leggi il diario di dino

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4 agosto, Croazia. Autostrada Zagabria Belgrado. Ore 15. Le code nei dintorni di Lubiana sono finite. Guido da 15 minuti con
GPS fisso a 130 km/h (il contakm segna molto di più) e sono rimaste solo 5 moto dietro di me (le altre 26 sono partite due ore prima).
Non c’è quasi nessuno per strada. E’ molto caldo, 36 gradi. Mi avvicino velocemente ad un vecchio autobus (lui va molto più piano).
All’improvviso è tutto un agitarsi di piccole mani e di sorrisi che si accalcano sul vetro posteriore. I bambini salutano sempre i
motociclisti e i motociclisti salutano sempre i bambini. Mentre saluto lo supero in pochi secondi e un brivido mi rizza tutti i peli del
corpo. Quella sensazione mi dura diversi chilometri. Mi fanno sempre quell’effetto i saluti dei bambini quando sono in moto. Quei
bambini non sanno da dove veniamo e non sanno dove stiamo andando, ma riconoscono le nostre anime determinate di viaggiatori
curiosi di vedere il mondo in prima persona, conquistandolo km dopo km in modo che rimanga per sempre impresso nei loro ricordi. I
bambini mentre salutano si immaginano che faranno come noi quando saranno grandi. Ma solo quelli che da grandi rimarranno
bambini poi lo faranno davvero. Tutti gli altri avranno perso qualcosa.
L'arrivo in hotel a Slavonski Brod è stato alle 18 nonostante la partenza dopo mezzogiorno. Percorsi 430 km in meno di 6 ore
nonostante i primi 100 km di traffico molto lento.
5 agosto, Frontiera Croazia-Serbia, ore 9.30. C’è una coda di quasi un chilometro. Ho superato quasi tutte le auto, lasciandone
cinque davanti a me. E’ una regola che ho imparato con gli anni..Se quando superi la coda in moto passi davanti anche le prime della
fila, quegli automobilisti si arrabbiano e poi ci viene fuori un casino. Da un auto rossa targata Milano, che è rimasta appena dietro di
me, sento una voce : “Dove andate ?” “In Turchia, e voi ?” “Noi a casa, in Romania, a Drobeta Turnu Severin”. Guardo la giovane
coppia che ha dovuto imparare l’italiano per potersi permettere un futuro migliore e gli rispondo, a sorpresa, nella mia seconda lingua
che poi è la loro:”DRUM BUN” (Buon viaggio). I loro sguardi si illuminano di gioia, non potevo fargli un omaggio migliore. Quando è il
mio turno per il controllo dei documenti, il poliziotto è infastidito dalla custodia del passaporto che non gli consente, senza estrarlo, la
lettura magnetica. Gli esce tra i denti la parola “italiano…” pronunciata con un disprezzo molto evidente. Poi all’improvviso cambia
espressione. Dicendomi “Serbia, Serbia” mi indica tutto contento la bandierina del suo paese cucita tra le altre sulla mia giacca. Cerca
nel mio passaporto una pagina già impegnata e mette li il suo timbro, senza nemmeno bisogno che io glielo chieda. Un poliziotto di
frontiera sa quanto sono preziose le pagine libere sul passaporto per i viaggiatori che poi devono chiedere dei visti, e sa quindi come
farmi contento. . I cittadini dei paesi dell’est sono molto orgogliosi, ma hanno anche un leggero complesso di inferiorità nei confronti
di “noi occidentali". Gli fa piacere ogni tanto trovare chi porta con se qualcosa di loro, che sia la loro lingua o la loro bandiera è
uguale,
Alla frontiera Serbo-Bulgara pochissima coda. Arriviamo a Sofia che sono appena le quattro del pomeriggio (ore cinque locali) dopo
circa 600 km dal mattino. Domani entreremo in Turchia.
6 agosto, Sofia (BG) , ore 9. Il traffico è lento ed ordinato. L’asfalto pessimo (e sarà così anche per tutta l’autostrada bulgara).Sui
palazzi enormi pubblicità di sigarette. Donne in giro vestite come dovessero andare ad una sfilata di moda (ma stanno andando invece
al lavoro). I cartelli sono in cirillico (ma anche in caratteri latini).
6 agosto, Edirne (TR) , ore 17. Ci sono quasi 40 gradi. Una moto ha un problema serio per via di bulloni lasciati lenti da di chi l’ha
verificata prima di partire. Risolviamo con gli attrezzi e la minuteria che abbiamo sul furgone.
7 agosto, ore 10… Dopo duecento km veramente tranquilli di autostrada , arrivare ad Istanbul è come discendere all’inferno. Gli
automobilisti guidano come pazzi, è tutta una corsa a chi arriva primo a fermarsi in coda poco più avanti, con sorpassi a destra e
sinistra senza pudore. Io guido veloce tutto sulla sinistra obbligando i pazzi che vogliono comunque superarmi a farlo sulla destra,
almeno controllo da una parte sola. Il passaggio di quei 40 km di autostrada richiede due ore. Passiamo sul ponte sospeso sul
Bosforo e siamo in ASIA.
7 agosto, ore 13. Dopo altri 100 km di autostrada un po’ trafficata, alla fine di un lunghissimo tunnel in salita, usciamo in quello che
sembra un altro mondo: fa fresco, non c’è più quasi nessuno viaggiamo costanti a 130 km/h. I turchi che superiamo ci salutano,
anche perché ho indossato il gilet rosso con la loro bandiera gigante ricamata sulla schiena. Così in altre 2 ore siamo ad Ankara, dopo
700 km dal mattino. Per raggiungere l’hotel alle 17 impieghiamo comunque un’ora nel traffico.
Ankara, 8 agosto, ore 10. Guardando in basso dalla fortezza alla cittadella gli occhi si riempiono dei tetti di piccole case fatiscenti.
In realtà chiamarle case è eccessivo, sono poco più che baracche, abbarbicate ai fianchi della collina. Discariche di rifiuti sono
mescolate ai sentieri di terra che sostituiscono le strade che non ci sono. E’ una situazione a scadenza: poco lontano hanno già
“ripulito” e costruito al loro posto moderni condomini colorati, troppo vicini uno all’altro per i miei gusti. Qualche albero è stato
piantato tra loro.
I turchi stanno migliorando la loro terra a ritmi sconcertanti. Dove fino a 3 anni fa c’era una semplice strada statale trafficata
pericolosa, troviamo due corsie per senso di marcia con pure la corsia di emergenza, gratis. In poco più di 3 ore percorriamo i 200 km
che ci separano da Bogazkale, dove arriviamo alle 16. Questa cittadina “vive” grazie ai sassi che sono rimasti dove sono stati posati
oltre 4.000 anni fa allo scopo di costruire le abitazioni e le mura difensive della antica capitale del regno Ittita, Hattusas, oggi protetti
dall’Unesco.
Domani arriveremo in Cappadocia dopo essere passati dal Lago Salato. Qui resteremo 3 notti.
9 agosto, ore 10, le colline dell’Anatolia in agosto hanno il colore del frumento appena trebbiato e l’odore del bestiame al pascolo
che talvolta attraversa la strada. Qua e la boschetti di alberi bassi verdissimi. Pochi paesi, piccoli, con case altrettanto piccole, le più
povere di soli mattoni crudi e senza vetri alle finestre. Dove il terreno è nudo mostra le sue tinte scure. Penso che sia molto fertile.
L’asfalto è ruvido, la strada sale e scende, curve veloci, occorre attenzione, ci sono tanti sassolini ai bordi ed è meglio non metterci le
ruote sopra.
Ore 12, la grande distesa scintillante di bianco del lago salato appare improvvisamente davanti a noi. Sappiamo come arrivarci
nel mezzo, e infatti anche questa volta siamo accolti con tanto affetto dagli amici che lavorano alle saline, che per noi fanno sempre
una eccezione alle loro rigide regole. Camminare con la moto sulla crosta salata è una emozione che pochi hanno provato.
L’apparenza traslucida mette il timore di scivolare, ma in realtà l’aderenza delle ruote è fortissima. Fatico a far stare tutte le moto
dentro l’inquadratura, siamo veramente tanti, nonostante due soci non siano voluti venire, avevano forse paura di rovinare la moto
con il sale. Dentro di me penso che la moto dovrebbe essere il nostro strumento per godere del presente e creare ricordi che
renderanno il nostro futuro più bello, ma se ci mettiamo noi al servizio suo……….. non va bene…
Ore 16, è almeno la sesta volta che vengo qui in Cappadocia, ma anche questa volta non riesco a rimanere indifferente
quando inizio la discesa che passa sotto al castello di Uchisar. Procedo verso Goreme, che dista ormai pochi km, e rallento più che
posso mentre mi vengono incontro queste opere d’arte della natura che rendono questo posto unico al mondo e veramente magico.
Vorrei infatti che questo momento durasse il più a lungo possibile. Domani ci aspetta un volo in mongolfiera sopra tutto questo
incanto.
Goreme 10 agosto, ore 5 del mattino. Ci troviamo nella sede della agenzia tra centinaia di persone che hanno speso ciascuna 150
euro per un volo di un ora in mongolfiera. La conversazione è fissa su quanto denaro faccia girare il turismo in Cappadocia. Poi ci
portano in una grande radura dove altre decine di mongolfiere sgonfie pian piano prendono forma. Noi saliamo in 24 dentro al grande
cesto appeso sotto ad un grande pallone con la bandiera turca. Dopo pochi preamboli in inglese (che quasi nessuno capisce) il pilota,
che ha una faccia assolutamente russa (anche se lui dichiara di essere turco) con lunghe fiammate riscalda l’aria all’interno del
pallone, fino a quel momento poco più che tiepido. Decolliamo. Il sole appare dietro alla collina di fronte, ancora rosso per l’alba.
L’aria è carica di umidità. Dopo pochi minuti, le mongolfiere in aria che riusciamo a contare sono circa 100. Nel 2004, quando io feci
per la prima volta questa esperienza, le mongolfiere erano 5. La mente torna rapidamente al calcolo del business. Cento mongolfiere
con 24 persone a bordo fanno 2.400 persone contemporaneamente in volo, che hanno speso tutte assieme 360 mila euro. In 100
giorni così voleranno 240.000 persone per un totale di 36 milioni di euro. Ma il bello è che ciascuna di quelle 240.000 persone sarà
strafelice di aver speso quei soldi, come lo sono io in quel momento e come lo sono gli altri 32 soci che hanno deciso di provare
questa avventura. Il panorama è indescrivibile a parole, l’abilità del pilota è assoluta. Scendiamo spesso fin quasi a sfiorare il terreno,
poi saliamo rapidamente come può fare un palloncino scappato dalle mani di un bambino, quindi di nuovo giù, lentamente e nel
silenzio. Stupendo.
Ore 12, villaggio di Avanos. I venditori non hanno perso il vizio di chiedere cifre altissime al momento di mostrare il tappeto, per
poi accontentarsi anche di meno della metà di quanto richiesto al momento dell’effettiva vendita. Così facendo però spaventano in
partenza i potenziali acquirenti. Convinti del valore di quanto stanno vedendo da una ottima presentazione sul numero di nodi nel
tappeto, sul tempo necessario a realizzarlo, sulla qualità della seta e dei colori della lana, sarebbero anche interessati all’acquisto,
anche di tappeti costosi. Ma desistono in partenza dall’affrontare i venditori, che calano come falchi sulle prede nella stanza. Quei
pochi soci che si interessano all’acquisto riescono alla fine ad uscire dopo aver speso bene i loro soldi.
11 agosto, monti del Tauro, Turchia, ore 10. Ci sono giornate da ricordare per sempre che la vita ti regala quando meno te lo
aspetti. Partito molto presto al mattino, con me solo in alcuni del gruppo, la prospettiva era quella di passare una difficile giornata “di
lavoro” per controllare una escursione facoltativa da sempre segnalata tra quelle possibili per i soci di Motovacanze nei tre giorni di
permanenza qui a Goreme. Il parco nazionale delle sorgenti di Kapuzbasi, a circa 200 km di distanza da Goreme, l’avevo infatti
raggiunto personalmente la mia prima ed ultima volta nel luglio 2002 al termine di 40 km di una pista sterrata e pietrosa nella quale
era anche difficile capire la direzione giusta da tenere, con tratti di tracciato ai piedi di strette gole franose ed altri a metà versante
con precipizi da far paura. Le sorgenti di Kapuzbasi sono delle cascate impetuose che nascono a metà di una montagna altissima. Non
si capisce da dove arrivi tant’acqua. Per arrivarci questa volta ho trovato solo nuove strade asfaltate. A pochi km dalla meta mi trovo
rilassato con gli altri all’ombra di un tendone che sorseggio un te bollente. Il barista che ci ha fermato lo ha fatto con un urlo che mi è
arrivato alle spalle che sembrava inizialmente un rimprovero per qualcosa di sbagliato fatto da noi e che invece era solo un invito a
bere qualcosa. Dopo baci a tutti lui ha tirato fuori uno strumento a corde tradizionale molto simile ad una chitarra e si è messo a
cantare ed a raccontare storie in turco per noi. E lo fa veramente bene. 15 minuti indelebili.
Kapuzbasi ore 12. La Turchia sta veramente cambiando anche nei suoi angoli più sperduti. Sui fogli di giornale stesi sulla tavola del
“ristorante” e diventati in quel modo una pratica tovaglia c’è ancora una foto di Gheddafi. Non sono quindi giornali di ieri. Le trote
vengono tolte dai vasconi pieni d’acqua gelida del torrente e buttate nella polvere in terra prima di essere messe sulla griglia per noi.
Tutte le donne della famiglia del neo-imprenditore (che si è inventato una Pansyon-restaurant ai margini del torrente dopo aver
costruito un improvvisato ponte con ferro di recupero) sono al lavoro per pulire e preparare la verdura per la nostra insalata mista. Il
pane è una crosta di farina fatta cuocere su una semisfera bollente, peccato solo che sia già freddo quando ce lo portano. I biscotti
che avevamo comprato all’area di servizio convinti che (come successe a me nel 2002) in mezzo alle montagne non si trovasse nulla
da mangiare …… possono rimanere nella borsa.
Montagne del Tauro ore 14. Proviamo a percorrere la nuova strada asfaltata che prosegue oltre le cascate, incoraggiati anche dalle
risposte che gli abitanti danno alle nostre domande sulla sua direzione. Ma dopo 15 km in mezzo ad un paesaggio incantevole
terminiamo la nostra corsa nel centro di Ulpinar. Questo è un agglomerato di poche case coperte di lamiera a 1000 metri di altezza.
Una decina di persone si sta godendo il fresco chiacchierando. Ci guardano come marziani. La loro sentenza è inappellabile: la strada
finisce qui, attorno ci sono solo montagne alte oltre 3000 metri, dall’altra parte ci si va solo a piedi. . Il ritorno a Goreme deve avvenire
lungo la stessa via fatta all’andata. Mentre scendiamo sei mucche si godono il fresco a lato strada all’interno di buchi naturali nella
roccia grandi poco più di loro. A Goreme arriviamo alle 19 in tempo per un giro in moto di tutti i siti più belli e per vedere il sole
tramontare dal punto panoramico pieno di giapponesi.
12 agosto, ore 9, Kayseri, una città di circa un milione di abitanti. Lavori in corso ci costringono ad una deviazione. Attraversiamo
nuovi quartieri residenziali. Enormi condomini colorati nuovissimi, nel mezzo di parchi condominiali appena piantati. Danno l’idea di
una Turchia inaspettata e fresca. Quello che lascia di stucco però è la metropolitana di superficie: iper-tecnologica passa al centro dei
viali su binari immersi in un verdissimo prato all’inglese diligentemente rasato. E' delimitata da siepi rosse perfettamente squadrate.
Una roba così non l’ho mai vista nemmeno nelle città pulitissime del nord-Europa (questa città è ancora più pulita). Straordinario, fino
a qualche anno fa era una città di palazzi polverosi e strade caotiche.
12 agosto ore 15. Kharaman Maras. Siamo scesi di quota e come da programma è arrivato il caldo. Ci sono 40 gradi, ogni tanto
41. Le montagne che abbiamo lasciato dopo Pinarbasi mostravano tutti i colori della terra, dal bianco al rosso passando per il giallo
intenso. Ben distanziati l’uno dall’altro ovunque c’erano verdissimi alberi, prima conifere e poi latifoglie. Alberi non piantati così
dall'uomo, ma nati e cresciuti spontaneamente in quel modo. Mi viene da pensare a loro come a degli esseri intelligenti. E' quasi come
se ciascuno di questi crescendo avesse voluto rimanere vicino agli alberi a fianco solo quel tanto che bastava per ascoltare il mormorio
delle loro foglie nel vento e non sentirsi troppo solo, rimanendo comunque ben lontano dalla loro ombra
12 agosto ore 22. Nemrut Dagi. L’hotel è una deliziosa sorpresa: dall’anno scorso è stato fatto tutto nuovo. Tutti gli avvisi ai
viaggiatori negativi che venivano fatti al proposito non saranno quindi più da fare. Nel cielo va in onda lo spettacolo della via lattea
chiaramente visibile, e proprio nella notte delle stelle cadenti. Anche se domani dobbiamo alzarci tutti alle 4 per andare a vedere l’alba
dalla punta della montagna, nessuno del gruppo vorrebbe lasciare la fresca terrazza fuori dal ristorante dove da mezz’ora è a naso in
su con gli occhi puntati nel cielo. Io posso godere di questo spettacolo solo pochi minuti, il resto del tempo devo dedicarlo al direttore
dell’hotel per le ovvie formalità
13 agosto, Nemrut Dagi. Ore 5,30. E’ la quarta volta che mi trovo a quest’ora del mattino (o della notte, dipende dai punti di
vista: è ancora buio) qui a 2.150 metri ad aspettare di vedere salire il sole. Sono nella terrazza orientale della tomba voluta qui per se
stesso dall’imperatore Antioco I che ormai sono 2.200 anni che è già morto, la punta sbriciolata in piccoli sassi della montagna più alta
della zona. Tutto attorno a 360 gradi per almeno un centinaio di km, o comunque fin dove io riesco a vedere, c’è soprattutto un
deserto montuoso di rocce dove è possibile quasi solo far pascolare capre e pecore. Lo spettacolo questa volta è sicuramente il
migliore tra tutti quelli da me qui già visti: oggi non ci sono nuvole ad oscurare la salita del disco rosso, che esce pulito e bello nitido
mentre le nuvolette presenti nel cielo poco più in alto, illuminate dai raggi da dietro, si contornano d’oro…
13 agosto, ore10, Ingresso nella Turchia dell’est (Kurdistan per i nativi). Le moto hanno solo due ruote e ogni tanto questa
realtà è fonte di problemi. Ho appreso ieri sera che è successo un guaio abbastanza grave nel tour Samarcanda e due soci dovranno
ritornare a casa. Ma anche nel nostro gruppo si verifica una caduta, fortunatamente senza gravi conseguenze. La passeggera
comunque si decide che finirà la giornata in auto per riprendersi meglio.
13 agosto, ore 12. La strada tra Dyarbakir e la città di Tatvan che si trova sulla sponda occidentale del lago di Van è quasi
irriconoscibile da quando l’avevo vista l’ultima volta nel agosto 2007. Era una stretta strada sconnessa con ripidi saliscendi ed anche
diverse curve, dove superare uno dei tanti autotreni presenti richiedeva sempre tanto tempo, i turchi l’hanno fatta diventare almeno 4
volte più larga. Ora è a due corsie per senso di marcia più corsia di emergenza. I lavori non sono terminati del tutto. In tanti tratti si
circola ancora su una corsia sola, ma si viaggia comunque molto meglio di un tempo. L’asfalto non è ancora tirato liscio a perfezione e
la moto sobbalza un bel po’, ma pazienza. Questo miglioramento della strada non sembra però aver portato grossi benefici alla
sicurezza, i camionisti e gli autisti dei bus turchi vanno troppo veloci ed abusano dei propri veicoli, fino a perderne ogni tanto il
controllo. Proprio in questo tratto di strada e per la prima volta da quando siamo partiti passiamo a fianco di due incidenti spaventosi
appena successi. Entrambi hanno avuto conseguenze sicuramente mortali, dallo stato dei veicoli letteralmente schiacciati dagli
autotreni o dagli autobus coinvolti e probabilmente artefici del disastro. Nell’ultimo che vediamo sono ancora in corso i tentativi di
rianimazione del conducente sull’asfalto da parte dei primi automobilisti che si sono fermati….una visione da ghiacciare il sangue.
L’arrivo all’hotel avviene molto presto rispetto al normale, nonostante le nostre continue fermate per riprenderci dai colpi di sonno.
Stiamo accumulando tutti molta stanchezza, le alzate mattutine prima dell’alba e le serate in allegria per non farci mancare niente del
viaggio sono state ormai tante nei giorni scorsi.
14 agosto, lago di Van, ore 10. Per una volta ci sono insieme tutte le 31 moto, il gruppo è andato quasi al completo a visitare con la barca
l’isola di Akthamar dove è presente una chiesa che è il miglior esempio di architettura armena esistente. Io ne approfitto per fare un lungo bagno
nel lago. L’acqua è calda al punto giusto e salata, anche troppo (non consente la vita animale, e non ci sono pesci nel lago). Quando esco, visto
che non ci sono docce, compro nello spaccio un bottiglione di acqua minerale da 5 litri e me lo rovescio tutto addosso. Molto efficace.
14 agosto, Guzelsu, ore 12. La deviazione alla fortezza Curda è stata apprezzata da tutti. L’imponente ed antica costruzione ora è visitabile
anche all’interno. Non si paga il biglietto, si da solo la mancia a chi ha le chiavi del lucchetto. Poco più tardi, sulla strada attendo che arrivino le
moto per fare una foto del gruppo in movimento con lo sfondo della fortezza. Sono davanti ad una caserma di Jandarma, militari paragonabili ai
nostri carabinieri. Sento delle urla che vengono dal cancello, due militari mi fanno segno di andare da loro con la macchina fotografica. Penso a
possibili problemi per aver fatto foto in quel punto e mi preparo addirittura al sequestro della scheda SD. Per qualche decina di secondi provo ad
ignorare il richiamo, poi insistono e devo obbedire. Ma non c’è nessun problema, vogliono solo che io scatti una foto ricordo di loro due.. Scrivo su
un pacchetto di sigarette vuoto trovato per terra il loro indirizzo, per spedirgli le foto quando arrivato a casa, non hanno email. Intanto è arrivato
anche Gigi con il furgone, mi ha visto fermo e si è fermato pure lui davanti alla caserma. Arriva un blindato pieno di altri Jandarma, un paio di loro
scendono e vanno da Gigi, la cosa più probabile è che adesso siano guai. Ma anche loro vogliono solo chiacchierare, alla fine facciamo altre foto
con loro e regaliamo al comandante una T shirt blu di Motovacanze.it
14 agosto, Muradye, ore 15. Il ponte sospeso sul canyon sicuramente potrebbe reggere anche molto di più, ma mentre scatto la foto ricordo
del gruppo con le cascate sullo sfondo…. mi accorgo che sono veramente tanti nel gruppo, e pesanti….. per un attimo mi attraversa la mente una
visione terribile….Meglio affrettarsi a scattare la foto e far andare tutti dall’altra parte
14 agosto, Caldiran, ore 16. La strada condiziona moltissimo la percezione del paesaggio da parte di un viaggiatore in moto. Avevo già avuto lo
stesso pensiero nel 2009 in Islanda, quando mi ero trovato tranquillo su strade asfaltate attraverso lande desertiche che invece, quando le avevo
percorse nel 1992 su strade ancora sterrate, mi avevano messo paura. Non era cambiato niente tranne la strada ma tutto era ai miei occhi
diverso. Qui mi accade un po’ la stessa cosa. Ricordavo la sponda del lago e questo tratto di Turchia come uno dei più bei luoghi che avevo visto.
Ma la nuova strada a 4 corsie non offre più la stessa sensazione di pace e solitudine che trasmetteva la stretta strada che c’era prima. Il paesaggio
è sempre bello, è assolutamente identico, ma non da più la stessa emozione, quindi alla fine anche se potrebbe sembrare una contraddizione, è
diverso.
14 agosto, Dogubayazit, ore 17,30. Polverosa è l’aggettivo migliore per descrivere questa città di frontiera. Qui non è cambiato nulla da
quando sono venuto l’ultima volta. E’ la stessa distesa di minuscole abitazioni ad un piano solo costruite con mattoni crudi, ai piedi della montagna
più bella, il monte Ararat. Siamo a 30 km dal confine con l’Iran e alla metà esatta del tour, domani si riparte direzione nord.ovest
15 agosto, ore 12. Igdir Al mattino abbiamo visitato nell’ordine 1) il foro del meteorite al confine con l’Iran, che a parere di tanti è
davvero interessante. 2) la fortezza curda di Isak Pasha, a mio avviso rovinata dai lavori di restauro in corso, con una copertura in
acciaio e legno che non c’entra niente con quel tipo di monumento 3) abbiamo lasciato definitivamente l’Ararat alle nostre spalle, con
le sue colate di lava lunghe decine e decine di km, non senza fare la foto di rito con anche le moto. Siamo quindi a Igdir e abbiamo
tutti di nuovo troppo caldo perché siamo scesi di quota. La polizia ci ferma nel centro della città e pretende di farci attraversare il
paese con loro come scorta. Non ce ne sarebbe assolutamente bisogno di una scorta, ma l’autorità ha bisogno ogni tanto di dare
spettacolo. Purtroppo i poliziotti comprendono dal mio scarso turco che cerchiamo da mangiare e ci “scortano” in due ristoranti poco
più avanti sulla strada, che però sono chiusi per via del ramadan. Finalmente ci sganciamo dalla scorta non richiesta e proseguiamo
verso Kars. Sulla destra un improvvisato mercato di frutta con annesso piccolo bar, e un ampio parcheggio. Compriamo cocomeri e
pesche, e con l’aiuto anche di qualche gelato ci riempiamo lo stomaco. Renato incuriosito da una bevanda rossa nel frigo, che sembra
lampone, da’ il via a 15 minuti di ilarità sfrenata. La bibita è fatta con rapa rossa fermentata, e ha un sapore che è’ un mix tra l’aceto e
il peperoncino. Chiunque di noi prova ad assaggiarla trasforma immediatamente il suo viso in una maschera disgustata. Il barista ne
prende invece una bottiglia e la beve tutta di un sorso. E’ originario di Jerevan, attuale capitale dell’Armenia, molto vicina da noi in
linea d’aria. I gusti non si discutono, ma questi sono veramente strani
15 agosto ore 17. Kars. Arriviamo all’hotel sfuggendo al temporale che si è scatenato come da programma mentre partivamo dalla
città di Ani. Questa è una città fantasma posta sul bordo del canyon che segna il confine con l’Armenia. Nel parcheggio dell'hotel
insieme a Gigi impiego un ora per cambiare la ruota anteriore con il pneumatico consumato ma inutilmente: la ruota che metto al
posto di quella che mi ha portato qui dall’Italia è stata montata male sul cerchio dal mio meccanico e non è possibile usarla. Se c’è una
cosa che mi manda in bestia è la superficialità nei lavori, quando torno in Italia il mio amico meccanico mi sente…
Domani resta l’ultima tappa di montagna del tour. Se ci saranno lavori come quelli che abbiamo incontrato oggi sarà molto
impegnativa
16 agosto, ore 9, lago Cildir. È la prima volta che attraverso questo angolo di Turchia con il sole. Nelle altre tre volte precedenti
pioveva. Bisognerebbe sempre avere la possibilità di viaggiare negli stessi luoghi nelle diverse condizioni climatiche. Con la pioggia o
peggio la nebbia in passato la strada attorno a questo lago metteva la stessa sensazione di struggente solitudine ed un po’di ansia che
mettono le strade dell’Europa più settentrionale (alta Norvegia) dove il maltempo è condizione normale. Con il sole come oggi qui al
lago Cildir le mandrie di oche, pecore, asini e soprattutto bovini al pascolo che riempiono la vista danno invece una sensazione di pace
e tranquillità ineguagliabili.
16 agosto ore 14. Valle nei pressi di Artvin. Credo di essere una persona fortunata nell’avere la possibilità di osservare i
cambiamenti del mondo che è in grado di produrre l’uomo. Un semplice turista solitamente visita un paese una volta sola nella vita. In
quel momento si fa una fotografia mentale di quello che vede, e quel paese rimane così nella sua testa, per sempre. Io sono passato
di qui nel luglio 2002 per la prima volta mentre era in atto una vera e propria alluvione. Scendere dagli altopiani di Ardahan lungo la
stretta valle fino ad arrivare al Mar Nero era stata una delle cose più angoscianti che mi erano capitate in viaggio. Ma nonostante
quello, o forse proprio per quello, ricordavo un ambiente montano estremamente selvaggio e bello. La strada correva nel fondovalle a
fianco del torrente impetuoso mentre da una parte e dall’altra altissime pareti di roccia sembravano volerti schiacciare. Nel 2004
quando ripassai la seconda volta vidi i primi cambiamenti importanti, erano iniziati i lavori di costruzione di una diga. Poi nel 2007 di
un'altra. Le strade sono state spostate in alto, il fondovalle allagato. La montagna violentata. Passiamo di qui oggi che i lavori sono
ancora in corso. Ponti in cemento armato passano da una parte all’altra della vallata ad altezze vertiginose. Il livello dell’acqua
lentamente si sta alzando e sta nascondendo per sempre i terrazzamenti che erano stati fatti nei secoli per coltivare questi ripidi
pendii. Le abitazioni sono già tutte abbandonate in attesa di essere sommerse. I turchi fanno bene i lavori di questo tipo. Dove i lavori
di costruzione delle strade sono terminati, hanno già ripiantato alberi nelle distese di dedriti scaricate nei versanti dopo lo scavo delle
nuove strade. Probabilmente tra 30 anni questa valle, con un lago artificiale grandissimo, sarà nuovamente bellissima, e sarà tanta
l’energia elettrica prodotta da queste dighe. Ma oggi tutto appare come un vero disastro.
16 agosto 2012, ore 17. Arriviamo sul Mar Nero che piove come è normale che piova qui dove le montagne di 4.000 metri
sbarrano la strada all’aria umida e fredda proveniente dal mare. Le tappe più difficili e pericolose del tour sono finite. Domani ci
aspetta una giornata di sosta per visitare le piantagioni di te, la fabbrica di essicazione del te, riposarci e per i più temerari fare rafting
nelle rapide dei torrenti. Io andrò a fare anche quella esperienza, che ho già fatto in maniera anche più selvaggia a Sumatra nel
settembre 2010..
17 agosto, Cayeli, costa del Mar Nero, ore 16. Tutti noi viaggiatori abbiamo dei luoghi e delle persone che portiamo con noi
tatuati nel nostro cuore anche se sono lontanissimi dalla nostra vita quotidiana. La famiglia dello zio di Hasan Aymelek per me è una di
queste. Suleyman vive a Papatya, un piccolo gruppo di case che si raggiunge salendo per qualche km una ripidissima strada
cementata sconnessa che parte dal fondovalle di un impetuoso torrente a pochi km dal Mar Nero, nei pressi della città di Pazar. Ho
passato qui una delle più belle settimane della mia vita nel 1994, ormai 18 anni fa. Tutte le volte che sono venuto qui (nel 2002, nel
2004, nel 2007) sono tornato a trovarli. Ho seguito tutte le sue vicende famigliari. Dalla disperazione che gli si leggeva in viso quando
lo conobbi per la perdita della moglie, quando lui era già più che cinquantenne, alla serenità ritrovata nel 2002 dopo il matrimonio con
una ragazza giovanissima e la nascita di una nuova bambina, alla quale quando lei aveva 1 anno feci tantissime foto che poi furono il
miglior regalo io potessi fargli. Anche oggi, nonostante sia molto stanco dopo la visita alla fabbrica del tè ed il rafting nel fiume con il
gruppo il mio sentimento mi porta lassu. La bambina adesso ha 11 anni ed è veramente bellissima. Suleyman di anni ne ha ormai 72 e
non è cambiato per niente, come non è cambiato per niente il gruppo di case dove lui abita.. Lui alleva ancora api, come un tempo
facevo anche io. Aspetta ancora che io rispetti la promessa che gli feci 18 anni fa di fargli avere delle api regine italiane. Le api da
miele italiane sono le migliori del mondo. E’ una promessa che non sono riuscito a rispettare nemmeno stavolta, perché le regole per
le spedizioni internazionali sono cambiate, e non c’è niente oggi che mi dispiaccia altrettanto. Al mio ritorno in Italia vedrò come fare
18 agosto, Trabzon, ore 10 Negli anni tra il 2002 ed il 2010 il territorio della Turchia si è letteralmente ingrandito di almeno un
migliaio di km quadrati. Nel tratto di costa tra Hopa, al confine con la Georgia, e Samsun, lungo circa 500 km, le rive che
fronteggiavano le città ed i piccoli paesi costieri sono state infatti riempite con massi ciclopici per una larghezza media di circa 30
metri.. Negli anni nei quali erano in corso i lavori innumerevoli autocarri circolavano con uno al massimo due massi nel cassone, tanto
erano grandi quei sassi. Sopra quel terrapieno di sassi perfettamente posati incastrati tra loro con l’uso di pochissimo cemento è stata
costruita una moderna superstrada. Il risultato attuale, già a distanza di pochi anni dalla fine dei lavori, è molto gradevole. Chi non ha
visto la costa come era in precedenza fa quasi fatica a riconoscerla come una costa artificiale. Le scogliere create a sostegno della
strada e i frangiflutti o i porti naturali costruiti in quel modo si sono già quasi tutte rinverdite. Alberi anche di una certa dimensione
sono già cresciuti con le radici negli spazi tra i sassi. E più passeranno gli anni e meno si riconoscerà la mano dell’uomo nella
trasformazione del paesaggio. Insomma, a mio avviso qui i turchi hanno fatto un ottimo lavoro considerando che prima della
realizzazione di questa imponente opera, per collegare l’est della Turchia con Istanbul c’era solo una strettissima strada a ridosso della
montagna che attraversava tanti paesi, larga poco più di 6 metri..E realizzare una strada diversa nell’entroterra a sud dei paesi
avrebbe significato un impatto ambientale perenne di ben più gravi dimensioni.
18 agosto, monti del Ponto, ore 14. Se lungo la costa si può dire che le grandi opere pubbliche turche sono da prendere come
esempio, la stessa cosa non si può dire di quanto accaduto all’interno delle valli. La realizzazione del terrapieno sul mare è stata
possibile smontando intere pareti di montagne rocciose in precedenza bellissime. Il più delle volte per allargare la strada di fondovalle
esistente, prendendo in quel modo due piccioni con una fava (togliendo i sassi per allargare le strade di montagna hanno avuto il
materiale per realizzare quella sul mare). Ma anche con vere e proprie cave di sassi di dimensioni inimmaginabili. Questi lavori sono e
rimarranno per sempre delle ferite inguaribili, nulla sembra che si sia fatto o si ha intenzione di fare affinchè sopra ricrescano i boschi
che c’erano. Un vero disastro.
18 agosto Urdu, ore 17. Il nuovo hotel scelto quest’anno si rivela al di sopra delle aspettative per tutti, me compreso. E’ un peccato
domattina dover partire presto da qui direzione Safranbolu. Ci stiamo avvicinando di nuovo all’Europa.
19 agosto, Unye. Ore 8 circa. Oggi avrei voluto raccontare di montagne ricoperte di alberi di nocciole che hanno dato il cambio a
quelle di ieri che erano ricoperte di cespugli di tè, ma non lo posso fare, devo purtroppo raccontare di altro. Faccio una premessa. Una
moto che viaggia ad una velocità di 90 km/h in un minuto percorre un chilometro e mezzo. Considerando “un momento del tour”
lungo un secondo possiamo vederla passare in ciascun momento su 25 metri di strada. Un tour come il nostro, lungo circa 9.000 km,
è fatto quindi di circa 360.000 momenti per ogni moto. Questo gruppo è fatto di 31 moto, in totale avremo in conclusione oltre dieci
milioni di momenti. Visto che siamo in moto, sono momenti nei quali può succedere di tutto, e statisticamente, visti i numeri di cui
sopra, è molto probabile quindi che succeda qualcosa. Ed infatti purtroppo succede. Fine della premessa.
Sono le 7 e 50 del mattino quando Giacomo con Giovanna è davanti al “suo” gruppetto di motociclisti ultra-mattinieri che partono
come sempre dall’hotel prima di me e di tutti gli altri. Corre nel mezzo di una superstrada (dove i turchi come minimo viaggiano a
130 km l’ora) e viaggia come tutti noi viaggiamo di solito: non troppo piano, non troppo forte, comunque quasi sempre più piano di
loro. Un automobilista turco davanti a lui nella corsia centrale inchioda improvvisamente perché vede all’ultimo momento la svolta a
sinistra che deve fare, ovviamente senza prima spostarsi nella corsia di decelerazione a sinistra per la svolta ed ovviamente senza la
freccia. Giacomo si attacca ai freni ma non è sufficiente. L’impatto della moto contro il posteriore dell’auto è violento. Prima vola in
strada Giovanna, la passeggera, un attimo dopo vola lui. La moto dopo l’urto si schianta contro il guardrail, per fortuna loro non sono
più sopra quando questo avviene. Io arrivo alle 8 e 10 con tutto il resto del gruppo quando un ambulanza li ha già portati
all’ospedale, per fortuna molto vicino. Ero già preparato alla scena perché Marco mi aveva avvisato dell’incidente con la radio che
usiamo per comunicare tra noi dello staff. La polizia arriva alle 8 e 30. Faccio continuare il gruppo con Marco Nicola e Michele, gli altri
staff, verso Safranbolu. Alle 9, terminate con Polizia e Jandarma le operazioni di riconoscimento dei mezzi e trascritti i dati dei
conducenti e dell’assicurazione, mi dirigo all’ospedale. Gigi con il furgone e la moto di Giacomo caricata sopra mi segue, insieme a 4
amici in moto di Giacomo. Quando io arrivo all’ospedale alle 9 e 15 scopro che hanno già fatto ad entrambi radiografie e TAC. Lui non
si è fatto niente, lei ha una probabile frattura alla gamba ed al piede. Alle 10 il responso dell’ortopedico, che viene chiamato
appositamente, conferma le fratture, Giovanna deve essere operata, ma ha tempo 3 giorni per farlo. Si decide il rimpatrio immediato e
l’operazione in Italia. Alle 10.30 Giovanna ha già il gesso alla gamba. Intanto che questo si secca la Polizia mi porta alla farmacia
aperta di turno per acquistare gli antidolorifici. Alle 11 usciamo dall’ospedale con una speciale autorizzazione medica che autorizza il
volo di lei. Alle 11.30 un taxi è già in strada verso l’aeroporto più vicino che dista 70 km. Io, il furgone e gli amici di Giacomo dietro di
loro. Alle 12.30 siamo a Samsun, c’è un volo in ritardo che sembra li apposta ad aspettare loro. Due biglietti in prima classe per
Istanbul (lei non può piegare il ginocchio) per fortuna costano meno di quello che Giacomo avrebbe speso in benzina (qui in Turchia la
benzina costa 2,2 euro al litro). Alle 13.50 Giacomo e Giovanna sono già in volo. Atterrano ad Istanbul alle 3 del pomeriggio mentre
noi da oltre un ora stiamo già viaggiando spediti verso Safranbolu a raggiungere il gruppo. Qui a Safranbolu noi arriviamo alle 7 di
sera con una tirata di 500 km in 5 ore. Il resto del gruppo era arrivato alle 4. Mentre sto scrivendo Giacomo e Giovanna sono già
atterrati a Milano. Domani noi andremo ad Istanbul, dove rimarremo tre notti. Li lasceremo anche la moto di Giacomo che verrà
rimpatriata dalla sua assicurazione. Anche quella di oggi quindi è una giornata di vita in viaggio che io non dimenticherò più.
20 agosto, Istanbul. Al mattino nei pressi di Gerede provenienti da Safranbolu abbiamo trovato la temperatura più bassa del tour:
solo 11 gradi. I 400 km che ci separavano da Istanbul li abbiamo percorsi in un battibaleno, quasi tutti sull'autostrada. Alle 12
eravamo di nuovo in Europa superando il Bosforo sul ponte sospeso. La concessionaria BMW dove abbiamo portato la moto di
Giacomo è una cosa mai vista prima, e sono gentilissimi. Verso l'hotel percorriamo la strada principale interna della città, il Cevre Yolu
Nelle colline dove un tempo c'erano quartieri di case fatiscenti ci sono ora grattacieli modernissimi in acciaio e vetro. Sembra di essere
a Chicago. Il nostro hotel è troppo centrale, c'è troppa gente in giro perchè siamo nei tre giorni di festa che seguono alla fine del
ramadan. Impieghiamo due ore per riuscire a trovare una sistemazione al furgone. Sono molto stanco e la pazienza ormai è quasi
finita. Domani e dopodomani visita della città. Lunedì mattina si riparte per la penultima tappa in moto del tour che ci vedrà arrivare a
Salonicco, in Grecia.
23 agosto, Salonicco. Due giorni interi a Istanbul sono passati in un attimo tra visite di moschee e palazzi che già conoscevo, gita in
barca sul Bosforo che non ricordavo di avere già fatto, ricerca di collari antilupi per i miei cani nelle botteghe artigiane e un abbraccio
ai famigliari di Hasan Aymelek. Ora sono qui un po' demoralizzato dal fatto che la mia moto oggi pomeriggio ha avuto una ennesima
improvvisa crisi epilettica grave e mi ha lasciato a piedi irrimediabilmente. Dopo aver avuto una prima R100RT dal 1989 al 1998, un
altra uguale dal 1998 ad oggi senza mai grossi problemi in oltre 400.000 km, quest'ultima sempre identica che ho preso
recentemente, con soli 18.000 km (ora 40.000) non vuol saperne di guarire. Come nel viaggio in Romania dell'anno scorso, anche
questa volta, mentre andavo normalmente, si è rotto improvvisamente il disco della frizione e/o il cambio (non ho ancora verificato)
con un rumore infernale. La frizione e tutti i cuscinetti del cambio erano stati messi nuovi con un lavoro svolto in mia presenza dal mio
meccanico nel settembre 2011 per riparare il guasto di allora, la questione è incomprensibile. La moto da oggi pomeriggio è sul
furgone, al quale tra l'altro oggi si è pure strappata una ruota mentre andavamo e per ripartire abbiamo perso due ore). Domani è
l'ultimo giorno del tour, per arrivare a Durazzo in Albania dopo aver attraversato anche la Macedonia.
25 agosto Partiti da Salonicco al mattino le formalità di ingresso in Macedonia e poi in Albania sono state relativamente semplici.
Fra tutti quelli visti, questi due paesi sono sicuramente quelli più arretrati. Colpisce soprattutto la quantità di rifiuti sparsi ovunque a
bordo strada e a fianco dei luoghi di parcheggio. Il porto di Durazzo è veramente quanto di più incasinato ho mai visto. Il traghetto
parte in ritardo ed arriva a Bari alle 9 di mattina. Seguono 12 ore di viaggio in furgone attraversando il centro Italia su strade normali
per evitare l’autostrada A14 praticamente bloccata dopo Ancona, uscendo a Macerata. L‘itinerario oltre che più veloce è stato
interessante anche come paesaggi. Macerata, Foligno, Perugia, Siena, Poggibonsi, Certaldo, Empoli, Vinci, Pistoia, Porretta Terme,
Casa alle 10 di sera. Alle 5 di mattina sono ripartito per raggiungere Alenino e consegnare i bagagli trasportati dal furgone a parte dei
partecipanti residenti nei dintorni di Milano. Il tour è veramente finito.