Prospettive europee per la mobilità e l`internazionalizzazione dell

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Prospettive europee per la mobilità e l`internazionalizzazione dell
Prospettive europee per la mobilità e l’internazionalizzazione
dell’istruzione superiore
implicazioni della crisi migratoria e dell´integrazione dei rifugiati
Analisi di Maria Palladino
Bruxelles, 22 giugno 2016
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INDICE
- Prefazione a cura dell’On Silvia Costa, Presidente della Commissione
Cultura e Istruzione del Parlamento Europeo...............................................3
- Introduzione: Mobilità e internazionalizzazione dell’istruzione superiore
(HE) in Europa...............................................................................................5
- CAP 1: Da Erasmus a Erasmus Plus e prospettive future..............................7
o Come è nato il Programma Erasmus...................................................7
o Gli altri Programmi...............................................................................9
o Di cosa parliamo quando parliamo di Erasmus Plus..........................11
o Il ruolo del Parlamento Europeo per lo sviluppo di Erasmus Plus.....11
o Prospettive future:..............................................................................12
§ Le priorità della Commissione Europea (audizione di Chiara
Gariazzo, DG della Commissione Europea, alla CULT)...........12
§ Le proposte del Parlamento Europeo (Commissione CULT)....13
• E-card studentesca..........................................................13
• Relazione sul programma Erasmus Plus e altri strumenti
per promuovere la mobilità in materia di IFP - Un
approccio di apprendimento permanente........................14
• Un quadro europeo per la mobilità degli apprendisti.......14
- CAP 2: Verso un Erasmus curriculare e una maggiore
internazionalizzazione delle Istituzioni di Istruzione Superiore...................15
o Risultati della Ricerca sull´Internazionalizzazione dell´Istruzione
Superiore nel contesto Europeo:........................................................15
§ l´importanza dei corsi online per l´internazionalizzazione dell´HE
e per la mobilità educativa........................................................18
§ l´internazionalizzazione dell´HE, alcuni esempi europei
(Finlandia, Francia, Germania).................................................18
§ Il processo di internazionalizzazione HE in Italia......................19
o Fuga dei cervelli e obiettivo mobilità circolare......................................21
o New Skills Agenda for Europe..............................................................22
- CAP 3: Mobilità studentesca e internazionalizzazione per l'inclusione
sociale ........................................................................................................24
o Erasmus Plus e integrazione dei rifugiati...........................................24
o La proposta dei “Corridoi educativi”:..................................................24
§ il progetto "U4Refugees"..........................................................25
§ Il Progetto Pilota del Parlamento Europeo sui "corridoi
educativi"..................................................................................26
o la crisi dei rifugiati e la "necessaria" internazionalizzazione delle
università............................................................................................26
o Case study: il progetto HOPES - higher and further education
opportunities and perspectives for Syrians........................................29
- Conclusioni................................................................................................32
- Bibliografia ................................................................................................34
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Prefazione
La ripresa che stenta, la crisi dei rifugiati, le difficoltà dell'agenda per
l'immigrazione, la risposta agli attentati terroristici di Parigi e Bruxelles, il
divampare di risentimenti antieuropeisti e xenofobi, le incognite del referendum
in Gran Bretagna: l’Unione Europea affronta sfide inedite mentre da tempo è
alle prese con una crisi identitaria che rischia di offuscare i valori su cui è stata
fondata.
Sembra quasi che ci si stia dimenticando che Unione Europea significhi anche
e soprattutto democrazia e rispetto dei diritti che hanno consentito 70 anni di
pace al nostro continente e crescita economica, superamento della
recessione, un più diffuso e adeguato sistema di welfare e distribuzione delle
risorse.
É urgente puntare ora più che mai sui valori costitutivi dell'Unione, a
cominciare da solidarietà e accoglienza. Innanzitutto per un dovere etico. Ma,
come vedremo, anche per trovare risposte pragmatiche ed efficaci alla
stagnazione delle economie europee, alla sfida del radicalismo violento e alla
necessità di riaffermare e innovare il modello di crescita europeo. Per
raggiungere questi risultati sono convinta che puntare sull’educazione,
sull'apertura e sull'aggiornamento del nostro sistema formativo, sia
fondamentale. Ed è innegabile che il Programma Erasmus offra oggi una base
di esperienze straordinaria, da reinvestire nel nuovo scenario.
Come Maria Palladino descrive in questa analisi, l’Erasmus ha contribuito allo
sviluppo di diversi fattori cruciali per l’Ue:
- la diffusione di una identità europea attraverso l’esperienza personale di
mobilità di centinaia di migliaia di persone. La creazione, quindi, di una
cittadinanza europea attiva, consapevole e ben formata, avvantaggiata nel
rispondere alle richieste del mercato del lavoro e quindi fondamentale per la
crescita economica dell’Europa;
- l’avvio di programmi di internazionalizzazione delle Istituzioni di Istruzione
Superiore in Ue. E con un'università più aperta allo scenario internazionale,
e capace di offrire così maggiori opportunità di crescita economica.
Sulle buone prassi avviate con il programma Erasmus, ora Erasmus Plus, è
necessario sviluppare politiche strutturate e basate su una lettura pratica della
realtà.
Come appare dalle più recenti ricerche, come quella che abbiamo
commissionato l’anno scorso come commissione CULT e a cui fa riferimento
nel testo Maria Palladino, l’internazionalizzazione delle università non può dirsi
compiuta solo attivando progetti di mobilità studentesca. Appare chiara
l’esigenza di fare di più. Avviare corsi in lingua straniera, favorire
l’internazionalizzazione dei curricula, accedere a maggiori finanziamenti e
avviare partnership istituzionali e con le aziende.
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E per dare, come dicevamo, una sincera lettura della realtà, bisogna chiarire
che un sistema d’istruzione terziario più internazionale è necessario per dare
forza alle azioni volte alla crescita economica e alla competitività in Ue. Ma è
fondamentale anche per formalizzare l’accoglienza di numerosi studenti
stranieri che sempre di più chiedono di venire a formarsi nelle nostre
università. Tra questi molti sono anche studenti rifugiati, per i quali è
necessario avviare canali specifici come i “corridoi educativi”, un’iniziativa che
ho proposto di avviare in questi mesi e che sta già partendo in via
sperimentale in diverse università italiane.
Oggi in Europa attualmente ci siano due visioni politiche predominanti con le
quali si tenta di rispondere alle sfide più attuali:
- quella che tende a rinchiudersi in se stessa alzando muri e impedendo la
diffusione dei valori democratici e solidali;
- quella che, sulla base di esperienze concrete e positive - come Erasmus vuole continuare a difendere la possibilità di muoversi liberamente, studiare
e formarsi e lavorare all’estero, accogliere i migliori “cervelli” da tutto il
mondo.
La crescita dell’Unione Europea, in termini reali e valoriali, politici ed
economici, non può concretizzarsi se vengono meno i valori e gli ideali dei
nostri padri fondatori.
Sono convinta che per combattere la crisi economica, per risolvere il problema
dei rifugiati, per combattere il terrorismo e il radicalismo violento sia necessaria
più Unione, più Educazione, ferma e convinta obiezione a chi vuole innalzare
muri, pieno e forte appoggio, quindi, ai progetti di scambio, mobilità e
accoglienza. Per questo in questi anni da Presidente della CULT mi sono
battuta, per questo continuerò fermamente a lavorare.
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Introduzione
Programmi di mobilità e internazionalizzazione dell’istruzione superiore
(HE) per rafforzare identità europea
“L’Europa non potrà farsi una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa
sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”.
Così affermava Robert Schuman nel 1950 a Parigi nella Dichiarazione
considerata il fondamento del processo d’integrazione europea ed è proprio
così che è andata, che sta andando.
In uno dei momenti storici più difficili per la tenuta dell’identità europea, dopo
la crisi economica, gli attentati terroristici che hanno colpito la Francia, La
Danimarca e il Belgio, nel pieno della crisi migratoria e della discordanza
d’intenti tra Stati Membri su come affrontare la questione, con l’avanzare di
movimenti antieuropeisti e nazionalisti appare fondamentale, oggi, puntare
sulla riaffermazione dei valori comuni e sulle migliori esperienze politiche nate
dal progetto europeo.
Una per tutte, forse la più famosa, è l’esperienza del programma Erasmus.
Essere oggi cittadini europei consapevoli è un traguardo che abbiamo
raggiunto anche grazie alla decisione - ormai 30 anni fa - di puntare su un
così importante progetto di mobilità studentesca. L’abbattimento delle barriere
amministrative e culturali che ha portato l’Erasmus ha dato grande slancio
all’Unione Europea. E ora che la “generazione Erasmus” è arrivata anche al
potere, è giunto il momento di ritrovare il coraggio e la capacità d’innovazione
necessari per investire ancora di più sulla formazione dei giovani,
sull’esperienza diretta dei valori della cittadinanza europea e sulla mobilità di
cervelli, idee e vite in formazione. Rilanciare e potenziare il programma
Erasmus, rendendolo più flessibile e inclusivo, può essere parte rilevante della
nostra risposta alla crisi del progetto europeo, può diventare una grande
chance di rinnovare quel bagaglio di valori democratici e di pace per i quali nel
2012 l’Unione è stata insignita del premio Nobel per la pace.
In tale prospettiva, questa analisi mira a chiarire il ruolo che la mobilità
educativa e in generale l´internazionalizzazione delle istituzioni di istruzione
superiore può svolgere per la crescita culturale, sociale ed economica
dell’Unione, delineando le ipotesi di sviluppo in discussione e il loro potenziale
impatto.
Partendo da una panoramica storica dell’evoluzione del programma Erasmus
si cercherà di individuare le prospettive future dei programmi di mobilità. Si
procederà
inoltre
ad
analizzare
la
situazione
europea
dell’internazionalizzazione degli istituti d’istruzione superiore, che verrà qui
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presentata in stretta connessione con la sfida di far ripartire la crescita
culturale ed economica dell’Ue minacciata dalle crisi, ma ponendola in
relazione con l’attuale priorità dell’integrazione degli studenti rifugiati nelle
università europee.
Si cercherà dunque di capire in che modo le università europee si
internazionalizzano al di là della sola partecipazione ai programmi di mobilità.
E come dall’internazionalizzazione degli istituti superiori si produce crescita
culturale, sociale ed economica e, non da ultimo, accoglienza.
Nello specifico questa analisi tenterà di descrivere come i programmi di
mobilità studentesca e di internazionalizzazione delle università contribuiscono
all’affermazione e alla crescita del progetto europeo e al confronto con la crisi
migratoria in atto, ponendo in essere un progetto strutturato di accoglienza dei
rifugiati che possa prendere il meglio dall’accoglienza di questi studenti in
difficoltà in modo che possono concretamente contribuire allo sviluppo del
nostro continente.
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CAP1 Da Erasmus a Erasmus + e prospettive future
Come è nato il Programma Erasmus
Il Programma ERASMUS (European Community Action Scheme for the
Mobility of University Students) che ormai si appresta a compiere 30 anni,
ha dato la possibilità ad oltre 3 milioni di studenti di accedere a borse di
studio per poter studiare in un altro Paese Ue ed oltre 3000 università di
essere coinvolte in questo programma di scambio. Fu varato dal Consiglio
dei Ministri dell’Istruzione europei nel maggio del 1987 con l´obiettivo di
rafforzare la qualità e la dimensione europea dell'istruzione superiore,
incoraggiando la mobilità di giovani studenti e docenti universitari.
Si arrivò ad Erasmus dopo trent´anni di dibattiti e lotte studentesche per
l´ottenimento dell´autonomia universitaria.
A seguito delle rivolte studentesche, nel settembre 1969, l´Assemblea
Generale della Conferenza dei Rettori Europei che si svolse a Ginevra fu
dedicata all´"autonomia universitaria".
Grazie all´autonomia le Università europee poterono avviare iniziative di
cooperazione internazionale interuniversitaria in modo diretto. Questa novità
rappresentò un cambiamento radicale che consentì l´avvio di un approccio
facilitativo verso l´internazionalizzazione.
Negli anni successivi gli Stati Membri lavorarono al riconoscimento dei titoli di
studio acquisiti all´estero. Fu un cammino difficile ma i primi frutti
cominciarono ad arrivare già nel 1969 quando si tennero alcuni incontri
bilaterali italo-francesi e italo-tedeschi allo scopo di studiare "le equivalenze
dei corsi in alcune discipline".
L´8 dicembre 1969 il Corriere della Sera pubblicò un articolo intitolato
"Scambio fra Italia e Francia di studenti universitari. I giovani dei due paesi
potranno compiere un periodo di studi all´estero con il pieno riconoscimento
da parte delle Università di origine. É l´inizio di una serie di iniziative che
porteranno alcuni Stati membri, in primis l´Italia, a inviare i propri studenti
universitari all´estero con l´obiettivo di compiere un tratto del proprio piano di
studio universitario presso un´università estera".
Altro importante passo fu fatto nel novembre 1971 quando si tenne la prima
riunione dei Ministri dell´Istruzione dei Paesi della Comunità Europea "in seno
al Consiglio dei Ministri". Si trattò di una sorta di artificio con cui si ottenne di
poter riunire i ministri dell´Istruzione anche se formalmente tale materia non
era contemplata nel Trattato di Roma del 1957. Fu quello l´avvio di una serie
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di azioni che hanno poi portato a considerare l´educazione da un punto di
vista europeo.
La decisione formale da parte della Commissione della Comunitá Europea di
includere l´istruzione fra le materie di propria competenza venne presa nel
gennaio 1973.
Nel 1974 la Commissione presentò al Consiglio una comunicazione intitolata:
L´istruzione nella Comunità europea nella quale si indicavano alcune priorità,
fra cui: la promozione della cooperazione fra istituzioni di istruzione superiore
e il riconoscimento accademico dei periodi di studio compiuti all´estero.
Il 9 febbraio 1976 il Consiglio dei Ministri adottò una Risoluzione con la quale
si definirono gli obiettivi del nuovo programma politico della Comunità
europea. Con particolare riferimento all´istruzione superiore la CE si
ripropose di prendere misure concrete per incoraggiare i contatti fra singoli
atenei, nonché di procedere a uno studio sul riconoscimento delle qualifiche
accademiche. Con questa Risoluzione si decise di impegnarsi attivamente
nel campo dell´istruzione. Fu così che nel decennio 1976 - 1986 furono
realizzati i Joint Study Programmes, un complesso di iniziative finanziate
dalla Comunità che lanciarono il cosiddetto "decennio dei Programmi Comuni
di Studio" che avevano l’obiettivo di ampliare la cooperazione internazionale
tra università.
Furono più di cinquecento i programmi di studio finanziati, le aree culturali
moltissime, da ingegneria a scienze politiche, scienze naturali, matematica,
urbanistica, diritto etc.
L’esperienza dei Programmi Comuni di Studio fu da tutti considerata molto
positiva, tanto che una volta cessato l’aiuto comunitario la maggior parte dei
Programmi continuò a funzionare.
Nel 1984 il Parlamento Europeo votò una Risoluzione intitolata: Risoluzione
sull’istruzione superiore e lo sviluppo della cooperazione fra istituzioni di
istruzione superiore. Con questo voto il Parlamento espresse chiaramente la
convinzione che “è essenziale sviluppare lo scambio di conoscenze e
incoraggiare la mobilità dei docenti e degli studenti in risposta a una società
in cambiamento, nella quale la scienza e la cultura avranno un ruolo sempre
più decisivo”. Con questa Risoluzione il PE chiese inoltre di “prendere le
misure necessarie per sviluppare gli scambi e una autentica cooperazione a
livello comunitario fra le istituzioni di istruzione superiore” ed espresse la
speranza che il progetto pilota dei Programmi Comuni di Studio potesse
portare “ad una genuina politica comunitaria per lo scambio delle persone,
del sapere e dell’esperienza educativa”.
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A questo punto, in una riunione che si svolse a Bruxelles nel novembre 1985
la Commissione della Comunità Europea presentò le sue proposte per il
Programma Erasmus.
Nel giugno del 1986 i Ministri dell’istruzione dei Dodici Paesi approvarono sia
gli obiettivi sia il piano generale del Programma che venne denominato
Erasmus, e diedero mandato al Comitato per l’Educazione della Comunità̀ di
metterlo a punto.
Sempre nel giugno del 1986, i Capi di Stato ribadirono l’importanza del
programma Erasmus e invitarono i Ministri dell’istruzione a raggiungere entro
brevi termini un accordo per la sua realizzazione.
Finalmente, dopo una serie di rinvii legati al mancato accordo
sull’investimento finanziario, e che per fortuna furono superati, il 14 marzo
1987 venne varato dalla Commissione della Comunità Europea il Programma
Erasmus.
Gli altri Programmi
Successivamente, nel 1994, fu lanciato il progetto Socrates/Erasmus, che
prevedeva una collaborazione tra Università volta a creare, attraverso accordi
bilaterali, condizioni nelle quali studenti e docenti potessero intraprendere un
periodo di studio o insegnamento, ufficialmente riconosciuto dall'Ateneo di
appartenenza, presso altre Università europee. Il Programma
Socrates/Erasmus, che fu rilanciato con un Socrates II nel 2000 si chiuse nel
2006 con un bilancio di oltre un milione di studenti in mobilità in tutta Europa.
Nel 2007 nacque il Programma d’azione comunitaria nel campo
dell'apprendimento permanente, Lifelong Learning Programme (LLP), che
riunì al suo interno tutte le iniziative di cooperazione europea nell’ambito
dell’istruzione e della formazione dal 2007 al 2013. Il LLP sostituì,
integrandoli in un unico programma, i precedenti Socrates e Leonardo e fu
organizzato in “quattro programmi settoriali”:
- il progetto Comenius, a supporto delle azioni per la scuola, da quella
dell'infanzia a quella secondaria di secondo grado o equivalente;
- il progetto Erasmus, a supporto dello scambio di studenti e docenti
universitari, così come della cooperazione tra gli istituti universitari;
- il programma Leonardo da Vinci, a supporto delle azioni per la
formazione professionale iniziale e permanente (inclusi scambi di
studenti e apprendisti e cooperazione tra istituti di istruzione superiore);
- il programma Grundtvig, a supporto di azioni nel campo dell'istruzione
degli adulti.
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- il programma eTwinning, gemellaggio elettronico tra scuole europee.
Inoltre, includeva altri due sotto-programmi:
• il programma Trasversale, che coordina le attività dei summenzionati
programmi settoriali in tutti i settori dell'istruzione e della formazione:
cooperazione e innovazione nell'istruzione e nella formazione,
insegnamento delle lingue straniere, sviluppo di servizi e contenuti
informatici, e divulgazione dei risultati del Lifelong Learning
Programme;
• il programma Jean Monnet, a supporto di istituzioni e azioni in favore
dell'integrazione europea.
Nel 2010 la Commissione Ue lanciò la nuova Strategia Europa 2020 per
una crescita sostenibile, intelligente e solidale. Tra gli obiettivi della Strategia
furono inseriti anche una serie di benchmark che riguardavano i giovani. In
particolare fu lanciato “Youth on the Move”, un pacchetto completo di
iniziative condotte nel campo dell’istruzione e del lavoro rivolte ai giovani
europei.
Gli obiettivi di Youth on the Move erano:
Adeguare maggiormente l’istruzione e la formazione alle esigenze dei giovani
• Incoraggiare i ragazzi a utilizzare le borse di studio o formazione all’estero
• Incoraggiare i paesi dell’UE ad adottare provvedimenti per semplificare la
transizione dal mondo della scuola/università a quello del lavoro .
Nell’ambito di Youth on the Move fu dato il via nel 2011 l’iniziativa
“Opportunità per i giovani”, un pacchetto di misure lanciato dalla
Commissione per il 2012 e 2013 per combattere la disoccupazione giovanile.
Tra gli interventi a livello Ue legati a questa iniziativa furono avviati o rilanciati
anche:
• Garanzie per i giovani – 4 milioni di euro per aiutare i paesi europei ad
assicurare che, entro quattro mesi dalla fine del loro percorso
scolastico, i giovani abbiano un lavoro, proseguano gli studi o seguano
una formazione
• Quadro europeo per la qualità degli apprendistati
• Il tuo primo lavoro EURES – azione preparatoria per aiutare 5 000
giovani a trovare un lavoro all'estero, in un altro paese dell'UE (201213)
• Erasmus e Leonardo da Vinci – 130 000 esperienze lavorative in
azienda nel 2012 in altri paesi dell'UE per studenti universitari e in
formazione professionale
• Erasmus per imprenditori – 600 collocamenti per giovani imprenditori
in piccole imprese di altri paesi dell'UE
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• Servizio volontario europeo – 10 000 opportunità di volontariato in
tutti i paesi .
Con queste iniziative il tema della mobilità studentesca e quello
dell’internazionalizzazione delle Università in Ue divenne sempre più
centrale. Anche politicamente venne compreso che puntare su azioni del
genere può davvero contribuire alla crescita sia economica che sociale della
nuova e sempre più grande Unione Europea.
La generazione Erasmus divenne il vero e proprio simbolo dell’Ue. Sono i
nuovi cittadini europei che contribuiscono e contribuiranno a dare forza a
questa Unione Europea fondata su valori di pace e democrazia e che
meriterà per questo nel 2012 il Premio Nobel per la pace.
Di cosa parliamo quando parliamo di Erasmus Plus
Erasmus Plus è stato lanciato a gennaio 2014 dalla Commissione Europea.
Si tratta di un programma che durerà fino al 2020 e che offre opportunità per i
singoli (studenti, insegnanti, volontari, giovani imprenditori etc) e per le
organizzazioni.
Erasmus Plus, dunque, punta a dare valore alle esperienze degli studenti, ad
aiutare le Istituzioni a diventare più internazionali e a sostenere gli Stati
membri ad investire in riforme per sistemi educativi più moderni e ad
aumentare le politiche di integrazione e inclusione sociale. Questo significa
puntare su un’Europa più forte, sia da un punto di vista economico che
politico, perché è innegabile il valore che i programmi di
internazionalizzazione e di mobilità apportano per raggiungere l’obiettivo
“competitività e crescita” attraverso lo sviluppo di una cittadinanza attiva
europea e attraverso la formazione degli studenti/cittadini.
L’obiettivo di Erasmus + è quello di contribuire alla Strategia Europa 2020
attraverso:
- la riduzione della disoccupazione giovanile,
- la promozione dell’istruzione tra gli adulti e l’adeguamento degli skills al
mercato del lavoro,
- l’incoraggiamento dei giovani a partecipare al processo democratico
europeo,
- il supporto all’innovazione, alla cooperazione e alle riforme,
- la promozione della cooperazione e della mobilità verso paesi partner
dell’Ue.
Il Programma Erasmus Plus si basa su 3 azioni chiave che riguardano
l’istruzione, oltre ad iniziative che riguardano le azioni del Jean Monnet per la
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mobilità degli insegnanti, per la ricerca, per il dialogo sulle politiche e per lo
sport.
Nello specifico le azioni chiave sull’istruzioni sono:
- Key Action 1 . Mobilità individuale ai fini dell’apprendimento;
- Key Action 2. Innovazione e buone pratiche;
- Key Action 3. Sostegno alla riforma delle politiche
In totale nel 2014 l´Erasmus Plus ha coinvolto 650 mila giovani in tutta Europa.
Il ruolo del Parlamento Europeo per lo sviluppo di Erasmus Plus
Il Parlamento Europeo ha fortemente contribuito a migliorare l´impianto di
Erasmus Plus presentato dalla Commissione e voluto dal Consiglio:
- innanzitutto aveva richiesto che fossero aumentati i fondi e questo è
avvenuto. Ad oggi, infatti, il contributo finanziario per Erasmus è di 14,7
miliardi di euro per il periodo 2014/2021, 2,110 miliardi l´anno di cui:
* 82,9% (circa 1750 miliardi) per Istruzione e Formazione
* 1,8% (circa 37 milioni) per lo Sport (che inizialmente la Commissione
voleva escludere)
*10% (21 milioni) per la Gioventú
*5,3% (circa 112 milioni) per altre iniziative
In questo momento il Parlamento sta lavorando al rapporto di
implementazione del programma Erasmus Plus prima della mid term review
che la Commissione presenterà l´anno prossimo.
Le priorità della Commissione Europea
(audizione di Chiara Gariazzo, Direttore Generale della Commissione
Europea alla CULT)
Nel corso della riunione della commissione CULT del Parlamento Europeo
del 25 aprile 2016, Chiara Gariazzo, direttrice della DG EAC direzione per
la modernizzazione dell’istruzione: Europa 2020, coordinamento del
programma Erasmus+ della Commissione Europea ha parlato del futuro
immediato del Programma.
In particolare ha riferito che nel 2016 sono state apportate alcune modifiche
inerenti la semplificazione e la trasparenza. In questo modo a partire dal
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2017 sarà più semplice inoltrare application, realizzare accordi tra beneficiari
delle borse e agenzie nazionali, avere una maggiore accessibilità.
Per quanto riguarda l’implementazione del programma di lavoro di Erasmus
Plus, il 2017 vedrà emergere tra le priorità soprattutto il tema dell’inclusione
sociale e la crisi dei rifugiati.
Inoltre, la Gariazzo ha annunciato un importante incremento di budget per
Erasmus Plus già a partire dal 2017. Ci si aspetta un aumento di circa 280
milioni di euro rispetto al 2016, quasi il 14% in più rispetto all’anno in corso.
Inoltre, fino al 2020 questo aumento di budget sarà del 10% all’anno. Tutti i
settori saranno coinvolti nell’aumento di fondi. In particolare la formazione
professionale riceverà più di 40 milioni di euro. Se si considera che ogni
miliardo in più nel budget di Erasmus si traduce in 500 mila borse di mobilità
individuale si capisce che l’incremento di opportunità per i giovani europei
sarà notevole.
La Gariazzo ha sottolineato che nonostante gli incrementi finanziari non si
riuscirà a far fronte a tutte le richieste che arrivano e, purtroppo, molti
progetti di qualità continueranno ad essere esclusi.
La Commissione ha poi anticipato agli eurodeputati della CULT alcuni risultati
preliminari sui beneficiari del programma nel 2015. Sembrerebbe che circa
660 mila studenti e staff delle università abbiano ricevuto borse per la
mobilità, 10 mila in più rispetto al 2014. Circa 11 mila organizzazioni (quindi il
10% in più rispetto al 2014) abbiano partecipato a circa 1900 partnership
strategiche. Alla luce di questi dati pare che le Agenzie Nazionali abbiano
usato più del 99% dei fondi del programma.
Anche se solo provvisori questi dati indicano che, come ogni anno, il
Programma Erasmus Plus continua ad avere un enorme successo. Ci sono i
margini per ampliarlo e migliorarlo.
Le Proposte della Commissione CULT del Parlamento Europeo e della
sua presidente Silvia Costa
Qui di seguito alcune proposte della Commissione CULT del PE e in
particolare della Presidente Silvia Costa.
- E-Card studentesca europea
L´idea di una carta dello studente europea è un’iniziativa appoggiata dallo
European Youth Forum a cui la Commissione ha cominciato a lavorare su
impulso della Presidente della CULT Silvia Costa. In particolare l’ "e-card"
per studenti garantirebbe lo status di studente Ue in un contesto di mobilità,
ed è pensata sia per gli studenti universitari sia per quelli inseriti in un
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percorso di istruzione e formazione professionale. Offrirebbe l'accesso ai
servizi e all´offerta culturale del Paese di accoglienza e la portabilità dei
documenti universitari.
- Relazione su programma Erasmus + e altri strumenti per promuovere
la mobilità in materia di IFP - Un approccio di apprendimento
permanente
La CULT sta lavorando molto anche sull´ampliamento del programma
Erasmus + per gli studenti inclusi in percorsi di formazione tecnica e
professionale. Proprio lo scorso 12 aprile il Parlamento ha infatti approvato
una proposta dell´On Ernest Maragall sul "programma Erasmus + e altri
strumenti per promuovere la mobilità in materia di IFP - Un approccio di
apprendimento permanente".
Oggi soltanto l'1 % dei giovani che segue una formazione professionale in
alternanza, tra cui i tirocinanti, sceglie la mobilità durante la formazione. É
giunta l´ora di sviluppare anche per loro degli efficaci programmi di mobilità.
- Un quadro europeo per la mobilità degli apprendisti
Per quanto riguarda nello specifico l’apprendistato, la Commissione Europea,
in particolare la DG Employment, ha sostenuto un progetto pilota sulla
mobilità a lungo termine per i giovani in apprendistato "Un quadro europeo
per la mobilità degli apprendisti: sviluppo della cittadinanza europea e
delle competenze attraverso l'integrazione dei giovani nel mercato del
lavoro", lanciato dal Parlamento Europeo.
Scaduto lo scorso 15 aprile 2016, per questo bando la Commissione ha
previsto un budget di 1 milione 800mila euro. L'obiettivo finale di questo invito
era quello di permettere ai giovani in età da apprendistato di sviluppare le
proprie competenze e migliorare le prospettive di occupabilità, rafforzando
anche il loro senso di cittadinanza europea. Ciò andava fatto mettendo in
luce nei progetti presentati misure per la creazione di infrastrutture, strutture
istituzionali e condizioni contrattuali (ad esempio, lo sviluppo delle strutture di
servizio per l'erogazione del viaggio e alloggio, corsi di lingua, accordi,
pacchetti informativi di benvenuto di apprendimento, metodi di coaching,
accordi assicurativi) necessari per organizzare i tirocini dei giovani dalla
partenza al ritorno.
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CAP 2 Verso un Erasmus curriculare e una maggiore
internazionalizzazione delle Istituzioni di Istruzione Superiore
Una vera e propria sfida è quella di arrivare ad un Erasmus per tutti. Una
proposta che fu lanciata anche dal ministro dell’Istruzione, dell’Università e
della Ricerca Stefania Giannini durante il semestre di Presidenza italiana
dell’Ue.
Tra gli obiettivi di ET2020 l´Europa si é prefissa di raggiungere almeno il 20%
del totale degli studenti universitari in Erasmus entro il 2020. In realtà, anche
se i finanziamenti sono raddoppiati rispetto all´inizio, Erasmus plus si prefigge
di finanziare borse per 4 milioni di studenti. Certo si deve fare di più ma non è
solo una questione di finanziamento. Strategica è la cooperazione
interuniversitaria e nuovi accordi internazionali tra Università, i partenariati e
le cosiddette alleanze della conoscenza e l´internazionalizzazione dei
curricula.
Risultati della Ricerca Internazionalizzazione dell’Istruzione Superiore
nel contesto europeo
Secondo uno Studio commissionato dalla Commissione CULT del
Parlamento Europeo sull’internazionalizzazione dell’Istruzione Superiore
(IoHE) nel contesto europeo presentato a luglio 20151, negli ultimi 30 anni i
programmi europei per la ricerca e l'istruzione, in particolare il programma
Erasmus, ma anche programmi di ricerca come le borse Marie Curie, sono
stati il motore di un approccio più ampio e strategico all'internazionalizzazione
dell'istruzione superiore in Europa, ed hanno rappresentato un esempio per
istituti, nazioni e regioni in altre parti del mondo.
Non esiste un modello unico universale e non si può puntare solo sulla
mobilità per rilanciare l’internazionalizzazione degli Istituti di Istruzione
Superiore. Le differenze regionali e nazionali sono molteplici e in costante
evoluzione e lo stesso è vero in seno agli istituti stessi.
Lo studio ha presentato anche il risultato di un sondaggio che rivela che
l'Europa è la regione a cui più spesso viene data priorità nelle attività di
internazionalizzazione degli istituti di altre parti del mondo.
1 Ricerca effettuata dal Centre for Higher Education Internationalisation - CHEI (Centro per
l'internazionalizzazionedell'istruzionesuperiore)pressol'UniversitàCattolicadelSacroCuore(UCSC)
di Milano, in collaborazione con l'International Association of Universities - IAU (l'Associazione
internazionale delle università) e l'European Association for International Education - EAIE
(l'Associazioneeuropeaperl'istruzioneinternazionale)
15
Secondo la ricerca appare evidente che anche l´Europa debba sviluppare
una maggiore attività di internazionalizzazione delle sue università, non solo
puntando sulla mobilità, ma favorendo l´internazionalizzazione dei curricula
universitari lo sviluppo di partenariati intra ed extra europei, la mobilità dei
docenti e dei ricercatori, l´avvio o l´aumento di corsi in inglese o in altre lingue
diverse da quelle del Paese di appartenenza.
Un processo di un panel Delphi cui partecipavano importanti esperti di tutto il
mondo in materia di istruzione superiore internazionale ha confermato questo
quadro, tracciando uno scenario del futuro dell'internazionalizzazione
dell'istruzione superiore in Europa:
1) Sebbene preveda che la mobilità e l'insegnamento transnazionale
continueranno a crescere, lo scenario chiede una maggiore attenzione ai
programmi di studio e ai risultati dell'apprendimento per garantire
l'internazionalizzazione per tutti e non solo per le poche persone che possono
spostarsi.
2) Attribuisce un'importanza sempre crescente a partenariati (anche con le
imprese) e alleanze in diverse forme, sia per l'istruzione che per la ricerca, e
riconosce il ruolo fondamentale della Commissione europea nel sostegno allo
sviluppo dell'IoHE.
L'internazionalizzazione non è un obiettivo in sé, ma un mezzo per innalzare
il livello qualitativo, e che questo processo non deve guardare solo a logiche
economiche.
3) É necessario rimuovere gli ostacoli (legati alle norme, alla burocrazia e ai
finanziamenti) e attivare i fattori abilitanti, emergerà un'istruzione superiore
europea i cui laureati saranno in grado di contribuire in modo significativo,
come cittadini e professionisti globali, in un'Europa che si troverà in una
posizione più favorevole non solo per competere ma anche per cooperare.
4) L'importanza del ruolo dell'Unione europea e del processo di Bologna nello
sviluppo dell'IoHE, in Europa ma anche nel mondo intero, è innegabile, e
bisogna trarne ancora maggior frutto. In questo processo, tuttavia, è
essenziale concentrarsi su partenariati e collaborazioni che riconoscano e
rispettino le differenze dei contesti, delle esigenze, degli obiettivi, degli
interessi dei partner e delle condizioni economiche e culturali esistenti.
Lo scenario ipotizzato dallo studio Delphi fornisce un forte messaggio sulla
futura evoluzione auspicata dell'internazionalizzazione in Europa. È possibile
trarre alcune ulteriori conclusioni in relazione a questo scenario:
16
* Vi è un aumento della concorrenza da parte delle economie emergenti
e dei paesi in via di sviluppo, ma anche opportunità di maggiore
collaborazione parallelamente ad un rafforzamento del loro ruolo nel
settore dell'istruzione superiore.
* Vi è un passaggio dal reclutamento di studenti internazionali per un
guadagno economico a breve termine al reclutamento di studenti e
studiosi internazionali brillanti, in particolare nei settori STEM, per
rispondere alle esigenze in campo accademico e industriale, al
fabbisogno generato dalle tendenze demografiche, alla partecipazione
insufficiente degli studenti locali in questi settori e all'aumento delle
esigenze dell'economia della conoscenza.
* Il finanziamento dell'istruzione superiore, le tasse scolastiche e i
sistemi di borse di studio sono diversi e comportano strategie differenti,
ma producono anche una serie di ostacoli alla mobilità e alla
cooperazione. Una maggiore trasparenza e la rimozione di questi e di
altri ostacoli sono necessarie per aumentare le opportunità di mobilità e
di cooperazione.
I diplomi congiunti sono considerati importanti per il futuro
dell'internazionalizzazione dell'istruzione superiore in Europa e oltre,
anche se molti ostacoli devono ancora essere superati e va
riconosciuto che tali diplomi devono essere costruiti sulla fiducia e sulla
cooperazione reciproche, che richiedono tempo per essere sviluppate
al fine di garantire la sostenibilità.
* Vi è una maggiore presa di coscienza della necessità di intensificare
la collaborazione tra l'istruzione superiore e l'industria nel contesto della
mobilità degli studenti e del personale, sulla base di una maggiore
attenzione accordata agli stage nel quadro del programma Erasmus +.
* L’importanza del ruolo del personale docente e amministrativo
nell'ulteriore sviluppo dell'IoHE viene meglio riconosciuta. I docenti
universitari, il cui contributo nel corso degli ultimi 25 anni è stato ridotto
nel quadro della maggiore centralizzazione dell’amministrazione del
programma europeo, sono ora riconosciuti come detentori di un ruolo
cruciale nell'internazionalizzazione dell'istruzione e della ricerca e
necessitano di ulteriore sostegno.
* Malgrado i progressi realizzati in materia di trasparenza grazie al
processo di Bologna, sussistono ancora notevoli differenze tra i sistemi
17
di istruzione superiore, le procedure e i finanziamenti dei paesi europei,
Tali differenze influenzano il modo in cui l'internazionalizzazione evolve
in questi paesi e il modo in cui la cooperazione può essere aumentata.
* Inoltre, vi sono ancora notevoli disparità a livello sia di credito che di
mobilità dei titoli di studio, nonché di mobilità del personale tra paesi
diversi. Ciò è particolarmente evidente in Europa centrale e orientale,
dove vi è uno squilibrio della mobilità e una diminuzione delle iscrizioni
all'istruzione superiore. Ciò richiede l'attenzione da parte dei governi
nazionali, ma anche a livello europeo, in quanto potrebbe comportare
un aumento del divario nell'istruzione superiore della regione.
L’importanza dei corsi on line per l’internazionalizzazione dell’HE e per
la mobilità educativa
Per sviluppare un processo d’internazionalizzazione efficace e per agevolare
l’accesso agli studi degli studenti, insegnanti, professionisti e lavoratori in
mobilità è importante dare valore al rapporto “istruzione e digitalizzazione”.
Per questo motivo sia in Erasmus + e in quelli in generale per
l’internazionalizzazione dell’istruzione superiore si punta molto allo sviluppo
di piattaforme di istruzione online, di open data sources e dei MOOCs
(Massive Open Online Courses).
Si tratta infatti di attività gratuite ed aperte a tutti. Favoriscono, come
dicevamo, l’internazionalizzazione della formazione e del sistema
universitario, in particolare se tenuti in lingua inglese. Possono semplificare la
didattica erogata da più istituzioni straniere (es. nei double degree o per gli
studenti Erasmus). Lo studente o candidato tale, potrebbe comprendere la
portata internazionale dello strumento formativo, acquisire crediti riconosciuti
a livello europeo e arricchire il proprio curriculm. Possono promuovere la
didattica degli Atenei all’estero, al fine di essere maggiormente attrattivi sul
mercato internazionale dei talenti e preparano gli studenti prima e dopo gli
scambi internazionali. Agevolano la fruizione di corsi di eccellenza, potendo
contare sulla professionalità di docenti leader a livello mondiale nel loro
settore scientifico disciplinare.
L’Internazionalizzazione dell’HE, alcuni esempi europei
In Europa abbiamo vari esempi da citare sull´internazionalizzazione delle
istituzioni di istruzione superiore:
- La Finlandia ad esempio ha vissuto negli ultimi 30 anni un forte slancio
verso l´ internazionalizzazione, arrivando al punto che gli studenti in mobilità
18
in entrata hanno superato quelli in uscita. Questo grazie ad un forte e
coerente sviluppo dei programmi universitari in lingua inglese.
- La Francia, che ha sempre considerato una questione di prestigio il livello
di internazionalizzazione delle sue Università, scuole superiori e istituti di
ricerca. Il problema per i francesi é sempre stato la partecipazione a questi
programmi soprattutto delle elite nazionali. Per questo la Francia ha avviato
programmi di finanziamento di borse di studio per circa il 30% degli studenti
in entrata.
- Poi abbiamo la Germania, dove il processo di internazionalizzazione è
maggiormente coordinato rispetto ad altri sistemi di istruzione sia in Europa
che nel resto del mondo.
Inoltre la DAAD, la più grande organizzazione che promuove l´attività
internazionale delle università tedesche mediante i suoi programmi di
finanziamento e sostegno, utilizza la maggior parte del suo budget per
coprire i costi per le borse di studio per studenti e ricercatori tedeschi e
internazionali.
E poi in Germania esistono anche forme di internazionalizzazione nei sistemi
di dual education for higher education che consentono a numerosi studenti di
effettuare stage all´estero, un´esempio virtuoso rispetto al resto dell´ Europa.
Il processo di internazionalizzazione HE in Italia
Il programma Erasmus è stata la pietra angolare dell'internazionalizzazione
nelle università italiane per molti anni. In termini di mobilità esterna, l'Italia si è
classificata al quarto posto nel 2012-13, con 25 805 studenti in uscita, e al
quinto posto per la mobilità in entrata, con 19 964 studenti europei, cifra
appena al di sotto della metà del numero di studenti che hanno scelto la
Spagna, classificata al primo posto, sia per la mobilità in entrata che per
quella in uscita.
Anche la mobilità del personale accademico è aumentata (ma non
abbastanza): nel 2011-12 i docenti in mobilità sono stati 1 651, una cifra
comunque bassa rispetto ad altri paesi europei. L'Italia attrae più personale
accademico di quello che invia: per ogni 100 docenti in uscita ve ne sono 176
in entrata. Un rapporto analogo si riscontra per il personale amministrativo,
con 208 unità in entrata per ogni 100 in uscita, sebbene nel 2011-12 la cifra
sia salita a 373, indicando una tendenza al rialzo
L'Italia registra una tendenza di crescita progressiva del numero di studenti
laureandi internazionali, pur rimanendo ben al di sotto della media dell'OCSE.
Nel 2000-1 gli studenti internazionali erano solo 5 509, l'equivalente dell'1,9
19
% della popolazione studentesca, ma entro il 2013-2014 tale cifra è salita a
69 958, vale a dire il 4,2% del totale della popolazione studentesca. La
percentuale più elevata (5,49%) di studenti internazionali è iscritta a
programmi di laurea di secondo livello, probabilmente grazie al numero di
corsi offerti in inglese, e nel complesso il 63,87% degli studenti ha scelto di
studiare nell'Italia settentrionale.
A fronte di questa tendenza al rialzo delle iscrizioni di studenti internazionali,
va rilevato che circa 63.000 studenti italiani si sono iscritti all'estero nel 2011,
il che equivale a un preoccupante aumento del 51,2 % rispetto ai dati del
2006. L'Italia non solo attrae meno studenti internazionali rispetto ad altri
paesi, ma sta anche perdendo un crescente numero dei propri studenti, che
preferiscono cercare un'università altrove. Il 48 % dei laureati dichiara di voler
andare all'estero per trovare un impiego e questa percentuale è ancora più
elevata in talune discipline.
Nel periodo 2013-14, sono stati offerti 187 corsi di studio in inglese, la
maggior parte dei quali a livello di laurea di secondo livello. Questi corsi di
studio vengono impartiti principalmente da italiani dato che solo l'1 % del
personale è rappresentato da docenti internazionali. C´é peró da dire che le
misure di riforma previste puntano a facilitare l'assunzione di docenti
universitari internazionali, non solo come strumento per migliorare la qualità
dell'istruzione e della ricerca, ma anche per garantire all'Italia una posizione
migliore nelle classifiche mondiali.
Se si analizzano le cifre dei laureati internazionali, queste sono aumentate
del 54 % tra il 2008-9 e il 2012-13, periodi in cui i laureati sono stati
rispettivamente 6 537 e 10 068. Nel corso degli ultimi cinque anni, il numero
dei dottorati è salito del 92,54 % (insieme alle iscrizioni che sono aumentate
del 74,55 %). Quasi la metà dei laureati internazionali proviene da Albania,
Camerun, Cina, Iran, Romania e Ucraina. L'Italia ha ancora una scarsa
capacità di attrarre studenti internazionali rispetto ad altri paesi OCSE.
Tradizionalmente, l'Italia è stata un paese ospitante per le iniziative
transfrontaliere, in particolare per gli Stati Uniti. I dati indicano che 19
università statunitensi hanno istituito programmi di studio principalmente a
Firenze e Roma (essenzialmente per i propri studenti), e che vi sono sei sedi
distaccate in Italia: tre americane, una francese, una maltese e una cinese.
Poche università italiane si sono avventurate all'estero, sebbene due
università, quella di Bologna e quella di Bari, abbiano fondato dei campus
universitari in Argentina, e l'Università Luigi Bocconi abbia di recente
inaugurato il suo primo campus a Mumbai, in India.
Il British Council ha di recente pubblicato (4 maggio 2016) uno studio
sull’internazionalizzazione delle università in 26 nazioni: The Shape of Global
20
Higher Education: National Policies Framework for International Engagement.
Questa analisi è stata svolta tenendo conto di 3 grandi categorie di indicatori:
- apertura alla mobilità internazionale per studenti e accademici;
- garanzia della qualità dell'istruzione nazionale e transfrontaliera e il
riconoscimento delle qualifiche ottenute all’estero;
- accesso equo e sostenibile per contrastare potenziali aspetti negativi come
la fuga di cervelli.
Anche secondo questa ricerca le università europee guadagnano i primi posti
a livello mondiale (vedi fig. sotto)
The countries most open to international higher education
Country
Score
Germany
8.77
Australia
8.17
United Kingdom
8.00
Malaysia
7.77
China
7.33
Vietnam
6.77
Thailand
6.37
Turkey
6.17
United States
5.83
Indonesia
5.77
Source: THE analysis of British Council report. Average of scores across three categories:
openness; quality assurance and recognition; and access and sustainability
Fuga dei cervelli e obiettivo mobilità circolare
Il problema della cosiddetta “fuga dei cervelli” è un problema per molti Paesi
Ue. La causa di questo fenomeno viene talvolta individuata nella diffusione
dei programmi di mobilità o nell’internazionalizzazione dell’Istruzione
Superiore che favoriscono la partenza degli studenti e dei ricercatori i quali,
21
talvolta, decidono di rimanere all´estero per le opportunità che vi trovano. In
realtà il problema sarebbe da attribuire ad una mancata politica da parte degli
Stati Membri di incentivo al rientro dei cervelli. Da qui nasce la necessità di
lavorare ad una mobilità circolare ed è un obiettivo comune che andrebbe
raggiunto con la cooperazione tra Stati Membri e Istituzioni Ue.
New Skills Agenda for Europe
Una risposta a questo problema potrebbe arrivare con l´implementazione
della New skills Agenda for Europe presentata dalla Commissione lo
scorso giugno (2016).
Si tratta, nello specifico, di una Comunicazione della Commissione (A New
Skills Agenda for Europa - working together to strengthen human capital,
employability and competitiveness) e di un insieme di iniziative correlate che
hanno l´obiettivo di rispondere a tre azioni chiave:
1. migliorare la qualità e la pertinenza dei modi in cui si acquisiscono
competenze
2. puntare a competenze e qualifiche più visibili e confrontabili
3. migliorare le informazioni relative alle competenze al fine di agevolare
le scelte professionali
Insieme alla Comunicazione di giugno la Commissione ha lanciato anche:
• la Skills Guarantee che ha l´obiettivo di aiutare gli Stati Membri a
trovare il modo più adeguato per incrementare l´accesso e l´uso di
strumenti per migliorare le competenze degli adulti con qualifiche
basse;
• e la revisione del Quadro Europeo delle Qualifiche in una prospettiva
Life Long Learning, che consentirà un adeguamento del sistema del
riconoscimento delle qualifiche e degli skills acquisiti nei percorsi di
istruzione e formazione formale, non formale e informale e - novità
assoluta - consentirà l´avvio del riconoscimento delle qualifiche dei
migranti.
Altre iniziative saranno lanciate nei mesi successivi e riguarderanno:
• misure per rendere l´istruzione e la formazione professionale più
adeguate alla richiesta del mondo del lavoro e più attrattive per i giovani
• per favorire lo sviluppo delle competenze digitali
• per agevolare una revisione del quadro delle competenze chiave
22
• una serie di strumenti per il riconoscimento delle qualifiche dei cittadini
non Ue
• un sondaggio sulle buone pratiche per affrontare la questione della fuga
dei cervelli
• una tabella di marcia per incoraggiare la cooperazione settoriale sulle
competenze
• un´iniziativa sul monitoraggio dei laureati
Uno degli obiettivi della Nuova Agenda per le Competenze è quello di
colmare il “mismatch” tra competenze, mondo dell’istruzione e quello del
lavoro. Con una situazione più chiara del quadro attuale, a livello Paese e a
livello Europeo, sarà poi più semplice pensare e mettere in atto politiche del
lavoro più efficaci, ripensare un sistema di welfare più coerente con la
situazione attuale e più omogeneo in tutta Europa, immaginare politiche
giovanili che siano integrate in tutte le altre politiche, aumentare gli
investimenti di lungo termine per l’istruzione. Rendere cioè attrattivo un
progetto di rientro per chi si è spostato all’estero per lavoro o per studio.
Questa è la mobilità circolare a cui si cerca di puntare, quella che poi
effettivamente contribuisce ad un miglioramento della competitività in tutta
l’Ue e una maggiore e concreta diffusione dei valori europei di democrazia,
libertà, solidarietà, accoglienza. L’obiettivo è avere cittadini europei più
consapevoli, meglio formati, capaci di acquisire competenze, in Europa e
fuori, in grado di soddisfare le richieste del mondo del lavoro e avere un
Europa più internazionale e inclusiva, che attragga studenti e lavoratori
anche dai paesi extra europei, in grado di colmare le lacune del nostro
sistema lavorativo e contribuire alla crescita dell’Unione.
23
CAP 3: Mobilità studentesca e internazionalizzazione per l´inclusione
sociale
Secondo l’Agenzia ONU per i rifugiati (UNHCR) al mondo circa 60 milioni di
persone sono state costrette ad abbandonare i loro paesi per fuggire da
guerre, violenze, persecuzioni. Circa 14,4 milioni sono i rifugiati sotto la
protezione dell’UNHCR di cui il 51% ha meno di 18 anni.
Dopo anni in cui il fenomeno migratorio aveva colpito l’Europa solo
marginalmente, ci troviamo oggi di fronte ad una vera e propria emergenza in
cui l’Unione Europea deve gestire. Alcuni Stati membri hanno deciso di reagire
alzando muri, altri mettendo in campo politiche serie e strutturate per
l’accoglienza dei profughi.
Erasmus Plus e integrazione dei rifugiati
Una delle azioni chiavi del Programma Erasmus +, la Key3 (support for policy
reforms) sostiene progetti relativi all’inclusione sociale e alla cittadinanza
europea. Dentro a questa area di azione sono previste iniziative a favore
dell’integrazione dei rifugiati. Dinanzi alle sfide della crisi migratoria, ma anche
a fronte delle nuove preoccupazioni per la radicalizzazione che hanno portato
anche gli Stati Membri a firmare la Dichiarazione di Parigi del 17 marzo 2015,
è diventato centrale l´obiettivo di investire in progetti d’integrazione attraverso
l´educazione.
Ad esempio, il 15 marzo scorso la Commissione Europea ha lanciato il bando,
nell´ambito del Programma Erasmus +, relativo all´azione chiave 3: sostegno
alle riforme politiche per l´inclusione sociale attraverso l´istruzione, la
formazione e la gioventù. Si tratta di un bando aperto alle scuole, alle
università, agli enti di ricerca e alle organizzazioni giovanili, quelle
internazionali e le NGOs dell´Ue e dei Paesi EFTA e Candidati.
La dotazione di bilancio per questo bando, che è scaduto alla fine di maggio
2016, era di 13 milioni di euro di cui:
-Istruzione e Formazione 10 milioni;
- gioventù 3 milioni
- i progetti ammissibili di finanziamento potranno riguardare:
- cooperazione internazionale
-volontariato
-collaborazione in rete delle agenzie nazionali Erasmus +
Intanto la Commissione CULT del Parlamento Europeo ha lanciato l’idea di
avviare corridoi educativi per accogliere studenti rifugiati nelle Università
europee. Un’iniziativa che, come vedremo nel prossimo paragrafo, vede già
diverse università italiane pronte ad avviare il progetto.
24
Inoltre, su forte impulso del Parlamento, la Commissione Ue ha raddoppiato
la quota di aiuti umanitari destinati all´istruzione e alla formazione dei bambini
in zone di crisi (circa 52 milioni di euro).
La proposta dei “corridoi educativi”
Il progetto “U4Refugees”
L’On Silvia Costa, presidente della Commissione CULT al Parlamento
Europeo, già lo scorso novembre (2015) lanciò l’idea di avviare dei corridoi
educative che consentissero agli studenti rifugiati e richiedenti asilo in Ue di
poter essere accolti dalla università europee. Sono infatti moltissimi i giovani
tra i 18 e i 34 anni che fanno richiesta d’asilo in uno degli Stati Membri Ue e
che vorrebbero poter continuare i propri studi universitari in Europa.
Purtroppo non esistono ancora dei dati precisi sulle richieste di accesso
all’università o sul grado di istruzione dei rifugiati in Ue, ma seguendo alcuni
importanti progetti di integrazione, ad esempio quelli portati avanti dalla
Germania e di cui parleremo più avanti, e raccogliendo i dati di alcune
Università europee che già da tempo accolgono studenti rifugiati o richiedenti
asilo, appare chiaro che la domanda di accesso all’università per questi
giovani sia una tendenza in aumento. Ed è per questo che, secondo l’On
Silvia Costa, è necessario avviare al più presto i “corridoi educativi” dando
sostegno alle università europee, consentendo loro di avviare un adeguato
processo di integrazione degli studenti rifugiati, organizzando corsi di lingua e
fornendo sostegno psicologico, legale, burocratico.
Per realizzare questo scopo è stato dato il via all’iniziativa europea
“U4Refugees” alla quale le Università italiane sono state le prime ad aderire.
Attualmente infatti, con il sostegno del Ministero dell’istruzione, dell’Università
e della Ricerca italiano hanno aderito in via sperimentale l’Università di
Bologna, Ca’ Foscari e la Iuav a Venezia e il Politecnico di Torino.
In Italia “U4Refugees” è un iniziativa supportata, oltre che dal Miur, anche
dalla Conferenza dei Rettori (Crui), l’Unhcr e i ministeri dell’Interno e degli
Esteri. Saranno le singole università a finanziare il progetto, ma la ministra
dell’istruzione Stefania Giannini non ha escluso la creazione di un fondo ad
hoc in ciascun ministero coinvolto.
Intanto l’On Silvia Costa, ideatrice dell’iniziativa, ha scritto a tutti i ministri
dell’Istruzione e dell’Università d’Europa invitando gli Stati Membri ad aderire
al progetto.
Inoltre, lo scorso 30 maggio, il tema dei “corridoi educativi” è stato anche
oggetto di un parere sui “rifugiati: inclusione sociale e integrazione nel
mercato del lavoro” a firma sempre dell’On Silvia Costa su una relazione
della Commissione EMPL del Parlamento Europeo.
25
Progetto Pilota del Parlamento Europeo sui “corridoi educativi”
L’On Silvia Costa è anche firmataria di una richiesta per l’approvazione di un
progetto pilota da finanziare con i fondi del budget 2017 del Parlamento
Europeo sul tema: “Providing higher education programmes to refugees and
asylum seekers in Europe”. Nel caso in cui fosse approvato, il progetto
prevederebbe lo stanziamento di 1 milione di euro per:
• Aiutare gli Stati Membri a sviluppare “corridoi educativi” promuovendo
partnership tra università con l’obiettivo di accogliere studenti rifugiati;
• Sviluppare programmi universitari dedicati ai rifugiati in Ue, con percorsi
sia in aula sia online che includano programmi per l’apprendimento
della lingua;
• La copertura di una parte dei costi (ad esempio quelli relativi alle rette
universitarie, alle infrastrutture reali e digitali, il pagamento degli staff
coinvolti);
• L’avvio di programmi di supporto psicologico e di sostegno per il
proseguimento degli studi e per l’ingresso nel mercato del lavoro;
• Sostegno anche attraverso forme premiali e di assegnazione di crediti
agli studenti che vengono coinvolti come volontari o tutor nel processo
di integrazione degli studenti rifugiati.
La crisi dei rifugiati e la “necessaria” internazionalizzazione delle
università
Come abbiamo visto, le richieste di accesso alle università europee di
studenti rifugiati o provenienti da zone di crisi sta necessariamente portando
diversi istituti di istruzione superiore in Europa a dare il via a programmi di
internazionalizzazione delle proprie facoltà e corsi di laurea.
Se fino ad oggi non erano stati avviati, in diversi casi le università europee
hanno lanciato programmi per l’apprendimento della lingua e della
legislazione del proprio paese, corsi in inglese e corsi on line, stanno
avviando iniziative per il riconoscimento dei titoli ottenuti all’estero. Questo
perché cominciano ad essere forti le richieste di accesso da parte degli
studenti stranieri e in particolare di quelli richiedenti asilo.
Con le nuove misure contenute nella New Skills Agenda for Europe per il
riconoscimento delle qualifiche dei migranti e dei rifugiati ora sarà ancora più
semplice avviare questi progetti di accoglienza e, sfruttare al meglio le
competenze degli studenti che arrivano nelle Università europee dai Paesi
non Ue.
26
La Germania, ad esempio, è, tra le nazione industrializzata, il Paese che più
di tutti recepisce domande di asilo. La maggior parte dei richiedenti asilo
arriva dalla Siria e di questi circa il 27% ha una formazione universitaria. Il
70% dei rifugiati ha meno di 30 anni.
L’integrazione degli studenti rifugiati nei sistemi d’istruzione superiore è al
centro di diverse iniziative europee. In particolare, nel corso di un seminario
organizzato dalla DAAD (The German Academic Exchange Service) l´11 e il
12 maggio 2016 dal titolo “Creating perspectives through Education
Higher Education Support to Refugees in Europe and Host Countries in
the Regions” si è parlato di integrazione degli studenti siriani nelle università
europee e nelle università dei paesi del medio oriente in cui sono
maggiormente ospitati (Giordania, Libano, Turchia, Egitto ad esempio).
Lo scopo di questo seminario è stato capire come approfittare di un
approccio condiviso per raggiungere l’obiettivo dell’integrare i giovani rifugiati
nel sistema universitario europeo.
La DAAD risponde alla crisi rifugiati in due modi: in Germania con progetti e
programmi dedicati a facilitare integrazione nelle università e con programmi
di scolarizzazione nei Paesi con il maggior numero di rifugiati siriani.
Nelle università in Germania:
In Particolare la Germania ha sviluppato un programma chiamato
Leadership for Syria scholarship programme finanziato dal German
Federal Foreign Office.
Gli obiettivi della DAAD in questo settore sono:
- stabilire una struttura di supporto alle istituzioni di istruzione superiore
tedesca;
- dare supporto pratico agli studenti.
Il modello d’integrazione dei rifugiati nelle università tedesche si compone di
4 fasi:
- Ingresso: individuare livello di preparazione di chi vuole studiare in
Germania
- Preparazione: ad esempio attraverso corsi di lingua o corsi di diritto tedesco
per preparare gli studenti stranieri a vivere e studiare in Germania
- Studio: monitoraggio e tutoring
- Career: aiuto ad entrare nel mercato del lavoro attraverso coaching
27
La DAAD organizza diversi programmi per l’integrazione dei rifugiati. Alcuni
per riconoscere le potenzialità degli studenti che arrivano, altri per assicurare
il riconoscimento delle qualifiche accademiche e corsi preparatori, altri per
supportare il coinvolgimento degli studenti nella vita accademica (come il
programma WELCOME).
Molto importanti per la DAAD sono le misure per la Comunicazione e per il
digital learning. È considerato, infatti, cruciale offrire le informazioni giuste e
dare la possibilità di seguire i corsi anche online.
La DAAD ha stilato un elenco con le maggiori sfide che la Germania e in
generale l’Europa dovrebbero affrontare in riferimento all’integrazione dei
rifugiati nei sistemi dell’istruzione superiore:
- offrire la possibilità di apprendere la lingua del Paese di accoglienza;
- aiutare i rifugiati nella gestione burocratica e nel riconoscimento dei titoli e
delle qualifiche;
- dare sostegno per la gestione finanziaria (ad esempio a pagare rette o
affitti);
- avere delle procedure formali di ammissione.
Nei Paesi della Regione (Giordania, Libano, Turchia, Egitto):
L’esempio tedesco è molto importante in questo ambito. Ad esempio la
Germania ha lanciato, insieme a diversi partner europei (British Council,
Campus France e EP Nurric) un interessante progetto “HOPES - Higher and
further education opportunities and perspectives for Syrians” che ha
l’obiettivo di sviluppare l’accesso all’istruzione superiore dei rifugiati siriani
Giordania, Egitto, Turchia e Iraq.
Tra i rifugiati siriani circa 500 mila sono giovani tra 18 e 25 anni e prima della
guerra molti di loro erano iscritti all’università. Attualmente ci sono molti
ostacoli che questi devono affrontare per avere accesso all’istruzione
superiore, ad esempio:
- mancato accesso alle informazioni sui sistemi universitari;
- la difficoltà a farsi riconoscere i titoli e dei crediti precedentemente ottenuti;
- problemi a pagare tasse universitarie;
- aspetti legali;
- barriere linguistiche e di comprensione della realtà sociale ospitante;
- problemi psicologici, traumi.
28
Case study: il progetto HOPES - higher and further education
opportunities and perspectives for Syrians
HOPES è una risposta europea a queste difficoltà ed è stato finanziato con il
fondo Madad - EU Regional Trust Fund in Response to the Syrian Crisis.
In particolare, grazie al lavoro sinergico dei quattro partner, il progetto è stato
realizzato nel seguente modo:
La DAAD si è occupata di:
• education counselling e fondi per le borse di studio;
• Syrian desk: consulenza individuale e consigli personali in tutti i 5 paesi
di azione;
• Ha stabilito un fondo per le borse di studio;
• Partnership strategiche: cercano di coordinarsi e armonizzarsi il più
possibile con iniziative presenti e con partner esperti.
Il British Council si è occupato soprattutto di sviluppare e finanziare
programmi per l’apprendimento della lingua inglese.
In particolare ha portato la sua esperienza con il programma The Higher
Education English Access Programme (HEEAP)
La necessità di imparare l’inglese è fondamentale per l’accesso all’istruzione
superiore. Ad esempio in Libano molti siriani non conoscono l’inglese e
questo limita la loro scelta forzandoli ad iscriversi a facoltà arabe, in Turchia
ci sono moltissimi dipartimenti in cui si insegna solo in inglese, in Giordania
un inglese proficiency è obbligatorio per entrate in tutti i programmi di
bachelor e master, in Egitto gli studenti egiziani cominciano a studiare
all’università con un inglese da un livello 3 e i siriani da un livello 6.
Con il programma HEEAP sono stati raggiunti 4000 studenti in Egitto, Libano,
Giordania, Turchia e Iraq negli ultimi 4 anni.
Inoltre il British Council avvia corsi online per formare all’inglese gli insegnanti
ed ha lanciato alcune Calls for proposals for short projects. In particolare
l’idea è di finanziare progetti brevi presentati dagli stakeholders nelle regioni
di riferimento con un minimo di 60 mila euro.
Campus France è responsabile, invece, per il dialogo con gli stakeholders,
per le reti e gli strumenti di informazione.
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Attraverso azioni trasversali che collegano altri progetti Campus France si
pone come obiettivo la creazione di una rete di stakeholder istituzionali a
sostegno di HOPES.
Supporta Istituzioni di Istruzione Superiore, Ministeri e portatori di interessi
essenziali per il successo dell’azione.
Realizza mapping analysis.
Organizza eventi di politica del dialogo (i prossimi si terranno ad Amman nel
2017 e a Beirut nel 2018).
Sostiene programmi di sviluppo website e social networks.
I risultati attesi per questa parte di progetto gestita da Campus France sono i
seguenti:
. una migliore informazione sulle opportunità esistenti;
. una migliore conoscenza dei rifugiati cercando di capire specifici bisogni;
. migliorare l’ accesso dei giovani siriani alle università;
. un migliore coodinamento del dialogo tra stakeholder;
. migliorare la situazione dei paesi ospiti;
. cercare di avere sempre più studenti siriani coinvolti nell’istruzione
superiore.
L’iniziativa è finanziata con fondi del “Madad Fund, EU Regional Trust Fund
in Response to the Syrian Crisis”, un pacchetto di programmi UE per un
totale di € 650 milioni (di cui €570 milioni provenienti dal budget Ue e il resto
da contributi di 19 Stati Membri) che aiuteranno fino a 1,5 milioni di rifugiati
siriani e le comunità ospitanti in Libano, Turchia , Giordania e Iraq. Saranno
finanziati con questo fondo: l’istruzione e la protezione dei bambini, un
migliore accesso alle cure sanitarie, le infrastrutture delle acque reflue, sarà
dato supporto per affrontare la resilienza, opportunità economiche e
inclusione sociale.
In particolare per l’istruzione primaria sono stati investiti 152 milioni di euro e
47 milioni per l’istruzione superiore e la formazione professionale. I
finanziamenti sono stati divisi tra i paesi che ospitano il maggior numero di
rifugiati siriani in questo modo:
Giordania 94 milioni, Turchia 135 milioni, Libano 110 milioni, Iraq 27 milioni.
Prima della guerra in Siria il 20 % dei giovani tra i 18 e i 25 anni andava
all’università. Ora solo il 5%.
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La Commissione ritiene più efficace aiutare i rifugiati nei paesi del medio
oriente in cui sono ospitati che portarli in Europa (Cost ratio 1:10), ma è
diventato necessario pensare a programmi di integrazione e accoglienza di
questi studenti anche in Europa.
Per fare questo è necessario usare i programmi esistenti ed ampliarli,
identificare le partnership esistenti tra Europa ed altre regioni ed estenderle,
preparare il day after e la ricostruzione, galvanizzare le conoscenze e le
capacità europee.
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CONCLUSIONI
Dall’analisi effettuata nelle pagine precedenti appare chiaro che il programma
Erasmus sia stato un veicolo fortissimo di diffusione dei valori europei.
La “generazione Erasmus” è oggi una generazione di cittadini europei
consapevoli e formati, in grado di accedere meglio e prima al mercato del
lavoro rispetto ai suoi coetanei che non hanno avuto la possibilità di studiare
per un periodo all’estero .
Erasmus, oggi Erasmus Plus, inoltre, ha dato anche il via allo sviluppo di
numerosi programmi per l’internazionalizzazione delle Università in Europa.
Sebbene ciò non basti, come si evince dai dati dello studio
sull’internazionalizzazione delle istituzioni di istruzione superiore
commissionato dalla Commissione CULT del Parlamento Europeo, a fare di
un’Università un’Istituzione “Internazionale”.
Il futuro di un’Europa competitiva dipenderà anche dallo sviluppo di
programmi accademici maggiormente internazionali, corsi anche online tenuti
in lingue diverse, maggiori finanziamenti e cooperazioni transnazionali con
altre istituzioni e con partner accademici e non.
Inoltre per l’istruzione terziaria è giunto il tempo di “internazionalizzarsi” non
solo guardando all’aspetto economico e competitivo ma anche a quello
dell’accoglienza.
A seguito dell’attuale crisi dei rifugiati in arrivo in numero sempre crescente
nell’Unione Europea è necessario che anche le università si organizzino per
accogliere studenti rifugiati, magari e auspicabilmente attraverso l’avvio dei
“corridoi educativi” come proposto dal Parlamento Europeo. Come da anni
molti Paesi Ue fanno (ad esempio la Germania), soprattutto contribuendo alla
formazione dei giovani rifugiati in Paesi vicini (Giordania, Libano, Turchia,
Egitto), è giunta l’ora, e la Commissione stessa ne è convinta, di avviare
programmi strutturati di accoglienza anche in Europa.
Accogliere ed integrare studenti universitari rifugiati è non solo un obbligo
morale dettato dal principio di solidarietà su cui si basa l’Europa, ma ha dei
vantaggi effettivi rispetto sia all’utilizzo di una nuova e più preparata forza
lavoro in Ue, sia rispetto al processo di ricostruzione dei Paesi da cui questi
giovani sono stati costretti a fuggire per via di situazioni di crisi come guerre,
carestie, catastrofi naturali.
Lo scenario attuale, anche dopo la dichiarazione di Parigi che i ministri
dell’Istruzione firmarono lo scorso 17 marzo 2015, dopo l’attentato al giornale
satirico parigino Charlie Hebdo, prevede che l’Educazione ritorni ad essere
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centrale nelle politiche europee. L’affermazione dei valori europei di
democrazia, accoglienza, lotta al radicalismo religioso e alla violenza
passano per efficaci processi educativi.
Anche Erasmus va rafforzato, e come appare dalle intenzioni della
Commissione Ue ciò accadrà, ma è necessario rimanere vigili e difendere
una delle esperienze educative maggiormente “europeizzanti” che l’Unione
Europea abbia conosciuto.
Al di la delle idee politiche, appare evidente dai dati forniti che la possibilità di
studiare, vivere, lavorare all’estero sia l’esperienza più formativa ed efficace
per l’accrescimento personale degli studenti, per la diffusione dei valori
europei e per un chiaro e positivo riscontro anche in termini economici legato
alla diffusione e all’aumento delle competenze più adeguate a rispondere alle
richieste del mercato del lavoro.
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BIBLIOGRAFIA
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