Diagnosi e trattamento della sindrome dell`egresso toracico

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Diagnosi e trattamento della sindrome dell`egresso toracico
EUR MED PHYS 2008;44(Suppl. 1 to No. 3)
Diagnosi e trattamento della sindrome dell’egresso toracico:
nostra esperienza con protocolli personalizzati
S. MICHELINI, G. MONETA, M. CARDONE, V. ZINICOLA, L. MICHELOTTI, V. RUBEGHI
Introduzione
Ospedale San Giovanni Battista ACISMOM, Roma
La sindrome dell’egresso toracico interessa tutte le fasce di età
pur incidendo prevalentemente su una popolazione giovane, in età
lavorativa, condizionando spesso le AVQ1,2. Uno dei problemi che si
pone in presenza del quadro clinico è rappresentato dalla diagnosi
differenziale con altre patologie che possono evidenziare sintomi
analoghi: la radicolopatia cervicale, la sindrome del tunnel carpale,
le periartriti di spalla, le miositi, la s. di Guyon ed altre nevriti periferiche; in tutti i casi la sintomatologia parestesia e disestesica sono
peculiari per ogni patologia e facilmente differenziabili dal punto di
vista clinico3,4. Esiste, tuttavia, una serie di esami clinici e strumentali
che consente di inquadrare in maniera definita la diagnosi e, addirittura, individuare il ‘restringimento anatomico’ maggiormente responsabile del disturbo (superiore: spazio interscalenico; medio: pinza
costo-clavicolare; inferiore: inserzione del piccolo pettorale al processo coracoideo della scapola). Tra le manovre cliniche è indispensabile l’esecuzione di :
– manovra di Adson (positiva in caso di coinvolgimento di arteria
succlavia e plesso brachiale tra i ventri dei muscoli scaleno anteriore e scaleno medio);
– manovra di Govan Velinski (positiva in caso di coinvolgimento
dell’intero fascio vascolo-nervoso dell’arto superiore nella pinza
costo-clavicolare);
– manovra di Wright (positiva nel caso di coinvolgimento del fascio
vascolo-nervoso nel suo transito più caudale, al di sotto dell’inserzione del tendine del muscolo piccolo pettorale al processo
coracoideo della scapola);
– manovra di Tacariello (positiva in caso di coinvolgimento del
fascio vascolo-nervoso, ma generica) (Fig. 1);
– stress-test di Ross (positiva in caso di coinvolgimento del fascio
vascolo-nervoso, ma generica) (Fig. 2)5-7,13.
Le prime tre manovre possono essere eseguite durante lo svolgimento dell’esame ecocolordoppler condotto per lo studio dinamico
del flusso ematico nei vasi che costituiscono il ‘fascio vascolo-nervoso’ dell’arto superiore.
Nei casi complessi, in cui esiste già un dato anamnestico di complicanza flebitica ascellare (da sforzo) è utile ampliare le indagini
diagnostiche all’arteriografia ed alla flebografia dinamica (Fig. 3)8,9.
Materiali e metodi
In uno studio condotto su 94 soggetti (42 maschi e 52 femmine
di età compresa tra 14 e 59 anni) è stato praticato un protocollo fisico riabilitativo personalizzato in funzione della costituzione fisica del
soggetto e della propria anamnesi personale (9 soggetti avevano già
Vol. 44 - Suppl. 1 to No. 3
presentato un episodio acuto di flebotrombosi ascellare, in 3 casi
bilaterale). Il protocollo fisico comprendeva :
– ginnastica respiratoria costale alta;
– stretching degli occlusori;
– pompage articolare;
– tonificazione muscolare degli elevatori;
– massaggio connettivale per arto superiore (soprattutto nei soggetti con s. acroasfittica associata);
– esercizi pendolari dell’arto superiore contro gravità;
– esercizi propiocettivi.
Il protocollo comprendeva, a seconda della costituzione fisica del
soggetto (donna astenia con spalle basse, sportivo muscolarizzato
etc.) e della positività delle manovre, alcuni dei trattamenti elencati e
si componeva di almeno quindici sedute al termine delle quali venivano ripraticati i test clinico-funzionali per verificare:
– le modifiche nei tempi di comparsa della sintomatologia dolorosa
e parestesia;
– l’angolo di riduzione o scomparsa del polso arterioso;
– l’angolo di comparsa di stasi;
– in alcuni casi la totale scomparsa della sintomatologia.
Risultati
I pazienti sono stati studiati al termine del trattamento ed in follow up a sei e dodici mesi.
Al termine del trattamento è stato evidenziato:
– incremento medio del tempo di latenza nello stress-test di Ross
del 180%;
– incremento medio del tempo di latenza nella manovra di Tacariello del 165%;
– ampliamento medio dell’angolo nella manovra di Govan Velinski
del 32%;
– negativizzazione della manovra di Adson in11 casi su 15 (62%);
– negativizzazione della manovra di Wright in 9 casi su 12 (67%).
Conclusioni
Lo studio conferma che nella sindrome dell’egresso toracico il
trattamento fisico riabilitativo deve essere necessariamente personalizzato e non può prescindere da una opportuna e globale valutazione anamnestico-anatomo-funzionale per il conseguimento dei
migliori e più duraturi risultati clinici. Il trattamento fisico riabilitativo
personalizzato con apposito progetto si rivela il più efficace stru-
EUROPA MEDICOPHYSICA
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MICHELINI
DIAGNOSI E TRATTAMENTO DELLA SINDROME DELL’EGRESSO TORACICO: NOSTRA ESPERIENZA CON PROTOCOLLI PERSONALIZZATI
Figura 1. – Stretto superiore.
Figura 2. – Stretti intermedio ed inferiore.
Figura 3(a,b). – Flebografia dinamica della vena ascellare.
mento terapeutico; la farmacologia, infatti, trova scarsissimo impiego
in tali sindromi limitatamente al trattamento sintomatico di alcuni
disturbi o delle complicanze indotte dalle stesse (prima fra tutte la
flebotrombosi ascellare. Il trattamento chirurgico (per lo più le resezione della prima costa, secondo Ross)10-12, spesso non risolve e
richiede ulteriore trattamento fisico (6 casi nella nostra esperienza)
per un quadro clinico fondamentalmente immutato.
Il soggetto, secondo l’esperienza degli autori, deve,successivamente al periodo di training, osservare norme igienico-comportamentali e sottoporsi a controlli periodici di follow-up.
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October 2008