istituzioni di diritto privato i

Transcript

istituzioni di diritto privato i
ISTITUZIONI DI DIRITTO PRIVATO I
SEMINARIO XVIII – 22.5.2008
Segue: contratto a favore di terzo e contratto per persona da nominare
Dott.ssa Francesca Parola
MATERIALI
1. Cass., 20.1.2005, n. 1150 (contratto a favore del terzo)...……………………….………….p. 1;
2. Cass., 19.12.2006, n. 27129 (contratto a favore del terzo e contratto per persona da
nominare)………………………………………………………………………………………...p .6.
Contratto a favore del terzo
IL CASO
Il Comune di Meta e Tizio, assessore delegato, stipulano un contratto con la società Alfa,
proprietaria di un camping, al fine di sistemare presso la struttura turistica, in un bungalow e per
due mesi, Caio e la sua famiglia, sfrattati da alloggio comunale.
Scaduto il termine di due mesi, poiché, nonostante la diffida, la famiglia continua a detenere il
bungalow, senza che nessun pagamento sia mai stato effettuato nei confronti di Alfa, questa decide
di agire in giudizio chiedendo il rilascio del bungalow, nonché la condanna di Tizio e del Comune
al pagamento di una somma pari al corrispettivo dell'uso dell'alloggio.
Si illustrino le rispettive difese delle parti.
Cass., sez. III, 20-01-2005, n. 1150.
Nel contratto in favore di terzi - che può essere costituito da un contratto di albergo, purché lo
stipulante vi abbia un interesse, che può essere economico, istituzionale o anche morale - lo
stipulante rimane parte contrattuale, mentre il terzo non è parte né in senso sostanziale né in senso
formale e deve limitarsi a ricevere gli effetti di un rapporto già validamente costituito ed operante,
senza che a suo carico possano discendere obbligazioni verso il promittente; ne consegue che è
sempre lo stipulante ad essere obbligato nei confronti del locatore alla restituzione della cosa
locata da parte del terzo e, in caso di ritardo, alla corresponsione di quanto dovuto ai sensi del
disposto dell’art. 1591 c.c.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
- Con citazione notificata l'1.6.1994 Alfa, società proprietaria di un camping, conveniva davanti al
Pretore di Torre Annunziata, sez. distaccata di Sorrento, il Comune di Meta e Tizio, assessore
delegato, nonchè Caio, assumendo che il Comune le aveva chiesto di sistemare presso la sua
struttura turistica, in un bungalow e per due mesi Caio e la sua famiglia, sfrattati da alloggio
comunale; che scaduto il termine di due mesi, nonostante la diffida, la famiglia continuava a
detenere il bungalow, senza che nessun pagamento fosse mai stato effettuato nei confronti di essa
attrice. Pertanto l'attrice chiedeva la condanna di Caio al rilascio del bungalow e dei convenuti in
solido al pagamento di una somma pari al corrispettivo dell'uso dell'alloggio, nonchè al risarcimento
dei danni.
Il Pretore di Sorrento, con sentenza n. 95 del 1996, condannava Caio a rilasciare l'immobile e
condannava il Comune a pagare all'attrice la somma di L. 41.700.000.
- Proponeva appello il Comune di Meta ed appello incidentale l'attrice.
Si costituivano e resistevano Tizio ed Caio. Il tribunale di Torre Annunziata, con sentenza
depositata il 21.6.2000, rigettava la domanda nei confronti del Comune di Meta e condannava il
Cuccaro al pagamento nei confronti dell'attrice della somma di L. 1.200.000.
Riteneva il tribunale che, per effetto della richiesta di alloggio inoltrata all'attrice dall'assessore
Tizio il 9.2.1994, in favore di Caio era stato stipulato un contratto atipico di locazione, in quanto
avente ad oggetto un locale all'interno di una struttura alberghiera ed avente una durata limitata a
soli due mesi; che, giusta la disposizione di cui all'art. 35 del d.lgs n. 77 del 1995, in mancanza di
atto deliberativo dell'organo collegiale, il rapporto obbligatorio si era perfezionato tra l'assessore
Tizio e l'attrice, per cui il primo andava condannato al pagamento del corrispettivo per soli due
1
mesi, pari al tempo di alloggio indicato nella predetta lettera, non potendosi far carico allo stesso
della permanenza di Caio nel bungalow per altri 655 giorni.
- Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l'attrice.
Resistono con controricorso il Comune di Meta ed Tizio.
Quest'ultimo ha anche presentato ricorso incidentale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente vanno riuniti i ricorsi a norma dell'art. 335 c.p.c..
1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt.
1411, 1571, e 1591 c.c., in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c..
Assume la ricorrente che erratamente il giudice di appello, pur avendo condiviso che nella
fattispecie sussistesse l'ipotesi di contratto a favore di terzo, in cui il contraente era l'assessore Tizio
ed il terzo beneficiario era Caio e, pur avendo ritenuto che il contratto in questione fosse un
contratto atipico di locazione, ha poi ritenuto che il contraente Tizio fosse tenuto al pagamento solo
del corrispettivo per i primi due mesi di locazione e non anche per il periodo successivo, a titolo di
indennità di occupazione a seguito della scadenza del contratto di locazione, nonchè al pagamento
dei relativi danni a norma dell'art. 1591 c.c., essendo stato costituito in mora il contraente
inadempiente con nota del 28.3.1994. Lamenta poi la ricorrente il vizio di motivazione
dell'impugnata sentenza per aver omesso ogni motivazione in merito al mancato riconoscimento dei
danni per la protratta occupazione del bungalow.
1.1. Ritiene questa Corte che il motivo è fondato e che lo stesso va accolto.
La sentenza impugnata ha ritenuto che il contratto in questione fosse un contratto atipico di
locazione a favore di terzo, in quanto la società attrice gestiva un complesso alberghiero ed oggetto
della locazione era un bungalow; che detto contratto era stato stipulato dall'assessore Tizio e che il
terzo beneficiario era Caio.
Osserva questa Corte che il contratto in questione più propriamente va qualificato come contratto di
albergo, proprio sulla base dell'attività svolta dall'attrice (società turistico-alberghiera) e dall'oggetto
del contratto (un bungalow della struttura turistico-alberghiera).
2.2. Il "contratto di albergo" non può in se considerarsi un contratto tipico, non trovando alcuna
specifica regolamentazione nel c.c. (il quale agli art. 1783 e 1785 disciplina solo il deposito delle
cose portate in albergo o consegnate all'albergatore), nè nella legislazione speciale. Esso è, invece,
un contratto atipico o misto, con cui l'albergatore si obbliga a prestazioni, molteplici ed eterogenee,
che vanno dalla locazione dell'alloggio, alla fornitura di servizi, al deposito, senza che la
preminenza riconoscibile alla locazione dell'alloggio possa valere, sotto il profilo causale, a far
assumere alle altre prestazioni carattere meramente accessorio (Cass. 28 novembre 1994, n. 10158,
Cass. 24 luglio 2000, n. 9662).
2.3. Quanto alla disciplina da applicare a detto contratto, salve le norme specifiche,si applicano i
principi formulati in tema di contratto misto.
In caso di contratto misto, il negozio deve essere assoggettato alla disciplina unitaria dell'uno o
dell'altro contratto, in base alla prevalenza degli elementi che concorrono a costituirla. Siffatto
criterio, tuttavia, non vale certamente ad escludere ogni rilevanza giuridica agli elementi del
contratto non prevalente, i quali sono regolati con norme proprie se queste non sono incompatibili
con quelle del contratto prevalente (Cass. 02/12/1997, n. 12199; 12/04/1999, n. 3578).
Nella fattispecie il carattere prevalente è stato ritenuto dalla sentenza impugnata e dalle parti negli
elementi propri della locazione, poichè con il contratto si mirava a dare un alloggio al Cioffi ed alla
sua famiglia.
Ciò comporta che la disciplina da applicare sia appunto quella della locazione, in relazione alle
questioni sollevate.
2
Tra gli obblighi del conduttore vi è quello della restituzione del bene locato (art. 1590 c.c.), ed in
caso di ritardata restituzione egli è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla
riconsegna, salvo l'obbligo di risarcire il maggior danno (art. 1591 c.c.).
1.4. Occorre ora esaminare quali riflessi abbia nella fattispecie il fatto che detto contratto di albergo,
con prevalenza degli elementi della locazione, fosse stato stipulato in favore di un terzo, e cioè di
Caio.
Anzitutto va osservato che non vi sono ragioni preclusive alla possibilità che il contratto in favore di
terzo sia costituito da un contratto di albergo (oppure di locazione), purchè, ovviamente, lo
stipulante vi abbia un interesse, che può essere non solo economico o istituzionale, ma anche
morale (Cass. 28/11/1994, n. 10158, per l'ipotesi di contratti di albergo stipulati da un Comune in
favore di famiglie di sfrattati).
Stante la struttura e la disciplina del contratto in favore di terzo (art. 1411 e segg.), lo stipulante
rimane parte contrattuale.
Il terzo, in quanto tale, non è parte del contratto nè deve poterlo divenire successivamente (ciò
distingue il contratto a favore di terzo dal contratto per persona da nominare, Cass. N. 3115/1995).
Il terzo deve limitarsi a riceve gli effetti di un rapporto già validamente costituito ed operante,
mentre non è concepibile che discendano per il terzo obbligazioni verso il promittente (Cass. N.
5699/1978).
1.5. Da ciò consegue che anche nel caso di contratto di locazione (o di albergo) a favore di un terzo
è sempre lo stipulante il contratto ad essere obbligato nei confronti del locatore alla restituzione
della cosa locata da parte del terzo ed alla corresponsione della somma dovuta come corrispettivo
fino alla data dalla consegna, salvo il maggior danno, in caso di ritardo, a norma dell'art. 1591 c.c..
Pertanto nella fattispecie la sentenza impugnata, che ha ritenuto che lo stipulante Tizio non fosse
tenuto ad altra somma che quella relativa ai due mesi di canone, e non anche al pagamento dello
stesso corrispettivo fino al momento consegna del bene da parte del terzo beneficiario all'attrice,
salvo il maggior danno, ha violato le norme di cui agli artt. 1411 e 1591 c.c..
2. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 28 Cost., in
relazione all'art. 1337 c.c., nonchè la violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell'art. 35 e 37 d.lgs n. 77
del 1995.
Assume la ricorrente che il Tribunale - nell'escludere la responsabilità del Comune - ha effettuato una lettura parziale
della normativa di cui al d.lgs. n. 77/1995, non avendo tenuto conto che l'art. 37 della predetta norma prevede il
riconoscimento di legittimità dei debiti fuori bilancio per l'acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi
dell'art. 35 d.lgs n. 77/1995.
In ogni caso ritiene la ricorrente che sussiste la responsabilità precontrattuale della p.a., per aver essa fatto affidamento
sulla conclusione del contratto.
2.1. Ritiene questa Corte che il motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile.
Osserva preliminarmente questa Corte che, per pacifica giurisprudenza, l'azione di responsabilità, a norma dell'art. 23
d.l. n. 66 del 1989 (riprodotto senza sostanziali modifiche dall'art. 35 d. lgs n. 77/1995, ed attualmente a seguito
dell'abrogazione delle predette norme, dall'art. 191 dal d.lgs. 18.8.2000, n. 267), è esperibile dai privati contro
amministratori ed i funzionari di province, comuni e comunità montane per prestazioni e servizi resi senza il rispetto
delle prescritte formalità, (Cass. 6.2.1999, n. 1045; Cass. 2.9.1996, n. 8025, Cass. 22.11.2000, n. 15096).
2.2. A norma dell'art. 23 d.l. n. 66/1989, - che regola la fattispecie ratione temporis - a tutte le amministrazioni ivi
indicate l'effettuazione di qualunque spesa è consentita esclusivamente se sussistano la deliberazione autorizzativa nelle
forme previste dalla legge, divenuta (o dichiarata) esecutiva, nonchè l'impegno contabile registrato dal ragioniere sul
competente capitolo del bilancio. Tale normativa ha profondamente inciso sulla disciplina del rapporto tra gli enti locali
suindicati ed i loro funzionari ed amministratori, nonchè tra questi ultimi ed i privati contraenti, delineando una frattura
ope legis del rapporto organico tra detti soggetti e l'Amministrazione, e quindi escludendo la riferibilità a quest'ultima
delle iniziative adottate al di fuori dello schema procedimentale previsto, allo scopo evidente di garantire un più
rigoroso rispetto dei principi di legalità, correttezza e trasparenza nella gestione, di assicurare che la volontà contrattuale
sia espressa dagli organi istituzionalmente competenti, ed al tempo stesso di contenere la spesa pubblica e prevenire il
formarsi del disavanzo finanziario degli enti stessi, attraverso la previsione che ad ogni obbligazione assunta faccia
riscontro l'impegno contabile registrato sul competente capitolo di bilancio.
2.3. Il Giudice delle leggi (sia pure in tema di lavori di somma urgenza) ha rilevato che la disciplina in esame configura
un rapporto contrattuale unicamente tra il terzo contraente ed il funzionario (o l'amministratore) che ha autorizzato
3
l'esecuzione dei lavori, tale da rendere meramente apparente l'acquisizione di beni e servizi all'ente locale, e che la
conseguente scissione del rapporto di immedesimazione organica tra agente e Pubblica Amministrazione vale a rendere
l'ente locale estraneo agli impegni di spesa assunti, così da non consentire neppure di invocare il parametro dell'art. 28
Cost. (come ha fatto nel presente motivo la ricorrente) il quale, nel configurare la responsabilità della Pubblica
Amministrazione accanto a quella dei funzionari, presuppone in via di principio che l'attività posta in essere sia alla
stessa riferibile (cfr. Corte, Cost. n. 446 del 1995 e n. 295 del 1997).
2.4. Stante la predetta configurazione giuridica dei contratti stipulati in assenza di impegno contabile, è agevole rilevare
come il riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio, di cui all'art. 37 del d.lgs n. 77 del 1995 costituisce una
facoltà discrezionale dell'ente locale, che va esercitata con il procedimento di cui alla predetta norma e che solo all'esito
dello stesso impegna l'ente pubblico dal quale promana, entro i limiti della somma riconosciuta (Cass. 29/01/2003, n.
126.5, Cass. 14/01/2002, n. 355). Infatti l'art. 5 d.lg. 15 settembre 1997 n. 342, che ha sostituito la lett. e) del comma 1
dell'art. 37 d.lg. 25 febbraio 1995 n. 77 -disposizione poi trasfusa nell'art. 194, comma 1, lett. e), d.lg. 18 agosto 2000 n.
267 - ammette la possibilità di un riconoscimento a posteriori della legittimità dei debiti fuori bilancio, subordinandolo
ad una formale deliberazione di riconoscimento del debito da parte dell'ente nei limiti degli accertati e dimostrati utilità
ed arricchimento per l'ente stesso, nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza, fermo
restando che (a norma degli art. 35 d.lg. n. 77 del 1995 e 191 d.lg. n. 267 del 2000), in caso di mancato riconoscimento,
il rapporto contrattuale intercorre unicamente tra il terzo contraente e il funzionario o l'amministratore che ha
autorizzato la prestazione. Avuto riguardo al tenore letterale e alla "ratio" delle norme indicate, la relativa valutazione
spetta all'amministrazione e il giudice non può ad essa sostituirsi affermando l'esistenza di un diritto al riconoscimento
del debito assunto fuori bilancio, nella ricorrenza delle condizioni indicate dal legislatore perchè l'ente possa procedere
al riconoscimento.
2.5. Ne consegue che, in assenza nella fattispecie di un riconoscimento del debito fuori bilancio secondo il
procedimento di cui all'art. 37 del d.lgs. n. 77 del 1995, la censura in esame della ricorrente è infondata.
2.6. Inammissibile è la censura con cui la ricorrente lamenta che il giudice di appello non abbia accolto la domanda nei
confronti del Comune sotto il profilo della responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c..
Trattasi infatti di domanda nuova, proposta per la prima volta in questa sede, e, quindi, come tale inammissibile.
3. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 82 r.d. 22.1.1934 n. 37,
ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c..
Lamenta la ricorrente che nell'intestazione della sentenza è stato indicato come domicilio eletto dal Comune di Meta e
dall'assessore Tizio quello corrispondente al recapito professionale del loro procuratore costituito in Napoli, mentre, ai
sensi dell'art. 82 del r.d. 22.1.1934, non essendo stato eletto domicilio nella sede del tribunale di Torre Annunziata,
doveva essere indicata come domicilio, la cancelleria dello stesso tribunale.
Ritiene questa Corte che il motivo sia anzitutto inammissibile, per carenza di interesse, essendo stata l'impugnazione di
questa sentenza regolarmente notificata ed essendosi costituiti i predetti due intimati.
4. Con l'unico motivo del ricorso incidentale Tizio lamenta la violazione degli artt. 1571, 1325, 1346 e 1362 e segg. c.c..
Assume il ricorrente che la lettera da lui inoltrata all'attrice non costituiva una proposta contrattuale, poi accettata
dall'attrice, di locazione del bungalow in favore del terzo Caio, ma solo "una raccomandazione", non essendo stato
indicato il corrispettivo e quale dovesse essere il bungalow.
10.1. Ritiene questa corte che il motivo sia in parte infondato ed in parte inammissibile e che lo stesso vada rigettato.
Il tribunale ha ritenuto trattarsi di contratto di locazione, proprio perchè, essendo indirizzata ad una società che gestiva
l'attività commerciale attinente ad una struttura turistico-alberghiera, una richiesta di tal fatta secondo l'id quod
plerumque accidit, integrava una proposta contrattuale di locazione (rectius: di contratto di albergo).
Sotto il profilo dell'assunta violazione degli artt. 1571, 1325 e 1346 c.c. per omessa determinazione dello specifico
bungalow e del corrispettivo, va osservato che, proprio perchè trattasi di contratto di albergo (sia pure con elementi
prevalenti della locazione), non sussiste l'indeterminatezza dei predetti due oggetti, in quanto il corrispettivo è
determinabile sulla base delle tariffe praticate per quel periodo e comunicate agli uffici di competenza, mentre il locale
da destinare all'alloggio è quello messo a disposizione dall'albergatore, purchè facente parte della struttura alberghiera e
destinato all'alloggio dei clienti, ciò proprio secondo quell'id quod plerumque accidit, cui sinteticamente si riporta la
sentenza impugnata.
10.2. Sotto il profilo dell'assunta violazione degli artt. 1362 e segg., il motivo di ricorso è inammissibile per genericità.
Infatti la parte che denunzi in cassazione l'erronea determinazione della volontà negoziale effettuata dal giudice di
merito in violazione degli artt. 1362 e segg. c.c., è tenuta ad indicare quali canoni o criteri interpretativi siano stati
violati; in mancanza l'individuazione della volontà negoziale - che avendo ad oggetto una realtà fenomenica ed
oggettiva, si risolve in un accertamento di fatto, istituzionalmente riservato al giudice di merito - è censurabile non già
quando le ragioni addotte a sostegno sono diverse da quelle della parte, bensì allorchè esse sono insufficienti o inficiate
da contraddittorietà logica o giuridica (Cass. 12.3.1994, n. 2415; Cass. 2.2.1996,n. 914; Cass. 25.2.1998,n. 3142).
11. In definitiva va accolto il primo motivo del ricorso principale e vanno rigettati i restanti, nonchè
il ricorso incidentale.
4
Va cassata l'impugnata sentenza, in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese
processuali del giudizio di Cassazione, alla corte di appello di Napoli, che si uniformerà al seguente
principio di diritto: "Ritenuto possibile nel nostro ordinamento un contratto di albergo stipulato in
favore di terzo, a norma dell'art. 1411 c.c., allorchè in detto contratto atipico o misto siano
prevalenti gli elementi della locazione dell'alloggio, la ritardata restituzione di quest'ultimo da parte
del terzo beneficiario all'albergatore comporta che lo stipulante sia tenuto verso l'albergatore a
pagare il corrispettivo convenuto fino alla consegna, salvo il maggior danno, a norma dell'art. 1591
c.c.".
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi. Accoglie il primo motivo di ricorso e rigetta i restanti, nonchè il ricorso
incidentale. Cassa, in relazione al motivo accolto, l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese
del giudizio di Cassazione, alla corte di appello di Napoli.
5
Contratto a favore del terzo e contratto per persona da nominare
IL CASO
Tizio stipula con Alfa, che si impegna ad acquistare per sé o per altri, contratto preliminare di
cessione delle quote sociali di Beta. La definitiva determinazione del costo delle quote viene
stabilita in base alla verifica dello stato patrimoniale della società Beta; viene altresì stabilito il
diritto di recesso a favore della cessionaria per il caso in cui l’ammontare del patrimonio di Beta
risultasse inferiore ad un limite stabilito.
La verifica di cui sopra viene effettuata da apposita società di revisione, Gamma.
A seguito dell’accertamento da parte di quest’ultima, viene stipulato contratto definitivo di cessione
fra Tizio e Caio, soggetto nominato da Alfa in base alla riserva prevista nel contratto.
Successivamente, Caio scopre che il valore del patrimonio di Beta è inferiore a quanto certificato da
Gamma e, pertanto, conviene quest’ultima in giudizio per il risarcimento del danno.
Si illustrino le difese delle parti.
Cass., sez. III, 18-07-2002, n. 10403.
Il contratto per persona da nominare differisce dal contratto a favore di terzo perché nel primo la
nomina del terzo è solo eventuale, rappresentando essa l’esercizio di una facoltà della parte che
tale nomina si è riservata e può pertanto anche non esercitare, con la conseguenza che, in caso di
nomina mancata, invalida o intempestiva, il contratto produce i suoi effetti fra i contraenti
originari; nel secondo, invece, la stipulazione a favore del terzo deve essere necessariamente
prevista nel contratto, che produrrà effetti nei confronti del terzo (salvo che non intervengano la
revoca della stipulazione o il rifiuto di profittarne), con la conseguenza che il terzo nel contratto
previsto dall’art. 1411 c.c. deve essere sempre determinato o determinabile (nella specie, la corte
ha confermato la sentenza di merito che aveva qualificato come contratto per persona da nominare
il preliminare di vendita di quote societarie in cui il promissario acquirente dichiarava di
acquistare per sé o eventualmente per società da indicare nell’atto definitivo di compravendita).
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con scrittura privata del 16 giugno 1989 Tizio promise di vendere ad Alfa, che promise "di
acquistare per sé o per società da nominarsi anche per quote frazionate del capitale sociale entro la
data di trasferimento", la totalità delle quote di Beta, nonché il loro credito di lire 340 milioni nei
confronti della stessa; il prezzo complessivo fu determinato in lire 7.000 milioni, comprensivo del
valore patrimoniale netto aggregato di lire 3.000 milioni attribuito alla società sulla base dei bilanci
esibiti alla data del 31.12.1988; venne tuttavia prevista la possibilità di variazioni in diminuzione
correlate al risultato della verifica e della revisione dello stato patrimoniale della stessa società alla
data suindicata, revisione che si stabilì di affidare alla società Gamma; qualora le variazioni in
diminuzione fossero risultate superiori a L. 1.500.000.000, il cedente sarebbe stato egualmente
obbligato a cedere le quote societarie al prezzo pattuito, ma diminuito di un miliardo, mentre la
cessionaria sarebbe stata libera di non acquistare a detto prezzo tutte le insussistenze attive e le
sopravvenienze passive di qualsiasi natura, non rilevate da Gamma nella suddetta certificazione,
sarebbero rimaste a carico del cedente ed a favore della cessionaria.
Con relazioni del 14 luglio e 31 agosto 1989 Gamma certificò un valore del patrimonio netto di
Beta variabile tra i 2.199 e i 2.309 milioni di lire.
Il 7 settembre successivo fu stipulato il contratto definitivo tra il cedente e Caio, nominato da Alfa
quale persona che doveva acquistare i diritti ed assumere gli obblighi di cui al preliminare del 16
giugno 1989; il prezzo di cessione delle quote di Beta fu convenuto in sette miliardi di lire preso
6
atto della suindicata certificazione, le parti dichiararono che intendevano definire in via forfettaria il
patrimonio netto aggregato delle società del gruppo in lire 2.600 milioni.
A seguito di nuovo incarico conferitole, con relazioni del 25 maggio e 2 luglio 1990 Gamma,
all’esito dell’esame di fatti ed elementi non noti all’epoca delle precedenti relazioni, evidenziò una
minusvalenza di oltre lire 1.356 milioni rispetto allo stato patrimoniale già certificato.
Con atto di transazione del 14 giugno 1991 il gruppo Alfa rinunciò a promuovere giudizi di
responsabilità o rivalsa nei confronti del cedente Tizio, mentre costui ridusse il prezzo pattuito di L.
1.550.000.000, accettando la somma di lire 200 milioni a tacitazione di ogni pretesa.
- Con atto di citazione del 26 febbraio 1992 Caio, tanto premesso, convenne dinanzi al Tribunale
Gamma e ne chiese la condanna al pagamento della somma di L. 10.956.000.000 a titolo di
risarcimento del danno da essa subito per effetto della certificazione di cui alle relazioni del 14.7. e
31.8.1989 - certificazione alla stregua della quale era stato stipulato il contratto definitivo affermando che essa illustrava "una situazione economica e patrimoniale del tutto falsa e
fuorviante".
Resistendo la convenuta, con sentenza del 20 aprile 1995 l’adito Tribunale dichiarato il difetto di
legittimazione attiva di Caio, respinse le ulteriori domande rilevando che il danno, del quale
chiedeva il risarcimento, aveva formato oggetto di transazione, della quale la convenuta,
coobbligata solidale, aveva dichiarato di volersi avvalere.
- Tale decisione fu impugnata da Alfa in appello.
Con la sentenza ora gravata la Corte di Appello ha condannato Gamma al risarcimento del danno in
favore di Caio, danno che ha liquidato in L. 3.867.000.000 oltre interessi legali e spese del doppio
grado.
La Corte ha affermato in primo luogo la natura extracontrattuale della responsabilità di Gamma nei
confronti di Caio con il rilievo che egli era rimasto estraneo al mandato conferito alla società di
revisione in data 16.6.1989, e che la responsabilità derivava dagli effetti verso i terzi dell’illegittimo
comportamento di quest’ultima: Caio aveva bensì dedotto la natura contrattuale della responsabilità,
e, tuttavia la Corte ben poteva decidere diversamente sia perché "petitum" (risarcimento del danno)
e "causa petendi" (negligente od imperito comportamento di Gamma) restavano fermi, sia perché il
giudice può qualificare in modo diverso dalle parti i fatti allegati.
Il contratto preliminare del 16 giugno 1989 - stipulato dalla Alfa in veste di capogruppo e sulla base
di un implicito ma reale mandato delle società controllate - doveva essere qualificato come contratto
per persona da nominare, e non già a favore di terzo, come invece affermava Gamma, "in quanto
l’ipotesi disciplinata dagli artt. 1411 ss. c.c. è quella di un negozio originalmente trilatero, laddove il
contratto preliminare di cui si discute è un negozio bilaterale"; nello stesso senso deponeva anche la
circostanza che era stata Alfa a nominare Caio, mentre quest’ultimo non aveva dichiarato di voler
profittare del preliminare; era poi indubitabile che, nella stipula del successivo contratto definitivo
le parti avessero inteso utilizzare poteri e spendere posizioni contrattuali che avevano origine nel
preliminare; infine, il termine per la nomina del terzo era stato contrattualmente fissato "entro la
data del trasferimento".
Da tali premesse conseguiva la legittimazione di Caio, che era subentrato nella posizione della
promissaria acquirente Alfa con effetto retroattivo ed era, pertanto, da considerarsi parte del
contratto preliminare anche con riferimento alla clausola di recesso in caso di variazioni in
diminuzione oltre la soglia convenuta, del patrimonio netto di Beta: recesso che egli non avevano
esercitato a causa del comportamento negligente di Gamma.
Il danno addebitato a costei non era il medesimo fatto oggetto della transazione del 14 giugno 1991:
ciò, in difformità da quanto invece affermato dal Tribunale, il quale aveva ritenuto applicabili gli
artt. 2055 e 1304 c.c. ed aveva conseguentemente escluso la responsabilità della società di revisione
che della transazione aveva dichiarato di volersi giovare.
7
Mentre infatti, nei confronti di quest’ultima era configurabile una responsabilità extracontrattuale, il
rapporto, oggetto della transazione, aveva invece la sua fonte nella garanzia negoziale assunta da
Tizio con la scrittura del 16.6.1989 riguardo alla effettiva consistenza patrimoniale ed economica
della società: donde l’insussistenza della solidarietà tra debitori e la conseguente inapplicabilità
dell’art. 1304 c.c.
Qualificata come intellettuale l’attività di revisione delle società che, anche su base contrattuale,
come nella specie, operano in tale settore, e ritenuti ad esse applicabili, anche per la responsabilità
aquiliana, gli artt. 2407 primo comma, 1710 e 1176 secondo comma c.c. nonché i principi di
revisione elaborati dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, la Corte, sulla base di tali
criteri, ha qualificato colposa l’attività di Gamma tradottasi nelle relazioni del 14 luglio e del 31
agosto 1989, osservando che il patrimonio netto di Beta era in effetti ben inferiore a quello
certificato, valore effettivo che, se conosciuto dal cessionario Caio, gli avrebbe consentito di
esercitare il diritto convenzionale di recesso; il danno è stato quindi determinato nella differenza tra
il prezzo effettivamente pagato (lire 5.450 milioni) ed il valore delle aziende acquistate (lire 1.583
milioni).
- Per la cassazione di tale decisione Gamma ha proposto ricorso, affidato ad otto motivi, cui Caio
resiste con unico controricorso e contestuale ricorso incidentale, basato su unico mezzo. Entrambe
le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) I due ricorsi, iscritti con numeri di ruolo diversi, devono essere riuniti perché investono la
medesima sentenza (art. 335 c.p.c.).
a) La sentenza impugnata ha qualificato il preliminare del 16 giugno 1989 come contratto per
persona da nominare come tale disciplinato dagli artt. 1401 e ss. c.c. e non già a favore di terzo,
come invece sosteneva l’appellante Gamma, ed è pervenuta a tale conclusione osservando che
sebbene il dato testuale ("promette di acquistare per sé o per persona da nominare") non fosse del
tutto univoco, deponeva in tal senso la natura bilaterale del preliminare in questione, laddove
l’ipotesi contemplata dall’art. 7411 c.c. è quella di un negozio originalmente trilatero. Nello stesso
senso rilevava il comportamento successivo delle parti stipulanti: era stata infatti Alfa a nominare
Caio, e non quest’ultimo a dichiarare di voler profittare del preliminare; era indubitabile che, nella
stipula del contratto definitivo, le parti intendessero utilizzare poteri e spendere posizioni
contrattuali che avevano origine nel preliminare, ed il termine per la nomina del terzo era stato
contrattualmente fissato come consentito dall’art. 1402 c.c., "entro la data del trasferimento".
Da tale qualificazione la Corte territoriale ha tratto che Caio subentrò nella posizione della
promissaria acquirente Alfa con effetto retroattivo e che dunque egli doveva ritenersi parte del
preliminare anche con riguardo alla pattuizione di cui al punto 7, la quale accordava la facoltà di
recesso in caso di variazioni in diminuzione, certificate da Gamma superiori a lire 1,5 miliardi rispetto alla dichiarazione del promittente venditore che lo aveva indicato in tre miliardi di lire - del
patrimonio netto al 31.12.1988 della società Beta: facoltà di recesso non potuta esercitare a causa
del comportamento negligente della società di revisione, donde la sua legittimazione a chiedere il
ristoro del danno relativo.
b) Tali argomentazioni sono investite dal primo motivo del ricorso principale, con il quale la
ricorrente deduce con riferimento all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. la violazione degli artt. 1401 e ss.,
1411, 1362 ss., 2730 ss. c.c. nonché vizi di motivazione su punti decisivi, afferma che Caio non
poteva esercitare la facoltà di recesso prevista da un contratto - quello preliminare - del quale non
era stato parte, e censura la qualificazione del contratto, come sopra affermata dalla Corte
territoriale, insistendo nella tesi del contratto a favore di terzo.
Al riguardo la ricorrente: richiama la sentenza in data 13.2.1981 n. 891 di questa C.S.; osserva che il
contratto a favore di, terzo è un negozio bilaterale e non già trilaterale come invece ha erratamente
8
affermato detta Corte; allega che la stipulazione del contratto definitivo da parte di Caio ben poteva
considerarsi quale dichiarazione del terzo di voler profittare del diritto derivante dal contratto
stipulato; osserva che la stessa Corte, mentre ha riconosciuto che la clausola contenuta nel contratto
preliminare non era del tutto univoca, nella doverosa indagine riguardante il comportamento
successivo delle parti ha invece trascurato di portare la propria attenzione sul contenuto della
transazione del 14.6.1991, con la quale si era dato atto che Caio era intervenuto alla conclusione del
contratto definitivo fermi restando comunque tutti gli impegni già assunti da Alfa nei contratti
preliminari; aggiunge che anche dopo la nomina, avvenuta nel settembre 1989, quest’ultima ha
costantemente operato come parte attiva in tutti i rapporti conseguenti al contratto preliminare.
Da ciò la ricorrente trae il difetto di legittimazione attiva di Caio, il quale non poteva esercitare la
facoltà di recesso prevista da un contratto del quale non era stato parte.
c) La Corte osserva che, a norma dell’art. 1401 c.c., nel momento della conclusione del contratto
una parte può riservarsi la facoltà di nominare successivamente la persona che deve acquistare i
diritti ed assumere gli obblighi nascenti dal contratto stesso.
Ai sensi dell’art. 1411 primo e secondo comma c.c., è parimenti valida la stipulazione a favore di un
terzo, qualora lo stipulante vi abbia interesse; salvo patto contrario, il terzo acquista il diritto contro
il promittente per effetto della stipulazione, la quale può essere revocata o modificata dallo
stipulante finché il terzo non abbia dichiarato, anche in confronto del promittente, di volerne
profittare.
Entrambi i contratti si inquadrano nella previsione dell’art. 1372 cpv. cod. civ., il quale dispone che
il contratto non produce effetto rispetto ai terzi se non nei casi previsti dalla legge - casi nei quali
rientrano appunto le fattispecie negoziali in esame e, tuttavia, ed ai fini in esame, essi si distinguono
nettamente giacché, nell’uno, la nomina del terzo è meramente eventuale (rappresentando essa
l’esercizio di una facoltà della parte, che tale nomina si è riservata, e che quindi può o non
esercitarla), con la conseguenza che, nel caso in cui la nomina sia mancata, invalida od
intempestiva, il contratto produce i suoi effetti fra i contraenti originari (art. 1405 c.c.);
diversamente, nel contratto a favore di terzo la stipulazione a favore di costui deve necessariamente
essere prevista nel contratto stesso (art. 1411 primo comma c.c.), il quale produrrà i suoi effetti nei
confronti del terzo, salvo che non intervengano la revoca della stipulazione od il rifiuto del terzo di
profittarne, casi nei quali la prestazione rimane invece a beneficio dello stipulante purché non risulti
diversamente dalla volontà delle parti o dalla natura del contratto (art. 1411 cit. terzo comma);
segue da ciò che il terzo deve essere determinato o determinabile (Cass. n. 5298/80), mentre
l’ipotesi di cui all’art. 1401 c.c. dà luogo ad una parziale indeterminatezza soggettiva del contratto
(Cass. n. 8410/98).
Entrambi i negozi hanno tuttavia, carattere bilaterale: tanto che nel caso in cui il terzo prenda parte
all’atto deve escludersi che esso possa essere configurato quale contratto a favore di terzo (Cass. nn.
8335/90 e 3115/95).
Secondo la costante giurisprudenza di questa C.S. da ultimo, sent. nn. 224, 564 e 1666 del 2001) la
qualificazione del rapporto, compiuta dal giudice del merito, è censurabile in sede di legittimità
soltanto relativamente alla determinazione dei criteri astratti e generali applicati, mentre costituisce
apprezzamento di fatto, insindacabile in cassazione se sorretto da motivazione adeguata ed esente
da vizi logici e giuridici, la valutazione delle circostanze ritenute in concreto idonee a far rientrare il
rapporto nell’uno o nell’altro schema.
Tanto premesso, deve rilevarsi che nella specie la Corte territoriale è pervenuta alla ora censurata
pronuncia sulla base di esatti criteri giuridici e di adeguata considerazione della fattispecie dedotta
in giudizio.
L’esattezza dei criteri giuridici applicati deve essere affermata anche nel punto in cui la Corte ha
ritenuto invero impropriamente che il contratto a favore di terzo abbia natura trilaterale tale
affermazione sembra infatti essere l’impropria espressione della ritenuta necessità che fin dalla
conclusione di tale contratto gli effetti di esso siano destinati a prodursi come si è premesso esser
necessario nei confronti di un terzo determinato (e non già, come invece nella specie, di terzi
9
eventuali ed indeterminati), non senza rilevare che comunque, nell’ipotesi più favorevole alla
ricorrente, essa non avrebbe spiegato alcuna decisiva influenza sulla legittimità della decisione, e
potrebbe pertanto essere corretta ai sensi dell’art. 384 cpv. c.p.c.
Rilevato poi che la ricorrente non pone in discussione la piena compatibilità (implicitamente
affermata dalla sentenza impugnata in adesione al condivisibile indirizzo in tal senso formatosi: tra
le altre, Cass. nn. 2570/95 e 2967/97) tra contratto preliminare e contratto per persona da nominare
punto della decisione sul quale, pertanto si è formato il giudicato -, deve osservarsi, quanto agli
elementi di fatto presi in considerazione, che la Corte territoriale ha in primo luogo portato la sua
doverosa attenzione sulla lettera della relativa clausola contrattuale ("promette di acquistare per sé o
per società da nominare": clausola pertanto, che prevedeva come soltanto eventuale detta nomina) e,
pur riconoscendo che essa era sostanzialmente aderente alla previsione dell’art. 1401 c.c., ha
nondimeno ritenuto l’argomento non decisivo ed ha legittimamente utilizzato, a norma dell’art.
1362 secondo comma c.c., argomenti tratti anche dal comportamento successivo delle parti,
attribuendo particolare rilievo al termine per la nomina del terzo, fissato nel contratto preliminare,
alla nomina stessa il da parte della promissaria acquirente Alfa, contenuta nell’atto definitivo di
compravendita, ed alla mancata dichiarazione di Caio, ai sensi dell’art. 1411 secondo comma c.c.,
di voler profittare del contratto.
Le censure che la ricorrente muove a tali argomentazioni sono infondate laddove denunciano il
mancato esame di ulteriori risultanze processuali essendo rimessa al giudice del merito la scelta di
quelle, ritenute decisive, ed invece inammissibili nei punti in cui sono sostanzialmente dirette ad
una diversa valutazione delle stesse risultanze, in fattispecie che - come già accennato e come del
resto rileva la stessa sent. n. 891 del 1981 di questa C.S., richiamata dalla ricorrente - involge anche
una questione di fatto.
Il rigetto delle censure, che investono la qualificazione del contratto, importano l’assorbimento di
quelle elevate sulla base della anzidetta diversa allegata qualificazione.
2) Con il secondo motivo la ricorrente principale denuncia, con riferimento all’art. 360 nn. 3 e 5
c.p.c., la violazione degli artt. 1403 primo comma e 2725 c.c., ed afferma che la dichiarazione di
nomina esigeva la forma scritta: che afferma essere mancata ed in ordine alla quale addebita alla
sentenza impugnata di aver omesso di svolgere qualsivoglia indagine.
Il motivo è inammissibile e comunque infondato.
In una controversia nella quale il contratto viene invocato non già tra le parti contraenti, quale fonte
di reciproci diritti ed obblighi, sibbene tra una di esse ed un terzo, ed avente ad oggetto, come la
sentenza impugnata ha precisato, una domanda di risarcimento del danno da responsabilità
aquiliana il contratto stesso - dal quale è scaturito il diritto, che la stessa sentenza ha accertato essere
stato leso dal terzo responsabile - viene infatti in considerazione come mero fatto storico (vedasi sul
punto, tra le altre, Cass. n. 5944/97).
La questione della forma scritta della "electio amici" avrebbe in ogni caso comportato la
formulazione, quanto meno in appello secondo il vecchio testo dell’art. 345 c.p.c., applicabile
ratione "temporis", della relativa eccezione (che, se proposta in primo grado, avrebbe dovuto essere
riproposta in appello ex art. 346 c.p.c. da parte della odierna ricorrente, vittoriosa nel grado
precedente): eccezione che non è stata esaminata dalla Corte territoriale e che non si afferma esserle
stata sottoposta.
Deve, infine, osservarsi che, nel contratto per persona da nominare, la dichiarazione di nomina non
richiede formule sacramentali, ed il suo contenuto non è legislativamente determinato in modo
rigido; essa può dunque ravvisarsi in qualsiasi dichiarazione del contraente, che se ne sia riservata la
facoltà, con la quale egli nomini la persona che deve acquistare i diritti ed assumere gli obblighi
nascenti dal contratto da lui stipulato (Cass. n. 12965/2000): rettamente, pertanto, la Corte
territoriale ha deciso nel senso di cui sopra.
10
3) Con il terzo motivo la ricorrente principale denuncia la violazione dei principi generali in materia
di contratto per persona da nominare, nonché vizi di motivazione su punti decisivi, ed afferma che,
recando le proprie relazioni le date del 14 luglio e 31 agosto 1989, alle stesse date la facoltà di
recesso competeva alla sola Alfa, essendo la dichiarazione di nomina avvenuta il 7 settembre
successivo; né era pensabile che Caio fosse divenuto titolare di detta facoltà nell’atto stesso in cui,
stipulando il contratto definitivo, dava esecuzione al preliminare poiché il diritto risarcitorio postula
un intervallo di tempo tra la data della dichiarazione di nomina e quella di stipulazione del contratto
definitivo.
Il motivo è infondato.
A norma, infatti, dell’art. 1404 c.c., quando la dichiarazione di nomina è stata validamente fatta punto sul quale, nella specie e per quanto già esposto, si è formato il giudicato -, la persona
nominata acquista i diritti ed assume gli obblighi derivanti dal contratto con effetto dal momento in
cui questo fu stipulato, e, dunque con efficacia retroattiva (Cass. n. 8410/98).
Legittimamente, pertanto, la Corte territoriale ha riconosciuto a Caio, che stipulò il contratto
definitivo, la facoltà di recesso, di cui al preliminare, facoltà non esercitata perché la negligente
condotta di Gamma tradottasi nella relazioni, cui la stessa fa ora riferimento, venne accertata solo
successivamente alla stipulazione di entrambi i contratti.
Stante la retroattività degli effetti della "electio amici", è giuridicamente irrilevante che alla data
delle suddette relazioni tale "electio" non fosse ancora intervenuta; rileva, al contrario, la data di
stipulazione del contratto definitivo, entro la quale il recesso stesso avrebbe potuto essere esercitato.
(Omissis)
PER QUESTI MOTIVI
La Corte riunisce i ricorsi, accoglie in parte l’ottavo motivo del ricorso principale, rigetta gli altri
motivi dello stesso ricorso ed il ricorso incidentale, provvedendo nel merito riduce di L. 57.000.000
l’importo della condanna, conferma le statuizioni della Corte di Appello sulle spese e condanna la
ricorrente principale al pagamento, in favore di parte controricorrente, dei due terzi delle spese del
giudizio di cassazione, due terzi liquidati in tale misura in € 375,53 (trecentosettantacinque/53),
oltre € 8.000,00 (ottomila/00) per onorari, compensato il residuo terzo.
11