Rezension über: Luigi Pepe, Istituti nazionali, accademie e società

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Rezension über: Luigi Pepe, Istituti nazionali, accademie e società
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Sangalli, Maurizio: Rezension über: Luigi Pepe, Istituti nazionali,
accademie e società scientifiche nell’Europa di Napoleone, Firenze:
Leo S. Olschki, 2005, in: Quellen und Forschungen aus italienischen
Archiven und Bibliotheken, 90 (2010), S. 623-624,
http://recensio.net/r/2d758ac2711cd3e97eeecee6f494c84c
First published: Quellen und Forschungen aus italienischen
Archiven und Bibliotheken, 90 (2010)
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NAPOLEONISCHE ZEIT
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Parallelen zu jenen Diskurselementen auf, die beispielsweise in Rom von Angehörigen unterer und mittlerer sozialer Schichten schriftlich in Protokollen
des Ospizio dei Convertendi oder der römischen Inquisition konstatiert werden können. Haben sich diese an jenen Argumenten orientiert, die in der Kontroversliteratur und in gedruckten Konversionsberichten artikuliert wurden?
Diese, auch mit methodisch grundlegenden Problemen verknüpfte Frage
dürfte zu weiteren Überlegungen Anlass bieten.
Ricarda Matheus
Luigi P e p e , Istituti nazionali, accademie e società scientifiche nell’Europa di Napoleone, Biblioteca di Nuncius. Studi e testi LIX, Firenze (Leo S.
Olschki) 2005, XXX, 521 pp., ISBN 978 88 222 5477 1, ISSN 1122–0910, € 53. –
L’assoggettamento degli antichi Stati italiani alla Francia rivoluzionaria, con
alterne vicende, tra il 1796 e il 1814, è indagato dall’autore sotto il profilo della
nuova organizzazione impressa alla cultura di livello alto. Insieme alla riforma
del settore dell’istruzione, soprattutto secondaria, e a questo correlata, la
nuova veste assunta dalle vecchie e più o meno gloriose accademie e società
scientifiche dell’Italia dei municipi fu uno degli investimenti prioritari della
politica direttoriale prima, e poi napoleonica. Si trattava di controllare quelle
forze intellettuali che avevano entusiasticamente aderito al nuovo regime, ed
eventualmente di attirare i restii e i riluttanti. Per questo, alcune prestigiose
istituzioni, come la romana Accademia dei Lincei, ottennero per la prima volta
nella loro storia un finanziamento pubblico. All’Accademia della Crusca, soppressa da Pietro Leopoldo nel 1783, fu invece fornita nuova linfa, pur sotto il
più ampio cappello di un’Accademia fiorentina che comprendeva pure il Cimento e la Società di Disegno, proprio grazie alla nuova politica linguistica che
prevedeva l’uso dell’italiano nelle scuole, a preferenza del latino. Il modello di
questa riorganizzazione culturale ad alto livello venne fornito dall’Institut de
France, creato il 25 ottobre 1795 dalla fusione di alcune tra le più importanti
accademie seicentesche parigine: controllo dell’istruzione e della politica culturale più in generale; consuetudine di incontro e non solo di corrispondenza
tra studiosi; maggiore spazio per le discipline scientifiche; eliminazione della
barriera tra quest’ultime e le scienze cosiddette umane, sono alcune delle basi
sulle quali viene fondata la nuova istituzione. Ponendosi, per la verità, come
sbocco di esperienze e indicazioni precedenti, come l’organizzazione leibniziana dell’Académie des sciences et de belles lettres di Berlino e gli scritti degli
enciclopedisti francesi. Ecco dunque l’autore analizzare, in densi capitoli, le vicende della soppressione di vecchie accademie e della creazione di enti modellati sull’esempio dell’Institut parigino a Roma, Genova, Napoli, Bologna
negli ultimi anni del Settecento, fino alla fondazione dell’Istituto nazionale
della Repubblica, poi Regno d’Italia, proprio a Bologna dal 1802; nonché gli
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ANZEIGEN UND BESPRECHUNGEN
enti creati o ricreati dipartimenti imperiali italiani, Torino, Firenze, Roma. Nel
1810 Napoleone, consigliato da Giovanni Scopoli, direttore generale della pubblica istruzione, consentirà poi di trasferire la sede principale dell’Istituto a Milano, prevedendo però sezioni a Bologna, Padova, Verona e Venezia, sezioni
che furono all’origine di istituzioni culturali ancora oggi operanti e prestigiose,
come l’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti. Anche perché la Restaurazione confermerà nella sostanza le acquisizioni del periodo napoleonico in
questo specifico settore, cercando spesso di recuperare il consenso dei medesimi uomini che avevano operato sotto Napoleone. L’unica resistenza avvertita
quasi ovunque in ambito italiano fu quella verso la più importante novità
dell’organizzazione scientifica dell’Institut parigino, vale a dire la presenza di
un’autonoma classe di scienze morali (poi soppressa anche là da Chaptal nel
1803). Fatto che l’autore attribuisce ad un residuo, da Italia dell’Inquisizione,
di azione censoria e auto-censoria degli intellettuali italiani nei confronti di
certi argomenti, benché forse il tema andrebbe approfondito, non accontentandosi di risposte univoche o troppo scontate. Altro aspetto nuovo e in parte
recepito è invece l’interesse non più verso le scienze cosiddette ‚pure‘, in particolare le matematiche, alle quali gli studiosi italiani avevano fornito tra Sei e
Settecento importanti contributi, ma verso quelle applicate, all’industria, al
commercio, allo sviluppo delle tecniche (chimica, mineralogia, geologia). Le
stesse Belle arti furono piegate all’utilizzo pratico e professionale da parte di
artigiani, architetti, artisti. Il lavoro, frutto di ricerche appassionate e attente,
si segnala particolarmente anche per il puntuale resoconto degli argomenti
discussi nel corso delle sedute accademiche e di quelli pubblicati sugli atti e
memorie delle medesime, nonché per le utili indicazioni bio-bibliografiche sui
membri di queste istituzioni. L’unico appunto, che non depone a favore della
cura editoriale della pur prestigiosa casa editrice che lo pubblica, è la fastidiosa presenza di frequenti refusi, che disturbano in un’opera di consultazione
come questa.
Maurizio Sangalli
Veronica G a b b r i e l l i , Patrimoni contesi. Gli Stati italiani e il recupero
delle opere d’arte trafugate in Francia. Storia e fonti (1814–1818), prefazione di
Roberto B a l z a n i , Firenze (Polistampa) 2009, XIII + 263 S., ISBN 978–88–
596–0538–6, € 18. – Das Verschleppen von Kunstwerken aus den eroberten Gebieten nach Frankreich und die Gründung eines großen nationalen Museums
im Louvre hat die Forschung in den letzten Jahren intensiv beschäftigt. Während für Italien der vertragsgestützte wie gewaltsame französische Kunsterwerb zwischen 1796 und 1814 Konjunktur gehabt hat, so ist die außenpolitisch, rechtlich und technisch komplizierte Rückgabe der verschleppten Kunst
nach 1814 von der Forschung eher vernachlässigt worden. Die Vf. präsentiert
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