Autobiografia Karmica

Transcript

Autobiografia Karmica
AUTOBIOGRAFIA KARMICA
© copyright 2012 di Maurizio Merlo
Ho preso l’impegno con le mie maestre di Coaching ontologico di scrivere
l’autobiografia della mia vita. Considero il compito non tra i più semplici avendone
vissute alcune. Posso provare a rintracciare il bandolo della matassa che le unisce
tutte e cercare di dare un senso unitario a quel che ho fatto a questo mondo dal 6
marzo 1953, quando alle ore 2.45 venni alla luce.
Capiamoci, ritengo poco probabile raccontare la mia vita come una storia unitaria e
coerente, e d’altronde sono propenso a pensare che questa dimensione non sia poi
tanto differente per ognuno di noi a questo mondo, pur tra tante diversità di
contesto.
Per ognuno di noi le rotture che intervengono sono tante. Basta un semplice evento
non controllato che faccia vacillare l'intera organizzazione di una esistenza. Poi i
soprassalti di carattere spirituale che possono ancor più
cambiare
tutto
all'improvviso : una intuizione, un incontro decisivo, un discepolo che riconosce il
suo maestro, gli eventi più diversi, traumatici o felici, possono far sì che tutto
davvero cambi, che ci si guardi indietro e la vita diventi un’altra storia.
A me è successo tante volte, e preciso di non ritenermi particolarmente
impressionabile, anzi credo di rientrare assolutamente nella categoria delle persone
comuni. Considero tuttavia fermo un punto : le vite di ognuno di noi in realtà sono
tante e tante sono le storie autobiografiche da raccontare e ognuna di queste ha in un
certo senso una sua anima.
Poi c'è un altro fenomeno che interviene : quante volte i racconti che noi facciamo
delle nostre tante storie sono cambiati nel tempo ? Succede che una persona che
racconta un storia, dopo tante sovrapposizioni emotive, mediazioni, fughe, non sa più
con certezza quale sia la verità. Neanche davanti a se stessi, nel segreto e intimo
confessionale che ognuno di noi ha organizzato in qualche modo in un angolo
remoto della imperscrutabile coscienza.
Come racconterà in punto di morte la propria storia, un uomo che raggiunge il suo
scopo più segreto, più lungamente accarezzato ? Quell'uomo può considerare la
propria vita come il mezzo per raggiungere quel fine, e oggi è felice e redento dalla
sofferenza che improvvisamente può assumere luci, suoni, contorni completamente
nuovi rispetto al passato. Quella vita può assumere una finalità luminosa, un senso
superiore, imprevisto quanto reale e felice all'improvviso.
Oppure, come racconterà un uomo il suo passato, se di questo passato, data una
svolta decisiva verso una vita ai suoi occhi finalmente ragionevole, prova
1
disappunto ? Un disappunto dolente, da superare forse, quando, come è possibile.
2
Oppure quel disappunto, o vergogna che sia, può lasciare un uomo indifferente
perchè le ragioni sono del tutto esterne al proprio essere più profondo, tali da
determinare a non raccontare il passato, anzi a raccontare un'altra storia, non
necessariamente più nobile ma magari una storia che funziona, facile da raccontare,
banale o serena. Quale storia racconterà quell'uomo tra le due se ne avrà
l'opportunità ?
E poi, siamo certi che i racconti di eventi del passato siano corrispondenti alla realtà
di quei fatti ? A me è successo di raccontare ad un amico, Carlo, di un viaggio molto
divertente vissuto con Alberto molti anni prima. Carlo ascoltava ma ad un certo
punto obiettò : “quel viaggio lo conosco bene perchè lo abbiamo fatto insieme”. Io
pensavo scherzasse e ribadii che fosse davvero strana la di lui conoscenza di quei
particolari. Gli chiesi : “Sicuramente te li ha raccontati Alberto ?”. Lui mi rispose
che Alberto quel viaggio non l'aveva mai fatto e mi dimostrò con ulteriori dettagli
che era stato lui il mio compagno di avventure. Ora, posso tranquillamente
affermare che se mi fossi trovato a testimoniare davanti ad un giudice qualcosa di
penalmente rilevante commesso da Carlo durante quel viaggio insieme, avrei spedito
in galera l’inconsapevole Alberto. Questa è una delle ragioni per cui le testimonianze
a distanza di tempo sono pochissimo attendibili e seriamente rischiose per un buon
esito del corso della giustizia.
Un classico della mia professione d’avvocato, al tempo in cui facevo processi, era
interrogare due persone che avevano vissuto insieme “more uxorio” per tanti anni,
diciamo per 20 anni, e prendere nota dell’esistenza di 2 personalità dei singoli attori,
a seconda chi dei due descrivesse la personalità dell'altro e, se questo nella dialettica
delle relazioni poteva starci, la cosa mirabolante era il dover prendere atto che dalla
narrazione della storia di convivenza dei 2 protagonisti emergeva il racconto di due
storie diverse, assolutamente diverse, anche nei fatti più minuti. E allora punto di
domanda legittimo da parte dell’ascoltatore (in questo caso me medesimo nel ruolo
di avvocato) : queste 2 persone si sono davvero incontrate e conosciute ?
Se poi decidiamo di coinvolgere dei testimoni a conoscenza dei fatti, cosa succede ?
Tutto cambia ancora, ma non tanto, o almeno non necessariamente, per la mendacia
dei testi, bensì perché le storie narrate sono innumerevoli, tante quante le persone
coinvolte direttamente o in modo indiretto, e tante quanti gli interessi rappresentati, o
le suggestioni in campo.
Vent’anni fa, circa, feci un incontro straordinario : conobbi la persona che sarebbe
diventato il mio maestro di taoismo. Lui trovò in me terreno molto fertile e cambiò
radicalmente la mia idea dell'amore, del sesso, della spiritualità. Elaborato nel
tempo quell'incontro, acquisita con studi e applicazioni quella dottrina, le mie storie
d'amore precedenti cambiarono sostanza, erano storie diverse e la mia storia d'amore
più importante, successiva a quell'incontro, è una storia che non avrei potuto vivere
prima, per il semplice motivo che io prima ero un'altra persona, incapace di quel
genere d'amore.
3
In ogni caso mettiamoci a lavoro cominciando appunto da quello che pocanzi ho
definito “il bandolo della matassa”. Pausa di riflessione.
Ieri maneggiavo uno dei saggi fondamentali del mio teologo cattolico preferito, Vito
Mancuso, un professore contemporaneo di teologia. Condivido tutto dell'uomo, lo
considero l’intellettuale cattolico più avanzato in Italia, su posizioni di grande
apertura, schieratissimo dalla parte del Concilio Vaticano II e sempre coerente su
posizioni di grande rispetto nei confronti della laicità e della inter-religiosità. Egli è
peraltro sostenitore di molti spunti critici nei confronti della Chiesa cattolica che
secondo il mio punto di vista sono assolutamente condivisibili.
C’è un problema tra me e Vito Mancuso, la materia che lui insegna, la teologia. Sono
impressionato dalla dimestichezza con cui tratta di Dio, degli angeli, dei Santi e dello
Spirito Santo. Ne ha una visione quasi scientifica, certa, geometrica, verificata, di
una religiosità che danza disinvolta negli abiti improbabili di una scienza
immodificabile nel tempo. E’ difficile replicare a tale contezza di fatti e principi. Io
continuo a rispettarlo come uomo ma mi son detto, se lui ha il dono della fede, un
dono così meraviglioso, potrò io nel mio piccolo credere, non so perchè ma insomma
credere alla reincarnazione dell'anima (o dello spirito che dir si voglia). D’altronde
neanche lui sa, mi son detto, perché ha il dono della fede e allora un piccolo dono
dopo tutto me lo posso concedere. Da sempre mi attrae e convince, nel senso di
percezione di plausibilità, non riesco ad andare oltre nei approcci cognitivi, la
cosiddetta metempsicosi ed, insieme ad essa, la legge buddista del Karma, quella
secondo cui è affermato un principio di causa-effetto tra le azioni dell’uomo e la
reazione karmica. Un principio di concatenazione secondo il quale ogni azione
provoca una reazione, vincolando, per alcune di esse, gli esseri senzienti al samsara
(il ciclo di morti e di rinascite) nella ricerca della graduale perfezione dello spirito
individualmente inteso.
Così, liberato dalla timidezza che ho sempre manifestato nel far mio pubblicamente il
mio piccolo dono, spero che oggi possa essermi d’aiuto nell’elaborare una mia
autobiografia attraverso la mia rinascita di 700 anni dopo, portando con me il peso
karmico, credo , di alcune scelleratezze della mia precedente vita, quando giunsi
manu militari, nocte tempore, via mare con la mia flotta navale Normanna, nella
Palermo araba dell’anno 1071, città dove sono poi rinato 700 anni dopo per
l’appunto, in territorio italiano (1953). Secondo il Karma , come sto per raccontare,
avevo un debito da pagare affinchè il mio spirito potesse proseguire il percorso
evolutivo.
Ero stato un guerriero normanno, di lignaggio aristocratico, e credo sia verosimile il
mio impegno di allora profuso durante i combattimenti, seguiti allo sbarco navale a
Palermo, al taglio di teste (spero non molte decine) di guerrieri arabi e nel sequestro
di una sensuale fanciulla bruna, principessa araba, innocente fanciulla, soltanto
colpevole di appartenere alla parte aggredita sgominata in pochi giorni di
4
combattimento. Era una odorosa primavera ma gli odori dell’isola li scoprii giorni e
giorni dopo, cessato il tanfo di sangue e morte.
La principessa (o per lo meno il suo spirito), per non trascinare malintesi nella
rappresentazione di questa breve autobiografia, è la mia attuale moglie, anch’essa
rincarnatasi per rincontrarmi oggi e qui. Credo pervenuta a questa reincarnazione con
sentimenti tutto sommato non ostili. Voglio dire, poteva serbare, ma così non è,
qualche sopito rancore considerata l’efferata violenza della storia ma, teologia docet,
l’amore sana tutto.
Credo derivi da quella precedente vita il mio anticlericalismo di oggi. E' noto infatti
che Federico II di Svevia, il più grande sovrano di quella dinastia, fu notevolmente
osteggiato da Santa Romana Chiesa nel suo commitment, di divenire poi, malgrado
tutto quanto il Papato avesse potuto giocare contro per evitare quell' esito,
Imperatore del Sacro Romano Impero (1220).
Ma voliamo alla mia attuale rinascita avvenuta, come dicevo, a Palermo il 6 marzo
1953. Nato sotto il segno dei Pesci, con Ascendente Capricorno e Luna Scorpion , a
poche ore dalla morte di Iosif Vissarionovic Dzugasvili, detto Stalin.
Palermo, nei miei ricordi giovanili era bellissima e ricca di contrasti, tutta distesa sul
mare guardando verso est, nord-est (dal greco Panormus , “tutta porto”) e in
direzione delle montagne che assediano la città, la verdeggiante Conca d’Oro, una
distesa paradisiaca di aranceti e limoneti, profumi di zagara e gelsomino. Il sole
orgoglioso di tanta bellezza sorge dal mare.
I profumi di quella natura sono davvero indimenticabili. Il vento di mare, una
carezza dolce, anche d'inverno, che solo chi conosce veramente il vivere sul mare può
capire. La cucina e la pasticceria contaminata da influenze arabe . Le bellezze
femminili incomparabili, un misto di fierezza, sensualità e materna accoglienza.
Mia moglie è siciliana ed è mia moglie per 2 vite, come dicevo.
Ma incombeva il Karma che credo non avesse alcuna intenzione di lasciarmi lì a
gustare la ritrovata Palermo che ai tempi della precedente vita era rinomata per lo
splendore stratificato nel tempo delle sue civiltà, l’arte, la cultura, la storia greca e
romana, quella fenicia e cartaginese, e le ricchezze della dinastia araba e poi della
dinastia Normanna. Figuratevi che allora la mia città era denominata con un po’
d’invidia nell'arco del mar mediterraneo “la felice”.
Concentriamoci però al 1953 e successivi. Il karma aveva fretta. Doveva regolare
con me i suoi conti. Capii, pian piano, che le accuse che Lui mi rivolgeva fossero le
seguenti : “sei stato arrogante; prepotente e poco importa che tu fossi un aristocratico
5
o che tu fossi in guerra, sei stato sostanzialmente un violento”. Cosa potevo eccepire ,
abbozzai la ricerca di una qualche transazione senza successo.
Io ho sempre dialogato apertamente con il mio Karma, fin dalle origini, fin da quando
mi accorsi della sua esistenza. La risposta fu parecchio ostile. Lui, il Karma , adirato
mi disse : “devi imparare in questa vita …..... (pausa di mistero) …... l' UMILTA' ,
ciò di cui sei assolutamente privo”, ed io cosa potevo replicare, ero giovane d’età
oltre che di condizione , umana intendo . Dovetti lasciar fare. D’altronde è noto,
contro il nostro Karma siamo tutti impotenti.
Mio padre era un facoltoso imprenditore edile, un uomo tutto di un pezzo, di
convinzioni socialiste. Questo fatto, intendo il suo orientamento politico, credo abbia
rappresentato un ostacolo non da poco in quella città, dove stava esplodendo
l'espansione del mercato edilizio sotto l'egida di “Cosa nostra” che a quei tempi era
protetta da un autentico alone di mistero. La si chiamava “mafia” con molta
inadeguata sufficienza da parte delle autorità pubbliche. Mio padre era una persona
per bene, peraltro altera o per meglio dire dotata di personalità superba, sicuramente
inadatta a quanto stava per accadere .
La faccio breve, d’altronde, questa mia autobiografia, avendo un taglio
essenzialmente karmico determina una sostanziale indifferenza ai particolari di
narrazione dei fatti che riservo ad una scelta diversa, quella di scrivere se mai ne avrò
il coraggio un romanzo introspettivo, storico e in parte autobiografico.
Insomma ci ritrovammo nel giro di poco tempo costretti ad emigrare (a quei tempi
per fortuna si sparava poco) e da lì iniziò una vita complicatissima soprattutto perchè
il povero papà non riuscì più a metabolizzare quanto accaduto, assumendo un
atteggiamento da “vittima” che gli restò attaccato addosso per sempre.
Molti anni dopo, tante durezze e mortificazioni, io riuscii ad organizzare
autonomamente il mio percorso di adulto, le mie vite. Vite segnate da tante rotture
traumatiche ma beneficiate da tanti doni karmici, credo concepiti per aiutare la mia
evoluzione. In particolare l'incontro di tanti maestri.
Fu verso i miei 30 anni, vivevo già a Torino da molti anni, che presi coscienza del
significato più profondo di quella storia , fino a quel punto davvero confusa. Pur non
di meno, in tutta quella babilonia, ero diventato avvocato, avevo maturato, ancora
giovane, un curriculum ricco di esperienze e insomma avevo un futuro .
I miei 30 anni : il karma aveva cominciato a dialogare con me in modo molto più
ravvicinato, io avvertivo chiaramente la sua presenza. Lui si manifestava con
insistenza e con crescente confidenza. E' d'obbligo una precisazione : il karma si
manifesta con un linguaggio tutto suo, non è come incontrare la madonna che ti dice
cosa devi fare, il karma ti mette nell'angolo seguendo i suoi obiettivi e fatto dopo
6
fatto non hai scampo o decidi di decodificare i suoi messaggi fattuali e di adeguarti o
per essere diretti ….... ti massacra. Lui è sicuramente virtuoso, chi può dubitarne ma
assolutamente, categoricamente impietoso.
Nel mio caso, come dicevo prima, dovevo imparare l' UMILTA'. Ho impiegato una
vita e ho pian piano capito che forse il karma aveva ragione. Fu lui ad insegnarmi ad
assumere posizioni responsabili e quindi di religioso rispetto della vita e degli altri.
Bella lezione questa , l' UMILTA'. Questa è la caratteristica più importante della mia
storia personale : la mia percezione quotidiana della presenza del Karma …....... Se
fossi un po' più sfrontato, molto confidenzialmente, …........ potrei attribuirgli un
nomignolo, considerata l’intensità della frequentazione. Non credo la prenderebbe
come un eccesso di confidenza con quello che ho pagato in termini di scuola di vita.
I maestri : ad ognuno di loro ho legato un salto di qualità della mia vita, doni
incredibili.
Il karma , dunque, mi disciplinava attraverso percorsi anche di sofferenza e, al
tempo stesso, proponeva doni. Il primo è stato alla nascita , mi ha aiutato a
costruire una macchina bio-fisica-psichica resistentissima ed io che col tempo ho
capito, l’ho sempre curata con dedizione .
Da ragazzino praticavo judo e mi ha fatto incontrare il mio meraviglioso maestro che
dopo pochi anni sarebbe diventato il coach della nazionale femminile azzurra.
Ho incontrato il più grande astrologo della comunità italiana, così lo considero, che
mi ha aperto un mondo interessantissimo, da non sottovalutare se osservato con
strumenti culturali adeguati.
Da avvocato mi ha procurato un maestro di professione di una sensibilità umana
prima che professionale indicibili, fonte per me di grande ispirazione.
Poi in politica e nell'esperienza dell'amministrazione pubblica, maestri e maestri
ancora.
Quindi come si fa a non capire, il karma ci forma attraverso la sofferenza e
contemporaneamente ci assiste per quanto possibile.
Il mio Karma ed io da un po' di tempo dialoghiamo di giorno e di notte nel sonno ,
simil apparizione della madonna, ormai siamo intimi, mi ha insegnato a vivere, mi
pare normale arrivare ad un nostro specifico misticismo, dopo un lungo percorso ed
il mio è già sufficientemente lungo.
Dicevo in premessa di uno dei più grandi maestri che il mio Grande Karma mi ha
portato, il mio maestro di Tao dell'amore, incontrato ad una banale cena di amici .
Nessuno capiva di cosa parlassimo, lui era un ometto per niente appariscente, ci
7
isolammo nel nostro incontro per alcune ore, riuscì a coinvolgermi su una disciplina
vasta e intensa per il vissuto di uomo. Non l'ho più incontrato ma lui quella sera mi
consegnò le chiavi di un percorso incredibile che poi sviluppai con studi e pratica,
seguendo i suoi precetti e scoprendo incredibilmente che io ero un taoista naturale.
Curiosi eh ? Merita una discussione seria e approfondita. A proposito dei dialoghi
con il karma posso solo aggiungere che abbiamo stretto un accordo e che ormai
siamo alleati. Lui si dichiara discretamente, non del tutto, soddisfatto di me. Io lo
sono molto di Lui. Bè , diciamo francamente che non c’era altra scelta.
La vita, dunque. Cos'è che la rende “una” ? Uno spirito, un corpo, un'anagrafe, un
Karma. Certo non è poco ma cosa la rende “tante” ? I salti, i sentimenti mutati, le
sfumature decisive della personalità nel suo divenire, la certezza che una qualsiasi di
queste sfumature condizionerà le scelte, le decisioni, gli amori. E' la contraddizione
fondamentale dell'esistenza dell'uomo : la molteplicità nella unicità. Rispetto alla
quale contraddizione nulla possiamo se non assumerne consapevolezza. Assunzione
decisiva perchè aggiunge un “senso” in più alla storia di un uomo, “il senso del
relativo” di un essere senziente e quindi del rispetto che ognuno di noi deve alla
multiformità come all’unità che già regna in noi stessi come nell’universo.
Torino , Ottobre 2012
8