origini del karate

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origini del karate
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LE ARTI MARZIALI GIAPPONESI: BUDO
ORIGINI DEL KARATE
WADOKAI, UN APPROCCIO SCIENTIFICO AL KARATE
IL KIAI
KATA
ORIGINI DEL KARATE
Il Karate nasce ad Okinawa, una delle isole dell’ Arcipelago delle Ryukyu, che
collegano le isole maggiori del Giappone meridionale a Taiwan. I primi abitanti di
Okinawa provenivano dalla Cina, dalle isole settentrionali del Giappone e
dall'Asia meridionale. Nel periodo in cui le Arti Marziali cominciavano a
svilupparsi, il popolo di Okinawa viveva di agricoltura, di pesca e delle risorse
offerte dal mare. Le continue invasioni militari da parte del Giappone indussero la
popolazione ad organizzarsi in gruppi di villaggi comandati da singoli capi.
Il più grande di questi regni iniziò relazioni con la Cina, ufficializzate nel 1372
dall’ Imperatore cinese. Attraverso questi rapporti, gli abitanti di Okinawa ed altri
popoli vicini alla Cina, mandavano delegazioni, con regolari cadenze annuali,
con tributi ed onori per l'Imperatore.
Alcuni nobili, appartenenti a tali delegazioni, avevano diritto di proseguire il loro
cammino dalla costa fino alla corte imperiale . Alcuni giovani si iscrissero presso
le scuole create per studenti stranieri, dove poterono apprendere la cultura, l'arte
e le scienze cinesi. In tal modo molti abitanti di Okinawa divennero ospiti abituali
della Capitale e della vita di corte in Cina, imparandone le tradizioni.
Nel corso degli anni, Okinawa fu unita sotto un unico regno. Sorsero attività e si
creò una rete di vie commerciali.
Nel 1477 un nuovo monarca bandi' il trasporto d'armi da parte di chiunque,
nobile o contadino.
Da qui ha inizio la grande tradizione di Okinawa per il "Te", l'arte marziale della
mano, in cui il corpo umano si allena per trasformarsi in arma per l'autodifesa .
Il Karate oggi largamente diffuso, è un evoluzione dell'antica Arte Te del
diciottesimo secolo, originaria di Okinawa, le Arti cinesi nate nel Tempio di
Shaolin, ed altri stili praticati nel sud della Cina nella provincia del Fukien.
Nel tempo anche il nome venne modificato e nacquero varie scuole in differenti
aree di Okinawa:
Il Te praticato nelle città di Shuri e Tomari prese il nome di Shorin-ryu , che
significa "la scuola del pino flessuoso".
Il Te praticato a Naha diede vita al Goju-ryu , "la scuola della forza e della
morbidezza" sviluppata dal maestro Chojun Miyagi.
Ad una prima osservazione superficiale si definisce lo Shorin-ryu come stile più
leggero e veloce rispetto al Goju-ryu, più solido e potente e che le posizioni siano
generalmente più alte.
I kata delle due scuole sono anche differenti: nel Goju-ryu i movimenti di braccia
e gambe sono più circolari e con posizioni più basse e viene anche data grande
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enfasi alle tecniche di respirazione.
Nei primi del 900, un comitato di Maestri decise il nome dell’ Arte nata ad
Okinawa. Gli ideogrammi tradotti con Tode, (mano cinese), secondo il sistema
di lettura cinese, vennero letti con il sistema giapponese, la cui pronuncia era
Karate, anche il significato variò, Kara = vuoto, Te = mano, mano vuota.
WADOKAI, UN APPROCCIO SCIENTIFICO AL KARATE
Ai fini di una buona diffusione e di una corretta comprensione degli insegnamenti
legati alle arti marziali come pratiche e filosofie di origine orientale, è necessario
individuare e spiegare alcuni punti, tutti essenziali.
La pratica del Karate viene avvicinata ed intrapresa per cause molteplici ma in
molti casi diviene difficile proseguirne lo studio oltre un certo livello. Le Arti
giapponesi, in particolare il karate, nella pratica e nei principi costituiscono
manifestazione della cultura orientale, per questo spesso molti aspetti risultano
ermetici e contrari alla nostra natura europea. Riteniamo che per comprendere
correttamente il Budo sia necessario intraprenderne la pratica partendo da un
approccio scientifico che successivamente potrà evolvere naturalmente,
abbracciando tutti gli aspetti pratici, conoscitivi, spirituali e filosofici dell’ Arte.
Una volta compresa la base scientifica del Karate bisognerà applicarsi
fisicamente, spiritualmente e moralmente come è richiesto ai veri budoka.
L’ approccio scientifico del nostro Karate poggia su 4 punti:
POSIZIONE DECONTRAZIONE CONCENTRAZIONE NATURA.
Posizione
La posizione ha un’ importanza fondamentale poiché solo da una solida base
può partire una difesa o un attacco validi. E’ necessario, per il praticante,
impostare le posizioni e gli spostamenti del corpo nelle tecniche base,
condizione essenziale per conferire alla tecnica stessa la massima efficacia. Le
posizioni e gli spostamenti devono essere corretti, composti e senza inutile
dispendio di energia, tali da permettere al karateka di essere perfettamente
padrone delle sue azioni.
Decontrazione
La decontrazione muscolare va insegnata ad ogni allievo affinché sappia
muoversi con immediatezza e velocità e sappiano evitare l’ utilizzo della propria
energia in un momento sbagliato. La stessa decontrazione fa rilevare con una
certa precisione la differenza di impostazione di un esperto, che sviluppa il
proprio combattimento con calma ed alle volte con una certa staticità, ma che sa
agire al momento opportuno con la massima velocità e coordinazione, da un
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principiante, che conduce le sue azioni precipitosamente e con eccessivo
dispendio di energie.
Concentrazione
La concentrazione è uno degli aspetti intimamente legati alle Arti marziali,
sappiamo che questa regola disciplinare è molto più praticata in Oriente che in
Europa. La concentrazione determina l’ efficacia della tecnica, il timing, la
distanza e tanti altri aspetti che devono incastrarsi alla perfezione. Solo
attraverso lunghe esercitazioni e con l’ aiuto di una buona guida è possibile
arrivare aquella percezione individuale che chiamiamo concentrazione. La
tecnica, nel Karate, non arriverà a pieno sviluppo se non sulla base di una giusta
concentrazione psico – fisica.
Natura
Nella vita di tutti i giorni si compiono molte azioni automatiche: guidare parlando,
mangiare, camminare, ecc. Tali azioni sono divenute, nel tempo, naturali ed
istintive. La stessa naturalezza e spontaneità andrebbe utilizzata nel karate. Da
qui l’ esigenza di effettuare molte ripetizioni delle tecniche e combinazioni di
base, affinché il corpo ed il cervello possano coordinarsi ed ottenere quella
naturalezza che rende il nostro karate parte del nostro bagaglio motorio e parte
di noi stessi.
Minor dispendio di energie, massima velocità, prontezza, sicurezza di azione. Da
sottolineare inoltre che, una volta appreso, tale metodo scientifico non si
dimenticherà mai, anche se non lo si dovesse praticare per un lungo periodo.
IL KIAI
La scarsa conoscenza sull’ argomento ha fatto nascere voci e leggende, in larga
parte false o comunque poco corrette.
Il Kiai non è necessariamente un grido. Pur essendo applicato largamente nel
Karate, Judo, Kendo, ecc, possiamo affermare che il Kiai si manifesta sotto
forma di grido ma non è il grido stesso. Il kiai è la quintessenza dell’ energia
latente che è insita nell’ essere umano. Lo spirito si attiva in prossimità di una
azione, di esternare un sentimento, ecc, viene spinto da una energica
determinazione che non è altro che il kiai stesso. Si tratta di un vero e proprio
stato mentale che precede l’ azione e che la determina, manifestandosi nell’
azione fisica.
KI = intenzione, spirito, energia
AI = unione, incontro
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Significato è quindi unione di intento, unione di energie. Kiai significa essere in
una coesione di spirito che non lascia alcuna possibilità all’ attacco dell’
avversario. Essere in pieno kiai ci permetterà di disporre del massimo potenziale
della nostra energia latente, fisica e mentale. Da qui nasce la necessità di
conoscere e saper controllare il kiai, questa capacità è stata ricercata sin da
tempi remoti. Le origini si perdono nel cuore stesso delle tradizioni orientali, il kiai
è la forza che tiene l’ energia iniziale all’ atto creativo.
Lo scopo
Il kiai non è utilizzato solo nelle arti da combattimento ma anche in casi di kuatsu
(pronto soccorso) e rianimazione. Grande importanza assume la respirazione,
fondamentale per un corretto studio. Si deve imparare come concentrare tutta l’
energia fisica e mentale nel tanden (tantien in cinese), zona del corpo situata
sotto l’ ombelico ricercando un buon equilibrio e rilassamento del corpo senza
perdere la forza accumulata nel ventre.
La concentrazione
Respirando profondamente si opera concentrazione sull’ obbiettivo con la
determinazione di dominarlo. In questa fase è importante non disperdere la forza
accumulata nel ventre, cercando di concentrarla in un punto, quasi a voler
modificare il centro di gravità del corpo. Il grido dovrà essere potente, profondo,
secco e non prolungato e dovrà essere generato da una contrazione
addominale. Il grido eseguito semplicemente con la gola (come comunemente si
usa) è sbagliato ed ha poco a che fare con il kiai e quindi inefficace.
Il tempo esatto
Il momento più utile è quando l’ avversario sta per iniziare un attacco, la nostra
emissione di energia psico – fisica dovrebbe inibire la possibilità di esplosione
energetica dell’ avversario. La sottile arte del kiai diventa poco utile se applicata
fuori tempo. Per il grido si può utilizzare la pronuncia “iei” tramite cui possiamo
sfruttare a fondo le possibilità di concentrazione addominale del nostro corpo. L’
esecuzione deve essere breve e intensa, prolungare l’ esecuzione genera una
perdita di intensità ed efficacia.
L’ utilità
Nel Karate viene utilizzato nei seguenti casi:
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Nell’ attacco per disperdere la coesione mentale dell’ avversario
Per conferire al nostro attacco una straordinaria intensità attraverso la
concentrazione di tutte le nostre energie
Come mezzo di cultura derivante dalle antiche pratiche e filosofie orientali e per
il positivo effetto di stimolazione dell’ organismo
Nei casi di kuatsu come azione unica e coadiuvante delle tecniche di
rianimazione.
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Il kiai diviene così uno studio appassionante ed utile e sarebbe opportuno fosse
affrontato con meno superficialità affinché si possa ottenere un reale vantaggio
pratico e culturale.
KATA
- Che cos’ è e a che cosa serve I Kata costituiscono il documento più preciso che sia stato tramandato dalle
antiche tradizioni su queste tecniche da combattimento. In essi è contenuto il più
sicuro insegnamento di ogni disciplina. Nei Kata sono racchiusi l’ essenza e la
sublimazione delle tecniche. Il Kata può essere praticato a vari livelli ed è quindi
adatto a praticanti di tutte le età, i più anziani possono eseguirlo in modo più
morbido e rilassato mentre i giovani con più esplosività e vigore. Il Kata permette
lo sviluppo di qualità fisiche quali velocità ed esplosività, potenza, l’ equilibrio e la
coordinazione, nonché lo studio e il perfezionamento della tecnica. I movimenti
del Kata combinano, in modo raffinato ed elegante, attacchi, difese e
spostamenti. La pratica del kata e delle sue applicazioni, Bunkai Kumite, offre la
possibilità di un lavoro completo ed approfondito sulla struttura tecnica tipica
dello stile praticato e forma gli strumenti essenziali per la formazione di un buon
combattente.
KATA ITOTSU SANNEN
Questo detto giapponese significa che per apprendere in maniera corretta un
kata sono necessari 3 anni di allenamento. Il desiderio di molti Karateka è
quello di imparare al più presto un grande numero di Kata, questo rivela una
lodevole volontà di progredire velocemente, tuttavia è indubbiamente più
proficua, ai fini di un autentico progresso sulla via del Karate, la conoscenza
profonda di un solo Kata, piuttosto che quella superficiale di molti.
Ogni tecnica, nel Kata, deve essere studiata e praticata concentrando la propria
mente su ogni azione di attacco, di difesa, di contrattacco, di cui è composta.
Questo darà, nel tempo, una maggiore spinta ed una maggiore efficacia all’
evoluzione del Kata stesso ed avremo così un Kata vivo. Ci sono due modi di
eseguire un Kata: il primo basato sulla ripetizione meccanica dei movimenti, il
secondo sulla conoscenza approfondita del significato di ogni tecnica. Con quest’
ultimo metodo si otterranno i risultati migliori e la differenza sarà visibile perfino
agli occhi del profano. Quando si conoscono solo movimenti e spostamenti,
anche se con precisione e correttezza, si potrà al massimo eseguire un Kata
senza vita, senz’ anima, meccanico e scevro di qualsiasi intenzione forza e
kime.
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Allenarsi con concentrazione porta un altro risultato: capire la logica di ogni
sequenza ed il ritmo che la regola, fattori di fondamentale importanza. Studiare il
Kata significa conoscere il Karate nei suoi aspetti più intimi, essenza e filosofia.
I 5 KATA DI BASE DEL KARATE WADO RYU
PINAN (Pace dello spirito)
SHO NI SAN YO GO(primo, secondo, terzo, quarto, quinto)
livello)
DAN (grado,
Origine: Okinawa.
1907 Il Maestro Itosu (Shuri-te) codificò questi Kata di base a partire da kata
antichi più complessi e quindi poco adatti alla pratica di un principiante.
Il Maestro Funakoshi, fondatore dello stile Shotokan, li riprese e li chiamò Heian,
secondo la pronuncia giapponese degli ideogrammi di Pinan. (Heian, Pinan in
cinese, stato di pace e di calma).
Il Maestro Hironori Otsuka, dopo aver praticato con Gichin Funakoshi codificò il
suo Wado Ryu riprendendo la pronuncia originale: "Pinan". Nel Wado Ryu in
genere si parte con il secondo (nidan) perché meno complesso dei 5 pinan.
KATA SUPERIORI
Kushanku, Naihanchi, Bassai, Chinto,
Seishan, Niseishi, Wanshu, Rohai, Jion, Jitte
- KUSHANKU Guardare il cielo"
Origine dei 5 kata Pinan
Origine: Cina.
Tramandato dallo Shuri te d'Okinawa. Il Kata prende il nome dal suo creatore,
inviato militare cinese ad Okinawa nel 1762 (1756), originario di Fukien.
Successivamente sviluppato dalla scuola Shorin Ryu d’Okinawa. Alcuni storici
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propongono "Kusanku" come il nome di un marinaio cinese approdato ad
Okinawa nel 1756. Chiamato anticamente anche Kosokun in giappone, molti stili
ne includono una versione: per lo Shotokan, Gichin Funakoshi gli cambia il nome
in "Kanku", "guardare il cielo" per il suo movimento iniziale, e se ne pratica una
forma grande Kanku dai ed una piccola Kanku sho, per il Wado Ryu Hirorori
Otsuka ne riprende il nome originale "Kushanku", Shito Ryu (Shiho Kusanku),
Shorin Ryu (Kusanku sho e Kusanku dai), Matsubayashi Ryu (Yara Kushanku),
Kyokushinkai (Kanku)...
Il kata Kushanku era fra i preferiti del Maestro Hironori Otsuka insieme ai 5
Pinan, Chinto, Naihanchi e Seishan.
Tecnica: essendone l'origine, combina le numerose tecniche studiate nei Pinan
con alcune variazioni d'altezza tipiche di questo Kata.
Posizioni: musubi dachi / hachiji dachi / mahanmi no neko ashi / gyaku
notsukomi ashi / neko ashi dachi / heisoku dachi / hanmi neko ashi / zenkutsu
dashi / kosa dachi / gyaku no ashi / shiko dachi / jigotai
- NAIHANCHI Forgiare il cavaliere di ferro
Origine: Okinawa
Dal nome della posizione, Naihanchi dachi, tipici dello Stile Shuri te d’Okinawa,
sono l’eredità dell’antico Karate che esaltava i movimenti di scarsa ampiezza
ma eseguiti in maniera secca e veloce. Il Maestro Funakoshi li chiamò Tekki per
lo Shotokan dove sono attualmente eseguiti in Kiba dachi, cavaliere di ferro. Il
Maestro Hironori Otsuka, per il suo Wado Ryu, riprese l’antico nome di questo
kata, fra i suoi preferiti insieme ai 5 Pinan, Chinto, Kushanku e Seishan.
Tecnica: Naihanchi è composto di due parti simmetriche. I piedi sono paralleli ed
in leggera pronazione, poggiati maggiormente sul lato del taglio del piede, a
causa della pressione delle ginocchia verso l’ esterno. Le gambe sono flesse per
permettere la torsione superiore del corpo, perché nonostante la posizione
sempre frontale, il busto e la testa girano spesso, sviluppando un grande lavoro
sulle torsioni del busto. Il kata si svolge, con spostamenti laterali limitati,
interamente sull’asse trasversale. La posizione deve essere sempre forte. La
tensione è sempre concentrata nel ventre (Tanden o Hara), e convergente nelle
gambe; per questo anche nello Shotokan antico la posizione era meno aperta
rispetto a quella utilizzata in tempi recenti. Il corpo è sempre perfettamente in
asse. Questi kata hanno un ritmo molto dinamico. Si ha l'idea di un
combattimento contro avversari di fianco e frontali, con nessun attacco alle
spalle.
Posizioni: naihanchi dachi (= Kiba dachi, posizione del cavaliere di ferro)
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- BASSAI Espugnare la fortezza
Batsu - spostare, superare - Sai - chiuso, rifugio, ostruire
Origine: Cina.
Bassai è uno dei Kata più antichi, ma il suo creatore rimane sconosciuto. Se ne
trova traccia ad Okinawa, presso la città di Shuri. Praticato dallo Shuri-te e dal
Tomari-te, ci è stato trasmesso dalle scuole Shorin-ryu d’Okinawa.
Originariamente Matsumura Patsai, alcuni stili né praticano due versioni, Bassaidai e Bassai-sho. Conosciuto anche come Passai.
Tecnica: dal suo significato il Kata dovrà avere un'esecuzione dinamica e
potente.
Posizioni: Musubi dachi / Heisoku dachi / kosa dachi / tate seishan dachi /
seishan dachi / neko ashi dachi / jigotai / gyaku notsukomi ashi / hanmi neko ashi
/ juntsuki notsukomi ashi
- SEISHAN Il kata dei 13 combattenti"
"La mezza luna"
Origine: Cina.
Nel 1900, durante il periodo Yasutsune-Itosu, viene insegnato prima dei Pinan,
nella scuola pubblica. Conosciuto inoltre come Seisan e, nello Shotokan, come
Hangetsu (mezza Luna) per i suoi movimenti semi circolari. Oltre che in
numerose scuole di karate d’Okinawa e del Giappone (sia d’origine Shuri-te che
Naha-te), questo Kata viene eseguito in Cina da alcune scuole di Kung fu.
Il kata Seishan era fra i preferiti del Maestro Hironori Otsuka insieme ai 5 Pinan,
Chinto, Naihanchi e Kushanku.
Tecnica: Posizione di base utilizzata "Seishan". Kata che integra allo stesso
tempo l’eredità dell’ area Shorei (origine Naha te) con i movimenti iniziali basati
sulla respirazione lenta e profonda, e le tecniche veloci ed esplosive dell’ area
Shorin (origine Shuri te e Tomari te). Nella prima parte si esalta la
concentrazione ed il controllo della respirazione, accompagnati da un grosso
lavoro di contrazione muscolare lenta ma estrema; e nella seconda parte, la
fluidità, il dinamismo, e la potenza del combattimento.
Posizioni: musubi dachi / hachiji dachi / seishan dachi / tate seishan dachi /
shiko dachi / juntsuki notsukomi dachi