«Il riscaldamento globale dipende dall`effetto serra»
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«Il riscaldamento globale dipende dall`effetto serra»
31 L’ECO DI BERGAMO LUNEDÌ 6 OTTOBRE 2014 Cultura C’era una volta Twitter Il cambiamento climatico è reale. E più a lungo aspettiamo, più difficile sarà risolvere il problema [email protected] JOHN KERRY www.ecodibergamo.it ma Il cli bia cam che Lo scioglimento dell’Argentière mostrato da Dominique Raynaud ieri a BergamoScienza: la foto di sinistra – BIBLIOTHEQUE NATIONALE – è del 1860, quella di destra – C. VINCENT (LGGE) – del 2009. Il ritiro del ghiacciaio è di 1,8 km «Il riscaldamento globale dipende dall’effetto serra» Carlo Barbante: gli scienziati si sono pronunciati Ora la politica investa sulle energie rinnovabili Lo scioglimento dei ghiacci minaccia interi popoli DIEGO COLOMBO l riscaldamento globale è un fatto, non è un’opinione. Non significa banalmente che può esserci un clima più caldo e piovere meno. Anzi, può succedere, così come abbiamo visto quest’estate nel Nord Italia, l’esatto contrario. Si sono registrate piogge da record, nella Bergamasca come non si verificavano da quarant’anni a questa parte, pur essendo stata nel mondo l’ultima estate la più calda dal 1880 secondo i dati dira- I mati dall’ente meteorologico Usa. Perché, anche se qua e là di tanto in tanto c’è più fresco invece che più caldo, questo può essere la conseguenza di un sistema climatico che sta riconfigurandosi, un po’ come il brivido che si avverte durante la febbre. Carlo Barbante è chimico e paleoclimatologo dell’Istituto per le dinamiche dei processi ambientali del Cnr e professore dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. Gli abbiamo domandato come ci si può preparare a vivere in condizioni climatiche diverse da quelle a cui siamo abituati. «Occorre adattarsi al riscaldamento globale, prepararsi ad affrontare piogge torrenziali e ondate di freddo, così come periodi di caldo eccezionale. Soprattutto, però, è indifferibile contrastare le cause del fenomeno, cioè le emissioni di gas serra. È oramai provato che il riscaldamento in atto sia causato dalle emissioni di gas serra di origine umana». L’agricoltura come si adatterà al nuovo clima? Cambieranno le colture? «La nostra è una penisola che è ha un gradiente termico, cioè il valore con cui cambia la temperatura dell’aria al variare della quota, molto alto. Già ora nel Trentino-Alto Adige i viticoltori stanno aumentando l’altitudine delle vigne, le impiantano in posizioni più elevate per ritrovare il clima che fino a poco tempo fa era abituale a quote più basse. Anche la fauna sta cambiando: capita di vedere nel Nord Italia i gechi, che prima si incontravano soltanto dalla Toscana in giù». Il cambiamento climatico porterà nuove malattie? «È possibile che si diffondano nuovi virus e batteri. Così come già si vedono nel Mediterraneo le specie dei mari più caldi». Che cosa affiora dai ghiacciai che si sciolgono ovunque nel mondo a vista d’occhio? «Ora abbiamo gli strumenti per scoprire i batteri che vivono in condizioni estreme e siamo in grado di studiarli nei minimi dettagli: affiorano perché si scioglie la neve accumulata nei decenni e li rinveniamo nel ghiaccio che si fonde assieme a sostanze inquinanti che si sono Raynaud: così l’impennata delle temperature in 40 anni Una diapositiva mostra che cosa succederebbe alle zone costiere dell’Adriatico settentrionale se il livello del mare, alla fine di questo secolo, dovesse innalzarsi di un metro: l’acqua coprirebbe l’Alto Adriatico, da Ravenna a Venezia. Un’altra immagine documenta l’arretramento dei ghiacci dell’Artico, nel periodo 1979-2005: un ottimista a oltranza potrebbe rallegrarsi del fatto che presto, a nord della Siberia, vi sarà una nuova rotta perfettamente navigabile fi- no all’Oceano Pacifico. La conferenza di BergamoScienza tenuta ieri mattina al Teatro Sociale da Dominique Raynaud e Clara Mangili aveva per titolo «Ricostruire il clima del passato», ma il discorso dei due relatori si protendeva nel futuro: lo studio dell’andamento delle temperature e della presenza di anidride carbonica nell’atmosfera conferma che è in corso un «riscaldamento globale» e induce a pensare, anzi, che il processo potrebbe accelerare, se non si correrà ai ripari. La Mangili, ricercatrice nel campo della paleoclimatologia, si è soffermata sui diversi metodi d’indagine di cui si avvale questa disciplina: «Lo studio dei pollini fossili, da cui io ero partita, fornisce delle indicazioni – ha spiegato –, ma vi sono anche altri “archivi” a cui attingere. Per esempio, si possono esaminare i sedimenti lacustri, o effettuare carotaggi negli strati più Dominique Raynaud COLLEONI Carlo Barbante del Cnr Più rischi in India e Bangladesh. Possibile diffusione di nuovi virus e batteri accumulate nella coltre nevosa per anni. Non solo: nelle zone montane delle trincee della prima guerra mondiale lo sciogliersi della massa ghiacciata sta lasciando riemergere vettovagliamenti e munizioni di quegli anni». Ma sorge anche la possibilità di vivere in ambienti finora inospitali? Ci trasferiremo in Groenlandia e in Antartide? «Il problema più urgente è che – per effetto dello scioglimento dei ghiacciai – un’area dove vivono centinaia di milioni di persone come quella dell’India e del Bangladesh ai piedi dell’Hima- profondi delle barriere coralline e dei fondali oceanici. Pure l’osservazione dei fossili di foraminiferi risulta significativa, perché la struttura dei gusci di questi protozoi marini risente delle variazioni ambientali». Raynaud, dell’Université Pierre-Mendès-France di Grenoble, è anche membro dell’Ipcc, il «gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico» costituito nel 1988 dall’Onu per studiare il riscaldamento globale: «L’esame dei ghiacci dell’Antartide – ha detto – è importantissimo dal punto di vista paleoclimatologico, soprattutto per via delle piccole bolle d’aria che sono rimaste imprigionate in essi milioni di anni fa. Siamo così arrivati a stabilire che, nelle epoche passate, a elevate concentra- laya rischia di veder diminuire drasticamente l’acqua, la risorsa indispensabile per la vita. Questo può accadere anche a sud e a nord delle Alpi, ma con effetti meno dirompenti, perché in Europa dipendiamo meno che in quell’area asiatica dalle acque dei ghiacciai». Che cosa deve succedere perché le istituzioni internazionali e i governi si decidano ad adottare politiche efficaci per contrastare il riscaldamento globale? «Gli scienziati sono già arrivati alle loro conclusioni: il riscaldamento globale dipende dall’effetto serra. Ora la politica deve capire da un lato che è indifferibile investire sulle energie rinnovabili per ridurre le emissioni di gas serra, dall’altro che il problema è globale». Intanto quali abitudini di vita possiamo cambiare noi cittadini? «Innanzitutto usufruire più dei mezzi pubblici e delle biciclette che dell’auto privata. Quindi isolare meglio le nostre case. Poi installare i pannelli solari. Occorre investire sulle energie alternative, così come, per esempio, è già avvenuto in Spagna, dove in poco tempo sono stati costruiti centinaia di nuovi generatori eolici». 1 ©RIPRODUZIONE RISERVATA zioni di anidride carbonica e di metano nell’atmosfera si accompagnavano temperature medie più alte». Nel corso degli ultimi quarant’anni, però, tutti questi valori si sono impennati: «In base a molti riscontri – ha affermato lo studioso francese –, possiamo ritenere che il riscaldamento globale sia legato ai gas prodotti dall’uomo». Quali i possibili rimedi? «Da cittadino, prima ancora che da scienziato – ha risposto Raynaud –, chiederei a tutti i governi di privilegiare l’impiego di energie rinnovabili. Nel frattempo, anche isolando termicamente gli edifici e incentivando il trasporto pubblico si contribuirebbe a ridurre le emissioni provocate dall’uso di combustibili fossili». 1 Giulio Brotti