LA GERMANIA XENOFOBA: uno dei casi europei

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LA GERMANIA XENOFOBA: uno dei casi europei
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a li turchi...
Fulvio Scaglione
LA GERMANIA
XENOFOBA:
uno dei casi
europei
In maniera poco
velata la
Germania rivela i
suoi risvolti di
xenofobia.
Purtroppo, non
sembra essere un
caso isolato in
Europa. Alcune
riflessioni sul
fenomeno tedesco.
Germania, 1980: Franz Josef Strauss sfida il cancelliere Helmut Schmidt.
La campagna elettorale, oltre ai soliti temi legati alla
Guerra Fredda (libertà contro socialismo), s’infiamma
sul tema degli stranieri, soprattutto i turchi e coloro
che chiedono asilo politico.
I cristiano-sociali di Strass e
i cristiano-democratici in
Assia propongono una legge per ridurre il numero de-
gli stranieri di 1 milione, nel
Baden-Wuttenberg chiedono una legge per far rotare
gli stranieri presenti in Germania. Schmidt vince le
elezioni ma ammette: “La
questione dell’immigrazione è ostile allo zoccolo duro dei nostri elettori”.
Germania 1982: cade il
Governo Schmidt, Helmut
Kohl corre per la cancelleria
(e vince) chiedendo una
drastica riduzione del numero degli stranieri.
Germania 1986: elezioni in
Da sinistra a destra:
Helmut Kohl, ex Cancelliere tedesco
Franz Schonhuber, ex “SS”, leader
dei Republikaner (estrema destra)
Edmund Stoiber, candidato cancelliere
dell’opposizione conservatrice
(Cdu-Csu) alle elezioni tedesche del
22 settembre prossimo
Baviera, la Csu (CristlichSoziale Union) lancia una
campagna contro l’immigrazione, sia quella dal Terzo Mondo sia quella dalla
Germania Est.
La propaganda xenofoba
della Csu trascina al successo anche i Republikaner di
Franz Schonhuber, il vero e
unico Le Pen tedesco. Germania 1991: elezioni nel
Bremen, il più piccolo dei
Land tedeschi, e trionfo per
la Dvu (Deutsche Volksunion), movimento di estre-
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Doss
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ma destra che fa Germania 1986: il 1992 sono anpropaganda con- la Csu (Cristlich- che gli anni in
Soziale Union)
cui gli attacchi
tro gli immigrati.
lancia una
violenti a immiNel 1992, i Repucampagna
contro
grati (o a persoblikaner crescono
nel Baden-Wut- l’immigrazione, ne ritenute tali)
sia quella dal
raggiungono il
tenberg, la Dvu
Terzo
Mondo
sia
massimo.
nello Schleswigquella dalla
Germania 2002:
Holstein.
Germania Est.
alla vigilia delle
E la maggioranza
elezioni politiche
Cdu-Csu che sostiene Kohl cavalca il pro- il tema dell’immigrazione è
blema, accusando l’opposi- di nuovo centrale. Edmund
zione socialdemocratica di Stoiber, sfida il cancelliere
non voler affrontare l’ec- Gerhard Schröder dicendo:
cesso di immigrati. Il 1991 e “Con 4,3 milioni di disoccupati non possiamo permetterci di accogliere altra
Manifestazione antirazzista a Berlino
gente”. Sarebbe facile concludere, a questo punto,
che ancora oggi la Germania e i tedeschi hanno un
problema di razzismo.
Come dicono Simone Wiegrazt e Barbara Simon dell’Aric (Centro d’informazione antirazzista): “Il tedesco
si sente sempre superiore a
un italiano o a un polacco.
E questo sentimento di superiorità è diventato ancora più forte dopo la riunificazione, da quando abbiamo di nuovo la Grande
Germania”.
Ma basta un’occhiata ai
fatti per sentirsi portati all’opinione opposta: i provvedimenti anti-stranieri,
così spesso evocati, non soFoto: R. Siciliani
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no mai stati presi; gli estremisti della Dvu e dei Republikaner hanno avuto successi locali ma non sono
mai riusciti a entrare nel
Parlamento federale; proprio quando si era al culmine delle polemiche e delle
violenze, la Germania accolse 250 mila (1991) e 450
mila (1992) domande d’asilo, più di tutti gli altri Paesi d’Europa insieme.
E quanto alle violenze: nel
1991 furono registrate circa 2.200 aggressioni in
Germania, Paese con 80
milioni di abitanti, ma ben
6.600 in Gran Bretagna,
Paese con 50 milioni di abitanti. E si parlò, allora, solo
della Germania.
Sono altre, quindi, le ragioni che fanno della Germania un perfetto esempio
della nevrosi xenofoba che
è dilagata in Europa nell’ultimo anno. Intanto, come
dice Thomas Grumke, politologo del Centro per la
cultura democratica di Berlino, “… il quasi completo
fallimento della politica
tradizionale nei confronti
dei problemi portati dalla
globalizzazione. Che non è
solo economia e finanza
ma anche cultura, società,
demografia. È anche movimento di popolazioni, in
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questo momento quasi del
tutto fuori controllo.
A sfruttare il vuoto lasciato
dalla politica tradizionale
sono non tanto i partiti
dell’estrema destra, che sono ideologicamente rigidi e
per natura abbastanza indifferenti ai riti del parlamentarismo, elezioni comprese, ma piuttosto i populisti, i personaggi alla Haider in Austria, Fortuyn in
Olanda, il giudice Schill in
Germania, per i quali invece essere eletti, occupare
una carica, è tutto”.
ansie della gente, sono fa- E questo che cosa com- cili da ripetere. Un esempio:
porta?
sempre ad Amburgo, Schill
“Due cose. Primo: i partiti ha promesso di assumere
tradizionali non vogliono e migliaia di poliziotti per
non osano allearsi con la stroncare la criminalità.
destra estrema, ma con i Tutti sanno che la città non
populisti sì. Nella regione di ha i soldi per farlo, ma a chi
Amburgo il giudice Schill è importa? Per cui non è la
ministro degli Interni in un destra che avanza ma il
Governo forcentro che slitta a
mato dal suo
destra”.
“Facciamo pure
movimento,
- Questa è l’envenire gli
dalla Csu e dai
nesima campaimmigratiliberali. Secongna elettorale sedisseroma quelli utili”.
do: afflitti dal
gnata, in Germavuoto d’idee,
nia, da polemiche
quegli stessi partiti tendo- sull’immigrazione. Lei penno a far proprie le parole sa che dopo le elezioni di
d’ordine e gli slogan dei po- settembre succederà qualpulisti. Sono quasi sempre cosa?
false soluzioni, progetti ir- “Credo che finirà come
realizzabili, ma suonano sempre: non se ne farà
‘bene’, vanno incontro alle nulla”.
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Foto: R. Siciliani
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Berlino. Davanti al Reichstag
Lo straniero, dunque, come
specchietto per le allodole,
facile spauracchio per conquistare il consenso di elettori confusi e spaventati in
un’epoca di grandi mutamenti? È quello che pensano in molti.
Qui in Germania. Per esempio Helga Seyb di Reach
Out, organizzazione (finanziata dal ministero per i
Giovani e la Famiglia) che
fornisce aiuto psicologico,
legale e medico alle vittime
di violenze a sfondo razzista. Helga, che fu già tra i
fondatori del primo Telefono antirazzismo in Germania, sintetizza così: “Le èlite
vogliono la globalizzazione,
le masse la subiscono, lo
straniero è il capro espiatorio perfetto”.
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Foto: R. Siciliani
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Berlino. Al mercatino popolare tedeschi e islamici alle prese con le compere
E anche Joachim Mordeja,
portavoce della Caritas di
Berlino, ribadisce che “…è
molto pericoloso che Stoiber faccia dell’immigrazione il cavallo di battaglia
della sua campagna elettorale. L’immigrazione non è
certo il primo dei nostri
problemi. Nella realtà, questa è una società che garantisce i forti, mentre i deboli,
stranieri o no, sono condannati a restare ai margini della vita produttiva”.
Ma c’è un’altra ragione per
cui la Germania rappresenta bene, al riguardo, la coscienza ipocrita e tormentata d’Europa, e soprattutto quel suo restare sempre
sospesa tra l’avere bisogno
degli immigrati e il voler far
finta di subirli. Qui bisogna
fare un po’ di storia e risalire agli anni Cinquanta,
quando il Governo tedesco
vara le norme sui Gastarbeiter, lavoratori (Arbeiter) ma ospiti (Gast). L’idea
è che questi lavoratori debbano supplire alle esigenze
del sistema produttivo tedesco (miniere, acciaierie…)
senza inserirsi a tempo pieno nel tessuto sociale.
Succede, però, che i contratti dei Gastarbeiter, all’inizio lunghi al massimo
un anno, vengono prolungati a cinque anni; che dalla metà degli anni Cin-
quanta (il primo è proprio
con l’Italia nel 1955) si siglano accordi con gli altri
Governi per reclutarli con
ordine; che solo nel 1971,
cioè dopo vent’anni, il reclutamento venga ufficialmente interrotto; e che nel
1973 il Governo decida di
consentire ai Gastarbeiter
di farsi raggiungere dalle
famiglie. Rendendo così un
po’ buffo lo slogan che
Stoiber ha tirato fuori dall’armadio e che da due decenni corre per la politica
tedesca: “La Germania non
è Paese d’immigrazione”.
Basta dare un’occhiata alle
cifre. Ci sono oggi in Germania più di 7 milioni di
stranieri, su 80 milioni di
abitanti. Ci sono 4,3 milioni di disoccupati ma sono
solo 600 mila gli stranieri
che dipendono dalla pubblica assistenza. Gli altri sono quasi tutti tedeschi dell’ex Ddr, dove la disoccupazione raggiunge punte del
25%, cioè due volte e mezza la media nazionale.
Sono loro i veri disperati:
aver lavorato, magari senza
qualifiche, negli elefantiaci
ed inefficienti complessi industriali di stampo sovietico diventa, sul mercato del
lavoro occidentale, un handicap quasi insuperabile. Nei
sier
primi mesi di quest’anno,
quando il Parlamento ha
discusso la nuova legge sull’immigrazione e l’opposizione di Stoiber ha accusato
il Governo Schröder di varare provvedimenti troppo
blandi, è stata la Confederazione degli industriali a intervenire: ma per ricordare
che in fabbrica qualcuno ci
deve pur andare e che chiudere il rubinetto dell’immigrazione sarebbe una pessima idea. Qualcuno, un paio
d’anni fa, pensò di avere l’idea giusta: facciamo pure
venire gli immigrati, dissero,
ma quelli utili. Fu così introdotta una green card (permesso di soggiorno e di lavoro) di tipo americano e
stabilita una quota (20 mila,
più le famiglie) per tecnici
dei computer e specialisti
delle nuove tecnologie.
Risultato: dei famosi specialisti ne arrivarono meno
di 10 mila, perché gli ingegneri indiani o pakistani
impiegarono poco a capire
che negli Usa o in Gran
Bretagna potevano guadagnare di più, senza dover
imparare il tedesco.
Il vero trauma, per i tedeschi
e non solo per loro in Europa, è accettare l’idea che il
lavoratore straniero diventa,
un certo giorno e a certe
condizioni, un lavoratore tedesco. Un problema particolarmente assillante per le
comunità più folte e inserite, come spiega Safter Cinar,
portavoce della Lega turca
di Berlino-Brandeburgo:
“Pensi a coloro che sono qui
da vent’anni o più, che hanno visto nascere qui i loro figli… È possibile considerarli
ancora stranieri, lavoratori
di passaggio?
Immaginare che un giorno
possano lasciare tutto e tornare in Turchia?”.
Cinar ha in mente il caso paradossale di Mehmed, un giovanotto nato a
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Monaco di Il vero trauma, per
Baviera in
i tedeschi e non
una famisolo per loro in
glia turca.
Europa, è accettare
Avendo acl’idea che il
cumulato,
lavoratore
nonostante
straniero può
la giovane
diventare un
età, una lavoratore tedesco.
bella serie
di infrazioni alla legge,
Mehmed è stato espulso
verso la Turchia, Paese in
cui lui non era mai stato.
Questo prima dell’approvazione, in marzo, della nuova legge sull’immigrazione.
Che ancora vieta la doppia
cittadinanza ma prevede
quella che, in quest’Europa
improvvisamente impaurita e chiusa, è già una piccola rivoluzione: potranno
diventare tedeschi i figli
degli immigrati che vivono
in Germania da almeno 8
anni e hanno il permesso di
soggiorno a tempo indeterminato. Il lavoratore
ospite, insomma,
diventa uno di
famiglia.
Era ora. !
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