917). Il Sacro Sinodo si
tenne ancora una volta tenuto nella villa di Lady Caithness, che doveva morire nel novembre 1895. Pertanto,
il 1895 è probabilmente la data corretta dell’elezione Tau
Sinesio come Patriarca della Chiesa gnostica della Francia.
Fabre des Essarts, un poeta simbolista e occultista e un
amico intimo dell’Abbe Jules (E.Houssay) iniziò a collaborare con Louis-Sophrone Fugairon (T. Sofronio) per sviluppare la Chiesa gnostica e introdurre nuovi elementi nei
suoi insegnamenti. Sinesio avrebbe poi introdotto elementi del Taoismo (attraverso Matgioi, conte di Pouvourville) e il sufismo (attraverso Teofane Champrenaud) negli
insegnamenti della Chiesa gnostica. Nel 1899 Fugairon
(Tau Sofronio) ha pubblicato il Catéchisme expliqué de
l’Eglise Gnostique.
Nel 1895 la prima traduzione francese della“Pistis
Sophia” era stata già pubblicata (da E. Amelineau), ed era un libro che l’Église Gnostique attribuiva a Valentino. A quel tempo, i protagonisti della Chiesa gnostica erano a favore di una dottrina il cui contenuto sembrava essere un miscuglio di diversi antichi insegnamenti. In un
lavoro in due parti, che è stato consigliato da Reuss, al momento della sua pubblicazione chiamata Die Gnosi, (Lipsia, 1903), fu scritto da Eugen Heinrich Schmitt, accademico e studioso di
religioni. Sofronio e il suo Catéchisme expliqué de l’Église Gnostique è stato fortemente criticato.
Secondo Schmitt la dottrina dei neo gnostici francesi si rivolge a una curiosa tendenza romano-cattolica. Schmitt critica la transustanziazione del pane e del vino, che chiama feticcio,
come una credenza che è stata abbracciata dai neo gnostici e adattata alle loro abitudini.
Schmitt considerava il neo-gnosticismo
francese superficiale; una chiesa che
mancava di “profondità”(!). Schmitt
aveva una conoscenza molto più profonda sullo“gnosticismo”, e la sua critica
rimane fondamentale.
Nel 1901 Sinesio consacrò Jean
Bricaud (1881-1934) come T.Johannes,
vescovo di Lione. La dottrina della
“Sacra gnosi”, come formulata da Jules
Doinel nella sua “Premiere Homélie” del
1890, è stata ulteriormente sviluppata da
Fabre des Essarts e Bricaud. Fabre des
Essarts- come molti altri occultisti francesi, estese lo gnosticismo come fondamento di tutte le religioni e i riti del
mondo antico.
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L’EGAU CHIESA UFFICIALE DEL MARTINISMO
Dalla Rivista L’Initiation 27° Année – N.° 1 (Nuova Serie) Janvier- Février 1953
“L’attuale situazione del Martinismo italiano, in cui negli anni vi è stata una superfetazione
di Ordini, spesso formati da pochi membri, e nati non da una differenziazione di metodi o impostazioni
operative, ma dalla vanità inane e dell’ambizione di personaggi di scarso rilievo e soprattutto di conoscenza. Tre iniziatori con tre sigle diverse possano creare un ordine Martinista che può essere riconosciuto, nel rispetto di alcuni parametri, anche in campo internazionale. Che senso ha richiamarsi a
improbabili e menzognere filiazioni, falsificare documenti e firme, per creare delle inutili mostruosità?
Ricominciamo da capo, ricerchiamo e applichiamo le nostre vere radici”.
Un piccolo contributo in questo senso ci perviene dalla definizione delle finalità Martiniste da parte di Philippe Encausse, che nel 1953 fu autore della rinascita dell’Ordine.
LA RINASCITA DELL’ORDINE MARTINISTA DI PAPUS…
“A seguito della recente pubblicazione del Manifesto della rinascita dell’Ordine Martinista di Papus6, Ordine creato nel 1887 dal rimpianto volgarizzatore dell’Occultismo e che conobbe, fino alla morte fisica di Papus, sopraggiunta nel 1916, uno sviluppo considerevole,
abbiamo avuto un numero importante di richieste d’adesione. Nell’intenzione di fornire ogni informazione supplementare ai nostri corrispondenti – e ai lettori dell’Initiation, suscettibili d’interessarsi essi stessi all’Ordine Martinista, che abbiamo messo a punto i nostri propositi
preventivi e il questionario [omissis] è riprodotto più sotto.
Il Comitato direttivo del Supremo Consiglio dell’Ordine Martinista
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Indirizzare le domande ad Dottor Philippe Encausse, 46 Bolulevard de Montparnasse, Paris, (15°)
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“Conosci te stesso e conoscerai l’Universo e gli Dei.”
Aperto agli Uomini e alle Donne di buona volontà, il Martinismo è un raggruppamento
iniziatico che possiede una dottrina filosofica e mistica, un metodo di lavoro assieme individuale e di gruppo, una linea d’ispirazione secondo la quale ogni intelligenza deve lavorare secondo le sue possibilità.
I sui FINI sono di quelli di costituire una cavalleria mistica e esoterica al fine di combattere – ciascun membro nella sua sfera – nel nome dei principi che ci dirigono, a favore dello
Spiritualismo, contro l’abbrutimento e di contribuire all’avvento di un mondo in cui i valori
spirituali riprendano il loro vero spazio, al di fuori di ogni questione razziale, politica o religiosa.
La più grande tolleranza o, meglio, lo spirito di comprensione rigoroso e
largo. Quanto alla nozione di aiuto fraterno, costituisce essa stessa una delle caratteristiche essenziali del Martinismo, i cui adepti si sforzano, secondo le loro
possibilità, di aiutare gli altri uomini, siano essi iniziati o che appartengano o
no all’Ordine.
L’Ordine Martinista comprende dei semplici aderenti (o Membri associati) e degli “Iniziati”. L’iniziazione propriamente detta non conta che un
solo grado: quello di S:::I:::. Questo grado non è accordato che ai membri che se
ne mostrino degni, tanto per il loro abituale comportamento nella vita quotidiana
che per le loro conoscenza (dottrina ed opere di Louis Claude De Saint Martin e, generalmente, per la loro adesione ai principi dell’Ordine Martinista). Solo il grado di S:::I::: conferisce il diritto e il potere d’iniziare secondo la Tradizione.
Nel 1967, sull’Initiation (n. 3-4), la Rivista ufficiale dell’Ordine Martinista, fu pubblicato
un comunicato del nuovo Patriarca della Chiesa Gnostica Apostolica che così terminava:
«... la Chiesa Gnostica vuole essere al servizio di chiunque avrà bisogno di soccorsi spirituali.
Ma volendo permanere sulla via e sulle intenzioni dei nostri illustri predecessori Papus e Bricaud vogliamo, in accordo con il Supremo Consiglio dell’Ordine Martinista, confermare il senso e lo spirito, in
un’applicazione attuale, del Trattato concluso nel 1911 tra l’Ordine Martinista e la Chiesa Gnostica
che fa di questa la Chiesa ufficiale del Martinismo...» f.to T. Andrè - Patriarca Successore della C.G.A.
In realtà l’EGAU non fu mai dichiarata Chiesa ufficiale del Martinismo, come risulta
dal Trattato di Alleanza qui riportato.
“Tra i poteri sottosegnati:
1. Supremo Consiglio dell’Ordine Martinista, sedente a Parigi;
2. Supremo Consiglio dell’Alto Sinodo della Chiesa Gnostica Universale, sedente
2. a Lione; rappresentati dai rispettivi Delegati muniti dei necessari poteri, è stato
2. convenuto quanto segue:
Art. 1 - Tra i due Poteri contraenti è stabilito un Trattato di Alleanza.
Art. 2 - L’Ordine Martinista non riconosce altro Patriarca della Chiesa Gnostica che non sia
2. S. B. † Giovanni II, regolarmente consacrato, munito di tutti i poteri di consacra2. zione e riconosciuto come unico Sovrano Patriarca.
Art. 3 - I Membri Effettivi del Supremo Consiglio Martinista faranno d’ora innanzi parte, in
2. qualità di Membri d’Onore, del Supremo Consiglio dell’Alto Sinodo della Chiesa
2. Gnostica.
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Art. 4 - I Vescovi Gnostici consacrati da S. B. † Giovanni II fanno d’ora innanzi parte del
2. Supremo Consiglio Martinista n ualità di Membri d’Onore.
Art. 5- Sarà organizzato a Parigi un Centro della Chiesa Gnostica Universale all’obbedienza
2. esclusiva del Sovrano Patriarca Giovanni II di Lione.
Art. 6 - La rivista L’INITIATION sarà d’ora innanzi organo ufficiale della Chiesa Gnostica
2. Universale.
Il presente Trattato è stato ratificato dai due Poteri sopraindicati.
f.to PAPUS
Sovrano Gran Maestro Generale
dell’Ordine Martinista
f.to † GIOVANNI II
Sovrano Patriarca
della Chiesa Gnostica Universale”
Da questo testo si evince l’inganno neo gnostico, che presenta surrettiziamente un riconoscimento che in realtà non esiste, e non può esistere se non abiurando uno dei principi
fondamentali del Martinismo, come di tutti gli Ordini effettivamente iniziatici, l’universalità.
Attualmente, vi sono dei tentativi di ricostituzione di un ambito ormai fuori della storia
e improntato ai mores del secolo passato. Il neo gnosticismo, come del resto la teosofia, sono
residui di movimenti che avevano giustificazione nella loro epoca, ma oggi sono solo degli
zombi dotati di una vita fittizia, utili solo a chi cerca di esser comunque a capo di qualcosa.
Negli scampoli di una società devastata e caotica, oppressa dalla crisi economica e giustamente impaurita dall’immigrazione selvaggia, si può sempre trovare qualche drappello di
chi cerca consolazione nella fede, che è l’esatto contrario della conoscenza. Dagli avelli di contesti obsoleti, l’odore di muffa esala sempre e comunque. I nostri parametri illuministi di libertà
e democrazia non impediscono a nessuno di esercitare le proprie opinioni. Ma, nel contempo,
vi è il diritto di critica e di denuncia di comportamenti quanto meno dubbi. n
CONOSCERE
CREDERE
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COMMENTO
ALLA “Lettera ad un amico” DI GIAMMARIA
Haiaiel
“Ti sei mai chiesto chi veramente sei?
Non sei quell’infante di anni e anni or sono, quando sei
venuto al mondo, né colui che oggi credi di essere, né colui che sarai
tra anni, né colui che un giorno morirà, poiché – pensaci bene –
non ti identifichi col tuo biografico, né col tuo anagrafico… Pensa
che, quando dici “IO” è il Principio che parla in te, ossia il Nume
inteso come Pensiero in quanto Principio, poiché tutto ciò che esiste
è pensiero, sia esso sensibile sia mentale. Se, dicendo “IO”, non ti
identifichi biograficamente ma col Pensiero come Principio, sopravvivrai come Pensiero quando verrai meno anagraficamente. La ragion d’essere della identificazione col Principio, dicendo “Io”, è da
vedersi, nell’unica possibilità, da parte del Pensiero come Principio,
di rendere consapevolezza di sé stesso. Questa sorta di spersonalizzazione ti auguro di realizzare, così
da dare un Nome al Nume tuo tramite rivelato, ma non basta capirlo intellettualmente, bensì è necessario viverlo umanamente nel quotidiano. Tanti sono i Numi, ma unico il Nume.”
“L’essere umano (uomo o donna che sia) è un individuazione locale e temporanea che prende
corpo da quel campo energetico unificato che è Principio (universale) di qualsiasi manifestazione.
Ognuno è dunque episodio che nel suo essere storico e anagrafico solo apparentemente è separato dagli “altri” (come una
goccia del mare dalle altre).
L’essere umano è, perciò, “persona” (maschera) all’interno di
una fonte unica, indefinibile e indescrivibile poiché di là di qualsiasi
distinzione terminologica (che vale solo per modo di dire: materia-spirito, fisico-psichico, etc.).
Ma l’individuo umano “crede” di essere una identità separata dagli “altri” e
da quel Principio da cui fondamentalmente nasce, e dice “Io”, “Tu”, “Voi”, “Noi”,
inconsapevole che gli “altri sono pur essi, come lui, ognuno una goccia d’acqua nel
mare, e tutti fatti della stessa pasta, come lo sono le gocce d’acqua, una pasta che si
frantuma peraltro in tutte le creature dell’Universo- ove regna una sorte di animazione diffusa.
Se anziché identificarsi alla sua maschera (persona) alla sua individuazione locale e temporanea, la coscienza dell’essere umano si dilatasse alla consapevolezza di “ciò che” sta oltre i limiti biografici,
percepirebbe come proprio corpo l’Universo e vivrebbe la vita
(l’esistenza) come sogno della Mente Unica nella Mente personale….”
Giammaria
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L’Alchimia è da considerarsi come una tecnica iniziatica attraverso la quale vivere la vita quotidiana in continua operatività. La Grande Opera è un iter che l’operatore deve percorrere per
conseguire la consapevolezza dell’Uno in Tutto e del Tutto nell’Uno. Perché tutto è in Noi:
l’Eterno corrisponde alla coscienza che giace inesplorata nelle profondità di ogni essere
umano. Tutto ciò che viene definito come “dei” ed “angeli” corrisponde a forze profonde che si
trovano nella propria interiorità.
Il segreto dell’Opera consiste nel trasformare queste energie attraverso il fuoco purificatore
dell’osservazione.
Una pratica alchemica di meditazione è quella di osservare con distacco il flusso di
pensieri, come se si fosse un testimone esterno non coinvolto. In un simile contesto sarebbe
opportuno evitare il formarsi di qualunque giudizio riguardo ai contenuti mentali osservati.
Insistendo con questa pratica, arriverà il momento in cui ci si ritroverà improvvisamente al
centro della propria mente, non coinvolti né immersi nei pensieri, ma situati nello spazio vuoto
che si trova tra un pensiero e l’altro.
Attraverso questa tecnica, l’inconscio comincerà a dischiudere le sue porte, rivelando
i suoi segreti che saranno svelati progressivamente. Sotto il fuoco dell’osservazione l’ordinario
flusso mentale tenderà gradualmente ad arrestarsi, ed emergerà l’osservatore-testimone,
Fuoco Mercuriale.
Nell’osservazione bisogna rimanere “osservatore” distaccato, in modo da non essere
trascinati dall’impeto del flusso e riflusso delle forze che esistono all’interno della mente. Queste forze sono rappresentate dal simbolo alchemico del Drago, e non sono altro che “fuochi
fatui” cristallizzati, accesi dal turbinio del divenire. Per interpretare il simbolismo alchemico,
bisogna considerare i fuochi fatui come agglomerati di pensieri, emozioni, istinti, ricordi, cristallizzazioni mentali che tengono lo “Zolfo” e il “Mercurio” imprigionati. Sono veri e propri
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strati, incrostazioni che ricoprono la propria vera
essenza. Il fuoco mercuriale, osservatore-testimone, è quello con cui viene “lavata la sostanza”,
l’INRI (Ignis natura renovatur integra,“il fuoco rinnoverà ogni cosa”).
Man mano che il Fuoco mercuriale osservatore si stabilirà al centro della coscienza, i fuochi
fatui diminuiranno di intensità, e i composti psichici cominceranno ad essere scissi. Il centro
dovrà disidentificarsi e separarsi, trovando nel
contempo fissità e stabilità.
Il fuoco dell’osservazione ripulirà, laverà e
rettificherà la materia dell’Opera.
L’osservazione andrà guidata dalla volontà; questo non significa applicare un qualunque tipo di sforzo, perché l’autentica volontà
è per sua natura libera da tensione o rigidità nervosa, e trae origine dalla non-resistenza, da
una dimensione che si trova oltre lo spazio-tempo, come atto sottile e libero.
Il praticante dovrà essere costante nella sua pratica di osservazione. Per anni, rimarrà
osservatore distaccato, posto nel suo centro solare che osserva tutto il materiale lunare senza
farsi trascinare dal vortice dei“fuochi fatui”. Starà attento a non farsi trascinare e a non perdersi
nell’oggetto di osservazione, cosa che accade ordinariamente quando si è coinvolti nelle vicende della propria vita quotidiana senza invece mantenere una consapevolezza distaccata.
É attraverso questa pratica che la “sostanza”, ossia la coscienza, appesantita e resa “piombo”
dalla precedente coagulazione e cristallizzazione, sarà rettificata. Con la pratica dell’osservazione, si vedrà che i “fuochi fatui” diminuiranno di intensità. Il centro osservatore si disidentificherà dai fuochi fatui, si distanzierà, si separerà e troverà progressivamente stabilità e fissità.
La volontà indipendente solare prenderà vita dal suo stesso esistere ed essere, creando
un centro libero, indipendente. È così che gli elementi terra, acqua, aria, fuoco saranno rettificati ed equilibrati sotto l’influsso dello Zolfo; è così che si “costruirà il tempio”.
In diversi trattati di alchimia è raccomandato che “il fuoco deve essere dosato, a basse
e costanti temperature”. Questo fuoco è rappresentato dalla fissa e calma centralità osserva-
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trice, volontà libera da tensioni o resistenze, che trae la sua origine
da una dimensione oltre lo spazio e il tempo. È in questo modo
che viene estratto il mercurio che prima era “imprigionato” nel
corpo. È così che il “fisso” comincerà a separarsi dal “volatile”, in
modo che il “volatile” diventi “fisso”. Tutto ciò non è altro che il
significato alchemico del “pensiero libero dai sensi”, così come ci
è stato insegnato dalla Scienza dello Spirito.
Nessun rituale magico, nessuna iniziazione, nessuna
astrusa pratica pseudo tantrico-gnostica potrà mai sostituire questo paziente e costante lavoro alchemico interiore, i cui dettagli
sono segreti che l’iniziato potrà apprendere soltanto se avrà raggiunto un reale grado di purificazione e se sarà animato da autentica sincerità.
È un cammino in cui ad un certo punto bisognerà camminare contro-corrente: abbandonare il mondo pur essendone
ancora dentro.
Una volta scoperto il saggio testimone-osservatore, la follia della mente occupa solo una piccola parte della propria consapevolezza. Ecco il senso della purificazione alchemica: togliere
tutta la polvere, le croste che ricoprivano il proprio vero essere sotto forma di pensieri, cristallizzazioni emotive, ricordi, abitudini, conflitti, schemi comportamentali. E così, sulle ali del
proprio testimone osservatore-sé divino, si esce dal tempo e si entra nell’infinito. Ecco quindi
che si potrà accedere ad un livello di percezione più elevato, dove effettivamente diventa possibile il contatto con l’essenza profonda di tutto ciò che esiste. In qualche misteriosa maniera,
arrivati a questo punto, la propria coscienza e la propria volontà individuali diventeranno la
stessa di quella dello spirito assoluto.
Quello“strato sotto ai pensieri”, l’osservatore dell’osservatore (osservatore di colui che
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pensa) è qualcosa di così ineffabile che non può essere descritto a parole.
Ci si disidentificherà dal proprio complesso di strutture egoiche non per annichilirsi
ma per accogliere nella propria anima l’immensità di un potere impersonale che comincerà
progressivamente ad inondare la propria esistenza. L’iniziato non sarà più attaccato alle vicende, alle persone, alle cose, in quanto avrà stabilito le proprie radici su un altro piano non
soggettivo ma iper-universale. Sarà proprio il distacco dalla propria personalità soggettiva, che
condurrà al ritrovo della propria origine divina. Il nuovo radicamento nel proprio autentico
essere profondo renderà forti e invulnerabili al mondo esterno. Si può affermare, perciò, che
l’iniziato muore a questo mondo, per risorgere nel “regno dei cieli” pur restando ancora in un
corpo fisico. Non avrà più niente da temere perché, in realtà, non possiede nulla ma nello
stesso tempo lui è Tutto ed è nel Tutto. Lui è il Sé eterno ed immortale.
“Rivolgete ripetutamente la vostra mente a quello che è il silente spettatore dentro di voi, e
fissate là la vostra attenzione. Quello dal quale sorgono i pensieri è il vero essere dell’uomo, il vero io.
Esiste sempre una lacuna sconosciuta e inosservata tra due pensieri, tra due respiri, nella quale l’uomo
sosta momentaneamente per l’infima frazione di un secondo. È in questo stato di cosciente cessazione
di pensiero che la verità di noi stessi, finora celata a noi dall’attività, dai desideri e dai pensieri, si
rivela nella sua sublime e spirituale grandezza.” (Sri Nisargadatta Maharaj). n
Quando cambi il modo di osservare le cose, le cose che osservi cambiano.
Bibliografia
Giammaria, L’Alchimia questa sconosciuta, Edizioni Amenothes
Raphael, La triplice via del fuoco, Edizioni Ashram Vidya
Hermelinda, Le mappe dello spirito, Edizioni Cerchio della luna
Sri Nisargadatta Maharaj, Io sono Quello, Edizioni Astrolabio Ubaldini
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, NEI
SEGRETI IRRISOLTI DEL SATOR
(2° PARTE)
Maathor
Ancora sul significato del Quadrato e sul Numero 4
La struttura quadrangolare rappresenta la squadratura della materia, ovvero la regolarizzazione di quanto, per sua natura, sarebbe rimasto informe e caotico. Il Quadrato (come il
Rettangolo o Quadrilungo, che ne costituiscono una variante simbolica) è simbolo di definizione e di delimitazione tanto da rappresentare il modello del recinto sacro (Tempio), fondamento della congiunzione dei quattro simbolici punti cardinali, nonché sulla simmetria dei
lati opposti. Se il Cerchio è perfetto, il Quadrato è giusto, per cui fu adottato dai pitagorici quale
simbolo della giustizia; simboleggiando esso la Legge Interiore e l’ordine concettuale.
Il Quadrato è il simbolo della terra, in opposizione al cielo, simboleggiato dal cerchio;
ma è anche, ad un altro livello, il simbolo dell’universo creato (terra e cielo), in opposizione al
non-creato e al creatore: dunque, è l’antitesi del trascendente. Figura antidinamica, ancorata
sui quattro lati, rappresenta anche l’arresto o l’istante isolato che implica un’idea di stagnazione, di solidificazione e di stabilizzazione.
La simbologia del Quadrato e quella del numero Quattro sono associate. I pitagorici
facevano della tetraktys e anche del quadrato di quattro, cioè Sedici, la base della loro dottrina.
In particolare, attraverso la Tetractys pitagorica, si osserva che il Quadrato è sempre e dovunque
considerato il numero della Manifestazione Universale; la somma 1+2+3+4=10 è la circolatura
del quadrante e l’inverso 10=1+2+3+4 esprime numericamente la divisione quaternaria del
cerchio, cioè il problema ermetico della quadratura del cerchio concepibile come massima perfezione umana.
Il numero Quattro è perciò il numero della perfezione divina; più in generale, perchè
numero dello sviluppo completo della manifestazione, il simbolo del mondo stabilizzato. Questo sviluppo si effettua, partendo dal centro immobile, secondo la croce nelle direzioni cardinali
che, nel Quadrato, è l’espressione dinamica del Quattro. La manifestazione solidificata viene
espressa dal solo Quadrato, il cui sviluppo va di pari passo a quello delle civiltà sedentarie. Il
Cerchio simbolo dell’animazione, è d’altra parte la forma abituale dei santuari presso i popoli
nomadi, mentre il Quadrato è la forma dei templi presso i popoli stanziali. Le età del mondo,
la vita umana e i mesi lunari sono ritmati sul numero Quattro, mentre le quattro fasi del movimento ciclico vengono espresse dal Cerchio.
Platone considerava il Quadrato e il Cerchio come assolutamente belli in sé, riferendosi alla materializzazione delle idee: insieme esprimono le essenze ed i fenomeni, lo spirito e la materia.
Secondo Plutarco, i pitagorici affermavano che il Quadrato riuniva la potenza di Rhea, di Afrodite, di Demetra, di Hestia e di
Hera: il Quadrato significa che Rhea, la madre degli dei, la fonte
della durata, si manifestava attraverso le modificazioni dei quattro elementi simbolizzati da Afrodite, che era l’Acqua generatrice, da Hestia, che era il Fuoco, da Demetra che era la Terra e
da Hera che era l’Aria.
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Il Quadrato rappresenta insomma la sintesi degli elementi. Come detto sopra, molti
spazi sacri hanno una forma quadrangolare. Spesso questo Quadrato è inscritto in un Cerchio,
che può essere la sommità di una collina rotonda, come per i templi oppure in fondo a un cerchio di colline, come per Roma. Secondo la versione di Plutarco sulla fondazione di Roma essa
venne insegnata a Romolo dagli Etruschi come nei misteri. Si scavò dapprima una fossa rotonda, dove vennero gettate le offerte e che ricevette il nome di mund (cioè cosmo). Il mundus
era considerato il centro che collega la città al mondo degli spiriti, così come il cordone ombelicale collega il bambino alla madre. La città aveva una forma circolare, anche se Roma viene
chiamata dagli antichi urbs quadrata e Plutarco stesso la chiama Roma quadrata, affermando
inoltre che essa era al tempo stesso un cerchio e un Quadrato. Secondo una teoria la parola
quadrata significa quadripartita, cioè la città circolare era divisa in quattro parti da due arterie,
il cui punto di intersezione coincideva con il mundus (nella lingua dell’antico Egitto il geroglifico che veniva usato per la parola “città” era un cerchio con due strade che si incrociavano disegnate all’interno).
Il Cerchio e il Quadrato rappresentano i due aspetti fondamentali di Dio: l’unità è la
manifestazione divina. Il Cerchio esprime il celeste, il Quadrato il terrestre, non in quanto opposto al celeste ma in quanto creato; nei rapporti fra il Cerchio e il Quadrato esiste una distinzione e una conciliazione: il Cerchio sarà per il Quadrato ciò che il cielo è per la terra e
l’eternità per il tempo; ma il Quadrato si inscrive in un Cerchio, vale a dire la terra è dipendente
dal cielo. Il Quadrato non è altro che la perfezione della sfera su un piano terrestre. Per i cristiani il Cristo rappresenta l’umanità, egli verrà considerato come l’uomo Quadrato per eccellenza. L’uomo Quadrato, con le braccia tese ed i piedi giunti, indica i quattro punti cardinali
e in essi troviamo riuniti il significato della croce e delle quattro dimensioni che esso implica.
Cristo pone la propria natura umana in seno alla natura divina e l’uomo Quadrato, tramite
l’Incarnazione, si inserisce egli stesso nel cerchio. In altri termini, l’umanità è collegata alla divinità, come il tempo all’eternità, il visibile all’invisibile e il terrestre al celeste.
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Interpretazioni in chiave cabalistica
Nel Quadrato Magico ci sono venticinque lettere, di cui una N centrale e due gruppi
simmetrici di dodici lettere. Oltre alla N centrale ci sono solo altre sette lettere diverse. Il Quadrato dà sistematicità e ordine alle mistiche corrispondenze fra i numeri sacri 7 (3+4) e 12 (3×4).
I simboli usati sono quelli di otto lettere diverse. Ci sono:
una sola N
due P
due S
quattro A
quattro E
quattro O
quattro R
quattro T
Sette lettere, come le sette Chiese, i sette Sigilli dell’Apocalisse, i sette Chakra della
tradizione Yoga, i sette pianeti dell’astrologia tradizionale, che ruotano attorno all’unica N presente, l’ottava lettera, in corrispondenza con le fonti battesimali e ottagonali le torri di Federico II.
Tutto ruota (ROTAS) attorno alla N, ugualmente leggibile
anche se capovolta: la Nun dei fenici, la quattordicesima lettera
degli antichi alfabeti semitici, corrispondente all’Arcano Temperanza e quindi al segno zodiacale della Vergine. Nella figura a
fianco si notano chiaramente il simbolo Nun e il glifo del segno
della Vergine (si allude forse anche al mistero della Madre di Dio
o alle antiche Dee Madri? In ogni caso, se ognuna delle otto lettere è presa una sola volta, si ottiene l’anagramma della parola
PARTENOS, dal greco Parthénos, che significa appunto “Vergine”).
Secondo lo Zohar, testo fondamentale del pensiero cabalistico, lo studio della Torah può procedere lungo quattro livelli di
interpretazione, chiamati Pardes dalle rispettive lettere iniziali
(PRDS in ebraico: ‫סדרפ‬, frutteto):
Peshat (‫טשפ‬: semplice): letterale - interpretazioni letterali del significato.
Remez (‫זמר‬: allusione): allegorico - significati allegorici per via allusiva.
Drash (‫שרד‬: esposizione): omiletico - significati rabbinici midrashici, spesso con paragoni immaginativi di parole e/o versi simili.
Sod (‫דוס‬: segreto): esoterico - significati interiori, esoterici e metafisici, espressi nella
Cabala.
Lo studioso A.D. Grad, nel libro“Introduzione alla Kabbala
ebraica” (MEB, 1986) si sofferma a lungo sull’interpretazione in
chiave cabalistica del quadrato del SATOR. In primo luogo, occorre scrivere il quadrato magico numerico del 5, detto «Quadrato magico di Marte». Com’è noto, tale quadrato è formato
da tutti i numeri interi dall’1 al 25, presenta nella casella centrale
il numero 13, e la somma di ogni fila orizzontale, verticale o
delle due diagonali principali dà sempre, come risultato, il numero 65).
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Sovrapponendo le cinque parole del Quadrato Magico si nota:
1. che i numeri corrispondenti alle lettere S ed R della parola esterna ROTAS danno
la stessa somma: 26 (11 + 15 = 26; 23 + 3 = 26);
2. che tutti i numeri presi due a due e la cui somma dà 26 (25 + 1; 24 + 2; 22 + 4; 21 +
5...) corrispondono sempre a due lettere identiche del SATOR: EE, AA, EE, AA... Ora, 26 è
uguale a 13 x 2, e proprio 13 è il numero che compare al centro, corrispondente all’unica lettera
singola, la N in posizione mediana. Se ne deduce che la chiave dell’interpretazione cabbalistica
del Quadrato Magico si concentra di volta in volta ora nel 13 al centro, ora nel 26 e nel 65, che
stanno tutti ad indicare l’Eterno, ovvero Dio. Infatti:
A) 65 è la somma numerologica corrispondente al nome “ADONAI” (Aleph-DalethNun-Yod = 1 + 4 + 50 + 10 = 65);
B) 26 è la somma numerologica del nome “IAHVE”, il Tetragramma (Yod-He-WawHe = 10 + 5 + 6 + 5 = 26);
C) 13 è la somma numerologica del nome“AHOD”, ovvero Uno (Aleph-Heth-Daleth
= 1 + 8 + 4 = 13). Adonai e Yahvè sono i nomi di Dio, la loro somma ridotta dà 65 + 26 = 91 =
9 + 1 = 10 = 1, Uno è “Ahod” che dà 13, e quindi tutto è ricondotto al numero 13, che nel quadrato si trova esattamente al centro.
L’esoterista Samuel Liddel MacGregor Mathers
(1854-1918, foto a lato), uno tra i massimi esponenti dell’Ordine del Golden Dawn, si sofferma
a lungo sul quadrato del SATOR nella sua traduzione e riedizione di un antico manoscritto
ebraico conservato presso la Bibliothèque de
l’Arsenal a Parigi, il “The Sacred Magic of Abramelin the Mage” del 1458. Mathers afferma che
il SATOR è uno dei pentacoli della Chiave di
Salomone. Esso va tracciato sostituendo alle lettere latine quelle corrispondenti nell’alfabeto
ebraico, il tutto va poi inserito in un doppio cerchio, all’interno del quale va
iscritto il versetto del Salmo LXXII, 8: «Il suo dominio sarà dall’uno all’altro mare, e dalle acque
fino ai confini del mondo». Questo versetto, nell’edizione originale ebraica, si compone esattamente di 25 lettere come quelle del quadrato magico. Il pentacolo in questione, riprodotto
in fig. 2, è tratto da un’altra opera di MacGregor Mathers, “The Greater
Key of Solomon”, ricavata da alcuni manoscritti antichi conservati, stavolta, al British Museum di Londra. Tornando al libro di Abramelin, invece, l’autore riporta un cospicuo numero di altri quadrati magici
“cabalistici”, tra i quali uno particolarmente simile (libro terzo, capitolo
XIX, pentacolo 9, riprodotto qui a destra
Tentando di dare un senso al quadrato attraverso la tecnica cabalista della ghematria, attribuiamo un valore numerico ad ogni lettera e cerchiamo di estrarre
valori e simboli numerici dalla loro posizione. Se assegniamo un numero ad ogni lettera dell’alfabeto latino (eliminando la j che è stata introdotta recentemente) e quindi imponendo ad
A un valore numerico pari ad 1, alla B il 2, alla C il 3 ecc., possiamo trarre alcune considerazioni.
Innanzitutto la somma di tutte le lettere del quadrato (quindi l’area del quadrato, il terreno
del simbolismo, l’oggetto cui si riferisce) è 303, numero palindromo. Attraverso la riduzione
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teosofica, ovvero la somma delle cifre che compongono un numero fino all’ottenimento di un
numero compreso tra 1 e 9, si ottiene il numero 6, che rappresenta l’equilibro delle forze in
gioco nella natura in genere. Il 6 è simbolo dell’esagramma, o stella di Salomone, dove due
triangoli - uno che rappresenta la materia che tende allo spirito e l’altro che rappresenta lo
spirito che tente alla materia - si uniscono e convivono in un equilibrio dualistico tra due dimensioni. Rappresenta quindi la natura dell’uomo, nel microcosmo, e la natura dell’universo,
nel macrocosmo.
Il centro del quadrato, la N, corrisponde al numero 13, la cui riduzione teosofica è 4.
13 è simbolo di iniziazione, nei tarocchi la tredicesima carta è la Morte, simbolo positivo di
resurrezione, rinascita, iniziazione appunto. Il 4 rappresenta la natura,
la stabilità, la concretezza e la materialità del mondo fisico. Quattro
sono gli elementi (acqua, fuoco, aria e terra; Iaminim, Nour, Ruach,
Iabschach in ebraico – INRI), quattro sono gli aspetti della natura. É
la pietra, il cubo che rappresenta l’anima-personalità dell’uomo che
tende alla perfezione dell’Anima Universale. Rappresenta il tempio
fisico, ma soprattutto il tempio interiore dove avviene il processo di
alchimia spirituale.
La somma delle lettere perimetrali del quadrato, è 206 che per
riduzione teosofica fa 8. Il perimetro è la condizione dell’oggetto, è
quell’insieme di regole, principi cui è soggetta la natura e l’uomo. L’8
è il perfetto equilibrio tra microcosmo e macrocosmo, è la figura intermedia tra il punto e il cerchio, tra il quadrato e il cerchio. Rappresenta l’unione e la connessione tra il mondo fisico, l’uomo e la
perfezione della Coscienza Cosmica, il Volto di Dio.
La croce rappresenta un movimento del punto, il centro, dell’iniziato verso l’esterno e
viceversa. L’iniziato si muove verso il perimetro della figura, l’8; cerca quindi un perfetto equilibrio della sua figura microcosmica col macrocosmo. Cerca, senza forzature, un equilibrio naturale della sua entità in relazione alle forze cosmiche attraverso una connessione costante
con la Coscienza Cosmica. Il movimento è doppio perhè l’uomo viene dalla Coscienza Cosmica e ad essa torna attraverso un processo evolutivo.
La Pietra di Stenay e il menhir di Cap De L’Home
Il ricercatore italiano Pietro Marino, durante le sue ricerche nel mistero di Rennes-leChâteau, scoprì che a Cap de l’Homme esisteva una pietra sulla quale era raffigurato il quadrato
del SATOR. Nel 1873 un certo M. Rivart, proprietario di parte dell’antico priorato di St. Dagobert, aveva ritrovato una pietra enigmatica, sulla quale figuravano le lettere SRNPR, una specie
di glifo a forma di cuneo ed una croce greca accanto alla punta, sul lato superiore. La pietra,
che divenne di proprietà del vescovo Monsignor Mangin, andò poi distrutta durante la Prima
Guerra Mondiale. Una sua riproduzione è stata
rinvenuta nel 1980 ed è oggi conservata in una
sala del “Cercle Saint Dagobert II” di Stenay. Lo
studio del misterioso reperto ha avuto una svolta
quando si scoprì la relazione tra le lettere, il glifo
ed il Quadrato Magico del SATOR. Le lettere
SRNPR, infatti, compaiono nel Quadrato secondo uno schema la cui forma cuneiforme ri-
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produce esattamente il glifo scolpito.
Nel libretto “Pierres gravees du Languedoc” (“Pietre incise della Linguadoca”) di Eugene
Stublein si parla di un singolare menhir rinvenuto presso Cap de l’Homme (letteralmente,“testa
dell’uomo”, per l’appunto) nell’altopiano di Las Brugos. La grezza scultura antropomorfa venne
riprodotta dallo stesso Stublein che le dedicò questa didascalia:“La testa di San Dagoberto - scolpita
nel 700 d.C. su un menhir di Pla de Las Brugos a Rennes-les-Bains (Aude)”, seguendo il nome popolare con il quale era nota nei dintorni.
Nel 1884 il menhir venne rimosso da Henri Boudet, a seguito di un atto vandalico perpetrato contro questa statua. Presumibilmente dal 1884 al 1886 la testa si trovava presso M. Cailhol ad Alet les Bains, poi se ne perdono le tracce, per ritrovarla anni dopo incollata al muro
perimetrale del presbiterio di Rennes-les-Bains con una targhetta che riportava il luogo del ritrovamento. Nel 1996 viene di nuovo levata per essere custodita nel museo comunale di Rennes-les-Bains. L’aspetto più significativo di questa pietra è che sul retro la stessa presenta
l’incisione di un Quadrato Magico, con alcune evidenti anomalie.
Vi sono alcune lettere che appartengono all’alfabeto greco invece che a quello latino
come le altre. Le R, per esempio, sono scritte come P, il greco “rho” e le O hanno un punto centrale (un Omega? L’Oro alchemico? Il Sole?) come si osserva in alcuni quadrati di origine templare, mentre l’acrostico comincia dalla parola“ROTAS”, che denuncia l’origine medioevale. La
N centrale di“TENET”è scritta con un simbolo ambiguo, che può sembrare tanto una H quanto
una “Heth” ebraica.
Si tratta di errori di trascrizione oppure di indizi ben precisi? In realtà, per essere rigorosi,
tutta la storia fin qui raccontata deve essere presa con le molle: sebbene esistano molti riferimenti
alla figura di Eugene Stublein, non si ha alcuna prova che garantisca la loro autenticità. Molti ricercatori, anzi, sono oggi convinti che Stublein non sia mai esistito e che si tratti di uno pseudonimo usato da qualcuno interessato all’affare di Rennes-le-Château per trarne profitto.
Il Quadrato del SATOR ed i Templari
L’Ordine dei Templari, divenuto in breve tempo ricco e potente e costruì migliaia di edifici
di vario tipo, castelli, chiese e residenze. L’Ordine si era nel tempo mutato in una potentissima
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organizzazione trasversale, in grado di produrre una sintesi tra la cultura occidentale e quella
orientale, basata sul superamento delle differenze formali e nel nome di una religione universale. I Templari, in quanto Cavalieri, erano protettori di Gerusalemme come luogo religioso di
riferimento per la fede cristiana, e in quanto monaci iniziati erano i custodi del“Cielo Terrestre”,
espressione cara ai figli dell’Arte, nucleo segreto della tradizione esoterica, comune denominatore da cui si generano tutte le religioni, che possiamo propriamente chiamare Tradizione.
Fino dalle sue origini metaumane la Tradizione fu tramandata attraverso codici iconici:
le icone arcaiche, al contrario delle immagini che corredano un testo moderno, sono pensate
al fine di fissare, memorizzare e comunicare una dottrina ed un’Arte indipendentemente dal
linguaggio utilizzato dai vari popoli. L’introduzione, la diffusione e l’utilizzo per usi profani
della scrittura produsse una frattura tra la nuova cultura che si sviluppò con essa e la cultura
arcaica tradizionale e così buona parte delle conoscenze occulte, comunicate oralmente e raffigurate con il codice iconico, perdette progressivamente il legame tra il significante e il significato.
I Misteri della tradizione esoterica appaiono velati dai miti formalizzati in dèi ed eroi
acquisiti dalla tradizione popolare. Il mito è tutto ciò che non è suscettibile di espressione diretta
e il suo significato può essere comunicato solo mediante la rappresentazione simbolica, talvolta
integrata dalla Parola Svelata. Il mito ha diversi livelli di lettura: quello letterale ci fa apparire il
mito come una favola; l’allegorico interpreta i miti come fenomeni naturali e celesti che influenzano la vita dell’uomo; quello esoterico li interpreta, invece, come rappresentazione dei
principi metafisici ed è equivalente al senso anagogico della patristica medioevale e al senso
segreto dell’ultimo livello cabalo-alchemico.
Presso gli Egizi, ad esempio, troviamo il mito di Iside e Osiride, presso i Greci il mito di
Demetra e Persefone, presso i Frigi il mito di Cibele e Attis, presso i Palestinesi il mito di Astarte
e Adonaì. Il livello allegorico di lettura di questi miti ci dà informazioni sui cicli naturali e celesti;
il primo livello esoterico ci offre la rappresentazione dei misteri della Morte e della Resurrezione
dell’Anima, mentre l’ultima rivelazione riguarda la via dei Saggi e la teofania del Corpo. In particolare, Iside, Astarte, Cibele e Demetra sono denominazioni diverse che vari popoli hanno
assegnato alla stessa divinità, la dea dai mille nomi, colei che personifica la Natura. É la Grande
Madre di tutti gli uomini e di tutto ciò che vive, è la protettrice della fecondità e della vita, è dea
guaritrice ed iniziatrice vestita di tutti i colori del mondo, significato esoterico di Principio Divino
Femminile o Materia Spirituale, creata per emanazione dall’Unità Primordiale e che informa a
sua volta la Materia Grave anche se, per mano dei Saggi, può farsi in modo che“…il suo Fattore
non disdegni di farsi sua Fattura…”, come definisce Dante nel XXXIII canto del Paradiso.
La Grande Madre è legata anche al fenomeno del tellurismo. Secondo una tradizione
antichissima, vi sarebbero dei luoghi dotati di particolari qualità determinate dalle correnti energetiche terrestri, che favorirebbero le funzioni biologiche, emotive e spirituali degli esseri umani;
questi luoghi, pertanto, sarebbero stati utilizzati per scopi terapeutici, cerimoniali e misterici.
Per segnare tali luoghi, la tradizione ha tramandato una serie di“segni”legati alla Grande Madre.
In molte chiese cristiane, ad esempio, costruite in luoghi dedicati anticamente al Suo culto, troviamo spesso tracciato sul pavimento un labirinto, simbolo tellurico che esprime la difficoltà
dell’uomo nello scoprire la propria natura.
Un altro esempio di segno tellurico è la triplice cinta ritrovato in molti siti templari.
La triplice cinta è il simbolo dell’iniziazione alla dottrina segreta interiore. Essa è costituita da tre quadrati concentrici che indicano i gradi iniziatici; l’interno del quadrato centrale
rappresenta il Santuario dei Misteri della Tradizione; i quattro segmenti che uniscono i punti
mediani dei lati dei quadrati indicano i canali attraverso cui la tradizione viene comunicata.
Il quadrato magico del SATOR è stato ritrovato in molti siti templari, talvolta insieme
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alla triplice cinta; ciò ci può indurre a ipotizzare che i Templari conoscessero il suo significato
esoterico e che lo utilizzassero come segno atto a indicare i luoghi attraversati dalle correnti
telluriche. Se questa affermazione risultasse fondata, ci troveremmo di fronte a un simbolo occulto legato alla Grande Madre. Con l’informazione nascosta così letta, il quadrato magico integra il simbolo teleologico della triplice cinta con il riferimento esplicito alla Grande Madre e
ai misteri iniziatici, dei quali i Templari sono da sempre i custodi. Louis Cattiaux scriveva: “È la
purezza della sostanza della Madre che ci permette di incarnare lo splendore dell’essenza del Padre e
di diventare così veri figli di Dio per l’eternità”. In questo aforisma è sintetizzato il significato teleologico del quadrato magico: solo con la consapevolezza di doversi rivolgere alla Grande
Madre, l’uomo può risvegliare lo Spirito Divino che è nascosto in lui e rivelarsi Figlio di Dio.
Interpretazione alchemica
In un Quadrato Magico mi sembra opportuno anche tentare una prima
ipotesi alchemica. Se si uniscono le S e R perimetrali si ottiene un quadrato;
unendo in questo perimetro le A e le O appare un ottagono. Se consideriamo
le consonanti degli angoli del quadrato e tracciando le due diagonali si riuniscono le S, R, N, R ed S formando una croce di Sant’Andrea, la cui X è, associato al calice, simbolo del femminile. Ruotando questa croce intorno al centro
N si costruisce un cerchio.
Appare così evidente il simbolismo del procedimento alchemico: la
materia si spiritualizza con il passaggio dal quadrato al cerchio con la mediazione dell’ottagono. Il quadrato, materia stabile, passa all’ottagono, materia
spiritualizzata del quadrato in movimento e tende allo Spirito del senza principio e senza fine.
Svariate altre ipotesi ed interpretazioni, più o meno credibili, alcune anche molto fantasiose, vengono generate continuamente intorno a questo misterioso, affascinante Quadrato
Magico. In realtà, risulta impossibile districarsi in questa palude dove perfino la rigorosa Geometria o la Scienza dei Numeri sembra evanescente e diventa facile impaltanarsi.
Ricercare, disegnare e fissare le matrici che possono nascere dalla griglia del SATOR attraverso unioni di consonanti, di vocali, di parole (Tenet, Aton...), è far lavorare il cervello ed il
cuore insieme. Ma le possibilità sono sterminate: sovrapporre griglie fitte fino a ritrovare un
calice semplice o quello più complesso inciso dai Templari nella prigione di Domme, scoprire
stelle ad 8 punte, ottagoni concentrici, esagoni, la divina Tetraktys, addirittura il teorema di Pitagora con i quadrati sui cateti e l’ipotenusa; e celebrare le proporzioni armoniose che hanno
consentito di costruire stupende chiese. Riconoscere una croce templare ed addirittura il loro
alfabeto... individuare persino la squadra e compasso massonico, o l’archeometra, o l’albero sephirotico, o il Sigillo di Salomone, e così via, in un processo che tende però, purtroppo, ad essere
sempre di più un gioco cerebrale.
Unica possibilità scientifica:
un vero atto di ispirazione
che giunga dall’Alto! n
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IL TERZO GRADO DELLA LIBERA MURATORIA
COME PROMESSA
DI REINTEGRAZIONE NELL’UNO
Adonhiram
Giunti al terzo grado libero-muratorio, quello
della Maestria, si deve comprendere il significato morale, allegorico ed operativamente iniziatico della uccisione di Hiram, Architetto di Salomone che presiedeva
alla costruzione del Tempio di Dio per ordine del Re
stesso, percependo che non è con la ignoranza, la invidia e la violenza che verrà ottenuta la ricompensa e
l’ammissione alla maestria: sono queste tre caratteristiche negative, questi tre compagni di viaggio del tutto umani, che l’iniziato deve individuare in
sé, risolvere e dominare.
In effetti la ritualità del III Grado esprime in modo tangibile ed inequivocabile il dualismo che in Massoneria siamo chiamati a superare e sublimare in nome di una rinnovata e
ritrovata Unità, consci che il dualismo della scacchiera non evidenzi se non la medesima natura e qualità delle caselle, differenti solo nei colori di bianco e di nero, eternamente uniti e
confinanti sottilmente.
Ma ora cerchiamo di interrogarci sul perché Hiram dovrebbe poi risorgere; ed inoltre,
se con la di lui morte la Parola è perduta, come sarà possibile poi ritrovarla?
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La mia chiave di lettura della leggenda del grado è che
sia unicamente lo Spirito ciò che viene nuovamente a risorgere,
libero dalle costrizioni della materialità e delle necessità dell’anima.
Risorge dunque lo Spirito, il Soffio, in sostanza la Parola
che è la nostra Essenza e che ci rende eretici al cospetto della
profanità. Credo infatti che, portatori delle idee di libertà e di
universalità nella ricerca e nella spiritualità, i liberi muratori
siano i custodi della eresia Bruniana, della percezione degli universi infiniti nell’Uno. D’altra parte “eretico” proviene dal greco
AIRESIS, che significa “scelta”; e noi siamo liberi muratori perché scegliamo di domandarci, di approfondire senza pregiudizi e limiti fino ad individuare il
senso della nostra stessa appartenenza all’Istituzione.
Credo che nel Terzo Grado la Libera Muratoria diminuisca la prima parte metodologica
e costruttiva e, pur non diventando eminentemente contenutistica, tenda ad occuparsi maggiormente dell’Essere e della sua Essenza. Infatti, la verticale del Filo a Piombo incontra
- a croce - l’orizzontale della Livella e dal loro equilibrio nasce una Squadra, che nel
Terzo Grado sublima in concreta evocazione dello Spirito e permette l’uso cosciente del
Compasso, cioè del proprio progetto interiore evolutivo.
Fin qui, in effetti, il discorso è tutto sommato espressione di un ragionamento:
è la nostra mente (ancora imbrigliata in meccanismi che sono il portato vissuto delle
nostre personali culture, ideologie, origini e scelte personali) che deve trovare concreta liberazione.
Ed allora, nel Tempio in Terzo Grado, va recuperata una nuova dimensione di Silenzio.
Dal Silenzio dell’Apprendista che esprime concretamente la carenza di conoscenze
delle tecniche costruttive (interiori), si perviene al Silenzio del Maestro, concreto e possente
strumento di edificazione di se stessi.
Per noi liberi muratori il Silenzio è strumento metodologicamente indiscutibile, perché dal
Silenzio nascono le idee e le idee sono il presupposto perché il nostro atto creativo possa iniziare.
Riesaminiamo la resurrezione di Hiram poiché, in realtà, credo che più che di resurrezione
stricto sensu, si debba individuare, in questo grado, una reintegrazione o, meglio, una promessa
di reintegrazione laddove fosse percorso il Cammino del proprio Silenzio/Maestro interiore.
L’osservazione trova il proprio fondamento nel rituale di elevazione alla maestria,
poiché non racconta di resurrezione della carne.
Le frasi “la carne si stacca dalle ossa” e “è tutto putrefatto”, esprimono chiaramente che il corpo fisico di Hiram sia ormai in decomposizione e
inducono a pensare ad una differente resurrezione
o rinascita, che evidentemente coinvolge lo Spirito e non più la carne. Simbolicamente, fa pensare a questo anche la particolarità della presa“ad
artiglio”che esprime anche nella propria evidente
fisicità una Forza particolare nell’estrarre lo Spirito dalla morte corporale e che viene esercitata
attraverso una autentica Elevazione.
Se queste considerazioni sono fondate, allora la
specificità della esperienza libero muratoria consiste nel vivere la dimensione della spiritualità
non alla stregua di una vicenda esterna, ma in
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maniera del tutto reale (Arte Reale deriva da questo!),
coinvolgente e totalizzante, facendo di Sé il proprio
Tempio effettivo nel quale, in concreto, custodire
l’Essenza della divinità che è in noi e di cui noi siamo
l’Essenza.
Perché muore il corpo che si fonde nella nuda
terra e torna alla Natura dalla quale promana.
Ma a questo punto dobbiamo rispondere ad
un’altra domanda: cosa deve verificarsi perché sia
possibile la Reintegrazione all’Uno, (che è in concreto il Desiderio e la Speranza cui l’Iniziato anela,
quella di ricongiungersi al proprio Principio), al Deus
sive Natura di Spinoziana (e Bruniana) memoria?
Ritengo che il nostro percorso iniziatico vada individuato come una Via di Risveglio e
Consapevolezza. Diversamente, il rituale, le evocazioni (più o meno sentite) che scandiscono i
nostri lavori (sempre architettonici, ma non nel senso che costruiamo al di fuori di noi) così
come il Maestro delle Cerimonie - il Magus, in quanto deve convogliare, attraverso la propria
asta, le energie cosmiche al centro del Tempio e dà ordine alle Energie e a tutti coloro che ivi
sono ammessi - e tutto il resto dell’apparato simbolico potrebbero tranquillamente non esserci.
Sono infatti della idea, seguendo il pensiero e le concezioni di un iniziato contemporaneo, Remy Boyer
(autore di diversi saggi sulla Via iniziatica. Attraverso
il Manifesto ed il Movimento Incoerista in Occidente
egli cerca di recuperare gli insegnamenti di quella via
cardiaca individuata dal Filosofo Incognito Louis
Claude de Saint Martin, attraverso la quale Remy, pur
essendo libero muratore, ha ritenuto di dover prendere, in certo modo, le distanze dalla via eminentemente teurgica di Martinez de Pasqually ritenendo
che la Verità del Reale alberghi nel cuore degli iniziati,
Uomini di Desiderio al Ricongiungimento al Principio Primo, l’Uno). Il Rituale dev’essere una
concreta possibilità di apertura al Reale attraverso la Via del Cuore e che sia dovere vitale dell’adepto osarla.
Obiettivo del nostro agire quindi, diviene il Risveglio, quale superamento delle Catene
istintuali che condizionano la nostra quotidianità dando luogo ad un anelito costante al “perfezionamento”. In tal modo viene ad evidenziarsi l’essere e non l’avere, che va inteso in tutte le
forme che materialmente lo declinano: avere denaro,
avere successo, avere sesso, avere piacere fisico,
avere potere, e comunque avere tutto ciò che ci incatena alla dimensione del Quaternario e degli elementi e dei sensi.
Il Terzo Grado della Libera Muratoria ha dunque
l’obiettivo di mutare il nostro modo di essere nel profondo perché, se avremo il coraggio di affrontare questo grado con la giusta determinazione e mai
rassegnati, scopriremo che la Reintegrazione avviene
nel nostro cuore; e che l’anima risvegliata nel proprio
silenzio interiore affronta a viso aperto e senza paura
dell’ignoto la Iniziazione Suprema, quella alla Morte
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corporale che ci riunirà all’Uno, alla Natura.
In concreto, questo Silenzio interiore, superando il Nulla, apre a quello che potremmo
definire il Vuoto della Essenza libera da condizionamenti umani, in una nuova e ritrovata centratura, situazione alla quale gli adepti, uscendo dal turbine della profanità, debbono progressivamente ricollocarsi, in una continua ricerca di recupero del
proprio equilibrio.
IlVuoto va dunque inteso come quiete, tranquillità e
perciò, nonostante la contraddizione dialettica apparente,
quale pienezza e quindi autentico accesso e comunicazione
con il Reale.
É dunque dal Silenzio e dal Vuoto così inteso che il
Verbo (in questo senso, la Parola ormai ritrovata) può divenire
“creatore”: per ora, nel rituale, scopriamo infatti che la Parola
Sacra è di “sostituzione”, quindi virtuale e differente a seconda della tradizione rituale di riferimento e dell’epoca (e
comunque successiva al 1730, data di introduzione del grado
di maestro), perché la Parola è Dio.
Di certo le citazioni di riferimento alla operatività ed agli insegnamenti martinisti non
saranno sfuggite.
Tuttavia, in chiusura ritengo utile ricordare Oswald Wirth il quale, nel suo libro sui Tarocchi, mirabilmente osservava che “quando si arriva a far parlare i simboli, essi superano in eloquenza ogni discorso, poiché permettono di ritrovare la Parola Perduta, cioè l’eterno pensiero vivente
di cui sono la enigmatica espressione. […ed ancora…] I simboli ci rivelano in forma poetica concezioni
troppo eteree per prestarsi ad una rigida determinazione verbale. Non si può ridurre tutto alla prosa
degli argomentatori e dei giuristi: vi sono cose sottili che bisogna intuire con gli adepti della sagace filosofia dei simbolisti medievali i quali seppero reagire alla Scolastica, schiava delle parole”.
Quindi nel III Grado, attraverso il Silenzio e la ritrovata Centratura, nel Vuoto della propria Quiete interiore, liberati dalla costruzione egoica dell’immagine di sé e dall’illusorietà di
quella intricata rete di credenze, idee e aspettative che ci facciamo sul mondo, purificati insomma, potremo cercare di attingere alla Parola che alberga nel divino profondo di noi stessi,
preparandoci concretamente alla Reintegrazione nell’Uno alla quale questo Grado della Libera
Muratoria aspira. n
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L’INIZIAZIONE
Sedir
(traduzione a cura di Antares)
Quello che la scienza occulta chiama Astrale, comprende tutto l’invisibile.
L’immensa quantità della materia che compone la creazione è pervasa dallo Spirito
in gradi diversi, ma nessuna forma esteriore della materia è lo Spirito. Esso si trova allo
stato puro solo in quella dimensione che i Vangeli definiscono il Regno dei Cieli. Noi non
abbiamo a disposizione alcun metro per stabilire le percentuali di condensazione della
materia; questo strumento di misura esiste, ma in un piano ancora inaccessibile al pensiero, ossia nel piano dei Numeri.
Dal nostro punto di vista di esseri di questo pianeta, la materia fisica è la più densa,
da un punto di vista universale, ci sono piani caratterizzati da densità ancora superiori a
quella che conosciamo.
Letteralmente il moto astrale indica ogni specie di forza che agisce per rotazione,
parabole, onde; gli occultisti del passato hanno collegato questo tipo di moto alle sfere
invisibili, a causa della loro concezione a priori panteista o emanazionista.
Bisogna identificare piani e pianeti: esiste ancora un numero di pianeti invisibili
superiore a quello dei corpi celesti visibili, ed è un caso disperato sperare di classificarli
in una vita.
Gli esseri della creazione, dal microbo alla nebulosa, comprendendovi anche qualsiasi stato mentale, possono essere visti come statici o dinamici, a riposo o in movimento:
per esempio, un uomo è fermo, però vive, rappresenta un pianeta, oppure è in movimento, ed è ugualmente vivo, anche la sua attività è analogicamente simile a quella di un
modello.
Tutto è quindi soggetto ad un continuo interscambio, gli uomini non hanno inventato i viaggi, perchè ogni cosa viaggia nella natura, gli esseri interagiscono tra di loro,
tutti danno e ricevono. La terra risplende della luce dei germi dei germi minerali, vegetali,
animali, elementari, mentali, magnetici, eccetera, e riceve altrettanti raggi di luce da ogni
parte dell’Uuiverso.
Noi siamo dunque immersi nell’Invisibile, canali tra i più importanti attraverso
cui lo Spirito della Terra riceve nuove forme di vita e ne fa esperienza. La nostra
missione è dunque più che importante. L’Uomo, su cento parti che lo
costituiscono, ne ha 99 nell’Invisibile: una soltanto nel visibile. Il
nostro corpo sottile - che forse avrà migliaia di organi fluidici - agisce in queste regioni degli Invisibili, terrestre e cosmiche, e lì compie
delle ricerche, viaggia, trova nutrimento e coltiva: ecco perchè non
bisogna buttarsi alla cieca in quest’oceano, e perché è necessario aver
tracciato una rotta ben precisa.
Ogni lavoro che compiamo ha come effetto il nostro riavvicinamento allo scopo che abbiamo fissato; la nostra finalità, i nostri ideali,
sono divinità, ogni idea soggettiva è la corrispondenza di un ente oggettivo, ed ogni nostro sforzo ha come ultima conseguenza di incorporarci
all’essenza di questa divinità. Basti pensare a come la cellula vegetale tenda
ad animalizzarsi, e come si trasformi quando un animale la introduce come
alimento nel suo corpo. Il processo è analogo in qualsiasi piano.
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Tutta la nostra esistenza - a partire dalla più elementare funzione biologica - deve
tendere alla più elevata forma di vita, alla Vita eterna. E questa, cos’è?
È il costante sacrificio del singolo per tutti, di tutti per uno, di tutti per tutti.
Niente altro che Amore, Centro dei Centri, all’Amore che richiede il culto Vivente,
agendo, pensando, operando per Lui.
Le circostanze esoteriche sono solo dei miraggi, nel senso che non si avvicinano al
centro dell’uomo, ma soltanto a qualcuno dei suoi organi esterni, magnetici, mentali, psichici, o di qualsivoglia altra natura essi siano. Il giardiniere che pota rami e foglie per ottenere un fiore di bellezza straordinaria, ma effimera, è l’esempio di un iniziato che recide
in sé una o l’altra manifestazione della sua vitalità (per esempio l’energia sessuale), per
sublimarla in facoltà più rare, ma che non potranno mai essere né sane né vitali.
Per tali motivi, non dobbiamo rivolgerci a nessuna creatura, a nessun maestro o
saggio, a nessun santo o genio o arcangelo: ogni creatura, proprio per questa sua naturale
caratteristica, è soggetta ad errori. È soltanto a Dio che ci si deve rivolgere, chiamandoLo
con la propria vitalità, non solo col proprio desiderio, ma con i propri atti soprattutto.
Ogni creatura, anche nelle forme più evolute, è gravata dal peso delle catene del
tempo e dello spazio: la sua risposta al nostro richiamo è più lenta di quando ci rivolgiamo
diretamente al Cielo, che è libero da legami e che non deve scomodare nessuno nel
mondo. Colui che ha la propria Esistenza al di fuori della Creazione, Colui che abbiamo
chiamato Cielo, scomoda solo Se Stesso per esser vicino a chi si rivolge a Lui, non con le
cerimonie evocative, ma col santificare il proprio desiderio: il Cielo è l’inverso della Natura, quest’ultima vive per l’individualizzazione, o quanto meno ci prova, il Cielo per
l’universalizzazione. Ogni volta che l’uomo dimentica il suo io individuale, per occuparsi
di un altro, evoca il Cielo, e Questi si manifesta accanto a lui ed in lui. “Chi fa la volontà del
Padre mio, è mia Madre, dice il Verbo”.
Gli insegnamenti degli uomini che sono giunti alla celebrità, per noi devono essere
solo esercizi intellettuali, il vero lavoro si trova nel centro del nostro essere, alla radice
della nostra volontà, del nostro sè, in quell’organo che potremmo chiamare cuore invisibile, lampada in cui cova la scintilla dell’increata Luce. n
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CHE COS’È L’ANIMA
Asclepius
Nel vangelo di Giovanni si dice:
“In principio era il Verbo
e il Verbo era Luce
e la luce era nel Verbo
e il Verbo si fece carne...”
Il Verbo divenne vita e la vita è movimento e al contempo in quanto vita terrestre, nostalgia degli dei e della loro vita.
Dove si sarebbe potuto cercarlo?
Nell’anima.
Immaginiamo una struttura gelatinosa, delimitata, forse simile a una medusa. Immaginiamo che questa struttura avesse in qualche parte del suo spazio, racchiusa una pietra e al
centro di questa pietra un cristallo luminoso. Immaginiamo che questa struttura inizi a percepirsi perché delimitata. La delimitazione comporta la nascita di una forma di movimento
primordiale e il movimento induce alla percezione. Come si può osservare, anche oggi, ma
solo in un bambino, la percezione non è statica ma dinamica: toccando si può vedere e vedendo si può toccare e al contempo trasformare qualcosa di sé.
Questo può avvicinare alla comprensione della fanciullezza come condizione necessaria alla “entrata nel regno dei cieli”.
Quindi il movimento e il suo ritmo,
creano nuove forme. Nella creazione di nuove
forme e nella necessità di tutte contenerle, si
incarna l’anima del mondo e da essa poi
l’anima umana. Ma immaginiamo ancora che
in questa trasformazione incessante, proceda
un processo di identificazione con ciò che si diventa. La luce da cui l’anima procede va divenendo sempre più opaca con ciclici momenti di luce riflessa: l’anima scopre il pensiero.
L’anima pensa! E lì si ferma.
É l’epoca della anima razionale.
Le forme, viventi immagini della realtà, divengono pensieri e i
pensieri sbiadite immagini del vivente si trasferiscono nelle macchine.
Pensando, l’anima comprende il potere immenso e al contempo limitato che ha sulle cose fuori di sé. Perché il segreto motivo del suo muoversi è nel riconoscersi e il riconoscimento prevede un sentirsi “dentro”
oltre a un vedersi “fuori”. Riconoscersi significa percepirsi anche nel
cambiamento, nelle situazioni che generano o meno un “altro” da sé,
mantenendo la propria identità. Spesso tale dinamica appartiene all’amore dove riconoscersi può voler dire riconoscersi attraverso gli
occhi dell’altro/a.
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Ma in questo incessante movimento c’è la possibilità di trovare o presentire che la
forza che l’anima ritiene sua, la cosiddetta “forza d’animo”, origina, scaturisce da quella pietra
e che quella pietra stessa è in grado di generare la vita. Come in natura l’acqua sgorga dalla
roccia. Ora l’identificazione che ciascuno di noi fa con quel se stesso anagrafico, diciamo con
il sé che muore, inevitabilmente genera angoscia, angoscia spesso incontenibile. Questa“identità corporea” in cui siamo immersi vive grazie ad un principio che non è corporeo, ma che è
capace di suscitare vita nella corporeità. Quel tanto di corporeità reale. Infatti il solido in noi
costituisce solo una parte, una piccola parte del nostro
esistere. Ma se la vita origina da quel diamante, così
come in natura l’acqua sgorga dalla pietra, nella pietra
è nascosto il segreto dell’Io. L’Io è quel diamante indovato nella pietra. La fonte di luce rende l’anima trasparente a se stessa, facendole perdere l’opacità gelatinosa
della sua natura mortale.
Tuttavia in quel denso coagulo che è l’anima
umana, domina a tutt’oggi e per ognuno di noi un demone. Il demone, che ci abbandona solo nel passaggio
della morte, induce durante la vita all’identificazione
con noi stessi e tenta in tal modo di appropriarsi delle
nostre anime. Il Faust di Goethe esprime tutto questo.
L’anima esprime se stessa in un corpo mortale, pur riconoscendosi generata dal diamante.
Come accade che riconoscendosi finalmente
scaturita dalla pietra, che contiene il diamante, possa
sentirsi “diamante” essa stessa?
Proprio perché, immensa, l’anima genera la sua propria parte di Io, diventa essa stessa
creativa. Lei figlia diviene poi madre! Infatti la vita umana contenuta in quell’essere primordiale gelatinoso, che abbiamo preso come immagine dell’anima, era un tempo il padre dell’anima stessa. Le vestigia del padre sono il nostro corpo e la sua forma. Quel corpo un giorno
ricevette, venendo sulla terra, una scintilla di memoria divina. Quella scintilla fu lo zolfo. Lo
zolfo suscita come accade in natura in alcune acque: il processo sulfureo. Questa acqua vivente
e ribollente in sé viene costantemente compressa e rilasciata dall’azione di Mercurio. Questa
compressione e poi rilasciamento genera una primordiale esperienza di sé. Mercurio per caratteristiche proprie è in grado di essere liquido e anche gassoso. Può sprofondarsi nelle profondità delle acque e risalire veloce verso atmosfere rarefatte. Mercurio fu il dio messaggero,
mercuriale fu la sua azione, al contempo portatore di Dioniso e di Apollo. Infatti i vapori risalenti verso l’alto creano forme. Le forme si cristallizzano come sale per quel tanto che non
divengano invasive. Poi di nuovo si sciolgono nella vita.
Ci sono forme che tuttavia acquistano vita in sé.
Non devono essere disciolte.
Sono le artistiche forme che vanno preparando l’avvento dell’anima. Forma e movimento sono le polarità obbligate dell’atmosfera terrestre e in questa atmosfera si generò
quell’anima di cui sopra abbiamo accennato. n
65
THATS
• Il Nada Yoga è una scienza molto
antica, che abbina il suono a vari punti
energetici nel corpo.
• Lo strumento musicale utilizzato è il corpo
umano, in particolare il corpo eterico e
pranico che trovano nella colonna vertebrale
il loro quadro comandi.
• I suoni vengono localizzati tra l’ombelico
e la pineale, in modo tale da percorrere
questo spazio con delle ottave (72 ottave
principali nel Sud dell’India e 15 nel Nord
chiamate “raga”). Ogni ottava, unendo otto
punti energetici ed emozionali differenti
nel corpo, riesce a donare degli stati
d’animo precisi al praticante.
• Da queste tecniche è poi nata la musica
classica indiana.
• Pare che Pitagora studiò nel Nord
dell’India e importò in Grecia questa
conoscenza occulta che tramanda
il rapporto tra la musica e gli stati d’animo
che l’essere umano può sperimentare.
• A lato si può notare la somiglianza tra
alcune ottave indiane (raga, divisi in Thats
o famiglia emozionale) e le scale modali
greche:
• Bilawal (=Ionian mode):
• S R G m P D N S’
• Dheerasankarabharanam
• Kafi (=Dorian mode):
• S R g m P D n S’
• Kharaharapriya
• Bhairavi (=Phrygian mode):
• S r g m P d n S’
• Hanumatodi
• Kalyan (=Lydian mode):
• S R G M P D N S’
• Kalyani
• Khamaj (=Mixolydian mode):
• S R G m P D n S’
• Harikambhoji
• Asavari (=Aeolian mode):
• S R g m P d n S’
• Natabhairavi
• Bhairav= double harmonic:
• S r G m P d N S’
• Mayamalavagowla
66
LA MENTE NEL NADA YOGA
Arjuna
La tecnica del Nada Yoga lavora sulla mente profonda
che costituisce un campo d’indagine molto vasto. E’ necessario
ai fini della comprensione dei capitoli successivi distinguere
fin d’ora i diversi livelli della mente e il loro funzionamento.
In occidente tendiamo a identificarci prevalentemente con la
funzione analitico-razionale della mente. Crediamo fondamentalmente che esistano due strati: conscio e inconscio. Nelle pagine a seguire evidenzierò
come il termine “mente” sia usato in una eccezione più ampia e al contempo capace di descrivere livelli di funzionamento estremamente dettagliati e diversificati. Cosa che ci richiede,
come occidentali, un certo sforzo di concettualizzazione per entrare all’interno di una psicologia estremamente raffinata e “multistrato” come quella della tradizione indiana. In realtà
non ci troviamo di fronte a menti tra loro separate, ma a una sola mente con diversi livelli
funzionali e differenti determinismi, ma tra loro spesso comunicanti e interagenti. Questi livelli della mente, in modo estremamente sintetico, possono essere così suddivisi:
mente fisica (mente inconscia)
mente eterica (mente inconscia)
mente pranica (o vitale inferiore o mente subconscia)
mente emozionale inferiore (o vitale inferiore o astrale)
mente emozionale superiore (o vitale superiore)
mente vitale-mentale (o mente creativa)
mentale inferiore (o analitico-razionale)
mentale intuitivo inferiore
mentale superiore
mentale intuitivo superiore
mente illuminata
mente degli Dei
mente Divina (o Divina Gnosi, suddivisa in vari livelli)
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La Mente Divina in realtà oltrepassa il semplice campo mentale e corrisponde a quella che Sri
Aurobindo chiamò Supermente.
Ogni livello mentale ha contenuti propri e,
come ho detto, specifiche modalità di funzionamento. É importante comprendere che a ogni livello
corrisponde un “corpo” che è il contenitore di quel
funzionamento. Ogni contenitore, sia esso il corpo
eterico, il corpo pranico, quello astrale e così via, ha
una sua sede nel corpo fisico (una ghiandola), in un
punto energetico preciso e corrispondente (chakra),
ha un suo piano di esistenza (loka) e un suo funzionamento e determinismo preciso e complesso.
Cerchiamo di capirne di più entrando ora
maggiormente nel dettaglio.
Mente fisica
Le sensazioni sono il linguaggio attraverso
il quale si esprime la mente fisica ovvero la mente
che si interfaccia con il nostro corpo organico. Il processo delle sensazioni è immediato, inconscio e automatico.
In questo momento, mentre scrivo sono in
aereo. Sto tornando da un corso di Nada Yoga che
ho tenuto all’estero e c’è davvero molto caldo. La mia mente fisica risponde all’innalzamento
di temperatura con un enorme quantità di “ribollimenti” all’interno, il che si traduce con un
disagio a livello emozionale e mentale.
Se non fossi consapevole che il disagio nasce dalle sensazioni fisiche, cioè che quello
che provo deriva dalla mia natura organica, che poi si estende al corpo emotivo e a quello
mentale, potrei reagire impulsivamente e in modo incondizionato ai contatti con il mondo
esterno magari arrabbiandomi con altre persone. Voglio dire che la mente fisica possiede un
suo sistema coerente ma del tutto meccanico ed inconscio per l’elaborazione di informazioni
ma, se si prende coscienza del suo funzionamento, molto lentamente essa risponde con una
prima forma di consapevolezza.
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Il meccanismo della mente fisica, come ho detto, è estremamente rapido e venne indagato dal Signore Buddha con estrema attenzione entrando profondamente in ogni dettaglio, individuando quattro passaggi principali, e sintetizzando in questo modo i circa
cinquanta micro-passaggi che in un istante avvengono a quel livello meccanicamente e in
modo automatico:
1° passaggio
Vijnana: che conosce, che sa
2° passaggio
Sannia: che riconosce
3° passaggio
Vedana: che crea una sensazione
Shankara: che reagisce e crea, reazione dopo reazione,
un’abitudine meccanica nella mente fisica.
L’abitudine crea il carattere automatico e inconscio.
Questo è il linguaggio della mente fisica.
4° passaggio
Mente eterica
Il prana o energia vitale circola all’interno dei canali eterici che costituiscono il corpo
eterico. Questa mente ha la funzione di memorizzare gli eventi. Quindi dall’Etere noi registriamo, grazie al corpo eterico, i diversi accadimenti come su un supporto digitale estremamente sofisticato, in grado di fissare ogni tipo di dettaglio sensoriale. Il corpo eterico è
costituito da bioplasma, un materiale gelatinoso molto sottile invisibile all’occhio
nudo, ma generalmente percepibile dalla
maggior parte delle persone attraverso la
palpazione eterica.
Il piano dell’etere (akasha), costituisce la
“memoria del tempo” dove i chiaroveggenti possono osservare i fenomeni del
passato, del presente e del futuro. Quindi
quei siddha o quegli yogi, o grandi esseri,
che sono dotati della siddhi del trikaladhristhi o della capacità di osservare il trikala possono investigare attraverso l’etere
e avere accesso a ogni tipo di conoscenza.
Nell’etere di una persona è possibile trovare memorie che appartengono non solo
alla persona stessa, ma anche alla matrice
da cui questa persona proviene. Questa
matrice è in relazione con la formazione
della sua materia, cioè con quello che è
stato trasmesso dalla mente eterica e fisica dei genitori, dei nonni, dei bisnonni
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LE PRINCIPALI CATEGORIE DI SUONO NEI VEDA:
Nada: indica il suono primordiale, il suono nella sua essenza, energia ed emanazione del Brahman, la potenza
creatrice che genera l’universo.
Ci sono scoperte dell’astrofisica moderna che si stanno avvicinando sorprendentemente alle definizioni degli
scienziati vedici su questo fenomeno della creazione.
Shabda: significa genericamente “suono”. Accostato alla parola “pramana” (prova), questo termine indica la
testimonianza più autorevole sulla realtà, testimonianza che proviene dai Veda, dai Maestri, da altre dimensioni e
quindi il suono “udito” dai mistici.
Dhvani: suono proferito e udibile (in opposizione a suono interiore). Ciò che viene insegnato ma non è ancora
giunto a destinazione.
Svara: suono specifico delle note musicali. Tono musicale. Ciò che splende di per sé e risuona. Unione di luce
e suono.
Shruti: ciò che è stato udito, insegnamento giunto a destinazione. Nel linguaggio musicale definisce i microtoni. Rivelazione, letteratura relativa alla Rivelazione tramandata oralmente da Guru a discepolo (per questo udita,
ascoltata).
Questi termini riguardano i diversi aspetti del suono che a loro volta riflettono differenti aspetti dell’estetica
musicale, scienza che si occupa delle percezioni ma il cui scopo originario ha la funzione trascendente di portare il soggetto oltre le percezioni sensoriali.
RELAZIONI TRA I CHAKRA ED IL SUONO:
Primo Chakra: collegato all’energia vitale. Colore rosso. Governa il plesso sacrale e il coccige. Strumento:
tamburo, batteria. Musiche corrispondenti: ritmi tribali. Se ci danno fastidio: non viviamo bene nel nostro corpo.
Secondo Chakra: è il chakra della sessualità. Colore arancione. Governa i genitali. Strumento: flauto. E’ stimolato da musiche che implicano movimenti del bacino tipo le danze sudamericane, salsa, merenghe, samba. Chi non
le ama ha una sessualità repressa, fa fatica a entrare in relazione con l’altro sesso.
Terzo Chakra: è il centro della forza di volontà e dell’autoaffermazione. Colore giallo. Organi governati: il
plesso solare. Strumento: pianoforte, violino, chitarra. Ritmi corrispondenti: brani solenni di musica classica tipo la
“Cavalcata delle Valkirie” di Wagner o la “Quinta sinfonia” di Beethoven, rock dal ritmo incalzante. Chi le rifugge è timido, ha scarsa autostima.
Quarto Chakra: è il chakra del cuore e del sentimento. Colore verde. Governa il plesso cardiaco e il timo.
Strumento: la voce. Melodie romantiche, sentimentali, da Claudio Baglioni alla New Age passando per Chopin. Per
chi desidera soddisfare la propria affettività.
Quinto Chakra: è il chakra della gola, della parola, della comunicazione. Colore blu. Organo governato: la tiroide. Strumento: la voce. Lo alimentano le musiche universali di Mozart. Chi non le sopporta ha problemi di
comunicazione.
Sesto Chakra: corrisponde alla mente, all’intuizione, alla chiaroveggenza. Colore indaco. A livello fisico governa l’ipofisi. Strumento: tanpura,
campane tibetane. Lo stimolano musiche da meditazione come canto gregoriano, canto indiano, Bach, free jazz.
Settimo Chakra: o della spiritualità. Colore violetto. Organo governato: l’epifisi. Strumento: arpa. La sua musica è il silenzio. Chi ne ha paura
teme di entrare in contatto profondo con se stesso.
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e così via. Potremmo definirla il “data base eterico”, una specie di banca dati o Dna eterico.
Le informazioni sono inoltrate e trasmesse attraverso le generazioni. A livello della mente
eterica, come è sostenuto dalle dottrine dell’India, è quindi rintracciabile il karma della famiglia o karma “verticale”.
Per riuscire a entrarvi in contatto bisogna scendere nelle
profondità dell’inconscio. Un tuffo verticale negli abissi temporali di un remoto passato.
Mente pranica
Siamo giunti al terzo livello della mente, che è la mente
pranica o mente dell’energia vitale e delle pulsioni. Essa può già
essere definita una mente subconscia, cioè semi-organizzata in modo autonomo e regolante
le funzioni legate all’istinto, in piccola parte rispondente alla coscienza. É facilmente percepibile nei sogni. Contrariamente a quanto si possa pensare è una mente legata a tutto il pianeta, cioè il subconscio è terrestre. Solo i maestri hanno individualizzato il loro subconscio
ed è proprio questo che li rende così diversi da noi, liberi ed esenti dagli impulsi. Ovviamente
anche questa mente ha un suo corpo e un punto corrispondente nel corpo fisico dove è possibile individuarne il contenitore chiamato corpo pranico. Questi ha a sua volta una sua estensione o irradiazione nel campo aurico.
Per risvegliare la mente pranica in genere si usa il soffio. Questo è possibile con l’ausilio
di tecniche e discipline quali il Qi Kong, il Thai Chi, il Pranayama, il Kriya Yoga o anche attraverso la recitazione di preghiere o mantra (nella maniera continuativa e meccanica chiamata
japa) o certe forme di canto. All’interno di questa mente sono contenute tutte le pulsioni come
quella sessuale, la rabbia, la gelosia, la paura, la preservazione e così via.
Mente emozionale
(divisa in una parte inferiore chiamata astrale e una superiore chiamata vitale superiore)
Vi è poi un quarto livello della mente che è quello delle emozioni.
Le emozioni impulsive sono alimentate e pompate dall’energia pranica e solo parzialmente possono essere gestite dalla mente razionale (che vedremo tra breve). Le emozioni legate
alle varie sfaccettature dell’ego come il desiderio di potere, l’orgoglio, il senso di possesso e
così via sono considerate, infatti, di natura inferiore e maggiormente legate alla zona del plesso
solare. Si legano invece al centro del cuore sentimenti nobili come l’Amore, la Compassione,
l’Armonia, la Bellezza, costituendo il corpo emotivo superiore.
Mente creativa o vitale-mentale
Poi abbiamo una mente emozionale/mentale, che è un
altro livello dove il suo linguaggio ed espressione è legato alla
creatività. Ecco perché, questo livello della mente è anche chiamato mente creativa. Qui troviamo la poesia, l’arte, la creazione
artistica in ogni sua espressione, il bisogno di elevarsi attraverso
le emozioni e di esprimerle in maniera ordinata e armoniosa.
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Questo livello della mente è in stretto contatto
con l’energia sessuale. Non è un caso che molti artisti
abbiano un carattere molto impulsivo ed irrazionale,
dato che usano grandi quantità di energia sessuale
per le loro creazioni artistiche. Le arti anticamente
erano sempre dedicate alla Divinità, permettendo
all’energia creativa di dirigersi verso l’Assoluto e arrivando in questo modo non solo alla sublimazione
delle proprie passioni, ma anche alla trasformazione
e trasmutazione delle energie e della mente.
Per questa ragione molti percorsi spirituali
hanno usato l’arte come propulsione verso la Divinità.
Mentale inferiore o mente analitica-razionale
La mente analitica o razionale è capace di dividere, analizzare, catalogare ed elencare,
pianificare e fare previsioni relative anche a operazioni complesse. É sicuramente il tipo di
mente su cui la società occidentale ha scelto di investire e regolare in modo massivo il suo
rapporto con la realtà. Un esempio ben visibile ne sono i grandi apparati e organizzazioni, gli
uffici e i bureau dove si lavora. Tuttavia sono in realtà poche le persone che hanno sviluppato
questo livello della mente in modo equilibrato.
Tale livello può già essere definito buddhi o intelletto.
Mentale intuitivo inferiore
La mente intuitiva inferiore non solo è capace di pensare ma anche di comprendere
attraverso una sequenza di immagini e di riproporre la realtà attraverso di esse. Da questo livello della mente sono nate forme di scrittura come i pittogrammi, i geroglifici e gli ideogrammi cinesi e giapponesi.
É la mente usata dai chiaroveggenti, che opera attraverso l’Ajna Chakra o terzo occhio.
Tuttavia è ancora un funzionamento inferiore, dato che anche se è un livello della mente superiore rispetto la ragione non è ancora capace di percepire la Verità. Infatti
molto spesso i chiaroveggenti interpretano male ciò che vedono, cioè vedono
ma non capiscono cosa vedono.
Mentale superiore
Qui finalmente si inizia a comprendere la Coscienza dell’Uno. La si comprende perché si inizia a prendere coscienza del
proprio Sé. Lo strumento del raziocinio viene superato. Cessa
quindi l’operazione mentale che disseziona e divide la Creazione
in tanti piccoli frammenti di esistenza lontani e incongruenti tra di
loro, e si ha accesso, attraverso il Potere del Pensiero Elevato, alla diretta
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percezione dell’Uno Onnipresente. Il senso e l’esperienza dell’Uno discendono rendendo potenti le forme pensiero e con esse e attraverso di
esse l’Uno diviene percepibile.
Lo yoga arriva al suo primo compimento l’unione con il Sé attraverso il corpo mentale. É la mente che calmandosi progressivamente
è in grado di lasciar filtrare l’esperienza del Sé. Attraverso questa percezione diretta tutta la maniera di concepire la vita cambia completamente.
Mentale intuitivo- superiore
Quando la mente superiore e i suoi funzionamenti si allargano
a dismisura e il corpo mentale si riempie di una trasparenza e purezza ancora maggiori, con
lampi di Luci Superiori che attraversano il suo cielo felice, ecco allora che si passa alla mente
intuitiva superiore.
Di colpo si giunge a conoscere e ciò che accompagna la conoscenza è una crescente
estasi. Più cresce l’estasi, più cresce la conoscenza.
Il volgare meccanismo della autosoddisfazione attraverso il desiderio è un lontano miraggio. Qui l’essere umano incomincia a vivere stati celestiali di Beatitudine, di Luce, di Pienezza, di Comprensione, di chiara percezione delle cose e degli esseri e del motivo interiore
e segreto celato dietro ad esse, perché questo livello della mente conosce per identità dall’interno verso l’esterno, anche se con dei lampi intuitivi parziali rispetto all’identità perfetta.
Mente Illuminata
Vi è poi la mente piena di Luce, la mente illuminata in cui le cose si sanno perché vi
è uno stato dell’Essere dove l’Essere sa. Questa mente è piena di Silenzio, di Luce, di Pace e
funziona nella staticità, nella tranquillità senza pensieri, ove il senso dello spazio e del tempo
si dilata sempre più e la ragione lascia posto a una profonda e vasta calma, piena di Luce, che
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soppesa l’esistenza e gli eventi con grande distacco.
In questo livello della mente tutto viene sospeso. Il sentimento di distacco diviene
compiuto e si inizia a farsi strada interiormente una forma di libertà assoluta dal processo
mentale (chitta vritti nirodha) per come siamo abituati a conoscerlo. Insorge uno stato d’Essere ove semplicemente si è qui e ora, dove i Principi Spirituali si manifestano. Nel momento
in cui tutto in noi è silenzio nasce un’intensa felicità.
Mente degli Dei
La mente degli Dei è una mente estrema dove l’essere umano può entrare in contatto
con grandi porzioni di spazio e tempo ed enormi quantità di potere, il Potere Divino Superiore,
Vero, Reale, Immenso e con grandi nobili pensieri e grandi nobili virtù. Alla mente degli Dei
o mente cosmica è decisamente raro riesca accedervi l’uomo comune.
Essa marca il confine ultimo ove un essere umano può arrivare. In
questo piano vivono gli Dei, Esseri reali e concreti, anche se di una
materia sottile, con immensi poteri e vite immensamente lunghe. Di
questa natura erano la mente di Cristo, di Sri Krishna, del Signore
Bhudda e di altri Mahatma.
Mente Divina
(o Divina Gnosi, suddivisa in vari livelli, chiamata da Sri Aurobindo Supermente)
Ed infine arriviamo a un livello così estremo della mente che essa
diventa talmente rarefatta che si disperde al di là delle meccaniche
della mente stessa, in un bianco Silenzio Eterno e Infinito, quello che
gli yogi cercano attraverso la meditazione, e che chiamano Fonte o
semplicemente.“Quello” (Tat).
Così poco si può dire di questo livello dell’Essere poiché qualsiasi
parola non potrebbe far altro che limitare qualcosa che di limiti non
ne possiede proprio.
Va detto, al contrario di quanto si creda in occidente, che gran parte
degli yogi non percorrono completamente il cammino per raggiungere
tutti i livelli della mente e non necessariamente costruiscono i corpi
superiori corrispondenti a tutti i passaggi della scala mondo, ma saltano dal livello della mente pensante o emozionale nel vuoto (Sunyata
o Bhraman passivo), attraverso tecniche specifiche come nel caso del Raja Yoga.
Compiendo questo grande salto direttamente nei mondi dell’”Emisfero Superiore”alcuni passaggi, ovviamente, non vengono compiuti. Molte cose non vengono viste e quindi
comprese, per cui allo yogi sembra alla fine che la Divinità possa essere percepita solo attraverso il Silenzio. Ma non è così. Il metodo del Raja Yoga, non permettendo di compiere tutti i
dovuti passaggi intermedi, non forma le persone nei corpi superiori e di conseguenza non
permette realmente il viaggio nei mondi superiori. Il punto è che non ci si è dotati degli strumenti e dei veicoli per andarci coscientemente. I corpi superiori vanno infatti creati, e si creano
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con tecniche precise e complesse.
Dall’Infinito senza forma sono uscite
le forme, gli Esseri, i mondi, i piani dell’Essere, esistenti in contrazioni diverse delle
spazio/tempo. La creazione materiale è un
puntino infinitamente piccolo e limitato rispetto alla scala mondo. Avere dei vari corpi
sottili e superiori formati o se si vuole dei
contenitori di energie ben formati ed attivati
permette allo yoghi (colui che segue una disciplina spirituale) di visitare altri mondi ed
esseri attraverso il viaggio interiore o l’esteriorizzazione dei corpi sottili. Queste procedure
iniziatiche le cui esperienze sono state largamente spiegate nelle scritture (come ad esempio
nel: “Savitri”di Sri Aurobindo,“Bhagavatam”di Veda Vyasa, le conferenze di Mère, di Omraam
Aivanov, di Annie e Daniel Morouis Givoudan, etc.), abbisognano di corpi superiori e sottili
pienamente formati e operativi. Se non si hanno i corpi superiori adeguati su altri piani non
si può andare. É come se volessimo andare sulla Luna senza uno Space Shuttle… risulterebbe
impossibile. Il Signore Bhudda raccontava che la maggioranza dei Suoi discepoli non erano
quelli visibili intorno a Lui, ma gli Esseri sottili ed i Devata che istruiva nelle ore più profonde
della notte. Fisicamente quasi tutta la popolazione del Nord dell’India ne seguiva gli insegnamenti, ma Lui sosteneva che di notte istruiva 40 Asankeya Esseri. Se Lui non avesse sviluppato i corpi superiori, come avrebbe potuto entrare in contatto con loro?
Concludendo, nel Nada Yoga si lavora con la mente profonda, inconscia. Ci ritroviamo
a un livello dove il nostro sentire con il corpo diventa lo strumento principe e percepiamo attraverso il movimento delle vibrazioni. Per comprendere tutto questo bisogna aiutare lo studente a sentire e riconoscere le diverse sensazioni fisiche e cenestesie attivate dalle onde
sonore che arrivano dal mondo esterno. Insomma percepire e codificare il suono attraverso
un sistema molto diverso rispetto a quello dell’apparato uditivo.
Ed è questo che andremo a vedere nel prossimo capitolo. n (segue)
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IL GABINETTO DI RIFLESSIONE
SIMBOLOGIA MASSONICA
Hathor Go-Rex
“Il simbolismo è il mezzo più adeguato
per l’insegnamento delle verità d’ordine superiore,
religiose e metafisiche,
cioè per tutto quel che lo spirito moderno
respinge o trascura”
[René Guénon, “Simboli della scienza sacra”]
L’anima, per potersi elevare, necessita di un insegnamento appropriato, impartito mediante immagini familiari alla natura umana in cui si trova e il simbolismo, strumento efficace
a tale scopo, detiene quindi un ruolo di primaria importanza nel percorso rituale massonico.
Già nel rito d’iniziazione da profano ad apprendista, pur ignorandone il significato, il simbolo
agirà sull’inconscio e forte sarà l’impatto cui il recipendiario verrà sottoposto già nel gabinetto
di riflessione, un luogo angusto, semibuio, dalle pareti nere e carico di significato in ogni elemento e arredo. Importante per l’iniziando sarà comprendere che la“riflessione”a cui si allude
nella denominazione non va intesa come una mera azione pensante legata a una dialettica
speculativa o filosofica, ma come l’inizio di un vero e proprio rovesciamento dell’essere affinché la personalità profana, legata a preconcetti, luoghi comuni e reazioni sensibili, muoia.
Nella penombra silenziosa della stanza, illuminata dalla fioca luce di un’unica candela, il bussante dovrà redigere un testamento spirituale riguardo alle sue volontà verso Dio, gli altri e
se stesso e costretto quindi alla prima valutazione delle intenzioni da cui è mosso. Avrà quindi
inizio proprio nel gabinetto di riflessione un duro e lungo lavoro su di sé in cui tutto il conosciuto e pensato nell’oscurità dell’ignoranza assoggettata a soddisfare i bisogni dell’ego incatenato al mondo sensibile, dovrà essere illuminato, spogliato e scandagliato fin a scovarne
la radice e trascenderla penetrandone l’essenza.
Scheletro, teschio, falce e clessidra
Il “Gabinetto di riflessione” sarà il primo viaggio dell’iniziando, l’intercapedine tra i
mondo materiale e il tempio, la tomba dell’individualità in cui fino ad allora ci si era
identificati, morte evocata dalle immagini funeree, dagli oggetti e dai moniti alle pareti.
L’atmosfera lugubre non potrà che far leva
sulla sfera emotiva creando nell’individuo
una profonda angoscia al fine di costringerlo
a ponderare nuovamente la decisione sul
cammino che sta per intraprendere. Il bussante si troverà attorniato da vari e sinistri
oggetti quali una clessidra, un teschio, una
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falce e uno scheletro, rispettivamente simboli del tempo, della caducità delle cose e della spoliazione che il recipendiario dovrà compiere su se stesso rappresentata anche nell’iniziale richiesta affinchè si liberi di tutti i metalli, simbolo del necessario abbandono dei legami
materiali. Lo stato d’inquietudine sarà la prima resistenza dell’ego e la paura la prima prova
che dovrà affrontare in questo tetro luogo.
“Saprai trionfare sulla sottile prova del dubbio? Stai in guardia! In questa partita tutto il
tuo avvenire eterno è impegnato. Se soccombi, mai potrai vederne lo splendore; ricordati che l’occasione di essere iniziato è, nella vita, unica. Se la lasci passare, non ti si ripresenterà mai più. Chiedi
Luce alla stessa Luce, non c’è altro modo per ottenerla”. [La Grande Opera, Grillot de Givry]
Superato questo scoglio, nella solitudine in cui sarà costretto dall’attesa, il futuro apprendista comincerà inevitabilmente a guardarsi intorno, porrà l’attenzione quindi sui moniti,
le figure e gli oggetti che lo circondano e comincerà ad intuirne un significato all’apparenza
nascosto, più profondo, e che man mano imparerà a scoprire.
Le immagini mortifere rappresentano il decesso necessario a riscoprire la purezza originaria dell’animo inquinato dai desideri e dalle illusioni del mondo sensibile, in particolare
lo scheletro inneggia all’avvenuta spoliazione da ogni orpello e vizio materiale, al ridursi all’osso, alla radice, raggiungendo uno stato che permetta di mutare la propria natura inferiore
governata dagli istinti e far emergere la controparte superiore, governata dallo Spirito.
“Sforzati di sviluppare le forze latenti che sussistono in te. Ordina la tua vita seguendo le arcane norme. Tu sei la materia stessa della Grande Opera: fatti candido, spiritualizzati, purifica la tua
astralità, svincolati dalle ombre Cimmerie”. [Grillot de Givry, op. cit.]
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Nel fare ciò saremo però costretti ad affrontare lati oscuri, debolezze e fragilità che
emergeranno proprio come scheletri da un armadio mettendoci di fronte all’intimo, e spesso
egoistico, movente delle nostre azioni. La paura evocata da tale immagine è si legata alla
morte ma anche al timore di guardare dentro se stessi e scorgere il nocciolo recondito, mortifero e tetro che avvolge il nostro cuore. Lo scheletro è quindi il simbolo della fase alchemica
detta “Putrefactio”, o Nigredo, o Opera al Nero, e altresì un invito alla meditazione sull’impermanenza e la vacuità delle cose, riflessione in grado di far acquisire un nuovo e diverso significato alla morte, se nella profanità altro non era che la temuta fine della vita, per
l’alchimista, il ricercatore spirituale, l’apprendista massone ecc. sarà invece solo il passaggio
necessario alla rinascita. Lo scheletro rappresenta il fine del processo di Nigredo, ossia l’avvenuta liberazione dell’individuo da tutte le sovrastrutture psichiche legate a ignoranza e apparenze del mondo materiale, solo raggiunto questo stato potrà cominciare il vero percorso
di rigenerazione.“…la riduzione a scheletro marca un superamento della condizione umana profana
e, pertanto, una liberazione da quest’ultima. (...) Ridursi allo stato di scheletro equivale ad una reintegrazione nella matrice (...), ossia ad un rinnovamento totale, ad una rinascita mistica» dice Mircea
Eliade nel “Le Chamanisme”, da “Encyclopédie des mystiques”.
Scheletro e falce sono elementi che ritroviamo anche nella lama numero tredici dei
Tarocchi, la falce altro non è che l’arma con cui tranciare il legame psichico con il passato, con
cui dare un taglio netto a tutto il superfluo, inutile zavorra che ci portiamo dietro, pesante
fardello di cui dovremo alleggerirsi.
Tra le immagini che lo circondano, oltre allo scheletro, il recipendiaro troverà quella
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del teschio che, seppur simile nel significato, si focalizza in modo specifico sulla testa, sede di
intelletto, mente e pensiero, ossia la parte superiore dell’uomo governata dallo Spirito. Il teschio è un elemento simbolico ricorrente anche nell’arte, presente ad esempio in numerosi
dipinti raffiguranti Maria Maddalena, o nel san Francesco in meditazione, o nel San Girolamo
del Caravaggio, e nei quali il teschio rappresenta appunto l’avvenuta morte dell’ego e conseguente rinascita spirituale del protagonista.
Celeberrima è anche la sua presenza nel famoso monologo dell’atto terzo dell’Amleto
di William Shakespeare, la cui prima frase “essere o non essere”, recitata tenendo tra le mani
un cranio e quasi rivolgendosi a lui, sintetizza l’eterno dubbio, quello di accettare le sofferenze
della vita rimanendo nell’inazione o agire per liberarsene, stato d’animo comune ad ogni individuo che sta per intraprendere un percorso iniziatico; nel monologo il suicidio, e quindi la
morte indotta, viene presentata da Amleto come l’unica via per salvarsi, morire a se stessi è il
solo modo affinché possa emergere il nostro Sé spirituale.
Altro interessante riferimento al teschio nell’arte lo ritroviamo nella Vanitas, un genere
di pittura che lo ritrae accanto a elementi rappresentanti la caducità delle cose, come ad esempio una clessidra, oggetto presente anche nel gabinetto di riflessione e chiaro riferimento al
tempo che scorre. La clessidra è simbolo del finito nell’infinito, del susseguirsi dei cicli vitali
nello scendere della sabbia dall’alto verso il basso e viceversa nel capovolgerla affinchè torni
a fluire; movimento che ricorda il principio che Thot descrisse nelle tavole di smeraldo e rubino:
“Ascende dalla Terra al Cielo e ridiscende in Terra raccogliendo la forza delle cose superiori e delle inferiori”,“Poiché discende dal Cielo alla Terra e risale in cielo disperdendo le forze inferiori nella Forza
Superiore indefinibile, che si compie nel sei”. Il riferimento al numero sei riporta al Sigillo di Salomone composto per l’appunto di due triangoli che, intersecati, formano una stella a sei
punte, l’uno di colore bianco rivolto verso l’alto simbolo di tutto ciò che ascende evolvendo
verso l’Assoluto, l’altro di colore nero rivolto in basso e quindi di ciò che da lui discende involvendo nella materia, essi esprimono la continua interazione tra Dio e l’universo, il movimento costante di generazione e ri-generazione,
ascesa e caduta. Nello scorrere della sabbia, e nel
rigirare la clessidra di volta in volta, si rispecchia
quindi il moto universale, ma anche l’interconnessione delle forze di causa ed effetto e la loro ridondanza tra i piani inferiore e superiore.
“L’eterna clessidra dell’esistenza viene sempre
di nuovo capovolta e tu con essa, granello della polvere!” dice un demone nel “La gaia scienza” di F.
Nietzsche, chiaro riferimento al concetto di eterno
ritorno assai caro all’autore e presente in molte
sue opere che declama il soggiacere dell’uomo alle
forze del destino.
Gli elementi che abbiamo fin qui trattato
vengono correlati a Saturno (o Cronos per i greci,
divinità del tempo) che nell’antica mitologia era il
Dio della morte e dell’aldilà; il pianeta viene associato al piombo che rappresenta il buio, la ma-
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teria prima, lo stato impuro dell’essere, metallo che ridonda nella metafora alchemica “trasmutare il piombo in
oro” come allegoria di reintegrazione con la divinità tramite una purificazione e quindi la spoliazione dal vizio e
l’acquisizione delle virtù. Astrologicamente Saturno rispecchia le difficoltà, l’opposizione al cambiamento, il ristagno che ci tiene legati al passato ma che altresì,
attraverso la sofferenza, incita l’individuo ad agire per liberarsene affinché possa evolvere e maturare. Nel mito riferito a Cronos l’opposizione all’evoluzione si esplica nell’atto in cui la divinità divora la propria prole, immagine psichica di
un ego che non vuole essere spodestato o peggio ancora ucciso ed è proprio a questo cui incitano i funerei messaggi nel“gabinetto di riflessione”, alla necessaria morte della personalità
profana.
Pane, brocca d’acqua
Agli inquietanti elementi rievocanti la morte, di cui abbiamo ampiamente parlato nella
prima parte, si affiancano le figure di pane e acqua, emblemi di semplicità e nutrimento sia
per il corpo che per lo spirito. Il frumento, di cui il pane è costituito, è da sempre simbolo di
abbondanza, fertilità ma anche di ritorno alla terra, e rievoca quindi nei vari passaggi della
sua coltivazione le fasi del ciclo di rinascita: semina, germogliazione, sviluppo, mietitura. Legato allo Spirito e a molte divinità come quelle egiziane di Renenunet, dea che per le sue virtù
feconde patrocinava le messi e perciò chiamata anche “signora dei due granai”, o di Osiride il
Dio risorto il cui smembramento seguito alla morte ricorda l’atto della semina “Che io viva o
muoia, io sono Osiride. Io entro dentro e riappaio attraverso te, mi decompongo in te, creo in te, cado
in te, cado sul fianco. Gli Dei vivono in me perché io vivo e cresco nel Grano che sostiene gli Onorati.
Io ricopro la terra. Che io viva o io muoia, io sono Frumento, non vengo mai distrutto”. [testi delle
piramidi], o alla Dea greca Demetra, l’iniziatrice ai misteri elusini che il mito narra donò il
grano agli uomini e ordinò a Trittolemo di insegnare loro a coltivarlo, tecnica in cui si rispecchia il segreto dei cicli di rinascita, semina e raccolto paragonati a vita e morte rivelano l’immortalità intrinseca nella loro alternanza poiché ogni chicco di grano contiene già il germoglio
del frumento futuro.
“In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se
invece muore, produce molto frutto” [Giovanni 12,24]
Tornando al simbolismo del pane e al suo
significato come elemento sostanziale, sarebbe
errato considerarne solo il riferimento materiale perché, come si evince dalle Sacre Scritture, l’uomo non ha bisogno solo di nutrire il
corpo ma anche lo Spirito, “Il tentatore allora
gli si accostò e gli disse: «Se sei Figlio di Dio, di’
che questi sassi diventino pane». Ma egli rispose:
«Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di
ogni parola che esce dalla bocca di Dio»”. [Matteo
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4,3] ed è proprio ambedue a cui si allude e che si richiede vengano soddisfatti nella preghiera
cristiana per eccellenza, il Padre Nostro, nel verso “dacci oggi il nostro pane quotidiano”.
Nell’antico e nel nuovo Testamento il pane viene citato centinaia di volte anche riferito
alla Manna che discese dal cielo per nutrire gli Ebrei nel deserto: “durante l’Esodo comandò alle
nubi dall’alto e aprì le porte del cielo; fece piovere su di essi la manna per cibo e diede loro pane del cielo:
l’uomo mangiò il pane degli angeli”(Salmi 78,23-25)“aveva il sapore di una focaccia di miele”(Esodo
16,31], un pane dal gusto dolce quindi simbolo della dolcezza di Dio. La tradizione l’associa
anche alla venuta del Messia che, incarnando il Verbo, sarà egli stesso Manna, il pane rappresenta
quindi il corpo di Cristo sacrificato per gli uomini. «nella notte in cui veniva tradito prese il pane, lo
spezzò e disse questo è il mio corpo che è per voi» [ 1 Cor 11,24]. Il pane, come cibo eucaristico, raffigura la comunione con la Divinità, e quindi la vita eterna.
Parliamo ora della brocca d’acqua posta nel gabinetto di riflessione e ai suoi molteplici significati simbolici. L’acqua rappresenta la manifestazione di Dio, la sostanza primordiale da cui nascono tutte cose, il
liquido amniotico, nonché l’archetipo dell’inconscio. Essendo l’elemento che tutto
crea e a cui quindi tutto ritorna, è fonte di vita ma anche di distruzione, emblema quindi
di purificazione e salvezza, punizione e condanna, dualismo che si esprime ad esempio nel passaggio del Mar Rosso, o nel Diluvio universale raccontati dalle Sacre Scritture, in cui l’acqua è
rovina per gli empi ma salvezza per i giusti.
Anche per gli islamici l’acqua è fonte preziosa di vita nonché elemento purificatorio,
doveroso è per loro compiere le dovute abluzioni prima di ogni rito e per questo una fontana
è collocata al centro di ogni moschea. Nell’induismo sacre sono le acque del fiume Gange meta
di pellegrinaggio e in cui una volta all’anno è necessario immergersi per compiere la purificazione; nel buddhismo il fiore di Loto nasce dalle acque di uno stagno; nelle cerimonie liturgiche
cristiane è usata per la benedizione di luoghi, oggetti e persone, altresì nel battesimo, parola
che deriva per l’appunto dal greco “baptismos”, “immergere” rito con cui il battezzato viene immerso nell’acqua e purificato affinché riconosca la figura del Cristo come il Salvatore. “Perciò
andate, fate che tutti diventino miei discepoli, battezzateli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito
Santo” (Mt 28,19). L’acqua predomina sugli elementi terrestri,“spegne il fuoco, inghiotte la terra e
si eleva nell’aria”dice Plinio l’antico scrittore naturalista romano; nella tradizione taoista è simbolo di saggezza poiché ha la capacità di impregnarsi, assimilare e di memorizzare gli influssi
che incontra nel suo ciclo di ascesa e discesa tra cielo e suolo. Altra qualità che la caratterizza
è la capacità di mutare il proprio stato, da solida a liquida, da liquida a gassosa adattandosi a
tutte le forme, in un rinnovamento e mutamento continuo pur mantenendo la medesima essenza. L’acqua rappresenta anche il principio femminile, la ricettività, nonché l’energia psichica
e l’inconscio, ponte tra Spirito e materia.
“ ...Le sue vesti si sparsero larghe e, come una sirena,
la sostennero alquanto. Ed ella veniva cantando
frammenti di vecchie arie, come colei che fosse
inconsapevole della sua propria sventura,
o come una creatura che avesse avuta origine
in quell’elemento e che quasi vi si sentisse adattata
e disposta dalla natura...”
[“Amleto”, la morte di Ofelia-Shakespeare]
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Zolfo, Sale e Mercurio (gallo)
Passiamo ora ad altri tre importanti elementi posti nel gabinetto di riflessione: Zolfo,
Sale e Mercurio, tre principi di cui ogni corpo è composto nonché basi dell’opera alchemica
di trasmutazione spirituale, l’uomo stesso è in questo caso il laboratorio in cui si svolgono le
operazioni, ossia il forno, l’atanor, rispecchiato nell’intero gabinetto di riflessione, luogo in
cui dovrà avvenire la morte della personalità profana.
Lo zolfo (aria+fuoco) rappresenta il principio maschile, igneo, attivo, colui che feconda, lo Spirito, il cui simbolo, un triangolo rivolto verso l’alto sopra una croce, rappresenta
quindi il fuoco celeste sovrastante i quattro elementi terrestri ripartiti nei quattro bracci. La
forza ignea dello zolfo è quindi l’energia vitale, il principio animatore, il fuoco spirituale designato dagli alchimisti come materia prima, l’elemento per eccellenza, incorruttibile, che vivifica ogni cosa, purifica e brucia, corrode e consuma, illumina e riscalda, alimenta e distrugge,
avente quindi una doppia funzione, l’una benefica e l’altra malefica; zolfo e fuoco per l’appunto sono elementi che ritroviamo nei testi biblici (e non solo) associati anche all’inferno e
alla punizione, come ad esempio è descritto nella distruzione di Sodoma e Gomorra. “Allora
il SIGNORE fece piovere dal cielo su Sodoma e Gomorra zolfo e fuoco” [Genesi 19:2], o ancora nei
Salmi “Egli farà piovere sull’empio carboni accesi; zolfo e vento infocato sarà il contenuto del loro
calice”[Salmi 11:6] e ancora nell’Apocalisse “Ma per i codardi, gl’increduli, gli abominevoli, gli
omicidi, i fornicatori, gli stregoni, gli idolatri e tutti i bugiardi, la loro parte sarà nello stagno ardente
di fuoco e di zolfo, che è la morte seconda” [Apocalisse 21:8]; tuttavia il fuoco celeste, essendo
un’energia di puro Amore e Verità originata dal Creatore, non varia quindi nelle sue qualità
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ma viene bensì alterata dalla percezione individuale delle stesse dovuta a vari fattori, quali
ad esempio lo stato interiore e la discordanza dell’individuo con essa e in tal caso avvertita
come male, dolore, o collera.
“Vi è un calore anche all’inferno, ma è immondo. Il calore del cielo è fuoco sacro e celeste,
quello dell’inferno è fuoco profano e infernale; entrambi i fuochi rappresentano l’amore, l’amore celeste, l’amore per il Signore, per il prossimo e per tutto ciò che rientra in questo tipo di amore. Il fuoco
infernale è invece l’amore per se stessi e l’amore del mondo, e ogni concupiscenza che procede da
questi amori”. [Emanuel Swedenborg, “Cielo e inferno”]
Nel gabinetto di riflessione lo zolfo indica quindi l’azione purificatrice che il bussante
dovrà compiere su se stesso per poter uscire dal buio dell’ignoranza, non a caso egli verrà poi
bendato proprio per sottolinearne la condizione che rimarrà tale fino a quando sarà dominato
da materia e istinti.
Il sale (fuoco+terra) definito da Paracelso come “qualità del corporeo”, ciò che sposa il
principio maschile dello zolfo a quello mercuriale femminile, che li unisce,“questo legame, chiamato sale, è effetto della loro unione e reciproco amore ed è un corpo spirituale che ce li nasconde avvolgendoli nel suo seno come se di tre non facessero che una sola e stessa cosa” afferma l’alchimista
Esprit Gobineau de Montluisant. Il sale è la cristallizzazione delle acque primordiali nell’unione tra cielo e terra.“Questa Acqua, che può essere coagulata, e che genera tutte le cose, diventa
una terra pura che, per un forte legame, possiede le virtù dei Cieli più alti rinchiuse in sé; e proprio
perché questa stessa terra è unita e congiunta al Cielo, le dò il bel nome di Cielo Terrestre” [Vinceslao
Lavinius di Moravia - “Trattato del Cielo Terrestre”]
Il simbolo alchemico del sale è un cerchio diviso in due parti dal diametro che rappresenta appunto la separazione che Dio ha dovuto compiere per dar vita alla creazione.
“Voi siete il sale della terra; ma se il sale diventa insipido, con che cosa gli si renderà il sapore?
A null’altro serve che ad essere gettato via e ad essere calpestato dagli uomini” disse Gesù ai suoi
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discepoli [Matteo 5:13] riferendosi a loro come portatori dell’evangelo e paragonandoli al sale
e alla sua qualità di conservazione, come custodi e divulgatori degli insegnamenti del Cristo.
Il mercurio (acqua+aria) rappresenta il principio femminile, elemento adattabile, contenibile nelle forme, fluido, che trasmuta con facilità, il tramite tra Spirito e materia, non a
caso nella mitologia il Dio greco Ermes Mercurio è il messaggero degli Dei data la sua rapida
capacità di spostamento, quindi funge da psicopompo, mediatore dei messaggi tra il conscio
e l’inconscio. Nel gabinetto di riflessione è rappresentato nella figura di un gallo, emblema
solare e annunciatore di luce riferita in questo caso a quella che si appresta a ricevere il recipendiaro attraverso l’iniziazione. Il canto del gallo è quindi sinonimo del risveglio, dell’approssimarsi di una nuova alba, la fine della tenebra notturna inizio di un nuovo giorno;
animale portatore di Luce e guardiano, simbolo quindi di veglia come suggerisce la scritta
della banderuola su cui è posto nel gabinetto di riflessione“vigilanza e perseveranza”decantante
le basi del lavoro di nigredo, azione e osservazione di se stessi, dei propri gesti delle proprie
emozioni, lavoro duro ma necessario, scritto e suggerito dai simboli che attorniano il recipendiario nel gabinetto di riflessione e che culminano nella scritta V.I.T.R.I.O.L., acronimo che
condensa e sintetizza l’intera Opera.
V.I.T.R.I.O.L.
L’acronimo V.I.T.R.I.O.L. sta per “Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum
Lapidem” (Visita l’interno della terra e rettificando troverai la pietra nascosta). La scritta a
grandi lettere campeggia nell’ambiente e sovrasta gli altri simboli quasi a voler imporre la sua
supremazia, composta di poche parole sintetizzanti il percorso che il bussante dovrà affrontare
è quindi fonte e culmine del profondo insegnamento che porta in seno. “Visita l’interno della
terra”, chiaro è il riferimento alla discesa negli inferi come allegoria di morte e resurrezione
argomento che ritroviamo sovente nella letteratura, nella mitologia e nei testi sacri.
Il significato simbolico della catabasi in tali scritture è un
vero e proprio insegnamento morale e di vita, celato ai
profani e comprensibile solo agli iniziati e che sollecita
alla discesa nei punti più reconditi e oscuri del nostro inconscio, correggere i vizi e potenziare le
virtù. «O voi ch’avete l’intelletti sani / Mirate la
dottrina che s’asconde / Sotto il velame delli versi
strani!» [Inf. IX, 61-63, Divina Commedia,
Dante Alighieri]. L’elemento terra, a cui è associato il corpo materiale dell’uomo e il
mondo degli inferi, è quindi il primo su cui
l’individuo dovrà lavorare per ottenere una
vera e propria morte della personalità profana.
L’azione suggerita dall’acronimo, quella
di visitare, va intesa in modo ampio e completo
ossia come profondo studio e sperimentazione continua, esaminando con obbiettività azioni, reazioni e
stati emotivi, nonché la situazione che ci attornia per sco-
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prirne la recondita scaturigine. L’azione visitare indica una vera e propria ricerca, uno studio
che non si deve limitare all’osservazione ma va comprovato, compenetrato, agito. L’evoluzione
interiore è quindi un processo dinamico, mosso da continua forza di Volontà, una scossa all’apatica staticità del ristagno in se stessi, una necessaria trasformazione, un ampliamento di
coscienza e presenza che ci permetteranno di riconoscere, comprendere ed evadere dalle prigioni che noi stessi abbiamo creato. La coesistenza nell’uomo di Spirito e materia lo sottopone
inevitabilmente a subire il gioco di entrambe le forze che, opposte tra loro, divengono causa
dei conflitti interiori e lo costringono quindi a fare una scelta, quella tra il seguire l’uno o
l’altro istinto, decisione che di volta in volta potrà portarlo al perfezionamento, Rectificando,
o a perpetuare nella caduta. Importante è comprendere che il rettificare necessita di un esperienza viva, vissuta, sentita, sia di gioia che di dolore, che andrà poi valutata e compresa da
un punto di vista diametralmente diverso a quello precedente l’iniziazione. Correggendo noi
stessi e affrontando uno per uno i difetti latenti potrà avvenire la vera e propria purificazione,
necessaria affinchè l’uomo possa riscoprire le potenzialità perdute, l’Occultum Lapidem, il suo
Essere Divino, la pietra nascosta che da sempre giace dentro di lui.
Il processo di rettificazione è un lavoro duro, lungo, faticoso ma altresì necessario, innanzitutto per saggiare la vera Volontà del bussante e in secondo luogo perché, se non si abbandona la propria individualità, impossibile sarà per noi il disvelarsi dei mondi Spirituali.
“In verità ti dico che se uno non nasce di nuovo, non può vedere il Regno di DIO” [Giovanni 3:3]
Il processo a cui fa riferimento l’acronimo è quindi il compimento dell’intera Opera di
rigenerazione attraverso l’armonizzazione dell’uomo alle forze Spirituali che regolano la Natura
mediante le stesse, operanti in lui come microcosmo e riflesse nel macrocosmo, contro le quali
non bisogna lottare, bensì imparare a direzionarle, trasformando le energie negative in positive,
con un vero e proprio atto di trasmutazione, fulcro e culmine dell’alchimia spirituale.
“Io ritornai da la santissima onda
rifatto sì come piante novelle
rinnovellate di novella fronda,
puro e disposto a salire alle stelle”
[Purgatorio, Canto XXXIII-Divina Commedia] n
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Maathor, “Il Barone Thèodore De Tschoudy”, ritratto ideale