AeR – Una verifica per la nostra fede

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AeR – Una verifica per la nostra fede
Una verifica per la nostra fede
Un cammino che parte dal “deserto” dell’odio per giungere al Vangelo dell’amore
Tony Rezk: questo è il nome del giovane artista che ha dipinto la prima icona al mondo
dei 21 giovani Copti di nazionalità egiziana decapitati dai jiaidisti di Daesh, in Libia, il 15
febbraio scorso. Era una domenica, il Giorno del Signore.
L’icona è stata realizzata secondo lo stile copto e presenta le vittime come dei martiri,
che indossano la stola rossa, simbolo del loro sacrificio (da notare che anche Cristo e gli
angeli indossano anche loro la stola rossa). I 21 sono raffigurati sotto le corone che
vengono portate dagli angeli.
Da notare che i volti dei martiri sono tutti uguali, quasi fossero stati stampati da un’unica
matrice, ma è un’identità voluta da Rezk, a significare che il loro estremo sacrificio ha lo
stesso volto avanti a Dio. Un’altra particolarità, anche questa voluta: 20 martiri sono stati
dipinti con la pelle chiara, mentre un solo volto, al centro del gruppo (vedi foto) ha la
pelle scura. L’artista ha voluto sottolineare che l’unico non egiziano fra le vittime era un
Sudanese, anche se di religione cristiana.
Rilevanti anche il colore della tunica indossata dai martiri: è arancione come quelle di
tutte le altre vittime dei jiaidisti ed il particolare delle onde del mare sullo sfondo, per
ricordare che i 21 sono stati decapitati su una spiaggia libica.
Secondo il Vescovo Copto-Cattolico di Gizeh, mons. Antonios Aziz Mina, i 21 giovani
sono morti pronunciando e benedicendo il nome di Gesù Cristo. Da parte sua il
Patriarca Copto- Ortodosso, Tawadros II, ha preannunciato che i nominativi dei 21
uccisi in odio alla fede verranno iscritti nel Synaxarium, che è l’equivalente del
Martirologio romano; ciò significa, implicitamente, che per i Copti-Ortodossi i 21 sono
già stati canonizzati. Secondo il sito “Terrasanta .net” il martirio dei 21 verrà celebrato
nell’ottavo giorno d’Amshir, che corrisponde al 15 febbraio del calendario gregoriano.
Interessante anche la dichiarazione raccolta da “SAT-7”, il canale televisivo cristiano del
Medio Oriente, dal fratello di due delle vittime. Si tratta di Beshir Kamel, fratello di
Bishoy (25 anni) e di Samuel (23 anni). Egli ha dichiarato che l’uccisione dei 21 giovani,
anziché intimorire i cristiani d’Egitto, li hanno rafforzati nella loro fede.
Il primo Ministro egiziano ed il Presidente Abdel Fattah hanno deciso di far costruire, a
spese dello Stato, una nuova Chiesa intitolata ai martiri, ma non intendono perdonare i
jiaidisti (lo hanno dimostrato con le azioni di rappresaglia militare in Libia), mentre il
Vescovo Copto-Ortodosso Angaleos ha detto che non si può certo dimenticare ciò che è
stato compiuto e non si può tacere lo sdegno che nasce in ogni uomo, ma al contempo
occorre saper perdonare gi autori del misfatto, senza cercare vendette, secondo ciò che
insegna il Vangelo. Se all’odio rispondiamo con l’odio e la vendetta, nessuno si
accorgerebbe che siamo cristiani.
——————————Il martirio dei 21 giovani in Libia ha avuto un’eco amplissima in tutto il mondo, ma non
bisogna dimenticare che migliaia di altri cristiani sono già stati uccisi (basti pensare a ciò
che è avvenuto qualche settimana fa in Nigeria o ai vari attacchi di Boko Aram in un area
prossima alla nostra Comunità di Mouda). Probabilmente potrebbe esserci anche un
ampliamento di queste azioni contro noi cristiani (come dimenticare, in tal senso, la
premonizione che fece San Giovanni Paolo II?) e ciò ci obbliga a riflettere: saremmo
disposti, ognuno di noi, a sacrificarci fino al martirio per restare fedeli a Cristo? Abbiamo
una fede tanto “adulta” da giungere, comunque, al perdono? E se, dopo un onesto a
profondo esame di coscienza, non riteniamo di avere queste capacità, allora non resta
che una strada: iniziare un rinnovato cammino di fede che possa sostenerci e condurci a
quella fede “adulta” di cui si diceva. E’ anche il periodo che ci porta alla Pasqua, un
periodo “forte”, ideale per fare “silenzio” (se qualcuno lo volesse è disponibile
l’insegnamento in merito del Beato Novarese) in noi. E poi la Preghiera e la Carità:
dobbiamo avere la forza ed il coraggio, come sostiene il Vescovo Angaleos, di superare
l’odio ed il desiderio di vendetta. Una provocazione: vogliamo provare nel periodo di
Pasqua ad aiutare o, addirittura, ad invitare a pranzo un fratello musulmano?