Corriere online seno
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11 dicembre 2005 Breast Cancer Symposium di San Antonio Tumore al seno: aumenta ma uccide meno Merito del miglioramento delle terapie ma soprattutto dei programmi di screening per la diagnosi precoce DAL NOSTRO INVIATO. SAN ANTONIO (Texas) - L’incidenza del tumore al seno non diminuisce (in Italia è addirittura in aumento) , ma la sua mortalità è in costante calo . Merito di diagnosi sempre più spesso precoci e di cure sempre più efficaci e mirate, ma che devono essere usate bene. Questi alcuni dei messaggi chiave del 28esimo Breast Cancer Symposium di San Antonio (Texas), appuntamento annuale che riunisce i maggiori esperti del settore per discutere delle terapie d’avanguardia per il tumore alla mammella. E’ stato un congresso dove la parte del leone è stata fatta dai cosiddetti nuovi farmaci «biologici», capaci di indirizzare la propria azione in modo preciso su bersagli specifici nelle cellule tumorali. TERAPIA ADIUVANTE - Una vera e propria pletora di studi ha sottolineato l’estremo interesse verso queste medicine (di solito si tratta di anticorpi monoclonali), capaci talvolta di «stupire» per i loro risultati, in particolare nella terapia adiuvante, quella che si pratica dopo che il tumore è già stato asportato per ridurre il rischio che si ripresenti. Fino a qualche anno fa a questo scopo si utilizzavano solo chemioterapici classici oppure cure ormonali , come il tamossifene. Da quando sono disponibili i nuovi farmaci biologici la quota di successo della terapia adiuvante ha fatto però un deciso balzo in avanti. Anticorpi come il trastuzumab hanno infatti ridotto in modo drastico il rischio di recidiva, soprattutto in donne che prima avevano prospettive particolarmente sfavorevoli, quelle “positive” per il recettore HER2, presente in un quarto dei casi di tumore al seno (l’anticorpo è diretto proprio contro questo recettore annullandone gli effetti) . SECONDA OPINIONE - Ma questi farmaci (come tutti gli altri del resto) vanno utilizzati quando possono essere davvero utili, e nel modo giusto. E le speranze che danno non devono alimentare ne’ controproducenti «pretese» di trattamento da parte delle pazienti, nè leggerezze nella loro adozione da parte dei medici. Non a caso proprio la «lettura plenaria» di apertura del congresso è stata dedicata, tra l’altro, all’importanza della cosiddetta «seconda opinione». «Per essere efficace, la cura di un tumore deve essere rapida, ma l’urgenza non deve essere confusa con la fretta» ha detto Martine Piccart del Jules Bordet Institute, Bruxell. «Una volta che la diagnosi sia stata formulata i pazienti di solito reagiscono prontamente, iniziando il trattamento anche nella stessa settimana. E invece, se non sono più che sicuri del loro medico, dovrebbero vederne almeno un altro prima di iniziare la cura. Le opinioni possono variare molto da specialista a specialista e da ospedale a ospedale. E’ meglio prendersi un po’ di tempo per sentire differenti esperti e confrontare diagnosi e terapie proposte, anche se costa qualche giorno in più». «Oggi infatti si presta sempre più attenzione agli studi clinici presentati ai congressi», ha proseguito Martin Piccart , «ma l‘interpretazione di questi studi spesso differisce da un medico all’altro: alcuni centri non esitano a prescrivere trattamenti solo perché sono nuovi, altri confondono la prognosi con l’intensità della cura». «Anche se una paziente ha un tumore maligno non è consigliabile cominciare una terapia se il suo tumore non ha i recettori giusti per quella cura» ha concluso la specialista belga. «E quando la terapia è iniziata è difficile che un medico si prenda la responsabilità di interromperla: i pazienti devono quindi avere il tempo di valutare differenti opzioni per ricevere il miglior trattamento possibile». ENTUSIASMI FRETTOLOSI - Sulla stessa lunghezza d’onda il professor Pierfranco Conte, direttore del Dipartimento di Oncologia Medica dell’Università di Modena: «Uno dei farmaci più “di moda”, un anticorpo antiangiogenesi, è ormai stato adottato in molti ospedali americani come terapia standard (in combinazione con un chemioterapico classico) per alcuni tipi di carcinoma della mammella, soprattutto dietro una forte pressione mediatica che ha fatto seguito alla presentazione di alcuni risultati positivi a un importante congresso dell’anno scorso». «Ma in realtà, diversi studi indicano che la sua efficacia è tutt’altro che provata»,prosegue l’oncologo, «e quindi, secondo me, è folle utilizzare questo schema terapeutico in prima battuta, anche per il suo notevole costo, che è di 100mila dollari all’anno». E anche su farmaci come il trastuzumab, dotato di prove di efficacia certamente più convincenti, si ha ancora molto da imparare , talvolta anche grazie anche alla rivalutazione di farmaci meno “a la page”. «Proprio da uno studio internazionale presentato a questo congresso, il BCIRG006», spiega il professor Angelo Raffaele Bianco, direttore del Dipartimento di Endocrinologia e Oncologia Molecolare e Clinica dell’Università Federico II di Napoli, «abbiamo appreso per esempio che somministrare il trastuzumab nelle donne HER2 positive insieme al docetaxel un chemioterapico tradizionale invece che con un altro chemioterapico cui è di solito associato, permette di mantenere inalterata la sua, notevole, efficacia, ma di ridurre la sua tossicità sul cuore, che rappresenta il più grosso limite al suo utilizzo».«E allo stesso tempo, sempre grazie allo stesso studio, abbiamo però anche capito che per le donne in cui si esprime un certo gene, ma solo per quelle, vale invece la pena continuare la vecchia ssociazione perché la sua efficacia è alta da controbilanciare l'eventuale rischio di tossicità cardiaca ». Uno studio con farmaci «vecchi» e meno costosi ha quindi potuto portare informazioni utili per un utilizzo migliore e più «personalizzato» di un farmaco nuovo. TERAPIA PERSONALIZZATA – E la terapia mirata, personalizzata, è stata tra le tematiche più ricorrenti del meeting texano. «La personalizzazione della terapia è la strada maestra per il futuro», riprende il professor Conte. «Ma già oggi, con l’identificazione di precise caratteristiche recettoriali e genetiche dei tumori, sappiamo che alcune medicine funzionano su certe donne e non su altre. E sappiamo, per esempio, che non ha più senso parlare di carcinoma mammario, perché possiamo già distinguerne almeno tre tipi, con le rispettive, differenti risposte a terapie diverse». «Ma» prosegue l’esperto, «oggi la battaglia contro il tumore si deve combattere anche e ancora su altri fronti per far sì che queste innovazioni possano davvero fare la differenza». ORGANIZZAZIONE - Il primo piano è quello organizzativo-sanitario. «Le informazioni che ci forniscono oggi genetica e farmacogenetica e le possibilità dei nuovi farmaci biologici, rischiano di rimanere fruibili solo da una minoranza di pazienti che posso accedere ad alcuni centri di eccellenza se non si modifica il modello organizzativo del la gestione del malato oncologico. Per sfruttare le nuove conoscenze al meglio p necessario che i vari attori di questa gestione (oncologi, radiologi, chirurghi, patologi eccetera) si parlino di più e collaborino in modo più stretto». PREVENZIONE ED EDUCAZIONE - Il secondo piano su cui è necessario agire è quello della prevenzione “classica”.“Possiamo anche celebrare le nuove conquiste della medicina molecolare” conclude Conte, «Ma dovremmo prima ricordaci quanto c’è ancora da fare in campo di educazione e politica sanitaria, vista , per esempio, la notevole disparità di adesione ai programmi di screening della mammella nelle diverse regioni italiane. E interventi a questi livello, relativamente semplici, potrebbero fare una notevole differenza in termini di mortalità». «Purtroppo, specialmente al sud» riprende il professor Bianco, «molte donne hanno ancora paura della diagnosi di tumore al seno perché temono mutilazioni, e così non aderiscono ai programmi di screening». Un errore fatale, visto che oggi la chirurgia del tumore al seno, preso in fase precoce, garantisce quasi sempre il mantenimento della mammella, come dimostrato anche da alcuni, ennesimi, studi presentati proprio al congresso di San Antonio. Luigi Ripamonti