Matteucci (2015) La valutazione delle agende

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Matteucci (2015) La valutazione delle agende
Marche Polytechnic University
From the SelectedWorks of Nicola Matteucci
Fall 2015
Matteucci (2015) La valutazione delle agende
digitali regionali.pdf
Nicola Matteucci
Available at: http://works.bepress.com/nicola_matteucci/38/
LA VALUTAZIONE DELLE AGENDE DIGITALI REGIONALI.
UN MODELLO PER GLI INVESTIMENTI PUBBLICI IN BANDA LARGA
Nicola Matteuccii
Dipartimento di Scienze economiche e sociali - Facoltà di Economia,
Università Politecnica delle Marche,
P.le Martelli, 8, 60121, Ancona, Italia
[email protected]
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Cite as: Matteucci, N. (2015), "La valutazione delle agende digitali regionali. Un modello per gli
investimenti pubblici in banda larga", L'Industria (n.s.), Anno XXXVI, n. 4, pp. 551-582.
ABSTRACT
Despite the growing importance of public intervention for the solution of the broadband market failures,
specific policy evaluation methodologies are missing. After having highlighted the complex system of the
institutions involved, we develop an original model for the assessment of public investments and their policy
evaluation: the model is focused on those investments financed by the EU funds 2007-13,but can be extended
to the new programming period 2014-20. Together, using new Open Government Data, a first application to
the broadband infrastructural development and its public governance for the period 2005-14 is presented,
focusing on the macro-area North-East and Centre (NEC) of Italy. The empirical analysis shows that
outcome indicators are those statistically more mature and adequate for policy evaluation, while those of
output, despite being more experimental, can fruitfully complement the previous ones to achieve meaningful
benchmarking. Moreover, while efficiency indicators still lack because of the incompleteness of the available
statistics, the degree of effectiveness of the broadband policy can be satisfactorily assessed. Finally, a few
implications for the analysis of future Regional Digital Agendas are discussed.
Keywords: Regional Digital Agenda, public investments, broadband, evaluation, cohesion policy, Open
Government Data
JEL codes: H54, H83, L32, L96, O18, R53.
1. Introduzione
A livello internazionale si consolidano le evidenze sull’impatto positivo degli investimenti in ICT
(information and communication technologies) e connettività a banda larga per la crescita del PIL
pro-capite e la competitività di molti comparti (per una recente rassegna, Analysys Mason &
Tech4i2 Ltd, 2013). Insieme, alla luce dei diffusi fallimenti che il mercato ha mostrato
nell’assicurare uno sviluppo territorialmente omogeneo delle reti a larga banda (con l’emersione
delle cosiddette “aree bianche” affette da divario digitale infrastrutturale – ossia con assenza di
copertura del servizio), si sono intensificati gli interventi pubblici nel settore; tali interventi nella
1
UE sono stati riferiti a comuni obiettivi di policy, che erano stati codificati in precisi traguardi di
sviluppo infrastrutturale dall’Agenda Digitale Europea (ADE - cfr. EC, 2010a).
Con riguardo all’esperienza italiana di investimento pubblico in infrastrutture a banda larga
(d’ora in poi, BL)1, da alcuni studi recenti (Matteucci, 2014a; Lehnus e Matteucci, 2015) emerge
come quanto finora realizzato sia poggiato prevalentemente su fondi a gestione regionale (a
cominciare da quelli strutturali europei). Per questo, almeno in Italia, il livello regionale emerge
come l’ambito centrale dove valutare l’efficacia e l’efficienza degli stessi investimenti
infrastrutturali pubblici; questo fatto è legato anche al ruolo istituzionale che il livello regionale
ricopre nella progettazione ed implementazione delle politiche di coesione territoriale.
In questo studio si vuole sviluppare un quadro metodologico per lo studio della performance
progettuale ed esecutiva della policy per il completamento della copertura territoriale
dell’infrastruttura a BL, accompagnandolo con una sua prima applicazione alla programmazione
2007-14: usando la terminologia della politica di coesione, l’esame verterà sulle sue procedure,
output (prodotti) e outcome (risultati) il cui monitoraggio, da condursi attraverso la scelta di
appropriati indicatori, è previsto dal nuovo quadro della riformata politica di coesione, che si vuole
caratterizzare come una evidence-based policy (cfr. anche Barca, 2009). Tutto ciò è precondizione
necessaria per il segmento successivo dell’iter di valutazione, ossia l’analisi dell’impatto della
policy sul tessuto socio-economico (cosiddetto policy impact assessment)2. In altri termini, con
riferimento agli investimenti infrastrutturali pubblici e privati in BL, il cui impatto sull’economia e
la società sarà ben apprezzabile solo nel medio-lungo periodo (quindi, a partire dai prossimi anni),
proponiamo di valutarne da subito almeno la logica, le modalità esecutive, il prodotto e i risultati in
senso stretto (in questo caso, il miglioramento immediato della connettività digitale per gli utenti,
che si rifletterà nel futuro in probabili aumenti di produttività delle imprese e/o di inclusione
sociale). Nel dettaglio, questo lavoro ambisce a proporre e sistematizzare una serie di indicatori
originali e un primo modello standardizzato di valutazione dell’intervento pubblico, al fine di
poterne apprezzare successi e insuccessi (fallimenti della policy) e fornire utili spunti di correzione
della stessa. A tale fine, procederemo ad un’analisi territorialmente disaggregata (a livello di NUTS
1 e 2) che contribuisca ad approfondire la dimensione spaziale della governance della politica di
coesione, in linea con i recenti indirizzi della Commissione UE (EC, 2010c).
Le implicazioni più immediate di questo lavoro per la stessa policy sono piuttosto cogenti. In
un paese in cui le criticità più sentite negli investimenti infrastrutturali finanziabili con i fondi
europei paiono ancora quelle della sola performance quantitativa della spesa (ossia, nello spendere
tutto e comunque, anche se tardi, evitando di perdere i fondi per scadenza) - è urgente iniziare a
ragionare sulla performance qualitativa (includendo in essa pure la tempestività della spesa),
cominciando con l’individuare i best performer. L’analisi empirica qui proposta viene focalizzata
sulla policy per la Società dell’Informazione del periodo di programmazione 2007-13 (e,
residualmente, del 2000-6): essa tuttavia ambisce ad elaborare un originale modello di valutazione
utile anche per il futuro prossimo, avendo di mira i nuovi piani nazionali ed POR (Piani operativi
1
Nel prosieguo, quando distingueremo il concetto in senso tecnico (per classi di performance), distingueremo tra banda
larga in senso stretto (BL) e banda ultralarga (BUL); la seconda assicura collegamenti in download superiori ai 30 Mbs.
2
L’importanza di una sempre più corretta e penetrante misurazione dell’output della policy come risultato di primo
stadio, a cui segue quella dell’outcome a cui il primo è strumentale ordinato, a cui segue infine il policy impact
assessment (ossia, l’analisi causale o di impatto della politica di coesione), è stata ribadita recentemente e con insistenza
dalle istituzioni comunitarie come mezzo per il miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza del processo di spesa della
politica di coesione (cfr. ad es. EC, 2010b).
2
regionali) sviluppati in connessione con l’Accordo di Partenariato (AdP) per la programmazione
2014-20, e recentemente approvati dalla Commissione UE.
Ancora, un’altra implicazione cruciale di questo lavoro riguarda la policy per il
miglioramento del SISTAN ed il rilascio di Open Government Data (d’ora in poi, OGD). Infatti, a
fronte della cronica carenza di adeguate statistiche ufficiali sulla Società dell’Informazione, questo
lavoro mira a strutturare un primo modello concettuale e empirico che possa da subito alimentare il
dibattito scientifico e quello dei pratictioner sulla valutazione della policy per l’Agenda Digitale e
la relativa assistenza tecnica. Per far questo, esso esplora una nuova fonte di OGD - quella di
Infratel-Spa - con il fine di orientare la Pubblica Amministrazione (d’ora in poi, PA) al loro rilascio,
e di stimolare i membri del SISTAN (a partire dall’ISTAT) a produrre maggiori e migliori input
informativi per la valutazione della policy per la BL e l’Agenda Digitale. Riteniamo, senza tema di
retorica, che un tale lavoro risulti particolarmente prezioso alla luce ‘dei tempi che verranno’, in cui
si acuirà il dilemma su come finanziare l’adeguamento del capitale fisso ed umano del paese – a
cominciare dalle infrastrutture base per la Società dell’Informazione.
Il paragrafo 2 introduce il tema delle Agende Digitali in relazione alla politica di coesione, e
discute la difficoltà di misurazione della performance di tali interventi pubblici. Il paragrafo 3
sviluppa un modello concettuale ed empirico per la valutazione degli investimenti pubblici in BL,
enucleando una lista di indicatori e distillandone le necessarie proprietà euristiche. Nel paragrafo 4
tale modello viene specificato nel dettaglio, ed applicato all’esame della performance regionale
conseguita nell’azzeramento del divario infrastrutturale affliggente il servizio di BL di base. Il
paragrafo 4 riassume le proprietà statistico-metodologiche del modello presentato, e sviluppa alcune
implicazioni concernenti la valutazione dei futuri interventi per la banda ultralarga.
2. Le Agende Digitali Regionali e la politica di coesione: temi e problemi
L’Agenda Digitale Europea è stata declinata dagli stati membri in Agende nazionali (per l’Italia,
ADI, cfr. AgID, 2014) e successivamente regionali (Agende Digitali Regionali, ADR). Uno degli
assi di finanziamento centrali dell’ADI e delle ADR sono i fondi delle politiche di sviluppo e
coesione territoriale, al cui interno rientrano i fondi strutturali dell’Unione Europea e l’associata
quota di contributo nazionale (per una relazione aggiornata, cfr. CE, 2014), oltre ai fondi per lo
sviluppo rurale3; questa relazione tra Agende Digitali e fondi europei vale sia per il passato, che
soprattutto per il futuro della nuova programmazione 2014-20, dove gli interventi pubblici per la
BL costituiranno un obiettivo preliminare e capacitante per tutte le altre azioni connesse all’Agenda
Digitale (e-Government, Smart Cities, etc.).
Purtroppo, alcuni dei traguardi intermedi dell’ADE sono stati già mancati. Va infatti
ricordato che il raggiungimento del suo primo traguardo infrastrutturale (quello della copertura
universale del territorio dei paesi membri con il servizio di BL di base) era previsto per la fine del
2013; esso è stato poi rimandato al 2015, e recentemente è stata accordata all’Italia dalla
Commissione UE un’ennesima proroga fino al 2017; ancor prima del 2013, poi, non erano stati
3
Il finanziamento della BL nelle aree rurali poggia infatti anche sul fondo di investimento europeo FEASR (Fondo
Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale), che a rigore non fa parte dei fondi strutturali (che includono solo l’FSE e il
FESR) e nemmeno della politica di coesione (o politica regionale), che comprende solo i programmi finanziati da FSE,
FESR e FC (Fondo di Coesione). Il FEASR, assieme al FEP (Fondo Europeo per la Pesca, ora FEAMP), rientra però
nella più estesa dizione di “fondi strutturali e di investimento europei”.
3
rispettati parecchi obiettivi di sviluppo infrastrutturale della BL che varie regioni si erano poste
autonomamente, nell’ambito di propri Piani telematici regionali.
Per il 2020, l’ADE ha fissato ulteriori ambiziosi obiettivi per l’ammodernamento
dell’infrastruttura a BL: la copertura universale con la banda ultralarga minima (almeno 30 Mbs in
dowloading) e il 50% della popolazione con sottoscrizioni di banda ultralarga da 100 Mbs. Al fine
di evitare che pure le nuove scadenze dell’ADE colgano ancora il paese in mezzo al guado, e agli
ultimi posti della classifica europea, occorre quindi predisporre adeguati strumenti di monitoraggio
e valutazione della policy, a partire dal corposo piano di investimenti pubblici ora previsto in Italia
dalla recente nuova Strategia per la banda ultralarga (cfr. Presidenza del Consiglio dei ministri,
2015).
Le sfide di realizzazione dell’ADE si sommano alle criticità irrisolte della più generale
politica di sviluppo e coesione territoriale, che in Italia si ripropongono tipicamente a livello di
policy-making regionale. Un carattere radicato della sua politica di coesione è la difficoltà cronica
di spesa dei fondi europei entro i termini intermedi e finali, specie per le regioni del Sud e di alcuni
Ministeri4. Questo tema è stato oggetto di specifici interventi di rafforzamento delle capacità
gestionali della PA, già intraprese nelle due passate programmazioni, che però finora non hanno
marcato un deciso cambio di rotta (per una posizione simile, cfr. Dipartimento per lo Sviluppo e la
Coesione economica-Ministero dello Sviluppo Economico, DPS-MISE, 2014; p. 91).
Ancora, le radici del problema della governance della spesa pubblica paiono finanche più
endemiche e ‘strutturali’ al paese, essendo generalizzate a buona parte della PA e all’impiego di
varie categorie di fondi, anche nazionali: ad esempio, una difficoltà finanche maggiore si incontra
con gli investimenti pubblici più impegnativi (le cosiddette “grandi opere”), la cui realizzazione
accumula nel tempo forti ritardi, accompagnandosi spesso a lievitazione abnorme dei costi, rentseeking, corruzione5, e perfino opere pericolanti ed incompiute.
Peraltro, anche qualora si constatasse una buona performance quantitativa della spesa,
questo sarebbe comunque un magro risultato, occorrendo passare al livello di analisi successivo –
quello della performance qualitativa. Tra i pochi lavori disponibili, un interessante contributo
limitato alle regioni UE dell’Obiettivo Convergenza6 è l’analisi empirica fatta da Reggi e
Scicchitano (2014), i quali hanno rilevato che nella programmazione 2007-2013 le scelte regionali
di spesa dei fondi strutturali per l’Agenda digitale hanno tendenzialmente insistito sugli ambiti in
cui esse possedevano già buone posizioni, evidenziando una sorta di strategia inerziale e pathdependent, che in teoria dovrebbe essere connessa a rendimenti marginali decrescenti.
Di fatto, la perdurante “incapacità quantitativa” di spesa dei fondi europei (spesso percepiti
come denari con ‘licenza di spreco’) ha fatto sì che nel paese tardasse ad instaurarsi un dibattito e
una sensibilità statistico-metodologica sul tema della sua performance qualitativa; e l’esplorazione
di questo ulteriore ambito conoscitivo si scontra pure con il cronico deficit di trasparenza della PA e
della società italiana, e con i suoi ritardi e resistenze al rilascio di OGD. Va poi ricordato che la
4
Solo recentemente si è assistito ad un miglioramento delle procedure di spesa, che ha anche evitato in extremis perdite
importanti di fondi europei alle scadenze intermedie di fine 2013 e 2014. Per un aggiornamento sulla situazione
complessiva
ad
inizio
2015,
si
veda:
http://www.dps.gov.it/it/Notizie_e_documenti/news/2015/gennaio/Documento_0010
5
Per una delle prime analisi del fenomeno della corruzione italiana nei lavori pubblici in una prospettiva di lungo
periodo, e per i suoi legami sistemici con la classe politica nazionale, si veda Golden e Picci (2006).
6
Ricordiamo che esso include solo le regioni con un PIL pro-capite inferiore al 75% della media UE; per l’Italia, si
tratta di Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, mentre la Basilicata è stata ammessa a titolo transitorio (phasing out).
4
questione dell’insufficienza della base statistica ufficiale in Italia è endemico proprio ai temi della
Società dell’Informazione – a cominciare dallo stato effettivo della BL (cfr. Matteucci, 2013).
Tutto questo produce conseguenze negative a cascata (cfr. anche Barca e McCann, 2011):
vengono compromesse, nell’ordine, la qualità del monitoraggio della spesa pubblica e dei suoi
risultati (oggetto del presente lavoro), il successivo policy impact assessment e – per logica
strategica e sistemi di incentivi – anche il grado di impegno e di accountability del decisore
pubblico e dei portatori di interessi coinvolti. Ora, specie nella politica di coesione (dove è già
fisiologicamente più complesso attribuire il contributo della performance a motivo della pluralità
degli attori coinvolti), senza buoni indicatori la valutazione delle performance di spesa e di policy
impact diviene fuorviante. Infine, il miglioramento della base statistica è direttamente richiesto
dagli sviluppi e riforme recenti della politica di coesione, che succedono a circa un ventennio di
stasi. Tra essi, ricordiamo l’insistenza sul tema-chiave della “specializzazione intelligente” come
rimedio al velleitarismo e alla insostenibilità degli interventi non fondati su asset e percorsi di
specializzazione locali (o addirittura distribuiti “a pioggia”), la declinazione territoriale degli stessi
(place-based policy cfr. Barca et al. 2012), l’orientamento ai risultati della politica di coesione, e la
reingegnerizzazione degli stessi processi istituzionali, nell’ottica di una maggiore efficacia ed
efficienza (cfr. McCann e Ortega-Argilés, 2013).
A tale proposito, negli ultimi anni in Italia sono state avviate delle azioni di produzione
statistica territoriale nell’ambito di programmi nazionali (PON di Governance e Assistenza tecnica),
grazie ad un accordo di collaborazione tra ISTAT e DPS-MISE7: purtroppo, esse hanno finora
trascurato proprio il monitoraggio della Società dell’Informazione, privilegiando campi di
produzione statistica tradizionale e metodologicamente più consolidata: seppur recentemente siano
state offerte le prime batterie di indicatori, queste sono comunque parziali e prevalentemente di tipo
cross-section8. Ad esempio, per la copertura delle reti a BL la produzione ISTAT-DPS si focalizza
sulla BUL (offrendo il solo dato 2013), mentre non offre dati sull’andamento della copertura delle
reti a BL, che ha rappresentato il principale oggetto dell’intervento infrastrutturale della
programmazione 2007-13 per la Società dell’Informazione. In mancanza di fonti nazionali
adeguate, il ricorso alle statistiche internazionali armonizzate (tipo Eurostat, OECD, ITU) ci pare un
palliativo - nel nostro caso piuttosto ridondante e potenzialmente distorsivo, visto che le seconde
spesso si basano sui medesimi canali di rilevazione nazionali, e perdipiù scontano definizioni
tecnologicamente più obsolete9.
E per questo che l’avanzamento del dibattito scientifico e la qualità del monitoraggio della
spesa e dei suoi risultati, specie nell’Agenda Digitale, non possono prescindere da un sostanziale
miglioramento della base empirica disponibile, sia quantitativo che qualitativo. In tal senso, questo
lavoro offre un primo contributo, in quanto traccia un percorso di soluzione di alcune rilevanti
indeterminatezze metodologiche e insufficienze della base di dati disponibile. Infine, seppure la
tipologia di OGD su cui è basato il nostro modello di valutazione non sia armonizzata a livello
europeo (e quindi immediatamente ad esso trasponibile), ciò non risulta ostativo per il suo
7
Se ne veda un resoconto su: http://www.dps.tesoro.it/convenzioni_DPS_ISTAT.asp.
In molti casi, anche tardive. Ad esempio, le statistiche territoriali sulla Società dell’Informazione (Obiettivo Tematico
2, Agenda Digitale) utili alla programmazione 2014-20 sono state rese disponibili nel corso del 2014, quando la
pianificazione strategica e la redazione tecnica di AdP e POR erano già nella loro fase terminale, e in ritardo rispetto al
termine di presentazione alla Commissione UE.
9
Come evidenziato da Matteucci (2013), il vulnus statistico affligge sia l’indicatore di copertura che di sottoscrizione al
servizio. Nel secondo caso, paradossalmente, la distorsione che ne deriva sovrastima proprio la performance dei paesi
inseguitori, quale è l’Italia.
8
5
immediato utilizzo ai fini di valutazione della politica di coesione, in quanto il carattere placedbased di quest’ultima richiede, al bisogno, di privilegiare le priorità nazionali e regionali, adattando
ad esse il modello di valutazione (e la base dati).
3. Un modello di valutazione per gli investimenti pubblici in banda larga
La misurazione tout court della performance degli investimenti pubblici in BL pone una serie di
sfide di metodologia e di disponibilità dei dati che, invero, non sono specifiche agli stessi, bensì
coinvolgono pure l’intervento privato, come pure i servizi digitali veicolati dalla stessa
infrastruttura (si pensi alla altrettanto problematica valutazione dell’eGovernment – cfr. Seri et al.
2014). L’antecedente logico è che per lungo tempo in Italia, perfino nella letteratura accademica, è
mancata la consapevolezza dell’entità e della poliedrica morfologia del deficit infrastrutturale della
rete telefonica di accesso ad Internet, e delle conseguenti limitazioni di servizio che ciò comportava
in vaste aree del territorio nazionale. Paradossalmente10, nel passato decennio i pochi lavori sulla
BL semplicemente o non prendevano in considerazione la questione della copertura e della qualità
del servizio, o liquidavano frettolosamente lo sviluppo infrastrutturale come pressoché completato,
mentre al contrario si dilungavano sul mantra della insoddisfacente alfabetizzazione informatica
della popolazione – un fattore certo rilevante, ma non esaustivo e per taluni versi tautologico, alla
luce delle tecnologie in esame11. Più recentemente, qualche contributo ha iniziato ad esplorare
sistematicamente il divario digitale infrastrutturale, anche se con dati aggregati e prevalentemente in
modo statico (cfr. Matteucci, 2013; 2014a). Difatti, l’ostacolo principale è stato proprio la mancata
divulgazione di dati longitudinali territorialmente disaggregati sulla sua evoluzione, innanzitutto da
parte del regolamentatore di settore (l’AGCOM); una condizione che peraltro accomuna parecchi
indicatori della Società dell’Informazione12.
Questo lavoro ambisce a ridurre le conseguenze che un tale black-out statistico finora ha
avuto sulla valutazione delle politiche: e lo fa combinando una serie di banche dati innovative –
prevalentemente di tipo OGD - e sfruttando una fonte pressoché sconosciuta nella letteratura
accademica. Si tratta di Infratel Spa (http://www.infratelitalia.it), società di Invitalia Spa e in house
del Ministero dello Sviluppo Economico, la quale da tempo è il soggetto esecutore della stragrande
maggioranza degli investimenti pubblici in BL13. In particolare, Infratel sta gestendo la
realizzazione degli interventi per le due principali iniziative governative, il Piano nazionale banda
larga (PNBL) e il Progetto strategico banda ultralarga (PSBUL, cfr. MISE, 2012), oltre a
collaborare con le Regioni anche per progetti a titolarità e fondi locali. Ovviamente, investendo in
opere di infrastrutturazione passiva (scavi, dotti, antenne, linee in fibra ottica) e in segmenti di rete,
Infratel collabora stabilmente con i principali operatori di rete italiani (incumbent e nuovi entranti),
10
Infatti, la copertura ed il livello qualitativo in quegli anni erano di gran lunga peggiori di quelli odierni.
Ricordiamo che la diffusione delle ICT è soggetta a chiari effetti di rete e di “passaparola”, e la domanda e lo
sviluppo delle competenze digitali non possono procedere spediti senza un analogo miglioramento quantitativo e
qualitativo nell’offerta delle stesse.
12
Di riflesso, il meccanismo della divulgazione statistica si inceppa anche a livello internazionale. Basti pensare che
ancora oggi neanche l’Eurostat mette a disposizione una serie storica soddisfacentemente completa per la BL a livello di
NUTS2, nemmeno per un indicatore piuttosto standard come le sottoscrizioni, i cui dati partono solo dalla metà degli
anni Duemila, ossia a processo diffusivo da tempo avviato.
13
Alcune Regioni hanno invece deciso di avvalersi di proprie società in house sin dai rispettivi Piani telematici
regionali, non ricorrendo ad Infratel.
11
6
ed effettua per conto del Governo le periodiche consultazioni con essi, al fine di mappare le loro
attività di investimento private, attuali o prospettiche, e definire residualmente le aree “bianche”,
ossia quelle a fallimento di mercato (prive di operatori interessati alla copertura), dove l’intervento
pubblico è autorizzabile con più facilità ai sensi della vigente normativa sugli aiuti di stato per la
BL (cfr. EC, 2013); nel recente modello di clusterizzazione dei territori a fallimento di mercato per
la BUL (parziale o totale), esse corrispondono ai cluster C e D14 (cfr. Presidenza del Consiglio dei
Ministri, 2015).
Questa fonte di dati pone potenzialmente l’Italia in condizioni di recuperare parte del suo
gap informativo. Ciononostante, la valutazione dell’evoluzione temporale del divario digitale
infrastrutturale (e del connesso sforzo pubblico) rimane comunque un esercizio non banale, per
ragioni che peraltro variano anche in relazione al tipo di indicatore scelto ed alla sua fonte. In
analogia con la letteratura sulla misurazione dei servizi - specie pubblici (per un compendio, cfr.
Djellal e Gallouj, 2008), e facendo uno sforzo di uniformazione terminologica con i concetti invalsi
nella neo-riformata politica di coesione UE, in questo lavoro useremo le seguenti tipologie di
indicatori, adattandoli alle specificità tecnico-economiche del servizio di BL e dei relativi
investimenti infrastrutturali. La nostra lista sarà composta da:
a) Indicatori di risultato per l’utente (o outcome, nel linguaggio della politica di coesione):
proponiamo varie versioni del tasso di divario digitale infrastrutturale (DD), che poi è il
complemento a 100 del tasso di copertura del servizio di BL.
b) Indicatori di prodotto fisico diretto (o output, nel linguaggio della politica di coesione).
Ne proponiamo due, non previsti dal quadro di monitoraggio e valutazione della
Commissione UE: la lunghezza ed il numero delle tratte attive in fibra ottica realizzate
dal pubblico. Esamineremo questi indicatori di performance espressi, a seconda dei casi,
sia in modo relativo che assoluto. Complementariamente, gliene affianchiamo un terzo –
a rigore considerato come un indicatore di performance procedurale, ed implicitamente
previsto dal sistema di monitoraggio nazionale della politica di coesione - che è il grado
di avanzamento degli interventi infrastrutturali rispetto ai piani.
c) Indicatori di input e misti: in primis qui rilevano quelli monetari (che abilitano il calcolo
di indicatori di produttività delle risorse investite), e quelli che esprimono vincoli o
opportunità di contesto (context, nel linguaggio della politica di coesione; esempi
possono essere il capitale sociale, la qualità delle istituzioni formali ed informali, ma
anche caratteristiche fisiche ed orografiche del territorio). Gli indicatori di contesto, in
particolare, non vanno confusi con gli indicatori di prodotto e/o risultato, come già
puntualizzato da Barca e McCann (2011): i primi misurano stati tendenzialmente esogeni
alla policy in considerazione (almeno rispetto ad un suo dato momento iniziale), mentre i
secondi ne misurano le conseguenze dirette e complessive, attese (target) o realizzate.
Proponiamo come indicatore di contesto la (generale) capacità di governance della sfera
dei servizi pubblici e alcuni indicatori demografico-strutturali e di mercato.
14
Precisamente, mentre il cluster C include le aree rurali bianche dove è previsto un coinvestimento del privato a fronte
della concessione di incentivi pubblici, il cluster D include le aree rurali più marginali dove il privato non è disposto ad
investire nemmeno a fronte di detti incentivi.
7
Indicatori di risultato
Il primo problema da affrontare è la misurabilità del contributo pubblico rispetto al risultato per
l’utente, atteso o conseguito, che per alcuni indicatori di outcome richiede alcune cautele o
quantomeno precisazioni. E’ questo il caso dell’indicatore di divario digitale infrastrutturale, la cui
riduzione è sì il risultato atteso degli interventi pubblici, ma non solo di essi, visto che dipende da
un insieme di investimenti sia pubblici che privati (complementari), oltre che dallo stato della rete
telefonica di accesso ereditata, che in Italia è posseduta e gestita prevalentemente da Telecom
Italia15. Quindi, per le aree bianche - soggetti primari dell’intervento pubblico - questo ultimo si
pone come pre-condizione infrastrutturale abilitante anche per i successivi investimenti
complementari privati (ad esempio quelli sulla rete di accesso per la BL di prima generazione), i
quali non sarebbero normalmente intrapresi senza il primo tipo di intervento. In altri termini, sia per
motivi normativi (regime di aiuti di stato), sia per motivi tecno-economici, la relazione tra le due
componenti di investimento (pubblica e privata) nelle aree bianche assomiglia a quella di
“complementarietà strategica” di Bulow et al. (1985), con priorità di mossa centrata sul pubblico.
Un’altra questione metodologica riguarda sia l’outcome che (soprattutto) il successivo policy
impact assessment, e per completezza verrà qui menzionata. Essa è che, misurando la performance
del policy-making ai fini della successiva attribuzione di ciascun contributo ai soggetti responsabili,
si incappa nel tipico dilemma della bontà delle caratteristiche dell’esperimento (trattamento) di
policy16, tra cui rilevano ad esempio l’eventuale ritardo temporale con cui la policy manifesta i suoi
effetti sul tessuto economico e sociale, la disponibilità di un valido controfattuale ed in genere la
replicabilità delle condizioni sperimentali. In sostanza, le condizioni di partenza esistenti nelle aree
di intervento pubblico erano non solo difformi (ad es., il dato fisico-orografico o quello
demografico17), ma talora anche sconosciute o comunque non misurabili con metriche adeguate,
causando una sorta di eterogeneità non osservabile. Si pensi allo stato tecnico e manutentivo della
rete pre-esistente in rame, che dopo la privatizzazione del monopolista pubblico è diventato un vero
e proprio segreto industriale. O al tipo di relazione tecnico-funzionale tra investimento pubblico e
privato: ad esempio, vi sono stati interventi pubblici di rilegamento (alias, connessione) in fibra
ottica delle centrali telefoniche (cosiddetto backhauling) che hanno abilitato quasi automaticamente
l’erogazione del servizio ADSL (di base o premium) all’utenza, e altri che invece sono stati soltanto
il primo passo, richiedendo successive opere di ammodernamento o ricollocamento della centrale e
degli armadi riparti-linea, e/o interventi aggiuntivi su altri apparati della rete di accesso; queste
opere ed interventi, però, sono di stretta competenza dell’operatore di rete privato (e quindi non
coercibili da parte del decisore pubblico), e si può quindi generare un ritardo nell’osservazione degli
effetti dell’intervento pubblico.
Pertanto, l’investimento pubblico in queste aree si qualifica come condizione necessaria
(anche se non sufficiente) per la copertura del divario digitale infrastrutturale, e nella logica della
15
Minoritariamente, vi sono accessi la cui proprietà e gestione è di Fastweb; sui segmenti di rete non di accesso
(backhauling e rete di lunga distanza-backbone), o riferiti ad altri usi (reti private, reti business a larga capacità o per
segmenti di utenza specialistici) invece, opera una pluralità di operatori, e vi sono reti a proprietà pubblica, diretta (ad
es. di Infratel, emanazione del Ministero dello sviluppo economico) o parziale ed indiretta (ad es. di Terna, controllata
attraverso la Cassa Depositi e Prestiti, e Metroweb Italia, partecipata dalla stessa).
16
Per una trattazione in prospettiva storica dei progressi econometrici nello studio degli effetti dei programmi e
politiche pubblici, si rimanda ad Imbens e Wooldridge (2009).
17
In altri termini, portare la fibra ottica fin sulle Alpi o gli Appennini è tecnicamente più difficile e oneroso che
stenderla nella Pianura Padana, o in altre aree bianche demograficamente meno svantaggiate.
8
valutazione va apprezzato il suo ruolo di leadership ed innesco degli sviluppi endogeni di mercato –
un tema che è oggi centrale anche nel dibattito sulle ipotesi di intervento pubblico per la BUL.
In sintesi, di queste questioni metodologiche si dovrebbe tener conto, sia in fase di disegno
ed elaborazione dei più appropriati indicatori di performance di risultato, che nel successivo
esercizio di policy impact assessment (esercizio che - ripetiamo - è fuori delle ambizioni di questo
lavoro).
Indicatori di prodotto
Passando agli indicatori di prodotto fisico diretto (output), anche essi presentano potenzialità e
criticità, finora poco approfondite. Ne approfondiamo due caratteri salienti.
Il primo è che, da un lato, a differenza del caso precedente, la performance da loro misurata
è per costruzione direttamente attribuibile all’intervento pubblico. Dall’altro, però, anche in essi
potrebbero celarsi potenziali incongruenze: ad esempio, l’indicatore di output “lunghezza delle
tratte di fibra ottica realizzate” è una proxy che potrebbe celare differenze di complessità tecnicoesecutiva degli interventi sottostanti anche sostanziali. Fortunatamente, la distorsione da
eterogeneità geografica tra aree in un paese come l’Italia è tendenzialmente piccola, a motivo della
frequente varietà fisica interna alle regioni e della somiglianza orografica tra esse18; in ogni caso,
essa diviene trascurabile con l’aggregazione territoriale dell’analisi (passando dal comunale al
regionale).
In secondo luogo, alla luce del fatto che la performance ha una sua ineliminabile
poliformità, è opportuno disporre di una pluralità di indicatori, anche al fine di esplorarne le
rispettive relazioni tramite opportuni incroci. Ad esempio, il precedente indicatore di output,
mentre ci si aspetta che sia ben correlato (e positivamente) all’indicatore di input monetario (per
costruzione dei bandi, i costi di infrastrutturazione variano in relazione diretta con l’estensione
geografica degli interventi), potrebbe esserlo di meno con l’indicatore di risultato indiretto (DD o
suo complemento, ossia il tasso di copertura della popolazione), per vari motivi. Oltre al discorso
fatto in precedenza sulla complementarietà tecnica tra investimenti pubblici nel backhauling e
privati nella rete di accesso, vi è anche il peculiare andamento del rendimento dell’investimento
infrastrutturale in BL cablata: il raggiungimento delle ultime fasce di popolazione disconnessa
residenti nelle aree più remote comporta tipicamente ritorni decrescenti; in altri termini, a parità di
chilometri di infrastruttura stesa, vengono progressivamente raggiunte meno persone in divario
digitale.
Indicatori di input e misti
Da ultimo, le evidenze e gli indicatori sub c richiedono una strategia di ricerca tutta da inventare,
basata sull’esame documentale di vari tipi di fonti (a cominciare dalle notifiche per aiuti di stato).
Questo carattere destrutturato, se da un lato lo rende un ambito di studio fortemente creativo,
dall’altro si scontra spesso con le restrizioni informative poste sui procedimenti politici ed
18
Casi di maggiore facilità degli interventi potrebbero essere l’Emilia Romagna, Lazio e in misura minore Lombardia,
più pianeggianti o comunque con bassa e media collina. All’opposto, casi di maggiori difficoltà sono quelli delle regioni
insistenti maggiormente sull’arco alpino, come Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia.
9
amministrativi coinvolti, che in Italia sottostanno a norme vessatorie, obsolete ed in antitesi con lo
spirito della Società dell’Informazione19.
In conclusione, per tutti questi motivi, in fase di misurazione della performance si dovrebbe
utilizzare il maggior numero di indicatori, valutando al contempo la correlazione e la concordanza
tra questi ultimi (interna e rispetto agli indicatori di contesto). Da ultimo, questa mappatura
preluderebbe al passo successivo del policy impact assessment. Nella nostra applicazione del
modello concentreremo l’analisi sulle prime due tipologie di indicatori, mentre con riguardo alla
tipologia sub c svilupperemo solo un’analisi preliminare, mancando tutt’ora una base statistica
adeguata.
4. Un’applicazione all’area NEC
Va premesso che, se da un lato un dato modello di misurazione e di comparazione delle
performance regionali può avere interesse ed applicabilità generale, dall’altro ogni esercizio di
benchmarking sconta un proprio contesto di partenza e una determinata logica di raffronto, che
procede secondo la modalità di ceteris paribus. Qualora emergano, all’interno del campione di
studio, dei sotto-gruppi di osservazioni internamente più omogenei rispetto al resto, l’esercizio di
benchmarking diventa ancor più interessante e probante. Un caso di questo tipo si ha, all’interno
dell’area NEC stilizzata da Fuà (1983), tra Marche, Toscana e Veneto. Esse sono tre realtà regionali
diverse sotto vari aspetti ma, al tempo stesso, piuttosto omogenee da un punto di vista socioeconomico, istituzionale e di governance dell’intervento pubblico in BL, tanto da rappresentare
quasi un caso ideale da manuale valutativo. Per questo, daremo ad esse uno spazio privilegiato
all’interno del nostro esercizio comparativo. Ad esempio, tutte e tre sono regioni a forte vocazione
manifatturiera, e hanno avuto un modello di sviluppo socio-economico e urbano policentrico e
diffuso sul territorio, secondo la tipicità del modello NEC20; tra esse, il Veneto ha la maggiore
popolazione, la Toscana vanta la maggiore area di estensione, mentre le Marche seguono a distanza
in entrambe. A livello di densità di popolazione, il Veneto è in testa, mentre la Toscana e le Marche
seguono di fatto alla pari.
Anche riguardo agli input della performance, tra queste regioni vi è una forte somiglianza di
aspetti istituzionali e di meccanismi di governance degli investimenti pubblici. Infatti, oltre ad
essere tutte Regioni a statuto ordinario, rientrano anche sotto il medesimo Obiettivo “Competitività
e Occupazione”21 della politica di coesione. Inoltre, diversamente dalle altre regioni del Sud ed
19
Si pensi alla legge-madre sull’accesso ai documenti amministrativi, la n. 241/1990, che presuppone, ai fini della
concessione dell’accesso ai documenti, un angusto quanto limitante “interesse diretto” del richiedente agli effetti
giuridici del provvedimento su cui si chiedono informazioni alla PA: tipicamente, questo non ricorre nell’attività di
ricerca, dove prevalgono interessi pubblici.
20
Prive di metropoli, due su tre ospitano aree metropolitane relativamente medie e medio-piccole, poco dense e
distribuite in modo non concentrico. Ad esempio, secondo la recente metodologia di Boffi et al. (2013), la più grande,
quella veneta, oltrepasserebbe di poco i tre milioni di abitanti (per la precisione: 3,214), ma con una densità di
popolazione relativamente bassa (552 abitanti per km2). L’area metropolitana di Firenze avrebbe una popolazione
inferiore ai due milioni (esattamente: 1,792), con una densità di soli 665 abitanti per km2. Per comparazione, la densità
dell’area di Milano, Napoli e Roma (prima, seconda e quarta per popolazione) sarebbero rispettivamente di 935, 1.726 e
1.643 abitanti per km2.
21
Esso punta al rafforzamento del tessuto produttivo e alla creazione di nuove attività socio-economiche, secondo la
Strategia di Lisbona: suoi assi di intervento tipici sono la promozione dell’innovazione e dell’imprenditorialità, la tutela
dell'ambiente e il mercato del lavoro. Oltre agli interventi in capo al FSE, l'Obiettivo Competitività e Occupazione in
10
Isole appartenenti all’Obiettivo Convergenza, esse non sono state interessate dalla specifica
anticipazione del primo programma governativo per il finanziamento degli investimenti a BUL,
lanciato nel 2013 (cfr. MISE 2012) ed in corso di svolgimento. Infine, riguardo alla governance
dell’investimento pubblico, Marche, Toscana e Veneto sono realtà perfettamente comparabili, in
quanto hanno tutte deciso di avvalersi intensivamente della collaborazione operativa con MISE ed
Infratel Spa – nostra primaria fonte di dati. Altre regioni NEC (ad esempio, Trentino Alto Adige e
Friuli Venezia Giulia), utilizzando invece primariamente proprie società in-house, non sono
egualmente coperte a livello informativo (almeno per alcuni indicatori da noi usati), e come tali al
momento rimangono parzialmente raffrontabili22.
4.1. Indicatori di risultato
Iniziamo la comparazione delle performance regionali dagli indicatori di risultato per l’utente
(outcome), ossia in base all’effettiva disponibilità del servizio di BL in un’area: ricordiamo anche
che la BL, seppure non rientri formalmente tra i cosiddetti servizi di interesse economico generale,
(nell’acronimo inglese, SGEI), è ormai un servizio di fatto insostituibile come quello telefonico23, ai
fini della piena inclusione sociale e del livellamento delle opportunità di sviluppo socio-economico
tra soggetti e aree geografiche. Pertanto, gli indicatori di risultato primeggiano sugli altri sia per
priorità logica (contando l’effettiva fruibilità del servizio, prima ancora della quantità delle
infrastrutture costruite a tale scopo), sia perché tali indicatori sono il perno operativo della neoriformata politica di coesione e abilitano l’associato monitoraggio e valutazione.
Come richiamato nei paragrafi precedenti, il divario digitale di tipo infrastrutturale (DD) è
una realtà poliedrica e statisticamente complessa da misurare. La tabella 1 ne presenta una delle sue
più importanti tipizzazioni: DDC-PRi,t. La costruiamo a partire dal tasso DDCi,t (dove C sta per rete
cablata), che è il tasso percentuale della popolazione telefonica regionale (ossia, delle linee) non
coperta nemmeno da un servizio di BL cablata minima24. In sostanza, DDC-PRi,t pondera DDCi,t
rispetto al suo valore nell’anno base (t0 = dicembre 2005): quindi esso rappresenta la performance
relativa con un numero indice con base 2005 (da qui il suffisso -PR)25 (cfr. equazione 1).
DDC-PRi,t = DDCi,t *100 / DDCi,t0
con 0 < DDC-PRi,t < 100
(1)
L’indicatore DDC-PRi,t quindi mostra l’andamento relativo e temporale del processo di riduzione
del tasso di divario digitale cablato, permettendone un’agevole comparazione tra regioni (in crosssection), e tra regioni nel tempo (in time-series). Infine, per ulteriore benchmark (esterno), la tabella
1 riportata anche il valore della media dello stesso indicatore per l’area NEC e l’Italia.
Italia viene attuato in 14 Regioni e nelle 2 Province autonome attraverso 16 POR finanziati dal FESR. Esso comprende
le Regioni escluse dall' Obiettivo Convergenza, e corrisponde ai precedenti Obiettivi 2 e 3 della Programmazione
2000/2006.
22
Un problema in parte simile si pone anche per l’Emilia Romagna e l’Umbria, specie per gli interventi FEASR 200713, per cui le due regioni non si sono avvalse di un Accordo di programma con il MISE-Infratel.
23
Al contrario, quest’ultimo è riconosciuto nella UE come SGEI, soggetto a regime di servizio pubblico universale.
24
In Italia essa è stata definita dal Ministero dello sviluppo economico come un servizio digitale di trasmissione dati in
grado di assicurare stabilmente almeno 2 Mbs in dowloading.
25
Ad esempio, risulta che il divario digitale cablato del Trentino Alto Adige alla fine del 2014 è pari al 13% di quello al
2005. Si ha quindi una performance relativa migliore di tutte le altre regioni NEC, dove in media esso si è ridotto al
38,3% del livello iniziale, e della media del paese, dove la riduzione al 2014 è stata di 69,1 punti percentuali.
11
TABELLA 1. Entità relativa del divario digitale infrastrutturale cablato, 2005-2014, (numeri
indice, 2005=100) - DDC-PR.
Emilia R.
Friuli V.G.
Marche
Toscana
Trentino A.A.
Umbria
Veneto
Italia
NEC
2005
100
100
100
100
100
100
100
100
100
2006
99,1
98,0
91,7
96,9
97,6
97,8
86,9
93,3
95,4
2007
96,5
91,9
83,3
94,8
80,2
97,3
80,4
78,7
89,2
2008
95,6
81,4
76,3
92,8
78,1
96,8
77,4
74,7
85,5
2009
94,7
63,8
68,6
90,7
54,4
95,2
75,6
69,3
77,6
2010
79,8
63,3
56,4
88,7
53,0
87,6
73,2
58,0
71,7
2011
71,1
58,6
46,8
84,5
49,8
54,3
72,0
51,3
62,4
2012
62,3
57,1
43,6
80,4
34,6
49,5
67,3
44,7
56,4
2013
58,8
57,1
35,3
75,3
19,1
48,4
58,9
39,3
50,4
2014
50,9
47,3
15,1
57,6
13,0
46,5
38,0
30,9
38,3
Fonte: Nostre elaborazioni su dati Infratel Spa.
Come spiegato da Matteucci (2015), l’indicatore DDC – al di là delle sue possibili varianti e fonti26
- esprime la versione di divario infrastrutturale più rigorosa e prudenziale (appunto, quella cablata),
rispetto all’alternativa più usata del DD “assoluto” (DDA), che invece conteggia come coperte
anche le aree prive di rete cablata ma comunque servite ‘in qualche modo’ da reti wireless
(principalmente dalla rete mobile-cellulare e dal Wi-Max). Queste ultime, però, al momento hanno
ancora performance più incerte e discontinue, non adatte a servizi più bandwidth-intensive o a
profili di utenza che si basano sul cloud computing, che è in forte sviluppo – specie nel segmento
business e nella PA. Per questo, useremo come indicatore di performance regionale solo la tipologia
DDC, e non quella DDA.
La tabella 1 mostra che l’area NEC ha una performance relativa inferiore in tutti gli anni
considerati (con un divario che al 2014 è sceso al 38,3% del suo livello iniziale), rispetto alla media
del paese (30,9%); all’interno del NEC, tra le tre regioni prese come focus primario, le Marche
raggiungono nel 2014 la migliore performance, avendo un DDC residuo pari a solo il 15,1% del
livello del 2005; segue il Veneto, allineato alla media NEC, ed in coda alla triade la Toscana, con
un divario residuo ancora pari a più della metà del livello iniziale (57,6%).
Ora, la performance regionale espressa da DDC-PR è rapportata al livello del divario
infrastrutturale al tempo t0, il quale però dipendeva da fattori regionali specifici come l’assetto
fisico-orografico del territorio, lo stato preesistente della rete telefonica e le variabili opportunità ed
incentivi per l’investimento privato presenti nei vari territori27. In altri termini, il raffronto implicito
con la situazione al 2005 (precedente l’inizio dei programmi pubblici28) registra il condizionamento
di fattori in parte fuori dal controllo del policy-maker; allo stesso modo, per costruzione, questo
indicatore esprime una performance relativa all’ambiziosità della propria missione - l’azzeramento
del proprio DDC – che però era di entità piuttosto diversa tra regioni. E’ per questo che, oltre
26
L’indicatore DDC ha due varianti principali: quella Infratel e MISE. Quando viene elaborato secondo il modello
MISE, esso offre un’approssimazione ancora più realistica dell’effettivo stato della rete e della qualità del servizio. I
dati Infratel, qui utilizzati, sono invece di copertura lorda, anche se assolvono pienamente i nostri scopi conoscitivi che
sono limitati alla misurazione dello sviluppo infrastrutturale attribuibile all’intervento pubblico.
27
Tipicamente, le aree semi-urbane e rurali meno accessibili e socio-economicamente più svantaggiate nel 2005 erano
quelle meno dotate di infrastrutture per la BL, per le strategie di market skimming dell’operatore privatizzato.
28
Infatti, i primi interventi di aiuto di stato per l’infrastrutturazione pubblica a BL risalgono al periodo successivo al
2005, contando precauzionalmente l’anno di loro approvazione da parte della Commissione UE.
12
all’aspetto relativo della performance, ai fini della valutazione serve conoscere anche quello
assoluto, che deve essere poi normalizzato con un appropriato benchmark esterno. Questo ulteriore
indicatore, che chiameremo per analogia DDC-PA (ossia, performance assoluta), è presentato nella
tabella 2 (e formalizzato nell’equazione 2).
DDC-PAi,t = (DDCi,t0 - DDCi,t)*100 / (DDCItalia,t0 – DDCItalia,t)
con 0 < DDC-PAi,t
(2)
Intuitivamente, esso contiene due passaggi logici. Dapprima si calcola il numeratore, ossia la
performance assoluta regionale: per ogni anno, essa è pari alla differenza tra il valore del proprio
tasso di DDC al 2005 e quello del singolo anno t; pertanto, a differenza di DDC-PR, DDC-PA
elimina la componente diretta dell’effetto fisso idiosincratico - ossia l’influenza dello stato
precedente il trattamento della policy. Dopodichè, nel secondo passaggio, le differenze annuali così
calcolate vengono rapportate alla coeva performance assoluta media dell’Italia (denominatore);
infine si trasforma il tutto a numero indice (in questo caso, la base = 100 non è riferita al tempo ma
alla performance media). Ovviamente, al contrario di DDC-PR, DDC-PA per costruzione è un
indicatore di performance crescente: le regioni più virtuose ad un determinato anno sono quelle che
hanno valori almeno superiori a 100 (ossia, che battono il benchmark nazionale). Anche questo
indicatore permette confronti puntuali molto agevoli: ad esempio, la tabella 2 mostra che nel primo
biennio di osservazione (2006-5) l’Emilia Romagna aveva conseguito una performance assoluta di
riduzione del DDC pari a solo un decimo di quella media italiana (10), mentre il Veneto una più che
doppia (220); pertanto, risulta pure che la seconda regione aveva conseguito una prestazione
assoluta pari a ben 22 volte quella della prima. Infine, grazie alla serie storica dell’indicatore, siamo
pure in grado di tracciare temporalmente i periodi di sovra o sotto-performance della singola
regione, per poterli riferire a particolare eventi e break strutturali nella successiva analisi di
attribuzione causale dei risultati.
TABELLA 2. Variazione assoluta del divario digitale infrastrutturale cablato, rispetto alla
variazione media (media Italia=100) - DDC-PA.
Emilia R.
Friuli V.G.
Marche
Toscana
Trentino A.A.
Umbria
Veneto
Italia
NEC
2006
10
42
129
30
69
40
220
100
77
2007
13
53
81
16
175
16
103
100
65
2008
13
103
97
18
163
16
100
100
73
2009
13
165
107
20
280
20
89
100
99
2010
37
122
108
17
211
37
71
100
86
2011
45
119
114
21
195
116
64
100
96
2012
52
108
106
23
223
113
66
100
99
2013
52
99
111
26
252
105
76
100
103
2014
54
107
128
40
238
96
100
100
109
Fonte: Nostre elaborazioni su dati Infratel Spa.
Dalla medesima tabella emerge la forte eterogeneità delle performance assolute regionali dentro
l’area NEC, che mostra casi che conseguono al 2014 una performance più che doppia rispetto alla
media di area NEC e di paese (Trentino Alto Adige, con 238), e casi che ne raggiungono una pari
alla metà o anche meno (rispettivamente, Emilia Romagna e Toscana). Inoltre, il profilo temporale
dei guadagni di copertura mostra come il percorso di superamento del DDC esibisca forti
13
discontinuità, con impennate e rallentamenti pronunciati anche contigui. Ad esempio, il Veneto
viaggia a velocità doppia nel 2005-6 e media fino al 2008 (sempre rispetto al paese), mentre
successivamente rallenta. Viceversa, lo sforzo del Friuli Venezia Giulia e dell’Umbria si intensifica
nella parte centrale del periodo di osservazione, mentre quello dell’Emilia Romagna cresce nel
tempo rispetto al benchmark, pur rimanendo comunque più basso. Anche qui, il Trentino Alto
Adige si staglia come caso notevole, in quanto abbina alla migliore performance assoluta (rispetto
al benchmark) un impegno pressoché costante.
La tabella 3 sistematizza le precedenti evidenze, calcolando le posizioni di un’ideale
graduatoria regionale sui risultati al 2014. Emerge innanzitutto una buona somiglianza tra i ranking
calcolati in base a DDC-PR o DDC-PA, anche se vi sono comunque alcune differenze29. In
particolare, si nota che cambiando indicatore non cambiano i best e i low performer, che rimangono
rispettivamente Trentino Alto Adige e Marche da un lato, ed Emilia Romagna e Toscana dall’altro:
tuttavia, usando DDC-PA, la buona performance dei best performer viene ridimensionata passando
dalla classifica NEC (prima e terza colonna) a quella nazionale (seconda e quarta). Focalizzandosi
poi sulla triade NEC, si rileva che le Marche guidano la classifica davanti a Veneto e Toscana, che
segue ultima, rispetto a entrambi gli indicatori (PR e PA).
TABELLA 3. Classifica regionale degli indicatori di risultato - fine 2014.
Regione
Ranking NEC
Trentino A. A.
Marche
Veneto
Umbria
Friuli V. G.
Emilia R.
Toscana
DDC-PR
Ranking nazionale
3
4
10
15
16
18
20
Regione
Ranking NEC
Trentino A. A.
Marche
Friuli V. G.
Veneto
Umbria
Emilia R.
Toscana
DDC-PA
Ranking nazionale
4
9
11
12
13
18
19
Legenda: posizione in classifica rispetto alle sole regioni NEC (1° e 3° colonna) e alle 20 regioni italiane (2° e 4°).
Fonte: Nostre elaborazioni su dati Infratel Spa.
In sintesi, in questa sezione abbiamo elaborato due primi indicatori di risultato - DDC-PR e DDCPA – che a nostra conoscenza costituiscono la migliore approssimazione dell’investimento pubblico
stanti i dati finora disponibili, identificando essi quello che supra abbiamo chiamato l’effetto di
leadership (o traino) dell’intervento pubblico sul privato. A margine, abbiamo anche rilevato
l’inadeguatezza degli indicatori basati sul concetto di DDA (che conteggia la copertura raggiunta
anche con tecnologie wireless): pertanto, a parere di chi scrive, diversamente da quanto talora si
rinviene negli stessi studi e documenti del decisore pubblico, ogni valutazione dell’intervento
infrastrutturale pubblico dovrebbe essere basata su indicatori di copertura cablata.
29
Questo dato è confermato dalla successiva analisi di correlazione di rango (Spearman) estesa all’“Italia-Infratel” (cfr.
infra), che evidenzia come PR e PA abbiano un grado di associazione di classifica di intensità media (- 0,652)
statisticamente significativo al 5%. Il segno negativo origina dalla modalità di costruzione degli indici.
14
4.2. Indicatori procedurali e di prodotto
Gli indicatori dell’output fisico misurano quella performance il cui raggiungimento è strumentale a
quello del risultato per l’utente (outcome); come anticipato, l’output pubblico è condizione
necessaria ma non sufficiente per l’outcome. Nel nostro caso, attingendo agli Open Data del sito di
Infratel, abbiamo elaborato una serie di possibili indicatori a partire dai dati grezzi di cantiere,
raccolti dalla stessa in qualità di società in-house del Ministero dello sviluppo economico deputata
alla gestione operativa dell’intervento pubblico per le infrastrutture a BL.
Seppur con una procedura triangolata dall’intervento di Infratel (o da quello di una società
in-house regionale, nei casi minoritari in cui così avviene), il piano di investimento infrastrutturale
in BL è comunque finanziariamente e politicamente riferibile alla Regione in cui si attua
l’intervento con denaro pubblico, al di là delle specificità burocratico-procedurali implicate dal tipo
di finanziamento attivato (ad es., fondi FSC ex-FAS, FESR, FEASR, regionali, etc.).
Conseguentemente, questa famiglia di indicatori misura una performance più direttamente e
strettamente attribuibile all’intervento pubblico, rispetto all’effetto “leadership” (o traino) della
precedente famiglia: pertanto, con il suo uso potrebbero intervenire variazioni nella classifica
regionale di cui alla tabella 3.
Prima di presentarli, è bene fare alcune premesse sulle specificità tecniche di questi
investimenti. Innanzitutto, gli ostacoli burocratici-procedurali possono costituire un importante
fattore di ritardo, rispetto ai meri tempi tecnici di esecuzione di cantiere: ad esempio, l’assegnazione
dei lavori può essere ritardata da contenziosi e ricorsi amministrativi in fase e dopo la procedura di
gara per l’appalto; una volta assegnati, i lavori possono venire dilazionati dalla gestione delle
autorizzazioni di scavo e di antenna deliberate da enti pubblici e soggetti come Anas, Provincie,
Comuni, o dai proprietari privati dei fondi attraversati; dall’ottenimento dei permessi di colocazione dei nuovi cavi di fibra nelle infrastrutture passive delle utility esistenti; talora, anche da
problemi di ritardo di pagamenti pubblici e fallimento ‘a cascata’ delle ditte aggiudicatarie o
subappaltatrici. Invece, una volta ottenuti i permessi necessari e avviati i lavori, di solito il
completamento tecnico della tratta procede piuttosto speditamente: questo origina una non linearità
dell’output fisico rispetto a tempo.
Per questo, anteporremo agli indicatori di output un indicatore procedurale, che fornisce una
visione sintetica su quanto realizzato rispetto ai piani, adottando quindi una logica relativa.
L’indicatore base, prima della normalizzazione, viene fornito da Infratel e definito come la
percentuale di completamento a fine 2014 delle infrastrutture in fibra ottica30 rispetto ai piani (in
termini di spesa), nell’i-esima regione (COMP). Prendiamo pertanto COMP e lo normalizziamo con
la media del’“Italia-Infratel”31; il relativo indice diventa quindi una misura di celerità relativa
(rispetto agli obiettivi di partenza), normalizzata; in analogia con il precedente indicatore relativo,
lo chiamiamo COMP-PR (cfr. equazione 3).
COMP-PRi,2014 = COMPi,2014 *100 / COMPItalia,2014
30
con 0 < COMP-PRi,2014
(3)
Si tratta dell’intervento di tipo A del PNBL, che è quello destinato a rilegare in fibra (backhauling) le centrali
telefoniche delle zone più rurali, che senza l’intervento pubblico non supportano un servizio di BL propriamente
definita.
31
A motivo dell’uso di società in-house regionali, per Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta
Infratel non possiede tutti i dati degli interventi, che raccoglie invece per il resto delle regioni dove interviene
direttamente. Queste ultime costituiscono appunto quella che chiameremo l’”Italia Infratel”.
15
Venendo poi agli indicatori di output in senso stretto, il primo è basato sulla lunghezza delle tratte
di fibra ottica fin qui effettivamente stesa, e l’indice viene costruito normalizzando i chilometri
regionali per la media dell’Italia-Infratel. Quindi, questo indice misura l’ordine di grandezza
assoluta (normalizzata), e indirettamente anche la complessità globale degli interventi pubblici
regionali fin qui eseguiti, e come tale lo chiamiamo KM-PA, in analogia con gli altri indicatori di
tipo “-PA” qui sviluppati (cfr. equazione 4).
KM-PAi,2014 = KMi,2014 *100 / KMItalia,2014
con 0 < KM-PAi,2014
(4)
Similmente, calcoliamo anche un indice di complessità procedurale dell’output, come quoziente del
numero delle tratte regionali attive rispetto a quelle medie dell’Italia-Infratel; anche questo è un
indice di performance assoluta (normalizzata), TR-PA (cfr. equazione 5).
TR-PAi,2014 = TRi,2014 *100 / TRItalia,2014
con 0 < TR-PAi,2014
(5)
Le due proposte sono simili ma, almeno in teoria, non coincidenti. Se la lunghezza delle tratte è
sicuramente una misura della complessità esecutiva dell’output (come pure della ruralità delle aree
bianche interessate), lo è anche il numero di tratte (ciascuna pensabile come un progetto a sé); al
contrario, la loro capillarità di nodo di rete (approssimabile con gli utenti raggiunti per tratta o km di
tratta) è un indicatore troppo ambivalente, essendo una proxy di qualità esecutiva ma al contempo
troppo dipendente dall’assetto demografico (esogeno) delle aree rurali, e perciò non verrà utilizzato.
Inoltre, un ulteriore elemento da rimarcare è che gli indicatori fisici di lunghezza correlano molto
con quelli di investimento monetario complessivo, per l’incidenza dei costi variabili sui termini a
base d’asta: perciò, non avrebbe molta variabilità statistica né senso pratico, nella valutazione di
questo specifico tipo di infrastruttura, l’uso di indicatori di costo unitario (ad es. investimento per
km). Infine, va ricordato per l’agenda di ricerca futura che le potenzialità della famiglia degli
indicatori di output fisico aumenteranno con la quantità e qualità di Open Data di cantiere e di
bando resi pubblici, permettendo nuovi incroci e proxy di performance.
La tabella 4 presenta i valori dei sopradescritti indici per tutte le regioni NEC disponibili
(con base 100=Italia-Infratel a fine 2014) e i relativi ranking NEC e nazionale (per quest’ultimo,
cfr. colonne terza, sesta e nona); in questa tabella, ad un valore più alto dell’indice (colonne
seconda, quinta, ottava) per costruzione corrisponde sempre una performance regionale maggiore.
Dalla tabella, emergono cambiamenti rilevanti nei best e low performer, rispetto alla classifica in
tabella 3. In particolare, notiamo la scalata in testa alla classifica del Veneto come best performer
NEC in tutti e tre gli indicatori, dalla precedente posizione mediana: questa spiccata performance
operativa sembra confermare le evidenze del case-study di Matteucci (2014b), da cui emerge un
buon giudizio sul policy-making per la copertura infrastrutturale e la Società dell’Informazione in
Veneto. Un avanzamento complessivo di posizioni si riscontra anche per l’Emilia Romagna e la
Toscana; quest’ultima, però, avanza nel primo 50% dei casi solo negli indici di output di
performance assoluta (KM e TR)32; l’Umbria, invece, conferma grosso modo le sue precedenti
32
E’ interessante rilevare che la bassa posizione in classifica di Toscana rispetto a COMP-PR collima con le sue
analoghe posizioni rispetto a DDC-PR e DDC-PA, a rimarcare che lo stato di implementazione toscano dell’intervento
infrastrutturale risulta quantomeno in forte ritardo.
16
posizioni nel secondo 50% dei casi. E’ poi interessante notare che solo con questi indicatori l’area
NEC mostra una performance chiaramente sopra la media del paese, al contrario di quanto avviene
con gli indicatori di risultato).
TABELLA 4. Valore e classifica regionale degli indicatori procedurali e di prodotto - fine
2014.
Regioni
COMPPR
Posiz.
Regioni
KM-PA Posiz.
Ranking
NEC
Indice
Ranking
nazionale
Ranking
NEC
Indice
Ranking
nazionale
Veneto
Emilia R.
Marche
Umbria
Toscana
Italia
NEC*
129
111
105
94
70
100
102
4
7
8
12
14
-
Veneto
Marche
Toscana
Emilia R.
Umbria
Italia
NEC*
146
117
115
99
53
100
106
2
6
7
10
14
-
Regioni
TR-PA
Posiz.
Ranking
NEC
Indice
Ranking
nazionale
249
133
113
76
41
100
122
1
5
7
11
15
-
Veneto
Marche
Toscana
Emilia R.
Umbria
Italia
NEC*
Legenda: valori-indice degli indicatori (COM-PR, KM-PA, TR-PA; 100=Italia-Infratel) e posizione regionale rispetto
alla classifica delle 17 regioni dell’Italia-Infratel (esclude Friuli V.G., Trentino A.A. e Valle d’Aosta).
. *= Area NEC ridotta al campione Infratel, ossia senza Friuli V.G. e Trentino A.A.
Fonte: Nostre elaborazioni su dati Infratel Spa.
Ancora, alla luce delle tabelle 3 e 4, possiamo abbozzare una sorta di meta-classifica finale sulla
nostra triade di focalizzazione: fermo restando che la Toscana rimane in coda ad entrambe,
osserviamo che le posizioni in testa di Marche e Veneto seguono piuttosto univocamente la famiglia
di indicatore: mentre per l’indicatore di risultato indiretto (riflettente il mix di intervento pubblicoprivato) le Marche sopravanzano il Veneto, in quello di output fisico – imputabile esclusivamente al
pubblico - è il Veneto a guidare la classifica. Questo risultato, meritevole di approfondimento con
un’analisi territorialmente più disaggregata, potrebbe segnalare una minore risposta dell’intervento
privato in Veneto, rispetto ai target; e la stessa potrebbe essere spiegata dai ‘soliti’ fattori avversi di
superficie, densità e contesto.
Infine, presentiamo la matrice di correlazione lineare tra entrambe le tipologie di indicatori
(coefficiente di Pearson) (cfr. tabella 5), calcolata sull’universo delle venti regioni. Essa conferma
che, con l’eccezione dell’elevato legame esistente tra KM-PA e TR-PA33 (già intuibile dalla tabella
4), ogni altro indicatore ha capacità informativa autonoma – almeno rispetto ad una relazione di tipo
lineare34; infatti, anche nel caso dei due indicatori di risultato (DDC-PR e -PA), l’intensità del
legame è soltanto media (-0.553).
33
Quindi, diversamente dall’ipotesi iniziale, concludiamo che nel nostro specifico campione la lunghezza in chilometri
ed il numero delle tratte identificano in modo simile la performance regionale.
34
Per questo motivo, testeremo infra anche la presenza di una relazione di tipo più generale, con l’indice di correlazione
per ranghi di Spearman, che guarda ad una relazione tra indicatori di tipo meramente ordinale.
17
TABELLA 5. Matrice di correlazione lineare tra indicatori regionali di risultato, procedurali
e di prodotto - fine 2014.
DDC-PR
DDC-PA
COMP-PR
KM-PA
TR-PA
DDC-PR DDC-PA
1
-0,553*
1
0,148
0,309
-0,349
-0,159
-0,318
-0,210
COMP-PR
KM-PA
TR-PA
1
-0,354
-0,285
1
0,870*
1
Legenda: *=coefficienti di Pearson statisticamente significativi al 5%. N.= 20 per la coppia DDC-PR/DDC-PA, 17 per
le altre coppie.
Fonte: Nostre elaborazioni su dati Infratel Spa.
4.3. Altri indicatori utili per il policy - assessment
Presentiamo infine la tipologia di indicatori sub c. Il caso degli indicatori di input monetario (la
tipologia più antica usata in letteratura per la misurazione del prodotto dei servizi, cfr. Djellal e
Gallouj, 2008) è particolarmente complesso da trattare negli investimenti a BL: per complessità
tecnico-metodologiche e logica di funzionamento dei termini d’asta (ad es., multidimensionalità dei
criteri di aggiudicazione e segretezza a fini anti-collusivi delle offerte), i relativi dati non sono
pubblicamente disponibili, né sarebbero comunque agevolmente trattabili, statisticamente35. Di
conseguenza, la medesima difficoltà si trasferisce sugli indicatori misti di performance (ad es.,
risultato o output fisico per unità di input monetario). Peraltro, almeno per l’infrastruttura passiva di
backhauling, nei prezzi regionali ci dovrebbe essere una ridotta variabilità statistica, anche a motivo
dell’uso di prezzi standard per unità di lunghezza e della competenza specializzata di Infratel, che la
mette in grado di progettare dei bandi piuttosto aderenti alle reali condizioni di operatività e di
territorio, e di stimolare un esito concorrenziale tipo yardistick. Per questo, anche alla luce del
problema del reperimento dei dati, qui preferiamo esplorare altri indicatori di performance
operativa, maggiormente promettenti ed univoci.
In teoria, una buona misura delle condizioni di operatività e di contesto potrebbe essere il
tempo necessario per l’ottenimento di un permesso di costruzione dagli enti preposti sulla singola
tratta e area: infatti, nel caso della costruzione dell’infrastruttura passiva, sono vari i passi
burocratico-procedurali coinvolti, andando dal nazionale (ad es. Anas) al comunale. Risulta poi che
l’ottenimento dei permessi per tratte e comuni diversi può comportare tempi di attesa molto
variabili36. Purtroppo, la variabile in questione è raccolta da Infratel ma incompleta, e quindi non
utilizzabile.
Come strategia alternativa, allargheremo il capo di osservazione dei fenomeni burocraticoamministrativi prendendo un altro indicatore che misura la qualità complessiva della governance
regionale, l’European Quality of Government Index (EQI), che per l’Italia mostra una forte
35
Si pensi al principio della neutralità tecnologica, che nei bandi per la rete di accesso vieta di imporre il tipo di
tecnologia da usare. O anche allo stesso meccanismo d’asta della “migliore offerta economica” (un criterio composito
che include anche aspetti tecnologici, in luogo del massimo ribasso di prezzo che vige in altri tipi di aste pubbliche), che
genera eterogeneità delle offerte vincenti tra bandi.
36
Da nostre preliminari esplorazioni dei dati Infratel risulta ad esempio che, in una regione come le Marche, i giorni di
attesa medi per le tratte dell’intervento più rapido (comune di Comunanza) sono solo 3, mentre per quelle
dell’intervento più lento (Ripatransone) sono ben 418. Ovviamente, la performance non è necessariamente riconducibile
al solo ente Comune, ma all’insieme dei soggetti coinvolti dalle tratte.
18
variabilità interregionale: qui viene presa la sua versione al 2013 (cfr. Charron et al. 2015)37, dopo
averla trasformata in indice con base nazionale38, IEQI, da interpretare in senso crescente.
TABELLA 6. Valore e classifica regionale degli indicatori di governance, BUL e strutturali,
2013-14.
Regioni
IEQI
Ranking
NEC
Ranking
Indice nazional
e
Trentino
A. A.
Friuli V.
G.
Pos.
Regioni
IBUL
Pos.
Ranking
NEC
Ranking
Indice nazional
e
Regioni
IPOP
Pos.
Ranking
NEC
Rankin
g
Indice
nazion
ale
Regioni
IDENS
Pos.
Ranking
NEC
Indice
Ranking
nazional
e
213
1
Emilia R.
142
4
Veneto
162
5
Veneto
133
5
175
3
119
5
Emilia R.
146
6
Emilia R.
99
7
Veneto
143
4
Toscana
Friuli V.
G.
91
9
Toscana
123
9
Marche
82
10
Emilia R.
141
5
Umbria
78
11
51
13
11
125
6
Veneto
71
13
40
15
Toscana
Friuli V.
G.
81
Umbria
78
12
Toscana
123
7
55
14
35
16
15
123
8
37
18
Umbria
30
17
Umbria
Trentino
A. A.
53
Marche
Marche
Trentino
A. A.
Marche
Friuli V.
G.
Trentino
A. A.
38
16
Italia
100
-
Italia
100
-
Italia
100
-
Italia
100
-
149
85
84
81
NEC
NEC
NEC
NEC
Fonte: Nostre elaborazioni su dati Infratel Spa e EQI (cfr. https://nicholascharron.wordpress.com/european-quality-ofgovernment-index-eqi).
La tabella 6 presenta i valori regionali di IEQI e la relativa posizione in classifica NEC e nazionale
per i soli membri NEC. Per parsimonia espositiva, nella stessa tabella presentiamo anche: 1) un
indice di sviluppo infrastrutturale spontaneo (di mercato)39 della banda ultralarga (IBUL, costruito
come percentuale di linee telefoniche regionali coperte dal servizio a fine 2014 in rapporto alla
media italiana), 2) l’indice della popolazione regionale (rispetto alla popolazione media italiana),
IPOP e 3) l‘indice di densità per km2 della popolazione regionale (rispetto alla densità media
italiana), IDENS. Pertanto, in tutti i casi (genericamente identificati con IX-PA nell’equazione 6,
dove IX è l’indicatore strutturale o di mercato originario), la base dell’indice è 100= Italia.
IX-PAi,2013/4 = IXi,2013/4 *100 / IXItalia,2013/4
con 0 < IX-PAi,2013/4
(6)
La prima evidenza di rilievo è che per qualità della governance l’area NEC si classifica sopra la
media italiana: in particolare, si staglia in graduatoria la posizione di eccellenza del Trentino Alto
Adige, che ricorda la doppia performance lusinghiera registrata dalla stessa regione negli indicatori
di risultato indiretto. Con riguardo agli altri indici riportati in tabella, segnaliamo le pessime
37
L’EQI è un indicatore sviluppato a partire da indagini campionarie che rilevano nella UE le opinioni dei rispondenti
circa il livello di corruzione del settore pubblico, e l’imparzialità e la qualità dei servizi pubblici. Ne esistono due crosssection, al 2010 e 2013; copre tutti i 28 stati membri e si spinge, a seconda dei casi, sino al livello territoriale NUTS1NUTS2.
38
Abbiamo riparametrato l’indice di EQI (EQI10013) costruendone uno omologo, IEQI, con valore 100=Italia.
39
Quindi IBUL non è una proxy dell’intervento pubblico, in quanto questo ultimo è stato attivato in poche regioni del
Sud ed è ancora agli inizi nel periodo osservato: si tratta quindi di prevalenti sviluppi di mercato, esogeni alla policy.
19
posizioni (quattordicesimo e diciottesimo posto) per copertura di BUL detenute da due best
performer nella infrastrutturazione pubblica a BL - Trentino Alto Adige e Marche - e i fattori di
massa critica e di densità demografica (IPOP e IDENS), che ci ricordano che per esse il Veneto e
l’Emilia Romagna sono le due regioni NEC più favorite. Circa la sottodotazione attuale di Trentino
Alto Adige e Marche nella copertura spontanea a BUL, va ribadito che ciò non è in contraddizione
con le loro alte performance nella riduzione del DDC della BL, essendo diversi sia i soggetti
responsabili che i segmenti di rete, le aree e le tecnologie rispettivamente coinvolti. Va anzi
ricordato che un efficace e tempestivo intervento pubblico pregresso nella BL di base giocherà un
ruolo importantissimo nella soluzione del divario futuro – quello della BUL: infatti, gli investimenti
pubblici per il backhauling delle centrali telefoniche insistono su porzioni contigue della stessa rete
di connettività la quale, nelle aree “nere” e “grigie”, sta già abilitando la BUL come sviluppo
spontaneo di mercato. Analogamente, per portare il servizio a BUL nelle aree rurali, sono necessari
ulteriori investimenti nella rete di accesso, che il privato al momento nell’area NEC non ha
convenienza a realizzare, se non in una quota minoritaria di aree urbane (cfr. anche Matteucci,
2014a e 2015 per un’analisi della situazione nell’area Nord e Centro). In questo senso, l’analisi
effettuata in questo lavoro diviene rilevante, mutatis mutandis, anche per la valutazione della policy
elaborata per assicurare una rapida copertura universale della BUL, su cui insisterà la
programmazione 2014-20 della politica di coesione, anche attraverso il coordinamento centrale
della nuova Strategia nazionale per la BUL (cfr. Presidenza del Consiglio dei Ministri, 2015).
Infine, nella tabella 7 mostriamo l’analisi di correlazione per rango tra gli indicatori di
performance e di contesto fin qui esaminati, che sistematizza le evidenze emerse nelle precedenti
classifiche; essa, come noto, è meno restrittiva della correlazione di Pearson nella ricerca di legami
di associazione tra variabili, non limitandosi al solo caso lineare.
TABELLA 7. Matrice riepilogativa di correlazione di rango tra indicatori regionali di
risultato, prodotto e input/contesto.
IPOP
1
IPOP
0,862*
IDENS
-0,047
DDC-PR
-0,546*
DDC-PA
COMP-PR -0,432
0,654*
KM-PA
0,691*
TR-PA
-0,284
IEQI
0,619*
IBUL
IDENS DDC-PR DDC-PA COMP-PR KM-PA TR-PA IEQI IBUL
1
0,074
-0,657*
-0,248
0,463
0,551*
-0,215
0,690*
1
-0,656*
-0,039
-0,458
-0,380
-0,023
0,339
1
0,272
-0,088
-0,142
0,092
-0,718*
1
-0,291
-0,389
0,042
-0,205
1
0,941*
-0,010
0,125
1
0,000
0,130
1
-0,098 1
Legenda: *=coefficienti di Spearman statisticamente significativi al 5%. N.= (20 o 17, a seconda delle coppie)
Fonte: Nostre elaborazioni su dati Infratel Spa.
Dalla stessa tabella emergono alcune regolarità di rilievo, che confermano molte delle intuizioni
precedentemente avanzate. Il principale messaggio è che le differenti famiglie di indicatori da noi
esplorate, mappando aspetti diversi dell’intervento pubblico nella BL, identificano ranking regionali
20
in genere poco correlati nel rango (o comunque senza significatività statistica)40: ad es., si veda
l’assenza di correlazione significativa tra il risultato indiretto, l’output diretto e la perfomance
procedurale. L’implicazione forte per la valutazione delle ADR è quindi che, nel monitoraggio e nel
policy assessment sulla BL, non è indifferente guardare ad un aspetto della performance piuttosto
che ad un altro, visto che con essi cambiano anche le classifiche.
Un discorso a parte meritano gli indicatori di input e di contesto. Innanzitutto, la mancata
associazione statistica a livello nazionale tra performance ed IEQI non deve far concludere
frettolosamente che la qualità della governance, espressa qui da un indicatore piuttosto generale,
non sia importante per gli investimenti pubblici in BL. Ad esempio, è plausibile che gli specifici
meccanismi di trasmissione della performance qui in gioco divergano da quelli validi per le grandi
opere infrastrutturali, a più difficile monitoraggio41 e maggiormente esposte a dinamiche di rentseeking, lobbying e criminalità organizzata – specie nei territori storicamente soggetti a legami
clientelari, secondo l’ipotesi di Charron e Lapuente (2013). Infatti, vari elementi fattuali lasciano
supporre che gli investimenti in infrastrutture passive a BL non scatenino gli interessi economici e
le interferenze degli stakeholder tipicamente attivati da opere pubbliche molto più onerose,
tipologicamente diverse42 e difficilmente controllabili perché uniche. Ulteriormente, a nostro avviso
andrebbe approfondito il ruolo originale giocato da Infratel e dal MISE nell’architettura
istituzionale di gestione delle commesse, che paiono agire come soggetti pubblici specializzati
capaci di operare un controllo pervasivo sui bandi di tipo yardstick, foriero quantomeno di efficacia.
Su questo, l’agenda di ricerca futura potrà portare un notevole contributo, al momento limitato dalla
pochezza di evidenze disponibili.
Di certo le evidenze precedenti, per quanto parziali, vedono comunque la performance di
intervento pubblico dell’area NEC essere superiore alla media italiana in vari indicatori (specie
quelli assoluti) - e a ciò si associa una performance nella governance tendenzialmente migliore del
benchmark nazionale. Quindi, seppur non generalizzabili su scala nazionale, vi sono comunque
segni di associazione tra le due sfere per sottoinsiemi dell’universo.
Ancor più interessante è la concordanza di rango tra le classifiche di alcuni indicatori di
contesto, che conferma alcune nostre ipotesi di partenza. Nell’ordine, ribadito che le regioni con
densità più alta sono meno afflitte da problemi di DDC, in tabella 7 risulta correttamente verificato
che la classifica per densità e quella di risultato indiretto assoluto (DDC-PA) sono mediamente
associate (in modo inverso, per costruzione). Allo stesso modo, essendo le regioni più grandi per
popolazione spesso anche maggiori per territorio, la classifica del dato strutturale (IPOP) viene ad
essere in relazione diretta con quelle delle performance infrastrutturali, misurate con l’output fisico
(KM-PA e TR-PA). Da ultimo, la medesima tabella conferma che le regioni più popolate e dense
avranno meno problemi e priorità di intervento pubblico per le infrastrutture a BUL, alla luce dei
coevi sviluppi spontanei di mercato (cfr. i coefficienti positivi e significativi di IPOP e IDENS con
40
Ad eccezione degli indicatori della stessa famiglia: il caso già visto di DDC-PR e DDC-PA, le cui classifiche anche in
questa tabella risultano significativamente e mediamente associate (-0,656), conferma che, su tutto il campione, le
performance regionali misurate sui risultati vengono identificate abbastanza similmente da un concetto relativo o
assoluto. Un caso ancor più stringente si ha tra KM-PA e TR-PA.
41
Come osservato da Rodríguez-Pose (2013), la stessa misurazione delle istituzioni è oltremodo complessa, per non
citare i problemi di selezione del giusto mix di istituzioni formali ed informali, la loro variabilità temporale e altri
problemi come l’endogeneità delle istituzioni rispetto alla crescita e, per analogia, alla performance dell’intervento
pubblico. In ogni caso, non è questa la sede per un test rigoroso della relativa ipotesi causale.
42
Ad esempio, gli scavi con minitrincea usati per le opere civili della BL minimizzano il movimento terra, che è un
tipico ambito di infiltrazione della criminalità organizzata nei lavori pubblici in Italia.
21
IBUL). Correlativamente, i problemi di transizione alle NGAN saranno invece molto più rilevanti
per le regioni che già hanno dovuto lavorare sodo con la BL di base (cfr. DDC-PA, associata
significativamente ad IBUL con un coefficiente di ben -0,718).
Concludendo con una frase ad effetto, possiamo dire che, nel bene e nel male, gran parte del
futuro del policy-making per la BUL è scritto nel passato recente di quello per la BL di base, da noi
qui esaminato.
5. Considerazioni conclusive
Di fronte al declino industriale e alle esigenze di rinnovo del capitale fisso in alcuni settori
privatizzati si assiste, in Italia come in Europa, ad un forte ritorno di legittimazione dell’intervento
pubblico nell’economia, sia nel sostegno agli investimenti, che nella stessa proprietà dei mezzi di
produzione – in specie le infrastrutture di rete più strategiche, che veicolano servizi di interesse
economico generale. Al tempo stesso, il vincolo del debito sovrano e la scarsità delle risorse rispetto
ai fabbisogni rendono urgente un ripensamento delle logiche e modalità di valutazione dello stesso
intervento pubblico, all’insegna di una sua maggiore efficacia ed efficienza. Il caso della neoriformata politica di coesione UE e del finanziamento delle ADR nella corrente programmazione
2014-20 è un ambito esemplare per la necessità di una migliore misura e valutazione degli
interventi, e giustifica un esame retrospettivo sull’esperienza della programmazione in esaurimento
(2007-13), che vada oltre la finora prevalente enfasi sulla mera performance quantitativa.
Purtroppo, a dispetto della necessità di robuste evidenze empiriche che abilitino un tale
esercizio, ad oggi molti ambiti della Società dell’Informazione rimangono opachi alle statistiche
ufficiali - nonostante l’avvio di specifiche iniziative a supporto della politica di coesione. Il caso
della misurazione del divario infrastrutturale a BL e della performance degli interventi pubblici per
la sua soluzione nelle aree a fallimento di mercato è emblematico, e risulta largamente inesplorato.
Il problema principale è statistico-metodologico: sia il divario che i relativi interventi sono
fenomeni poliedrici, che abbisognano di una nutrita schiera di indicatori adeguati. Grazie ai nuovi
Open Data di Infratel, ci siamo addentrati in questo campo inesplorato, e abbiamo criticamente
argomentato la costruzione di tre principali tipologie di indicatori: di risultato indiretto, di output
diretto e di input e contesto.
Con riguardo agli indicatori usati, emerge che queste tre tipologie mappano dimensioni
diverse della perfomance, e come tali generano classifiche differenziate. Questo fatto deve mettere
in guardia di fronte ai futuri esercizi di monitoraggio e valutazione della spesa, e a quelli di policy
impact assessment, affinchè non si generino comportamenti opportunistici di ricerca della
metodologia di comodo, bensì si predisponga per tempo un quadro di misura e benchmark certo e
condiviso – meglio se questo avviene a livello nazionale, per evitare di “balcanizzare” la
valutazione, oltre che gli sviluppi della Società dell’Informazione e delle AdR, come in parte
accaduto43. L’occasione di promuovere una sana cultura e metodologia del benchmarking,
purtroppo, ad esperienza di chi scrive, pare sia stata già persa in fase di redazione dell’AdP nel
2014, quando si è ingenerato – complice anche l’instabilità e la pluralità dei Governi del paese che
43
Un esempio è quello della sanità elettronica (e-Health), dove si è avuta una miriade di soluzioni e sviluppi regionali
spesso autoreferenziali e non interoperabili, senza sufficiente massa critica, che stanno ora fallendo l’uno dopo l’altro, o
languono nel limbo.
22
l’hanno redatto - un meccanismo deresponsabilizzante di anarchia metodologica, funzionale al rentseeking. Queste aree di indeterminatezza e potenziale anarchia valutativa possono essere ancora
riassorbite, a patto di una chiara volontà politica nazionale per il cambio di rotta;
complementariamente, occorre fissare obblighi precisi e cogenti di rilascio di nuovi Open
Government Data44, per giungere ad una serie di indicatori adeguati per le principali dimensioni di
intervento dell’Obiettivo Tematico 2 (Agenda Digitale), prima che si rimetta in moto il solito
meccanismo di spesa dei fondi europei ‘a briglie sciolte’.
Un altro importante risultato di questo lavoro è quello di aver mostrato che, ad oggi,
nell’ambito qui studiato (infrastrutture di BL in Italia), gli indicatori di risultato indiretto, pur
godendo di una promettente base statistica di tipo OGD e pur avendo un più pregnante legame con
le finalità della politica di coesione, sono meno stringenti e immediati ai puri fini del monitoraggio
e valutazione della policy, a motivo del rapporto di complementarietà funzionale (e anche
strategica) esistente tra investimenti privati e pubblici in BL. Riteniamo inoltre che questo rapporto
caratterizzi in modo peculiare questo Obiettivo Tematico (il n. 2), che non a caso è intriso dei noti
“effetti di rete” caratteristici delle ICT, che originano tipici dilemmi di coordinamento tra agenti; di
tutto questo anche il policy impact assessment deve prendere piena consapevolezza, per non
rischiare di divenire fuorviante. Per questo, l’implicazione metodologico-operativa più immediata
del presente lavoro è quella di usare il primo tipo di indicatori continuandolo ad integrare
quantomeno con quelli di performance diretta (output fisico) e procedurale, la cui interpretazione e
monitoraggio sono più immediati e univoci, e forniscono maggiori riscontri, anche ai fini degli
effetti giuridici connessi alla valutazione delle politiche. Infine, gli indicatori monetari e misti di
efficienza paiono ancora poco utilizzabili, per specificità tecno-economiche idiosincratiche al
settore in esame, nonché per endemiche carenze di dati. L’ultimo punto implica che, allo stato
attuale, lo sviluppo più probabile pare quello della valutazione di efficacia dell’intervento pubblico,
mentre per quello di efficienza non pare ancora esserci un quadro statistico e metodologico
consolidato di supporto.
A livello geografico, il focus sull’area NEC rivela una performance (di prodotto e
procedura) tendenzialmente superiore alla media del paese, anche a fronte di una situazione di
partenza più difficile e di un ammontare di risorse disponibili inferiore (essendo queste aree coperte
dall’Obiettivo Competitività, molto meno generoso di quello Convergenza).
In conclusione, il caso di intervento esaminato ci pare un’isola relativamente felice nel mare
tempestoso in cui naviga la spesa pubblica, che sta attraversando forse una delle sue maggiori crisi
di credibilità e sostegno popolare dell’Italia repubblicana - specie con riguardo alle cosiddette
grandi opere infrastrutturali. Basti pensare alla frequente circostanza di bandi per il divario digitale
che si chiudono rendicontando economie di spesa e riprogrammando i residui per altri progetti: di
certo, ciò configura una buona pratica in una PA i cui bandi per opere pubbliche non raramente
finiscono con lievitazioni di costo esorbitanti, scandali e incompiute. E ciò mostra come l’attuale
modello di intervento pubblico per l’infrastrutturazione a BL di base, su cui ora si innestano le ADR
del 2014-20 e gli interventi per la BUL, funzioni quantomeno soddisfacentemente. Vari elementi
sembrano concorrere a questo felice esempio, e anche questi meritano un approfondimento
specifico. Comunque, di fronte alle ormai fatue lusinghe delle privatizzazioni “in salsa italiana”, il
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La normativa esistente sulla trasparenza ed il rilascio di Open Government Data ha fatto molti progressi, almeno dal
2012 e sulla carta: il problema è che molte amministrazioni pubbliche le rimangono inadempienti, e non fronteggiano
per questo sanzioni cogenti.
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caso di intervento pubblico qui studiato può essere valutato come interessante e pregevole, nella
necessaria attesa di progetti ed impegni di politica industriale ancor più ambiziosi.
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i
Si ringrazia una serie di dirigenti e funzionari di due delle tre Regioni di nostra focalizzazione per i colloqui e le
informazioni fornite; gli uffici di Infratel Spa e del Ministero dello Sviluppo Economico per il supporto nella fruizione
dei relativi Open Data; alcuni partecipanti al XXXVIII Convegno di Economia e Politica Industriale per utili
osservazioni. Si è poi grati a Manuela Crescini, Pasquale Giantomasi, Rossella Lehnus e Alessandro Sterlacchini per
utili conversazioni e/o commenti su alcuni aspetti qui trattati, e a due anonimi referee per i puntuali rilievi. Quanto qui
argomentato, ovviamente, riflette solo l’opinione e la responsabilità di chi scrive. Gli Open Data usati sono quelli
disponibili ed elaborabili sul sito Infratel Spa, con aggiornamento a marzo 2015.
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